Tre sull'altalena

due tempi di

Luigi Lunari



Personaggi
(in ordine d’entrata in scena)
IL COMMENDATORE
IL CAPITANO
IL PROFESSORE
LA DONNA DELLE PULIZIE1


Primo Tempo

Quadro Primo
Una grande stanza, che potrebbe essere l’elegante anticamera di  un ufficio di lusso, la sala di lettura di un albergo, o cosa del genere. Sul fondo, una grande vetrata dà su una città. Poltrone, un frigobar ben camuffato, un tavolino con riviste, un banco destinato evidentemente al personale. Tre porte: una di fianco a destra, una di fianco a sinistra, una terza la si deve immaginare al proscenio, verso il pubblico: sono queste le porte d’ingresso. Una quarta porta, ben visibile anche questa al pubblico, conduce alla toilette.
All’inizio della commedia può anche essere che niente di questo si veda, essendo il sipario chiuso. Il primo personaggio ad entrare in gioco è Il Commendatore, che farà il suo ingresso appunto dalla porta che si suppone aprirsi nella “quarta parete”. Egli arriva infatti dalla platea, sale la piccola rampa di scalini che porta all’altezza del palcoscenico. Che il sipario sia aperto o chiuso, poco importa: egli si trova davanti una porta chiusa – che possiamo chiamare porta n. 1 – e compie tutti i gesti consigliati in questo caso. Lo vediamo – e sentiamo – suonare il campanello, o bussare, rimanere in attesa, risuonare o ribussare poiché l’attesa è tuttora vana,  sporgersi indietro come a leggere il numero sullaporta o il nome sulla targhetta, e finalmente decidersi ad entrare. Quindi gira l’immaginaria maniglia, ed entra.2

