Gli avversi numi e la fatal quïete

Otto scene drammatiche liberamente
ispirate ai Sonetti di Ugo Foscolo di

Giancarlo Ferraris



I personaggi

Ugo Foscolo
Silvano, soldato commilitone di Foscolo
Isabella Roncioni, amore di Foscolo
Gualtiero Mogherini, editore della rivista Ellade
Arduino Beretta, letterato e traduttore, amico di Foscolo
Un corriere
Un pescatore
Lo spettro di Gian Dionigi, detto Giovanni, il fratello suicida
La Morte

I tre punti di sospensione indicano:
- brevi momenti di pausa nei discorsi dei personaggi;
- discorsi interrotti o sospesi.

Per esigenze narrative non è stato rispettato l’ordine cronologico di composizione dei singoli sonetti.




Prima scena. Non son chi fui, perì di noi gran parte

Genova, autunno 1799. In un piccolo accampamento militare un giovane soldato, gli occhi dallo sguardo profondo, la fronte alta, i capelli rossi ricci e scarmigliati, il portamento nobile, sta scrutando intensamente l’orizzonte mentre calano le prime ombre della sera. Quel soldato è Ugo Foscolo.

Foscolo
Che delusione!... Che mortificazione!... Quella grande rivoluzione di Francia, dalla quale sarebbero dovuti nascere un mondo nuovo, un’umanità rinnovata e che invece ha generato soltanto odio, violenze, sangue, distruzione, terrore e morte… Quel Napoleone Bonaparte, giovane generale còrso, che avrebbe dovuto portare nel mondo la libertà, la fraternità e l’uguaglianza e che invece ha recato con sé soltanto una nuova tirannia, guerra, latrocini, ha venduto la mia Venezia allo straniero e si è impadronito della mia Zacinto… Che delusione!... Che mortificazione!... I miei ideali sono svaniti, il mio cuore è triste, la mia mente disorientata, gran parte di me è morta… Restano soltanto languore e pianto, che hanno spento tutti i miei entusiasmi.

Silvano, un altro soldato dell’accampamento, si avvicina a Foscolo.

Silvano
Che ti succede, Ugo?... Stai forse male?... Mi sembri sconvolto!... Che cos’hai?

Foscolo guarda Silvano negli occhi in silenzio per alcuni attimi.

Foscolo
Avevo due grandi passioni, due grandi scopi nella mia vita: l’amore e il desiderio della gloria poetica… Ebbene, entrambi, per colpa della rivoluzione e della guerra sono crollati.

Silvano
Non dovresti dire queste cose… Soprattutto in presenza di qualcun altro.

Foscolo si irrita leggermente.

Foscolo
Qualcun altro?!... E chi?

Silvano
Lo sai bene di chi sto parlando: il tenente Ippoliti, il comandante del nostro plotone.

Sul volto di Foscolo si disegna un’espressione di dolore e di indifferenza.

Foscolo
Tanto meglio... Questa avventura non fa più per me… E non è stata proprio quello che mi aspettavo che fosse.

Silvano
Se non ti va più di combattere puoi sempre farti da parte e lasciare il corpo… D’altronde non facciamo parte dell’Esercito francese, ma siamo soltanto volontari della Guardia Nazionale della Repubblica Cisalpina.

Foscolo torna a scrutare intensamente l’orizzonte, trattenendo a stento le lacrime.

Foscolo
Da quando sono scoppiate la rivoluzione e la guerra la mia mente è divenuta cieca e il mio cuore si è corrotto… E l’uccidere altri uomini è diventato per me l’unica, la sola cosa che sembra sappia fare e anche con vanto e soddisfazione.

Silvano
Pensavi di poter fare la guerra amando la pace?

Foscolo lancia uno sguardo adirato a Silvano.

Foscolo
Taci!... Cosa ne sai tu di quello che provo in questo momento? Che ne sai?

Silvano
Io ti sono amico, Ugo… Lo sai… Puoi confidarti con me, se lo desideri… Se questo può farti sentire meglio.

Foscolo fa un lungo respiro, tacendo per alcuni istanti. Poi riprende a parlare, con tono enfatico.



Foscolo
Vedi, Silvano, mio carissimo amico, sulla mia vita c’è sempre stato un fantasma: l’idea del suicidio.

Alle ultime parole di Foscolo Silvano ha un sussulto.

Silvano
Ma che diavolo stai dicendo, eh?... Perché vorresti suicidarti?... Non ti basta morire in battaglia, come si conviene a un soldato?

Foscolo socchiude leggermente gli occhi per poi riaprirli con un battito veloce.

Foscolo
Mi distolgono da questo proposito solo due cose: il mio grande, ardente desiderio della gloria poetica e il grande amore che ho per mia madre…

Silvano
Già… La propria madre… Non la si dimentica mai… Si dice che mamma sia la prima parola che ogni uomo impara a dire e l’ultima che dice prima di lasciare per sempre questa vita.

Foscolo inizia a camminare avanti e indietro, gesticolando.

Foscolo
La gloria poetica per me è un qualcosa di irrinunciabile, di insopprimibile… È tutt’uno con il bisogno di vivere, di durare oltre la morte, di vincere il nulla eterno… Il nulla eterno… Il nulla eterno.

Silvano
Ti prego, amico mio: non parlare troppo difficile.

Foscolo si avvicina a Silvano, guardandolo negli occhi.

Foscolo
Eh, caro Silvano!... Essere poeta non è per nulla facile.

Silvano
E tu smetti di fare il poeta... Così la tua vita sarà facile, semplice, lineare.

Foscolo ride, scostandosi leggermente da Silvano.

Foscolo
Sarebbe impossibile per me non essere poeta… Impossibile!... E ti dirò di più, caro amico mio… Io sono schiavo del mio desiderio di gloria poetica, come sono schiavo dell’amore per mia madre e del mio destino che mi impediscono di cercare la suprema realizzazione nella morte.

Silvano
Prima hai detto che non vuoi più combattere... Che aspetti a lasciare la Guardia Nazionale?... Dopo potrai dedicarti soltanto alla ricerca della tua gloria poetica.

Foscolo socchiude leggermente gli occhi un’altra volta per poi riaprirli con un battito veloce.

Foscolo
Il generale Napoleone Bonaparte!... Più di due anni fa gli dedicai un’ode, A Bonaparte liberatore… Lo celebrai, invitando nello stesso tempo tutti gli sciagurati abitanti della nostra bellissima Italia a recuperare, con la sua guida, le loro antiche virtù per evitare decadenza e servaggio… Che idiota!... Che grandissimo idiota sono stato!... Sembrava… Sembrava che quel piccolo individuo dovesse sovvertire il mondo, cambiare il corso della storia, liberare l’umanità… Nulla di tutto questo, semmai è accaduto esattamente il contrario… E poi quel trattato… Che disgrazia!... Che orrore quel trattato!

Silvano
Quello firmato a Campoformio, vero?

Foscolo
E quale, sennò?! Quale?

Silvano
Ho sentito che è stata un’amara sorpresa per molti... Voglio dire, per molti italiani.

Foscolo lancia uno sguardo profondo a Silvano.

Foscolo
Spero che sia stato così anche per te.

Silvano si stizzisce leggermente.
Silvano
Oh, certo!... Anche per me… Anche per me…

Foscolo riprende a camminare avanti e indietro, sempre gesticolando.

Foscolo
Sono bastate un po’ di firme per far fuori la Repubblica di Venezia e con essa anche la mia Zacinto… Secoli e secoli di storia e di gloria cancellati con qualche firma… Povera Venezia mia, finita nelle mani dell’Austria!... Povera Zacinto mia, finita in quelle della Francia!

Silvano
È stata un’azione ignobile quella del generale Bonaparte!

Foscolo si ferma all’improvviso, avvicinandosi a Silvano e guardandolo fisso negli occhi.

