Il buio sempre

Cinque scene drammatiche e un monologo liberamenti ispirati ai Racconti fantastici di Guy de Maupassant

Giancarlo Ferraris



I personaggi

Guy de Maupassant
Il canottiere
Sébastien, amico di Maupassant
Paul, guardiano del castello di Saint Jean
La donna del castello di Saint Jean
Il proprietario del caffè
Il commissario di Polizia
Auguste Delvaux, editore
Il segretario di Delvaux
La tombale, donna del cimitero di Montmartre
Philippe Grognard, medico ed ex compagno di scuola di Maupassant
Il servitore di casa Grognard
Juliette, figlia di Grognard
La governante di casa Grognard
Conte Marceau
Kumar, segretario del rajah Maddan
Sciali, la fanciulla dono del rajah Maddan

I tre punti di sospensione indicano:
- brevi momenti di pausa nei discorsi dei personaggi;
- discorsi interrotti o sospesi.



Prima scena. Sul fiume

Maggio 1885. Lo scrittore Guy de Maupassant sta trascorrendo alcuni giorni di riposo dalla sua attività letteraria in una casetta sulle rive della Senna, vicino alla città di Le Havre, dove fa la conoscenza di un singolare canottiere.

Maupassant
Perché non mi raccontate qualche storia, qualche fatto particolare che vi è accaduto nella vostra vita?... Se ho ben capito, da quello che mi avete detto, essa è trascorsa e trascorre tuttora sull’acqua!

Il canottiere dapprima si illumina negli occhi, poi si incupisce, iniziando a parlare quasi come un poeta.

Il canottiere
Ah! Quanti ricordi di questo fiume che vedete scorrere qui accanto a noi!
Quanti ricordi!... Voi, abitanti della terraferma, non sapete che cosa sia il fiume. Per me il fiume, benché lo frequenti quotidianamente da quando sono venuto al mondo, è una realtà misteriosa, sconosciuta, profonda… È il luogo dei miraggi, dove di notte si vedono cose che non esistono, si odono suoni strani e si ha paura come si dovesse attraversare un cimitero. Anzi dirò di più: il fiume è il più sinistro, il più tetro dei cimiteri, quello dove non si ha tomba.

Maupassant abbozza un leggero sorriso sulle labbra, poi si fa serio.

Maupassant
È davvero così spaventoso il fiume?

Il canottiere assume un’espressione ancora più cupa.

Il canottiere
Il fiume di notte è sconfinato… Un marinaio, sul mare, non può provare la stessa impressione di un canottiere, di un pescatore, insomma di un fiumarolo: il mare, pur vasto, pur grandissimo, ha i suoi confini, i suoi limiti; spesso è duro, crudele, grida, urla, fa sentire la sua voce possente, ma in fondo è leale, sincero; il fiume, invece, è silenzioso, perfido, bugiardo: non si lamenta mai, scorre nel suo letto senza fare il benché minimo rumore e questo procedere eterno e taciturno dell’acqua che scorre per me è più terrificante delle onde altissime, fragorose e travolgenti del mare e dell’oceano.
Maupassant guarda il canottiere negli occhi.

Maupassant
Parlate sempre e soltanto del fiume, ma di voi e di quello che vi è capitato non mi dite nulla. Perché?

Il canottiere
Aspettate… Non ho ancora finito… Alcuni, che io definisco sognatori perché altro non sono, sostengono che il mare celi degli abissi straordinari dalle tinte bluastre dove coloro i quali sono annegati nuotano insieme a grandi pesci e si riposano in grotte di cristallo. Il fiume, invece, ha soltanto abissi dalle tinte nerastre e fangose, dove coloro i quali vi hanno trovato la morte per annegamento imputridiscono insieme a una miriade di piccolissime, invisibili creature immonde. Un poeta, il cui nome non ricordo, parlando del mare disse:

O flutti, quante lugubri storie voi conoscete! Flutti profondi, temuti dalle madri inginocchiate, ve le raccontate a vicenda risalendo le maree. Esse vi danno voci disperate, che avete la sera quando avanzate verso di noi.

Ebbene, io sono profondamente convinto che le storie narrate dalle acque dei fiumi, dai loro canneti, dalla loro vegetazione siano più sinistre dei lugubri drammi narrati dagli ululati delle onde del mare.

Maupassant fa un lungo respiro, guardando perplesso il canottiere in volto.

Maupassant
Ho capito… Non ve la sentite di raccontare ciò che vi è capitato su questo fiume o magari su un altro… Di certo è qualcosa di poco piacevole, forse anche un po’ spaventoso, non è vero?

Il canottiere abbassa lo sguardo, tacendo per alcuni attimi. Poi, come rinfrancatosi dopo un evento doloroso, riprende a parlare con tono sereno.

Il canottiere
Il fiume è anche una realtà per molti aspetti gradevole e interessante… Bisogna però conoscerlo bene e l’unico modo per capire a fondo la sua natura è quello di viverci, di navigarci il più possibile… A proposito… Che ne dite oggi pomeriggio di farci una gita, noi due insieme, con il mio battello? È ancorato poco distante da qui… Se mi aspetterete in questo preciso punto vi verrò a prendere direttamente.

Maupassant
Non è male la vostra idea, anche se, devo essere sincero, mi suona un po’ strana…

Il canottiere
Perché strana?

Maupassant
Beh!... Da come vi siete espresso poc’anzi, mi pare proprio che abbiate paura del fiume… Ora, invece, mi proponete di farci una gita.

Il canottiere assume un’espressione pensierosa.

Il canottiere
Sì, è vero… Ho paura del fiume, eppure, come vi ho detto prima, è da quando sono nato che ci vivo… È la mia seconda casa, ma che dico, forse la prima... Non lo amo, ma non lo odio, lo temo, ma lo affronto tutti i giorni. È il mio destino…

Maupassant
E… Quanto mi costerà questa gita?

Il canottiere
Nulla! Proprio nulla, caro signore!... Siete, per così dire, mio ospite. O meglio siamo tutti e due ospiti del fiume.

Maupassant annuisce, sorridendo.

Maupassant
D’accordo… Speriamo soltanto che il fiume non se la prenda… Soprattutto non se la prenda con voi, dopo quello che avete detto.

La gita si svolge tranquillamente sul fiume e verso sera il battello attracca da dove era partito alcune ore prima.

Il canottiere
Allora, che ne dite di questo pomeriggio passato sul fiume?

Maupassant
Bene!... Non pensavo veramente che stare su un fiume potesse essere così gradevole! E che bellissimo spettacolo la natura ci ha offerto tutt’intorno!

Il canottiere guarda Maupassant negli occhi.

Il canottiere
Attento signore!... Anche se vi è piaciuto, il fiume è pur sempre quella creatura silenziosa, perfida e bugiarda di cui vi dicevo oggi pomeriggio.

Maupassant sorride.

Maupassant
Ricominciate?

Il canottiere
Voglio solo ricordarvi quella che, in fondo, è la vera natura del fiume.

Maupassant
Sentite, prima della gita mi avete detto che l’unico modo per capire a fondo il fiume è quello di viverci, di navigarci.

Il canottiere
E allora?

Maupassant
Vi faccio una proposta, chiamatela gioco se la cosa vi fa piacere: voi passerete la notte nella casetta dove soggiorno mentre io la trascorrerò sul vostro battello, naturalmente attraccato, un po’ sveglio e un po’ dormendo… Sul fiume… Per viverlo, per sentirlo, per imparare a conoscerlo, come avete detto, anche se in futuro, di certo, molto difficilmente lo navigherò come fate voi… Allora, che ne dite?

Il canottiere si illumina in volto.

Il canottiere
Volete veramente fare ciò?

Maupassant
Attendo una vostra risposta.
Il canottiere fa un lungo respiro, poi annuisce.

Il canottiere
D’accordo… Ma, vi avverto: potreste andare incontro a brutte sorprese. Uomo avvisato…

Maupassant
Mezzo salvato, conosco il proverbio… Io però dico, anzi sono convinto, che sarà una notte tranquilla e anche bella quella che passerò sul fiume.

È ormai notte. La luna splende in un cielo sereno. Come stabilito Maupassant è sul battello, attraccato a una delle sponde del fiume le cui acque scorrono calme mentre il canottiere si è sistemato nella casetta.

Maupassant
Molto bene… Voglio proprio godermi questa notte sul fiume e soprattutto voglio vedere se tutto quello che l’amico canottiere mi ha raccontato è vero... A dir la verità quest’uomo mi sembra anche un po’ pazzo. Mah!... Piuttosto, speriamo che abbia attraccato bene il battello a riva e che all’alba non abbia la sorpresa di trovarmi in mezzo al mare.

Maupassant si siede a poppa del battello e subito dopo accende la sua pipa. Passano alcuni minuti.

Maupassant
Che silenzio!... Non si sente proprio nulla a parte, ogni tanto e a intervalli, il leggero sciaguattìo dell’acqua sulle rive.

Maupassant continua a fumare, godendo del silenzio e contemplando il paesaggio notturno. Poco alla volta inizia però a sentirsi turbato.

Maupassant
Mmm… Questo silenzio è strano… Non mi sembra una cosa normale…

All’improvviso una rana emette un acuto gracidio che fa trasalire Maupassant.

Maupassant
Una rana… Che stupido!... Mi sono spaventato… Eh!...

Maupassant si guarda intorno con un certo sospetto.

Maupassant
Non c’è nulla!... È tutto tranquillo… Eh!... Questo tabacco però mi ha fatto venire la nausea… Eppure è della solita marca che fumo da anni… Non mi era mai successo prima.

Maupassant si tranquillizza, ma pochi istanti dopo improvvisamente il battello inizia a muoversi, turbando di nuovo il suo ospite.

Maupassant
E adesso che diavolo c’è?!... Che accidente sta succedendo, maledizione!... Che cosa c’è in questo fiume?!…. Che cosa c’è sotto questo battello?!

Il battello continua a muoversi con sempre maggior violenza, costringendo Maupassant ad alzarsi da poppa e ad aggrapparsi a una robusta fune per non cadere sul ponte o precipitare in acqua.

Maupassant
Dio del cielo!... Questa dannata barca sta facendo dei balzi giganteschi toccando alternativamente le due rive del fiume!... È… È come se una forza invisibile l’attirasse in fondo alle acque, la sollevasse verso l’alto e poi la lasciasse cadere…

Di colpo i movimenti del battello cessano.

Maupassant
S’è fermato!... Ah!... S’è fermato!... Ma che accidenti è successo?!

Maupassant si guarda intorno senza mollare la fune.