IL COMMENDATORE Permesso?... È permesso?...  (Tossicchia con forza) Permesso... Non c’è nessuno?...  (Appare perplesso e seccato. Comunque non è uomo da perder tempo: apre una delle altre porte, ficca fuori la testa, ritorna in campo) Qui non c’è nessuno...(Ripete l’operazione con la seconda porta) Qui neanche... C’è nessuno?...  (Apre la porta della toilette) Questo è un gabinetto... (Richiude la porta. Poi ci ripensa. Chiama ancora) C’è nessuno?... Scusi?... (Quindi entra nel gabinetto, e chiude la porta)
(Pausa. Dopo qualche istante si sente bussare alla porta che possiamo chiamare n. 2. Nessuno ovviamente risponde, il nuovo venuto bussa ancora, finché dopo un terzo tentativo la porta si socchiude e Il Capitano peraltro in borghese mette timidamente dentro la testa)
IL CAPITANO Permesso?... È permesso?... C’è nessuno?... (È entrato, si guarda in giro, tossicchia) Chiedo scusa... Permesso? (Appare perplesso, e un po’ innervosito. Riapre la porta n. 1,mette fuori la testa come a controllare l’esattezza dell’indirizzo. Appare leggermente perplesso. Rientra, va alla porta che chiameremo la n. 3, la apre, la richiude, esegue la stessa operazione con la porta al proscenio, la n. 1; e finalmente saggia anche la porta della toilette: la porta si apre, ma si richiude immediatamente, tirata con forza dall’altra parte, come succede in questi casi, mentre una voce stentorea annuncia)
IL COMMENDATORE (dalla toilette) Occupato!
IL CAPITANO Pardon! ...  (Si ritrae, ma appare sollevato. Egli ora attende con tranquillità che l’altro esca dal bagno. Fischietta, guarda fuori, compie qualche flessione militaresca. Finalmente il rumore dello sciacquone lo avverte che l’attesa sta per finire. Il Capitano fa un gesto di soddisfazione)
IL CAPITANO Oh, finalmente! Era ora…
(Esce dalla toilette il Commendatore: anch'egli appare sollevato: ha un aria soddisfatta, ma a vedere Il Capitano si ricompone)
IL COMMENDATORE Mi scusi sa. Ma non avendo visto nessuno mi sono permesso, nell’attesa, di usufruire...
IL CAPITANO Prego, prego! Penso sia qui per questo.
IL COMMENDATORE Io?
IL CAPITANO Noo, il gabinetto. La... toeletta!
(Il Commendatore ha lasciato la porta aperta per il successore...)
IL COMMENDATORE Prego...  (...ma il Capitano non è interessato)
IL CAPITANO Scusi?
IL COMMENDATORE Ah, credevo...
IL CAPITANO No, no, grazie. Grazie no! (Il Capitano attende che il Commendatore abbia chiuso la porta)   Ehm... Il signor Anselmi, suppongo.
IL COMMENDATORE No.
IL CAPITANO Ma... allora, scusi: dov’è il signor Anselmi?
IL COMMENDATORE Non lo so. Non lo conosco.
IL CAPITANO Ma lei, scusi...
IL COMMENDATORE Io... ho un appuntamento qui...
IL CAPITANO Non con il signor Anselmi?
IL COMMENDATORE Ho un appuntamento con... con una signora...
IL CAPITANO Ah, pardon!
IL COMMENDATORE Come sarebbe a dire, pardon!
IL CAPITANO Sarebbe  a dire... che sono un vecchio gentiluomo. Cosa vuole: quando sento parlare di una signora, io dico sempre... pardon!  Questione di delicatezza, di discrezione... Virtù che sono ben presenti nell’esercito, caro signore, checché se ne dica.
IL COMMENDATORE Ah, lei è militare.
IL CAPITANO In pensione. Servizi segreti. La discrezione non solo come galanteria ma come ragione essenziale!
IL COMMENDATORE Le assicuro che nel mio caso non è il caso. Questa signora...
IL CAPITANO Pardon pardon!
IL COMMENDATORE Insomma, le assicuro che...
IL CAPITANO Pardon pardon...
IL COMMENDATORE Comunque... volevo sapere solo se la signora è arrivata o no.
IL CAPITANO Non lo so.
IL COMMENDATORE La signora... Annalisa... Lei non sa se per caso sia già arrivata...  Eh?
IL CAPITANO No. Ma non capisco perché dovrei saperlo.
IL COMMENDATORE Ma lei, scusi, lei non fa parte... qui... del...? Non è per caso il proprietario.., sì insomma... del...?
IL CAPITANO Io è la prima volta che vengo qui!
IL COMMENDATORE Ah sì? Lei... Ma allora di che s’impiccia, scusi?
IL CAPITANO Io?! Io ho semplicemente detto che non capisco...
IL COMMENDATORE Io ho un appuntamento qui, con una signora. Questa signora non è ancora arrivata... Ergo aspetterò.
IL CAPITANO Aspetteremo insieme, allora. Perché io ho un appuntamento con un certo signor Anselmi... Il signor Anselmi non è ancora arrivato. Aspetterò che arrivi.   Io credevo, vede, che lei facesse parte dell’ufficio.
IL COMMENDATORE Di quale ufficio?
IL CAPITANO Di questo.
IL COMMENDATORE Questo non è un ufficio. Questa é... una pensione.
IL CAPITANO Una pensione?! Non è la Infomac?
IL COMMENDATORE La Infomac?!
IL CAPITANO Ma non è... il settimo piano?
IL COMMENDATORE Sì, ma...
IL CAPITANO E non è la Infomac!
IL COMMENDATORE Assolutamente no. Questa è la pensione Aurora... E inutile cheguardi sulla porta. La targhetta non c’è. Ho già guardato io.  Comunque, è la pensione Aurora.
IL CAPITANO (ha tirato fuori di tasca una lettera e ne legge l’indirizzo) Via dei Cavalleggeri numero 1.
IL COMMENDATORE Ah, no, no: ecco perché! Tutto è chiaro. Lei ha sbagliato. Ha sbagliato indirizzo. Questa è Piazza del Carmine numero 2.
IL CAPITANO Impossibile! È sicuro?
IL COMMENDATORE Sicurissimo.
IL CAPITANO Oh bella, oh bella, oh bella! Allora si spiega anche il ritardo del signor Anselmi! Se sbaglio il posto dell’appuntamento, è una bella pretesa pretendere che mi trovi, e per giunta in orario. Ah, ah, buona questa... È molto strano, comunque, perché io di solito sonomolto preciso con gli indirizzi. Posso sbagliare una data, ma nonun indirizzo. Sono pronto però ad arrendermi all’evidenza... Ecco
perché non ci capivamo: lei ha un tête-à-tête con la sua amichetta….
IL COMMENDATORE Ma... scusi!
IL CAPITANO Pardon pardon! Parlo per invidia, sa? Perché io purtroppo non ho niente da nascondere. Il signor Anselmi tratta macchine per il riciclaggio dei tubetti di dentifricio, si figuri!... Ah, ah, come vede, siamo molto lontani. Beato lei!  (Il Commendatore, spazientito, guarda ostentatamente l’orologio)  Ma... intuisco che lei desidera essere lasciato solo. Ah, ah! Pensione Aurora, eh? Ma niente targhetta, uhm! E lei aspetta una signora, pardon pardon. Una pensione molto discreta evidentemente. Buono a sapersi. L’indirizzo?... Pardon pardon! Non volevo essere indiscreto. E poi me l’ha già detto: Piazza del Carmine 2. Ripeto e chiudo: Piazza del Carmine 2. Buono a sapersi. E adesso... arrivederci! Hasta la vista! È stato un piacere.
IL COMMENDATORE (alquanto freddino) Va bene... buongiorno.
IL CAPITANO Capitano Bigongiari. Molto onorato.
IL COMMENDATORE Piacere...
IL CAPITANO Lei... scusi?... Non ho afferrato il suo nome. Ah, capisco: pardon, pardon! Certo... Buongiorno!
(È uscito, dalla porta n. 2 dalla quale era entrato. Il Commendatore ha uno sbuffo liberatorio, ma dopo un attimo, riaffiorando la preoccupazione riprende la ricerca)
IL COMMENDATORE Permesso?... È permesso? Ma insomma, non c’è nessuno?... (Prova, piano: ) Annalisa...  (Niente. Il Commendatore prende un giornale dal tavolino delle riviste, ma non fa quasi neanche a tempo ad aprirlo, seduto in poltrona, che si sente bussare alla porta n. 3) Avanti ! (La porta n. 3 si apre, ed entra il professore) Oh, finalmente qualcuno.
IL PROFESSORE Permesso?... E’ permesso?...
IL COMMENDATORE Avanti, avanti. Buongiorno.
IL PROFESSORE Buongiorno. Spero di non essere troppo in ritardo.
IL COMMENDATORE Questo non lo so. Ho detto finalmente perché finalmente vedo qualcuno. Sembra la casa dei morti. Lei è...?
IL PROFESSORE (intempestivamente)Sì.
IL COMMENDATORE La signora Annalisa?...
IL PROFESSORE Io?!
IL COMMENDATORE Ho chiesto se la signora Annalisa è già arrivata.
IL PROFESSORE E io che ne so?
IL COMMENDATORE Ma lei, scusi, non è... qui... il proprietario, o il direttore...?
IL PROFESSORE Eh, magari!
IL COMMENDATORE Anche lei! Ma allora cosa si intromette, scusi?
IL PROFESSORE Io?! Io non mi intrometto affatto! È lei che mi ha scambiato per questa signora Annalisa. Le dirò anzi che è la prima volta in vita mia che mi capita di essere scambiato...
IL COMMENDATORE Insomma, si può sapere chi è lei e che cosa vuole?
IL PROFESSORE Io dovevo solo passare di qui a ritirare un pacchetto... con delle bozze di stampa. Lei non ne sa niente, suppongo.
IL COMMENDATORE Infatti: non ne so niente. E se lei qui deve soltanto ritirare unpacchetto lo ritiri, e se ne vada: cosa devo dirle? Basta che faccia un po’ in fretta.
IL PROFESSORE È nervoso?
IL COMMENDATORE No! Non sono nervoso; sono calmissimo. Ma non ho voglia di far conversazione con nessuno. Io mi trovo qui perché ho un appuntamento con una... persona, e non desidero...
IL PROFESSORE Ho capito, ho capito, mi scusi. Non c’è motivo per cui lei debba aggredirmi in questo modo! Lei è qui per una questione che la riguarda, io sono qui per una questione che riguarda me. E non capisco perché dovrei andarmene, anche ritirato il mio pacchetto, se per avventura mi venisse il ghiribizzo...
IL COMMENDATORE Ha ragione: sono nervoso, è vero. Perdoni lo scatto di nervi. Le chiedo scusa. Ma...
IL PROFESSORE (rabbonito)Oh, non è che volessi delle scuse. Di uno scatto di nervi chiunque può cadere vittima, nel mondo in cui viviamo. Lei forse... chissà... Quindi sono anzi io che le chiedo scusa, per non aver intuito subito, che lei, magari...
IL COMMENDATORE Io che cosa?
IL PROFESSORE Non lo so, non lo so: non voglio saperlo...
IL COMMENDATORE Parla come se io avessi qualcosa da nascondere.
IL PROFESSORE Per carità! Dico... ognuno ha i suoi problemi: mille motivi al mondo per essere nervoso... Ripeto: le chiedo scusa.
IL COMMENDATORE Ripeto: sono io che chiedo scusa a lei.
IL PROFESSORE Lei è molto gentile.
IL COMMENDATORE La ringrazio.
IL PROFESSORE Grazie.
IL COMMENDATORE Prego.
(Pausa. Si tossicchia)
IL PROFESSORE Posso... guardare lì se per caso c’è il mio pacchetto?
IL COMMENDATORE S’accomodi.
(Il Professore fruga nel banco)
IL PROFESSORE Qui non c’è niente. Una Bibbia... dei giornali... un blocco di ricevute e... toh, curiosa questa: una guida del telefono di Singapore!
IL COMMENDATORE Di dove?...
IL PROFESSORE Di Singapore.
(Il Commendatore alza le spalle, poco interessato. E mentre il Professore completa la sua ricerca, riprende le sue)
IL COMMENDATORE È permesso?... C’è nessuno?...
(La porta n. 2 si spalanca di scatto ed entra un po’ affannato ecomunque irritato il Capitano, che sbotta all’indirizzo delCommendatore)
IL CAPITANO Ah, eccola qui, lei! Cosa diavolo viene a dirmi che ho sbagliatoindirizzo? Io non ho sbagliato nessun indirizzo. E infatti, come già le ho detto, posso confondermi con i nomi e con le cifre, ma mai con gli indirizzi!  (Vede il nuovo venuto)  Buongiorno.
IL PROFESSORE Buongiorno.
IL CAPITANO Mi scusi, ma questo bel tipo mi ha fatto fare due volte sette piani di scale, dicendomi che qui siamo... Dove siamo?
IL COMMENDATORE In piazza del Carmine al due.
IL CAPITANO (al Professore) Ha capito? Glielo dica lei..
IL PROFESSORE Ma, caro signore, in effetti... qui non siamo in piazza del Carmineal due.
IL COMMENDATORE (improvvisamente colto da un sospetto) Oh dio del cielo; ma è sicuro?
IL PROFESSORE Sicurissimo!
IL CAPITANO Se non lo sa lui!
ILCOMMENDATORE Oh diodiodio ! ... Ma allora ho sbagliato io! Oh, ma mi dispiace, mi dispiace infinitamente. Anch’io, tra l’altro, sbaglio così di rado... E poi, mi dispiace anche per la figura, da peracottaro, che ho fatto. Chissà lei che cosa avrà pensato di me...
IL CAPITANO (rabbonito ma ancora sul burbero) Via via, adesso non drammatizzi! Sette piani non si fanno né si rifanno volentieri, ma sono cose che succedono anche nelle migliori famiglie, come suoi dirsi. Lei, piuttosto. Scusi, sa: ma se aveva un appuntamento alle cinque con... ehm, ehm... quella sua cugina.., corre il rischio di arrivare tardi. Le conviene correre.
IL COMMENDATORE (vorrebbe sulle prime reagire sulla storia della cugina, ma poi rinuncia) Ha ragione, ha ragione... Ma guarda che idiota! Vado via subito. Emi scusi ancora! Molto piacere. Commendator Trimarchi...  Arrivederla... Scusi la fretta... (Saluta anche il Professore... ) Buongiorno... (... ed esce dalla porta n. 1: scende cioè in platea e se ne va attraversando la sala e brontolando tra sé) Ma guarda che idiota!... Ecco cosa succede a far le cose in fretta... E quella là che mi vede arrivare in ritardo... capace di andarsene... proprio la prima volta, con tutta la fatica che ho fatto! ... Accidenti a me e alla mia fretta...
(È uscito. In scena il dialogo ripiglia)
IL CAPITANO Ah, finalmente! Sono il capitano Bigongiari. Buongiorno! Pensi che mi aveva fatto credere che avessi sbagliato indirizzo! Io che, francamente, non ricordo di aver mai sbagliato un indirizzo in vita mia. Ci sono cascato come una pera  cotta. Ho preso e me ne sono andato in tutta ingenuità! Solo che giù, naturalmente, hocontrollato; e naturalmente, ho scoperto che non avevo sbagliato affatto. Cosa che, conoscendomi, non mi stupisce. Anche se mi dà un certo sollievo: ai miei tempi mi occupavo di timer per... bombe ad orologeria. (Servizi segreti, naturalmente: non  certo in privato.)  E... appunto: non sbagliare era abbastanza importante. Ah, ah. Comunque, eccoci qua. Tutto è bene quel che finisce bene. Potrò dire anch’io la famosa battuta: una volta ho creduto di essermi sbagliato, e invece mi sbagliavo.  Il signor Anselmi, suppongo.
IL PROFESSORE Eh? No.
IL CAPITANO No?!
IL PROFESSORE No!
IL CAPITANO Ma è sicuro? Io... dovrei incontrarmi qui con un certo signor Anselmi...
IL PROFESSORE (un po’ seccato)Beh, non sono io. E ne sono sicuro! Lei è sicuro dei suoi indirizzi, io sono sicuro della mia identità. Lei, piuttosto: da come parla...non fa parte dell’ufficio.
IL CAPITANO Credevo…  ne facesse parte lei.
IL PROFESSORE No. Io devo solo ritirare delle bozze da correggere... Un mio libro...
IL CAPITANO Ah, lei è uno scrittore.
IL PROFESSORE Sì: un libro che sta per essere pubblicato qui, dall’ Editore Minervini.
IL CAPITANO Guardi però che qui non c’è nessun editore.
IL PROFESSORE L’Editore Minervini.
IL CAPITANO Questa è la Infomac.  (Ride) Non mi dica che ha sbagliato indirizzo anche lei! Sarebbe troppo bella!
IL PROFESSORE No, no: viale Pacini 12.
IL CAPITANO Infatti! Infatti infatti! Ha sbagliato anche lei! Qui – e l’ho accertato io in questo momento, quindi non mi rifaccia fare la strada una terza volta – siamo in via dei Cavalleggeri numero 1, settimo piano.
IL PROFESSORE Ma è impossibile: ho dato l’indirizzo al tassista, il quale mi ha scaricato qui davanti.
IL CAPITANO Ma scusi: lei non conosce la casa editrice che pubblica il suo libro?
IL PROFESSORE Sono uffici nuovi, ci sono appena entrati, è la prima volta che ci vengo.
IL CAPITANO Questa è la Infomac, via dei Cavalleggeri, 1.  (Altro tono) Spiacente, ma lei evidentemente è sceso dal taxi e non ha guardato né il numero né la via.
IL PROFESSORE In effetti mi sono subito infilato nel portone...
IL CAPITANO Dolentissimo.
IL PROFESSORE Ma è certamente come dice lei. Mi scusi tanto.
IL CAPITANO Ma di che cosa? Evidentemente c’è una specie di epidemia. Un nuovo virus, ah, ah!, che fa sbagliare gli indirizzi.
IL PROFESSORE Tra l’altro... qui da un momento all’altro scatta l’esercitazione per l’allarme antinquinamento... Va a finire che mi faccio sorprendere per strada...
IL CAPITANO Quindi corra!
IL PROFESSORE Grazie. Mi chiamo Sapponaro, con due pi. Professor Sapponaro.
IL CAPITANO Capitano Bigongiari... Così come si pronuncia. Molto piacere.
IL PROFESSORE Piacere mio, arrivederci.
IL CAPITANO E tanti auguri per il suo libro.
IL PROFESSORE (modestamente) Oh, è soltanto un libro giallo.
IL CAPITANO (sincero) Allora lo comprerò.
IL PROFESSORE (rivalutandosi) Un giallo.., psicologico.
IL CAPITANO (conciliante) Lo comprerò lo stesso. Lo regalerò a mia moglie.
IL PROFESSORE Grazie.
(Esce dalla porta n. 3. Il Capitano, rimasto solo, esegue il consueto piccolo esperimento di ricerca)
IL CAPITANO C’è nessuno?... E permesso?...
(Smorfia di perplessità, poi decisione: il Capitano apre la portadella toilette e vi entra richiudendo. Pausa. Arriva dalla platea,molto seccato, il Commendatore)
IL COMMENDATORE Al mondo c’è veramente della gente che non ha niente da  fare, e si diverte a far perder tempo! Via dei Cavalleggeri! Ma quando, mai! E io che gli ho dato retta, e gli ho anche chiesto scusa! Ecco: se ne sono andati.  (Pausa. Si guarda in giro) È permesso ?... C’è nessuno?... Le cinque e mezza! (Va al banco, solleva il telefono) Pronto... pronto... pronto! (Schiaccia con nervosismo crescente alcuni bottoni per l’interno senza alcun risultato) Occupato... Non risponde... Non suona... Proviamo il 110. Pronto? Scusi, vorrei un’informazione...  (Il telefono“Servizio informazioni. Il servizio è momentaneamente sospeso per una manifestazione sindacale del personale incaricato. Ci scusiamo con i signori utenti. . . . Servizio informaz. . . ”  Riaggancia con un moto di stizza) Benissimo! Che io poi lo so com’è! Divento nervoso, poi arriva lei... e io faccio cilecca. C’è nessuno?... E permesso?...
(Dalla porta n. 3 dalla quale era uscito, entra di furia il Professore, che immediatamente se la prende con la sola persona che trova in scena)
IL PROFESSORE Lei! Quale sarebbe secondo lei questo indirizzo?
IL COMMENDATORE (con altrettanta decisione) Mi dica piuttosto lei: si può sapere su quali basi ha dato ragione a quel tizio?
IL PROFESSORE Quale tizio?
IL COMMENDATORE Quello che c’era qui prima.
IL PROFESSORE E adesso dov’è?
IL COMMENDATORE Non me ne frega niente.
IL PROFESSORE Io ho detto solo che questa non è Piazza dei Carmine.
IL COMMENDATORE Sarebbe via dei Cavalleggeri, secondo lei!
IL PROFESSORE Via dei Cavalleggeri?! No.
IL COMMENDATORE No?
IL PROFESSORE No! Mai detto una cosa del genere!
IL COMMENDATORE Ah!
IL PROFESSORE Questo è viale Pacini numero 12.
IL COMMENDATORE Ah, sì? E chi gliel’ha detto?
IL PROFESSORE L’ho visto io: visto – e rivisto – con i miei occhi. E tanto per essere sicuro di non aver le traveggole, dato che qui c’è gente convinta del contrario, ho chiesto anche a un passante. Il quale, naturalmente, avrà pensato che io non sapessi neanche leggere. Anzi, a proposito: dov’è quel Capitano?
IL COMMENDATORE Non lo so, se ne sarà andato, non m’interessa! Io... aspettavo una signora...  (Dalla toilette, il rumore dello sciacquone)  Dev’essere lì....
IL PROFESSORE Ah, allora è arrivata!
IL COMMENDATORE Il suo capitano.
IL PROFESSORE Non è il “mio” capitano. Non lo conosco neanche. Io... dovevo ritirare delle bozze...
IL COMMENDATORE Comunque, ho verificato in questo momento: questa è Piazza del Carmine numero 2!
IL PROFESSORE Non so come lei faccia a sostenere una cosa del genere.
(Esce dalla toilette il Capitano, molto sollevato e soddisfatto. Ma la soddisfazione è di breve durata. Il Commendatore e il Professore lo aggrediscono subito)
IL COMMENDATORE Lei! Si può sapere a che gioco giochiamo?
IL PROFESSORE Per colpa sua, mi sono fatto sette piani a piedi!
IL COMMENDATORE Questa è piazza del Carmine!
IL CAPITANO Questa è via dei Cavalleggeri!
IL PROFESSORE Questo è viale Pacini!
(Litigio a soggetto:ciascuno afferma le proprie ragioni: “Ma se sono tornato giù a vedere! Io sono sicuro! Ho anche chiesto a un passante!” eccetera eccetera. Quando il bisticcio raggiunge il suo culmine di incomunicabilità reciproca, è il Capitano a richiamarel’attenzione di tutti e ad imporre silenzio)
IL CAPITANO Un momento! Calma, calma tutti! Ci siamo! Ho capito tutto!  (Gli altri ammutoliscono e lo guardano, senza particolare convinzione; ma il Capitano è convinto: e si aggira per la stanza a controllare la verità della propria intuizione, fregandosi le mani soddisfatto) Ah, ah, ma certo! Tutto chiarito! Chiarissimo! Limpido e solare! Come ho fatto a non arrivarci subito? Elementare, Watson! Ah, ah, lei, professore, che scrive libri gialli: una bella occasione perduta, me lo lasci dire! Avanti: come spiega questo piccolo mistero? Eh?
IL PROFESSORE Ma quale mistero?
IL CAPITANO Quale mistero, dice? Ma come: ci sono qui tre persone, tutte maggiorenni, in buona salute fisica e mentale, che sbagliano indirizzo tutte e tre!
IL COMMENDATORE Io non ho sbagliato un bel niente. Ho anche verificato!
IL PROFESSORE E io mi sono fatto sette piani a piedi!
IL CAPITANO Ho sbagliato io, allora? No. Perché anch’io ho controllato, e anche a me il mio indirizzo è risultato giustissimo! Quindi: io sono in via dei Cavalleggeri, lei è in viale Pacini, lei…?
IL COMMENDATORE In piazza del Carmine.
IL CAPITANO Può essere? Non può essere! Eppure, evidentemente, è! Ci troviamo di fronte al mistero della trinità degli indirizzi? Come si spiega? Come si spiega? (Nessuno sembra saperlo) Mi meraviglio di lei, professore. E anche di lei, signor... che avendo un appuntamento equivoco, diciamo, dovrebbe essere allenatoai piccoli misteri della vita...
IL COMMENDATORE Senta!...
IL CAPITANO (prosegue inarrestabile ed euforico) Dunque, il tanto vituperato esercito italiano una volta tanto funziona: arriva alle cose prima degli altri! Prima della cultura... e prima... di che cosa si occupa, lei...?
IL COMMENDATORE E a lei che cosa gliene importa?
IL CAPITANO Oh, è solo per completezza di ragionamento. Dica, dica...
IL COMMENDATORE (più per toglierselo dai piedi che per altro) Io... ho una piccola industria.
IL CAPITANO (completa il ragionamento) . .. e prima dell’industria! Primo: l’esercito!
IL COMMENDATORE Io non lo reggo!
IL CAPITANO Scusate la banalità del calembour, ma non per niente io faccio parte di quel corpo che una volta era chiamato il Genio!
IL COMMENDATORE Senta: è tardi! Se ha scoperto cosa c’è sotto questo mistero, sentiamo. Altrimenti...
IL CAPITANO Semplicissimo, signore e signori. Abbiamo ragione tutti e tre! Questa casa ha tre ingressi!
IL COMMENDATORE Come, tre ingressi?
IL CAPITANO Tre ingressi: uno, due e tre!   (Esegue la “dimostrazione” con ampi gesti indicativi)  Lei è entrato da questa porta, lei da quella, io da quest’altra. Da tre pianerottoli diversi, si scendono tre diverse scale, le quali conducono a tre diversi androni, varcati i portoni dei quali ci si ritrova rispettivamente in via dei Cavalleggeri, in viale Pacini, in piazza del Carmine. Tre ingressi, tre numeri civici. Se lor signori si accostano alla vetrata, potranno verificare di persona, senza il fastidio di rifare le scale. La casa, come vedono, è come uno sperone che dà su una piazza, da cui si dipartono, fiancheggiandola, due vie. Per l’appunto piazza del Carmine lì,... via dei Cavalleggeri di qua... viale Pacini di là! Eh, eh, che ve ne pare?
(Pausa)
IL COMMENDATORE Potrebbe anche essere.
IL PROFESSORE Parrebbe plausibile.
IL CAPITANO Che ve ne pare? Voilà!
IL COMMENDATORE (dopo una pausa, con preoccupazione, a disagio) Questa storia non mi piace!
IL CAPITANO Perché? È semplicissimo. Non vedo l’ora di raccontarla al Circolo Ufficiali, soprattutto al barman, a quel Benito del cacchio, che fa collezione di barzellette sui carabinieri e poi le riracconta mettendo al posto dei carabinieri gli ufficiali dei servizi segreti.  Beh, questa volta...
IL COMMENDATORE (nervoso, lo interrompe) Stia zitto, stia zitto! Questa storia non mi piace! Tre numeri civici, va bene. Ma “questo” posto che cos’è: una pensione, una ditta, una casa editrice al tempo stesso?
IL CAPITANO A questo non ci avevo pensato. Oh bella, è vero!
IL PROFESSORE Ha paura?
IL COMMENDATORE Sono nervoso, sì: sono nervoso. Questo posto non mi piace. Tra l’altro, da un momento all’altro suona l’allarme, e noi siamo qui bloccati. Io me ne vado.
IL CAPITANO E la sua...?
IL COMMENDATORE Non lo so: non avrà potuto venire, avrà cambiato idea, avrà  avuto un altro impegno...
IL CAPITANO Pardon pardon!
IL PROFESSORE Io aspetto un po’. Magari questa storia dell’allarme ha provocato ritardi... Io spero che qualcuno della casa editrice arrivi...
IL CAPITANO Il signor Anselmi dovrebbe proprio venire!
IL COMMENDATORE Io me ne vado. Signori, buonasera! Anzi: uscirò da viale Pacini, tanto per vedere questa stranezza di una casa con tre ingressi... e per non rifare la stessa strada.  (Si avvia alla porta n. 3, tenta di aprirla, ma la porta resiste) È chiusa.
IL PROFESSORE È impossibile: provi a tirare.
IL COMMENDATORE (esegue: idem) È chiusa.
IL CAPITANO L’aiuto io. Accidenti! È chiusa davvero.
IL PROFESSORE È ben strano: ci sono passato io un momento fa!...  (Prova ad aprirla: la porta si apre senza bisogno del minimo sforzo)  Te’, si è aperta. Dov’è che l’avete vista chiusa?  (!indicando la strada al Commendatore)  Prego.  (Il Commendatore fa per passare, poi ci ripensa e si ferma)
IL COMMENDATORE No: voglio vedere una cosa. (Si avvicina alla porta n. 2) Questa dove dovrebbe portare?
IL CAPITANO In via dei Cavalleggeri.
IL COMMENDATORE (tenta di aprirla: la porta è chiusa, ma il Commendatore non sembra stupirsene) Chiusa anche questa. Lo sapevo. Provi lei!
IL CAPITANO Io?
IL COMMENDATORE No, il Professore.
IL PROFESSORE (dopo aver provato) È chiusa.
IL COMMENDATORE Calma! Vada a provare quella là!   (Gli indica la porta al proscenio: la porta n. 1)
IL PROFESSORE (esegue) Chiusa anche questa.
IL COMMENDATORE (al Capitano) Lei?...
IL CAPITANO (pur con aria sospettosa, effettua la prova richiesta) Chiusa.
IL COMMENDATORE (con decisione si avvicina alla “propria” porta e la apre in tutta facilità) Per me è aperta.   (Ancora al Capitano, indicando gli la porta n. 2) E adesso provi lei ad aprire quella lì.
IL CAPITANO (esegue, e la porta si apre) Ecco fatto.
IL COMMENDATORE E allora, capitanò? È in grado di risolvere anche quest’altro piccolo mistero?
IL CAPITANO Non ho capito.
IL PROFESSORE Ah, ho capito quel che vuol dire! Ciascuno di poi... apre senza nessuno sforzo la porta... dalla quale è entrato... ma nessuno di noi riesce ad aprire.., le porte... dalle quali sono entrati... gli altri...
IL CAPITANO (fa un po’ fatica a capire, e deve ripetere) Come, come?.. Ciascuno di noi... la propria porta... quelle degli altri, invece... Ma è vero! Non ci avevo pensato.
IL COMMENDATORE (malgrado la preoccupazione) Genio in ribasso, eh?
IL CAPITANO Beh, che cosa gliene importa? Se vuole scendere in via dei Cavalleggeri, la porta gliela apro io.
IL COMMENDATORE No. Queste porte non mi piacciono.
IL PROFESSORE Ma andiamo, è grottesco!
IL COMMENDATORE Insomma, preferisco uscire dalla mia!
IL PROFESSORE D’accordo, d’accordo: non si inquieti. Anzi: vengo anch’io, con lei. Le dimostrerò che per la “sua” porta “io” passo.
IL COMMENDATORE Io... aspetto ancora dieci minuti.
IL PROFESSORE Non voleva andarsene?
IL COMMENDATORE Ho cambiato idea. Aspetto ancora... un pochino, poi semmai me ne vado.
IL PROFESSORE Ho capito: ha paura.
IL CAPITANO Paura?
IL COMMENDATORE No.
IL PROFESSORE Lei ha paura e vuole vedere che cosa succede a me!
IL CAPITANO Ma succede che cosa?
IL PROFESSORE Non deve vergognarsene, sa? Tutti si rimane un po’ spauriti di fronte a certe piccole coincidenze che si verificano a volte e che non riusciamo a spiegare. Gli uomini prima sentono senza avvertire, di poi avvertono con animo perturbato e commosso, e finalmente riflettono con mente pura e serena. L’ha detto il Vico.
IL CAPITANO Il colonnello Vico? Quello del terzo stormo?
IL PROFESSORE No, no: un altro. Evidentemente il capitano è nella prima fase, lei nella seconda...
IL COMMENDATORE E va bene: ho paura. O meglio: non ho esattamente paura, ma non ho nessuna voglia di farmela venire. E... come ha detto lei: sono... perturbato. Questo posto non mi piace proprio per niente.
IL PROFESSORE Io non ho paure irrazionali: evidentemente ho già raggiunto la fase della mente pura. Come vede... io vado.
IL COMMENDATORE Non esce dalla “mia” porta?
IL PROFESSORE (ridendo) No, ma non per quello che crede lei, mi creda. È solo che mi è proprio più comodo viale Pacini. Signori, al piacere di reincontrarvi!
(Saluta con ampio gesto, ed esce dalla propria porta: la porta n.3. Pausa. Il Capitano si avvicina alla vetrata e guarda fuori tranquillamente)
IL COMMENDATORE È permesso?... C’è nessuno... Questa storia non mi piace!... Uff! Mi sembra che manchi l’aria qui dentro? Perché non apriamo un po’ la finestra?
IL CAPITANO Volentieri.  (Apre la porta della vetrata)
IL COMMENDATORE Come mai non si sente nessun rumore? (Si avvicina alla finestra, e guarda fuori)  Quasi nessuno: come mai?
IL CAPITANO Beh, nessuno avrà voglia di farsi sorprendere in strada dall’allarme.
IL COMMENDATORE Uhm! Già!... A che ora è l’esercitazione?
IL CAPITANO In qualsiasi momento dopo le cinque.
IL COMMENDATORE Quindi.., da un momento all’altro.
IL CAPITANO Evidentemente da un momento all’altro.
IL COMMENDATORE Dio, ma che caldo vien dentro da quella finestra!
IL CAPITANO Fuori dev’essere un forno.
IL COMMENDATORE È una giornata africana. Le spiace se chiudo?
IL CAPITANO Prego, prego.   (I1 Commendatore chiude la finestra)
IL COMMENDATORE Che caldo! Darei chissà che cosa per un’aranciata!
IL CAPITANO Lì c’è un frigobar. (Il Commendatore apre il frigobar, ed ha una reazione di piacevole sorpresa)
IL COMMENDATORE Aranciata  ce n’è. Molto bene. (Tira fuori dal frigo una lattina di aranciata  Beve qualcosa anche lei?
IL CAPITANO Una birra, grazie.
IL COMMENDATORE  Birre non ce ne sono. C’è solo aranciata.
IL CAPITANO Allora niente. L’aranciata non mi piace.   (Il Commendatore richiude il frigobar. Ma il Capitano ci ripensa)  Però... piuttosto di morir di sete...  (Si avvicina al frigobar, lo apre, ha un gesto di sorpresa e di stizza)  Cosa diavolo dice che non c’è birra? Ma se non c’è altro!   (Tira fuori dal frigobar una lattina di birra. Stupore sempre più sgomento del Commendatore. Il Capitano ha già superato il problema, apre la lattina e beve con gusto)  Ahh! Incredibile la vampa di caldo che è entrata da quella finestra! Il povero professore si starà sciogliendo dal sudore. Proprio non lo invidio!    (Ma la porta n. 3 si apre, ed irrompe nella stanza il Professore. È bagnato fradicio, ma non di sudore: bensì, evidentemente, di pioggia)
IL PROFESSORE Ah, chiedo scusa, chiedo scusa!... Ma mi conviene aspettare qui, che smetta di piovere! Dio! Mai visto un acquazzone del genere!
IL CAPITANO Piove?
IL PROFESSORE Se piove?! Diluvia!
IL COMMENDATORE Dov’è che piove?
IL PROFESSORE Fuori, piove! Dove vuole che piova?
IL CAPITANO Ma se in piazza del Carmine c’è il sole!
IL PROFESSORE -  Senta! Basta, va bene? Io vengo da viale Pacini, sono tornato in viale Pacini, rispondo solo di viale Pacini! E in viale Pacini – oh cazzo! – piove che dio la manda!
IL CAPITANO Si tolga la giacca. Vuole qualcosa?... Qualcosa da bere?
IL PROFESSORE Darei non so che cosa per una tazza di cioccolata calda.
IL CAPITANO Cioccolata calda, credo proprio che non ce ne sia.
IL COMMENDATORE (intenso e quasi drammatico) E invece sì. Cioccolata calda ce n’è! (Gli altri lo guardano stupiti) Nel frigobar.
IL PROFESSORE Nel frigobar?! Calda?
IL COMMENDATORE (drammatico) Calda!
IL CAPITANO Ma...(Per quanto scettico, il Professore si avvicina al frigobar, lo apre, e ne trae una grande tazza di cioccolata calda e fumante, tra la meraviglia imbambolata del Capitano e il funereo prender atto del Commendatore)
IL COMMENDATORE Questo posto non mi piace! Questo posto non mi piace affatto!...
(Da fuori, improvvisamente, il sibilo di varie sirene vicine e lontane)
IL PROFESSORE L’esercitazione...
IL CAPITANO L’allarme...
IL COMMENDATORE E dobbiamo restare qui tutta la notte!...
Fine del primo quadro


