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Il viaggio
di Mariangela Petruzzelli
“…vorrei dirlo a tutti che io sono in viaggio e che non so dove io sono e che forse adesso neanche lì io sono davvero.. mi accorgo soltanto che nulla è cambiato. Sono sola, tra mille occhi, come prima di nuovo, io sola”: questi i versi struggenti, cantati con voce straziante e desolata, da una donna sola in scena che narra, a cuore aperto, della solitudine e della sofferenza. Quel “sono sola” è riferito, non solo a tutte le donne, ma a tutti gli uomini destinati, quasi sempre, a varcare la porta del dolore. Emarginazione, abbandono, ricordi nostalgici di un passato sereno e felice, mancanza di pace e rispetto, sconvolgimento interiore e fisico provato per una perdita improvvisa o per una scelta sbagliata, presa con grande coraggio e sofferenza, che ti cambia per sempre la vita in peggio: su tutto ciò indaga, in modo sapiente e sofisticato, lo spettacolo teatrale “Il Viaggio”, portato in scena, giovedì 19 agosto, in prima nazionale, nella suggestiva cornice dell’Abbazia della SS. Trinità della cittadina oraziana. L’allestimento è stato il quinto appuntamento in cartellone del “Venosa Teatro Festival 2004” predisposto dal Centro di Drammaturgia Europeo in collaborazione con la Fondazione Capua Antica Festival, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dell’Ente Teatrale Italiano, della Presidenza del Consiglio Regione Basilicata, della Provincia di Potenza, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, dell’Amministrazione Comunale di Venosa, dell’Apt Basilicata e dell’IMI San Paolo Banco di Napoli. Lo spettacolo, anche se non di facile comprensione, accolto da un pubblico non molto numeroso ma completamente assorto, trasmette emozioni uniche ed intense, a volte talmente prorompenti da non poter essere contenute, grazie sia al ritmo travolgente ed all’elegiaco lirismo della narrazione che alle appassionate qualità artistiche della sua unica interprete, Maria Serrao, attrice nota al grande pubblico per essere stata più volte protagonista sul piccolo e sul grande schermo che, formatasi al Teatro Stabile di Genova, è stata allieva di Gian Maria Volontè, Marco Sciaccaluga, Marcello Bartoli, Egisto Marcucci, con alle spalle esperienze di studio e lavoro con Grotowsky, Julian Beck e il Living Teathre, Le Coq, Le Breton. Ad illuminare la scena, più di tutto, è la parola teatrale, resa qui come una partitura vocale e musicale intensa, lirica, vera, onirica, sussurrata, urlata, rievocata, ninnata, vibrata: è la parola scritta da Nini Ferrara, attore, regista e drammaturgo, che ha, in principio, scritto questo testo come racconto di narrativa, pubblicandolo, nel maggio 2003, sulla rivista nazionale di cultura e politica “Aperture. Punti di vista a tema.” Siciliano, ma di adozione romana, Ferrara vanta collaborazioni illustri come attore ed aiuto regista teatrale insieme a Gabriele Lavia, Enrico Maria Salerno, Gino Landi, Giancarlo Sbragia, Arnoldo Foà. E’ stato regista di oltre una quindicina di allestimenti teatrali, tra cui opere scritte in prima persona, rientranti nei circuiti di diffusione teatrale più rinomati ed importanti a livello nazionale ed internazionale. Ferrara firma la regia in modo sobrio e rigoroso, dando ampio spazio alle movenze dell’attrice per comporre una danza antica e suggestiva che si anima con movenze ariose, rituali, catartiche e di parole cesellate, in forme e narrazioni, rare e preziose, al fine di rendere palpabile ciascuna tappa del viaggio interiore di questa donna, dentro e fuori di sé, per ritrovare sé stessa fuori, ma, soprattutto, dentro la sua anima dilaniata. Protagonista de “Il Viaggio” è una lei che insegue il suo bimbo mai nato, perché la maternità le è stata negata da altri, senza mai poter tornare: questo inseguimento disperato, dolce, timoroso, angosciante, a tratti giocoso e curioso, avviene per vicoli, bui che, se mai hanno un colore, potrebbero essere bianchi, attraverso il mare chiaro della coscienza, nei meandri evanescenti di vetri di fiori, ansimanti del respiro, mai uguale, di chi li ha forgiati. La donna compie questo viaggio trafiggendo il proprio cuore con un cacciavite rubato per mezzo del quale deve riparare l’ingranaggio rotto della bicicletta, su cui corre e non ritorna più indietro verso di lei, il figlio mai amato. Un ingranaggio che è la sua promessa infranta di maternità, che è il suo cammino verso la speranza e verso l’aiuto degli altri che le hanno sempre voltato le spalle, un ingranaggio che è la sua vita recisa, per sempre, dal dolore e dal rimpianto. Le tappe del viaggio sono illusioni, sogni, visioni, incontri, pensieri, gioie, sofferenze, emozioni, afflati di serenità e di mestizia, sono gli occhi del bimbo mai nato, sinceri e desiderosi di cure e di amore negati, sono i mille “perché” da cui si fugge per ritornare a chiedere, senza saper dare riposte, sono i mille “non so” per capirne, con difficoltà e disincanto, il “perché”. Maria Serrao appare e scompare sul palco in un gioco magico di baluginii di luce e di ombra immateriali, si alza e protende le mani al cielo come un madonna, ondeggia nell’aria come un’ancella o una sacerdotessa che compie, con la parola, il rito del teatro nell’area absidale della millenaria Incompiuta dove, un tempo, sorgeva realmente un’ara. In questo vibrare di percezioni luminose ed oscure si compendia anche l’immagine della locandina de “Il viaggio”, realizzata dall’artista visuale svizzera, di fama mondiale, Susanne Hader che plasma le immagini fotografiche come emozioni pulsanti di un’anima profondamente sensibile. E pulsanti di sensazioni antiche, di una malia struggente e dolcemente tintinnata sono le musiche, eseguite magistralmente dal vivo: a suonare è la giovane percussionista Linda Giuliani, anche virtuosa cantante in scena, dal vigore interpretativo soave e suadente. Il gioco repentino di luce ed oscurità, ideato dal bravo Stefano Salvia, enfatizza i movimenti dell’attrice, caricandosi di filtri ora rossi e dorati, per rievocare la violenza, la passione ed il dolore ora bianchi, per evocare il mare e la solitudine, contribuendo a rimarcare il carattere ontologico-emotivo dello spettacolo. Anche gli effetti sonori, realizzati, con alta perizia tecnica, dal gruppo “Il planetario” di Potenza, formato da Renato Laghezza, Michele Sabatella, Riccardo Sabatella e Peppe Russo, risultano emblematici alla resa originale dell’eccellente lavoro. L’ideazione dello spazio scenico, buio e vuoto, senza tempo e senza luogo, è di Loredana Antonini: in esso l’attrice protagonista si trasforma, si veste e spoglia, urla, declama, percorre, passo dopo passo, le tappe del suo viaggio facendo comprendere che, a volte, solo la parola lascia una traccia profonda e serve ad esprimere un sentimento, un pensiero ed un dolore. “Il Viaggio” termina in una stanza vuota come l’animo della donna viandante e, precisamente, in una piastrella infranta dove sono scalfite, una per una, le parole di un monologo teatrale lucido, drammatico ed appassionato, della durata di una cinquantina di minuti, che diventa una “creazione scenica visionaria e visuale” eterna, perché parla della sofferenza e della solitudine attraverso la sensibilità femminile, facendole diventare sentimenti universali che attanagliano inesorabilmente gli uomini.