Cafè

di

Angelo orlando


Registrata alla SIAE



PERSONAGGI

OSVALDO: Un uomo di circa trentacinque anni.
ATTILIO: Un uomo, su per giù la stessa età. Amico di Osvaldo.
FAVORITO: Un uomo. Fratello di Attilio. Di qualche anno più giovane.
ISABELLE: Giovane donna. 



AZIONE: 
Si svolge nell’appartamento di Osvaldo. Tre atti tutti nella stessa scena. Vienna, anni novanta. Una notte di pioggia. Fine autunno.

LA SCENA
Un loft dalle grandi vetrate rigate dalle goccioline di pioggia depositate sui vetri. Le poltrone, il divano dello stesso colore. Un computer di quelli portatili. Disordine. Sulla moquette grigia ci sono scarpe, vestiti, oggetti, carte, fogli, libri, giornali. C’è una televisione piccola, poggiata su un basso ripiano di legno. Il telefono con segreteria sta su un comodino accanto al divano e uno stereo è poggiato su un gran tappeto. La cucina s’intravede parzialmente. Sul fondo, l’accesso alla stanza senza porta, lascia intravedere un altro ambiente. L’ingresso all’appartamento è nascosto.




PRIMO ATTO

WOLFGANG AMADEUS MOZART.

CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA N°21 K467. ANDANTE

Un uomo in penombra appare da dietro al tramezzo. È OSVALDO, il proprietario dell’appartamento. Una luce fioca che s’accende all’improvviso. L’uomo va verso la vetrata, poi si gira.


OSVALDO: E adesso che faccio? 


L’uomo si volta di nuovo verso la vetrata. Poi si gira ancora e si lascia trasportare dalla musica. OSVALDO tira fuori dalla tasca del pigiama una sigaretta malandata. Se la porta alle labbra e si siede sul divano. Socchiude gli occhi e ondeggia piano la testa seguendo il ritmo andante di Mozart. Dal divano, nella sua mano, compare una collana di perle. OSVALDO la guarda come se avesse visto il diavolo.


OSVALDO: Non era… non era un incubo.


Comincia a cercare tra le pieghe del divano. Tira fuori altri gioielli. Sono tanti. Collane, bracciali, poi trova una scatola di fiammiferi, ne tira fuori uno. L’accende ma non accende la sua sigaretta. Guarda la fiamma, poi la spegne. Butta la sigaretta per terra. Guarda al polso il suo orologio e alza la cornetta del telefono.

OSVALDO: Non era un incubo.


Fa il numero e resta in attesa. Poi la sua mano cade all’improvviso sul ricevitore.


OSVALDO: Dio santo. Attilio… no, Attilio non può essere no. Attilio torna domani? Torna domani… sì torna domani… la voce era… era la…


OSVALDO compone nuovamente il numero. Breve attesa. Poi interrompe la linea.




OSVALDO: Segreteria… ma che… no…


OSVALDO va nuovamente verso la vetrata. Apre di scatto la finestra.


OSVALDO: Che ci faccio io qua? Odio l’acqua. Odio la pioggia. Odio l’Austria. E dove sto? In Austria e fuori piove. Piove. Tutta in testa ce l’ho questa pioggia. Tutta in testa. Questa pioggia. Mi piove dentro. Ho il cervello fradicio… e… e non era un incubo.


OSVALDO comincia a ballare. A far finta di dirigere un’orchestra. Si muove a scatti, con movimenti improvvisi che lo portano a girare per tutta la stanza. Si ferma. Si mette a sedere a terra.


OSVALDO: E adesso che faccio?


Ansimando si stende per terra e resta qualche istante così, fino allo squillo del citofono. Si alza. S’infila le pantofole e va a rispondere. Il citofono non si vede, per cui si sente solo la voce di Osvaldo.


OSVALDO: Hallo… ciao… sei… sì…. sali, sali.