Quadro Secondo
La stessa scena, un’ora dopo. Sono presenti, o comunque visibili, il Capitano e il Commendatore. Quest’ultimo sta reggendo un paio di pantaloni di fronte ad una stufetta elettrica accesa. Si tratta evidentemente dei pantaloni del Professore, che vengono asciugati dopo l’acquazzone. Il Capitano sta leggendo da un giornale le disposizioni per l’esercitazione d’allarme antinquinamento.

IL CAPITANO Al tramonto, e comunque non oltre le diciotto e trentacinque, disinserire tutti gli elettrodomestici: in particolare frigoriferi...  (Stacca la spina del frigorifero)  ... scaldabagni elettrici...  (Si avvicina alla porta del bagno, e bussa)  C’è uno scaldabagno elettrico, lì?
LA VOCE DEL PROFESSORE  Sì.
IL CAPITANO Staccare!... radiogrammofoni, lavatrici, lavastoviglie... (Si guarda in giro: non ce ne sono) ... stufette elettriche... (Guarda il Commendatore) Non sono ancora asciutti?
IL COMMENDATORE Sono umidicci.  (Dalla porta della toilette si sporge la testa del Professore)
IL PROFESSORE Va bene, va bene: vanno bene anche umidicci ! ...  (Il Commendatore spegne immediatamente la stufetta, si alza,porta i pantaloni al Professore, che li prende e riscompare nella toilette)
IL CAPITANO Da ultimo, disinserire apparecchi televisivi, videocitofoni,registratori di cassa, computer, video-giochi eccetera, limitando il consumo di energia all’illuminazione strettamente necessaria.
(Esce dalla toilette il Professore, allacciandosi i calzoni: è in maniche di camicia e potrà anche infilarsi la giacca che si trova ad asciugare sullo schienale di una sedia)
IL PROFESSORE Finalmente ho recuperato i miei calzoni. Grazie! Ah, i calzoni sono come la salute, come la giovinezza! Soltanto quando non ci sono, ne valutiamo la vera utilità, la fondamentale importanza.  (Al Capitano) Ha detto “grammofoni”?
IL CAPITANO Io?
IL PROFESSORE Prima, leggendo. Il plurale di grammofono, a stretto rigor di termini, sarebbe grammofon-O, non grammofon-I. Grammofon-O = strument-O che scrive, che registra il suon-O. Al plurale, strument-I che registrano il suon-O: ovvero grammofon-O.
IL CAPITANO Io ho sempre detto grammofoni.
IL PROFESSORE E ha sempre sbagliato. Come capIstazione e non capostazionI, pomIdoro e non pomodorI,  portabandierA e nonportabandierE. A meno che, si capisce, uno non sia davvero il capo di molte stazion-I  o  stia portando molte bandier-E.
IL CAPITANO In questo caso però non è un portabandiere ma un fattorino, o un facchino, o qualcosa del genere. Perché il portabandiere porta una bandiera sola.
IL PROFESSORE Quindi: portabandier-A.
IL CAPITANO  E se il grammofono appartiene a più persone?
IL PROFESSORE Eh? Lo stesso: la questione non cambia.
IL CAPITANO Però il grammofono non registra un suon-O sol-O. Sarebbe
    noiosissim-O.
IL PROFESSORE Registra “il” suono, inteso come l’insieme di tutti i suoni possibili:
    il fatto fonico: la phoné! In grammatica si chiama “nome collettivo”.
IL CAPITANO Il grammofono?!
IL PROFESSORE No. Il suono. L’articolo sì, a stretto rigor di termini, potrebbe essere superfluo, in quanto deriva dal latino “ille” o “illud”, che vuoi dire “quello”. Il grammofono come strumento che registra “iilud suono”, “quei” suono. Allora sì, in quel caso: grammofon-I. Perché non registrerebbe solo quei suono, né il suono in quanto nome collettivo, ma vari suoni.
IL CAPITANO Interessante.
IL PROFESSORE Ma non è questo il caso, e comunque mi sembrerebbe una sottigliezza eccessiva.
IL CAPITANO Andrebbe comunque disinserito io stesso.
IL PROFESSORE Ah, certo. Un altro caso curioso, in tutte le grammatiche d’origine indoeuropea, se a lei interessano questi temi... Le interessano?
IL CAPITANO No.
IL PROFESSORE Ah, credevo.., m’era sembrato...
IL CAPITANO No. Io tra l’altro a scuola sono sempre andato male. Sono uomod’azione, diciamo. E la grammatica, in particolare... Vedo però che adesso non la insegnano più... I miei nipotini, per esempio,non ne sanno niente.
IL PROFESSORE E lei crede che questo sia un bene?
IL CAPITANO Beh, non lo so... No, no certo che no!
IL PROFESSORE La grammatica è alla base della precisione del linguaggio. E l’imprecisione del linguaggio può essere causa di gravi inconvenienti. Il Boccaccio racconta, per esempio, di due stranieri che fermatisi una sera in una locanda in Toscana hanno chiesto per la notte delle lenzuola “bianche”, e si sono trovati poi a dormire con delle lenzuola impiastricciate di vernice “bianca”, perché – come ha spiegato loro l’oste all’indomani – non si dice “bianche”, ma “di bucato”. Ha capito?
IL CAPITANO A me sembra che l’oste avrebbe potuto anche capire quel che volevan dire quei due. Trattandosi poi di due stranieri...
IL PROFESSORE Oh, ma l’oste aveva capito, solo che voleva dargli una lezione.
IL CAPITANO Perché? Cosa gli avevano fatto?
IL PROFESSORE Niente, ma...
IL COMMENDATORE (di cattivo umore, intervenendo) A me questa Storia sembra una gran cazzata!
IL PROFESSORE Ma è il Boccaccio!
IL COMMENDATORE È una cazzata lo stesso, mi scusi! E non capisco come lei, oltretutto bagnato com’è, abbia voglia di pensare ai plurali, alla grammatica... Non è preoccupato? È tranquillo? Per lei va tutto bene? Per lei questa storia è normale? Questo posto è un posto come gli altri? Non avverte niente di strano, di misterioso, di poco chiaro? Mi dica, risponda, parli!
IL PROFESSORE Mi lasci parlare, allora!... Vuole una risposta pratica, operativa; o razionale-filosofica?
IL COMMENDATORE Cioè? Come sarebbe a dire?
IL PROFESSORE Vuole un sì o un no, così, in famiglia, o vuole una disamina piùapprofondita?
IL COMMENDATORE O santo cielo! Voglio sapere cosa ne pensa lei di questa storia! Se è preoccupato! Se trova che sia tutto normale!
IL PROFESSORE Le dirò!...
IL CAPITANO (tossicchia) Ehm, scusate... Sono quasi le sette, e io alle sette ho l’abitudine di fare un piccolo pediluvio. Ci avrei rinunciato oggi, visto che dovevo incontrarmi con questo signor Anselmi: ma visto anche che il signor Anselmi non si è  fatto vivo, io i piedi me li laverei, se loro non hanno niente in contrario...
IL COMMENDATORE Prego.
IL CAPITANO Grazie. Il fatto è che mi dispiacerebbe anche perdere la vostra discussione. Posso... lasciare aperta la porta del bagno... o magari venire qui, a lavarmi i piedi?
IL PROFESSORE Prego, prego. Visto che dovremo passar la notte insieme, non mi sembra il caso di formalizzarci troppo...
IL CAPITANO Grazie.  (Entra in bagno, e ne tornerà dopo poco con una bacinella piena d’acqua calda, che metterà per terra, davanti a una sedia, procedendo a un accurato pediluvio rilassante. Si rimbocca i calzoni, si toglie naturalmente scarpe e calze, versa nella bacinella il contenuto di una bustina che trae di tasca e che scioglie con cura creando una bella schiuma...)
IL COMMENDATORE E allora?
IL PROFESSORE E allora mi dica lei, tanto per cominciare, che cos’è in questa storia che non va. Una casa con tre diversi numeri civici? Raro, ma non impossibile! Tre persone diverse che confluiscono per un appuntamento alla stessa ora? Ma le diciassette sono una classica ora da appuntamenti, e il mio impegno oltretutto non era neanche per quell’ora precisa.
IL COMMENDATORE E come mai tutti qui? In un... “locale” con tre porte diverse?
IL PROFESSORE Pensione Aurora, ditta Infomac, Editore Minervini.
IL COMMENDATORE Senza una targhetta, senza un nome, senza niente?
IL PROFESSORE Ma caro signore, niente di men che comprensibile! L’Editore Minervini ha appena cambiato sede: il nuovo indirizzo non è ancora sulla guida del telefono... La Pensione Aurora... beh, da quel che ho capito, alla pensione Aurora lei  aveva un appuntamento galante, con una signora...
IL CAPITANO Pardon pardon!
IL PROFESSORE Una certa discrezione è più che comprensibile. Quanto alla Infomac del capitano Bigongiari... il capitano stesso ha parlato di servizi segreti: questa Infomac – io non voglio saperlo – potrebbe anche essere una ditta di comodo, una di quelle ditte paravento che servono per mascherare...
IL COMMENDATORE Ma come! Macchine per il riciclaggio dei tubetti da dentifricio! Me l’ha detto lui: il capitano!
IL CAPITANO Provenienza esercito, però! Sono i tubetti usati dalle tre armi, militari di leva inclusi. E non solo: stiamo trattando anche i tubetti della Nato in Europa: un affare – non credo di violare nessun segreto! – che da solo vale miliardi. Che la Infomac cerchi di passare inosservata.., beh, non mi stupisce!
IL PROFESSORE Naturale: probabilmente gli utili se li spartisce qualcuno.
IL COMMENDATORE Esempio?
IL CAPITANO Pardon pardon!
IL PROFESSORE Beh... i partiti politici, probabilmente.
IL COMMENDATORE È vero?
IL CAPITANO (canta, in piedi nella bacinella, come a far orecchio da mercante)  “Vento, vento,  portami via con te!  Raggiungeremo insieme il firmamento... ”
IL PROFESSORE Evidentemente è così. Quindi, come vede, tutto più che logico.
IL COMMENDATORE Anche fosse: perché una stanza sola?
IL PROFESSORE Un recapito. È mai stato a Montecarlo o a Lugano, o meglio ancora a Vaduz? Ci sono appartamenti di tre stanze che sono sede di centocinquanta società commerciali, industriali, finanziarie. Un puro e semplice recapito. Una Infomac, evidentemente, non ha bisogno di spazio.
IL COMMENDATORE È il suo editore?
IL PROFESSORE È un piccolo editore. Probabilmente gli basta un recapito di rappresentanza in centro, sia pure in coabitazione, e il lavoro vero se lo fa in periferia, dove gli affitti sono meno cari.
IL COMMENDATORE E io, accidenti? E io? Io, se devo incontrare una signora, di un po’di spazio ce n’avrò pur bisogno!.
IL CAPITANO Pardon pardon!
IL COMMENDATORE (sbotta, scocciato e nervoso) E lei la smetta, col suo pardon-pardon!
IL CAPITANO La tradizionale discrezione dell’esercito.
IL COMMENDATORE La usi più a proposito questa discrezione. Le ho già detto che in questo incontro non c'è niente di strano!
IL CAPITANO Niente di strano? E chi ha mai detto il contrario? Ma è la cosa meno strana del mondo: un uomo e una donna... Più naturale di così! ... (Canticchia)
             “Tu che conosci tutte le mie pene  /  dille che ancor le voglio tanto bene!.,. ”
 IL COMMENDATORE Io non lo reggo!
IL PROFESSORE Caro signore, lei ha detto, giustamente, “ho bisogno di spazio”. Evidentemente altro è il luogo dell’incontro, altro il luogo dove l’incontro, diciamo, si consuma. Se la sua signora si fosse presentata, non dubito che un discreto nocchiero vi avrebbe pilotati altrove.
  (Pausa)
IL COMMENDATORE (Improvvisamente, quasi di scatto, con aggressività, riprende la discussione con il Professore)  E il frigobar? Eh? Lo apro io, e ci sono solo aranciate! Lo apre lui, e ci sono birra! Lo apre lei... e c’è una cioccolata calda!
IL PROFESSORE (ride, scotendo la testa quasi con compatimento) Ma no, ma no!... Lei non conosce Schopenhauer!
IL CAPITANO (tra sé) Campione di Formula Uno!...  (Ma non sembra convinto)
IL PROFESSORE Il mondo come volontà e rappresentazione. Lei aveva voglia di un’aranciata, e ha “visto” soltanto la sua aranciata. Il capitano aveva voglia di birra, e non ha avuto occhi che per la sua birra. Ciascuno vede ciò che desidera vedere; ciascuno si rappresenta  ciò che vuole...
IL CAPITANO (ora ci siamo!) Schumacher!
IL PROFESSORE ...Se mi piacciono le bionde, io noterò in particolare le bionde, e alla sera – facendo l’esame di coscienza – mi sembrerà di aver visto solo bionde.
IL COMMENDATORE E la sua cioccolata?
IL CAPITANO Ah, quella è veramente inspiegabile! Qui non c’è dubbio: ci troviamo di fronte a un miracolo! Un vero e proprio miracolo!
IL COMMENDATORE Io non dico un miracolo, ma qualcosa di misterioso, sì!
IL PROFESSORE Dica pure miracolo, allora. Tra il miracolo e il mistero non c’è molta differenza, di fronte alla ragione!
IL COMMENDATORE Lei ha voglia di una cioccolata calda, apre il frigo, e cosa trova? Un’ottima cioccolata calda!
IL PROFESSORE No, se è per questo non era ottima: era appena decente!
IL COMMENDATORE Le sembra ragionevole?
IL PROFESSORE No.
IL COMMENDATORE Ah, ah: visto? E come mai?
IL PROFESSORE Perché di regola non si mette una cioccolata calda nel frigorifero!
IL COMMENDATORE E allora come lo spiega?
IL PROFESSORE Che qualcuno voleva raffreddarla e non aveva pazienza d’aspettare.
IL COMMENDATORE Tutto qui?
IL PROFESSORE È sufficiente.
IL COMMENDATORE Qualcuno chi?
IL PROFESSORE Non lo so!
 IL COMMENDATORE (come se l’avesse colto in castagna)Ah ah!
IL PROFESSORE Come faccio a saperlo? È la prima volta che vengo qui. Però qualcuno ce l’ha messa!
IL COMMENDATORE E questo come fa a saperlo?
IL PROFESSORE Perché c’era. Non le sembra una prova sufficiente?
IL CAPITANO (che nel frattempo si era messo a leggere un giornale, reagisce al livello che hanno assunto le voci)  Ssst, per piacere!
IL PROFESSORE Il ragionamento è il seguente: le cioccolate calde non nascono nei frigoriferi. Se in un frigorifero viene a trovarsi una cioccolata calda – al pari di ogni altra cosa – è segno che esiste o è esistito qualcuno che ce l’ha messa. Cogito, ergo sum. Cioccolatam posuit, ergo est! Cartesiano!
IL CAPITANO (al Commendatore, come ammonendolo) Eh, eh, le conviene stare attento: il Professore scrive libri gialli!
IL PROFESSORE La storia pratica, poi, di quel qualcuno e della sua cioccolata calda, può essere raccontata in mille modi. Qui usciamo dal campo della certezza logica per entrare in quello del possibilismo fenomenologico; e possiamo fare le  ipotesi che più ci aggradano.  Esempio. Prima di tornare a casa,in anticipo per non farsi sorprendere in strada dall’esercitazione, qualcuno, della pensione Aurora, dell’Infomac o della casa editrice Minervini, ha ordinato da bere al bar di fronte. Il barista è salito e ha portato “il solito”, come si usa negli uffici. Tra “il solito” c’è anche la cioccolata calda er la signora Matilde. Normalmente la signora Matilde aspetta che la cioccolata si raffreddi un poco, ma questa volta non c’è tempo, perché  appunto bisogna andare a casa. La signora Matilde allora mette la cioccolata in frigorifero. Qualcuno glielo dice: Ma signora Matilde, mette la roba calda in frigorifero?, ma la signora Matilde se ne infischia: il frigorifero, tanto, è della ditta! E poi se l’è dimenticata.
IL COMMENDATORE Le pare credibile?
IL PROFESSORE Le pare più credibile un miracolo? Che cosa le sembra più possibile: un mistero, o il fatto che qualcuno, verso le cinque del pomeriggio, si ordini una cioccolata calda? Vogliamo fare un’inchiesta nei bar, a sentire se fanno più cioccolate o più miracoli?
IL CAPITANO Più cioccolate.  (Pausa)  Io non ho capito chi è la signora Matilde... (Gli viene un dubbio) Ah, pardon pardon!
IL COMMENDATORE (dopo una pausa) E la storia delle porte?
IL PROFESSORE Un piccolo caso di allucinazione collettiva. Probabilmente non era  affatto vero quello che a lei è sembrato, e che per un attimo èparso forse anche a me. Erano davvero chiuse? Abbiamo davvero provato ad aprirle? Ipotesi: lei ha sbagliato a girare la maniglia, girandola di qui invece che di là, e gli altri —suggestionati –hanno fatto come lei. Ma sono sicuro che se provo adesso le porte si aprono tranquillamente. Questa è la porta del capitano?  (Si avvicina alla porta n. 2 e la apre in tutta facilità)  Visto?
IL COMMENDATORE E l’acquazzone? Eh? In viale Pacini il diluvio, e in piazza del Carmine neanche una goccia?
IL PROFESSORE Perché no? Senta: dovunque si verifica un acquazzone, c’è una linea di confine tra dove c’è l’acquazzone e dove l’acquazzone non c’è più. Va bene?
IL CAPITANO Questo è vero. Si vede benissimo anche col sole e l’ombra.
IL PROFESSORE Questa linea di confine, nel caso dell’acquazzone di oggi, passava proprio sul sito di questa casa: anzi, di questa stanza!
IL COMMENDATORE (con sarcasmo) Ma naturale: tutto è chiarissimo! Un caso eccezionale, ma del tutto spiegabile! Un caso fortunato!
IL PROFESSORE Fortunato, non vedo perché.
IL COMMENDATORE Come no! Siamo qui terrorizzati da questi fatti misteriosi, da queste strane coincidenze, e scopriamo invece che tutto è logico e spiegabile!
IL CAPITANO Vorrei precisare: io non sono affatto terrorizzato!
IL COMMENDATORE Per lei, va tutto bene!
IL CAPITANO No, non tutto: una cosa giusta, come spesso nella vita. Il signor Anselmi non è venuto, e questo mi obbligherà probabilmente a un altro viaggio, però in compenso ho fatto il mio pediluvio, quando ci avevo messo già una croce sopra.
IL PROFESSORE Comunque,, io non intendevo dire che il caso sia particolarmentefortunato. Anzi, è buona norma non dire mai se una cosa è un bene o un male...
IL CAPITANO Oh bella, questa è proprio la prima volta che la sento.
IL PROFESSORE Il nonno di una vecchia cameriera della mia famiglia, che abitava in una catapecchia fuori paese, nella bassa padana, un giorno si è sentito chiedere se voleva vendere la sua casa, da un tizio che gli offriva il quintuplo di quello che poteva valere ad occhio e croce. Fortuna o sfortuna?
IL CAPITANO Fortuna.
IL PROFESSORE Naturalmente anche lui l’ha pensata così. E per non lasciarsi scappare l’affare ha concluso subito, e quella sera stessa si è trasferito da sua sorella, che del resto abitava lì vicino. Durante la notte.., la casa è crollata!
IL CAPITANO Un colpo di culo incredibile! Pardon!
IL COMMENDATORE (aggressivo) Per lui! Ma per il compratore?
IL CAPITANO Beh, per lui no.
IL PROFESSORE E invece sì. Perché secondo i suoi calcoli, sotto quella casa doveva esserci un giacimento di petrolio. Il crollo della casa gliaveva fatto risparmiare le spese di demolizione.