Maupassant
Oh Dio!... È passato… Che paura!... Non mi è mai accaduta una cosa del genere…

Maupassant alza gli occhi verso il cielo, poi si guarda intorno constatando che è tutto tranquillo.

Maupassant
Non c’è niente… Il cielo è sereno come prima con la luna che brilla… E anche le acque del fiume sono calme… Calme come se non fosse successo nulla… Che cosa strana!... Strana e terribile!... Mi sa proprio che l’amico canottiere ha ragione: il fiume è il posto dei miraggi, delle allucinazioni e di notte mette paura.

Maupassant lascia lentamente la fune, rilassandosi poco alla volta.

Maupassant
Forse…. Forse ho sognato…. Sì!... È l’unica spiegazione possibile… Certo!... È logico!... Mi sono addormentato senza accorgermene e ho sognato… E che cos’altro potevo sognare se non il fiume dopo tutto quello che mi ha raccontato il canottiere...

Maupassant si guarda attorno, cercando la sua pipa che scorge poco distante da lui.

Maupassant
La mia pipa… Dov’è finita la mia pipa?... Ce l’avevo in mano… Ah eccola lì!...

Maupassant raccoglie la pipa nel cui camino arde ancora un po’ di tabacco.

Maupassant
Che fortuna! Non si è spenta!

Maupassant fa un tiro con una certa energia.

Maupassant
Ah!... Mi ci voleva proprio dopo quello che è successo.

Sul volto di Maupassant si disegna un’espressione torva e pensierosa.

Maupassant
Perché ho detto “quello che è successo” e non “quello che ho sognato”… Perché?... La scienza medica che studia la mente dell’uomo e le sue malattie afferma che la coscienza umana è sempre vigile, sempre attenta anche quando noi siamo assenti, come nei momenti in cui dormiamo… Quindi se ho detto “quello che è successo” e non “quello che ho sognato” è perché quello che è accaduto è vero e non si tratta di un sogno.

Maupassant viene colto dalla stessa nausea provata poco prima.


Maupassant
Ah!... La stessa nausea di poco fa… Dannato tabacco.

Maupassant tira fuori da una delle tasche della giacca un piccolo sacchetto contenente il tabacco e lo getta nel fiume con rabbia.

Maupassant
Vai al diavolo tabacco della malora!

Maupassant scorge il sacchetto di tabacco galleggiare per alcuni secondi sulla superficie del fiume per poi sparire nei suoi flutti.

Maupassant
Visto che mi sono liberato del tabacco forse è meglio che getti via anche questa pipa.

Maupassant fa un lungo respiro, guardando dapprima il cielo e la luna poi il fiume.

Maupassant
Forse…. Forse il tabacco non c’entra nulla… Ho solo i nervi un po’ scossi… E ogni piccolo accidente mi sembra un evento fuori dal normale che mi turba… Devo stare calmo… Calmo…

All’improvviso la carena del battello viene colpita da qualche oggetto galleggiante e il rumore prodotto fa trasalire Maupassant una seconda volta.

Maupassant
Ah!... Dannazione!... Che c’è?... Che cos’è stato?

Maupassant inizia a sudare freddo copiosamente.

Maupassant
Devo stare calmo… Calmo!… L’ho già detto... Di certo qualche oggetto galleggiante, magari un pezzo di legno, ha colpito il battello.

Nel frattempo il fiume viene repentinamente coperto da una nebbiolina bianca molto fitta che impedisce a Maupassant di vedere ciò che lo circonda fino all’altezza della cintola.



Maupassant
Ah!... Cos’è questa nebbia così improvvisa e così strana?… Sto male!.... Sto male, dannazione… Provo un malessere orribile, sento le tempie scoppiare, il mio cuore batte come impazzito che sembra volermi soffocare… Io… Io devo andare via da questo posto… Via!

La nebbia si dirada leggermente e il fiume riappare in parte per alcuni attimi puntellato da strane forme in leggero movimento, che appaiono e scompaiono facendo trasalire Maupassant per la terza volta.

Maupassant
Che cosa sono quelle?... Che cosa sono?... Creature del fiume!... Spettri di gente morta annegata che marcisce nei suoi fondali neri e fangosi… Che orrore!... Che orrore!... Ho paura!... Ho paura!

Maupassant sta quasi per buttarsi in acqua, fermandosi all’ultimo istante.

Maupassant
Calmo!... Devo stare calmo!... Calmo… Il canottiere ha detto che il fiume è il luogo dei miraggi, dove di notte si vedono cose che non esistono e si sentono rumori strani… È un posto dove si ha paura come in un cimitero.

Maupassant fa un lungo respiro, riflettendo per alcuni secondi.

Maupassant
Ed è anche perfido e menzognero, il fiume… Scorre silenzioso, minaccioso… Silenzioso… Minaccioso…

Maupassant si scuote.

Maupassant
Ma io non devo avere paura… Non devo avere paura… Sì, lo so che dentro di noi ci sono due esseri, due io, due ego, in lotta perenne tra di loro: quello che ha coraggio e quello che invece ha paura… E il mio ego coraggioso deve scacciare il mio ego codardo… Ciò che ho visto in realtà non esiste e quindi non ho alcun motivo di avere paura.

Maupassant getta un’occhiata rapida al fiume che continua a essere puntellato di strane forme in movimento e alla fine torna a sedersi a poppa.

Maupassant
Sono stanco… Tanto stanco… Al diavolo il fiume, i suoi miraggi e i suoi rumori… Voglio dormire… Dormire e dimenticare.

Improvvisamente da una riva un cane lancia un cupo ululato.

Maupassant
Un cane… Che il diavolo se lo porti, bestiaccia!... Ah!... Questa volta non mi sono per nulla turbato… Bene…. Molto bene!... Segno evidente che il mio ego coraggioso ha vinto.

Maupassant chiude gli occhi per alcuni lunghi attimi poi li riapre, alzandosi quindi in piedi. Rimane esterrefatto nel vedere che la nebbia si è notevolmente diradata, raccogliendosi sulle rive del fiume dove ha formato delle collinette piuttosto alte le quali brillano al chiarore della luna sfavillante in un cielo bluastro e lattiginoso. Le strane forme in movimento, dapprima presenti sulla superficie del fiume, sono del tutto scomparse e le sue acque scorrono placide, quasi immobili, mentre rane e rospi iniziano a gracidare furiosamente.

Maupassant
Senti che musica!... Il potere e la bellezza della natura!... Un potere e una bellezza immensi, straordinari!

Maupassant si siede nuovamente a poppa.

Maupassant
Adesso però voglio dormire… Sì… Dormire… Il fiume… Il suo spettacolo è finito…

Maupassant si addormenta, risvegliandosi allo spuntare del giorno: un giorno grigio, freddo e piovoso, portatore di tristezza e di sciagure. La prima cosa che sente è la voce inorridita del canottiere.

Il canottiere
Signore! Signore!

Maupassant
Che cosa c’è?... Perché avete quella voce così spaventata?... Che accidenti è successo?...


Il canottiere
Guardate… A prua del battello!... Bisogna chiamare la Polizia… Subito!

Maupassant raggiunge la prua del battello e si sporge, vedendo chiaramente il cadavere di una vecchia vestita di nero con una grossa pietra al collo.



Seconda scena. Apparizione

Luglio 1885. Maupassant, in visita nella cittadina di Rouen, incontra per puro caso Sébastien, un suo caro amico notevolmente cambiato nell’aspetto.

Maupassant
Sono contento di rivederti, Sébastien… È da un paio d’anni che non ci vediamo, vero?

Sébastien
Sì… Un paio d’anni… Ma è come se ne fossero passati dieci, venti o anche trenta.

Maupassant sorride.

Maupassant
Ehh! Che esagerato che sei!... Addirittura trenta!

Sébastien si incupisce.

Sébastien
Anche tu fai finta di niente, come d’altra parte fanno tutti quelli che conosco, ma so perfettamente che ti stai chiedendo come mai sono diventato così vecchio in soli due anni.

Maupassant sorride di nuovo, poi diventa serio.

Maupassant
E va bene, Sébastien… Che cosa ti è successo?... In nome della nostra amicizia, ti prego di dirmi la verità, solo la verità.

Sébastien
Due anni fa mi sono follemente innamorato di una giovane donna e come in un’estasi di felicità l’ho sposata. Dopo appena un anno di passione irrefrenabile lei è morta all’improvviso, fulminata da un attacco cardiaco, forse uccisa dall’amore stesso.

Maupassant fa un lungo respiro.

Maupassant
Ora capisco il…
Sébastien
Il mio aspetto così incanutito… Dillo pure, senza paura di offendermi…

Maupassant
L’amore è una forza che può portarci su vette o sprofondarci in abissi.

Sébastien lancia uno sguardo profondo a Maupassant, incupendosi ancora di più.

Sébastien
Mi ha portato in entrambi i luoghi… In entrambi i luoghi… Hai capito, amico mio?

Anche Maupassant lancia uno sguardo profondo a Sébastien.

Maupassant
Credo di sì… Credo proprio di sì… Caro Sébastien...

Sébastien si riprende, rasserenandosi in volto.

Sébastien
Ma adesso parliamo per un momento di te.

Maupassant si indispettisce leggermente.

Maupassant
Di me?... E perché?

Sébastien si illumina negli occhi.

Sébastien
Vorrei… O meglio ti sarei infinitamente, eternamente grato, se potessi farmi una commissione, un servizio, che non è di certo grande, ma che richiede una buona dose di impegno… E anche un po’ di coraggio.

Alle parole di Sébastien Maupassant si incuriosisce.

Maupassant
E sarebbe?



Sébastien
Vorrei che andassi al castello di Saint Jean, dista poche miglia da Rouen, a prendere delle carte di cui ho urgente necessità che si trovano nel primo cassetto dello scrittoio nella mia camera… Dovrei dire di quella che fu la nostra camera… Non posso affidare questo compito a nessun altro perché ho bisogno che esso venga svolto da una persona assolutamente discreta come sei tu… Io per nulla al mondo ritornerò in quella casa… Ovviamente ti darò la chiave della camera che io stesso ho chiuso quando me ne sono andato e la chiave del cassetto… Ti sarà facile riconoscere queste carte dal momento che su di esse vi è la lettera S.

Maupassant
D’accordo… Ti renderò questo piccolo servizio… Non c’è nessun problema da parte mia… Proprio nessuno.

Sébastien
Bene…. Molto bene… Adesso vieni con me, andiamo al più vicino caffè a fare colazione e a parlare di ciò. Ti preparerò anche una lettera di presentazione, che è anche e soprattutto un lasciapassare, per il vecchio Paul, il guardiano… Quello non fa entrare nessuno se non vede prima la mia firma.

