Le bolle di Magadino 

di

Gianluca Bondi





Personaggi

Umberto Lori: Ammiraglio 
Aristide Gatto: Ingegnere
Secondo Carrara: Figlio di nessuno
Consolina: Ex Circense
Miriam Della Landa: Intellettuale giornalista 
Rosa Gatto: Moglie dell’ingegnere
Lisetta Rolli: Aspirante architetto
Alfredo Landi: Capostazione
Berenice: Studiosa di esoterismo e teologa


Sintesi

Lo spettacolo inizia con nove personaggi che nel dopoguerra vincono un viaggio a Magadino nel Lago Maggiore e si ritrovano a condividere un albergo in cui è sempre tutto in ordine e pronto per loro ma non si capisce chi lo prepara e soprattutto dove sono il Direttore, i camerieri e tutta l’organizzazione. È la metafora dell’ essere umano sulla terra che cerca una fede per dare un senso all’esistenza. Qui si invita l’uomo ad assumersi la respossabilità della propria vita cercando nella propria condizione, il senso e la forza. Ecco infatti i personaggi accorgersi di essere dei personaggi ovvero delle creature che in un teatro stavano rappresentando uno spettacolo. Questo è il secondo livello in cui ancora ci serviamo della metafora per descrivere l’anima quando scuote le coscienze e risveglia dall’identificazione con il proprio ruolo la propria personalità. Una volta capito che siamo delle vite con dei limiti e delle possibilità, non possiamo che rimetterci quei panni e amarli sperando di aumentare i nostri gradi di libertà. I Personaggi torneranno a fare i personaggi. Infatti gli stessi personaggi scoprono di non essere in scena in un teatro ma nella testa di uno scrittore che ha perso l’ispirazione o la voglia di cercarsi dentro. L’ultimo livello è il terzo atto in cui lo spettacolo, tutto fino a quel punto, si scopre fosse una esercitazione di persone con disagi psichici all’interno di una casa famiglia e due educatori abbandonati dal direttore usavano questo tema e la loro situazione e il teatro stesso come strumento pedagogico di sdrammatizzazione proprio di questa situazione di abbandono in cui erano e per il risveglio delle coscienze per i degenti nella casa. Il viaggio fatto dallo spettatore è lo stesso dei protagonisti ma questa volta l’identificazione col personaggio viene posticipata a chiusura sipario nelle anime stesse di chi è stato testimone di una catarsi.












ATTO I 

L’Inferno

Siamo in un immediato dopoguerra. Tre panche, una porta chiusa, alcuni oggetti per caratterizzare i personaggi e un grappolo d’uva. Tra un atto e l’altro rumori di bolle d’aria sommerse nell’acqua.

Scena I 

(Interno albergo.Sulle tre panche addossate alle tre pareti sono seduti, in posizione neutra, i personaggi. Al levarsi della musica Consolina, Lisetta, Secondo, Alfredo, Miriam si alzano lentamente venendo sul proscenio) 
Consolina: Oh ma che bello qui!
Lisetta: Non avevano detto che ci sarebbe stata una foresta, grande!
Consolina: Eccola lì, dall’altra parte del lago.
Lisetta: Le solite truffe. E’ di là mica di qua.
Secondo: Di solito il lago mi mette tristezza, questo per ora...
Miriam: Ci credo, sembra un mare..
Alfredo: E’ il lago Maggiore!
Miriam: Ha qualcosa di misterioso..
Consolina: Di magico, direi..
(Entrano Rosa e Aristide, bisticciando fra loro)
Rosa: Buffone, sei solo un buffone!
Aristide: Ma lasciami dire, lasciami fare. Buongiorno a tutti, ben trovati, con permesso, la mia signora....
Secondo: Siamo tutti?
Miriam: Non erano sette, i sette fortunati di capodanno?
Umberto: Otto, siamo Otto, buongiorno a tutti. (Entrando)
Rosa: Guardi che siamo nove gli altri dovranno ancora arrivare.
Lisetta: Una lotteria povera quest’anno.
Secondo: Si riferisce a me? Guardi che nella valigia ho altri vestiti, anche un cappello elegante.
Lisetta: Ma no, no, mi riferivo alla lotteria di capodanno. Se la sono cavata con una vacanzetta da poco...
Umberto: Che vuole? La guerra è finita da appena un mese... 
Miriam: Non si vede un centesimo qui!
Consolina: Mi viene da ridere, non so perché, da ridere, sì. (Ridendo cade a terra seduta)
Aristide: Allora sono sei, i sei fortunati....
Rosa: Nove, te l’ho detto nove!
Berenice: Dove metto queste valigie!? (Entrando. Da lontano)
Rosa: Eccoli.
Berenice: Ma non c’è nessuno qui? 
Secondo: Ci siamo noi.
Berenice: Salve.(Avanzando vicino agli altri )
Lisetta: Io me lo aspettavo diverso.
Umberto: Sì anch’io.
Lisetta: Sono un pò delusa.
Secondo: Parliamo del posto, non è vero?
Rosa: Guarda mi si sono aperte le scarpe e ora come faccio?
Miriam: Sono già le sei....
Aristide: Io ho una fame...
Miriam: E voi come siete arrivati?
Aristide: In nave, fino al porto di Genova , un viaggio terribile, non dovrebbero farle partire le navi, con il mare così agitato. Poi abbiamo preso la corriera... (Miriam lo ascolta indifferente, un po’ infastidita )
Lisetta: Anche voi la corriera? Abbiamo passato una nottata...non ce la siamo passata per niente bene, l’autista aveva continuamente colpi di sonno: dico io, è possibile mai, ma cambia mestiere figliolo, dormi di giorno!
Alfredo: Ma perchè non avete preso una cuccetta in treno, è la cosa migliore, III classe, non fumatori, regalano anche biscottini...
Aristide: In terza classe ?
Alfredo: E’ la befana
Consolina: Guardate, guardate cosa ci hanno fatto trovare per il nostro arrivo! (Tutti si girano raccogliendosi attorno ai dolci )
Alfredo: La calzetta, con i dolci ! 
Consolina: E’ già siamo alla befana!
Alfredo: Qui c’è persino la ricotta col caffè.
Consolina: Quella è per la befana...
Alfredo: Già, è sdentata, certo non può mangiare il croccante!
Miriam: Lasciate stare il croccante.(Assaltano tutti il banco)
Berenice: A me le liquirizie.
Umberto: Non toccate i lupini, 
Secondo: I biscotti che buoni!
Aristide:(Agitando delle chiavi per richiamare l’attenzione) Buon giorno io sono il custode di questo villaggio, sono qui per rispondere a ogni vostra richiesta, risolvere qualsiasi problema durante il soggiorno, che è di tre giorni se non sbaglio! 
Lisetta: Ci avevo creduto, ma che bravo!
Berenice: Ma che simpatico, di grazia, ha scoperto, per caso, chi è il vero custode!
Aristide: No, ma per caso, ho trovato le chiavi.
Alfredo: Degli alloggi?
Aristide: Esatto!
Alfredo: Ma che bravo!
Lisetta: Ma che simpatico!
Rosa: Speriamo che non ci sia umidità.
Consolina: Ci sarà la vista sul lago?
Aristide: (Rivolgendosi a Miriam) Guarda che bei fiori.
Rosa: Dove? Dove? Lo sai che non vedo da lontano!
Aristide: Ma se li hai davanti!
( Si sente una musica da circo, festosa )
Miriam: Da dove viene questa musica?
Secondo: Dall’inferno.
Miriam: Come dall’inferno?
Secondo: Un locale, si chiama l’Inferno, è qui davanti, lo giuro l’ho visto arrivando, dal finestrino. Si, come nello Zoo di Vetro vi ricordate?...non fa niente è una cosa mia che ho letto, ma lì era il Paradiso, va be’, il locale intendevo, si chiamava il Paradiso.
Berenice: C’è un’ orchestra, avremo anche noi un’ orchestra, vero?
Aristide: Ci sarà una festa, così mi è stato riferito. ( A Miriam)
Rosa: Dove ho messo i miei occhiali?
Aristide: Prima o poi doveva accadere che li perdevi. 
Consolina: Lì c’è Locarno, e quella che sentite non è una festa, non è l’inferno. E’ il Circo più grande del mondo. Un tempo lavoravo lì, lo riconosco persino da queste poche note, questo è Gorgya... le mani di Gorgya...era tutto diverso allora...(Mima il gesto di camminare su di un filo )
Berenice: Sei un’ acrobata?
Umberto: E’ la sera più fredda dell’anno questa lo sapevate?
Rosa: Io ho portato lo scialle di lana.
Berenice: Raccontaci ancora del circo....
Consolina: (Girando e saltando tra gli altri che partecipano al suo entusiasmo) Buongiorno, signore e signori ecco a voi la gioia dei bambini e dei grandi il favoloso, straordinario, stupefacente, miracoloso Tata il Re dei Clown e amico di tutti gli animali, avanti Tata, avanti.... (Presentando per mano Aristide presentandolo come Tata. Tutti applaudono)
Alfredo: Signori la cena è pronta. (Luce bassa, musica. Gli attori dispongono le tre panche a forma quadrangolare. Tavolo immaginato nel mezzo.)