IL CAPITANO Bene: colpo di culo anche per lui!
IL PROFESSORE Mica tanto, in realtà: perché il petrolio, all’atto pratico, non c’era.
IL CAPITANO Doppio colpo di culo per il venditore.
IL PROFESSORE Sapevo che avrebbe detto così! Ma invece, facendo il trasloco subito, di furia, per paura che l’altro cambiasse idea, gli era venuta una bella polmonite, tanto che in quindici giorni è morto! Pensi che cos’è la vita!
IL CAPITANO Eh, la vita!  (Pausa) Lo diceva sempre, il mio vecchio parroco!… Dalla vita nessuno esce vivo!
IL COMMENDATORE Io non lo reggo!
IL CAPITANO Che cosa?
IL COMMENDATORE Lei! Lei! Non può stare zitto?
IL CAPITANO  Io?! Ma guardi che parla molto più lui.
IL COMMENDATORE Lo so! Il Professore parla molto, moltissimo! Ma lei... lei fa queste battute... che mi irritano, ecco! Che senso ha, in una giornata come questa, in cui non si capisce niente, e che già per questo dovrebbe far paura, venirsene fuori con battute come “dalla vita...”    Com’è?...
IL CAPITANO (convinto)  Dalla vita nessuno esce vivo.
IL COMMENDATORE Ecco!
IL CAPITANO Ma è vero: non è una battuta!
IL COMMENDATORE (scaldandosi ed esagitandosi fino a perder le staffe) Non è “vero”! È ovvio! È cretino! Come si esce dalla vita? Morendo! Con la morte! Quindi che senso ha dire che nessuno esce vivo dalla vita? Se uno dopo essere morto è ancora vivo, vuol dire che non è uscito dalla vita: quindi non è morto! D’altra parte: se uno muore, muore: se uno vive, vive!
IL PROFESSORE Dicevano gli stoici: finché vivi la morte non c’è; quindi perché averne paura? Quando la morte arriva, tu non ci sei più; quindi come potresti averne paura?
IL COMMENDATORE Ha parlato Sheherazade!
IL CAPITANO Chi?
IL PROFESSORE Zaratustra.
IL COMMENDATORE Volevo dire Zaratustra. Lei non mi corregga! So correggermi da solo! Lo so anch’ io, chi è Zaratustra!
(Pausa)
IL CAPITANO Io non lo so, chi è Zaratustra. Il guaio a stare nell’esercito è che non si conosce mai nessuno! Si sta lì, nelle caserme, tutto il giorno, si tira sera, ogni tanto una sfilata, una volta ogni morte di papa un’esercitazione... Se capita una guerra ti mettono un basco azzurro in testa e ti mandano a dare il biberon ai bambini... Poi si va in pensione, si torna al paesello... e gli amici ti incontrano e ti dicono, “Ah già, che ci sei anche tu!”. Oppure muori.., e quando legge l’annuncio sul giornale, la gente dice “Ah già, che c’era anche lui!”. Oppure, peggio ancora: “Credevo fosse già morto!”.
IL COMMENDATORE E dagliela, con questo parlare di morti! Non si può trovare qualcosa di meno... di meno...
IL CAPITANO Vi racconterò una barzelletta. Io, a dir la verità, non sono molto bravo a raccontar le barzellette: più che altro sono un uomo d’azione. Ma questa è una barzelletta speciale, quindi mi ci posso provare anch’io.
IL COMMENDATORE Sempre meglio che sentir parlare...
IL CAPITANO C’era una volta un tizio, che si chiamava Giovanni. No: Pietro. Oppure... lei come si chiama?
IL COMMENDATORE Io? Ernesto. Perché?
IL CAPITANO È importante... si chiamava Ernesto! Un giorno emigra in Australia, si sistema in Australia, si sposa in Australia, lavora in Australia.., ma poi resta solo, non chiedetemi perché, non io so, comunque non importa: diciamo… che moglie e figli sono tutti morti...
IL COMMENDATORE E dagliela!
IL CAPITANO Pardon! ...  Quello che importa è che un bel giorno decide di tornare in Italia – perché era italiano, non so se l’ho già detto – se non altro per morire nel suo paese.
IL COMMENDATORE E allez!
IL CAPITANO Pardon! Raccoglie il suo gruzzoletto, si imbarca sulla nave, che va su fino all’Indocina, poi l’India, poi l’Arabia, poi passa per il canale di Suez, e a mano a mano che si avvicina all’Italia sente l’emozione crescere... Arriva nel Mediterraneo, e l’emozione cresce, poi il Mar Jonio, poi il Tirreno, sempre con l’emozione che cresce, poi il porto di Genova... Finalmente mette piede a terra, e dall’emozione gli par quasi di morire...
IL COMMENDATORE Mi mancava.
IL CAPITANO Però si fa forza, prende il treno per raggiungere la sua città, che è... Torino! No, Milano! O più lontana ancora. Lei di dov’è?
IL COMMENDATORE Diciamo... Trento.
IL CAPITANO No, non va bene. Se uno viene dall’Australia non sbarca a Genova
per andare a Trento: sbarca semmai a Venezia, o a Trieste, te’!
IL PROFESSORE Beh, non credo che uno che vada dall’Australia all’Italia abbia
tante scelte! Sbarcherà anche lui dove lo fanno sbarcare!
IL CAPITANO Sì, ma non mi piacciono le barzellette prolisse! Preferisco farlo sbarcare nel posto più logico.
IL COMMENDATORE Senta: può andare avanti con la sua barzelletta? Già ho l’impressione che non mi piacerà affatto!
IL CAPITANO Diciamo.., una città lontana, in mezzo ai monti.
IL COMMENDATORE Okay: Torino!
IL CAPITANO Più lontana, più lontana.
IL COMMENDATORE Biella, Como, Bergamo.
IL CAPITANO Più lontana, più lontana!... Bolzano!
IL COMMENDATORE (sbuffando, nervosissimo) Ed era sbarcato a Genova!
IL CAPITANO Prende il treno, e pedala, pedala, mentre l’emozione cresce di minuto in minuto... Poi finalmente arriva a Bolzano, esce dalla stazione, va in un’altra stazione più piccola, sempre con l’emozione che cresce...
IL COMMENDATORE Dai, dai, arriviamo al dunque!
IL CAPITANO Ci arrivo, ci arrivo!
IL COMMENDATORE Accidenti! Non aveva detto che non le piacciono le barzellette prolisse?
IL CAPITANO Infatti: però un conto è la prolissità inutile, fine a se stessa; un conto è quella cura del dettaglio che serve a preparare il finale, a creare l’attesa. Io , per esempio, sto creando l’attesa. Se arrivo subito al dunque la barzelletta... muore!
IL COMMENDATORE Eh già!
IL CAPITANO Allora: entra in una stazioncina più piccola, dove si prende il trenino che va su per la valle... Lui sale, il treno parte, comincia a vedere la sua valle...
IL COMMENDATORE (incalzando, spazientito) E l’emozione che cresce!...
IL CAPITANO Non l’avevo detto?
IL COMMENDATORE Sì, sì!
IL CAPITANO L’emozione che cresce di continuo, a mano a mano che lui vede la valle, riconosce le sue montagne, i laghi, e il paesino del fondovalle dove il treno lo lascia, e dove lui finalmente…  prende la corriera.
IL COMMENDATORE Anche la corriera! Ma dov’è che abita?
IL PROFESSORE Non lo interrompa!
IL CAPITANO La corriera comincia a salire, e sale, sale, sale... Lui, sempre più emozionato, distingue i prati, i boschi in cui giocava da piccolo, i sentieri dove andava a spasso con le prime morose, il campo di calcio dove ha fatto le prime partite... Veramente gli sembra che il cuore gli stia per scoppiare… quando vede il campanile, la chiesetta, la piazza, dove la corriera si ferma… e lo fa scendere.
IL COMMENDATORE E arrivato?
IL CAPITANO Ci siamo quasi.
IL COMMENDATORE Non deve fare un sacco di strada a piedi?
IL CAPITANO La conosce già?
IL COMMENDATORE Noo!
IL PROFESSORE Non lo interrompa.
IL CAPITANO Allora, questo Ernesto scende, con le sue due valige... L’avevo detto che aveva due valige?
IL CO MENDATORE No, ma non imiporta.
IL CAPITANO Sono importanti!
IL COMMENDATORE Va bene: lo ha detto adesso!
IL PROFESSORE Non lo interrompa! E lei, non si lasci interrompere!
IL CAPITANO Beh, a rigore dovrei cominciare: perché è molto più bello questo qui, con le due valige, che parte dall’Australia, arriva a Genova, prende il treno...
IL COMMENDATORE Okay, ce lo immaginiamo. Vada avanti. Siamo arrivati al paese.
IL CAPITANO Io l’avevo detto che non le so raccontare! Lo so!
IL COMMENDATORE Vada avanti!!!
IL CAPITANO Allora: prende le sue due valige e si avvia a piedi per la strada che dalla fermata della corriera va verso la sua vecchia casa, la casa dei suoi avi, e naturalmente immaginatevi come cresce l’emozione mano a mano che riconosce i vicoli, le case, i cortili. A un certo punto, dall’altra parte della strada vede venire il postino! Bisogna immaginarsi l’emozione...
IL COMMENDATORE Per il postino?!
IL CAPITANO Ma il postino è un suo amico d’infanzia, un suo carissimo
compagno di giochi, che non vede da vent’anni! Da vent’anni!!!
IL COMMENDATORE Okay. Nn… non lo sapevo.
IL CAPITANO Questo Ernesto allora mette giù le valige, tutto emozionato che quasi non riesce a parlare, e grida: “Pietro, Pietro!”. (Spiegando, con tono da nota a piè di pagina)  Pietro... è il nome del postino.
IL COMMENDATORE Dai, dai!
IL CAPITANO “Pietro, Pietro! ” Il postino si ferma, si volta, lo guarda, e poi,
calmo: “Oh, Ernesto! Sei di partenza?”.
IL COMMENDATORE Cosa?
IL CAPITANO “Oh, Ernesto! Sei di partenza?”
(Pausa attonita)
IL COMMENDATORE (indignato, fremente) È una barzelletta incivile! Indegna!
IL CAPITANO Ha capito perché erano importanti le valige? Perché se no il postino...
IL COMMENDATORE È una barzelletta completamente idiota!
IL CAPITANO Voleva qualcosa di divertente...
IL COMMENDATORE E questa è divertente secondo lei? Questa è tragica, non capisce!  Vuoi dire che uno non conta niente, non esiste! Che ci sia o non ci sia non ha importanza!
IL CAPITANO Può darsi; ma il postino, per esempio, non la fa ridere?
IL COMMENDATORE Il postino?!
IL CAPITANO Beh, un po’ lento nei riflessi, non le pare?
IL COMMENDATORE Io non Io reggo!
IL CAPITANO Senta: perché, visto che fa tanto il difficile, non ne racconta una lei?
IL COMMENDATORE Non sono assolutamente in vena. Ho ben altro per la testa, io.
IL CAPITANO Pardon pardon !
IL PROFESSORE Tuttavia, se non altro per passare il tempo, sarebbe anche giusto.Io ho raccontato la storia della casa di quel vecchio, il capitano questo apologo...
IL COMMENDATORE Apologo?! Lo chiama apologo? E perché non parabola, già che ci siamo.
IL CAPITANO (modesto) No, no: barzelletta, barzelletta! Già le racconto male, se poi vado al circolo e dico anche: “Vi racconto un apologo... o una parabola...”.
IL COMMENDATORE (con improvviso calore) Ma voi siete pazzi! Pazzi e ciechi! Non capite dove siamo? Nonavete capito quel che ci è successo? (Pausa. Gli altri due lo guardano un po’ attoniti)  Ho visto un film una volta.
IL CAPITANO È una barzelletta?
IL COMMENDATORE No!... No, non era un film: era una commedia. La scenarappresentava il ponte di una nave. È una nave che evidentemente deve partire per una qualche crociera, si direbbe anzi una crociera dì lusso, molto riservata... Arriva un primo passeggero, un uomo sui cinquanta, elegante,distinto… Poi arriva una giovane donna... poi altra gente... Il capitano fa le presentazioni, i passeggeri cominciano a fare conoscenza, si delineano i primi rapporti di simpatia, di antipatia, i piccoli antagonismi che si creano sempre tra gente che vive assieme o che è destinata a vivere assieme per un certo periodo.., finché ad un certo punto cominciano ad affiorare certe strane stranezze...
IL CAPITANO Esempio?
IL COMMENDATORE Esempio... nessuno pare ricordarsi bene perché sta per andare in crociera, e come mai tutti sono lì da soli, senza mogli o mariti, senza  parenti, senza nessuno. E neanche paiono ricordarsi bene come sono arrivati lì. Uno, per esempio, l’ultima cosa che ricorda prima di essere salito sulla nave... è che si trovava a casa, a letto, ammalato... Evidentemente è guarito, dice; e probabilmente, o anzi: certamente, è li in crociera per convalescenza. Certo! Adesso se lo ricorda: era stato il medico a dirgli: “Appena guarisce, una bella crociera ai tropici!”. Chiarissimo: ma con qualche zona d’ombra: come dei vuoti: il letto... poi la nave... E in mezzo?   Un altro, si ricorda tutto benissimo, invece, o almeno gli pare. Quella mattina era andato in banca, a prelevare dei soldi:evidentemente per la crociera. E proprio mentre stava quasi peruscire c’era stata una rapina. Lui s’era addirittura trovato faccia a faccia con uno dei banditi, il quale gli aveva puntato contro un mitra, gridandogli di stare zitto e di non muoversi. Ma proprio in quel momento era scoppiato l’inferno: la polizia aveva fatto irruzione nella banca, i banditi avevano aperto il fuoco, lui doveva essere svenuto, perché a partire da un certo punto non si ri ricordava più niente. Salvo che era salito sulla nave, si capisce:  ma come c’era venuto e chi l’aveva accompagnato,.non riusciva a ricordarselo.
IL PROFESSORE Ho capito.
IL CAPITANO È finita?
IL COMMENDATORE Morti! Avete capito? Erano morti! E quella era la morte! Morire, si moriva cosi! A un certo punto... un vuoto! Un ultimo ricordopreciso, poi uno strano vuoto, e poi la nave...
IL CAPITANO Simpatico! Poi ero io che parlavo di morte!
IL COMMENDATORE Quella era l’invenzione di uno scrittore, lo so. Ma chi lo sa come si muore? E se fosse più o meno cosi? Se questo, tutto questo, non fosse altro che il momento che separa la vita dalla morte? Uno si trova in uno strano posto, ci è venuto per motivi strani, si trova con strana gente, aspetta gente che ritarda, che non viene, che forse non doveva neanche mai venire…. fuori non c’è nessuno: la città è deserta… più che deserta: vuota!... L’atmosfera è nervosa, ci si rimbecca, si litiga per niente, si soffoca, ci si inquieta, si raccontano storie idiote... Poi, ad un tratto, qualche strana coincidenza apparentemente inspiegabile, un ricordo che affiora, un’intuizione, un’ipotesi...
IL PROFESSORE Ho capito.
IL CAPITANO E cioè? Io m’ero distratto.
IL COMMENDATORE Morti. E se fossimo anche noi come loro? Se ci trovassimo appunto in quel limbo tra la vita e la morte, e dovessimo soltanto capire, rassegnarci, finire di morire? Chi ce lo dice che non è così?  E questo terribile nervosismo che ci ha preso...
IL CAPITANO Io non sono affatto nervoso.
IL COMMENDATORE ... se fosse l’ultimo tentativo della vita di affermare se stessa, di ribellarsi alla morte?
IL CAPITANO E come va a finire?
IL COMMENDATORE E chi lo sa? A poco a poco potrebbe scendere un gran buio  su di noi... poi uno alla volta tutti addormentarci... e buonanotte!  (Al professore) Io, lo vede?... mi è bastato intuire.., e mi sento già più tranquillo.Come... come se avessi preso una camomilla. O mi fossi tolto un incubo di dosso. Come se questo fosse un passo necessario! Capire... rassegnarci….. finire... E infatti mi sembra di sentire tutto cosi lontano... Lei probabilmente avrà le sue spiegazioni razionali, e adesso mi sotterrerà con i suoi sarcasmi...
IL PROFESSORE Noo, per carità, no! Oddio, qualcosa sì: lei dice “il buio che scenderà su di noi.., noi che ci addormentiamo uno alla volta...”.  Beh, sono le sette e mezza di sera: la regola vuole che effettivamente si faccia buio; e se davvero, come dicono, l’esercitazione antinquinamento tira avanti tutta la notte, io – per esempio – non è improbabile che mi addormenti. Per il resto, però, non ho nessuna obbiezione di tipo razionale. Anzi: proprio il mio razionalismo mi impedisce di pronunciarmi su una questione del genere! Che cosa cacchio ne so, io, della morte? Io l’ho sempre vista dall’altra parte, dalla parte dei vivi: che cosa ne so io di come la si vede quando ci si è dentro? Come cacchio posso provare che quel che dice lei non è vero? Non ho nessuna esperienza in proposito: Sarebbe, tra l’altro, la prima volta che muoio. A me sembra che non ci sia bisogno di ipotesi così drastiche. Io, francamente, ero venuto qui per ritirare delle bozze. Guarda il caso, è un libro a cui tengo molto: ma ci tengo da vivo. La gloria postuma, okay, è una bellissima cosa, ma più in là possibile! Lei mi dice che siamo morti? Non posso provare il contrario, ergo: vedremo.
  Ma se domani mattina, al cessato allarme, l’editore Minervini arriva qui, e m dice, “Caro Sapponaro – con due pi – ecco qui le sue bozze”, e io me ne vado, e le correggo, e gliele riporto, e il libro esce, e vende ventimila copie, e io me ne vado a farmi una bella crociera ai Caraibi, con una bella nave senza nessun mistero, e magari anche con una bella bionda come dico io, allora io, mio caro signore come diavolo si chiama, mi permetterò di mandarle una, bella cartolina con su scritto... “Dal mar dei Caraibi, con tanti saluti, al più grande menagramo, iettatore, fattucchiero, rompicoglioni e scassacazzi, che io abbia mai visto in vita mia!”  (Grande sospiro di sollievo)   Ooohhh!
IL COMMENDATORE È nervoso?
IL PROFESSORE (con forza) No, non sono nervoso. Son calmissimo! Lei però si renda conto: c’è un allarme antinquinamento, comunque allarme, va bene? Un’esercitazione, okay? Io ho un po’ i trigliceridi alti, in famiglia soffriamo tutti di ipertensione ereditaria, ho una zia con un tumore, e come se non bastasse alla mattina si apre il giornale e non si parla che di Aids! E neanche più, come i primi tempi, riservato a questo o quello! No! Aids per tutti! E allez! E lei da mezzora in qua, abbia pazienza, non fa altro che menare il torrone...
(Ma il Commendatore lo interrompe con un gesto terrorizzato,indicandogli il Capitano immobile, rigido, con gli occhi chiusi,sulla poltrona, il capo rovesciato all’ ‘indietro, la bocca semiaperta...)
IL COMMENDATORE (con voce quasi atona e gli occhi sbarrati) Eccolo!... E toccata a lui per primo... Tra poco toccherà a noi...
(Si avvicinano prudentemente, timorosamente al Capitano. Ancheil Professore sembra ora seriamente impressionato. Ma quando arrivano nelle vicinanze della poltrona, il Capitano attacca unclamoroso, orchestrale russare. Il rumore distrugge ovviamente l’incanto)
IL PROFESSORE (sbottando, come a vendicarsi della paura subita) Una cartolina dai Caraibi! Una cartolina grande così!

