LA BALENA E’ UN SOGNO

Atto Unico di

Angela Villa


A Rosa, Anna Rachele e Anna Pina di una terra avvelenata
Raccolgono dati, scrivono ma soprattutto, dubitano.


Personaggi

Maria    
Maddalena


Sud, qualsiasi luogo, qualunque stagione, durante una contaminazione.
Maria e Maddalena sopravvissute raccontano... Intorno oggetti di ogni tipo .                             


Maria:
Ecco qua questo è l’ultimo. E’ morto l’altro ieri. Il numero cresce. Intere famiglie sterminate dal cancro. Morti premature e malattie rare. Leucemie fulminanti. Casi di meloblastoma, sarcoma, tumore alla pelle ed al colon. Mo’ voglio vedere come fanno a dire che non c’è corrispondenza, che non si può dimostrare. E invece c’è corrispondenza. Lo devono sapere tutti, tutti quanti e pure loro lo devono sapere, pure loro. Io ricordo perfettamente. Come ci guardavano… cosa ci rispondevano quando andavamo là sopra a denunciare i fatti a cercare risposte. TUTTO, tutto perfettamente, come se fosse ieri, e mi ricordo pure che ci prendevano in giro e ci trattavano come delle cretine. (ricorda)
-Voi vi siete fissate con questa storia, siete fissate tutte quante. Andate, andate a casa. Oggi così si muore, mettetevelo bene in testa, è lo sviluppo, la civiltà, il progresso, Oggi così si muore.
-Oggi così si muore?
-Eh, così si muore. Ieri si moriva per la guerra e oggi si muore per le schifezze che ci mangiamo.
-E si muore  pure per le radiazioni che escono dai rifiuti tossici delle discariche?
- Ma che dite, queste sono vostre fantasie. Oggi così si muore.
-E’ vero, oggi così si muore.
-(Grida) E si muore pure se una se sfasteria e ve sona ‘na cosa ‘ncapa, per esempio…
Così dicevano ma eravamo solo all’inizio, adesso siamo rimaste solo noi, noi e i bambini, ma chi li ha visti più …
(Va verso la bocca della balena, grida rivolta a qualcuno fuori)
I bambini, i bambini, dove sono? Che gli state facendo ai bambini? Che cosa state facendo in quella casa? Li abbiamo visti uscire un giorno, andavano a scuola, avete capito? A SCUOLA, A SCUOLA! (Torna a sedere, a bassa voce con dolore) e non li abbiamo più visti tornare…Perché li avete chiusi là dentro? Perché non ci fate entrare, perché avete messo tutto sto’ filo spinato, perché? Perché?
Ci hanno detto un sacco di parole difficili, che non abbiamo capito.
-Vi dovete fidare, la situazione è sotto controllo.
-Sotto controllo? Io mo’ scasso tutte cose, tutte cose scasso, ma tanto a che serve, ormai non mi sente più nessuno… (torna a sedere avvilita, scrive)
Ci hanno detto un sacco di parole difficili e ce ne siamo tornate a casa. A cucinare, con l’acqua contaminata… Ma sto parlando già di molto tempo fa, e chi cucina più mo’. Tutti, tutti quanti, si sono scordati di noi…Siamo rimaste noi, il filo spinato e quella grande casa, dove hanno chiuso i bambini. Non ci fanno entrare, nessuno può entrare, sono stati contaminati ci hanno detto. Da chi? Da cosa? Quando ce li restituite i nostri figli, i figli nostri…(va di nuovo verso la bocca, grida) QUANDO CE LI RESTITUITE I NOSTRI FIGLI? QUANDO? SONO VIVI? RISPONDETEMI: VOGLIO SAPERE SE SONO ANCORA VIVI. (silenzio torna a sedere) Non si sa…Non sanno manco loro che devono fare. L’unica cosa certa è che qua arrivava schifezza di ogni tipo, da ogni parte, roba vicina e lontana eh, pure dal Nord pure da là. Sta scritto qua. (indica il quaderno)  Tutto documentato. L’ho rubato io stessa questo documento, una lunga lista, dei materiali che venivano, diciamo così, parcheggiati, nella discarica:16 tonnellate di scarti di collante acrilico; 21 tonnellate di fanghi d’impianti di depurazione; 22 tonnellate di morchie di verniciatura, resine e fanghi; 25 tonnellate di rifiuti speciali cosmetici scaduti; 50 tonnellate di morchie di verniciatura; 79 tonnellate di rifiuti speciali industriali; 113 tonnellate di polveri di amianto bricchettate; 552 tonnellate di fanghi di verniciatura; 1.106 tonnellate di scorie e ceneri di alluminio. Ecco qua, ho fatto la somma: totale 1984 tonnellate. Grandi numeri e grandi malattie. Mica semplici raffreddori.