Scena II

(Tutti immobili, ognuno bloccato in un particolare gesto. Ad un segnale convenuto tra gli attori, parte il movimento)
Umberto: Oh, ma che tavolata.
Alfredo: Ma chi è che l’ ha preparata?
Rosa: E’ molto curata. 
Secondo: Sistemata.
Berenice: Fin nei dettagli, guardate, guardate qui!
Lisetta: Delicatissimo...(Rivolto a Miriam)
Aristide: Ho una fame..
Rosa: Eh aspetta anche gli altri....
Aristide: Non stare sempre a dirmi quello che debbo fare..
Umberto: Signori, un brindisi a tutta l’organizzazione! (Alzandosi con un bicchiere in mano)
Alfredo: Ma chi è che ha organizzato tutto questo?
Umberto: Bevi, bevi si brinda! Propongo un brindisi al nostro soggiorno! Ai vincitori della lotteria di Capodanno, a noi!
Miriam: Per cortesia.... ma mi faccia il piacere.
Umberto: La signorina non gradisce forse? 
Berenice: Buon appetito.
Alfredo: Ma che strano, trovare pronto così.
Lisetta: Non c’è nessuno, un cameriere, che sò, cameriere?! Cameriere?! Cameriere!!!
Alfredo: E’ pazza?
Berenice: E’ da molto che ha lasciato il circo? (Nessuno risponde)
Alfredo: Passami il vino.
Consolina: Sì, sì da troppo! Posso non parlarne, posso non parlarne?!
Berenice: Per carità, per carità, era così per dire...
Umberto: Un paio d’occhiali. (Si alza e raccoglie gli occhiali da terra)
Rosa: Sono miei, grazie, dove li ha trovati? (Andandogli incontro)
Umberto: Qui, sotto la sedia.
Rosa: Ho solo questi..capirà...(Guarda negli occhi l’Ammiraglio imbarazzata e poi torna dal marito) ma tra un pò arriveranno venti milioni tutti insieme.. è vero caro? Dillo ai signori1 parla, parla del tuo progetto! (Si siede)
Aristide: No, non quello, in realtà io ne ho un altro, io suono. 
Lei sa che suono? (A Miriam)
Rosa: Si ma.... così, tanto per… 
Aristide: No, no così, suono, suono proprio! L’armonica.
Rosa: Mio marito, pensate è presidente di una cooperativa che misura la qualità delle acque fluviali, il suo progetto “Acqua potabile” costa venti milioni, è un ingegnere.
Aristide: Ma sta zitta, non vorrai annoiare i nostri amici con queste cose, io sono e mi sento un artista.
Alfredo: E dica un pò...come la trova quest’acqua? (Tutti ridono)
Aristide: Ma vada...
Umberto: L’altro giorno ho sentito alla radio parlare di quel ragazzo preso a bastonate dalla polizia.. ad una manifestazione sì, dovrebbero fucilarli. 
Miriam: Ma i poliziotti o i ragazzi?
Umberto: Che diamine, sono domande da fare queste?! Dove si è visto mai un paese che permette un tal scempio delle strutture pubbliche, dei servizi, dell’ordine pubblico?!
Miriam: Ma io mica lo capisco da che parte sta. (Alzandosi di scatto stizzita)
Umberto: Signorina, certamente non dalla sua, ogni occasione è buona per fare festa e spaccare tutto.. questi fannulloni!
Miriam: Parla bene lei che ha un bel lavoro eh, signor generale!
Umberto: Ammiraglio Umberto Lori prego!!
Miriam: Grazie per averci ridotti così, questa guerra ci voleva proprio, Ammiraglio!
Umberto: Ha trionfato, la civiltà!
Miriam: L’ingiustizia, direi! 
Berenice: Ma non roviniamoci la cena. (Miriam si siede)
Umberto: Che insolenza. Questi anarchici, voglio vedere senza uno stato, un governo, delle leggi, un esercito, dove si andrebbe a finire, dove, mi chiedo io!
Berenice: Signori, stiamo calmi, è stata una lotteria a metterci insieme, non possiamo andare tutti d’accordo, cerchiamo di conoscerci meglio, non fermiamoci alla prima impressione. 
Alfredo: E’una vacanza. (Musica: Debussy, Clair de lune)
Consolina: Sentite, ma da dove viene? (Tutti ondeggiano trasportati dalla musica)
Secondo: Vi prego non ballate mi sentirei in grossa difficoltà, io non lo so fare e finirei in un angolo mentre tutti ballano e questo è terribile per me, essere tagliato fuori intendo, non ballare, quello non lo so fare, quindi vi ringrazio in anticipo per non aver ballato, Grazie ancora. (Iniziano a ballare improvvisamente lasciando la cena e si abbassa immediatamente la luce per il cambio scena)


Scena III

(Alfredo e Umberto giocano a scacchi su una panca. .Le altre due panche addossate ai muri. Gli altri, chi guarda il panorama, uno scrive, l’altro beve e chiacchera... clima vacanziero)