Fine del primo tempo


Secondo Tempo

Quadro Primo
La stessa scena, qualche ora dopo. Il Professore e il Capitano stanno giocando a carte. Il Commendatore è seduto su una poltrona,in primo piano, faccia al pubblico, assorto, con lo sguardo fisso lontano.

IL CAPITANO (alla fine di una mano, contando i punti) Carte, ori, primiera, settebello e tre di napola. Sette a zero per me!
IL PROFESSORE Rallegramenti.
IL CAPITANO L’ultimo di mano non deve mai sparigliare!
IL PROFESSORE E io ho sparigliato?
IL CAPITANO Certo! Quando ha fatto cinque e due sette! Tocca a me. (Distribuisce le carte)
IL COMMENDATORE Dove avete trovato quelle carte?
IL CAPITANO (di buon umore) Nel frigorifero.
IL PROFESSORE (al Commendatore, con tono rassicurante) Ma no, non è vero!... (Al Capitano) Perché gli dice così, che poi si mette paura?
IL CAPITANO Il frigorifero di San Patrizio! Il frigorifero di Aladino! Ah, ah
IL PROFESSORE Le abbiamo trovate lì sul banco, sotto la guida del telefono di Singapore!
IL COMMENDATORE Però prima non c’erano!
IL PROFESSORE Prima non le abbiamo viste.
IL COMMENDATORE A voi sembra normale, una guida del telefono di Singapore?
IL CAPITANO Perché no, chissà quante ce ne sono!
IL COMMENDATORE À Singapore! (Nessuno raccoglie. Ripete) A Singapore!
IL CAPITANO Scusi... stiamo giocando.
IL PROFESSORE Perché non gioca anche lei?
IL COMMENDATORE In tre?
IL CAPITANO A tressette. Tressette col morto!
IL COMMENDATORE (quasi gridando) Basta! (Si alza, va al banco, cerca un po’, trova un grosso libro nero una Bibbia? che prende, per ritornare alla sua poltrona e mettersi a leggere, con intensità. Gli altri stanno completando la mano)
IL CAPITANO Carte, ori, primiera, settebello e tre di napola. Sette a zero per me.
IL PROFESSORE Rallegramenti. Lei è molto forte!
IL CAPITANO Sì, ma lei è un pollo. Il primo di mano deve sempre cercare di sparigliare.
IL PROFESSORE Ma non ne ho mai avuta l’occasione!
IL CAPITANO Certo che l’ha avuta: al quarto giro c’erano in tavola un sei e un asso, e lei aveva un sette in mano.
IL PROFESSORE Rimaneva giù il quattro. E se lei faceva scopa?
IL CAPITANO Impossibile: i quattro erano tutti andati.
IL PROFESSORE No! Questo me lo ricordo: ce n’era in giro ancora uno!
IL CAPITANO Sì, ma l’aveva in mano lei!
IL PROFESSORE È vero...
IL CAPITANO È incredibile come le persone di cultura siano dei polli a giocare a scopa. Ma anche a tressette, a ramino, a tutto. Ah, ah! Ma a che cosa vi serve avere studiato tanto, se poi non vi ricordate dal naso alla bocca?  (Al Commendatore) Forse voi industriali ve la cavate meglio. Ehi, dico a lei! (Ma il Commendatore è completamente assorto) Oh bella, ma quello.., sta pregando!
IL PROFESSORE Ssst! Lo lasci stare... Quanto siamo?
IL CAPITANO Centoquarantasette a zero. Vuole che continuiamo?
IL PROFESSORE A quanto si va?
IL CAPITANO Di solito a ventuno.
IL PROFESSORE Dia le carte. Voglio vedere se riesco a fare almeno un punto.
IL CAPITANO (dando le carte, e poi giocando) Posso dirle una cosa in confidenza?
IL PROFESSORE Prego.
IL CAPITANO Non si offende?
IL PROFESSORE Non credo.
IL CAPITANO Sa, noi dell’esercito a volte abbiamo uno spirito un po’ da caserma.
IL PROFESSORE Beh, mi pare giusto.
IL CAPITANO Permette?
IL PROFESSORE Prego.
IL CAPITANO Se per caso si offende, le chiedo scusa fin d’ora.
IL PROFESSORE Beh, adesso mi incuriosisce.
IL CAPITANO Lei, se vuole fare almeno un punto contro di me, dovreb be provare a mettersi a giocare a coda di gatto!
IL PROFESSORE E cioè?
IL CAPITANO O a ala di moscerino!
IL PROFESSORE Ma io non...
IL CAPITANO Oppure a becco di falco!
IL PROFESSORE Sì, ma...
IL CAPITANO Insomma, in qualsiasi modo, basta che la smetta di giocare a cazzo di cane! Ah, ah, ah!
IL PROFESSORE Buona! Ah, ah...
IL CAPITANO L’ha capita?
IL PROFESSORE Credo di si.
IL CAPITANO Vero che è buona? Piuttosto sottile, a pensarci bene. L’esercito passa per un ambiente privo di umorismo, e invece non è vero.  L’esercito, a conoscerlo, è pieno divita... sempre allegro... anche in faccia alla morte...  (Si zittisce, pensando a una reazione del Commendatore. Ma il Commendatore appare molto assorto)  Sì sì, sta pregando.
IL PROFESSORE Ssst, lo lasci stare!...
IL CAPITANO Dev’essere proprio spaventato!...
IL PROFESSORE Sssst!
IL COMMENDATORE Ho sentito, ho sentito... Ma c’è poco da far tanto lo spiritoso, caro capitano dei miei stivali! E dovrebbe pregare anche lei. Pregare se non altro che non sia davvero come dico io! Vorrei vedere, se adesso, da quella porta, o da quell’altra, o dal soffitto, o da dove diavolo, entrasse... qualcuno!...
IL CAPITANO Qualcuno chi?
IL COMMENDATORE Qualcuno, qualcuno!
IL CAPITANO Ma qualcuno chi: uno qualunque?
IL COMMENDATORE Qualcuno che dico io!
IL CAPITANO E chi dice lei?
IL PROFESSORE (indicando in alto) Qualcuno...
IL CAPITANO Ah, Dio!... E perché non deve dirlo? Non è mica il diavolo: il nome stesso lo dice. Qualcuno, qualcuno... Stia a sentire, una volta per tutte: in primis, a questa idea che si è messo in testa lei, che qui siamo morti e che stiamo aspettando il visto d’ingresso, io non ci credo. Secondo, anche fossi morto... io non ci trovo nessuna differenza con l’essere vivo.  Ma poi, ammettiamo: ad un certo punto entra qualcuno: e allora? Che cosa fa?
IL COMMENDATORE Che cosa fa?! Ci giudica!
IL CAPITANO Benissimo! “Nulla da dichiarare!”
IL COMMENDATORE Io non lo reggo! Che cosa vuoi dire, “nulla da dichiarare”?
IL CAPITANO Vuoi dire che non ho fatto assolutamente niente in vita mia che debba rimproverarmi o di cui mi debba pentire.  Ho sempre fatto il mio dovere, non ho rubato, non ho mai fatto del male a nessuno, neanche in guerra, perché guerre non ne ho fatte. Ho fatto tutto quello che chiunque, e non solo “qualcuno”, può aspettarsi da uno come me.
IL COMMENDATORE Lei non ha dubbi?
IL CAPITANO No. Nei regolamenti non c’è spazio per i dubbi. Che sono roba da donnicciole, da filosofi...
IL COMMENDATORE Insomma, coscienza tranquilla!
IL CAPITANO Sono le quattro, e tutto va bene!
IL COMMENDATORE Io non lo reggo!
IL CAPITANO “Caro Padreterno”, gli direi: “pretendeva forse da me di più di quel che ho fatto? Doveva farmi diverso!”.
IL COMMENDATORE Come?...
IL CAPITANO “Voleva che fossi un santo, un eroe, un grand’uomo?... Doveva farmi santo, eroe, grand’uomo.”
IL COMMENDATORE Lui?!
IL CAPITANO E chi se no?
IL COMMENDATORE Io non lo reggo! Non ce la faccio!
IL PROFESSORE Un momento, un momento! Io credo che il capitano abbia centrato il nocciolo della questione. Che poi, se vogliamo, è ancora la fondamentale, cruciale questione del libero arbitrio.
IL CAPITANO Carte, ori, primiera, settebello e tre di napola. Sette a zero per me!
IL PROFESSORE Va bene: ho perso.
IL CAPITANO D’ora in avanti, però, se vuole giocare, giochiamo a soldi. Le lezioni si pagano. Ah, ah.
IL PROFESSORE Il capitano ha un suo preciso punto di vista. Oh, premetto che io non sto né con l’uno né con l’altro. Certo: la situazione è un po’ strana, ci sono strane cose che succedono. Se davvero siamo morti.., se questa, diciamo, è l’anticamera dell’aldilà... io... accetto... non mi ribello... mi inchino...   (Si accorge di straparlando a voce più alta del normale, con destinazione il piano superiore, come se il destinatario fosse molto lontano e molto in alto. Riporta allora la voce a toni normali)... Sto parlando in via ipotetica, sia chiaro. Tuttavia...
IL COMMENDAT0RE Tuttavia?...
IL PROFESSORE Tuttavia.., beh, anch’io, colpe grosse non ne ho. Ho anch’io,diciamo, la coscienza tranquilla.
IL COMMENDATORE Se è per quello, io l’ho tranquillissima.
IL CAPITANO Beh, non si direbbe. Da come si comporta, mi scusi, non sidirebbe: è lì, tutto agitato, teso, nervoso, che seguita a dire “io non lo reggo”!
IL COMMENDATORE Lei non reggo! Lei, lei! Con la sua calma da ippopotamo sommerso, lì nel fiume, a bagnomaria, narici fuori, col suo “niente da dichiarare”, coi discorsi che fa... Lei è un incosciente, ecco che cos’è.
IL CAPITANO Non capisco che cosa posso aver detto...
JLCOMMENDATORE Lei ha detto che se non si è comportato da eroe o da grand’uomo è colpa di qualcuno che non lo ha fatto né eroe né grand’uomo.
IL CAPITANO Io, veramente, non ho parlato di colpa.
IL PROFESSORE È vero: una definizione di merito non c’è stata. Il capitano ha fatto… una constatazione.
IL CAPITANO Esatto.
IL CQMMENDATORE A questa stregua, però, nessuno può mai dire niente di nessuno.  Hitler e Stalin, per esempio, se han fatto quel che han fatto è perché erano fatti come eran fatti.
IL CAPITANO Certo: può forse negarlo? Professore, glielo spieghi lei.
IL PROFESSORE È forse tautologico, ma comunque innegabile.
IL CAPITANO Io ho un cugino che si chiama Adolfo: è piccolo, ha anche i baffetti, e se si pettinasse col ciuffo in giù sarebbe Hitler fatto e sputato. Però per niente al mondo farebbe niente di quello che ha fatto Hitler. Ha una piccola rendita, non gli interessano né le donne né la carriera, e tutto quello che ha lo spende in viaggi. Perché?
IL COMMENDATORE Perché cosa?
IL CAPITANO Perché non ha fatto niente di quello che ha fatto Hitler?
IL COMMENDATORE Perché?
IL CAPITANO Perché è fatto diverso. Perché “qualcuno” lo ha fatto diverso.
IL COMMENDATORE Io non lo reggo.
IL CAPITANO A me sembra così semplice.
IL COMMENDATORE A questa stregua... non lo so: a questa stregua... niente più leggi, niente più processi... niente di niente. Uno ammazza la moglie.., e dice “Pardon! Sono fatto così!”. E nessuno può più dirgli niente.   Lei! Se nell’esercito un soldato dà un pugno in faccia al colonnello, che cosa succede? Sono tutti lì a dirgli “Poverino, lui non ne ha colpa, è fatto così!”, oppure lo sbattono in galera?
IL CAPITANO In galera, davanti alla corte marziale, e magari al muro.
IL COMMENDATORE Ah, lo vede?
IL CAPITANO Ah, ma questo è tutto un altro discorso. Il colonnello non è quel Qualcuno di cui parla lei! Il colonnello non ha nessuna responsabilità di come è fatto quel soldato. Quindi, se un soldato mi dà un pugno sul naso non può dirmi “Sa, io sono fatto così”, perché io gli rispondo “E io sono fatto cosi, e ti sbatto al muro”. E lo sbatto al muro.
IL COMMENDATORE Come, come?...
IL CAPITANO Uno a uno, e palla al centro.
IL COMMENDATORE Io non lo reggo!
IL PROFESSORE Interessante, come argomentazione.
IL CAPITANO Ma a quel Qualcuno di cui parla lei, caro signore, si può dire anche qualcosa di più che non “Sa, io sono fatto cosi”. Si può dire “Tu, mi hai fatto così”. E lui cosa risponde?
IL COMMENDATORE Cosa risponde?
IL CAPITANO Cosa vuoi che risponda? Niente! Non c’è risposta. È onnipotente, è perfetto, è buono, è giusto, è onnisciente, e dio sa cosa!, ha creato il cielo e la terra, e  non cade foglia che lui non voglia... Se un povero diavolo su questa terra ammazza la moglie, di chi è colpa? Di una foglia che è caduta storta! E chi le fa cadere le foglie?
  (Pausa)
IL PROFESSORE Beh... qui... ecco... forse lei si è lasciato prendere la mano. Forse un minimo di esagerazione... Io, per esempio, cercherei una via di mezzo, cercherei di contemperare...
IL CAPITANO Non c’è niente da contemperare.
IL PROFESSORE Eh, sì, mi scusi! È vero che ciascuno è fatto in un certo modo ma è anche vero che nel nostro ambito – nell’ambito cioè del modo in cui siamo fatti —ciascuno di noi ha un certo arco di scelta: può andare un po’ di qui o un po’ di là. Il signore, per esempio, è un industriale: certamente evade le tasse.
IL COMMENDATORE (insorge, protestando) Io?!
IL PROFESSORE Lei paga le tasse?
IL COMMENDATORE Beh... certo
IL PROFESSORE Tutte?
IL CAPITANO Tutte tutte?
IL COMMENDATORE Beh...  No.
IL PROFESSORE Se volesse.., potrebbe pagarle in più? Evadere... un po’ meno?...
IL COMMENDATORE Beh...  Sì.
IL PROFESSORE E che cosa la trattiene? Qualcosa di più forte di lei? Qualcosa di irresistibile, qualcosa di insuperabile?
IL COMMENDATORE  Beh… Nn... no.
IL PROFESSORE Anzi: per evadere dovrà fare chissà quali acrobazie! Pagane sarebbe indubbiamente più facile.
IL COMMENDATORE Beh...  Ss… sì.
IL PROFESSORE Voilà! Se il signore non paga le tasse, non è colpa di “Qualcuno”. E proprio tutta e soltanto colpa sua.
IL COMMENDATORE Io – per vostra norma e regola – le tasse le pagherei anche, e molto volentieri, se... primo: le pagassero tutti!... secondo: se poi lo Stato non buttasse i soldi dalla finestra! Comunque, è vero: sono un... piccolo evasore. Ma mai mi permetterei di dire che sia colpa di Qualcuno all’infuori di me. Comunque, abbiate pazienza, io non ho nessuna voglia di discutere.  (Prende il grosso volume della rubrica telefonica di Singapore, e siede in poltrona a leggere)
IL CAPITANO Non capisco perché se la prende tanto. Sembra che ce l’abbia su a morte con me... Pardon!
IL PROFESSORE (dopo una pausa) Anch’io, confesso, non pago una lira di tasse sulle lezioni private. E si tratta tra me e mia moglie, di una cifra non indifferente.
IL CAPITANO Oh, lo so, lo so: lei fa parte della P 3.
IL PROFESSORE La P 3?
IL CAPITANO Preti, professori e puttane.  Ah, ah! Spero non si sia offeso.
IL PROFESSORE No, no…
IL CAPITANO Sa, noi militari…
IL PROFESSORE Comunque, anch’io devo riconoscere che potrei benissimo pagare le tasse. Basterebbe un minimo di buona volontà...
IL CAPITANO E perché non la sfodera, questa buona volontà?
IL PROFESSORE Eh, chi lo sa? Evidentemente sono troppo sensibile ai miei interessi.
IL CAPITANO E come mai è così sensibile ai suoi interessi?
IL PROFESSORE Bah... questione di carattere!
IL CAPITANO Non riesce a cambiare il suo carattere?
IL PROFESSORE Evidentemente sono fatto così.
IL CAPITANO Vede? Perché è fatto così! Se avesse avuto un altro carattere, meno sensibile ai suoi interessi, con più volontà, sì, è vero: pagherebbe le tasse! Ma sarebbe un altro, e tutto questo discorso non starebbe più né in cielo né in terra.   (Il Professore allarga le braccia, e pare rinunciare)
IL COMMENDATORE (sbotta, uscendo dal suo isolamento) Insomma, secondo lei, tutto va bene così com’è...
IL CAPITANO (canticchiando) “Tutto va ben, madama la marchesa! Tutto va ben, sì sì, va beeen!”...
IL COMMENDATORE …Il Professore non potrebbe essere migliore di quello che è...
IL CAPITANO Certo: se no sarebbe un altro.
IL COMMENDATORE E quindi questo mondo...
IL CAPITANO ... è il migliore dei mondi possibili. Non l’ho detto io: l’ha detto un altro, che non so chi sia...
IL PROFESSORE Leibniz.
IL CAPITANO …. e io sono perfettamente d’accordo.
IL COMMENDATORE Io non ho mai sentito un ottimismo così assurdo, così schifoso, così... cosi...
IL CAPITANO (citando) “Se non puoi andare a letto con la donna più bella del mondo fa finta che la donna con cui vai a letto sia la donna più bella del mondo!”
IL COMMENDATORE (al Professore) Lo sente? (Al Capitano, scaldandosi suo malgrado) E questo chi l’ha detto: un cieco?
IL CAPITANO Lo ha detto mio zio, che a novant’anni leggeva ancora senza occhiali.
IL COMMENDATORE (sempre più accalorato) Fare finta, eh? E alla mattina? E quando vien chiaro? E durante il giorno? E se uno si alza per andare al gabinetto e accende la luce e la vede?...(Quasi schiaffeggiandosi) Oh, e io gli rispondo, anche! E sto qui anche a discutere con lui!
IL CAPITANO Beh, si fa più che altro per ammazzare il tempo!
IL COMMENDATORE Eh, già, se non parla di morte o di ammazzati...
IL CAPITANO Pardon pardon! Ma non capisco che cosa ci si guadagni ad esserepessimisti... (Pausa. Il Commendatore prosegue nella sua lettura, il Capitano canticchia)   “Vento, vento, portami via con te: / tu che conosci tutte le mie pene / dille che ancor le voglio tanto bene...”.
IL PROFESSORE Però... però... lei non creda di essere così ottimista come crede, sa? Dire che questo è il migliore dei mondi possibili, beh... è un’affermazione a due facce.
IL CAPITANO    “... senza nessun rimpianto  / mi scorderò del tradimento! /  Vento, vento... ”
IL PROFESSORE Infatti, a pensarci bene, uno può dire:  (Con tono trionfante) “Questo è il migliore dei mondi possibili! Sì, amici, fratelli, compagni! Di tutti gli infiniti mondi possibili... ci è toccato in sorte il migliore!”. Okay. Ma si può anche dire:  (Tono funebre) “Non c’è niente da fare, signori! Questo mondo di merda in cui viviamo è il migliore dei mondi possibili. Non miglioreremo mai! Nessuna speranza! Kaputt!”.   Che  cosa ne dice? Eh?
IL CAPITANO Niente! Io dico che se uno vuol rendersi la vita più complicata di quello che è... Sa cosa si dice in caserma?
IL COMMENDATORE Cazzi suoi.
IL CAPITANO Vede che lo sa anche lui?
IL COMMENDATORE Quel che mi domando io, è se è proprio necessario andare avanti a parlare, a parlare, a parlare... che se poi uno si chiede di che cosa abbiamo parlato, non lo sappiamo assolutamente. Abbiamo parlato a vanvera, è l’unica risposta possibile. Io poi sto leggendo,e non riesco neanche a seguire il filo.
IL CAPITANO È difficile seguire il filo di una rubrica telefonica. Ah, ah! Ci sonotroppi personaggi, e molti hanno anche lo stesso nome. (Il Commendatore, irritato, si alza e si chiude nel gabinetto, con la guida di Singapore sottobraccio) Che si sia offeso?
IL PROFESSORE Ma no, è soltanto un po’ nervoso.
IL CAPITANO Quello glielo dico io, cos’ha: ha proprio paura di essere morto. -
IL PROFESSORE Eh, sì.
IL CAPITANO Beh, dovrebbe comunque prendersela con più calma! Se uno si innervosisce il primo giorno... Con tutta l’eternità davanti...(Canticchia)
  “Vento d’aprile, di primavera,  / che il volto le sfioravi in un sussurro / mentre il suo labbro mormorava giurrro. . . ”