Poi si sono svegliati, ma quando era troppo tardi. Affianco alla discarica ufficiale, c’era un’altra discarica, abusiva, dove veniva continuamente scaricato altro. Molti sapevano, ma facevano finta di niente…rifiuti radioattivi… (Prende un foglio e legge)
“Rilevato uno stato di contaminazione diffuso delle acque sotterranee. Elevate concentrazioni di solfati, ferro, manganese, arsenico, cromo totale, nichel, alluminio, piombo benzene, p-xilene, cloruro di vinile, 1,4 diclorobenzene, tetracloroetilene. Presenza in percentuale pericolosa di rifiuti radioattivi”.
(Si alza. Prende un megafono accanto al tavolino Grida)
- Abbandonate la zona. Abbandonate la zona.
(Posa il megafono, Torna a sedere)
I militari andavano in giro con certe maschere che mi sembrava di stare dentro un film di fantascienza. Ma noi in poco tempo eravamo diventate noi stesse fantascienza e nessuno se n’era accorto.
- Abbandonate la zona.
Ma che vuoi abbandonare, mi fanno ridere…la maggior parte è già andata via per un’altra strada e così siamo rimaste solo noi.
(…)
Siamo ignoranti, ma no cretine, i conti li sappiamo fare, le cose le abbiamo capite lo stesso anche se nessuno, per tanto tempo, ha detto la verità. Poi ce l’hanno detta, ma era troppo tardi. Ma anche noi abbiamo sbagliato assai, ce ne stavamo ognuno per i fatti propri, tiravamo a campare, ognuno nel proprio piccolo mondo senza capire che insieme potevamo dire qualcosa, soltanto insieme. Ma noi non ce l’abbiamo questa parola nel vocabolario la parola insieme per noi non esiste. Penza pe’ te. Ognuno pensava per sé e gli altri hanno pensato per noi. Vivevamo di rassegnazione: e che vuo’ fa’…accussi adda j…
e lassa fa’ a Dio…
Adesso qualcosa abbiamo capito, ma forse è tardi. Ho preparato pure una mappa. Tutti quelli che si sono ammalati abitavano più o meno vicino al lago della discarica. Rita, abitava al numero tredici, al quinto piano, cancro al colon; mio fratello Luigi, al sesto, leucemia; mia cognata si è ammalata subito dopo il marito; Rosaria, abitava al numero dieci, dall’altro lato della strada, non mi ricordo di cosa è morta, non  mi ricordo, devo chiedere, devo chiedere…
(Si alza, si affaccia alla bocca della balena chiama un’altra donna nascosta anche lei a causa delle contaminazioni)
Maddalena, Maddalè!
Maddalena: (Sta dormendo sdraiata  non appena sente la voce della compagna si sveglia, si alza.) Che c’è? Dimmi?
Maria: Di che è morta Rosaria?
Maddalena: Rosaria chi?
Maria: Come Rosaria chi? Rosaria, la nostra vicina, la mia compagna di scuola, te la ricordi o no?
Maddalena: Ah Rosaria…
Maria: Eh, Rosaria…
Maddalena: E’ morta di leucemia.
Maria: (scandisce mentre scrive) LEU – CE – MIA...
Maddalena: Fulminante.
Maria: Grazie.
Maddalena: E’ sempre per il quaderno?
Maria: Sì, per il quaderno…
Maddalena: Brava, registra, registra tutto… e allora metti pure mia cugina Teresa.
Maria: Teresa?
Maddalena: E’ morta stamattina. L’hanno portata via poco fa.
Maria: Stamattina…mi dispiace, non lo sapevo… (scrive) Rosaria, leucemia fulminante. Teresa, nella villetta a fianco…
Maria: Maddalena, Maddalè…
Maddalena: Sì?
Maria: Ma di che è morta Teresa?
Maddalena: D’infarto.
Maria: E che c’entra l’infarto?
Maddalena: E c’entra, perché quando ha saputo che la sorella è morta, le è venuto un infarto.
Maria: Ah, danno collaterale allora.
Maddalena: Colla che?
Maria: Collaterale. Sarebbe…come ti posso spiegare… qualcosa che sta nei dintorni, tua cugina è morta per un fatto che non c’entra direttamente, ma in qualche modo è collegato alla contaminazione. Per esempio: loro facevano gli affari e a noi c’inguaiavano.