Lisetta: Certo che qui non c’è proprio nulla, avevano promesso, avevano promesso... neppure una radiolina.
Alfredo: Io sto bene così.
Lisetta: Fa freddo e manca il riscaldamento... che bene così! A chi possiamo dirlo? Con chi possiamo parlare?!
Aristide: Scrivi una lettera alla befana. (Qualcuno ridacchia )
Lisetta: Ma è proprio spiritoso allora...
Alfredo: Che strano, non ci fanno mancare niente...
Lisetta: Il riscaldamento!
Alfredo: Ma no, non vedi come ogni cosa è al suo posto e nessuno, nessuno ce l’ ha messa.
Consolina: Qualcuno ci sarà, ci deve essere, lavorano di notte vedrai...
Rosa: Ma dove? Non c’è una cucina, una direzione, ci siamo solo noi...e quella porta chiusa.
Secondo: Avete notato anche voi quella porta chiusa allora? Dietro, saranno tutti dietro quella porta!
Umberto: Tutti chi? 
Alfredo: Perchè chiedersi tutto questo? Ti sei mai chiesto perchè ci sono i pesci, gli alberi? Eppure ci sono sempre stati!
Rosa: (Ad Alfredo) Finiamola! Siete tutti così curiosi ma nessuno ha buone idee, ci vogliono buone idee alla fine qui, non stupide domande! 
Consolina: Volete sentire una canzone, l’ho fatta io..(Con voce fioca canta un Aria, arriva un rumore di pescherecci, applauso)
Berenice: Che bella voce, se non ci fosse il baccano di quei pescherecci laggiù.
Aristide: La musica è suono. E allora perchè il rumore dei pescherecci, non potrebbe esser musica?
Miriam: Perchè appunto è rumore, e il rumore non è musica. (Vengono entrambi sul proscenio al “belvedere”) 
Aristide: Ma è suono, e i pescherecci tra le onde producono onde, sonore.
Miriam: I pescherecci tra le onde producono onde che si chiamano rumori...ingegnere...semmai un violino....
Aristide: Dipende, col violino si può far baccano.
Miriam: Se è lei a suonarlo.
Aristide: Lei deve sempre contraddirmi.
Miriam: Non sopporto il rumore. (Cessa il rumore dei pescherecci)
Aristide: Ma i pescherecci se ne sono andati.
Miriam: Il suo rumore ancora no!
Aristide: Forse una armonica può raccontare meglio quei rumori che io chiamo musica.(Suona la sua armonica)
Miriam: Una musica che non racconta nulla è peggio di quelle barche: sono note che fanno rumore e tornano a riva senza pesci.
Aristide: Le piace il pesce o preferisce suonare il violino?
Miriam: Amo entrambi, l’amore non distingue ... ama.
Berenice: Ho capito, ho capito tutto. (Alzandosi d’improvviso)
Rosa: Finalmente una idea.
Alfredo: Ma prego, la nostra amica vuole graziarci di una sua illuminazione riguardo il nostro soggiorno… libero.
Berenice: Esatto! Tutto quanto stiamo vivendo, i dubbi che ci vengono, eccetera, sono i pensieri di qualcuno! Noi tutti siamo pensieri nella fantasia di un uomo, pensieri, niente altro che pensieri
Secondo: I pensieri non hanno corpo ed io, noi, siamo in un corpo vero. Non può dire questo, non può!
Berenice: Ne è proprio sicuro? I pensieri fioriscono dal corpo. Un pensiero si compone per forza anche di materia, se non fosse così cos’altro sarebbe un pensiero? Di che è fatto? Noi vediamo, sentiamo e tutto questo cos’è se non materia!?
Consolina: Un muoversi di molecole, elettroni.
Aristide: Idrogeno, noi siamo idrogeno e tutto quello che produciamo è idrogeno, anche i pensieri.
Alfredo: Ben detto ingegnere
Aristide: Ma che ingegnere, questa è arte altrochè
Berenice: I pensieri sono corpo che si intreccia con l’anima, sangue che scorre dentro universi che non si vedono ma che influenzano le nostre storie, le nostre fantasie. (Andando verso Rosa, con impeto)
Rosa: (Facendosi schermo con le mani) Sono d’accordo con lei, sul fatto che noi potremmo non essere uomini ma..(all’unisono con Berenice) la fantasia di un uomo, anche se non è una idea questa che risolverà i nostri problemi!
Lisetta: Se fossimo le fantasie degli uomini saremmo tutti dei maiali! (Qualcuno ride)
Miriam: Io sono la fantasia che ho di me stessa.
Consolina: E perchè no, Dio sta dormendo, sogna e noi popoliamo i suoi sogni, il suo inconscio....
Umberto: Cosa c’entra Dio, solo perchè non c’è la direzione o i cuochi dobbiamo scomodare Dio?! Questa è fantasia altro che! Non avete vere necessità, veri problemi, non siete affamati ecco perchè fate della filosofia! Non avete freddo, non vi manca un tetto, non c’è un nemico alle costole, non….
(Aristide suona con l’armonica il silenzio militare)
Lisetta: (Ad Umberto) E basta, basta! Non ha sentito che hanno suonato il silenzio! Vada in branda a fare il cubo e stia punito, di servizio o di sentinella per tre giorni, così la smette!
Umberto: Anche lei è una anarchica, bene, mi compiaccio! 
Secondo: Ho capito! Ci stiamo annoiando, sì, è cosi! La noia viene quando non possiamo fare altro che quello che stiamo facendo e quello che stiamo facendo non ci piace, non ci appartiene, non fa per noi…(Rosa in un angolo si pulisce gli occhiali, le cadono a terra) Non si distragga mentre parlo! (A Rosa)
Rosa: Mi scusi.
Secondo: Soffro quando qualcuno si annoia mentre parlo e lei si stava annoiando non dica di no! E lo farà, a maggior ragione ora che la costringo ad ascoltarmi, perché, vede, di solito, la noia, viene quando non si è felici e non ci si può neppure ribellare. (Semi buio Musica cambioscena)

Scena IV 

(Atmosfera surreale. Le panche una sull’altra addossate al muro in fondo, come fossero una dispensa. Festa. Tutti si infilano le maschere e ballano a coppie: Umberto con Rosa, Berenice con Consolina, Aristide con Miriam, Alfredo con Lisetta, Secondo non balla. Musica, mentre alcuni ballano, gli altri parlano e si intrecciano discorsi)

Umberto: Aveva capito lei che la festa era in maschera?
Rosa: No, ma ho visto la mascherina sul letto e l’ ho messa.
Umberto: Le confido, una sensazione che ho spesso in queste occasioni per così dire vacanziere.
Rosa: Non me lo dica, si sente rinnovato.
Umberto: Non solo. Ho l’impressione di poter ricominciare daccapo una vita, magari senza questa divisa, magari in un altro paese! Ricominciare sì. A volte fortunatamente tutto si ferma…e allora dici…ora scendo e salgo su un altro treno.
Rosa: Fortunatamente....perchè aspetta che sia la vita o la fortuna a fermare tutto? Lo fermi lei il mondo e lo faccia girare come gli pare! Tanto poi, mica passare da un treno all’altro risolve nulla, sempre un treno è, che ci porterà tutti...
(Risate di Aristide e Consolina)
Aristide: Io suono, lei sa che suono?
Alfredo: Eh già !
Secondo: Dice a me?
Consolina: Il re di Clown! (Ride)
Umberto: Erano buoni quei ravioli a cena. 
Rosa: Ricotta e spinaci, li voglio rifare anch’io. So cucinare bene io ammiraglio . 
Umberto: E quei formaggi francesi, così minuti, così delicati.
Rosa: Che ne dice di quelle fiamminghe di trote e coregoni?
Umberto: Mi hanno messo in crisi, non sapevo cosa fare, le avrei mangiate tutte, meno male che ero già bello pieno.
Rosa: Ci sono! Ho trovato! L’importante è che su uno di quei treni che prende si riempia bene! Questa è la vita, scendere da un treno dopo che ci si è riempiti del viaggio, e passa la paura.
Berenice: Sembra metterti di buon umore la tua malinconia.
Consolina: Quando sono in compagnia, la malinconia non mi distrugge.
Berenice: E se ne va via.
Consolina: No, rimane, è lì, dentro il mio buon umore. Come vorrei che nevicasse, tutto si fermerebbe.
Berenice: Nulla si fermerà mai, neppure se scoppia il sole. Solo la mia macchina si ferma sempre.
Alfredo: Ma perché non prendete il treno, ci sono anche le cuccette, ultimamente regalano i biscottini.
(Berenice, attratta da qualcosa nel panorama, concitata si toglie la maschera, prende pennelli e colori e si mette a dipingere. Da qui, gradualmente tutti si tolgono le maschere.) 
Miriam: E bravo continui a credere ai biscottini e intanto ci rubano il pane con le loro “giuste” guerre.
Lisetta: Io ho perso mio fratello, l’hanno arruolato, non c’è stato niente da fare.
Secondo: Io non ho più la mia casa.
Alfredo: Non confondiamo adesso i biscottini con le bombe.
Miriam: Li confondo perchè vengono dalla stessa mano...l’industria, l’economia, il danaro.
Secondo: Che fa dipinge? (A Berenice)
Berenice: Ah, se bastasse la perfezione dei miei occhi ad impressionare la tela, questi alberi potresti non distinguerli con quelli veri ...ma non è l’occhio a guidare il pennello, è quello che riesco a vedere con l’anima tra le ombre della mia vita.
Secondo: Mi sono sempre chiesto perchè mai un uomo dovrebbe dipingere un albero o una barca nel lago. Non ce ne sono fin troppi di alberi in giro e di vele, vere, a navigare?
Berenice: Che domande? Per lo stesso motivo per cui l’attore a teatro fa un’altra persona, eppure non mancano le persone in giro.
Secondo: E quindi qual’è il motivo? Perché mai dovrei vedere la riproduzione sul palco della gente, se la gente la vedo ovunque?
Berenice: Sa perchè dipingo? Per non pensare, a lei invece piace molto pensare, farsi domande in continuazione.
Rosa: Si chieda allora come mai non si vede mai nessuno qui oltre noi. E’un mistero. 
Alfredo: E’ come se qualcuno ci stesse aspettando da sempre, noi, proprio noi. 
Lisetta: Forse siamo tutti fratelli. Sì dei bastardi dispersi nel mondo e adesso i nostri veri genitori ci riuniscono per farci conoscere e ci osservano di nascosto. 
Consolina: Oppure la fine del mondo è vicina e noi siamo i prescelti da Dio.
Umberto: Egocentrici. (Da lontano)
Berenice: Sì, è lui che ci apparecchia, che conosce alla perfezione i nostri gusti, le nostre esigenze, quello che faremo tra cinque minuti.. (Tutti cominciamo a respirare forte)
Consolina: Sento come se una verità, la più importante mi fosse fatta intravedere appena, ne percepisco l’odore, ne avverto la presenza e poi me la portano via. (Tutti seguendo Consolina si piegano come se ci fosse qualcosa a terra. Cessa il respiro.Tutti sobbalzano al gesto di qualcosa che sfugge)
Berenice: Per questo il pittore dipinge gli alberi e le cose della vita: spera di catturare, fermare quel mistero quella verità che sente sfuggirgli. (Semi Buio)