Foscolo
È stato un vero e proprio tradimento!... Sono state ingannate le aspettative dei veneziani e con esse quelle di tutti gli italiani!… Non appena l’ho saputo ho fatto sentire la mia voce… Nella sede della Municipalità Veneziana sono salito sulla tribuna con in mano un pugnale, ho vomitato tutte le imprecazioni possibili contro Bonaparte, con somma rabbia ho conficcato il pugnale nel parapetto della tribuna e ho giurato di trafiggere allo stesso modo il cuore di quell’infame generale…

Silvano allarga le braccia.

Silvano
Adesso però calmati, Ugo… Calmati… Ti ricordo che sei ancora nella Guardia Nazionale e che hai i tuoi doveri di militare.

Foscolo fa un lungo respiro.

Foscolo
Va bene…  Mi calmo… Ah!... Forse… Forse la cosa migliore sarebbe morire… Se solo avessi la forza di farlo.

Foscolo rientra nella sua tenda, accende un piccolo candelabro, si siede a un tavolinetto e inizia a scrivere alcuni versi declamandoli.

Non son chi fui, perì di noi gran parte:
questo che avanza è sol languore e pianto;
e secco è il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto;

perché dal dì ch’empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
l’umana strage arte è in me fatta, e vanto.

Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.

Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
e so invocare, e non darmi la morte.




Seconda scena. E tu ne’ carmi avrai perenne vita

Firenze, inverno 1800. In uno dei salotti della città toscana Foscolo conosce, frequenta e ama appassionatamente Isabella Roncioni, diciottenne pisana destinata dalla famiglia a sposare il marchese Pier Antonio Bartolommei, cosa che accadrà nell’estate dell’anno successivo. Quello del Foscolo per la Roncioni è però un amore impossibile, destinato a finire.

Foscolo
Ho qualche speranza con voi?... Vi prego!... Ditemelo subito o impazzisco!

Isabella
Temo di no… E non di certo per voler mio.

Foscolo fa un lungo respiro, guardando Isabella negli occhi.

Foscolo
La mia felicità o la mia disperazione, quindi, non dipenderebbero da voi!?... E da chi?... Me lo dite?

Isabella abbassa leggermente lo sguardo.

Isabella
Siate buono con me… Se mi amate veramente.

Foscolo alza il tono della voce.

Foscolo
Buono con voi?... Io?… Buono con voi?... Mi sottovalutate immensamente!

Sul volto di Isabella si disegna un’espressione di serena mestizia.

Isabella
Essere buoni è il più grande segno di amore che esiste.

Foscolo sorride amaramente e ironicamente, abbassando il tono della voce.



Foscolo
Non è proprio così… L’amore è più grande della bontà… È più grande di ogni altra cosa… È l’assoluto… È l’infinito… E voi siete l’assoluto, l’infinito per me.

Isabella
Le vostre parole sono sincere… Di ciò sono certa.

Foscolo fa un altro lungo respiro, guardando di nuovo Isabella negli occhi.

Foscolo
Allora?... Vi faccio la domanda di prima: ho qualche speranza con voi?

Isabella alza il tono della voce.

Isabella
Vi prego… Non insistete…

Anche Foscolo alza nuovamente il tono della voce.

Foscolo
Non posso farne a meno… Per me è una questione di vita o di morte.

Isabella
Dovete farvene una ragione.

Foscolo
Di quale ragione state parlando?

Isabella
Che sono promessa al conte Pier Antonio Bartolommei. Lo volete capire una buona volta?

Foscolo
Non conosco nessuna altra ragione se non quella del mio cuore.

Isabella
Dovete sforzarvi…

Foscolo
Quello che mi chiedete è impossibile... Capite?... Impossibile!
Foscolo e Isabella tacciono per alcuni lunghi secondi, guardandosi reciprocamente negli occhi.

Isabella
Vorrei potervi aiutare…

Foscolo
Bene… Allora aiutatemi… Non attendo che un piccolo segnale da parte vostra…

Isabella si stizzisce leggermente.

Isabella
Voi mi obbligate a…

Sul volto di Foscolo si disegna un’espressione sorniona.

Foscolo
Io… Vi… Obbligo?!... Vi obbligo a fare che cosa?... Veramente lo pensate?

Isabella si scosta da Foscolo, indicando il paesaggio che si scorge fuori dalla finestra del salotto.

Isabella
Avete visto come sono…

Gli occhi di Foscolo si illuminano di una luce fulgida.

Foscolo
Cambiate discorso, adesso?

Isabella alza di nuovo il tono della voce.

Isabella
Lasciatemi stare!… Avete bene inteso?

Foscolo allarga le braccia, sorridendo e quasi piangendo nello stesso tempo.

Foscolo
Lasciarvi stare?!… E come potrei?!... Come potrei lasciarvi stare?!
Isabella si avvicina nuovamente a Foscolo, parlandogli a voce bassa.

Isabella
Lasciatemi stare… È la prova del vostro amore per me.

Foscolo cinge Isabella con le braccia, senza però toccarla, poi si scosta leggermente, sorridendo e guardandola negli occhi.

Foscolo
Voglio rendervi immortale, Isabella.

Isabella
Che volete dire?

Foscolo fa un lungo respiro.

Foscolo
Voglio rendervi immortale con la mia poesia… Lo sapete che la poesia dona l’immortalità a tutto ciò che celebra: la bellezza, l’eroismo, l’amore?... Ebbene, voglio immaginarvi donna nella grande e terribile Firenze del medioevo…

Isabella si stizzisce.

Isabella
E perché proprio Firenze?... Non lo sapete che sono di Pisa?!

Foscolo sorride mentre i suoi occhi si illuminano un’altra volta di una luce fulgida.

Foscolo
Lo so che siete di Pisa e non di Firenze, ma le rivalità cittadine, se è questo che sotto intendete, soprattutto quelle meschine, grette e pettegole, non mi interessano… Per me Firenze è la città che ha raccolto la gloria superstite di Roma antica, è il cuore della nostra Italia per tutto quello che ha prodotto, dalla poesia all’arte… Un cuore però straziato dalle lotte fratricide tra guelfi e ghibellini che tingevano di sangue l’Arno, le cui stesse acque avevano paura e orrore di ciò che succedeva… Come accadde sul Ponte della Trinità: uno scontro brutale, feroce, che non vide nessuna pietà né da una parte, né dall’altra… Pensate che oggi da questo luogo si scorge la casa dove dimorò il grande Vittorio Alfieri… Oh l’Alfieri!... Il poeta che io chiamo vate perché la sua poesia ispira sempre sentimenti nobili e grandi idealità.

Isabella, incuriosita, si siede su un divanetto.

Isabella
Avete detto che mi immaginate donna nella Firenze del medioevo… E come?

Foscolo si siede accanto a Isabella, stringendole delicatamente le mani.

Foscolo
È semplice… Vi immagino dea dell’antica Grecia, nella cui contemplazione si trasfigurano i miei sentimenti, la mia passione, il grande amore che ho per voi… Con gioia intima e profonda vi vedo incedere sul Lungarno come una creatura divina dal portamento nobile e pacato, la bellezza radiosa e serenatrice, gli occhi beatificanti pieni di una luce che illumina il mondo… E avverto, nell’aria mossa soavemente dai vostri capelli, esalare attorno a voi il profumo dell’ambrosia.

Isabella
Il profumo dell’ambrosia?

Foscolo
Sì… Il profumo dell’ambrosia… È la fragranza che diffondono intorno a sé le divinità dell’antica Grecia che io evoco con la mia poesia… È un aroma particolare quello dell’ambrosia: lo si può sentire soltanto con il cuore... Soltanto con il cuore.

Isabella è estasiata dalle parole di Foscolo.

Isabella
Io… Voi…

Foscolo fa segno a Isabella di tacere.

Foscolo
Sss… Tacete!… E ascoltate...

Foscolo si alza dal divanetto e inizia a camminare avanti e indietro per il salotto, declamando alcuni versi.
E tu ne’ carmi avrai perenne vita
sponda che Arno saluta in suo cammino
partendo la città che dal latino
nome accogliea finor l’ombra fuggita.