Maddalena: Ah mo’ si, mo’ ho capito: danno collaterale.
Maria: Brava…E la sorella? Di che è morta la sorella?
Maddalena: Cancro al fegato.
Maria: E dove abitava?
Maddalena: Alla contrada venticinque, in fondo alla strada.
Maria: Ho capito e come si chiamava?
Maddalena: Carmela.
Maria: No, questa Carmela non la conoscevo.
Maddalena: Era un tipo riservato
Maria: Va bene la segno subito, grazie.
Maddalena: Prego, tu scrivi, scrivi sempre segna tutto. E racconta pure dell’amianto nei tetti e delle case tutte  ammucchiate…
Maria: E vero, qui le case sono tutte ammucchiate, la colpa, però, è pure nostra, tante sono abusive…Ma questo ormai non è più importante le case sono state tutte abbandonate. Voi state rinchiuse là e io qua, chi vive più nelle case?
Maddalena: Forse stai meglio tu là, almeno un po’ di luce la senti sulla faccia, tu stai fuori, all’aria aperta. Se vuoi, l’aria, la puoi annusare, il cielo, lo puoi sentire sui capelli, basta che metti la testa fuori dalla bocca. Tu sei immune alle contaminazioni.
Maria: Questo è vero però che ti devo dire…magari stessi là con voi...Magari fossi stata contaminata anche io…Io mi sento sola. A volte sento dei rumori che mi fanno paura, è come se tutto il cielo dovesse crollare all’improvviso e poi c’è il vento, è così forte che devo tapparmi le orecchie per non sentire i fischi...
Maddalena: Maria fatti coraggio. Tu sei la nostra guida, qua dentro parlano sempre di te, del tuo quaderno. Il quaderno del nostro ricordo quotidiano. Molte di noi stanno perdendo la memoria, non ricordano il loro nome e si sono dimenticate dei loro figli. E’ la malattia. E’ questo luogo contaminato che disperde le menti.  Io ogni giorno mi dico: tu sei Maddalena e in quella casa hai amato un brav’uomo, un uomo che non c’è più. Tu sei Maddalena, compagna di Maria.
Maria: Grazie, faccio quello che posso, sto cercando di raccontare quello che è accaduto. Quando tutto finirà, non dobbiamo dimenticare di guardarci indietro, non dobbiamo dimenticare com’è cominciato. Questa morte deve diventare vita. Ho scritto un cartello grandissimo e l’ho appeso alla pancia della balena, lo vuoi vedere?
Maddalena: Eh, fammelo vedere…
Maria: Aspetta…
Maddalena: E chi si muove
Maria: (Maria va a prendere il cartello lo mostra alla compagna)
Maddalena: Alza un po’ che non riesco a leggere…E’ PROIBITO DIMENTICARE!
Brava!
Maria: Io scrivo, scrivo, ogni giorno una frase, pure piccola, ogni ricordo è importante… però ci sono dei giorni in cui mi sento proprio sola.
Maddalena: E tu quando vuoi parlare chiamami, chiamami non ti preoccupare…grida però, perché non sempre si sente bene, sai…il vento… (torna a sdraiarsi)
Maria: Grazie, lo farò. Vado a finire di copiare la mappa ma è difficile, è difficile…ci sono troppi particolari da ricordare (torna a sedere nel ventre della balena, scrive).
Molte persone non sono state registrate. Non è stato attivato il registro dei tumori. C’è chi se n’è andato dai parenti nelle città del Nord per farsi curare e allora il numero si disperde, non si capisce niente…Non ci sono solo casi di tumore, ci sono anche gli aborti, per malformazione congenita, così hanno detto alla mia vicina: malformazione congenita. Piangeva tutto il giorno, pure lei se n’è andata, dalla sorella a Milano…e poi ci sono i bambini…
Eppure quando finalmente ho capito, non sono stata a guardare, mi sono data da fare. Ho parlato con tutti quelli con cui dovevo parlare, gli ho fatto vedere questo quaderno. Mi hanno preso per pazza, mi hanno fatto una bella risata in faccia, forse dovevo presentare una carta, una bella carta scritta al computer? Ma io preferisco la penna, mentre scrivi, hai il tempo di pensare bene, la penna è più lenta, dalla penna esce tutta quella scrittura che sembra un fiume.
(…)
Ci hanno trattato come delle cretine…(ricorda)
-Voi non capite! La realtà è complessa.
-No, siete voi che non capite, ma di che state parlando? Qui si muore, i bambini sono spariti e le madri sono rimaste sole. Questa è la realtà.