Scena V 

(Tutti in fondo con la faccia contro il muro)

Consolina: (Sola seduta su una panca sul proscenio) Ho paura di stare sola! Non c’è nessuno? Perchè non c’è nessuno? Oh guarda un melograno! Ma è finto! Che strano, ben fatto però. Ha i colori di un frutto maturo. Anche lui maturo, questa parola la odio. Fortuna che è finto. Tutto matura tranne me. Troppo sola e senza sole… non si matura così, no!(Cammina in giro, guarda fuori, cerca, parla da sola, sta ferma in silenzio, si mette a ballare poi cade e inizia a fare delle associazioni libere) La mia amica si è sposata. Siamo cresciute ormai. Ho paura di invecchiare, ho già tanti anni, se continua così muoio e non me ne accorgo, gobba, curva, senza aver conosciuto nè gioia, nè vera tristezza. Posso fare tante cose, ho sempre potuto fare tante cose, ma per me non ha senso nulla! Se potessi tornare indietro tornerei bambina, dove mi bastavo da sola e la mia camera con i miei folletti era tutto il mondo. Ora l’unico modo che ho per rivivere l’infanzia è avere dei bambini, ma sono sola, non ne avrò mai. Le cose passano, sono grande ormai, devo trascinare io la mia vita, fortuna che ancora sento questo profumo nell’aria, mi fa impazzire, sembra impossibile che sia tutto per me. (Alfredo si gira e dal muro va verso di lei) Ah finalmente! Ma dove eravate andati? Dove sono tutti gli altri?
Alfredo: Eravamo giù, alla riva.
Consolina: Ho avuto paura.
Alfredo: Di che?
Consolina: Di nulla, paura, non so bene di cosa, ora mi sento sollevata.
Alfredo: Facciamo una partita a scacchi ?
Consolina: No. Ho trovato un melograno finto guardi!
Alfredo: Bello.
Consolina: Mi ascolti! Amo la vita e ho voglia di morire: non le pare che siano inconciliabili queste due correnti dentro di me?
Alfredo: Iperico, la mattina, sessanta gocce. Mi dia retta. Non ne uscirà da questo malumore se continua a nuotarci dentro! Si prenda cura di lei e la finisca di lamentarsi.
Aristide: (Si gira anche lui come tornando dal lago) Siamo sicuri che da un momento all’altro da questo lago non uscirà un mostro che ci mangerà tutti?! Dalle profondità dei laghi, questi vulcani sommersi dalla pioggia, emergono spesso preistorici animali che ancora sonnecchiano, giù, nelle oscure sabbie.
Secondo: La vuole smettere di farneticare.
Aristide: Ah sì!? E cosa sono quelle bolle che si vedono di tanto in tanto emergere in superficie? 
Umberto: Le bolle di magadino! Non sa la storia ingegnere? Sono bolle che si formano nel sotto lago: un manto di detriti e foglie morte che unite alla sabbia marciscono e formano dei gas, che vengono in superficie dentro grandi bolle.
Miriam: Non è morto allora il nostro lago, respira!
Berenice: Anche nel lago c’è molta vita, ma per coglierla bisogna avere dentro il suo ritmo.
Aristide: Guardi! (A miriam) Tornano i pescherecci! Andiamo a vedere! Voglio vedere, voglio andare a vedere. Ma no quali pescherecci, sono battelli pieni di tappeti, foulard e tantissime stoffe altro che pesci!
Miriam: Ma dove li ha visti!?
Aristide: Sono lì.
Miriam: Dove lì?
Aristide: Non mi contraddica sempre! Non vede quei colori muoversi sul lago e danzare, danzare.
Miriam: Ma lei sogna di giorno! Non c’è nulla lì.
Rosa: E’ vero non c’è nulla, ho anche gli occhiali stavolta.
Aristide: Non ti ci mettere anche tu cara, fate attenzione.
Umberto: La sua signora ha ragione non c’è nulla che si muove nel lago.
Lisetta: A volte io non vedo neppure il lago. Ma forse sono io che sono distratta, mi capita spesso di non vedere quello che vedono tutti.
Umberto: Anche a me. Ad esempio all’inizio io non ho visto i lupini, il croccante e la calza della befana.
Secondo: Siamo solo un po’ stanchi e confusi. Lasci stare signor Aristide la prego! Non cerchiamo di capire, certe cose vanno lasciate così, la prego! Potrei avere ansia se poi non riuscissimo a capire.
Aristide: E’ una fiera di tappeti, lo giuro non me lo sono inventato. 
Berenice: L’uomo non inventa nulla. Può solo accorgersi, scoprire ciò che esiste già, spolverando magari la sabbia della sua ignoranza. 
Alfredo: Lei con la sua saggezza fa muovere i treni: Se la farebbe una partita a scacchi con me? Se vince le regalo questo melograno.
Lisetta: Dove l’ ha trovato?
Miriam: Ma è finto!
Lisetta: E’ la cosa più vera che abbiamo trovato qui.
Alfredo: Allora gioca? 
Umberto: Qualcuno ha visto la mia pistola d’ordinanza per caso?
Lisetta: Va bene che è vacanza ma non so facciamo qualcosa! Così impazziremo prima o poi.
Miriam: E’ vuoto, è tutto così vuoto, lo spazio il tempo, che ore sono per esempio e che giorno è oggi?
Rosa: Non c’è neppure uno specchio in questo posto, che uno possa guardarsi e…Ho perso di nuovo i miei occhiali, sembra proprio che io non voglia vedere nulla, nulla!
Miriam: Non abbiamo che noi stessi, possiamo solo ucciderci l’un l’altro o amarci o ignorarci o chiedere a uno di noi quello che dobbiamo fare. (Ad Umberto) Mi dica lei cosa devo fare, cosa? Non sente anche lei questo vuoto intorno?( Ride)
Secondo: Abbiamo bisogno di un leader, uno che ci guidi, non possiamo essere lasciati soli con noi stessi.
Alfredo: Nasciamo e il mondo è bello e fatto. Ci hanno insegnato che le cose stanno così e non si cambiano. Oramai siamo atrofizzati, abbiamo bisogno che qualcuno ci dica sempre quello che dobbiamo fare.
Aristide: Ma se lei sa tutto così bene perché è qui con noi? Tutti abbiamo bisogno di un Dio, un governo, un padre da odiare, da ringraziare, da temere… se non c’è un padrone non sappiamo con chi prendercela con chi lamentarci.
Secondo: Se non c’è una direzione non so cosa fare della mia vita è terribile.
Berenice: Anch’io ve lo confesso: Dio è la mia guida… ma qui non sento Dio… mi sento abbandonata.
Lisetta: La libertà non è così importante, ci vuole un carcere che ci faccia desiderare la libertà!
Miriam: Stare in questo vuoto è insopportabile. E poi lei coi suoi discorsi ci sta distruggendo tutti, la smetta di ricordarci che siamo marionette|! 