Già dal tuo ponte all’onda impaurita
il papale furore e il ghibellino
mescean gran sangue, ove oggi al pellegrino
del fero vate la magion si addita.

Per me cara, felice, inclita riva
ove sovente i pie’ leggiadri mosse
colei che vera al portamento Diva

in me volgeva sue luci beate,
mentr’io sentia dai crin d’oro commosse
spirar ambrosia l’aure innamorate.




Terza scena. Così gl’interi giorni in lungo incerto

Bologna, primavera 1801. Foscolo si dedica a un’intensa attività letteraria e di traduttore, collaborando con accademie, biblioteche, giornali e riviste. Ciò gli consente di stringere sincere amicizie e stimati rapporti di lavoro, come quello con Gualtiero Mogherini, editore della rivista di cultura classica Ellade, il quale, una mattina, lo convoca nel suo studio per offrirgli un ruolo importante nella realizzazione della rivista.

Mogherini
Carissimo Foscolo!... Buongiorno!... Come sta?

Foscolo
Buongiorno a voi… Bene… Diciamo pure che sto bene.

Mogherini indica a Foscolo una poltrona sulla quale sedersi.

Mogherini
Prego… Accomodatevi.

Foscolo si siede, dopo aver ringraziato con un piccolo cenno del capo mentre Mogherini si siede a sua volta dietro una grossa scrivania.

Mogherini
Sono… Sono contentissimo del lavoro che state svolgendo… Grazie ai vostri straordinari contributi Ellade va letteralmente a ruba… E i giudizi dei lettori sono entusiasmanti.

Foscolo sorride leggermente.

Foscolo
I miei interventi sono piccola cosa, credetemi.

Mogherini allarga le braccia per poi abbassarle.

Mogherini
Oh, non direi!... Non direi proprio!… Siete troppo modesto, voi.

All’improvviso Foscolo diventa serio, quasi triste.


Foscolo
Vorrei poter veramente dare dei contributi più pregnanti, più profondi... Solo che…

Sul volto di Mogherini si disegna un’espressione divertita e al tempo stesso sorniona.

Mogherini
Solo che?... Avanti!... Con me potete parlare liberamente… Se volete più denaro per il vostro lavoro non avete che da chiedere… Fra l’altro, questa mattina, vi ho convocato per offrirvi un ruolo importante nella realizzazione della nostra rivista Ellade… Un ruolo ben pagato, s’intende.

Foscolo si alza dalla poltrona piuttosto risentito.

Foscolo
Scrivo di Omero e Plutarco, Euripide e Tucidide per passione, non per denaro!

Mogherini si alza a sua volta dalla scrivania.

Mogherini
Calmatevi!... Non volevo offendervi... La mia è soltanto una proposta di lavoro.

Foscolo fa un lungo respiro.

Foscolo
Sta bene… Sta bene…

Mogherini si siede di nuovo.

Mogherini
Ecco, riprendendo il discorso di prima, sarei particolarmente lieto se voi poteste ricoprire, fin da domani, il ruolo importante di cui parlavo…

Anche Foscolo si siede nuovamente sulla poltrona, lanciando uno sguardo profondo a Mogherini.


Foscolo
Sinceramente preferisco essere un uomo libero… Libero di andare dove voglio e soprattutto di scrivere quello che mi piace, quello che mi interessa davvero… Quello che sento veramente.

Mogherini sorride.

Mogherini
Siete libero di scegliere e di trattare come meglio credete gli argomenti per la nostra rivista… D’altra parte chi meglio di voi conosce il mondo classico, in particolare l’antica Grecia?

Foscolo assume un contegno solenne.

Foscolo
La Grecia è la mia prima patria… Come lo è del resto anche Venezia…

Mogherini
E potrete anche stabilire il compenso che meglio vi soddisfi… Entro le disponibilità di cassa, ovviamente…

Foscolo
Va bene… Va tutto bene, signor Mogherini…

Foscolo si alza di nuovo dalla poltrona, avvicinandosi a una finestra da cui si scorgono i tetti della città.

Foscolo
Anzi, benissimo…

Mogherini si fa serio in volto.

Mogherini
Scusate, signor Foscolo, forse è soltanto una mia impressione, ma mi sembra che non siate affatto sereno… Anzi, a dire la verità, vi vedo molto tormentato, turbato… Avete, forse, problemi gravi?... Possiamo parlarne, se lo desiderate… Forse… Forse posso anche aiutarvi.

Foscolo si volta, avvicinandosi a Mogherini.


Foscolo
Amore… Conoscete il significato di questa parola?

Mogherini
Amore?!... Ah, capisco!… Dietro questo vostro tormento, questo vostro turbamento c’è una donna, non è vero?... Oh, scusatemi!... Sono stato veramente indiscreto… Vogliate perdonarmi.

Foscolo
Non lo siete stato affatto… Vedete ho vissuto, o meglio, sto ancora vivendo un amore infelice che non riesco o non posso dimenticare e che rende quanto mai dolorosa la mia solitudine… Sono tormentato, turbato, come avete detto voi giustamente poc’anzi: una passione infelice può prostrare anche l’animo dell’uomo più forte del mondo, avvolgerlo e distruggerlo con un torpore inerte e un dolore mortale... È come gemere in un sonno che sembra durare da un tempo interminabile e che è agitato di continuo da ricordi, presentimenti e speranze…

Mogherini guarda Foscolo in volto, palesemente colpito dalle sue parole.

Mogherini
Riuscite a esprimere il vostro stato d’animo in modo straordinario… Come sanno fare solo i veri poeti… Perché voi siete veramente un poeta… Grande… Immenso…

Foscolo socchiude leggermente gli occhi per alcuni attimi per poi riaprirli con un battito veloce.

Foscolo
Immaginate una notte buia, fredda, popolata soltanto da ombre e avrete davanti a voi la condizione del mio essere: dentro di me ci sono solo pensieri dolenti, un gelo e uno squallore senza fine, un silenzio pesante e senza conforto… Il mio animo vaga per una distesa brulla e deserta, meditando sulle ferite che la fortuna avversa, questo stesso amore infelice, la guerra e il tradimento degli uomini mi hanno aperto nel cuore… Oh Isabella!... Isabella!... Com’è grande questa mia pena!... È grande come il mare sconvolto dalla tempesta… Con le mie speranze con parlo più, mi resta soltanto il delirio.

Foscolo inizia a camminare avanti e indietro per lo studio, declamando alcuni versi.

Così gl’interi giorni in lungo incerto
sonno gemo! ma poi quando la bruna
notte gli astri nel ciel chiama e la luna,
e il freddo aer di mute ombre è coverto;

dove selvoso è il piano più deserto
allor lento io vagando, ad una ad una
palpo le piaghe onde la rea fortuna,
e amore, e il mondo hanno il mio core aperto.

Stanco mi appoggio or al troncon d’un pino,
ed or prostrato ove strepitan l’onde,
con le speranze mie parlo e deliro.

Ma per te le mortali ire e il destino
spesso obblïando, a te, donna, io sospiro:
luce degli occhi miei chi mi t’asconde?

All’improvviso Foscolo lascia lo studio, salutando appena con un cenno Mogherini.



Quarta scena. Te nudrice alle Muse

Milano, estate 1801. Foscolo, stabilitosi nella città lombarda dove conduce un’intensa vita letteraria e mondana, apprende che il Consiglio dei Giuniori della Repubblica Cisalpina ha proposto una legge per abolire lo studio e l’uso della lingua latina e sostituirla con la lingua francese. Amareggiato e preoccupato, ne parla appassionatamente in un giardino pubblico, seduto vicino a una fontana, con l’amico Arduino Beretta, anch’egli letterato e traduttore.

Foscolo
Hai sentito che cosa vogliono fare?

Berretta
Di chi stai parlando?

Foscolo si illumina negli occhi, agitandosi e gesticolando.