(…)
Non ci voleva un’arca di scienza a capire. L’acqua, quella del lago, scende nel terreno, entra sotto terra e poi, goccia a goccia, se ne va dove vuole. L’acqua così fa… Fra le foglie, in mezzo ai rami, sopra la terra, sotto la terra, dentro alle falde, nei rubinetti…
Qualcosa arrivava ogni giorno nei rubinetti delle nostre case e quello basta poco, pure una piccola particella, che ci vuole…Le cose, più sono piccole, più fanno grossi guai.
-Vi lamentate sempre…E allora che devono dire quelli di Pianura che gli hanno messo una balena nella discarica…No, non è una fiaba ...Una balena lunga forse sette metri e pesante otto tonnellate, si era arenata su uno scoglio di Ischia, non sapevano dove metterla e con un’ordinanza municipale l’hanno interrata nel sito di Pianura, tutti la raccontano’ pure i bambini la conoscono sta’ storia, il fatto è accaduto negli anni Ottanta. Ma le balene non fanno nessun danno quella schifezza quella sì fa male.
(…)
Tutti si abituano alle cose brutte, baste che le tieni sempre sotto agli occhi, dopo un po’ non le vedi più…Tu vedi questa terra, la guardi ogni giorno e vedi che si sta trasformando piano piano, qualcosa sta cambiando cose piccole, ma importanti, le pere sugli alberi, il profumo dell’aria, odori strani vengono dal lago, eppure sei contenta di viverci, vai in riva al mare, hai voglia di aria fresca, pulita. Lo guardi da lontano, il mare sorride ancora. Lo sai bene là sotto che ci sta, però fai finta di niente. Vai a comprare il pane e la mozzarella dove l’hai sempre comprata, come hai sempre fatto da anni. Poi un bel giorno ti svegli e tuo figlio, il più piccolo, si lamenta, ha dolore alle ossa è stanco, non si vuole alzare. Tu pensi che fa i capricci perché non vuole andare a scuola. Allora lo sgridi, tiri su le coperte e apri la finestra:
«Sbrigati, la scuola è importante, a scuola si deve andare e che vuoi rimanere sempre qua nella terra dei fuochi e delle puzze? Per te la vita deve essere diversa, tu ce la puoi fare, devi studiare, devi trovare un lavoro e te ne devi andare».
Allora lui si alza, si veste in fretta e furia e tutto felice se ne va a scuola. Prima che se ne va, gli dai un bacio, lo guardi bene in faccia e gli vedi gli occhi cerchiati, il colorito giallo. Ti preoccupi, no?
E’ bravo a scuola, tiene tutti nove e dieci. Le maestre sono contente di lui a volte è chiuso silenzioso, ma ce la può fare. Così mi dicevano. Dicevano che dovevo insistere: Ha le capacità, deve studiare...
Maddalena: Maria…Marì!
Maria: (si alza, va verso la bocca della balena) Che c’è?
Maddalena: Che ore sono, secondo te?
Maria: Guardando il sole, le sette di sera, forse le otto, perché?
Maddalena: Così…sembra che il tempo non passa mai a stà senza fa niente…Maria…
Maria: Eh...
Maddalena: Le hai sentite anche tu stanotte?
Maria: Che cosa?
Maddalena: Le voci…
Maria: Certo che lo ho sentite. Le sento spesso…
Maddalena: Ma secondo te chi sono?
Maria: Sono le voci della gente morta.
Maddalena: E com’è che noi le sentiamo? Siamo morte pure noi e non lo sappiamo?
Maria: No, no, noi no, noi siamo vive…
Maddalena: Sicura?
Maria: Sì, noi non siamo voci nel vento. Io vi vedo, non vi posso toccare, però siete reali. Quelle voci, invece, sono voce senza corpo.
Maddalena: E come fanno ad arrivare fino a noi?
Maria: Le porta il vento, stanno intrappolate dentro al vento e non se ne possono andare, perciò noi le sentiamo. Io a volte ci parlo proprio, non sempre, dipende da quello che dicono… E comunque loro parlano al presente, sono morti e non lo sanno insomma.
Maddalena: Ah e che gli dici?
Maria: Eh… mi metto a parlare come se fossero tutti vivi, loro questo vogliono, l’illusione della vita. Certo, non lo faccio con tutti, solo con alcune.
Maddalena: Ma che dicono? Io le parole non le capisco bene, da qua dentro, si sente come un brusio, non si capisce quello che dicono.
Maria: Ci stanno certe voci che dicono un sacco di cretinate, a me non me n’importa, perché mi fanno compagnia lo stesso.
Maddalena: E che dicono, che dicono?