Dopo essere stato con Sébastien al caffè e aver ricevuto le due chiavi, Maupassant parte alla volta del castello di Saint Jean che raggiunge verso metà mattina.

Maupassant
Eccolo il castello di Saint Jean… Mmm… Che razza di posto… Sembra abbandonato da trent’anni.

Maupassant si avvicina al maniero. All’improvviso compare il guardiano Paul che gli si avvicina con fare sospettoso.

Paul
Chi siete e che cosa desiderate?

Maupassant
Devo entrare nel castello…

Paul
E perché?
Maupassant tira fuori dalla tasca interna della giacca la lettera di presentazione datagli dal suo amico Sébastien.

Maupassant
Leggete e capirete, Paul.

Paul
Conoscete il mio nome, dunque… Chi ve lo ha detto?

Maupassant
Leggete e capirete.

Paul apre la lettera e la legge lentamente, assumendo un’espressione addolorata e anche spaventata.

Paul
Volete, dunque, andare nella sua camera?

Maupassant guarda Paul negli occhi.

Maupassant
Perbacco! Avete forse intenzione di farmi un interrogatorio?

Paul
No, signore… Assolutamente!... Solo che… Quella camera non è stata più aperta da… Dopo la morte della signora… Vi prego!... Abbiate la pazienza di aspettare alcuni minuti… Voglio andare a vedere se…

Maupassant si spazientisce.

Maupassant
Ma insomma, vi burlate di me? Non potete di certo entrarci dal momento che solo io ho la chiave.

Paul abbassa lo sguardo tacendo per alcuni istanti, poi riprende a parlare guardando Maupassant in volto.

Paul
Venite con me… Vi mostrerò la strada.


Maupassant
Indicatemela e andate via… Troverò da solo la camera.

Paul
Vicino alla porta della camera c’è una mensola con sopra un lume… Prendetelo, perché non credo proprio che i vostri occhi potranno vedere qualcosa là dentro senza l’aiuto di una qualche luce.

Pochi secondi dopo Maupassant è davanti alla porta della camera che apre senza alcuna fatica.

Maupassant
Accidenti che buio! Non riesco a vedere proprio nulla… E che odore di muffa… È meglio che prenda il lume di cui diceva il vecchio.

Maupassant prende il lume, lo accende ed entra nella camera.

Maupassant
C’è un bel disordine qui dentro: letto, comodini, poltrone, secrétaire, cassettone tutto alla rinfusa e con sopra una montagna di polvere… L’armadio poi è mezzo rotto, sfondato addirittura… Non vedo però lo scrittoio… Ah eccolo!... Là, in fondo… Per fortuna sopra non c’è niente, a parte la polvere.

Maupassant si avvicina al letto.

Maupassant
Il letto è senza lenzuola, ma ha materassi e guanciali… Mmm… Strano… Su uno di questi guanciali c’è l’impronta profonda di un gomito o di una testa come se qualcuno vi si fosse appoggiato da pochissimo…

Maupassant si avvicina alla finestra della camera.

Maupassant
Cerchiamo di aprire questa finestra e di farvi entrare la luce del giorno.

Maupassant appoggia il lume su una sedia e cerca di aprire, invano, la finestra chiusa con delle imposte le cui parti metalliche sono molto arrugginite.



Maupassant
Niente da fare… Pazienza… Vorrà dire che basterà la luce del lume… Sarà bene che mi metta subito a cercare le carte di cui mi ha parlato Sébastien senza perdere tempo.

Maupassant riprende il lume e si avvicina allo scrittoio, ne apre il cassetto e inizia a frugarvi.

Maupassant
È strapieno di carte questo cassetto! Io, comunque, devo prendere solo quelle di cui m’ha detto il mio amico Sébastien: le carte con sopra la lettera S.

Mentre sta cercando le carte Maupassant sente un leggero scricchiolio dietro di sé e subito dopo viene investito da una leggerissima, ma percettibile aria fredda. Istintivamente si volta.

Maupassant
Da dove diavolo viene quest’aria fredda?

Maupassant alza il lume muovendolo orizzontalmente davanti a sé per rischiarare il più possibile la camera.

Maupassant
Ah?!... Ma c’è una porta là in fondo… Prima non l’avevo vista.

Maupassant si avvicina alla porta.

Maupassant
E sì… È proprio da questa porta mezza tarlata che proviene questa leggera aria fredda… Chissà che cosa c’è dietro, dove conduce… Non riesco a immaginarlo… Forse in cucina o nel salone o nel giardino…

Maupassant afferra la maniglia della porta, che è però bloccata dalla ruggine, muovendola ripetutamente senza alcun risultato.

Maupassant
Niente da fare… Non si apre… Mmm…. Torniamo a noi e vediamo di prendere le carte e poi di andarcene via da questo posto di fantasmi.

Maupassant si accosta nuovamente allo scrittoio e continua a frugare nel cassetto.
Maupassant
Eccole... Finalmente!... Eccole qui le carte di Sébastien.

Maupassant appoggia il lume sullo scrittoio e ne aumenta la fiamma in modo tale da rischiarare maggiormente la camera.

Maupassant
Chissà che cosa c’è scritto su questi fogli… Bah! Non ho mai ficcato il naso negli affari degli altri e non intendo iniziare proprio ora… Anche se la mia curiosità, non so come mai, questa volta è veramente molto forte.

Maupassant rimane per alcuni attimi immobile, fissando le carte.

Maupassant
È ora di ritornare a Rouen… Non perdiamo altro tempo!

In quel preciso momento Maupassant sente dietro di sé un sospiro lungo e sofferente che lo fa rabbrividire e voltare di scatto, lasciando cadere sul pavimento le carte. Al suo cospetto vi è una giovane donna, alta, vestita di bianco, con lunghissimi capelli corvini sciolti che lo guarda con un’espressione dolorosa.

Maupassant
Chi… Chi… Chi siete voi?... E… E… Cosa volete… Da me?...

La donna si avvicina a Maupassant allungando le braccia e rivolgendoglisi con tono supplichevole.

La donna
Ah, signore… Signore… Vi imploro… Potete farmi un grande favore?!...

Maupassant, letteralmente pietrificato, lascia cadere le carte mentre dalla sua bocca esce soltanto un suono indistinto. La donna riprende a parlare con lo stesso tono.

La donna
Volete?... Voi potete salvarmi, potete guarirmi… Soffro atrocemente… Oh sapeste quanto sto soffrendo!

La donna si siede su una delle poltrone che stanno vicino al letto, porgendo a Maupassant un pettine.


La donna
Vi prego, signore… Pettinatemi… Oh, sì!... Pettinatemi!... Mi guarirete… Bisogna che qualcuno mi pettini… Guardate la mia testa… Come soffro!... E che male mi fanno questi capelli così lunghi.

Maupassant, pur provando una sensazione di freddo e di ribrezzo, inizia a pettinare la donna che sospira e inclina la testa mentre sul suo volto si disegna un’espressione di gioia.

La donna
Oh, che sollievo!… Mi fate la donna più felice del mondo, signore.

Maupassant continua a pettinare i lungi capelli della donna senza più provare l’iniziale sensazione di freddo e di ribrezzo, anzi con sempre maggior energia e ritrovato coraggio tanto da iniziare a parlare.

Maupassant
Chi siete? E perché vivete in questo posto così buio e così orribile?

La donna
Io non sono niente… Non sono nulla, signore…

Maupassant
Non vi credo… Voi siete innanzitutto una donna che ha bisogno urgentemente di aiuto… È soprattutto la vostra mente più che il vostro corpo ad averne bisogno… E io posso darvelo.

La donna
Io non sono niente… Non sono nulla, signore…

Maupassant
Insistete, allora!...

Con un gesto rapido e inaspettato la donna afferra con la destra, bloccandola, la mano di Maupassant intenta a pettinare. Maupassant rabbrividisce.

Maupassant
Dio del cielo! Siete fredda come una…

La donna
Come una morta, non è vero?
Maupassant si libera dalla stretta, ansimando e allontanandosi con rabbia e con paura dalla donna.

La donna
No! Vi prego! Non andatevene!... Ho ancora bisogno di voi…

Maupassant si calma, facendo un lungo respiro.

Maupassant
Invece me ne andrò se non mi dite chi siete e per quale motivo vivete qui dentro.

La donna
Come ve lo devo dire… Io non sono niente… Non sono nulla.

Maupassant ha un sussulto.

Maupassant
Io… Io, invece, credo proprio di aver capito chi siete… Sì, lo so… È pazzesco, assurdo, terrificante… Ma non può che essere così… Voi siete…

La donna si alza dalla sedia e inizia a recitare dei versi.

La donna
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell’amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantano nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l’anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?

Improvvisamente con un movimento rapidissimo la donna si avvicina a Maupassant, gli strappa il pettine che ha ancora in mano e si precipita verso la piccola porta posta in fondo alla camera scomparendo dietro di essa.

Maupassant
Ah!... È scomparsa… La porta… Sto impazzendo, per Dio!... Sto impazzendo!... Via da questo posto di spettri!... Via!…

Maupassant fugge dalla camera senza curarsi di raccogliere le carte da consegnare a Sébastien che gli erano cadute per l’emozione di trovarsi al cospetto di quella donna. Nella tarda mattinata è di nuovo a Rouen, al caffè dove si è intrattenuto con il suo amico Sébastien il quale, però, si è volatilizzato.

Maupassant
Non sapete proprio dove sia andato?

Il proprietario del caffè
No, signore… Ha pagato il conto della colazione e poi non l’ho più visto, ne ha detto a qualcuno dei camerieri dove andasse.

Maupassant abbassa lo sguardo, pensieroso, poi esce dal caffè dopo aver salutato con un cenno il proprietario.

Maupassant
Forse è stato tutto soltanto un sogno… Un incubo…

Maupassant scorge sul suo gilet alcuni lunghi capelli corvini, restandone inorridito.

Maupassant
Dio del cielo!... Non è stato un sogno, né tantomeno un incubo!... questi capelli!... Orrore!... Orrore!... Sono veri... Sono veri!

Rapidamente Maupassant, con un fremito violento, toglie dal gilet uno a uno i capelli gettandoli via. Poi, ritornato in sé, riflette su ciò che è accaduto.


Maupassant
Voglio, anzi devo sapere chi è quella donna, maledizione!... Altrimenti mi porterò dentro questo dubbio fino all’ultimo giorno della mia vita.