Foscolo
Di quei pazzi criminali del Consiglio dei Giuniori… Vogliono abolire il latino!

Berretta
Sì… Ho saputo…Per il momento è solamente una proposta di legge avanzata da un certo Giuseppe Lattanzi… Ancora non c’è nulla di definitivo.

Foscolo
Che idiota delinquente quel Lattanzi!... Puah!... Non mi aspetto nulla di bello e di buono da quella gente venduta ai francesi… Dannato Bonaparte!… Tanto, in fin dei conti, la colpa è sua… Soltanto sua!… Non gli basta aver venduto Venezia ed essere diventato padrone della mia Zacinto e di una parte della nostra Italia… Non gli basta, parliamoci chiaro Arduino!, di averci tolto la libertà… Vuole anche privarci della nostra lingua madre… Povera Italia!... Povera nutrice delle Muse!... E che sarà di noi che abbiamo fatto della poesia la nostra ragione di vita?

Berretta
Piuttosto, noi traduttori che cosa tradurremo?!... Solo testi dal greco… Prima che aboliscano anche quello…


Foscolo
Andrò al Consiglio dei Giuniori oggi stesso… Contesterò, in nome di tutti i poeti, di tutti gli italiani, di tutti coloro che amano la cultura, la decisione che vogliono prendere… La sentiranno chiaramente la mia voce… Griderò, urlerò fino a quando avrò fiato in corpo e anche dopo.

Berretta
E tu credi che ti ascolteranno?... Sono, come giustamente hai detto, una massa di venduti ai francesi oltre al fatto che non gli interessa un bel niente della brutta fine che, forse, farà il latino… Piuttosto, stai attento a non farti arrestare o peggio ancora a beccarti una fucilata… Mi raccomando, Ugo… Non fare il matto come il tuo solito.

Foscolo si agita e gesticola ancora di più, alzando il tono della voce.

Foscolo
Credi che abbia paura, eh? Non mi fermo davanti a nulla quando sono in gioco i miei ideali, le ragioni del mio esistere, la mia stessa vita.

Beretta alza la destra, guardando Foscolo in volto, per poi abbassarla.

Beretta
Stai attento a non giocarti la vita, Ugo… I francesi, che tu lo voglia o no, sono i padroni dell’Italia, o almeno di questa parte dell’Italia, e non scherzano affatto.

Foscolo sorride ironicamente e spavaldamente, calmandosi e abbassando il tono della voce.

Foscolo
Stai tranquillo, amico mio!... Se andare al Consiglio dei Giuniori a protestare non servirà a nulla, allora scriverò una, dieci, cento lettere a quei signori e allo stesso Bonaparte… Li sommergerò talmente di carta che non potranno non leggermi…

Beretta
E secondo te il Bonaparte, che è diventato primo console di Francia, leggerà le tue lettere, eh?



Foscolo
E se anche le mie lettere non serviranno a niente farò una controproposta di legge ai signori del Consiglio dei Giuniori: gli farò capire che la loro proposta è totalmente sbagliata e che metterla in pratica significherebbe sradicare le nostre tradizioni linguistiche e con esse offendere e distruggere la grande poesia di Roma antica… L’Italia è sempre stata la madre delle Muse e deve continuare a esserlo… E poi tutti i conquistatori dell’Italia hanno sempre rispettato la sua lingua madre e non vedo proprio perché i francesi non debbano fare la stessa cosa.

Beretta
C’è qualcun altro che ha a cuore questo problema? Voglio dire qualcun altro che, come noi, si dedica alle lettere?

Foscolo riflette in silenzio per alcuni istanti.

Foscolo
Bisognerebbe informarli, ma penso che già lo sappiano... Certe notizie corrono come il vento… E… Sai che sto pensando, caro Arduino?!...

Beretta alza la destra un’altra volta, guardando Foscolo in volto, per poi abbassarla.

Beretta
Quando pensi e mi chiami caro mi preoccupi, Ugo… Sempre!... Anche quando scrivi cose sublimi.

Foscolo si agita nuovamente, gesticolando e alzando il tono della voce.

Foscolo
Stammi a sentire invece di dire stupidaggini… Sarebbe opportuno creare un fronte unico che unisca non solo i poeti, gli scrittori, i traduttori, insomma la gente come noi, ma anche i filosofi, i pittori, gli scultori, i musicisti, gli attori: insomma tutti gli italiani che fanno cultura e che intendono difendere il latino e con esso anche l’italiano…

Beretta
E adesso che c’entra l’italiano?... La proposta del Consiglio dei Giuniori riguarda la lingua latina… O te lo sei dimenticato?

Foscolo sorride ironicamente calmandosi e abbassando il tono della voce, fa un lungo respiro, poi guarda Beretta negli occhi.

Foscolo
Allora non hai capito?!... Eh?... Non hai capito dove vogliono arrivare i francesi?!

Beretta si stizzisce, facendosi cupo in volto.

Beretta
Che cosa non avrei capito?... Me lo dici, per favore?

Foscolo
Che dopo aver eliminato il latino faranno la stessa, identica cosa con l’italiano: ci toglieranno la nostra lingua, imponendo la loro, e poi tutto ciò che è italiano… Compresa questa fontana… D’altra parte ci hanno già imposto il loro stralunato calendario, i loro dipartimenti e la loro costituzione oltre al fatto che chi effettivamente esercita l’autorità suprema non è un italiano, ma il generale comandante delle truppe francesi a Milano… Che orrore!... Che orrore!... Il nostro divino toscano sostituito dal loro idioma!... Dobbiamo impedirglielo a tutti i costi... A tutti i costi!

Foscolo e Berretta si guardano negli occhini in silenzio per alcuni secondi.

Beretta
Io… Io… Non so che cosa pensare, Ugo… Soprattutto non so che cosa fare… Non lo so… Credimi… Non lo so… Comune, sappi, che sono con te.

Foscolo
Dobbiamo far sentire la nostra voce… In tutti i modi di cui ti ho detto: protestare al Consiglio dei Giuniori, scrivere lettere, avanzare una controproposta di legge, fare causa comune con tutti gli altri… Non devono vincere, Arduino… Non devono vincere.

Beretta
Adesso, Ugo, devo ritornare a casa… Ci vediamo domani mattina.

Foscolo saluta Beretta con un cenno, estrae dalla tasca interna della giacca una matita e dei fogli di carta su cui incomincia a scrivere alcuni versi declamandoli.
Te nudrice alle muse, ospite e Dea
le barbariche genti che ti han doma
nomavan tutte, e questo a noi pur fea
lieve la varia, antiqua, infame soma.

Ché se i tuoi vizi, e gli anni, e sorte rea
ti han morto il senno ed il valor di Roma,
in te viveva il gran dir che avvolgea
regali allori alla servil tua chioma.

Or ardi, Italia, al tuo Genio ancor queste
reliquie estreme di cotanto impero;
anzi il Toscano tuo parlar celeste

ognor più stempra nel sermon straniero,
onde, più che di tua divisa veste,
sia il vincitor di tua barbarie altero.



Quinta scena. Pur tu copia versavi alma di canto

Milano, primavera 1803. Foscolo risiede sempre nella città lombarda, dove continua a condurre la sua intensa vita letteraria e mondana, maturando però al tempo stesso una profonda crisi interiore provocata dall’amore tormentato e poi finito per la nobile Antonietta Fagnani-Arese, moglie del conte Marco Arese Lucini, e dalla consapevolezza che la sua patria è stata tradita. Una sera, nella sua modesta abitazione, il poeta parla della propria condizione a un visitatore occasionale.

Foscolo
Disperato… Sono disperato… E anche malato… Molto malato…

Qualcuno bussa alla porta.

Foscolo
Avanti!...

Entra un corriere.

Il corriere
Ho un plico di lettere per il signor Ugo Foscolo… Siete voi?

Foscolo allunga la destra.