Consolina: (Scoppia a piangere) Mi sento viva e di questa vita non so che farne…so solo stare qui, cercando il piacere di non esserci. Non ho imparato altro da questa vita che prendermi cura del mio non senso, che sembra la voce dell’anima poi quando è sola. 
Umberto: Visto che nessuno qui è in grado di gestire la situazione ho pensato bene di prendere il comando della stessa e ho scritto di mio pugno una lettera alla direzione che finisce così: “Distinti saluti” e inizia invece elencando tutta una serie di disagi che pur non essendo causati da nessuno in particolare perché appunto non c’è nessuno ci sono stati, i disagi dicevo e questo nessuno ne deve rispondere col nome di “direzione”. Infatti l’intestazione dice proprio cosi: “ All’attenzione della direzione”
Alfredo: Ma a chi la dà questa lettera? Lasci perdere, tutto quello che vedete si materializza durante il nostro sonno, così, per incanto e basta, prendiamola come un gioco! Qualcuno vuole fare una partita a scacchi? 
Consolina: In questo gioco non ci sono regole e non si può giocare è impossibile! E se la vita non la posso giocare, diventa una cosa troppo seria…. oddio mi viene da piangere ma voi non ci fate caso va bene! Io se piango è per la rabbia che mi viene certe volte, e non mi guardate!
Rosa: Povera piccola non spaventarti. 
Umberto: Qualcuno ha visto la mia pistola d’ordinanza?
Aristide: Di cosa abbiamo paura? Non è per caso che sentite ruggire dentro di voi e temete che gli animali escano dalla gabbia? E’ certo di questo che stiamo parlando, di tutto quello che non è mai potuto essere svelato fino in fondo neppure a noi stessi e che pure viveva e vive ancora di più oggi che nessuno è lì a fare la guardia! Abbiamo mille muscoli uno per ogni emozione che non sanno neppure più muoversi, mille tendini li tengono e mille pensieri li fanno dormire, e tutto perché? Il rispetto degli altri, la loro tutela e tra questi altri ci siamo anche noi!
Rosa: Quelle bestie non possono, non dovranno uscire mai! Sarebbe la rovina per tutti, prima o poi distruggerebbero anche noi, che le abbiamo liberate, per questo piacere effimero della libertà! Non c’è libertà nel libero arbitrio no, non ce n’è. Se fossimo liberi saremmo delle bestie. Avanti! Dì a tutti che ti sei innamorato di questa vipera. 
Aristide: Ma cosa dici sei pazza!?
Rosa: Se ne sono accorti tutti. Non ne puoi fare a meno vero? Di essere il solito rubacuori? Devi sedurne almeno una, ovunque andiamo. Aveva smesso ma ora ha ricominciato. E la figura peggiore la fai tu! Scusateci, scusateci! Mi vergogno anch’io e non so perché…ma ora basta non ne posso più. Io volevo solo essere amata da te, avere quelle attenzioni di cui avevo bisogno. Mi sono illusa, tu sai fare solo quelle attenzioni che vanno bene a qualsiasi donna…mi è mancato solo il coraggio di andarmene prima. 
Aristide: Non è così semplice come la vuoi far sembrare. Ma sta bene così sono un meschino… pensiamo alla direzione dell’albergo, a chi fa le pulizie e apparecchia che è meglio. (Cerca di aprire la porta) Ma questa porta è finta, guardate!!
Lisetta: Come?
Miriam: Che dice!?
Umberto: Non c’è nulla dietro.
Secondo: Non me lo dica per favore.
Alfredo: E’ impossibile.
Lisetta: Impazziremo tutti me lo sento.
(Si sente uno sparo, si accende una luce da una parte e tutti corrono da Consolina. Panico generale, urla. Inizia una scena di delirio collettivo dove i personaggi ripeteranno battute in una coreografia estraniante) 
Miriam: E’ Morta!
Rosa: Dove sono i miei occhiali?
Alfredo: Qualcuno vuole fare una partita a scacchi?
Secondo: E’ Morta!
Umberto: Questi anarchici, voglio vedere io senza uno stato, delle regole.
Miriam: Questo senso di vuoto nel tempo, anche lo spazio è vuoto.
Lisetta: Impazziremo tutti me lo sento.
Berenice: Noi siamo pensieri, pensieri! Raccontaci ancora del circo.
Alfredo: E’ Morta!
Secondo: La noia viene quando non ci si può ribellare.
Aristide: Io sono uno scrittore, drammaturgia, lei sa che scrivo?
Rosa: E’ Morta! 
(Silenzio improvviso. l’Ammiraglio legge la lettera lasciata da Consolina che prima i personaggi si passano l’un l’altro per paura di leggerla)
Umberto: “Quanti lutti! eppure è una vita ancora breve tutto sommato…ripenso a quella poesia di Hikmet, parlava di un viaggio e alla fine diceva “…e di tutto il viaggio nulla mi resta se non quella nostalgia”. Ho come l’impressione che tutta la mia vita sarà come quel viaggio. La mia migliore amica si sposa, non la vedo da mesi. Paradossale, ci siamo alimentate l’una dell’altra nella profumata, deliziosa, terribile adolescenza. Da adulte le cose cambiano, adesso a trent’anni, non riusciamo ad incontrarci. Di lei “nulla mi rimane se non quella nostalgia”. Continuando a viaggiare forse non sosterrò altre perdite, potrei morirne….o forse uccidermi per questo. Mi sembra d’impazzire, questo viaggio non ha ritorno, non ti dicono che puoi fare solo andata. Dove sono quei giorni che ci hanno fatto desiderare di vivere per sempre? Ce ne saranno altri e altri ancora? No, sono finiti e finiti siamo anche noi. “Mamma, mamma, mamma” se chiamo il tuo nome in questo modo, col tono che usavo da bambina, la voce, poi, mi si strozza in gola e piango. Perdere te, voi, la mia famiglia, come potrei accettarlo? Come potrei sopravvivere se solo aver perduto la mia infanzia non mi lascia respiro? Ogni volta che vi rivedo, vi trovo più stanchi, invecchiati e a volte…. mi vergogno anche a dirtelo… preferirei non vedervi. Se la mia adolescenza andata mi commuove, la vostra giovinezza perduta mi distrugge. Pensare alla nostra cucina vecchia e brutta di una volta a te che prendevi il fresco in balcone dopo aver stirato, alle feste che organizzavi con quel poco che avevamo… mi fa arrivare tutta insieme violentemente la meraviglia e la crudeltà di questo viaggio. Non so dove andrà la mia vita. L’impressione che ho è che tu mettendomi al mondo pensassi a qualcosa di meglio, che l’amore che mi avresti dato mi avrebbe protetta da ogni male. L’ho sentito che lo pensavi sai… per questo ho resistito finora mamma.”