Maupassant si reca presso la sede della Polizia di Rouen per avvisarla circa l’esistenza di una donna nel castello di Saint Jean.

Il commissario
Apro subito un’indagine… Io e miei uomini faremo una perquisizione a fondo nel castello. Se quella donna che voi dite di aver visto è lì, sicuramente la prenderemo.

Maupassant
Quello che vi ho raccontato è assolutamente vero, commissario.

Il commissario
Non ho motivo di dubitarne, signor Maupassant… Dobbiamo però trovare sul serio quella donna a conferma di ciò che avete detto.

La Polizia esegue una minuziosa perquisizione nel castello senza tuttavia trovare nessuna donna in esso nascosta. Il commissario convoca Maupassant in sede per informarlo.

Il commissario
La perquisizione non ha dato nessun esito, signor Maupassant… Nessuna donna risulta o è risultata abitante nel castello di Saint Jean… Mi dispiace per voi… So che avete detto la verità, ma senza testimoni o prove materiali ulteriori non posso fare altro che chiudere l’indagine.

Maupassant guarda il commissario in volto.

Maupassant
Avete fatto il vostro dovere… Ora questa faccenda è solo mia… Solo ed esclusivamente mia.



Terza scena. Le tombali

Settembre 1885. Maupassant è a Parigi dove incontra Auguste Delvaux, un importante editore interessato a pubblicare una nuova serie di suoi racconti.

Maupassant
La vostra proposta è interessante… E mi rende alquanto felice… Non avrei mai immaginato che un giorno la mia attività di scrittore mi avrebbe fatto guadagnare così tanto.

Dalvaux
Credetemi, signor Maupassant: il più felice sono io che pubblicherò i vostri nuovi racconti.

Maupassant fa un lungo respiro, assumendo un’espressione pensierosa.

Maupassant
Facciamo un po’ il punto sulla situazione… Allora, in base al contratto che mi avete sottoposto, devo fornirvi, a partire dal gennaio del prossimo anno, due racconti brevi al mese per dodici mesi consecutivi per un totale di ventiquattro scritti… Ogni racconto deve essere lungo almeno quindici pagine… Quindi in un anno dovrei scrivere trecentosessanta pagine, una al giorno.

Delvaux guarda Maupassant in volto, sorridendo in modo un po’ sornione.

Delvaux
Una pagina al giorno per uno come voi presumo che non sia nulla, signor Maupassant… Fra l’altro di tratta di una pagina ben retribuita.

Maupassant lancia uno sguardo profondo a Delvaux.

Maupassant
Vedete Delvaux, non è il numero delle pagine che conta, ma quello che le pagine contengono…

Delvaux
Perdonatemi… Io sono un editore e in un modo o in un altro devo sempre fare i conti: di quante pagine è formato un libro, quante copie di questo libro devo stampare, quanto costano la stampa e la distribuzione, quanto devo dare all’autore e soprattutto quanto ci guadagno io… Non è, come qualcuno dice, deformazione professionale: il problema è che se non faccio questi conti non posso andare avanti con la mia attività.

Maupassant
Oh certo!... Capisco… Eccome se vi capisco!

Delvaux
Avete anche voi una casa editrice?

Maupassant
Assolutamente no!... Sono negato per il commercio… Però so che cosa vuol dire “fare i conti”… Soprattutto quando i soldi sono pochi o mancano del tutto.

Delvaux tace per alcuni istanti, poi riprende a parlare.

Delvaux
Allora, signor Maupassant, vogliamo firmarlo questo contratto?

Maupassant alza le braccia sorridendo per poi abbassarle.

Maupassant
E sia!... Che si firmi il contratto.

Delvaux
Molto bene!

Delvaux fa un cenno al suo segretario che gli porta un vassoio con calamaio, un paio di pennini e due copie del contratto. Subito dopo Maupassant e l’editore firmano.

Delvaux
Oggi, a pranzo, siete mio ospite, signor Maupassant.

Maupassant
Vi ringrazio… Il quartiere di Montmartre è lontano da qui?

Delvaux
No, o meglio non è vicinissimo, ma neppure distante… Lo si può raggiungere anche a piedi, se si desidera fare una bella passeggiata… Oppure si può prendere la vettura pubblica: c’è n’è una ogni mezz’ora.

Maupassant
Ci andrò a piedi.

Delvaux
È un quartiere molto caratteristico e molto vivace quello di Montmartre…

Maupassant
In realtà, non mi interessa visitare il quartiere che, peraltro, già conosco, quanto piuttosto il suo cimitero.

Delvaux
Il cimitero? E come mai?

Maupassant assume un’espressione triste, abbassando leggermente lo sguardo.

Delvaux
Oh perdonate la mia curiosità, signor Maupassant.

Maupassant guarda Delvaux negli occhi.

Maupassant
Tranquillo!... Non c’è proprio nulla da perdonare… Il cimitero di Montmartre è legato a una mia vicenda sentimentale: vi è sepolta un’amante che mi aveva preso strettamente nei suoi lacci, una donna deliziosa il cui ricordo mi rattrista e al tempo stesso suscita in me grossi rimpianti… E poi i cimiteri mi piacciono, se così si può dire, perché sono città mostruose, prodigiosamente abitate… Pensate quanti morti sono raccolti in quel piccolo spazio, quante generazioni vi hanno trovato la loro dimora per sempre: un vano minuto coperto da una lapide o segnato da una croce mentre i vivi occupano tanto spazio e fanno tanto chiasso, razza di imbecilli!... E poi ancora nei cimiteri si trovano opere d’arte interessanti al pari dei musei.

Delvaux
Se vi piacciono, si fa per dire ovviamente, i cimiteri, andate pure… Vi auguro una buona visita.

Maupassant e Delvaux si salutano. Maupassant, dopo aver lasciato la sede della casa editrice, si reca al cimitero di Montmartre.

Maupassant
Che posto!… Si fiutano il senso profondo della solitudine e la fine degli esseri umani!... Sarà anche colpa di questo autunno così precoce, intriso di umidità che odora di foglie morte e di sole anemico… Di questo cimitero adoro soprattutto la parte abbandonata, solitaria, piena di grandi tassi, detti anche gli alberi della morte, e di cipressi, piante verdissime nutrite di cadaveri umani…. Ora però è bene che porti all’ultimo giaciglio della mia fedele amichetta l’omaggio fedele del mio ricordo.

Maupassant raggiunge la tomba della sua amante sulla quale si ferma sospirando e trattenendo le lacrime.

Maupassant
È così, cara amica mia… È così…

Maupassant sta per andarsene quando vede una donna in abiti da lutto inginocchiarsi sulla tomba vicina e piangere dapprima sommessamente poi più forte, con sussulti violenti del collo e delle spalle, fino ad accasciarsi senza conoscenza sul marmo del sepolcro. Maupassant, prontamente, la soccorre e solo dopo alcuni, seppur lunghi, secondi, ella rinviene.

La donna
Oh!... Che c’è?... Che è successo?...

Maupassant
Vi siete sentita male, signora, ma è passato.

La donna guarda Maupassant negli occhi, rendendosi conto dell’accaduto.

La donna
Grazie, signore, che mi avete soccorso… Non so quanto tempo sarei rimasta qui se non ci foste stato voi.

Maupassant legge l’iscrizione apposta sulla lapide.

Maupassant
Qui riposa Louis-Théodore Carrel, capitano di fanteria caduto in Tonchino. Pregate per lui.

La donna con un piccolo gesto della mano indica la tomba.

La donna
Mio marito… È morto dopo appena un anno di matrimonio… Mi ha sposato per amore... Ero orfana di padre e di madre e avevo appena la dote richiesta dalla legge.

Maupassant
Non potete trattenervi qui… Vi accompagno a casa.

La donna
Non posso camminare come prima.

Maupassant
Non preoccupatevi… Vi sosterrò io.

La donna
Grazie, signore, siete molto buono… Anche voi venite qui a piangere un morto?

Maupassant
Sì, signora.

La donna
Una morta?

Maupassant
Sì… Una morta.

La donna
Vostra moglie?

Maupassant
Un’amica.

La donna
Si può amare un’amica come la propria moglie… La passione non ha legge.

Maupassant
Proprio così, signora.

Maupassant e la donna escono dal cimitero, quest’ultima appoggiandosi quasi completamente al suo accompagnatore.

La donna
Non mi sento bene…

Maupassant
Volete entrare in qualche locale a bere un caffè o un tè?

La donna
Sì… Sì, grazie… È quello che mi ci vuole.

Maupassant
Mi pare di aver visto una locanda qui vicino… Ci andiamo subito.

Poco dopo i due sono seduti a un tavolo intenti a bere del tè.

Maupassant
Va meglio?

La donna
Sì… Questo tè mi ha rinfrancato il corpo e l’animo.

Maupassant
Ne sono felice.

La donna
È triste, tanto triste essere sola nella vita, in casa, fuori, di giorno e di notte… E non avere più qualcuno a cui dedicare l’affetto, l’intimità, la fiducia.

Maupassant guarda la donna negli occhi, sorridendo.

Maupassant
Entrando mi pare di aver visto una saletta con un divanetto… Perché non ci andiamo a fare un po’ di conversazione?... Vi farà bene parlare… E farà bene anche e me.

La donna
Sì… Parlare fa sempre bene… A me in particolare.

Maupassant e la donna si spostano nella saletta, sedendosi sul divanetto spalla a spalla.

Maupassant
Sentite?

La donna
Che cosa?

Maupassant
Il calore dei nostri corpi che si mescola attraverso i vestiti.

La donna si scosta da Maupassant.

La donna
Ci state forse provando, signore?

Maupassant guarda la donna negli occhi dapprima sorridendo, poi seriosamente.

Maupassant
Che cosa ve lo fa supporre?

La donna
Conosco la commedia e con me non funziona…

Maupassant abbraccia e bacia la donna prima sugli occhi, quindi con grande passione sulla bocca senza esserne respinto. Poi la donna reagisce e lo allontana da sé, balzando in piedi e alzando il tono della voce.

La donna
Finitela!... Finitela!

Anche Maupassant balza in piedi dal divanetto, alzando il tono della voce.

Maupassant
E come potrei?... Come potrei?...

La donna assume un aspetto languido, tenero, rassegnato mentre il tono della sua voce diventa suadente.


La donna
Veramente mi desiderate così tanto?... O il vostro è solo un capriccio?

Maupassant
Siete bellissima e straordinaria!

La donna
Straordinaria, addirittura!

Maupassant
Sì… Lo siete davvero.

La donna si avvicina alla finestra della saletta da cui si scorge un giardino, iniziando a piangere nuovamente. Maupassant le si avvicina.