Foscolo
Date qui…

Il corriere
Vi ho domandato se siete voi il signor Ugo Foscolo…

Foscolo fa un lungo respiro.

Foscolo
Sì… Sono io quello che voi chiamate signor Ugo Foscolo.

Il corriere porge il plico al poeta.

Foscolo
Quanta gente mi scrive!... Quanta!... Andate… Andate pure.

Il corriere sta per andarsene quando Foscolo si abbatte sul pavimento, lamentandosi. Subito il corriere lo soccorre.

Il corriere
Santo cielo!... Che avete, signore?... Che vi sta succedendo?... Corro subito a cercare un medico.

Foscolo
No!... Non c’è bisogno di nessun medico per me… Piuttosto aiutatemi a rialzarmi e… A sedermi su quel letto lì… Oh!... Oh!...

Il corriere aiuta Foscolo a rialzarsi, poi a sedersi sul letto.

Il corriere
Vado, comunque, a cercare un medico… Che lo vogliate o no…Voi non state affatto bene.

Foscolo sorride, allungando la destra per poi abbassarla.

Foscolo
Sto bene… Sto bene… Credetemi… E poi per la mia malattia non serve un medico…

Il corriere guarda Foscolo in volto perplesso.

Il corriere
E allora di che cosa avete bisogno?

Foscolo
Fermatevi, vi prego...

Il corriere
Questa consegna è stata l’ultima della giornata… Se avete piacere posso fermarmi, ma solo per poco tempo.

Foscolo indica al corriere una sedia su cui accomodarsi.

Foscolo
Sedetevi lì… E ascoltatemi.

Il corriere si siede in silenzio.
Foscolo
Avevo un’amante…

Il corriere
Bella?

Foscolo sorride.

Foscolo
Un’amante non può che essere bella, ne convenite?!

Il corriere
Già!... È vero quello che dite.

Foscolo
Come vi stavo dicendo, avevo un’amante… Avere un’amante è una cosa bellissima, ma anche terribile… La conobbi qui a Milano e confesso che per la prima volta fui costretto a soccombere al fascino di una donna… Non so quante lettere le scrissi. In una vergai queste precise parole:

Nessuna donna può vantarsi di essere stata tanto amata da me. Ho amato, è vero, ma non sapevo di poter amare tanto.

E in un’altra:

Preparami mille baci che verrò questa sera a succhiarteli dalla tua bocca celeste.

Una donna anche colta, capace di parlare il francese, l’inglese e il tedesco e appassionata, come me, di poesia e di teatro… Per un lungo tempo fu costretta a letto ammalata e una volta guarita le dedicai dei versi: un inno alla bellezza serenatrice, sempre minacciata e sempre risorgente, consolatrice della vita umana e delle sue miserie; un inno all’amore, l’amore vero, puro, non le torbide seduzioni dei sensi; un inno alla poesia, che ha il potere di rendere eterni i più alti valori umani e la bellezza, liberandola dalla caducità del vivere… Poi su di noi la luce incominciò a spegnersi… Scoprii che quella donna, bella tra le belle, ricca di spirito, di ingegno, di cultura, buona, generosa e affabile, faceva dell’amore un passatempo torbido, insaziabile, folle con cui divertirsi con gli uomini ridotti a galli per amare, ingelosirsi e azzuffarsi… La colsi in un atteggiamento inequivocabile con uno dei suoi amanti, le urlai in faccia, la presi a scudisciate e fu la fine.

Il corriere
E adesso questa donna che…

Foscolo
Aspettate… Non ho ancora finito… Avevo un idolo… Anche avere un idolo, al pari di un’amante, è una cosa bellissima e insieme terribile… Era un generale còrso al servizio della Francia sorta dalla rivoluzione… Un giovane militare che avrebbe dovuto cambiare il mondo intero e rinnovare gli uomini liberandoli da tutte le antiche forme di schiavitù, dalle disuguaglianze dovute alla nascita e renderli tutti fratelli… Non rinnovò nulla… Anzi… Alle antiche forme di asservimento ne impose delle nuove, sostituì le disuguaglianze legate alla culla con nuovi privilegi, rese tutti gli uomini non figli di Abele, ma di Caino… Al suo apparire lo salutai con dei versi, addirittura lo esaltai, e nello stesso tempo invitai tutti gli italiani, convinto che avessero trovato in lui la guida giusta, a riconquistare le loro antiche virtù per evitare la sorte amara e deprimente in cui siamo precipitati cioè la decadenza e il servaggio… E poi il tradimento finale: vendette allo straniero la mia Venezia e divenne il padrone della mia Zacinto… Con due tratti di penna uccise le mie due patrie, quella adottiva e quella vera, facendo anche orribile scempio delle speranze dei veneziani e di tutti gli italiani… Ricordo… Ricordo che un giorno lo coprii di improperi violentissimi quel generale criminale, giurando addirittura di toglierli la vita.

Foscolo e il corriere si guardano negli occhi in silenzio per alcuni lunghi attimi.

Foscolo
Disperato… Sono disperato… E malato… Molto malato… Ma non ho bisogno di un medico come dicevo poc’anzi… La mia medicina si chiama Musa.

Il corriere lancia uno sguardo incredulo a Foscolo.

Il corriere
Come avete detto che si chiama?

Foscolo si illumina negli occhi.

Foscolo
Musa!… Ma possiamo chiamarla semplicemente poesia… Da essa ho sempre tratto conforto per le mie pene, ma in questo momento sento che mi ha abbandonato… I pochi versi che sono capace a scrivere non riescono a lenire il dolore, compagno ormai ineluttabile della mia vita, che prova il mio cuore deluso per un amore tormentato, finito, e per la mia patria tradita… Eppure… Eppure la poesia, in un tempo che adesso mi sembra tanto lontano rispetto all’aridità del presente, mi ha sempre consolato e in essa ho sempre trovato la forza per vincere ogni sofferenza e continuare a condurre la mia tormentata esistenza… Ora, invece, sono solo… Solo!... La poesia se ne è andata via… Se ne è andata via con la mia giovinezza mentre io vado verso un avvenire pieno di tristezza e di dolore, avvicinandomi poco alla volta alla morte e al nulla eterno, tra tanti ricordi pensosi e malinconici di un tempo perduto per sempre… Oh Euterpe, figlia di Zeus, musa della poesia lirica, vieni presto in mio soccorso!... Deliziami, come dice il tuo stesso nome, della tua presenza in questi tempi così bui e così brulli!... Rinvigorisci la mia poesia che è fonte di vita per me… Forse non ho mai avuto bisogno del tuo conforto e del tuo aiuto divino come adesso!... Ti aspetto, o musa Euterpe!... So che verrai da questo tuo figlio sconsolato perché sai che lui ti ama.

Il corriere si alza dalla sedia.

Il corriere
Io… Io… Vi auguro che la vostra musa vi aiuti a stare meglio, signor Foscolo… Buona sera.

Il corriere esce dall’abitazione di Foscolo, il quale si alza dal letto e incomincia a declamare alcuni versi.

Pur tu copia versavi alma di canto
su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
la stagion prima, e dietro erale intanto

questa, che meco per la via del pianto
scende di Lete ver la muta riva:
non udito or t’invoco; ohimè! Soltanto
una favilla del tuo spirto è viva.

E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
o Dea! tu pur mi lasci alle pensose
membranze, e del futuro al timor cieco.

Però mi accorgo, e mel ridice amore,
che mal ponno sfogar rade, operose
rime il dolor che deve albergar meco.



Sesta scena. Né più mai toccherò le sacre sponde

Estate 1803. Foscolo ha temporaneamente lasciato Milano per recarsi in una cittadina affacciata sul mare. Qui, una mattina, alla presenza di un pescatore conosciuto casualmente, rievoca Zacinto, la piccola isola del Mar Ionio dove egli nacque e alla quale fu legato da un fortissimo vincolo affettivo per tutta la vita.

Foscolo
La mia Zacinto!... Cara, bella e dolce Zacinto!

Il pescatore
Che state dicendo?