OSVALDO si stacca dal citofono. Resta paralizzato per un attimo, poi va verso il divano, raccoglie quanti più gioielli riesce a raccogliere, gli altri li nasconde sotto i cuscini del divano. Infila gli altri in una busta di plastica che nasconde in uno dei barattoli disposti sulle mensole sopra la cucina. Poi scompare dietro al tramezzo. Dopo qualche istante riappare. Si siede sul divano. Aspetta. Appare la figura di un uomo con un impermeabile bagnato.


ATTILIO: Ciao!


OSVALDO: Ciao. Non dovevi tornare domani?


ATTILIO: Ho anticipato. E allora?

OSVALDO: Allora che?


ATTILIO: Ho disturbato?


OSVALDO: Ti sembra che hai disturbato?


ATTILIO: No!


OSVALDO: E allora?


ATTILIO: C’è qualche donna di là?


OSVALDO: Calma piatta.


ATTILIO: Un altro dei tuoi momenti spirituali?


OSVALDO: Già.


ATTILIO: Hai chiuso il bilancio dell’anno?


OSVALDO: Domani… domani farò l’alba con il commercialista.


ATTILIO: I conti quadrano?


OSVALDO: Quadrano!


ATTILIO: Meno male. Ti dispiace se mi fermo un po’ qui?


OSVALDO: Fai pure. Che si dice a Trieste?


ATTILIO: Piove.


OSVALDO: Anche a Trieste?


ATTILIO: Eh… sì… piove anche a Trieste.


OSVALDO: Non dovevi tornare domani?


ATTILIO: Ti ho già detto che ho anticipato.


OSVALDO: Piove anche a Trieste… novità?


ATTILIO: No! Anzi, sì. Tra un mese arriverà a Vienna qualcuno che ci farà concorrenza. Dicono che si occuperanno solo di distribuzione caffè, ma io non ci credo. Credo che abbiano avuto l’autorizzazione a vendere le stesse macchine che vendiamo noi.


OSVALDO: Alla fine doveva succedere.


ATTILIO: Già…


OSVALDO: Ce lo aspettavamo. Ne avevamo parlato.


ATTILIO: Già…


OSVALDO: Non… non è una cosa che…


ATTILIO: Già…


OSVALDO: Già cosa…

ATTILIO: Scusa non… che?


OSVALDO: Dicevo che… dopotutto non è una cosa che ci creerebbe troppi svantaggi. Ne avevamo parlato, no?


ATTILIO: Ne avevamo parlato, certo.


OSVALDO: La concorrenza a volte serve. Una volta che sappiamo che il mercato non lo gestiamo solo noi, saremo costretti ad inventarci altre cose. Ci muoveremo di più. Sto pensando al limoncello.


ATTILIO: No grazie, non mi va…


OSVALDO: Stavo pensando a… cosa non ti va?


ATTILIO: Sto bene così, grazie…


OSVALDO: Attilio, il limoncello. Qui a Vienna ancora non lo conoscono. Cominciamo ad importarlo noi, prima che a qualcun altro venga l’idea.


ATTILIO: Il limoncello…


OSVALDO: Il limoncello… 


ATTILIO: Sono preoccupato per Isabelle.



OSVALDO distoglie lo sguardo da ATTILIO.



ATTILIO: L’ho sentita stamattina. Le avevo detto che avrei preso l’aereo domani mattina da Malpensa. Mi ha detto che non poteva venire a prendermi all’aeroporto.


OSVALDO: Lo sapevi, no? Ha cominciato a lavorare anche di mattina.


ATTILIO: Sono passato alla televisione.


OSVALDO: Quando?


ATTILIO: Poco fa. Non è andata a lavorare stanotte. A casa sua non c’è.


OSVALDO: Sei… sei passato da casa sua?


ATTILIO: Ho chiamato. Non risponde nessuno. Segreteria telefonica. Ho lasciato sei messaggi da stamattina.


OSVALDO: Quand’è che hai chiamato?