Maupassant
Che cosa vi succede adesso? Perché piangete?

La donna
So come finirà… Non è la prima volta che mi accade…

Maupassant mette le mani sulle spalle della donna, invitandola a voltarsi verso di lui e parlandole con tono gentile.

Maupassant
È successo per colpa degli altri o per colpa vostra?

La donna si volta, continuando a piangere sommessamente.

La donna
Non lo so… Non lo so… So soltanto che…

Maupassant
Se vi dicessi che questa volta sarà diverso, che cosa mi rispondereste…

La donna smette di piangere, sorridendo e abbracciando leggermente Maupassant.

La donna
Che mi fareste una donna felice e non più sola…

Maupassant bacia i capelli della donna.
Maupassant
Dove abitate?

La donna
In un quartiere popolare… Un piccolo appartamento con due stanzette e una latrina.

Maupassant
E che cosa fate per vivere?

La donna
La serva presso qualche signore e lavoretti vari.

Maupassant
Se avete bisogno di denaro non fate complimenti e non sentitevi in imbarazzo nel chiederlo.

Gli occhi della donna si illuminano di una luce torva.

La donna
Tutti abbiamo bisogno del denaro… Come si potrebbe andare avanti sennò?

Maupassant tira fuori dalla tasca interna della giacca il portafogli, lo apre e ne estrae alcune grosse banconote.

Maupassant
Tenete… Vi potranno far comodo…

La donna con un gesto repentino prende le banconote, stringendole forte in mano.

La donna
Grazie… Avete fatto una buona azione… Vi ricompenserò… Statene certo.

Maupassant
Sarei contento di trascorrere il resto del pomeriggio con voi e magari di cenare insieme… Se le mie due proposte sono di vostro gradimento, ovviamente…

La donna guarda Maupassant negli occhi con un’espressione felina.
La donna
E come potrei non accettare il vostro invito… Come potrei?

Qualche tempo dopo Maupassant ritorna al cimitero di Montmartre.

Maupassant
Sono certo di incontrarla di nuovo quella donna di cui non conosco neppure il nome… Già… Io non le ho chiesto il suo e lei non mi ha chiesto il mio… Bizzarrie del genere umano!... Com’è strano poi il fatto che non sia riuscito a dimenticarla… Il suo ricordo mi pervade come un mistero, come un problema di psicologia, come uno di quei dilemmi inspiegabili la cui soluzione ci assilla giorno e notte.

Maupassant si avvicina alla tomba del marito della donna che aveva conosciuto.

Maupassant
Che strano… Né fiori, né corone su questa lapide… Come mai?

Pochi attimi dopo Maupassant vede avvicinarsi una coppia: un uomo di mezza età, elegantemente vestito, che sorregge la stessa donna conosciuta proprio nel medesimo luogo e frequentata fino a poco tempo prima. Maupassant rimane sbalordito poi ha come una illuminazione.

Maupassant
Ma che razza di donna è mai questa cacciatrice sepolcrale?... Ahh! Ma certo!... Ora capisco!... Ora è tutto chiaro!... È una meretrice, una prostituta, una puttana che adesca sulle tombe gli uomini tristi, ossessionati da una femmina, fidanzata, sposa o amante che fosse, poco importa… Ne ho sentito parlare, ma non pensavo che potessero esistere veramente… E come lei ce ne sono altre che battono i cimiteri allo stesso modo del marciapiedi… Le chiamano le tombali…

Maupassant osserva i due che camminano sempre più stretti l’uno all’altra.

Maupassant
Vorrei tanto sapere di chi è vedova, oggi!... Vorrei proprio tanto saperlo!




Quarta scena. Il “tic”

Ottobre 1885. Maupassant viene invitato ad Amiens al matrimonio della figlia del dottor Philippe Grognard, stimato medico nonché suo ex compagno di scuola.

Grognard
Carissimo! Benvenuto a casa mia! Hai fatto buon viaggio?

Maupassant
Direi di sì… A parte alcuni ritardi del treno.

Grognard
Il treno... Lo detesto!... Meglio la vecchia diligenza, anche se sicuramente meno comoda.

Maupassant sbuffa leggermente.

Maupassant
È stato un viaggio un po’ troppo lungo… Comunque, sono contento di essere qui per un evento ogni tanto gioioso… E a proposito: dov’è la sposina?

Grognard
È andata a fare acquisti con la governante… Dovrebbero rientrare tutte e due non molto.

Maupassant sorride ironicamente.

Maupassant
A costo di voler passare per distratto e soprattutto per villano, tua figlia si chiama Juliette, non è vero?

Grognard
Sì, si chiama Juliette… E non sei per nulla distratto e villano, credimi!

Maupassant
Ricordavo bene, allora.

Grognard con un sonoro schiocco delle dita chiama un servitore facendogli cenno di prendere la piccola valigia che Maupassant ha con sé.

Maupassant
Vedo che hai conservato il tuo noto schiocco delle dita… Lo stesso che avevi a scuola.

Grognard
Ah che tempi quelli!... E quante burle facevi!

Maupassant ride fragorosamente.

Maupassant
Come quella volta che ho fatto ubriacare il nostro compagno Yves Choucas e poi gli ho ingessato una gamba facendogli credere che se l’era rotta!

Anche Grognard ride allo stesso modo.

Grognard
Già!... E lui, poveretto, diceva: «Ma che strano?! È rotta, ma non mi fa male!»

Maupassant
E ti ricordi quando ho portato su un vassoio le chiavi della biblioteca a Georges, il bidello, dopo che le avevo fatte passare sul fuoco del caminetto del refettorio?

Grognard
Sì!... Il poveretto lanciò un urlo terribile quando le prese in mano!

Maupassant
Lo credo bene!... Erano bollenti!

I due ridono ancora fragorosamente.

Grognard
Eri indisciplinato al massimo grado!

Maupassant
Però avevo anche dei bei voti… Soprattutto in francese e in latino…



Grognard
È vero… Eri il primo della classe… E non solo nelle discipline umanistiche, ma anche in tutte le altre materie.

Maupassant
Compreso il canottaggio, che amavo e amo tuttora.

Grognard
Eri un grande vogatore, energico e preciso.

Maupassant
Me la cavo bene anche ora, sai…

Maupassant e Grognard si guardano negli occhi per alcuni istanti.

Grognard
Adesso seguimi… Ti faccio vedere dove alloggerai… Ti ho preparato una camera linda e accogliente… E questa sera cenerai insieme a me e Juliette.

Maupassant
Ti ringrazio per la tua straordinaria ospitalità.

Grognard
Fra l’altro, Juliette è una accanita lettrice dei tuoi racconti e dei tuoi romanzi… Credo che li abbia tutti.

Maupassant sorride.

Maupassant
Tua figlia è fantastica!... Dico sul serio… Non vedo l’ora di conoscerla.

Più tardi Juliette e la governante rientrano. Maupassant rimane stupito e anche turbato quando vede la figlia di Grognard: una venticinquenne piccola, magra e pallida, dall’aspetto molle, stanco, spossato e dalla bellezza diafana come quella di un essere capace più di apparire che di esistere veramente.

Grognard
Sei sorpreso, vero?

Maupassant cerca di celare il suo sbalordimento.
Maupassant
No, no… Ma che stai dicendo?!... Ecco… Io… Scusami… Sono un po’… Un po’…

Grognard
Sorpreso… Come ho detto… Non pensavi che ti saresti trovato di fronte una creatura così particolare, non è vero?

Maupassant mette un braccio sulle spalle di Grognard rivolgendoglisi con tono gentile, ma deciso.

Maupassant
Che cosa è successo a tua figlia?... Che cosa le è accaduto?… Tu sai che ti sono amico dai tempi della scuola e con me puoi parlare liberamente, puoi confidarti in maniera pressoché totale… Come se io fossi il tuo confessore, il tuo direttore spirituale… Che c’è?

Grognard fa un lungo respiro poi guarda Maupassant negli occhi.

Grognard
Mia figlia Juliette soffre di una strana malattia della quale si ignora la causa… Soffre di disturbi nervosi incomprensibili… Di volta in volta i medici che ho interpellato, non sai quanti!, si sono espressi nei modi più disparati: per alcuni si tratta di una malattia del cuore, per altri di una malattia del fegato, per altri ancora di una malattia del midollo spinale… Ultimamente questa malattia-Proteo, dalle mille forme e dalle mille manifestazioni, è stata attribuita allo stomaco, che è la grande caldaia e il grande regolatore del nostro corpo… Io, però, sono convinto che si tratti di nervi… Ad ogni modo è una faccenda molto seria e molto triste.

Maupassant tace per alcuni secondi poi riprende a parlare con lo stesso tono.

Maupassant
Talvolta accade di incontrare e di conoscere persone che sembrano troppo deboli per affrontare gli impegni e le lotte della vita… Troppo deboli per muoversi, per fare le cose che si fanno normalmente tutti i giorni… Troppo particolari per condurre una vita ordinaria…

Alle parole di Maupassant Grognard si irrita, liberandosi dal suo abbraccio.


Grognard
Che cosa vuoi dire?... Forse che Juliette non ha anche lei il diritto di vivere la sua vita?

Maupassant si stizza, gesticolando leggermente.

Maupassant
Assolutamente no… Che stai pensando, adesso?... Ogni uomo e ogni donna venuti al mondo hanno il sacrosanto diritto di vivere la loro vita… Vorrei però capire meglio una cosa…

Grognard guarda Maupassant negli occhi.

Grognard
Sentiamo… Cos’è che vorresti capire meglio?... Cos’è?

Maupassant fa un lungo respiro.

Maupassant
Una cosa…

Grognard
Allora?... Cosa vorresti capire meglio?

Maupassant
Mi hai invitato qui, a casa tua, per il matrimonio di tua figlia… Ebbene, ci sarà veramente questo matrimonio?... E quando?... Forse, voglio essere franco oltre che leale con te, non ci sarà mai.

Grognard assume un’espressione di profondo dolore.

Grognard
Juliette vive in un mondo tutto suo… Un mondo dove la realtà, le consuetudini, la cosiddetta vita normale, i suoi riti, come quello del matrimonio, si mescolano ai sogni, agli incubi, alle allucinazioni, alla malattia, confondendosi a tal punto da non distinguere più ciò che appartiene al mondo dei sani da ciò che appartiene al mondo degli insani… Si dice che quando ci si trova a che fare con una malattia che riguarda i nervi non soffre soltanto colui che è malato, ma anche le persone che gli stanno accanto, le quali finiscono inevitabilmente per essere trascinate nel suo mondo.
Sul volto di Maupassant si disegna un’espressione di sconcerto.