Foscolo
Ho detto: cara, bella e dolce Zacinto… L’isola dove sono nato.

Il pescatore si guarda attorno.

Il pescatore
Io non vedo nulla, signore.

Foscolo indica l’orizzonte.

Foscolo
Ma come non la vedete?!... Eccola lì… Cara, bella e dolce più che mai!

Il pescatore lancia uno sguardo sospettoso al poeta.

Il pescatore
Io continuo a non vedere niente e… Scusate la domanda, signore: non vi sentite bene?... Avete forse le allucinazioni?

Foscolo sorride.

Foscolo
Tranquillizzatevi!... Sto benissimo e non sono pazzo come pensate… Il fatto è che io, talvolta o forse dovrei dire spesso, vedo con il cuore e non con gli occhi… Anzi vi devo confessare che vedo sempre e soltanto con il cuore.


Il pescatore
Voi avete studiato mentre io so appena leggere, scrivere e contare… Mi volete però spiegare che cosa significa quello che avete appena detto?

Foscolo sorride un’altra volta.

Foscolo
Significa che vedo con il sentimento, non con gli strumenti meccanici del corpo e con l’arida ragione… D’altra parte io sono un poeta e i poeti, si sa, vedono e sentono cose che non esistono… O che magari esistono, ma che gli altri uomini non vedono e non sentono… E i poeti le vedono e le sentono non con gli occhi e gli orecchi, ma con il cuore… Esattamente come dicevo prima.

Il pescatore volge lo sguardo verso la sua piccola barca a vela ferma sulla spiaggia.

Il pescatore
Anche questa mattina volete che vi porti a fare un giro al largo come ieri?

Foscolo estrae dal taschino del panciotto il suo orologio.

Foscolo
Sono appena le sei... È un’ottima idea… Ora… Ora però lasciatemi contemplare, anche se per pochissimo tempo, la mia cara, bella e dolce Zacinto… Vi prego…

Il pescatore
Oh certo… Fate pure!… Fate pure, signore.

Il pescatore si scosta da Foscolo e inizia a controllare la sua barca a vela mentre il poeta ripone l’orologio nel taschino del panciotto e prende a scrutare l’orizzonte, parlando ad alta voce e gesticolando.

Foscolo
Chiara e selvosa Zacinto!… La mia terra natia, così lontana e così serena!... La vita e le sue tempeste, la guerra, l’amore, la poesia, l’esilio, la morte… Oh cara, bella e dolce Zacinto!... La mia patria reale, ma anche e soprattutto la mia patria ideale, dove regnano la bellezza e l’armonia che non esistono più in nessuna parte del mondo!... È incredibile con quanta nostalgia mi protenda verso questa piccola isola dove vive ancora la Grecia antica con i suoi miti nei quali vedo riflessi la mia vocazione e il mio destino… Venere, la bellezza e l’armonia del mondo… Omero, la poesia che rende immortale l’eroismo e i valori più alti dell’uomo… Ulisse… Oh, Ulisse!... In te vedo me stesso, esule magnanimo avversato dagli uomini e perseguitato dalla cattiva sorte per la sua nobiltà di spirito eppure fiero della sua condizione nella quale trova il riscatto dal dolore e dal nulla eterno… Cara, bella e dolce Zacinto, io ti sogno e ti invoco, ma al tempo stesso ho il presentimento che non riposerò per sempre in te, bensì in terra straniera.

Il pescatore si avvicina a Foscolo.

Il pescatore
Signore, la barca a vela è pronta… Se lo desidera possiamo salpare… Il vento è favorevole, l’ideale per navigare senza allontanarsi troppo dalla riva.

Foscolo e il pescatore salgono sulla barca a vela che prende il largo.

Il pescatore
Avete contemplato la vostra isola, signore?

Foscolo guarda serio il pescatore negli occhi.

Foscolo
Mi state prendendo in giro, per caso?

Il pescatore
No, signore!... Solo che mentre stavo preparando la barca a vela vi ho visto… Eravate come… Come…

Foscolo si rasserena in volto.

Foscolo
Come in estasi, volete dire, non è vero?… Rapito dai miei pensieri… Anzi dal mio cuore.

Il pescatore
Sì… È proprio così, signore… Adesso vi capisco: siete proprio un poeta, voi…

Foscolo fa un lungo respiro.
Foscolo
Allora lasciate che il poeta canti la sua tragedia, come facevano gli antichi greci…

Il pescatore
Cantate… Cantate pure, signore… Voi sicuramente sapete come farlo.

Foscolo fa un altro lungo respiro poi riprende a scrutare l’orizzonte, parlando ad alta voce e gesticolando.

Foscolo
Cara, bella e dolce Zacinto!... Non toccherò mai più le tue rive sacre bagnate da quello splendido mare da cui nacque Venere, dea della bellezza, della natura fecondatrice e dell’armonia del mondo, e consacrate dalla poesia che per me è l’ideale supremo e ragione di vita!… Mia amatissima patria, dove ho vissuto serenamente la mia infanzia così diversa dalla vita travagliata di adesso, non potrò mai più toccare i tuoi sassi, sfiorare i tuoi fiori, respirare la tua aria, scaldarmi al tuo sole e bagnarmi nelle tue acque!… Il mio destino è l’esilio… L’esilio in una terra lontana, che non mi appartiene, che non conosco e dove invano andrò a cercare quello che non troverò mai… Io non smetterò di amarti, mia cara, dolce e bella Zacinto, ad amarti fino all’ultimo giorno della mia vita: e il mio amore per te sarà così forte e così grande che la mia stessa condizione, tristissima e miserabile, di esiliato diventerà per me sacrificio magnanimo e motivo di vanto, di gloria e anche di gioia… La mia mente va a Omero, che ha cantato l’ardore, lo spirito e la forza dell’uomo, e a Ulisse, il suo figlio più noto, anche lui come me costretto dal destino a tante peregrinazioni e a vivere lontano dalla patria dove alla fine è riuscito a ritornare, grande per il coraggio e la dignità con cui ha saputo sopportare tutte le ingiurie della sventura… Già!... La sventura!... La sventura più grande, in fondo, è la mia stessa vita che limita e infrange quell’anelito all’assoluto, all’infinito che sento dentro di me… Il mio esilio sarà eterno… A te, cara, dolce e bella Zacinto, resteranno soltanto questi miei pensieri e queste mie parole… Io sarò sepolto in terra straniera, lontano da te, in un sepolcro che non sarà mai bagnato dalle lacrime di chi mi ha amato.

Foscolo socchiude gli occhi per alcuni istanti poi li riapre lentamente.

Il pescatore
Signore… Signore…
Foscolo si volta verso il pescatore.

Foscolo
Ditemi…

Il pescatore
Anch’io ho visto la vostra isola.

Foscolo sorride.

Foscolo
Veramente?... L’avete vista anche voi?!

Il pescatore
Sì… L’ho vista… L’ho vista!… E come avete detto che si chiama?

Foscolo
Zacinto!… Si chiama Zacinto… Solo che voi non avete visto Zacinto, che non conoscete neppure…

Il pescatore
E allora che isola avrei visto?

Foscolo
Voi avete visto l’isola che è dentro il vostro cuore.

Il pescatore si commuove e tace.

Foscolo
Ora non disturbatemi più… Devo cantare… Cantare la mia tragedia come facevano gli antichi greci.

Foscolo inizia a declamare alcuni versi.

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e féa quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra, a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.




Settima scena. Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

Milano, autunno 1803. Foscolo è ritornato nella città lombarda dove ha ripreso a condurre la sua intensa vita letteraria e mondana. In una cupa sera, nella sua modesta abitazione, all’improvviso gli compare lo spettro del fratello Gian Dionigi detto Giovanni, suicidatosi ventenne a Venezia due anni prima con un colpo di pugnale a causa di un debito di gioco.

Lo spettro
Ugo!...

Foscolo ha un sussulto.

Foscolo
Tu?!...