Maria: Eh… tante cose. Una per esempio si lamenta che il marito non ha aggiustato il tubo del rubinetto che scorre da una settimana.
Maddalena: Con l’acqua contaminata…
Maria: Un’altra sta sempre a gridare con i figli, un’altra ancora parla male di tutti quanti…e questo ha fatto quello e quella ha detto così, così…critica tutto e tutti, ha sempre da ridire.
Maddalena: E quella sicuramente è Nunziatina, la prima che è morta…Te la ricordi?
Maria: E come no? Me la ricordo, mamma mia, non la sopporto proprio, quando sento la sua voce, mi metto il cotone nelle orecchie…A volte se ne accorge e dice:
«Ma mi senti, mi senti? E non fare come faceva mio marito, ti ho visto!»
Allora io, con una santa pazienza, mi tolgo il cotone e dico:
«Hai ragione Nunziatì. Parla pure, dimmi pure, che cosa vuoi raccontare? Sfogati ti ascolto».
Solo così si sta zitta.
Maddalena: E’ lei, proprio lei, quella così faceva.
Maria: Ce n’è una, invece, che mi piace assai, canta, non si lamenta mai, dice sempre: tutto bene, tutto bene... ma io lo so che non è così, si capisce dal canto… Soffre dentro, chi sa che le è successo, poveretta. Eh questa sì, mi fa una buona compagnia.
(…)
E poi certe volte, certe rare volte… sento i bambini, quelli che non ci sono più, sono le voci più belle… A volte sento mio figlio, quello piccolo…Ma non mi capita spesso.
Maddalena: Era bello, pieno di energia…
Maria: Sì, era bello.
(…)
Maria: Mi manca il suo sorriso, ogni giorno…
Maddalena: Maria, quante pagine hai scritto oggi?
Maria: Tante, forse una decina.
Maddalena: E non ti stanchi mai?
Maria: E devo raccontare un sacco di cose…Mi devo dimenticare della stanchezza…Mi devo concentrare per ricordare …
Maddalena: Brava, racconta, racconta tutto.
Maria: (torna nel ventre, siede, ricorda e scrive)
Ieri hanno acceso un altro fuoco c’è una puzza che non si respira…Poi dicono che siamo sporchi, poi dicono, ma non è così, mica siamo noi, i fuochi li accendono loro eh, tanto a loro che gliene frega, stanno in quelle belle ville, con l’aria condizionata e le finestre chiuse. Loro pensano a fare affari in poco tempo, non gli interessa questa terra.
(Si alza di nuovo è inquieta) Maddalena…
Maddalena: Eh?
Maria: Te lo ricordi mio figlio, quello grande?
Maddalena: E come no, certo che me lo ricordo, teneva certi ricci neri, com’era bello.
Maria: Te lo ricordi quando è tornato a casa con gli occhi gonfi, fuori dalle orbite che sembravano palline da ping pong?
Maddalena: Sembrava un mostro…faceva paura.
Maria: Mi sono messa a gridare come una pazza, mi hanno sentito pure dall’altro lato della strada.
«Dove sei stato, dove sei stato? In mezzo ai campi, non ci dovete andare, quante volte ve lo abbiamo detto. Quante volte? »
Maddalena: Siamo mamme maledette, di una terra maledetta, senza speranza.
(…)
Voce fuori campo: (rumore del vento in sottofondo) Non è così…
Maria: (si sporge ancora di più verso la bocca della balena) E com’è allora? (Grida) Com’è?
Voce fuori campo: Voi non ci potevate fare proprio niente, c’era bisogno di un sacrificio… e poi quella volta non sono andati a giocare, sono stati arruolati
(Si alza per ascoltare meglio la voce, si sporge fuori dalla bocca della balena)
Madre: Arruolati, che vuol dire?
Maddalena: Sui camion.
Madre: Sui camion…quali camion?
Maddalena: Quelli del clan…
Madre: E tu che ne sai di questi camion?
Voce fuori campo: Lo hanno chiesto pure a me, ma io gli ho detto di no. Però pagano bene, si prendono molti soldi, soldi assai. A noi servono i soldi, papà è malato.
Maria: A noi non servono i soldi, a noi ci serve un poco di tranquillità hai capito? Tu quella gente te la devi scordare, quando li vedi arrivare, cambia strada. Non ci dovete andare là. (grida) Non ci dovete andare vi ho detto! Io vi faccio una faccia di schiaffi se ci andate un’altra volta. Tanto è questione di pochi giorni, poi ce ne andiamo.
Voce fuori campo: Io non me ne voglio andare, io voglio rimanere qua.