ATTILIO: Prima… e anche adesso… due secondi fa… (Tira fuori il suo telefono cellulare e glielo porge) Prova anche tu.


OSVALDO: Chiamo da qua.


ATTILIO: Ce l’ho memorizzato il numero.


OSVALDO: Ce l’ho memorizzato anch’io…


ATTILIO lo guarda con aria innocente. OSVALDO va verso il suo telefono, compone il numero e resta in attesa. ATTILIO gli si avvicina.


OSVALDO: Segreteria. Lascio il messaggio?

ATTILIO (Sottovoce): Non dire che sono qui.


OSVALDO: Isabelle. Sono Osvaldo. Ti volevo salutare. C’è Attilio… c’era… c’era Attilio qui a casa mia…


ATTILIO: Dille che sono passato… e che ero un po’ preoccupato…


OSVALDO: Era un po’ preoccupato…


ATTILIO: Ed ero parecchio arrabbiato… ecco dille proprio così… dille che ero arrabbiato… perché non è il modo di sparire…


OSVALDO: L’ho visto arrabbiato perché dice che non è il modo di sparire…


ATTILIO: Se quando…


OSVALDO (Perde la pazienza): Lo capisci che non posso parlare così? Sto parlando ad una segreteria… (Di nuovo al telefono) Se senti il messaggio richiama o me o sul cellulare di Attilio. Sono le nove e mezzo. Ciao Isa.


OSVALDO riattacca.


ATTILIO: Sono preoccupato. Non… non era mai sparita così. Sono talmente preoccupato che ho paura di andare a casa sua a vedere.


OSVALDO: Ma dai… sarà…


ATTILIO: Isabelle non è andata a lavorare questa sera. Alla televisione non sapevano nulla. Hanno detto che non ha neanche avvertito che non ci andava. L’hanno cercata dappertutto, pure sul mio cellulare… ho trovato due messaggi del direttore di rete sulla mia segreteria… voleva sapere da me che fine aveva fatto Isabelle…

OSVALDO: E… e tu che gli hai detto?


ATTILIO: Che gli ho detto? Che ero appena sceso dall’aereo e che anch’io la stavo cercando… poi sono passato da loro… alla televisione… nella speranza che avesse fatto ritardo… invece mi hanno detto che l’hanno dovuta sostituire con Axel… Axel te la ricordi? L’ex amante di Feletti… Lo ha letto lei l’elenco dei programmi della serata al posto di Isabelle… te la ricordi Axel?


OSVALDO: Axel…


ATTILIO: Axel… l’ex di Feletti… che poi abbiamo scoperto che era… cioè che le piacevano pure le donne… te la ricordi? Ci siamo usciti una sera… quella che faceva il corso strano… 


OSVALDO: Me la ricordo… quella che tu avevi paura che avesse avuto una tresca pure con Isabelle… 


ATTILIO: Quella… quella che… no… non è che avevo paura… avevo… cioè…scherzavo sul fatto che… 


OSVALDO: Te l’hai messa in croce quella sera… non ti ricordi? L’hai riempita di domande… e lei ti prendeva in giro… che alla fine ci ha fatto una lezione sull’omosessualità delle scimmie…


ATTILIO: Delle scimmie… mi ricordo… delle scimmie omosessuali… io ho paura…


OSVALDO: Delle scimmie omosessuali?


ATTILIO: Io ho paura per Isabelle… Lo sai che Isabelle ci ha provato un’altra volta? Lo sai com’è depressa in questo periodo? Lo sai che anch’ io non… cioè anch’io sono abbastanza depresso e quanto difficile per un depresso stare con una depressa… Lo sai?


OSVALDO: Lo so… lo so…


ATTILIO: È difficile… ci… ci si deprime…


OSVALDO: Lo so… lo so…


ATTILIO: Il doppio… ci si deprime il doppio…


OSVALDO: Il doppio… e certo. Siete in due. E allora? Che ne dici del limoncello?


ATTILIO: Ottima idea.