Lo spettro
Sì, fratello mio!... Sono proprio io!... Giovanni!

Foscolo
Com’è possibile?

Lo spettro
È stato il tuo amor fraterno che mi ha fatto ritornare... Il grande, immenso, infinito affetto che tu hai sempre avuto per me.

Foscolo fa un lungo respiro poi assume un atteggiamento sospettoso e impaurito.

Foscolo
Che cosa vuoi?

Lo spettro
Hai forse paura?... Paura che io sia tornato nel mondo dei vivi per venirti a prendere e portarti via con me?

Foscolo sorride ironicamente poi diventa serio in volto.

Foscolo
Paura!... Paura... Sì!... Ho paura!… Paura di commettere, un giorno, la tua medesima, orrenda azione dal momento che sono sempre stato ossessionato dal fantasma del suicidio.
Lo spettro
Non ti chiederò tanto, Ugo… L’amore, l’affetto che nutro per te mi impedisce totalmente di desiderare che tu faccia una cosa del genere… So che la mia morte ti ha colpito in modo profondo, aggravando ulteriormente le tue già numerose ferite.

Foscolo guarda lo spettro negli occhi.

Foscolo
Allora sai quanto ho sofferto…

Lo spettro
Certo che lo so… Ma tu sappi, comunque, che la morte, e solo la morte, ha potuto porre fine alla grande battaglia che albergava nel mio cuore infuocato tra le mie virtù, sicuramente grandi, e i miei vizi, altrettanto grandi.

Foscolo tace per alcuni secondi, riflettendo.

Foscolo
Le tue grandi virtù e i tuoi grandi vizi, eh?!

Lo spettro
Non dirmi che tu sei diverso da me, fratello!…

Foscolo si agita, gesticolando.

Foscolo
So che cosa vuol dire essere ricco di vizi e di virtù… So che cosa significa desiderare l’assoluto, l’infinito, sublimarsi con la poesia che eterna la bellezza e le cose più nobili del mondo, amare anche oltre l’amore e nello stesso tempo cadere nei più foschi meandri dell’umana esistenza, provare l’ebbrezza del baratro, vivere nel disordine e anche nella miseria, ma non ho mai voluto porre fine alla mia vita benché, come ti ho detto prima, sia sempre stato tormentato dall’idea del suicidio… Se non altro per l’amore che ho sempre avuto per te, per nostra madre, per nostra sorella Rubina e per l’altro nostro fratello Giulio… Oltre che per il grande amore che nutro per la gloria poetica.



Lo spettro
Mi stai facendo la morale, fratello Ugo?... Avresti dovuto farmela prima che io commettessi l’atto finale della mia vita, non ti pare?... Ora non saresti qui a parlare con un morto.

Foscolo si adira, gesticolando ancora di più.

Foscolo
E invece te la faccio, la morale, caro fratello Giovanni!... Ma non tanto per me, quanto piuttosto per nostra madre, per Rubina e per Giulio… Soprattutto per nostra madre: la signora Diamantina Sphatis. Te la ricordi?

Lo spettro sorride ironicamente e amaramente insieme.

Lo spettro
E tu, caro fratello Ugo?... Dimmi un po’: da quanto tempo non la vedi, eh?

Foscolo si calma, additando lo spettro.

Foscolo
Non cambiare discorso, fratello!... È di te che stiamo parlando!

Lo spettro alza la destra per poi abbassarla.

Lo spettro
È vero… È di me che stiamo parlando!... Vai pure avanti con il tuo discorso, Ugo.

Foscolo
Io… Io in fondo ti capisco o, perlomeno, voglio capirti… So che cosa significa vivere con un cuore dove i vizi e le virtù sono in perenne lotta tra di loro, ma non comprendo, né tanto meno posso e riesco a giustificare la tua azione… Lo ripeto: non tanto per il dolore, comunque grande che hai arrecato a me, ma per quello causato a nostra madre.

Lo spettro sorride ironicamente e amaramente un’altra volta.



Lo spettro
Nostra madre!... Ti faccio di nuovo la domanda di prima: da quanto tempo non la vedi?

Foscolo abbassa lo sguardo, tacendo per alcuni lunghi attimi.

Lo spettro
Non lo sai, vero?... O meglio non te lo ricordi più…

Foscolo alza lo sguardo fiero.

Foscolo
Posso andare da lei quando voglio… Dal momento che sono vivo.

Lo spettro assume un contegno freddo e triste.

Lo spettro
Sono spirato tra le sue braccia… Questo lo sai, Ugo?

Foscolo lancia uno sguardo adirato allo spettro.

Foscolo
Me lo hanno detto…

Lo spettro
Vedi, fratello, nostra madre, almeno nell’ultimo attimo della mia vita, mi ha avuto vicino a lei... Come la Pietà di Michelangelo, donna incorrotta che sorregge il corpo di un Cristo sfinito per una vita eroica e insieme putrefatta… Ma tu… Tu…

Foscolo guarda ancora più adirato lo spettro.

Foscolo
Tu che cosa?

Lo spettro
Tu, esule senza pace!

Foscolo abbassa di nuovo lo sguardo, tacendo un’altra volta.


Lo spettro
Credo proprio che nostra madre non ti avrà vicino nell’ultimo istante della tua vita…

Foscolo fa un lungo respiro, rasserenandosi e guardando lo spettro in volto.

Foscolo
Non ci siamo fatti abbastanza male questa sera, fratello?... Forse è ora di deporre le armi…

Anche lo spettro si rasserena.

Lo spettro
Non sarà facile per due come noi deporre le armi.

Foscolo
Ce la possiamo fare… Per il grande amor fraterno che ci lega… Prima tu hai detto che è stato proprio questo amore che ti ha fatto ritornare nel mondo dei vivi...

Lo spettro
E tu hai aggiunto che è stato l’affetto che nutri per me e per nostra madre che ti ha impedito di porre fine alla tua vita…

Foscolo e lo spettro si guardano negli occhi in silenzio per alcuni lunghi istanti.

Lo spettro
E c’è un’altra cosa che possiamo fare entrambi: ricomporre la nostra famiglia distrutta…

Foscolo
Che intendi dire?

Lo spettro
Riunirci a nostra madre, che ci vuole infinitamente bene nonostante il male che le abbiamo arrecato, io con il mio gesto, tu con la tua lontananza... Addio, caro Ugo!...  Addio, fratello!

Lo spettro scompare all’improvviso come era apparso.


Foscolo
Riunirci a nostra madre… Hai detto bene, fratello, ma come sarà possibile ciò?... Tu sei morto e io sono esule… Un giorno, forse… Un giorno, forse, se non vagherò più per terre e per mari e se avrò trovato finalmente dentro di me la quïete, mi vedrai seduto sulla tua tomba, fratello mio, a piangere la tua giovane vita spezzata nel fiore degli anni… Nostra madre, come un’eroina dell’antica Grecia colma di amore di dolore, di certo su questa tomba avrà già parlato con te, defunto, di me, ma le sue parole sicuramente non avranno avuto risposta e si saranno perse nel silenzio squallido di questa stessa tomba… Mi consola però il fatto che l’affetto che nutre per te le sarà stato di grande conforto… Io tenderò vanamente le mie mani verso di te, fratello mio, in una preghiera triste e delusa, verso nostra madre e verso questo sepolcro, che è nodo di affetti familiari e simbolo del sopravvivere di chi non è più con noi nel ricordo dei vivi e nella storia… Che dolore immenso!... E se da lontano un giorno penserò alla mia casa, alla mia vita travagliata e ai tormenti che come delle tempeste hanno distrutto la tua giovane vita, allora invocherò anch’io il riposo nella quïete della morte e chiederò alle genti delle terre straniere in cui di certo finirò i miei giorni di restituire le mie ossa alla nostra cara mamma.

Foscolo si siede a una piccola scrivania e inizia a scrivere alcuni versi, declamandoli.

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentili anni caduto.