Maria: No. Qua non si può stare, ce ne dobbiamo andare, tu ti devi curare, devi stare bene e tornare a scuola…
(…) Devi tornare a scuola (…) Figlio, mi senti? Mi senti? Devi tornare a scuola, a scuola. Dove sei, mi senti? Rispondimi. Mi senti? Torna qua, torna subito qua…
Dove sei? Figlio mio, figlio mio…
 (Il vento soffia più forte. La donna si aggrappa alla bocca. )
 Non ho fatto in tempo, non ho fatto in tempo.
(S’inginocchia, piange. Silenzio. Il vento si calma)
Maddalena: Maria, non è colpa tua. Nessuno ha fatto in tempo, è accaduto tutto in fretta. a nessuno gliene fregava niente di noi. E manco a noi ce ne importava. Noi stessi abbiamo fatto poco. Non è una questione di tempo è una questione di spazio, noi, il nostro spazio, la nostra terra, l’acqua che ci scorreva sotto ai piedi, l’aria che profumava di gelsi non l’abbiamo mai amata veramente.
Maria: Non ho fatto in tempo, non ho fatto in tempo…
Maddalena: In poco tempo la zona grigia con tutto quel cielo d’acciaio, è diventata zona rossa, nessuno poteva entrare e nessuno poteva uscire una zona sospesa in aria, qua stiamo come sopra una nuvola, una nuvola di monnezza. Poi sono venuti i militari e hanno rinchiuso i bambini, in quella grande casa bianca e non li abbiamo più visti...
Maria: Maddalena…
Maddalena: Dimmi…
Maria: Tu che stai là, vicino alla casa, i bambini… hai visto i bambini qualche volta?
Maddalena: No, mai…
Maria Peccato…credevo…
Maddalena: Ma a volte sento le voci…
Maria: Veramente? E che dicono?
Maddalena: Niente, non dicono niente. Ridono…
Maria: Ridono…che bello…ridono…
Maddalena: Forse ridono perché giocano…
Maria: E chi gli porta da mangiare?
Maddalena: Il mangiare arriva dall’alto, lo lanciano con degli elicotteri, c’è un tubo che esce dal soffitto. Quando arrivano gli elicotteri, questo buco si apre e buttano dentro il cibo, poi si richiude velocemente e tutto torna buio, perché le finestre sono sprangate. Poi non lo so se loro dentro hanno una luce…
Maria: E a voi il mangiare chi ve lo porta?
Maddalena: A noi il mangiare invece arriva dal basso, da una botola che sta nel terreno, ma mica tutti i giorni. A noi il mangiare non ce lo portano tutti i giorni…Da qua non ce ne andremo più, non verrà nessuno a salvarci, stanno aspettando piano piano che moriamo tutte quante. Ma noi non moriamo, non moriamo. A volte ci mangiamo la roba contaminata, tanto che ce ne fotte, contaminata per contaminata.
Maria: Maddalena…
Maddalena: Che c’è?
(…)
Sto scrivendo una lettera. La metto in questa bottiglia, speriamo che arriva da qualche parte, magari a qualcuno gli interessa questa storia, magari trovano una cura e ci restituiscono i nostri figli .
(…)
Maddalena: Eh, brava, può essere un’idea. Che hai scritto in questa lettera? Me la leggi pure a me?
Maria: Allora comincia così…Care amiche ed amici del Nord,
Maddalena: Conosci qualcuno al Nord?
Maria: No, non conosco nessuno, si dice così, per dire…
Maddalena: Ah…
Maria: Ho trovato un articolo su un giornale …In un paese, non molto lontano da qua, volevano fare una discarica, ma la gente ha occupato le terre, tutti si sono rifiutati hanno gridato per giorni e giorni: no, no, no…e allora uno di loro per far conoscere i fatti a tutti quanti, ha scritto una lettera; io ho ritagliato la lettera, l’ho letta bene, un sacco di volte e adesso ne sto scrivendo una simile, che parla di noi però…
Maddalena: Ah, ho capito, vai avanti, leggi, ti ascolto…
Maria: Allora: “Care amiche ed amici del Nord, stanno accadendo cose tremende qui. Stiamo chiusi dentro a un paese che non c’è più, avvolte in una nuvola di nebbia, siamo rimaste solo noi donne, poche a dire la verità…” Maddalena quante saremo?
Maddalena: Forse tredici, quattordici, forse di meno, non so…
Maria: Va buò diciamo una ventina…
Maddalena: Scrivi trentina è meglio…
Maria: Perché?
Maddalena: Perché già non gli interessa niente a nessuno, se poi dici che siamo pure rimaste in poche…figurati, non ci vengono proprio.