ATTO II 

(La scena continua senza interruzione ma passa ad un altro livello si oltrepassa la quarta parete e si apre un mondo nuovo ai personaggi)

La coscienza

Scena 1 

(Aristide indietreggia e cade nella sala accorgendosi del pubblico, poi chiama gli altri a vedere quello che ha scoperto)
Umberto: Fermi! Non vedete che c’è gente qui?
Rosa: Seduta.
Lisetta: Attenta.
Alfredo: E’ un pubblico questo.
Lisetta: E cosa stavano vedendo?
Alfredo: Chiediglielo.
Rosa: Sicuramente uno spettacolo, guarda come sono messi.
Aristide: Salve. (Si rivolgono a qualcuno del pubblico)
Berenice: Buonasera a tutti.
Aristide: Possiamo? Siamo in vacanza qui vicino.
Secondo: Abbiamo vinto una lotteria e al posto dei soldi ci hanno dato un viaggio. Nessuno si conosceva prima di arrivare in questo posto.
Lisetta: Un posto molto strano.
Rosa: Sì, non c’è nessuno oltre noi.
Umberto: Ma è sempre tutto pronto, la cena i letti anche la calzetta della befana abbiamo trovato, anche se io non l’ho vista.
Berenice: Cosa stavate vedendo?
Miriam: Leggi qui “Le bolle di Magadino”.
Rosa: Si chiama proprio come il nostro Albergo.
Berenice: Ma abbiamo interrotto qualcosa?
Lisetta: Sediamoci.
Berenice: Scusate. Mettiti qui.
Alfredo: E’ vuoto. Non succede nulla. Ma che stavano vedendo?
Rosa: Fai silenzio!
Secondo: La gente è capace di vedersi di tutto, anche il vuoto.
Umberto: Qualcuno ha dimenticato il melograno la sopra.
Alfredo: Io.
Miriam: E se sta la sopra, quello stavano vedendo.
Alfredo: Il melograno?
Miriam: No quello che c’era sopra insieme al melograno
Alfredo: E c’eravamo noi sopra.
Lisetta: E perché ci guardavate?
Umberto: Mica siamo in una commedia qui.
Rosa: Una ragazza si è pure ammazzata.
Berenice: Poveretta. Non sopportava più quella vita.
Secondo: Quale vita? La mia?
Berenice: La sua. Lei lavorava nel circo, poi d’improvviso non so cosa ha oscurato i suoi giorni fino…
Miriam: Fino a quando ha deciso di uscire da questa commedia
Secondo: Che vuoi dire?
Miriam: Che non è morta!
Secondo: Che dici?!
Miriam: I personaggi non possono morire veramente e noi per chi non l’avesse ancora capito siamo tutti personaggi, è questo che stava vedendo il pubblico qui presente una commedia. (Va da Consolina la sveglia e lei si alza lentamente con lo stupore e lo sgomento di tutti)
Secondo: Oh Mio Dio. (Sviene)
Aristide: Ma vuoi vedere che…..
Rosa: No.
Alfredo: Non mi dire.
Lisetta: Sì.
Berenice: Ma che dici?
Lisetta: Sì.
Umberto: Sì cosa? (Urlando)
Consolina: È uno spettacolo si, e siamo tutti personaggi.
Umberto: Ma che vuol dire siamo tutti personaggi?
Consolina: Vuol dire che non era vero niente, il nostro viaggio i nostri pensieri e parole non erano che battute di un copione, capisci ora!
Umberto: E’ impossibile, non diciamo idiozie per favore i personaggi se non sono recitati da un attore non hanno corpo sono parole scritte su un pezzo di carta e non siamo di carta noi!
Aristide: Allora siamo attori.
Alfredo: Ma se fossi stato un attore l’avrei saputo! Io sono Alfredo.
Miriam: E’ la prima volta che sento il tuo nome che strano, l’autore ha dimenticato di farci chiamare l’un l’altro.
Alfredo: Io sono capostazione mi chiamo Alfredo e viaggio in terza classe
Consolina: No tu sei un attore e non ti ricordi più nulla di te stesso!
Aristide: E’ vero, se fossimo tutti attori che hanno recitato fino a fondersi col personaggio tanto da non sapere più quale copione vivere?
Alfredo: Dei cattivi attori allora di sicuro.
Lisetta: Se fossimo attori ora avremmo una nostra vita a cui tornare ma io sono Lisetta e non so cosa altro essere al di fuori di questo.
Consolina: Chiedilo a quella signora dai. Lei ha visto tutta la nostra illusione sgretolarsi e ancora non dice nulla, ma sa benissimo che stiamo recitando tutti.
Secondo: Rispondeteci voi, avanti. (Sviene di nuovo)
Alfredo: Voi saprete se siamo attori perché qualcuno di noi sarà sicuramente un cane e non riesce a fare il personaggio, ditecelo! Per noi è una fortuna che qualcuno non sappia recitare, possiamo ricondurlo alla sua vera identità di attore. Diteci vi prego!
Rosa: Sì diteci!
Umberto: Forse siamo tutti cani e si vergognano a dircelo così.
Alfredo: Però si stà bene nei panni di un altro.
Berenice: Un altro chi?
Alfredo: Quello che non sono più completamente, il capostazione, quello che siamo diventati e quello che loro stanno vedendo.
Umberto: E’ vero i panni dell’ammiraglio mi stavano stretti, l’ho anche detto mi sembra.
Rosa: Sì a me.
Aristide: Anche io nei panni di tuo marito.
Rosa: Figurati io di tua moglie allora.
Berenice: Bene siamo liberi dai nostri panni.
Secondo: Non è una situazione molto semplice. 
Lisetta: No per niente. 
Berenice: Ora ti voglio io a trovare altri panni! Il problema non è toglierseli di dosso, è cucirne di nuovi! 
Secondo: Lei sa cucire? (A Rosa)
Rosa: No so Cucinare
Secondo: E allora cucini una commedia nuova o diventeremo matti
Rosa: Le commedie si scrivono non si cucinano imbecille!
Alfredo: Un personaggio si muove come una regina sulla scacchiera, come sulle rotaie un treno. Parla, pensa, piange come per ognuno è naturale fare secondo quello che porta nei vagoni, la posizione che occupa tra i scacchi, dove vuole o deve arrivare. Ora noi senza binari, senza scacchiera non sappiamo dove andare…. 
Miriam: E questa volta non abbiamo una ideologia a cui credere fino a farne una smorfia fredda sul viso, non c’è un Dio che possa portarci tutti in paradiso se siamo buoni e neppure basta più far finta di niente e lasciare che sia. Non avremo un direttore dell’albergo su cui scaricare la nostra paura del vuoto e non ci saranno piaceri sempre nuovi da rincorrere. Tolti questi panni non resteremo neppure nudi, noi, personaggi inventati, bambole o idioti che siano. Ammiragli, capostazione o mogliettine insoddisfatte sappiate che queste caricature sono tutta la nostra vita. Noi veramente non abbiamo altro che questi volti. I pensieri e le parole escono per bocca nostra certo ma passano per il cuore e la testa di uno scrittore. (Rivolgendosi al pubblico) Sembriamo ai vostri occhi avere tutto, ma di fatto non possediamo neppure un’ anima. Figuriamoci se questo corpo può avere un peso, non avete visto? Si è sparata in testa e non è uscito neppure il sangue. Per noi la morte è più drammatica che per i signori spettatori. Loro hanno il dubbio che dopo ci possa essere un altro mondo. Noi fuori di qui non siamo niente, possiamo solo sperare che qualcuno si ricordi di noi o che somigliandoci troppo, vedendoci in teatro, si possa liberare dei mostri che siamo. 
Aristide: Ma ora cosa, dove siamo?
Miriam: In un limbo in cui anche l’autore non sa a chi assegnare le battute. Forse rischiamo di scomparire per sempre. 
Lisetta: E che succede?
Miriam: La commedia è interrotta o forse, è solo il secondo atto.
Secondo: (Urla al cielo) Autore finiscila con questi problemi di insicurezza e complessi vari! Ti pare che gli altri sono meglio di te. Forza ripiglia a scrivere. Io sono stanco di essere nessuno e pure tu, e se tu non scrivi ti sentirai sempre nessuno, e ci metti a tutti in una condizione di anonimato insostenibile. Io gia stavo male prima, che mi hai fatto scemo e figlio di nessuno, ora se tu scioperi noi che si fa? Non c’è un sindacato personaggi, la signora sa solo cucinare lui gioca a scacchi e poi, che si fa forza? 
Consolina: Io vado via.
Berenice: Come te ne vai?! E noi?
Consolina: Voi tornate a fare il vostro lavoro di personaggi, io sono morta e non servo più alla storia. Dovete andare avanti senza di me.
Berenice: Già tu sei morta. E noi siamo vivi?
Alfredo: Non possiamo fare altro che quello che siamo.
Berenice: Ciao circense. Come ti chiami?
Consolina: Consolina. Andate. L’autore vi chiama a finire la storia
Secondo: Tornerai?
Consolina: Ogni volta che inizierà lo spettacolo entrerò con voi e alla fine morirò, lascerò la lettera a terra e chissà, se all’autore piace mi risveglierò e me ne andrò. Addio ora la vita mi chiama.
Secondo: Buona fortuna.
Umberto: E’ l’unica bolla che raggiunge l’aria. Noi dobbiamo ancora marcire nel profondo del lago. L’ammiraglio si riveste signori e torna a Magadino, nel suo piccolo spazio, a finire i suoi momenti di relax in quell’albergo senza nessuna direzione, a cercare la calzetta della befana che ora che ci penso è proprio da quelle parti, anzi sa che le dico signor Aristide vedo meglio anche le sue barchette sul lago che vendono tappeti colorati . Questo è il nostro compito: immaginare e far immaginare. Avanti al lavoro, dove eravamo rimasti, si è appena uccisa la signorina che faceva l’acrobata mi pare. 
Aristide: Mi ha convinto, torniamo al nostro albergo. Andiamo forza moglie la storia continua dobbiamo litigare ti devo tradire tu ti lamenti io sono un pò birichino tu sei stanca di me eccetera eccetera. (Si avviano tutti lentamente sul palco e si rivestono)
Rosa: Torno giusto perché oramai ti stavo lasciando.
Secondo: Questi sbalzi di realtà mi mettono ansia. Perché mai siamo entrati in una dimensione diversa da quella che conoscevamo bene? Per quale motivo ci si sveglia dai sogni se poi dobbiamo tornare a farli come prima? Che senso ha sapere che possiamo essere un’altra cosa se poi dobbiamo tornare ad essere gli stessi per sempre? Nessuno mi risponde, andrò in ansia lo so.