Maupassant
Ma, allora, è tutto…

Grognard
Ciò che hai visto in questa casa è tutto vero e nello stesso tempo tutto finto, mio caro amico: l’invito, il matrimonio, gli acquisti, l’ilarità di quando abbiamo rievocato gli scherzi che facevi a scuola, la mia proposta di cenare noi tre insieme, io, tu e Juliette… Tutto vero e tutto finto… Non sai quanto vorrei che fosse tutto vero, tutto normale come accade nella vita degli altri… E invece eccoci qui, a recitare tutti e due, uno con cognizione l’altra senza, una parte come a teatro, illudendosi uno e credendo l’altra di vivere la realtà che entrambi vorremmo che ci fosse.

Maupassant si guarda intorno in silenzio poi riprende a parlare con tono solenne.

Maupassant
Sappi, caro Philippe, che puoi contare sul mio aiuto in ogni momento.

Grognard
Ti ringrazio, ma penso che tu non possa fare nulla per aiutarci in questa nostra tragedia familiare.

In quel preciso momento si ode un urlo femminile.

Grognard
Che sta succedendo?

Maupassant
Non lo so… Non lo so…

Pochi attimi dopo arriva la governante in lacrime.

La governante
Signor Grognard, signor Grognard!

Grognard
Che è successo?

La governante continua a piangere, parlando con fatica.
La governante
Signor Grognard!… Signor Grognard!

Grognard si agita, alzando il tono della voce e guardando fisso la donna in volto.

Grognard
Che cosa è successo?!... Avanti!... Parlate!

La governante
Sua figlia Juliette!... Sua figlia Juliette!...

Grognard si agita ancora di più, irritandosi.

Grognard
Che cosa è successo?... In nome di Dio, parlate, maledizione!

La governante
Sua figlia… È… È morta… È morta!

Grognard
Dio del cielo!... Non è possibile!... Non è possibile!

La governante
È così signor Grognard!... È così!...

Grognard si copre il volto con le mani, iniziando anch’egli a piangere.

Maupassant
Ma com’è stato?

La governante smette per un momento di piangere.

La governante
Nei giorni passati l’ho sentita lamentarsi due volte: diceva di avere un forte mal di testa come non le era mai successo prima…

Maupassant
E non avete pensato di andare da un medico?



La governante
Gliel’ho proposto di farsi visitare da un medico, ma lei non ne ha voluto sapere nulla.

Pochi istanti dopo Grognard si avvicina a Maupassant e alla governante ai quali si rivolge con tono solenne.

Grognard
Vi chiedo il vostro aiuto in questo momento così terribile per me.

Maupassant
Non era affatto necessario che lo chiedessi… Sono qui per te.

La governante
Contate anche su di me, signore.

Grognard
Voi provvedete ad avvisare tutti coloro i quali erano stati invitati al matrimonio, a parte lo sposo… A lui penserò io… Tu, invece, amico mio, dovrai sostenermi nel compiere il mio ultimo dovere di padre…

Maupassant
Certo… Come posso aiutarti?

Grognard, soffocando dentro di sé il dolore e trattenendo a stento le lacrime, guarda Maupassant negli occhi.

Grognard
Mi sentirei un po’ sollevato se potessi starmi vicino, questa notte, nella veglia… La metterò nella bara con le mie stesse mani, povera figlia mia!... Con indosso il suo primo abito da ballo e tutti i gioielli che le ho regalato: collane, anelli, braccialetti… Sono solo, adesso… Solo… Mia moglie è morta già da diverso tempo…

Maupassant
Come ti ho detto prima, puoi contare sul mio aiuto…

Grognard fa un lungo, penoso respiro, guardando Maupassant negli occhi.



Grognard
Non so come ringraziarti… Non so lo proprio… Non sono più un uomo, ma una macchina dolorosa e vibrante… Uno scorticato… La mia mente e il mio cuore sono ridotti a una piaga viva… Non so fino a quando potrò vivere… Non lo so…

Terminate le esequie, Maupassant si trattiene a casa di Grognard, facendogli compagnia. È ormai notte.


Maupassant
È bene che tu vada subito a dormire… Il sonno non potrà altro che giovarti.

Grognard
Fa freddo…

Maupassant
Sì, è vero… Un freddo improvviso e anche strano… Sembra di essere già in inverno.

Grognard
È il freddo della morte…

Maupassant mette le mani sulle spalle di Grognard.

Maupassant
Va a letto… Vedrai che domani starai meglio.

Grognard guarda Maupassant negli occhi.

Grognard
E come potrei stare meglio dopo quello che è successo? Come potrei?

Maupassant fa un lungo respiro.

Maupassant
Ti accompagno in camera… Dai… Vieni…



Grognard
Prima assicurati che il fuoco nel camino del salone sia spento e poi controlla che tutte le finestre siano chiuse… Tira un vento!

Pochi secondi dopo il campanello suona.

Maupassant
E chi sarà mai a quest’ora?

Grognard
Vado ad aprire…

Maupassant
Aspetta… Apro io…

Grognard assume un’espressione adirata e decisa, lanciando a Maupassant uno sguardo trovo.

Grognard
Sono io il padrone… Tocca a me andare a vedere chi c’è alla porta della mia casa.

Grognard si avvicina alla porta con in mano un doppiere.

Grognard
Chi è?

Grognard non ottiene nessuna risposta e pochi attimi dopo apre la porta, scorgendo nell’ombra una figura diafana del tutto simile a un fantasma.

Grognard
Chi… Chi siete?

La figura evanescente acquista subito la sua fisionomia: è Juliette, la figlia di Grognard, le cui mani sono però mutilate di due dita e le vesti candide macchiate copiosamente di sangue.

Juliette
Sono io, papà!

Grognard arretra sconvolto, barcollando e disegnando con la sinistra un rapido movimento a forma di curva, una sorta di zig-zag irregolare, come per scacciare la presenza inquietante venuta a fargli visita. Immediatamente Maupassant, nonostante sia profondamente turbato per ciò che sta accadendo, gli si avvicina per sostenerlo.

Juliette
Non avere paura, papà… Non sono morta… Non sono morta…

Grognard osserva scioccato la figura incredibile che ha dinanzi a sé, continuando a ripetere lo stesso movimento a zig-zag.

Grognard
Figlia mia!... Com’è possibile?... Com’è possibile?

Juliette tende le mani verso il padre.

Juliette
Papà!... Sono io… Sono Juliette… Sono viva… Viva!... Qualcuno ha cercato di rubarmi gli anelli e mi ha tagliato due dita, ma il sangue che ne è uscito ha incominciato a scorrere lungo il mio corpo e mi ha rianimata.

Appena pronunciate queste parole Juliette si accascia sul pavimento invocando aiuto.

Juliette
Vi prego!... Aiutatemi… Aiutatemi!

Subito Maupassant prende in braccio Juliette e l’adagia su una poltrona.

Maupassant
Ci vuole subito un bicchierino di cognac e bisogna chiamare immediatamente un medico.

Maupassant si volta verso Grognard e vede che il suo amico continua a ripetere il movimento a zig-zag.

Maupassant
Ma che diavolo ti è preso, adesso?

Grognard appare sconvolto e incredulo.


Grognard
Non lo so… Non lo so… La mia mano… La mia mano continua a muoversi…

In quel preciso momento arriva la governante che sbigottisce nel vedere Juliette.

La governante
Nooo!... Non è possibile!... Non è possibile!... Tu sei morta!... Morta!

La governante lancia un urlo lacerante e cade riversa sul pavimento. Morta. Da una tasca del suo abito escono degli anelli.

Maupassant
Dio del cielo! Ma che sta succedendo in questa casa?

Grognard inizia a gridare, guardando allibito dapprima il corpo della governante e gli anelli, poi Maupassant negli occhi.

Grognard
Maledetta!... Non hai ancora capito?... È stata lei a tagliare le dita a Juliette per derubarla dei suoi anelli… E io che riponevo tanta fiducia in questa donna!... Maledetta!... Sia mille volte maledetta!

Maupassant
Che notte terribile!

Grognard osserva pieno di terrore e di rabbia la sua mano.

Grognard
La mia mano… La mia mano continua a fare quello strano movimento a zig-zag che ha fatto quando mi sono visto davanti Juliette… Non riesco a fermarla… Non riesco a fermarla!...

Maupassant si avvicina a Grognard cercando di bloccargli la mano, ma invano.

Maupassant
C’è una forza incredibile in questo movimento…Non ho mia visto una cosa del genere.

Grognard si butta su una poltrona, ansimando e guardando fisso la mano che continua a ripetere il movimento a zig-zag.
Grognard
Questo tic me lo porterò appresso fino all’ultimo giorno della mia esistenza… È il prezzo che devo pagare per avere mia figlia viva.



Quinta scena. Sciali

Novembre 1885. Maupassant si trova a Thionville, a casa del conte Marceau dove è ospitato, insieme al suo piccolo seguito, il rajah Maddan, che lo scrittore ha conosciuto durante un viaggio in India.

Conte Marceau
Caro Maupassant, di certo ricorderete il rajah Maddan, signore della città di Ganhara…

Maupassant
Come potrei dimenticarlo!... È semplicemente impossibile farlo!

Conte Marceau
È ospite del Ministero degli Esteri, ma dimora in questa casa, mio ospite, con il suo piccolo seguito…

Maupassant si illumina negli occhi, sbalordendo.

Maupassant
Cosa?... Perché non mi avete detto nulla?... Sarà un piacere e un onore incontrare nuovamente il rajah, la cui ospitalità è un qualcosa di sublime, di divino, di celestiale… Almeno per quello che mi riguarda.

Conte Marceau
Volevo farvi una sorpresa… A proposito, non mi avete mai raccontato nulla del viaggio che avete fatto in India…

Maupassant fa un lungo respiro, poi inizia a parlare con grande emozione.

Maupassant
Attraversai contrade di una bellezza inverosimile e venni ricevuto da principi di una regalità straordinaria che vivevano in dimore magnifiche… Per due mesi mi sembrò di muovermi in un poema, di percorrere un reame da fiaba sul dorso di un elefante immaginario… Scoprii rovine inverosimili nel bel mezzo di foreste immense, visitai città fantastiche ricche di monumenti prodigiosi e alla fine raggiunsi la meta del mio viaggio, la città di Ganhara, in India Centrale, governata da un principe potentissimo, ricchissimo, violento e generoso…


Conte Marceau
Il rajah Maddan, non è vero?