IL PROFESSORE Sssst!... (Si è avvicinato al telefono, e ha alzato il ricevitore) Niente da fare, è sempre bloccato.
IL CAPITANO A chi voleva telefonare?
IL PROFESSORE A casa mia.
IL CAPITANO A quest’ora?
IL PROFESSORE Sì. Volevo chiedere se c’ero.
IL CAPITANO Ah, vedo che anche lei si è fatto influenzare dal nostro amico! Questa è un’epidemia. (Improvvisamente squilla il telefono. I due si fermano. La porta del gabinetto si apre, e il Commendatore si affaccia sulla soglia, rimanendovi immobile, come paralizzato. Uno, due, tre, quattro,cinque squilli...)
IL COMMENDATORE Rispondete, no?
IL CAPITANO Io non aspetto nessuna chiamata: per me non è di certo.
IL PROFESSORE Risponda... risponda lei. (Pausa. Altri due, tre squilli del telefono, poi silenzio)
IL COMMENDATORE Hanno messo giù! Non poteva rispondere, accidenti a lei?
IL PROFESSORE Perché non ha risposto lei?
IL COMMENDATORE Chi era più vicino? Lei era lì.
IL PROFESSORE E allora? Chi è il più agitato?
IL COMMENDATORE Perché: è il più agitato che deve rispondere?
IL PROFESSORE Il meno agitato, allora! Lei è il più agitato, lui... (Indica il  Capitano)... è il meno agitato: io cosa c’entro? Se c’è uno che proprio non deve rispondere al telefono... (Improvvisamente, di nuovo, lo squillo del telefono)
IL CAPITANO Okay, signori: suona il telefono, rispondo io. Calma e gesso! Il cavaliere senza macchia e senza paura risponde al telefono. Solleva il ricevitore...(Solleva il ricevitore) E dice... (Con voce stentorea:) Pronto! Qui Infomac, Pensione Aurora, Editore Minervini: a seconda dei gusti!... Come?... No, mi dispiace: ha sbagliato... Per carità, si immagini!... Cose che succedono!... Sì, l’ora è un po’fuori luogo, è vero. Però... si dà il caso che siamo tutti svegli... A lei: altrettanto! (Riappende) Visto? Sbagliato numero. Cercava casa Colascioni.
IL COMMENDATORE E prima?
IL CAPITANO Prima?! Era lo stesso: nessuno ha risposto, e lui ha riprovato.
IL PROFESSORE Gliel’ha detto lui?
IL CAPITANO No, ma è logico.
IL COMMENDATORE Non’ è logico un bel niente.
IL CAPITANO Ha richiamato subito dopo.
IL COMMENDATORE Non era lui, non era lui!
IL CAPITANO E lei come lo sa, scusi? Non abbiamo neanche risposto.
IL COMMENDATORE Non è possibile sbagliare due volte allo stesso modo.
IL CAPITANO Dice il vangelo che il più santo dei santi sbaglia ogni giorno sette volte sette.
IL COMMENDATORE (innervosendosi) Sì, ma uno sbaglio succede per caso: uno fa un tre al posto del quattro, o un nove al posto di un Otto. E se poi ci riprova, le probabilità che commetta lo stesso errore sono minime. Sbaglierà di nuovo, magari, ma in altro modo; e risponderà un altro. C’è un solo modo di fare un numero giusto, ma ce ne sono infiniti di farlo sbagliato.
IL CAPITANO Come?! Un solo modo di fare un numero giusto...?
IL COMMENDATORE E infiniti modi di farlo sbagliato! Certo!
IL CAPITANO Beh, questa mi sembra un’asinata, scusi. Se fosse così, la gente sbaglierebbe quasi sempre, non le pare? E invece il più delle volte uno fa proprio il numero che voleva fare.
IL COMMENDATORE Io non lo reggo.
IL CAPITANO Lei, professore: non è giusto quel che ho detto?
IL PROFESSORE No... non lo so: io insegno lettere.
IL CAPITANO Sì, ma al liceo...?
IL PROFESSORE Ho fatto il classico.
IL CAPITANO Comunque, se adesso richiama glielo chiediamo.
IL PROFESSORE (accanto al frigobar‘ Io ho sete. Beve qualcosa?
IL CAPITANO No, grazie.
IL PROFESSORE (al Commendatore) Lei?...  (Ma il Commendatore non risponde. Ha sulle ginocchia la guida del telefono, e si è portato una mano al cuore, con un lamento) Commendatore! ... Che cosa c’è!... Si sente male? (Il Capitano e il Professore accorrono accanto a lui e losoccorrono, a soggetto)
IL CAPITANO Presto, presto... qualcosa di forte.
IL PROFESSORE Dove? Forse in bagno... un “pronto soccorso”.
IL CAPITANO Nel frigobar... Un cognac...
IL PROFESSORE Ma nel frigo non c’è...
(Si interrompe, corre deciso al frigobar, ne trae fuori una bottiglia di cognac e un bicchierino)
IL CAPITANO Commendatore... commendatore...  (Prende ilbicchierino che il Professore gli porge) Napoléon cinque stelle! Commendatore, questo resuscita i morti!
IL PROFESSORE Sssst!
IL COMMENDATORE No, no...
IL PROFESSORE Ma cos’è stato? Si  sente male?
IL COMMENDATORE (indicando la guida del telefono, quasi incapace di parlare) Lì... sulla guida...
IL PROFESSORE Quale guida?
IL COMMENDATORE La rubrica... La rubrica telefonica...
IL CAPITANO Questa?
IL PROFESSORE La rubrica telefonica... di Singapore? (Il Commendatore fa cenno di sì con la testa) E che cosa c’è? Che cosa c’è che non va nella guida del telefono di Singapore? (Per tutta risposta, il Commendatore —sempre con aria terrorizzata si punta l’indice della destra sul petto,colpendosi più volte...)
IL CAPITANO Lei? Lei che cosa?
IL COMMENDATORE (riprendendo fiato a poco a poco) Io!... Ci sono io! Avete capito? Su quella guida – “di Singapore”! – ci sono io: c’è il mio nome, il mio cognome... A Singapore...
IL PROFESSORE Cosa dice?
IL COMMENDATORE Io!... Ci sono io...
IL PROFESSORE Si calmi, si calmi... E senz’altro una coincidenza...
IL COMMENDATORE (tragico) No, no, professore! Questa non è una coincidenza! Questa è una prova!
IL CAPITANO Ma lei, ha per caso una casa a Singapore? No? E allora? Di che cosa si preoccupa?
IL COMMENDATORE Questa è una prova, professore! Quella non è la guida di Singapore! ... Quello è un ultimo, atroce scherzo di qualcuno che si sta divertendo... Quello è l’elenco... chissà?... del giorno, o l’elenco del mese, o della settimana... Sono nomi di tutti i generi, guardi: inglesi, francesi, tedeschi...
IL PROFESSORE Beh, a Singapore, si sa, c’è un po’ di tutto. È una di quelle città cosmopolite... sa...
IL COMMENDATORE Zitto, per l’amor di Dio, stia zitto! Quello è l’elenco di quelli che sono a Singapore... perché non sono in nessuna altra parte del mondo... Perché   non ci sono più... Perché sono morti, ha capito?Morti! E io sono lì! Io!   (Il Capitano ha preso intanto la guida e, un po’ in disparte, l’ha sfogliata)
IL CAPITANO (trionfante, sereno, rassicurante) Ah, ecco qui: lo vede? Lo vede, che non ha proprio niente da aver paura?  Guardi: c’è anche uno che si chiama come me!
  (Il Commendatore si accascia. Il Professore si precipita verso ilCapitano e gli strappa la guida dalle mani)
IL PROFESSORE Dia qua! Lasci vedere!  (Sfoglia febbrilmente la guida del telefono, mormorando tra i denti) Sapponaro... Sapponaro... con due pi! SaintSimon... Samson... Sanvito... Saponov... Sappenheim... Sapporo...  Commendatore, commendatore... calma... non è detta l’ultima parola... Sapponaro non c’è!...  (Gli si inginocchia quasi davanti, scotendolo)  Ha sentito? Io non ci sono.
IL CAPITANO (ha ripreso la guida del telefono, la sfoglia con calma) Come si chiama di nome?
IL PROFESSORE Io? Vittorio. Perché?
IL CAPITANO Eccolo qui. Saponaro Vittorio. Sapponaro con due pi è un po’ fuori dal comune. C’è stato un errore di stampa. Visto? Visto l’esercito, eh?, come risolve anche i piccoli casi della vita? E senza aver fatto il classico! Voilà!
IL COMMENDATORE Zitto! Per l’amor di dio, la supplico: stia zitto, se no la strozzo con le mie mani.
IL CAPITANO Lei è anche incoerente, però, scusi. Se davvero, come dice lei, siamo morti: cosa mi strozza a fare? E – soprattutto – come fa?
IL COMMENDATORE Leggevo la Bibbia, prima. Ho aperto a caso, ho calato un dito sulla pagina a occhi chiusi, e ho letto... “Verrò come un ladro di notte”. La notte sta per finire.., e noi siamo qui...
(Pausa)
IL CAPITANO Chi è che deve venire?
IL PROFESSORE Ssssst!
(I tre uomini sono immobili: il Commendatore terrorizzato, il Professore preoccupato e sgomento, il Capitano sempre tranquillo. Si sentono improvvisamente dei colpi, come di un bastone su legno, simili a quelli che nell’antico teatro annunciavano l’inizio dello spettacolo.  Ad un tratto, una botola al centro del palcoscenico si spalanca: lo sportello spinto dal basso si ribalta sul pavimento con grande fragore, sollevando una nuvola di polvere. Un attimo di pausa,poi dal buco creato dalla botola esce lanciato da un ‘invisibile mano un cencio informe che ricade sul pavimento, accantoall’apertura. Il Commendatore cade in ginocchio, mentre di colpo si fa buio)3

Quadro Secondo
Un attimo... prima. La botola è aperta, e dal buco creato dalla botola esce lanciato da un’invisibile mano un cencioinforme che ricade sul pavimento, accanto all’apertura. Il Commendatore cade in ginocchio. Tutti a un diverso grado di paralisi —hanno gli occhi fissi sulla botola. Dalla quale, subito dopo, esce un braccio che deposita accanto allo straccio unsecchio, poi una scopa, poi una borsa di fibra o una sacca.Finalmente dalla buca esce salendo faticosamente un’invisibile scala a pioli —una donna in malo arnese: un camiciotto colorato e stinto a metà strada tra la vestaglia e il grembiule, un foulard in testa a coprire i bigodini di una permanente fatta in casa. Si ferma un attimo e poi si volta verso il secchio, lo prende in mano, constata che manca d’acqua: così facendo vede i tre, immobili, che la fissano.