ATTO III 

Il risveglio

(Musica. Lentamente si rimettono nelle posizioni dell’ultima scena quando Consolina si era uccisa. )


Scena 1 

Rosa: E’ morta
Berenice: Ma forse sta solo dormendo
Miriam: Noi stavamo dormendo credo, mi sembra di essermi svegliata in questo momento!
Umberto: Si è sparata in testa con la mia pistola d’ordinanza, non può dormire
Aristide: “Morire…. Dormire….sognare forse, e se nel sonno…”
Secondo: Silenzio per favore! Un po’ di rispetto per questa ragazza
Alfredo: E’ vero
Berenice: Non sembra vero
Lisetta: Ma come si fa ad andare avanti dopo quello che è successo?
Alfredo: E’ quello che mi chiedo anch’io
Secondo: Questa poveretta si è tolta la vita e noi siamo qui in vacanza
Lisetta: Me la chiama vacanza questa?! In questa atmosfera cosi… vaga
Aristide: Una “vaganza”
Lisetta: Come si fa ad andare avanti dopo quello che è successo lì! (Indica il pubblico e tutti si girano)
Rosa: E cosa è successo?
Lisetta: Gia ha dimenticato?
Rosa: Oh mio Dio c’è un altro cadavere?
Lisetta: C’è un pubblico, questa è una commedia e tutte le nostre emozioni e pensieri ad alta voce sono finti, compresa questa mia arrabbiatura!! 
Secondo: (Silenzio) Effettivamente io mi sento condizionato da questi che mi guardano, non mi sento spontaneo
Rosa: (Al Pubblico) E voi non ci guardate! Tanto anche voi non siete voi, che credete! Anche voi siete il pubblico immaginario che lo scrittore vuole compiacere di continuo e non lo fa essere se stesso
Lisetta: Brava ben detto!
Alfredo: Mi vergogno, 
Miriam: Siamo nudi
Berenice: Senza pelle
Aristide: Immobili
Berenice: Tanto vale giocare allo scoperto
Miriam: Che vuoi dire?
Berenice: Usciamo fuori! Quello che hanno visto fino ad ora gli spettatori, è solo la scatola dove ci ha messo lo scrittore, quello che lui ha saputo cogliere e mettere in luce della sua vita, di quello che lui ha visto intorno a se! Ma tutto quello che si riesce a vedere di solito non è che una piccola parte, è solo la parte illuminata, dell’ Universo.
Aristide: E il resto?
Umberto: Quello ce lo abbiamo dentro
Alfredo: Dentro cosa?
Berenice: Dentro di noi
Aristide: Forse, oppure no, non importa dove sta, ma come ci si arriva
Miriam: Ce lo dica forza ingegnere!
Aristide: Io? Lei ha iniziato
Berenice: Dunque supposto che noi siamo la parte manifesta dello scrittore mascherata di fantasia, e che lo scrittore stesso è fermo alle sua fantasie divise in tante maschere apparentemente scollegate…
Alfredo: Vada al dunque per favore non ci vorrà fare un trattato di parapsicologia
Aristide: Ecco le tue parole potrebbero essere lo scrittore che si ribella ai suggerimenti che gli stessi personaggi gli stanno facendo: Tu credi di aver parlato, ma ora è lo scrittore che pensa ad alta voce. (Ride)
Secondo: Ma cosa ci sta dicendo, per favore, ma cos’è questo un manicomio, oppure mi state facendo tutti uno scherzo orribile che mi sta facendo impazzire
Rosa: Si calmi seguiamo quello che sta dicendo
Berenice: Noi viviamo in questo interregno creativo dove un uomo in un modo misterioso sta mettendo in scena i suoi pensieri ed emozioni e ci sta creando, ma per una magia delle cose siamo noi ora a dare vita alla sua vita, noi, personaggi inventati, suggeriamo a lui le battute da scrivere, in diretta, fantastico non vi pare?! Ma andiamo con ordine altrimenti io, voi, lo scrittore, il pubblico non ci capiamo niente, venite qui. (Si riuniscono intorno a lui) Fino ad ora abbiamo parlato così in modo direi automatico senza far altro che reagire alle parole e i caratteri scritti per noi. Mi chiedo c’era tutto di voi in quello che avete vissuto detto e fatto? Eravate completamente voi stessi o eravate costretti dalle vostre maschere a tal punto che non vi accorgevate neppure di esserlo? 
Miriam: Non siamo mica degli animali, dei cani o delle trote che…
Rosa: Buone quelle trote vero?
Alfredo: Ci sta dando dei cani?
Lisetta: No delle trote
Berenice: Ora ascoltatemi bene: l’aver capito durante la commedia che noi siamo dei personaggi, non ci permette di andare avanti in modo automatico come un momento prima 
Umberto: In pratica lei vuole dire che noi non siamo più solo personaggi ma anche la coscienza di esserlo e….
Secondo: E questo ci ossessiona e non ci fa andare avanti come prima
Aristide: “E’ la coscienza che ci rende vili e fa perdere alle nostre imprese anche il nome di azione”
Secondo: Basta con Amleto
Miriam: Ma è la coscienza che ci fa uomini liberi
Rosa: Ed ora che fare?
Berenice: C’è solo un’azione che possiamo fare quando un qualcosa ci chiude e non ci fa respirare
Alfredo: Aprirla!
Aristide: E come si apre una maschera
Berenice: Sarà lei ad indicarci la via: la dove è più stretta, dove fa più male, lì dobbiamo cercare, osservare, sentire, prendere un bel respiro e lasciare andare tutto quello che lo scrittore non ha potuto vedere, tutto quello che l’Universo non gli ha illuminato, lo scriveremo noi, con il nostro dolore, la nostra giovane coscienza. Se noi siamo la tua vita caro scrittore nella tua vita andremo a cercare, la dove tutto è sommerso, noi, poveri personaggi in scena nella tua mente e per miracolo qui davanti a un pubblico, riprenderemo a vivere, forza a lavoro, riuniamo i pezzi di questa storia e giù, dove neppure il diavolo scende!