Maria: Hai ragione: “Siamo una trentina. Gli uomini, per fortuna, se ne sono andati in cerca di fortuna, scusate il gioco di parole, ma se la fortuna l’hanno trovata, mo’ non ci possono più tornare qua, perché la zona è isolata. Come mai non ve ne siete accorti? Vi siete dimenticati di questo paese? Dateci una mano. Lo so, lo so, voi dite che è colpa nostra, che non ci siamo impegnati abbastanza, che il Sud è una terra destinata a fallire l’elenco è lungo un lungo elenco pieno di errori…Ma non è così. Noi abbiamo protestato, ma nessuno ci ha ascoltato c’erano troppi interessi in ballo. Hanno preferito rischiare tanto si sapeva che noi per primi ci saremmo stati zitti, è la cosa che sappiamo fare meglio. Adesso è tardi per cambiare adesso possiamo solo resistere e cercare di ricordare. Voi però, voi che state bene, in una terra pulita, forse,  voi ci potete aiutare. Fate presto, vi aspettiamo.
Grazie. Cari saluti. Le donne della balena”
(Prende la lettera la mette nella bottiglia. Si alza la lascia fuori dalla bocca della balena. Poi va verso il tavolo)
Maddalena: Mi sembra una bella lettera, scrivi però cordiali saluti…cari saluti si scrive agli amici.
Maria: Sì… c’è anche una foto…
Maddalena: Una foto nostra?
Maria. No, ho messo la foto del limone. (Prende un limone dal tavolino) E ho aggiunto due righe. “Ps Vi sembra un limone questo? Tutto aggrovigliato su se stesso che sembra un serpente, no, un cervello che riflette, sta riflettendo, come quando uno tiene i pensieri contorti e non trova una soluzione, una via d’uscita. Hanno sconvolto la natura con tutte quelle schifezze. E la natura ha disegnato forme nuove e poi ci sono le mele col morbillo, le pere raggrumate e le pecore con la diossina…E ci sono i bambini…
I bambini che non ci sono più, stanno in quella casa ma chi li ha visti? Sono diventati solo spettri nella mente di chi li cerca ancora…”
Maddalena: Prima ci hanno detto che era colpa nostra che eravamo sporchi.
Maria Poi ci hanno detto che era una semplice infezione…
Maddalena: Poi ci hanno detto che ci stavamo ammalando di tumore…
Maria: E dopo ancora, ci hanno detto che era una contaminazione…
(ricorda)
-Sentite io tutti questi giri di parole non li voglio sentire rispondete sì o no, mio figlio è malato?
-Grave?
-Di cancro?
-Si può curare?
-E quanti mesi gli restano?
-Grazie, siete una persona onesta, non è poco di questi tempi.
(…)
Non è stato attivato il registro dei tumori. Hanno fatto una riunione, sono venuti degli avvocati ci hanno detto che dovevamo registrare i nostri dati dentro certi moduli. Io mi sono registrata, ho registrato pure i figli miei, quelli che non ci sono più. Molta gente aveva paura non si voleva registrare perché tanti vivevano nell’illegalità, un po’ erano anche diffidenti, non ci credevano insomma. Tanta gente dormiva non lo vedeva il legame fra la morte e l’ambiente. E ce l’avevamo sotto gli occhi tutti i giorni…E io a parlare, a cercare di convincere, a volte mi arrabbiavo e gridavo proprio come una pazza. Dicevano che non ragionavo, perché avevo perso il figlio, la morte di mio figlio mi aveva fatto uscire fuori di testa.
«Andate, andate al laghetto…andate vicino alla montagna, non vi avvicinate troppo però, è pericoloso. Avete visto quanti gabbiani? Li avete visti i gabbiani o no?»
I gabbiano volano e riempiono il cielo con le loro ali, volano in cerchio, in cerca di cibo. Ne ho visto uno morire. Gli altri continuavano a girare in tondo, mentre lui moriva. Moriva in mezzo alla folla, proprio come noi qua.
Se ci sono troppi gabbiani vicino a una discarica, vuol dire una cosa sola, quella discarica non funziona bene, i rifiuti organici stanno fuori e invece dovrebbero stare dentro e poi ci sono pure delle belle fontanelle, di percolato…le fontanelle e le radiazioni della nostra nebbia. La nebbia che si porta via la memoria. (Il luogo si riempie di nebbia)
Maddalena: (Maddalena si alza sveglia le altre donne tutte vanno verso il bordo della campana) Presto, fate presto, la nebbia, la nebbia…sta arrivando la nebbia, usciamo, andiamo da Maria, lei ci aiuterà a ricordare, venite restiamo unite, stiamo vicine, non dobbiamo dimenticare Maria ci aiuterà a ricordare….