LA DONNA Oh, buongiorno...
IL PROFESSORE (dopo una pausa, con prudenza) Buongiorno.
LA DONNA Io sono qui per fare pulizia...  (Si guarda intorno un attimo) Il bidone della spazzatura?...
IL CAPITANO (gentile, di buon grado) Scusi?...
(Ma la donna se ne ricorda)
LA DONNA Ah, già:  nel cesso.  (Col secchio in mano passa accanto al  Commendatore)  Il pavimento è tutto Sporco: stia attento ai calzoni, lei! (Esce verso il gabinetto .Il Commendatore si alza; con la mano sul cuore, si appoggia a una sedia)
IL COMMENDATORE E quella.., l’avete vista?... Chi è?
IL CAPITANO Ma... credo sia la donna delle pulizie.
IL PROFESSORE L’apparenza... é senz’altro quella di una donna delle pulizie.
IL COMMENDATORE Avete sentito quel che ha detto? “Io sono qui per fare pulizia!”
IL CAPITANO Appunto: é la donna delle pulizie.
IL COMMENDATORE Dipende!... Può voler dire molte cose...  (Solenne, oracolare, pur nel terrore in cui cita) “Io sono qui per fare pulizia!”.
IL CAPITANO No, non ha detto così, non ha fatto l’attrice. Ha detto: “Io sono qui per fare pulizia!”.
IL COMMENDATORE “Verrà a giudicare i vivi e i morti...”
IL PROFESSORE La donna delle pulizie?!
IL CAPITANO Oh dio del cielo!...
IL COMMENDATORE Ssst!
IL CAPITANO Ma sa che lei è ben impressionabile? Anche avesse detto... (Rifà il tono del Commendatore:) “Io sono qui per fare pulizia”... Poi ha aggiunto “il bidone della spazzatura?... Ah, già nel cesso”.
IL COMMENDATORE Appunto! (Di nuovo biblico:)  “E la spazzatura... Via!...”.
IL CAPITANO Iiiih! Sta a vedere che è il Padreterno il giorno del giudizio!
IL PROFESSORE E poi, siamo seri: è una donna. Una donna, signori! Mentre, secondo tutte le tradizioni, e non solo occidentali.., quel Qualcuno di cui dice lei... è sempre di sesso maschile.
IL COMMENDATORE Sì, però... Dio è anche mamma! L’ha detto il papa!
IL PROFESSORE Quale papa?!
IL COMMENDATORE Papa Luciani.
IL CAPITANO (divertito) Quello che è durato poco. L’ha detto... e l’ha pagata.  (Il gesto del fulmine o della mannaia che si abbatte sul malcapitato) Paaac!
IL COMMENDATORE Come?...
IL CAPITANO Dico che come l’ha detto, è arrivata la smentita dei superiori! (Ripete il gesto, divertito) Paaac!
IL COMMENDATORE E pazzo! Pazzo e incosciente!
IL PROFESSORE (al Capitano) Ehm... Beh, qui forse, mi scusi, il signore ha ragione. Non bisogna deridere le convinzioni degli altri.
IL CAPITANO Eh?... Ah, certo, ma io... proprio non volevo offendere. Le chiedo anzi scusa. Sa, noi militari abbiamo uno spirito un po’ da caserma... Il fatto è che io non credevo che lei fosse così religioso...
IL COMMENDATORE Se le interessa, io non sono affatto religioso: non sono neanche credente: sono agnostico, anzi: ateo. (Pausa) Pero... in condizioni normali: di giorno... E poi, ho sempre pensato che si può sempre cambiare idea, magari... invecchiando...
IL CAPITANO Io, anche alle reclute, dicevo che è sempre meglio credere in Dio.Per quel che costa!...
IL PROFESSORE Io, devo dire la verità, da moderno uomo di scienza... la presenza di Dio nella storia non la sento.   Ci si aspetterebbe di ravvisare un disegno, nella storia: e anche nella vita quotidiana. I buoni premiati, i cattivi puniti... Invece non è così.
IL COMMENDATORE Il contrario.
IL PROFESSORE No, neanche il contrario: perché anche il contrario sarebbe comunque un disegno! No! Uno commette le peggiori mascalzonate e tanto può finir male quanto può andargli tutto bene... Un altro è il più integerrimo dei galantuomini, e anche lui idem: può, venire sommerso dalle disgrazie, oppure attraversare la vita senza un minimo dispiacere.  La provvidenza non si vede proprio! Avevano ragione gli antichi che dicevano che gli dei sono “capricciosi”. Il capriccio sembra che spieghi le cose molto meglio della provvidenza. Tutto va avanti così, a caso, a...
IL CAPITANO A cazzo di cane.  Giusto!  Proprio come lei quando gioca a scopa. Scusi, sa, ma noi militari…
  (Si interrompe pechè la porta del bagno si apre,  e ne esce  esce la Donna)
LA DONNA Eccoci qua  (Si guarda in giro)  Nessuno ha visto...
IL PROFESSORE Che cosa?
LA DONNA . . .un bottiglione di Miroflor?
IL PROFESSORE Che cosa?!
LA DONNA Miroflor: è un detersivo.
IL PROFESSORE Nn... no.
IL CAPITANO No.
LA DONNA (al Commendatore) Lei?     (Il Commendatore, senza dire una parola, si avvicina al frigorifero, lo apre, ne tira fuori un bottiglione di detersivo che porge alla Donna con un gesto quasi liturgico, come accennandouna piccola genuflessione. La donna accoglie il gesto con tonolusingato; quasi con civetteria)  Oh, grazie.   (Versa un po’ di liquido nel secchio, torna verso il bagno, sulla soglia si volta:)  Voi siete qui per l’allarme, vero?(Cenni e monosillabi affermativi) Fa un po’ impressione, eh? È una cosa nuova. Ma tra poco sarà tutto finito. (La Donna entra in bagno Le frasi che essa ha pronunciato sono cadute sulle spalle dei tre convaria pesantezza. Pausa)
IL CAPITANO (piano, con indifferenza) Vento, vento, portami via con te  /  raggiungeremo insieme il firmamento... ”
(Ma un occhiata e un gesto fremente del Commendatore lofermano: il Capitano smette, con un cenno di scusa. Dal bagno, il rumore dello sciacquone. Pausa)
LA DONNA (da dentro, poi uscendo dal bagno con una scopa, e iniziando le pulizie,accenna  canticchiando magari a bocca chiusa  le prime battute dell ‘Ave Maria di Schubert) “Aaa ve-Ma-riii ii aaa...”
(Il Commendatore, timidamente, imbarazzato, si unisce al canto)
IL COMMENDATORE “Mm mm-mm-mm mmm mmm... ”  (Ma la Donna tace. Smette anche il Commendatore. Pausa)
LA DONNA (si rialza per un breve momento di riposo) Eh, sì! Sei giorni di lavoro senza un attimo di respiro, e un giorno di riposo! In questo palazzo, dove tutti fan la settimana corta’ Eppure... se mi fermo io si ferma tutto!
(Pausa)
IL COMMENDATORE (si avvicina, cautamente, non senza allure di martire) Posso... darle una mano?
LA DONNA (solo un attimo di stupore) Volentieri. Prego. (Gli porge la ramazza) Sa scopare?
IL CAPITANO (immediatamente divertito) Ah, ah, buona questa! (Poi, subito, ma sempre di buon grado)  Pardon pardon. (La Donna lo squadra)
LA DONNA Lei è militare, vero?
IL COMMENDATORE (con forza, quasi con odio) Sì! Capitano!
(Pausa)
IL PROFESSORE Io... farei anch’io volentieri qualcosa... Tanto per non restare con le mani in mano...
LA DONNA Sa lavare i vetri?
IL PROFESSORE Se basta la laurea...
(La Donn a gli porge quanto occorre)
LA DONNA Professore?
IL PROFESSORE Sì.
LA DONNA E lei?
IL COMMENDATORE …una piccola industria.
IL CAPITANO Beh, la tradizionale galanteria dell’esercito... non mi consente di restare con le mani in mano. Posso...
LA DONNA La polvere.   (Gli dà uno strofinaccio per spolverare) Siete molto gentili. Grazie. Mi riposo un momento volentieri. Sapete: io... ho molti più anni di quanti non ne dimostro. Qualche volta mi sembra di essere al mondo da sempre. Che prima di me non ci fosse nessuno...  (Si avvicina al frigorìfero, lo apre) Un goccio di vin santo... (Siede in poltrona. Gli altri tre stanno lavorando: il Commendatore ramazzando il pavimento, il Capitano spolverando i mobili, il Professore pulendo i vetri della finestra, in piedi su una sedia. Pausa)
IL COMMENDATORE (manovra fino ad avvicinari alla donna, alla qale si rivolge, non senza fatica, come in confessione) Io... è vero: qualche corno a mia moglie l’ho sempre fatto. Sia pure... sempre pagando. A Messa ci sono sempre andato poco: confessato…  l’ultima volta, il giorno prima di sposarmi... Qualche volta ho parlato male dei preti, anche se sono convinto che in certi casi… “Chiunque” sarebbe stato d’accordo. I negri e i marocchini mi danno fastidio, sì, lo riconosco: so che non è giusto... e spesso mi pento. E poi... se posso evadere qualche lira di tassa... lo faccio volentieri, lo riconosco. Male però non ne ho mai fatto a nessuno... per lo meno direttamente. Beh, sì, ecco: una volta ho licenziato venti operai, che forse avrei potuto fare a meno. (Ci pensa) Sì: avrei potuto fare a meno.
LA DONNA Eh, anche a mio figlio è successo!
IL COMMENDATORE Licenziato?
LA DONNA E in malo modo. Prima un sacco di feste, di complimenti, e poi...da un giorno all’altro...
IL COMMENDATORE Figlio.., unico?
LA DONNA (fa cenno di sì con la testa)
IL COMMENDATORE Mi dispiace.
LA DONNA Eh, caro signore: per ogni operaio licenziato c’è un padrone che licenzia! Ci ha mai pensato?
IL COMMENDATORE Ci penserò...
LA DONNA Ormai è tardi! A mio figlio tante glien’han fatte... che l’han proprio messo in croce.
IL COMMENDATORE Ma poi... è... è...   (Con le mani impugnanti la scopa, un gesto verso l’alto)
LA DONNA Come?...
IL COMMENDATORE Nn... niente... niente.
(Pausa. Lavorano. Un cenno imperativo del Cmmendatore da il là al Capitano)
IL CAPITANO Bah, io... in via cautelativa... cosa volete che vi dica! Sono entrato nell’esercito a ventiquattr’anni anni, perché mi ero innamorato di un pezzo di... di una signorina.., molto bella, o almeno... a me piaceva molto. Eravamo innamorati cotti, volevamo sposarci, ma non avevamo una lira: e l’unico modo, per fare le cose onestamente... e sottolineo: per fare le cose onestamente… secondo il quinto… no, il sesto comandamento...
IL COMMENDATORE (impaziente) Abbiam capito, abbiam capito: vada avanti!
IL CAPITANO Beh... l’unico modo era quello di entrare nell’esercito: posizione sicura, stipendio assicurato, pranzi alla mensa... Ecco: se dovessi farmi un richiamo... potrei dire che sì: sono vissuto un po’ a sbafo. Non ho fatto niente, non sono servito un gran che... Però... non so cos’altro avrei potuto fare!...  Io… sono stato creato  a mia immagine e somiglianza!...
(Pausa)
IL PROFESSORE (timidamente) Io...  (Poi, con ribellione) No! Io mi rifiuto! (Con ferma lucidità euclidea) Io sono un uomo di scienza. Punto. Io so che sono qui perché, due punti: avendo scritto un libro, avendolo mandato all’Editore Minervini, ed essendo stato da questi il mio libro accettato, presentatomi negli uffici dello stesso onde ritirarne le bozze, sono stato ivi —cioè quivi – sorpreso dall’allarme per l’esercitazione anti inquinamento. Punto e basta. Non sono una donnicciola! Non sono un selvaggio! Non leggo mai neppure gli oroscopi! Punto esclamativo! Sono fermamente convinto che tutto quanto succede al mondo è logico, naturale, razionale e comunque razionalmente spiegabile! Senza questo cadere in un banale determinismo, altrettanto inutile quanto la più astratta delle metafisiche! Credo che il “caso” a priori e la “necessità” a posteriori... (Si è agitato e la sedia su cui era salito si rompe. Il Professore cade, ma si rialza subito, furente, in fretta, come a impedire che chiunque possa intervenire o commentare)  Si è rotta la sedia. Lo so! Poteva rompersi, e in effetti si è rotta. Era una possibilità prevedibile: le sedie sono fatte per sedersi, non per salirvisi su in piedi. Anzi: sono sicuro che se calcoliamo il mio peso e la resistenza del sedile, e lo stato di usura delle gambette, era assolutamente doveroso che la sedia si rompesse. Non mi sono assolutamente fatto niente.
LA DONNA (con calma) Ha rotto i calzoni.
IL PROFESSORE (con forza, ma in calando, fino al silenzio) Ha rotto i calzoni. È assolutamente normale che cadendo da una sedia che si rompe si rompano i calzoni. Il vestito.., purtroppo, è nuovo. Questo mi scoccia, sì: mi è costato settecentomila lire, in saldo, è anche di cashemire, cazzo di budda, da tenersi per le grandi occasioni, e l’avevo messo su pensando chissà se incontro proprio l’editore, è chiaro che questo non si rammenda più, accidenti alle sedie, darei la testa contro il muro, all’idea di comprarmene un altro mi vien da piangere, mi viene. Uff...
(Lunga pausa. I tre lavorano. Il Capitano armeggia i modo da ritrovarsi vicino al Commendatore, in primo piano. Con tono e atteggiamento da cospiratore)
IL CAPITANO Senta, vuole che glielo chieda? Tanto per toglierle il pensiero...
IL COMMENDATORE Che cosa?
IL CAPITANO Le chiedo: “Scusi, lei chi è?”. Oppure: “Lei, scusi, è dio?”.
IL COMMENDATORE Ma lei è pazzo.
IL CAPITANO Cosa c’è di male? Domandare è lecito, rispondere è cortesia.
(Il Professore notato il conciliabolo si avvicina)
IL PROFESSORE Cosa c’è? È successo qualcosa?
IL CAPITANO Niente. Ho solo detto: “Vuole che glielo chieda, chiaro e tondo, se è... o se non è...”. Se non è, penserà che siamo matti, ma... chi se ne frega! Se lo è... beh, non dirà mica bugie.
IL PROFESSORE Basta! Ma andiamo, è ridicolo. Signori!
IL COMMENDATORE Lei li ha lavati spesso, i vetri, in vita sua?
IL PROFESSORE Io... no.
IL COMMENDATORE Questa è la prima volta?
IL PROFESSORE Sì.
IL COMMENDATORE E allora vede che tanto ridicolo non è!
IL PROFESSORE (voltandosi a squadrare la Donna) Non ha assolutamente niente che possa lontanamente far pensare...
IL COMMENDATORE Eh, quelli sono furbi!
IL PROFESSORE (prudente) Semmai proviamo con qualche domanda indiretta, sollevando qualche problema che la obblighi a scoprirsi...
IL CAPITANO (che si è voltato a guardare la Donna) Sta fumando. (La Donna si è in effetti accesa una sigaretta. Tutti la guardano)
LA DONNA Disturba il fumo?
TUTTI – Noo!
LA DONNA (contemplando la sigaretta) Eh, invenzione del demonio!
IL COMMENDATORE (esasperato) Ecco: ma la sentite?
IL CAPITANO Beh, che cos’ha detto di strano?
IL COMMENDATORE Che bisogno c’è di citare il demonio? Perché non ha detto che il tabacco fa male, eh? O che il fumo è cancerogeno? Perché tutto quello che dice è strano, ambiguo, non si capisce quel che vuol dire...
IL PROFESSORE Non c’è niente di strano.
IL CAPITANO Io capisco benissimo.
IL COMMENDATORE Eh, già, lui capisce tutto!
IL CAPITANO No, non ho detto che capisco tutto: però quando una dice che la sigaretta è un’invenzione dei demonio, capisco benissimo. Anzi: non capisco che cosa c’è da non capire.
IL PROFESSORE (ferma la discussione con un gesto, e si rivolge alla donna, con tono leggermente stentoreo) Lo sa che il fumo è cancerogeno?
LA DONNA Vuol che non lo sappia?
IL COMMENDATORE (tornando alla cospirazione) Sentito?
IL PROFESSORE Sentito cosa?
IL COMMENDATORE “Vuol che non lo sappia?” Cosa vuol dire?
IL CAPITANO Vuol dire “lo so”.
IL COMMENDATORE (troppo facile! )  Eh, non “lo so”.
IL CAPITANO (sicuro del fatto suo) No, no: “Vuol che non io sappia” è una forma reumatica.
IL PROFESSORE Una domanda retorica.
IL CAPITANO Vuol dire proprio “lo so”.
IL COMMENDATORE E perché non lo dice, allora? Perché non dice “Lo so”? Perché deve dire “Vuol che non lo sappia?”. Come a dire: vuol che non lo sappia io, Io!, che so tutto, io che sono... onnisciente?
IL PROFESSORE “Vuol che non lo sappia”, è una banale espressione corrente...
IL COMMENDATORE E quando ha detto che lavora sei giorni e uno riposa?
IL PROFESSORE Evidentemente un vecchio contratto sindacale.
IL COMMENDATORE E che se si ferma lei si ferma tutto?
IL PROFESSORE Ma quanti di noi non si credono indispensabili?
IL COMMENDATORE Voi siete pazzi. E il figlio unico?
IL PROFESSORE E quanta gente ha un figlio solo? Anch’io sono figlio unico.
IL CAPITANO Io ho una sorella, ma non ci vediamo quasi mai.
IL COMMENDATORE Perché non gli chiede che mestiere faceva suo figlio?
IL PROFESSORE Vuole che gli chieda che mestiere faceva suo figlio?
IL COMMENDATORE (con tono di sfida) Sì!
IL PROFESSORE Posso fare anche di più, caro signore.  (Alla donna:) Scusi: suo figlio faceva per caso il falegname?
LA DONNA No.
IL PROFESSORE (al Commendatore con aria di rivalsa) Oh!
LA DONNA (dopo una pausa) Suo padre, faceva il falegname!  ( Poi,quasi tra sé, aggiunge:) Quel disgraziato di suo padre!
IL COMMENDATORE (Perplesso) Questa non l’ho capita.
LA DONNA (ha finito la sigaretta, si alza, guarda i tre uomini come a sollecitarli a riprendere il lavoro) Comunque... scusate.., io tra pochi minuti devo andare... Se volete finisco io...  (I  tre corrono ai ripari)
IL COMMENDATORE No, no!...
IL CAPITANO Finisco subito.
IL PROFESSORE Ci eravamo messi a chiacchierare... (Riprendono di ottima iena il lavoro: il Commendatore allaramazza, il Capitano a spolverare i mobili, il Professore a pulire i vetri...)
LA DONNA Io ho un sacco di cose da fare, stamattina. Appena finisce l’allarme.., devo subito correre via. E prima devo cambiarmi, togliermi i bigodini... (Prende la valigia, e si avvia verso il bagno. Sulla soglia si ferma e si volta, contempla la scena con soddisfazione) Però…  è bello, una volta tanto vedere...
IL CAPITANO Che cosa?
LA DONNA Beh... Un professore, un capitano, un industriale... che danno una mano al popolo! Lei cosa ne dice: che sia merito dell’allarme?  Bah! La vita è una partita a carte! Comunque, come si suol dire… finché la barca va... lasciala andare. (Entra in bagno, chiudendo la porta)
IL COMMENDATORE “Finché la barca va... lasciala andare.” È un messaggio? È un ordine? È una sfida? Che cosa vuol dire?
IL CAPITANO Eh?... Ma è una vecchia canzone di cent’anni fa. Me la ricordo benissimo. Faceva’:  (Accenna alla linea melodica) “Finché la barca va lasciala andare...”.
IL COMMENDATORE E poi?
IL CAPITANO E poi niente: ripete sempre “finché la barca va lasciala andare”.
IL COMMENDATORE Sì, ma quella non l’ha cantata: l’ha solo detta!
IL CAPITANO E allora?
IL COMMENDATORE E allora può darsi che la canzone non c’entri: che valga per quel che dice.
IL CAPITANO E che cos’è che dice?
IL COMMENDATORE È quel che vorrei sapere!
IL CAPITANO Per me non dice niente.
IL COMMENDATORE E io non me la sento di rischiare...
IL PROFESSORE Chiedo scusa, io vorrei dire una cosa...
IL CAPITANO Cos’è: una barzelletta?
IL PROFESSORE No: un’osservazione.
IL COMMENDATORE Se è una delle sue solite spiegazioni razionali, può anche risparmiarsela.
IL CAPITANO No, no, che a me divertono. Io poi le riracconto al circolo...
IL PROFESSORE Questa, a stretto rigor di termini, potrebbe anche dar ragione a lei. Si tratta di una considerazione... ehm... sul valore intrinseco di un’affermazione astratta dal suo contesto.
IL CAPITANO Oddio, oddio, questa non posso dirla al circolo!
IL PROFESSORE No, no, non è niente di complicato. Le faccio un esempio. La frase “Finché la barca va, lasciala andare”. Tratta, come dice lei, da una canzone... non particolarmente intelligente. Giusto?
IL CAPITANO Giusto.
IL PROFESSORE Bene. Ora state a sentire. (Apre il librone nero che già abbiamo visto nelle mani del Commendatore e legge, con tono biblico)  “Ed egli allora vide la barca di Simon Pietro e dei suoi fratelli che, spezzati gli ormeggi, veniva trascinata dalla corrente al largo del lago di Tiberiade. Simon Pietro sporgevasi dal bordo, e tendendo le braccia verso di lui, gridava tra le lacrime: “Rabbi, rabbi, non vedi che si sono spezzati gli ormeggi, e la corrente ci trascina verso la malvagia Samaria? Perché non ci soccorri ?”. Ed egli, senza allontanarsi dal gruppo dei fedeli che lo circondavano, così gli rispose: “Simon Pietro, uomo di poca fede, credi tu che un ormeggio possa spezzarsi senza che ciò sia da sempre previsto nella mente del padre mio che nei cieli? In verità in verità ti dico: finché la barca va, lasciala andare””.
IL CAPITANO Hai visto i parolieri? Copiano proprio da tutto.
IL COMMENDATORE Questo sarebbe nel Vangelo?
IL PROFESSORE No. L’ho inventato io.
IL CAPITANO Come, come?...
IL PROFESSORE Ma è semplicissimo. In letteratura – ma che dico, in letteratura: nella vita! non è vero che non è l’abito che fa il monaco! L’abito “fa” il monaco. La stessa identica frase, in una canzonetta è una cretinata, ma ben ambientata – sul lago di Tiberiade, in bocca a uno tutto drappeggiato, con opportuna messa in scena, preceduta da “in verità in verità vi dico” – diventa una di quelle cose che poi dai pulpiti te le commentano per duemila anni.
(Pausa e perplessità)
IL COMMENDATORE E allora, cosa significa?
IL PROFESSORE Wittgenstein l’aveva detto: la filosofia è la lotta dell’uomo contro le ambiguità del linguaggio.
IL COMMENDATORE Lasci perdere Witt... quello lì. Arrivi al dunque.
IL PROFESSORE Il dunque, caro signore, è che effettivamente può avere ragione lei. Il significato di tutto quello che quella donna ha detto dipende da chi è, o anzi: da chi crediamo che sia. Se è lo Spirito Santo... e beh: ogni sillaba pronunciata ha una valenza incredibile e misteriosa. Ma se è una lavandaia, come ovviamente non può che essere, non esiste nessun doppio fondo: la cretinata rimane cretinata.
IL CAPITANO Può essere una lavandaia intelligente.
IL COMMENDATORE Sì sì, ma non divaghiamo.
IL CAPITANO Comunque, sia lodato l’esercito! Se voi intellettuali vi capite così bene che non sapete mai se ha parlato Sherazade o lo scemo del villaggio, vorrei sapere cosa vi serve aver studiato. Nell’esercito – grazie a dio – equivoci non ce ne sono: il regolamento vuoi dire quel che dice, “avanti-marsch!” vuoi dire “cammina”, “aaaalt!” vuol dire “alt!” “Per fila dest... dest! ... Per fila sinist... sinist! ...Unò-dué unò-dué unòdué, passo... pum!... Caricaaa.... at! Plotone attt... tenti!”. (Prosegue con altri versi.ad libitum, infervorandosi. Poi:)   Ci mancherebbe altro che quando il sergente dice “per fila sinist...sinist!”, mezzo plotone va a sinistra, mezzo va a destra, un altro mezzo si tuffa in piscina.., per carità, per carità! Voi professori dovreste proprio tutti venire un po’ da noi a pensione...
(Lunga pausa)
IL PROFESSORE Zaratustra.
IL CAPITANO Come?
IL PROFESSORE Non è Sherazade: è Zaratustra.
IL COMMENDATORE Qui intanto non abbiamo risolto niente...
IL PROFESSORE Ma non c’è assolutamente niente da risolvere!...
(Esce dal bagno la Donna. E’ ora una signora elegante, con una pelliccia di buon taglio, i capelli in ordine e senza bigodini, scarpe col tacco, ben truccata...   In mano ha una valigia o qualcosa del genere. Contemporaneamente  si sente il sibilo della sirena che annuncia il cessato allarme)
LA DONNA Finito l’allarme. Giusto in tempo.  (Si guarda intorno)  Grazie. Non è uno specchio... ma può andare. Siete stati molto gentili. Capita  raramente.  (Capta gli sguardi attoniti dei tre)  La pelliccia? Un regalo di mio figlio. Io col mio stipendio non potrei certo!  (Apre la valigia, vi mette dentro quel che gli altri le porgono: la scopa, che è fatta a cannocchiale, e rimpicciolisce, lo straccio per la polvere, quello per i vetri... Poi esce4…  ma in qualsiasi modo esca – botola o scaletta – posa accanri a se la valigia...)Buongiorno, e grazie ancora. Vi dispiacerebbe passarmi lavaligia?
(Il Capitano gliela porge, ma prima che la Donna esca, il Commendatore ha un grido...)
IL COMMENDATORE Signora!...
LA DONNA (fermandosi) Sì?...
IL COMMENDATORE Lei...
LA DONNA Io...?
IL COMMENDATORE Io...
LA DONNA Lei...? (Con un sorriso, quasi di compatimento) Non capisco...
IL COMMENDATORE (incerto, imbarazzato) – La guida… la guida del telefono…
LA DONNA  Ma non è mia…
IL COMMENDATORE E’ di Singapore.
LA DONNA E allora dategliela a lui.
(È uscita. Pausa. Il Commendatore appare assorto, assente)
IL PROFESSORE (alla finestra) Le strade si stanno rianimando... I pedoni ricominciano a inquinare...
IL CAPITANO Cessato allarme...
IL COMMENDATORE (quasi tra sé) E adesso di nuovo, daccapo... Dove siamo?... Che cosa significa tutto questo?
IL CAPITANO Tutto questo, cosa?
IL PROFESSORE È stata una curiosa esperienza.
IL CAPITANO Io mi sono anche divertito. Oddio, si possono passare notti anche migliori, vero? Ah, ah! Pardon pardon!…
IL COMMENDATORE Che se poi ci penso, mi pare proprio —che... che...
IL PROFESSORE Che cosa?
IL COMMENDATORE . . .che non si è concluso niente. Lui si è lavato i piedi, voi avete giocato a carte, lui si è rotto i calzoni...
IL CAPITANO . . .io ho raccontato una barzelletta, lei ha preso paura... Ah, ah!
IL COMMENDATORE Una cosa.., insensata.., senza capo né coda...
ILPROFESSORE (di buon grado, lieto dello sfoggio) Shakespeare: “Che cos’è la vita? Una favola raccontata da un idiota che non significa nulla!”.
IL COMMENDATORE Abbiamo fatto un gran parlare a vanvera...
IL CAPITANO Beh, non sempre si può recitare l’Amleto.
IL COMMENDATORE Sì, sì, ma ci sono delle vie di mezzo!... Comunque, adesso basta, va bene?... Io ho mille cose da fare... non trovo niente né di curioso né di divertente nel buttare via una giornata .  Io me ne vado... Buongiorno…  (Stringe la mano al professore)
IL PROFESSORE (cogliendo l’occasione) “Vanvera.” Voce del latino medievale. Sta a significare l’organo sessuale del cane. Il pene del cane. Ergo, “parlare a vanvera”significa “parlare a cazzo di cane”! Pensi!
IL COMMENDATORE (totalmente disinteressato) Okay.
IL CAPITANO Ah, ah, questa non la sapevo.
IL COMMENDATORE (stringe la mano al Capitano) Tanto piacere. (In fretta, imbarazzato, ansioso di andarsene)   Scusate la fretta... Buon... Buon giorno. (Esce, frettoloso, un po’ impettito dalla porta da cui è entrato... Se del caso, cioè, scende dal palco e attraversa la platea)
IL CAPITANO Accidenti, che fretta!
IL PROFESSORE Beh, per lui... credo che sia quasi la fine di un incubo.
IL CAPITANO Sì, ma neanche dire arrivederci!...
IL PROFESSORE Non credo che desideri rivederci. (Gli porge un bigliettino) Il mio biglietto da visita.., per qualsiasi evenienza.
IL CAPITANO Grazie. Non posso ricambiare perché a noi del servizio segreto, ovviamente, i biglietti da visita sono vietati: comunque sono sull’elenco: capitano Bigongiari. Esse esse.
IL PROFESSORE Esse esse?
IL CAPITANO Servizi segreti. Caso mai volesse una lezione a scopa. Ah ah!
IL PROFESSORE Ah ah!
IL CAPITANO Lei scende di lì?
IL PROFESSORE No, io scendo di là.
IL CAPITANO Arrivederla, e... piacere ancora!
IL PROFESSORE Piacere mio.
(Escono, ciascuno dalla propria porta. Dopo una breve pausa,rientra il Commendatore, di fretta, con aria di panico. Si avvicina al telefono, stacca il ricevitore, prova a comporre un numero, il telefono sembra non funzionare. Il Commendatore brutalizza il telefono, gridando)
IL COMMENDATORE Pronto! Pronto! Accidenti! Prontoooo!
(Rientrano dalle loro porte, contemporaneamente,  il Capitano e il Professore. Tutti e due si fermano sulle rispettive soglie...)  
Il mio portone era chiuso...  
(Gli altri due non rispondono).