La madre or sol, suo di tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto:
ma io deluse a voi le palme tendo;
e sol da lunge i miei tetti saluto,

sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch’io nel tuo porto quïete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen l’ossa mia rendete
allora al petto della madre mesta.

Ottava scena. Forse perché della fatal quïete

Campagna nei dintorni di Milano, inverno 1803. Foscolo sta percorrendo un piccolo sentiero costeggiato, su entrambi i lati, da distese pianeggianti brulle e silenziose, punteggiate qua e là da alberi scheletrici mentre calano le prime ombre della sera. All’improvviso gli compare davanti una figura misteriosa, interamente vestita di nero, il volto di un pallore straordinario. È La Morte.

La Morte
Fermati, Ugo!... Fermati!

Foscolo ha un sussulto.

Foscolo
Chi sei?

La Morte
Non mi riconosci?

Foscolo scruta dalla testa ai piedi la figura misteriosa.

Foscolo
Siamo arrivati al momento finale, eh?

La Morte
Questo dipende da me… E un poco anche da te…

Foscolo
Da quanto tempo è che mi stai appresso?

La Morte
Da quando sei venuto al mondo… Se ci pensi bene è così per tutti… Io inizio subito dopo la nascita di ogni uomo e di ogni donna, di ogni animale e di ogni vegetale e vado avanti, lentamente o celermente, a seconda dei casi.

Foscolo si rasserena in volto, facendosi coraggio.

Foscolo
Che cosa vuoi?... Oh che domanda idiota!

La Morte
Non è una domanda idiota, come credi tu… Io voglio aiutarti.

Foscolo sorride ironicamente.

Foscolo
Ma davvero?!... Vuoi aiutarmi?!... E come?

La Morte
Voglio aiutarti a trovare la pace che tanto agogni, che tanto desideri, ma non, come pensi tu, con la fine banale, stupida e anche volgare della tua vita fisica, fine che neppure meriti essendo un grande poeta.

Foscolo ride spavaldamente.

Foscolo
Un grande poeta!... Un grande poeta!

La Morte
Guardati attorno… Che cosa vedi?... Solo distese pianeggianti brulle e silenziose con qualche albero morto qua e là… Qui ci sono soltanto io… E tu… Ogni altra forma di vita attorno a noi si è spenta nell’immobile silenzio della sera… Un silenzio che ti suggerisce spontaneamente il senso della fine, il quale ti appare come una promessa suprema di pace… Quella pace, come dicevo prima, che tanto agogni, che tanto desideri.

Foscolo si guarda attorno, come estasiato.

Foscolo
È vero… E avverto che quel tumulto grande, immenso che ha sempre dominato la mia vita si sta smorzando nello sconfinato sopore dell’universo… Un universo dove proietto tutto me stesso, ma che nello stesso tempo trova posto dentro me.

La Morte
La tua vita è stata intensa, sofferta, bellissima e travagliata. È giusto che tu ora trovi la pace che, in fondo, meriti.

Foscolo
Avversi numi e fatal quïete… Ecco la mia vita… E anche la mia poesia… È tutto racchiuso in queste poche parole.
La Morte allarga le braccia per poi abbassarle.

La Morte
La tua vita… La tua vita, Ugo… Te la ricordi?... Quella grande rivoluzione scoppiata in Francia, dalla quale sarebbero dovuti nascere un mondo nuovo e una umanità nuova e dalla quale, invece, sono scaturiti soltanto violenza e morte… Quel giovane condottiero Napoleone Bonaparte, che avrebbe dovuto diffondere nel mondo la libertà, l’uguaglianza e la fraternità e che invece ha portato con sé solo un nuovo dispotismo, ha venduto la tua Venezia e si è impadronito di Zacinto… Quella Isabella Roncioni, che tu hai amato come tu solo sai amare e che hai immaginato nella tua poesia come una creatura divina dal portamento aristocratico e calmo, d’una bellezza splendente e serenatrice capace di esalare attorno a sé il profumo dell’ambrosia come una dea dell’antica Grecia; quell’Antonietta Fagnani-Arese, alla quale hai dedicato versi sublimi, un vero e proprio inno alla bellezza serenatrice che consola l’uomo, all’amore puro, incontaminato, alla poesia che rende eterne le cose più nobili del mondo anche se poi ella ti ha tradito… La tua Zacinto, la tua patria reale e ideale al tempo stesso, regno dell’armonia e della bellezza che non ci sono più nel mondo e terra dove vive ancora la Grecia antica con tutti i suoi miti nei quali si riverberano la tua vocazione e il tuo destino… Tuo fratello Giovanni, che ha scelto la mia strada per porre fine alla lotta che albergava dentro il suo cuore tra tanti vizi e tante virtù e al cui sepolcro tu, di certo, tenderai un giorno le mani, pregando tristemente e vanamente, come le tenderai verso la donna che vi ha generato entrambi e verso quello stesso sepolcro attorno al quale vi ritroverete tutti e tre.

Foscolo socchiude gli occhi per alcuni secondi poi li riapre, sorridendo.

Foscolo
La mia vita… Sì!... La mia vita… E la mia poesia… Che sono una sola cosa… Mi sono sempre posto tre domande… Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?... Conosciamo soltanto attraverso la ragione e i sensi e siamo totalmente immersi in un ciclo perenne di nascita, morte e trasformazione della materia, l’unica realtà che riusciamo ad afferrare… La nostra esistenza è solamente un continuo errare senza scopo, un vano protendersi verso una vita piena e una felicità autentica che però sono irraggiungibili… È una dura fatica il nostro esistere, che termina nella morte e nel nulla eterno… Eppure… Eppure io ho sempre sentito e sento tuttora dentro di me l’ansia e il vivo desiderio di superare questo nostro destino effimero e mortale, come del resto ho sempre sentito e sento tuttora dentro di me assai vivi alcuni valori come la bellezza, la libertà, la giustizia e la patria, i quali danno un significato alla nostra esistenza e la sottraggono al meccanismo cieco della natura… Sì, lo so... Lo so che per la ragione fredda e calcolatrice essi sono solo illusioni, ma so anche che per il cuore essi sono vita e fuoco... E la poesia, che per me è elevazione suprema dell’animo umano, diventa la voce di queste illusioni, la loro scoperta, la loro rivelazione… La poesia è l’espressione massima dell’umanità e della civiltà, è la forza capace di far vivere questi valori nel mondo, di sottrarli al nulla eterno e di rendere immortali i poeti che li hanno cantati… Io al mondo della natura oppongo il mondo creato dall’uomo, la sua storia, i valori del suo spirito e in tutto ciò trovo le risposte alle mie domande e l’unica, possibile immortalità.

La Morte alza la destra.

La Morte
Trova la tua pace, Ugo… Trovala in questa sera.

La Morte scompare all’improvviso come era apparsa.

Foscolo
Cara e dolce sera, che sei l’immagine della fatal quïete, vieni pure da me! Quante volte, contemplando le tue nuvole e sentendo sulla pelle il vento dell’estate, ho dimenticato i miei affanni e quante volte, camminando in mezzo alla neve e nel buio, ho provato l’angoscia del mistero e del nulla eterno!... Cara e dolce sera! Tu che hai il potere di pervadere le vie più riposte del mio cuore e di infondermi un senso di pace soave sappi che mi sto incamminando verso il nulla eterno, ma sappi anche che dentro di me c’è qualcosa di assoluto, di infinito che non può morire… Cara e dolce sera! Il tempo della mia vita sta finendo e con esso tutti i tormenti che l’hanno accompagnata… Cara e dolce sera, che sei l’immagine della fatal quïete, vieni pure da me! In te ogni mio affanno si assopisce mentre dentro di me, finalmente, dorme quello spirito indomito che è sempre stato il padrone della mia vita.

Foscolo riprende a percorrere il sentiero, declamando alcuni versi.

Forse perché della fatal quïete
tu sei l’immago, a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zefiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all’universo meni,
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor söavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensieri su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.