Atto IV 

Il Purgatorio

Scena 1

(Si accendono piccole luci per ognuno che parlerà)
Consolina: Da bambina i miei mi portavano poco al circo, soffrivano a vedere i dromedari o gli elefanti a fare i cretini. Anche i pagliacci erano cretini dicevano e quelli che saltavano per aria come le scimmie da una parte all’altra con le corde e il trapezio…indovinate un po’? cretini anche loro! Ma una volta la scuola mi ci ha portato e da allora per i miei genitori ho delle idee cretine per la testa…ma sono diventata lo stesso un’acrobata. 
Ammiraglio: Mio padre era Ammiraglio e non accettava un figlio acrobata dovevo fare per lui il collegio navale e poi la carriere e così via…mi paralizzava la sua severità, persino a tavola prima doveva essere servito lui e poi noi, se avanzava…nel silenzio più assoluto. Mi costringeva a mangiare pane per riempirmi lo stomaco e mia madre mi passava da mangiare di nascosto…ma era troppo quel silenzio, assoluto e lui se ne accorgeva alla fine. Di buono c’è che amava mangiare ed io ho imparato da lui ad amare la tavola, il pesce soprattutto, le trote si, ma non amo tanto il silenzio quel silenzio assoluto come lo chiamava lui. 
Alfredo: Mio nonno era nelle milizie ferroviarie, ma non era capostazion come tutti noi nipoti pensavamo e neppure sapeva giocare a scacchi. Era uno sportivo e il posto ai campioni come lui, glie lo davano subito. Per questo abbiamo viaggiato molto e Magadino sul Lago Maggiore era il posto preferito da mia madre. Mio padre invece preferiva Peschiera del Garda dove era nato. Io preferisco il mare, una volta la marina ci ha offerto un soggiorno allo stabilimento di….avevo un cappellino blu e….
Secondo: Io ho l’impressione che voi mi stiate guardando e dentro di voi siete sicuri che io sia sbagliato. Ognuno vede negli altri lo sbaglio di cui ha paura lo sapevate questo?!! Perché sbagliare fa paura vero?! Finché c’è gente come voi che pensa di non sbagliare e disprezza chi sbaglia e sta li seduta a sentirsi perfetta solo perché non si mostra com’è veramente: ma io vedo ognuno di voi, vi guardo dentro e so che Dio sbaglia quanto me perciò state bestemmiando coi vostri occhi dentro la mia vita. Eccomi, guartatevi….nessuno si cambierebbe mai con me vero?! Lo so nessuno sente nel suo corpo il mio corpo. Perché il vostro corpo non vede, perché?
Aristide: Compassione ci vuole compassione. Sono cresciuto pieno di paure, ossessionato dagli sguardi della gente. Un vero equilibrista, ma non potevo fare il circo tutta la vita, sarei finito come quei cretini…oh questo pensiero non è mio scusate. Allora ho fatto ingegneria idraulica, per scoprire che in realtà amavo suonare il sax, io funziono così pensate, mi sono sposano col mio primo amore per scoprire che non sapevo amare. Così ora suono male l’armonica e mia moglie
Berenice: E’ vero mia madre mi passava la frutta sotto il tavolo ma un giorno….mi passò un mazzo di carte e mi disse sottovoce in quel silenzio assoluto “Prendi una carta e giocati la vita, noi non abbiamo più nulla da darti”Era una donna che amava guardare ad altri mondi visto che in questo non aveva trovato granchè e leggeva il futuro, abbiamo comprato chissà quanti biglietti della lotteria ma l’unica cosa che i suoi sogni premonitrici ci hanno fatto vincere è stato un viaggio a tutta la famiglia nel posto dove ci andavamo già da vent’anni a Magadino.
Lisetta: Di contro a mia madre così evanescente io sono diventate più scetica. Insicura come sono di tutto, perseguitata dagli sguardi della gente, mi sono indurita e ho preferito per quanto burbero l’abbraccio di mio padre, lei non mi abbracciava mai lui era semplice diretto, per quanto poi ora che ci penso , sotto al tavolo, se per caso passandomi la frutta mi sfiorava le mani io mi emozionavo, ma in quel silenzio, quel silenzio assoluto….io non avevo paura di mio padre ma del tuo sguardo freddo mamma, sei tu che….
Miriam: Assassina!! Hai lasciato un vuoto incolmabile dentro di me! Perché l’hai fatto?! Si era accorto che mi passavi la frutta sotto al tavolo ma lui lo ha sempre saputo! Perché l’hai ammazzato!? Era mio padre, era un mostro ma era mio padre…..tu sei un mostro…mi hai lasciato nel vuoto, un vuoto incolmabile…io ti volevo papà
Rosa: Eravamo a Magadino in albergo non c’èra nessuno quella sera neppure i camerieri , solo quel silenzio che mio padre imponeva a tavola un silenzio assoluto (Battute della seconda scena in sotto fondo) lei mi passa la frutta sotto al tavolo come ogni sera la comprava di nascosto da lui perché era cara lui la tormentava per risparmiare soldi, ma quel giorno, sento le mani di mia madre sento un brivido dentro e mi cade la renetta a terra…a quel punto iniziano a litigare sui soldi e il prezzo della frutta…mia madre apre il ripostiglio del pane dove papà aveva nascosto la pistola d’ordinanza e…

Coro: oggi non riesco più a scrivere questo testo, andar oltre non posso più, mi dispiace oggi proprio no. Questa maschera non l’avevo mai tolta mi dispiace, oggi proprio no (Buio)


Atto V 

L’Istituto Magadino

(Si riaccendono le luci e ci troviamo in una casa di cura con persone che hanno disagi psichici e sociali di tipo depressivo e altro, che stanno sistemando gli oggetti e i costumi di scena che hanno appena usato per una prova del loro spettacolo di fine anno)

Scena 1

Alfredo: (Ora in veste di educatore insieme a Lisetta) Stop, basta ragazzi per oggi, riprendiamo domani sera.
Rosa: (Confidandosi con Lisetta) Meglio così. Ascolta sono stanca, profondamente annoiata, di me, delle mie stupide sensazioni, che girano, girano sempre intorno alle stesse miserabili cose. (Piange) Se avessi portato fino in fondo i miei intenti, forse oggi avrei altri sentimenti, un'altra vita e questo vuoto che sento non mi farebbe così male. E invece mi trovo qui, a rimuginare quello che sono sempre stata. Vigliacca, che scorge gli altri stare tra le cose del mondo. Se dovessi dipingermi, starei tutto il tempo a scegliere dove mettere la luce. Il problema vero è che non conosco amore….
Lisetta: Andiamo, adesso è tardi, domani dovete alzarvi presto. Forza! Aristide mettiti il tuo di pigiama va bene?
Aristide: Si. Il mio pigiama è il tuo. Prima o poi ci sposiamo vedrai e si fa all’amore finalmente Si! Si! Si! Si! Si!
Lisetta: No. Rimettete a posto i costumi.. Berenice prendi le gocce.
Miriam: Domani che facciamo? 
Alfredo: Musica con la dottoressa Cerri. Andiamo adesso, copriti . E’ stata una esperienza molto bella vero? Un giorno la faremo in un teatro vero
Miriam: Mi piace il teatro, molto.
Umberto: Ascolta, ascolta quello che ho scritto “Nelle bugie del lago, scorgo, dietro la mia immagine tremula sull’acqua, il fondo dell’insoddisfazione, che vortici di solitudine rendono pericoloso”. 
Berenice: (Gridando) Sento prezioso e magico ogni istante della mia vita, ogni persona intorno è dentro di me. Amare è il senso di vivere. 
Alfredo: Ora ha i suoi momenti maniacali lasciala fare (A lisetta sottovoce)
Lisetta: Hai preso le gocce? Vai a richiamare Consolina.
Rosa: Io non lo faccio più questo cazzo di teatro va bene? Bastardi educatori. (Urlando)
Consolina: Anche io ho scritto una cosa: “Poter riconoscere in noi e sostenere la sintesi di vita e morte realizzata in quest’amoreggiare qui tra l’acqua di questo lago e la terra…. è il senso delle nostre vite”.
Alfredo: Bene. A letto adesso buonanotte. (A Lisetta) La scrivi tu la relazione? Domani è il mio giorno di riposo. Oggi sono stati bravissimi, non hanno sbagliato una battuta sembravano dei veri attori.
Lisetta: Rosa gli occhiali! Li prendo io. Le spegni tu le luci? Verrà secondo te il direttore dell’istituto domani?
Alfredo: Non è mai venuto. E poi i direttori oramai siamo noi, o no? (Ridono, buio)