Buio senza troppa fretta


Postscriptum
La commedia, per quello che riguarda il suo quarto e conclusivo quadro, ha due versioni. In quella originaria il misterioso personaggio che entra è L’UOMO DELLE PULIZIE, e in questa veste la commedia stessa si trova riassunta nelle “Cento trame del teatro italiano”, che il sottoscritto ha curato per la BUR. La soluzione con la DONNA è una concessione agli usi e alle pigrizie del teatro, cui una donna nel cast fa sempre più gioco che quattro uomini soli, e difatti è quasi sempre stata adottata dalle realizzazioni sceniche viste finora.
Ad avviso dell’autore – ammesso che ciò conti qualcosa – la soluzione maschile è la più rigorosa: l’Uomo è la quarta maschera, corrisponde allo Zanni, completa l’universo maschile e maschilista simboleggiato dalle maschere della commedia dell’arte e dai semi delle carte da gioco. La Donna è forse piùteatrale, più bella e pittoresca a vedersi, permette certamente una modulazione in più: ma si tira dietro il pericolo, come è accaduto, di essere fraintesa per la Madonna, il che non va bene: Donna o Uomo che sia, il personaggio non può essere che il Proletario, o Dio: ogni via di mezzo è insufficiente e inutile.
Comunque, le due soluzioni non comportano che minime e ovvie variazioni testuali. Il solo scambio di battute che evidentemente decade nella versione maschile è quello sul “sesso di Dio”, che viene conseguentemente mutato così:

IL PROFESSORE E poi, siamo seri: è un giovinastro! Poco più che un ragazzo, signori! Mentre secondo tutte le tradizioni, soprattutto occidentali.., quel Qualcuno di cui dice lei... è sempre un vegliardo.
IL CAPITANO A me, però, sembra piuttosto vecchio.
IL PROFESSORE Trent’anni al massimo.
IL CAPITANO Almeno sessanta.
IL COMMENDATORE Trenta o sessanta non importa: sono dettagli, in un momento come questo. E poi, ricordiamoci una cosa.
IL PROFESSORE Che cosa?
IL COMMENDATORE Che quel Qualcuno... sono in tre.
IL CAEITANO Tre?!
IL COMMENDATORE Tre, accidenti, sì! L’ha mai fatto il segno della croce? Padre, Figlio e Spirito Santo. Quindi, le apparenze...
IL CAPITANO Beh, se non altro a un piccione non assomiglia di certo. Ah ah!
IL COMMENDATORE È pazzo! Pazzo e incosciente!
IL PROFESSORE (al Capitano) Ehm... Beh, qui forse, mi scusi, il signore ha ragione.
Ecc. Ecc.

E più avanti...
IL PROFESSORE Suo figlio faceva il falegname?
LA DONNA No... il suo patrigno faceva il falegname.  Quel buono a nulla del suo patrigno!