Maupassant
Certamente… Un vero sovrano orientale, delicato e barbaro, affabile e sanguinario, d’un grazia femminea e di una ferocia implacabile… Ricordo perfettamente il momento in cui lo conobbi: circondato da soldati bronzei come statue e con indosso delle uniformi splendide, venni introdotto in una grande sala cinta da balconi dove stavano decine di guardie dalle uniformi stupende. In fondo, su una panca simile alle nostre da giardino, ma senza schienale e coperta da un tappeto meraviglioso, c’era il rajah avvolto in un’ampia veste giallo canarino e con indosso diamanti per non so quanti milioni di franchi; sulla fronte brillava la famosa Stella di Delhi, da sempre appartenuta all’illustre dinastia dei Parihara da cui egli discende… Era un giovane di circa venticinque anni, dalla fronte sporgente, con grandi occhi fissi e un po’ vaghi, zigomi ben evidenti, labbra tumide, barba ricciuta e denti smaglianti che mostrava in continuazione con un sorriso quasi automatico…. Si alzò e mi venne a porgere la mano all’inglese, poi mi fece sedere al suo fianco, proponendomi una caccia alla tigre per il giorno dopo. Il rajah aveva due grandi passioni: la caccia e la lotta… Mi dimostrai anch’io interessato a queste due attività tanto che mi offrì subito uno spettacolo degno di Caligola o Nerone: un combattimento all’ultimo sangue tra lottatori armati di unghie d’acciaio… Terribile!... Non ho mai visto scorrere tanto sangue per rendere felice un uomo!... Terminato lo scontro il rajah mi chiese il mio parere e io, pur essendo profondamente indignato e turbato, mi rallegrai con lui.

Conte Marceau
Penso proprio che avete fatto bene ad assecondarlo… Questi principi orientali devono avere una suscettibilità altissima e odiano essere contraddetti…

Maupassant
L’avete detto…

Conte Marceau
E poi?...



Maupassant
Mi fece accompagnare in un’ala della sua residenza che aveva destinato come mia dimora: un luogo d’incanto a forma quadrangolare, costituito da una serie di gallerie sovrapposte intervallate da colonnati divinamente scolpiti, con ai lati delle torrette sormontate da tetti bizzarri e al centro una cupola rotonda interamente traforata. Le camere che mi ospitavano ricevevano la luce da finestre ad archi dentellati e i loro pavimenti di marmo erano decorati con onici, agate e lapislazzuli che riproducevano motivi floreali.

Conte Marceau
Voi siete uno scrittore… Perchè non mettete nero su bianco questo viaggio in India?... Potreste vendere un bel numero di copie e guadagnarci un discreto gruzzolo…

Maupassant
Un giorno lo farò… Forse… Ah, sentite… Prima avete detto che il rajah è ospite qui, a casa vostra, con il suo seguito… C’è qualcun altro, oltre a lui, che conosco, magari il suo segretario Kumar?

Il conte Marceau sorride un po’ beffardamente.

Conte Marceau
Sì, c’è anche Kumar, il suo segretario, e non è il solo… Insomma, c’è un’altra persona per voi, ma la vedrete soltanto questa sera, caro Maupassant… E sono certo che non vi dispiacerà affatto.

Maupassant guarda il conte Marceau in volto.

Maupassant
E va bene… Aspetterò... Con curiosità e anche con un po’ di trepidazione.

È sera e nel salone della dimora del conte Marceau il segretario del rajah Maddan presenta a Maupassant una giovane e bellissima fanciulla.

Kumar
Questo è il dono che il rajah Maddan di Ganhara desidera fare al signor Guy de Maupassant… Il suo nome è Sciali.


Sciali
Sono qui per quello che ti piacerà comandarmi, mio signore… Io sono tua… Solamente tua… Ti appartengo e puoi fare di me ciò che più ti delizierà.

Maupassant rimane esterrefatto.

Maupassant
Io… Io…

Il conte Marceau sorride ironicamente

Conte Marceau
Non sapete dire altro che io?... Forza… Esprimetevi… Non siete forse uno scrittore?... Avrete sicuramente un ricco vocabolario da usare in ogni circostanza, suppongo.

Maupassant
Io… Io non posso accettare un regalo simile… Non posso davvero…

Kumar si avvicina a Maupassant parlandogli sottovoce.

Kumar
Non si rifiuta un dono del rajah Maddan, signore… Non si può rifiutare… Non si deve rifiutare… Voi, signore, non potete rifiutarlo… Ne va della vostra vita… Mi capite?... La vostra vita.

Maupassant osserva per alcuni lunghi istanti Sciali.

Maupassant
E va bene… Va bene… Accetto il dono del rajah…

Kumar
Il rajah Maddan sarà contento… Anche più di voi, signore… Con il permesso di lor signori, mi ritiro per conferire con il mio padrone.

Kumar lascia il salone e subito dopo Maupassant si rivolge adirato al conte Marceau.

Maupassant
Era dunque questa la persona a cui accennavate oggi, eh?

Conte Marceau
Non ditemi che vi sentite offeso…

Maupassant
Offeso… No!… Sono solo estremamente confuso e imbarazzato… Ecco, sì… Confuso e imbarazzato…

Conte Marceau
Dovete capire la sensibilità di quella gente di laggiù, conoscerne la cultura, i costumi… E allora comprenderete il perché e il valore di questo dono.

Maupassant
Conte Marceau, siamo in Francia, in Europa, in Occidente non in Estremo Oriente… La nostra cultura e i nostri costumi sono diversi dai loro… Avete forse dimenticato che cosa prevede la nostra legge, la nostra giustizia per chi, adulto come me, si mette insieme a una fanciulla come questa?

Sciali si avvicina leggermente a Maupassant.

Sciali
Sono qui per quello che ti piacerà comandarmi, mio signore… Io sono tua… Solamente tua… Ti appartengo e puoi fare di me ciò che più ti delizierà.

Maupassant si irrita, alzando il tono della voce.

Maupassant
Dannazione!... Voi, conte Marceau, mi avete cacciato in un bel guaio!

Sul volto del conte Marceau si disegna un’espressione seria e dispiaciuta.

Conte Marceau
Sono… Sono desolato… Credetemi, signor Maupassant… Non pensavo che la cosa potesse assumere questa piega.

Maupassant
Voi nobili prendete tutto per gioco, tutto per scherzo, maledizione!... Senza mai pensare alle conseguenze.

Anche il conte Marceau si irrita e alza il tono della voce.

Conte Marceau
Vorrà dire che vi rifonderò in denaro il guaio in cui voi dite che vi ho cacciato… Fatemi sapere quanto volete così la faremo finita il prima possibile con questa storia.

Maupassant guarda fisso il conte Marceau negli occhi.

Maupassant
Io da voi non voglio nulla, conte… Nulla!... Sappiate solo che se mi trovo in questa situazione è per colpa vostra.

Il conte Marceau si rasserena in volto, rivolgendosi a Maupassant con tono cordiale.

Conte Marceau
Sarei contento se vi fermaste a casa mia, perlomeno fino quando ospiterò il rajah, e magari anche dopo… Spero che non rifiuterete questa mia proposta amichevole.

Anche Maupassant si rasserena, annuendo.

Sciali
Sono qui per quello che ti piacerà comandarmi, mio signore… Io sono tua… Solamente tua… Ti appartengo e puoi fare di me ciò che più ti delizierà.

Maupassant si irrita e alza il tono della voce un’altra volta.

Maupassant
Ho capito, dannazione!... Ho capito!

Sciali abbraccia Maupassant, piangendo sommessamente. Maupassant si calma subito, parlandole con tono suadente.

Maupassant
Su!... Non piangere… Io non ce l’ho con te… Mi comprendi?... Non ce l’ho con te… Per nessun motivo al mondo.

Sciali ancora con le lacrime agli occhi guarda in volto Maupassant.

Sciali
Mi stai dicendo la verità, mio signore?

Maupassant
Certo che ti sto dicendo la verità…

Sciali
Lascia che ti faccia compagnia fin quando tu lo vorrai…

Maupassant fa un lungo respiro, guardando dapprima Sciali poi il conte Marceau.

Maupassant
E sia… Sarai la mia compagnia fino a quando il tuo signore si tratterà in questa casa… Dopo però ritornerai nel tuo paese insieme a lui, intesi?

Sciali annuisce.

Conte Marceau
Dovrete informare il rajah della vostra intenzione…

Maupassant
Cortesemente fatelo voi, conte, dal momento che siete a casa vostra.

Conte Marceau
D’accordo… Ambasciator non porta pena, come si è soliti dire… Spero solo che il rajah non la prenda male e possa accontentare la vostra richiesta.

Nei tre giorni successivi Sciali non lascia mai solo Maupassant, tranne la notte che ognuno trascorre separatamente. La mattina presto del quarto giorno il conte Marceau raggiunge Maupassant nella sua camera.

Conte Marceau
Scusate per l’ora, ma ci tengo troppo a sapere come sta andando con Sciali.

Maupassant sorride, poi si fa serio.

Maupassant
È un esserino adorabile, dolce, timido e giocondo… Sono convinto che provi per me un affetto, un amore veramente ardente… Incredibile!... Anch’io l’amo, ma in modo strano, con vergogna, con esitazione, con paura della nostra legge e della nostra giustizia come già vi dicevo, con scrupolo, ma pur tuttavia con una tenerezza sensuale appassionata… Le voglio bene come un padre, ma l’accarezzo come un uomo…

Conte Marceau
Avete, dunque, cambiato idea sul regalo del rajah Maddan?

Maupassant
Niente affatto, non ho mutato la mia opinione sul cosiddetto regalo del rajah, ma il frequentare Sciali si sta rivelando per me un’esperienza totalmente nuova, caro conte.

Conte Marceau
Continuate…

Maupassant
Trascorriamo insieme delle ore deliziose… Spesso lei si corica sulle mie ginocchia e vi rimane a lungo, rimuginando chissà che cosa nella sua piccola testa simile a quella di una sfinge o forse senza pensare nulla, ma conservando sempre quella posa bella, incantevole e solenne propria delle statue sacre del suo paese… Talvolta prendo tra le braccia la sua testolina e le bacio lentamente e lungamente la fronte liscia, i grandi occhi e le labbra sottili eppure carnose… In quei momenti provo una sensazione possente, confusa e poetica: la sensazione di possedere in quella fanciulla tutta una razza, la stupenda e misteriosa razza da cui sembrano derivare tutte le altre…

Conte Marceau
Kumar mi ha comunicato che il suo padrone intende far ritorno nel suo paese… Si tratterrà qui, a casa mia, solo ancora due giorni…

Maupassant si illumina in volto.