(Indossano dei veli sul capo, mettono mascherine davanti alla bocca, lentamente escono dalla campana e vanno verso Maria, la spingono la chiamano, vogliono sapere)
Maria: Sforzatevi di ricordare, non dovete dimenticare, non dovete…fate uno sforzo… ricordatevi il paesaggio… quello com’era prima…Non è questo il nostro paesaggio, non è questo il nostro mondo…La nostra terra era piena di colori e poi c’erano i profumi, ricordate, sforzatevi, ricordate, ricordate…
(Indica le donne a una a una e racconta la loro storia)
Tu…Tu sei Luisa ti piaceva suonare la chitarra, figli non ne avevi. Tu sei Teresa, avevi un bambino di cinque anni, eri brava a fare i dolci. E…tu… sei Filomena, sì Filomena, lavoravi la creta, hai due figli. Stanno dentro la casa. Tua madre diceva che avevi le mani d’oro. Tu sei… Anna, Anna, eri incinta di quattro mesi hai dovuto abortire. Mi dispiace…Tu ti chiami Gabriella, sì sei Gabriella, avevi tre figli… Mi dispiace. Sono morti tutti quanti. Tu ti chiami Stella uscivi con un uomo, non ti ha mai detto ti amo, ma tu eri felice lo stesso, tu parole inutili non ne volevi, ti amava, lo sapevi, glielo leggevi ogni volta negli occhi, ti ha sempre voluto bene e non è vero che è andato via con un'altra, è partito in cerca di fortuna non preoccuparti, prima o poi, tornerà… Tu sei Adelina anche il tuo è partito… perdonami Adelina …è morto strada facendo non sapeva di essere malato…Tu sei tu sei… Luisa…oh Luisa, mi dispiace. Basta, basta…E’ doloroso, ricordare. Lasciatemi stare… (con stanchezza) E’ doloroso…Andate via, tornate nella campana…Andate via…Sono stanca, voglio riposare, voglio dormire un po’. Andate via.
(Le donne incerte si allontanano)
Maddalena: Le parole fanno male, è vero, ma pure i silenzi.
Maria: Scriverò, parole brevi, piene di pensieri. Adesso però, lasciatemi sola, sono stanca devo riposare, tornate nella campana… (le donne fanno per andare)
Maddalena: (Si toglie il velo e la mascherina) No, ferme, nessuno più deve tornare nella campana…
Maria: Che dici?
Maddalena: Noi restiamo qua fuori con te.
Maria: Con me? Qui? Ma…è pericoloso…la contaminazione…
Maddalena: E’ più pericoloso dormire sempre…
 (Va verso la tenda la distrugge, le altre cercano di impedirglielo)
Donne: Che fai? Che fai? E’ il nostro rifugio…
Maddalena: Non ne abbiamo più bisogno…Dobbiamo avere coraggio, forza usciamo allo scoperto. Strappate questi veli, toglietevi queste maschere. Dobbiamo rischiare. Forse moriremo tutte quante ma dobbiamo comunque provarci…Andiamo a prendere i figli nostri.
(Tutte le donne, timorose si avvicinano alla bocca della balena)
Donne: Che fai, che fai?
(Silenzio Maria esce dalla bocca della balena)
Maria: Tanta gente ha dormito per tanto tempo a lungo…Ma un giorno la balena si sveglierà, io sto aspettando che si sveglia e si muove, pure lentamente, va bene lo stesso, come fanno tutte le balene di questo mondo, l’importante è che ci porta tutti quanti in un altro tempo, un tempo fatto di occhi aperti e orecchie sane, un tempo fatto di voci che sanno gridare insieme e no ognuna per i fatti suoi, tante voci un solo coro, dentro la nostra terra, quella com’era prima…noi tutti quanti, nella pancia della balena, che ci protegge da questa monnezza. Tutti, ma proprio tutti, i bambini che giocheranno ancora, gli uomini che torneranno, la frutta malamente e le pecore ammalate…
Donne (le vanno incontro, in coro)
Tanta gente ha dormito, per tanto tempo, a lungo. Tanta gente ha dormito per tanto tempo a lungo (gridano) Ma un giorno la balena si sveglierà!
(Vanno verso la grande porta. Gridando insieme le voci si accavallano. Bussano con forza)
Ehi, ci sentite? Ci sentite? Aprite la porta fateci entrare. Ehi, ci sentite? Ci sentite?

(Dissolvenza colpi nel buio)

Fine