Maupassant
Sciali ritornerà in India con lui...

Conte Marceau
Fortunatamente il rajah ha accolto la vostra richiesta… Vi è andata bene, signor Maupassant… Questi sovrani orientali sono imprevedibili e poteva benissimo non acconsentire alla vostra richiesta sentendosi offeso per non aver accettato il suo regalo.

Verso metà mattina Maupassant saluta Sciali nel salone.

Maupassant
Ciao, Sciali… Sono sicuro che ci rivedremo… Non so dirti quando, ma ci rivedremo.

Sciali inizia a piangere, abbandonandosi nelle braccia di Maupassant e celando la testa nel suo petto.

Maupassant
Non piangere, piccola mia!... Non piangere… Ci rivedremo.

Sciali continua a piangere.

Maupassant
Sciali!... Guardami…. Guardami!

Sciali alza il volto, guardando Maupassant fissa negli occhi.

Maupassant
Se mi vuoi veramente bene, Sciali, non piangere… Hai capito?... Non piangere…

Sciali annuisce, smettendo a stento di piangere.

Maupassant
Voglio farti un regalo, piccola mia…

Maupassant estrae dalla tasca interna della giacca una miniatura e la porge a Sciali.

Maupassant
Questa miniatura non è un oggetto di grande valore, ma è molto carina… È un piccolo dono che mi ha fatto il rajah Maddan quando ci siamo conosciuti a Ganhara e che adesso regalo a te… È tua, Sciali.

Sciali stringe la miniatura nella destra, guardando Maupassant negli occhi e sorridendo, poi inizia a osservarla con grande stupore, ad accarezzarla e a baciarla. Pochi attimi dopo arrivano Kumar e il conte Marceau mentre Sciali infila la miniatura donatale da Maupassant in una tasca della sua veste.

Kumar
Sciali… È venuto il momento di partire…

Conte Marceau
Come va, signor Maupassant?

Maupassant
Tutto bene, caro conte… Tutto bene… Se così si può dire.

Kumar e Sciali escono dal salone.

Conte Marceau
Mi sembra contenta la vostra Sciali.

Maupassant
Contenta?... Non lo so… Perlomeno se ne va senza piangere… Le ho regalato una miniatura … Sembra che non abbia mai visto un oggetto del genere.

Conte Marceau
Da noi un ninnolo così è perfettamente normale, ma per la gente povera dell’India, a cui Sciali di certo appartiene, è con molta probabilità un qualcosa di straordinario che, magari, ha anche un valore notevole reso maggiormente più alto dal fatto che glielo avete regalato voi.

Maupassant
È sicuramente come dire voi, conte… L’ho percepito nel modo in cui Sciali lo stringeva in mano, l’osservava, l’accarezzava e lo baciava… Al contatto sembrava provare un godimento delizioso che le arrivava direttamente al cuore.

Diverso tempo dopo Maupassant si reca in India, di nuovo ospite del rajah Maddan. Viene accolto al suo arrivo da Kumar, il segretario del rajah.

Kumar
Benvenuto nella nostra terra.


Maupassant
Grazie, Kumar… E cento, anzi mille volte grazie al rajah Maddan.

Kumar
Questa sera sarete ospite al suo banchetto, signore.

Maupassant
Ah, Kumar… E Sciali?

Kumar appare imbarazzato.

Kumar
Meglio non parlarne, signore.

Maupassant
Perché?

Kumar
È morta, signore.

Alla notizia della morte di Sciali Maupassant rimane attonito.

Maupassant
Morta?... Ma… Com’è successo?... E quando è morta?

Kumar
Aveva commesso una cattiva azione, signore… Aveva rubato e il rajah l’ha punita facendola gettare viva nel mare chiusa in un sacco.

Maupassant guarda Kumar negli occhi sconvolto.

Maupassant
Rubato a chi?

Kumar
A voi, signore… Le è stata trovata addosso la miniatura che il rajah vi aveva donato.

Maupassant alza il tono della voce.


Maupassant
Dio del cielo!... Gliel’avevo regalata io!

Kumar abbassa lo sguardo.

Kumar
Giurava su tutte le cose più sacre che gliel’avevate donata voi, ma non si poteva credere che aveste offerto a una come Sciali il regalo di un re… E così il rajah l’ha punita.



Monologo. La notte (Incubo)

Maupassant è nuovamente a Parigi. Una notte si affaccia alla finestra della camera dell’albergo dove alloggia e inizia a contemplare a voce alta il buio che lo circonda, rammentando un episodio inquietante accadutogli, forse, qualche tempo prima.

    Amo la notte con grande passione. L’amo come si ama la propria terra o la propria amante, di un amore immediato, infinito, indomabile. Amo la notte con tutti i miei sensi: con gli occhi che la scrutano, con l’odorato che la respira, con gli orecchi che ne ascoltano il silenzio, con tutto il mio corpo che le tenebre toccano… Il giorno mi stanca e mi annoia. È volgare e chiassoso. Mi alzo con fatica, mi vesto svogliatamente, esco di casa di cattivo umore, ogni pensiero che mi balena in testa e ogni movimento che faccio sono pesantissimi e mi stancano come se sollevassi un pesante fardello… Quando il sole tramonta e la luna compare pallida e timida nel cielo una gioia immensa e confusa mi invade totalmente: allora mi sveglio e mi animo, sentendomi più forte e più giovane… Felice, osservo questa grande e dolce ombra scesa dal cielo che sommerge Parigi al pari di un’onda irrefrenabile e impenetrabile e che cancella tutti i colori, abbraccia le case, tutti gli esseri viventi. In quel momento nelle mie vene s’accende un impetuoso, terribile desiderio di vivere e di amare… Di vivere e di amare.

    Ieri, dunque - fu ieri o un altro giorno lontano? - senza dubbio, perché il sole non è più sorto… Ma da quanto tempo dura la notte? Da quanto? Nessuno lo sa… Nessuno… Ieri, dunque, o in un altro giorno lontano, dopo aver cenato, uscii di casa. La sera era splendida, calma e calda, illuminata da tantissime luci che brillavano nel cielo e nella città: le notti scintillanti sono più allegre dei grandi giorni di sole… Mi incamminai su un boulevard facendo sosta in un caffè dove la gente beveva, parlava, rideva e si divertiva; poi entrai in un teatro così illuminato che ne uscii quasi subito, con il cuore rattristato e gli occhi del tutto infastiditi dallo scintillio del grande lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto e dalle decorazioni dorate della scalinata e dei palchi… Giunsi poi ai Campi Elisi i cui alberi, intrisi di luce, sembravano dipinti e le lampade ad arco, simili a lune sfavillanti, rischiaravano le reticelle dei lampioni a gas… Sostai per qualche minuto sotto l’Arco di Trionfo, contemplando la via principale di Parigi costellata da due lunghe file di luci e le stelle disseminate nel cielo che disegnavano delle figure strane, le quali tanto fanno sognare e tanto fanno pensare!... La città dormiva, sovrastata da alcune nuvole nere che si andavano lentamente allargando. Sentii che stava per succedere qualcosa di nuovo, qualcosa di strano. Mi sembrò che facesse freddo e soprattutto che la notte, a me tanto cara, pesasse pesantemente sul mio cuore… Le strade erano vuote, a parte due guardie che passeggiavano accanto al posteggio delle vetture pubbliche e un piccolo convoglio di carri, diretti ai Mercati Generali, trainati da cavalli che avanzavano silenziosi sotto la guida di conducenti invisibili. Li seguii, poi tornai sul boulevard da dove ero partito. Non incontrai nessuno. Non avevo mai visto Parigi così deserta, così morta. Guardai l’orologio. Erano le due.

    Una forza misteriosa mi spingeva avanti. Proseguii fino a Piazza della Bastiglia. La notte era buia: le nuvole nere, che poco prima si andavano allargando nel cielo, avevano finito col sommergere le stelle e stavano abbassandosi sulla città per annientarla… Passò una vettura pubblica. Feci cenno al cocchiere di fermarsi, ma egli tirò dritto. Una donna, che vagava solitaria, mi chiamò, ma mi allontanai a passo sostenuto. All’improvviso mi accorsi che i lampioni a gas erano spenti; e il giorno era ancora lontano dallo spuntare. Decisi di andare ai Mercati Generali: lì, perlomeno, avrei incontrato qualcuno, ma era tanto buio che non riuscii a trovare la strada. Tutta Parigi dormiva un sonno profondo, pesante, spaventoso. Allora capii: mi ero smarrito. Gridai, ma nessuno mi rispose. Gridai più forte, ma la mia voce si disperse, senza eco, affievolita, soffocata da un’oscurità impenetrabile. Allora urlai: «Aiuto! Aiuto! Aiuto!» Ma il mio richiamo rimase senza risposta. Estrassi dalla tasca l’orologio, ma non avevo neppure un fiammifero per vedere che ora fosse. Sentii, però, il suo tic-tac e questo leggero rumore meccanico mi riempì di una gioia strana e sconosciuta: ero meno solo.

    Quale mistero!... Mi rimisi a camminare come un cieco, muovendo in avanti e ai lati il mio bastone come fa un cieco e alzando di continuo gli occhi verso il cielo nella speranza di vedere spuntare il giorno. Ma era tutto nero, tutto assolutamente e profondamente nero…. A un tratto mi sembrò di aver camminato da un tempo infinito: avevo fame, sete, freddo, il respiro era affannoso, sentivo le gambe piegarsi. Decisi allora di bussare alla prima porta che avrei incontrato. Così feci, ma nessuno rispose. Riprovai: due, tre, quattro volte. Invano... Improvvisamente mi resi conto che ero arrivato ai Mercati Generali. Ma non c’era nessuno. Nessuno! Fui colto da una paura terribile. Che stava succedendo? Ripresi a camminare, domandandomi che ora fosse. Mi venne in mente di aprire il vetro del mio orologio e di tastarne le lancette. Lo tirai fuori dalla tasca, ma mi accorsi che si era fermato.
    Ero giunto sulla strada che costeggia la Senna. Una sorta di freschezza ghiacciata saliva dalle sue acque. Mi chiesi se il fiume scorreva ancora. Scesi lungo la scala e raggiunsi la riva. Non udivo la corrente ribollire sotto gli archi del ponte. Vi tuffai il braccio: l’acqua scorreva fredda, quasi gelata, quasi asciutta, quasi morta. E sentivo che non avrei più avuto la forza di risalire e che sarei morto lì, di fame, di sete, di freddo, di stanchezza.