OSVALDO: Pensavo che distribuendo gratis in tutti il caffè del centro, una prima…


ATTILIO: Mi accompagni a casa sua, per favore?


OSVALDO: Come?


ATTILIO: Vado a dormire da lei… prima o poi ci tornerà a casa, no?


OSVALDO: Senti, Attilio. Ora te lo dico. Ti stai preoccupando inutilmente e poi… poi non mi sembra che Isabelle fosse così depressa. Conoscendo Isabelle, certe volte mi sembra che tu mi stia parlando di un’altra persona. L’ultima volta che l’ho vista, l’ho vista bene. Era scattante. Tutta sorridente, come al solito, no?


ATTILIO: Ma di chi stai parlando? Io sto parlando di Isabelle… della mia Isabelle!


OSVALDO: Della tua Isabelle e di chi se no?




ATTILIO: Isabelle ha i nervi a pezzi in questo periodo. Piange di continuo. Sorridente e scattante… che dici? Quand’è l’ultima volta che l’hai vista tu, scusa?


OSVALDO: Eh… quando?


ATTILIO: Quando l’hai vista l’ultima volta? L’hai vista in questi tre giorni che non ci sono stato?


OSVALDO: Eh… no, ma figurati…


ATTILIO: E allora quando l’hai vista?


OSVALDO: Con te… all’Hawelka. Ti ricordi? Siamo andati a prendere il caffè all’Hawelka tutti e tre.


ATTILIO: Oh… e non ti ricordi di come se ne stava muta… che alla fine abbiamo pure litigato perché…


OSVALDO: Colpa tua…


ATTILIO: Perché… colpa mia?


OSVALDO: Appena entrato le hai detto che era una palla al piede.


ATTILIO: Dopo parecchio che… le ho detto che ormai era diventata una… una palla al piede… ho detto così?


OSVALDO: Hai detto così, sì.


ATTILIO: Io non mi potrei mai perdonare se…



OSVALDO: Stammi a sentire, prima l’ho chiamata.


ATTILIO: Io non mi potrei mai perdonare se per… eh?


OSVALDO: Isabelle… prima… una decina di minuti fa.


ATTILIO: Ma che ci hai parlato? Ti ha risposto?


OSVALDO: No, no… stai calmo. Non ha risposto. Mi ha risposto un uomo… ti va un caffè?


ATTILIO (Atterrito e sorpreso): Un uomo?


OSVALDO: Un uomo, sì. Un uomo. Una voce maschile. Mai sentita.


ATTILIO (Incalzante): Che uomo? Chi era? Che ci faceva a casa di Isabelle? Glielo hai chiesto? Dov’era Isabelle? Te lo ha detto?


OSVALDO: Ha riattaccato. Lo vuoi il caffè?


ATTILIO: Lo fai dopo il caffè. Spiega… spiega bene. Tu hai chiamato Isabelle?


OSVALDO: Sì… Sì… Ho chiamato.


ATTILIO: E perché?


OSVALDO: Così, per sentirla no? Era un po’ che non la sentivo. Che non la vedevo.


ATTILIO: Da tre giorni.


OSVALDO: Che?


ATTILIO: L’hai vista tre giorni fa. All’Hawelka, con me.


OSVALDO: Appunto.


ATTILIO: Lasciamo perdere questa cosa. Dimmi dell’uomo. Chi era? Sicuro fosse un uomo?


OSVALDO: Un uomo… uomo sì…


ATTILIO: Un uomo con la voce da uomo?


OSVALDO: Un uomo con la voce da uomo, sì.


ATTILIO: E che ti ha detto?


OSVALDO: Detto… niente…. ah no. Ha detto: pronto!


ATTILIO: Che t’ha detto?


OSVALDO: Pronto! Ha detto “pronto!”


ATTILIO: Ha detto pronto? E perché ha detto pronto?


OSVALDO: E perché? Perché ha risposto, no?


ATTILIO: Osvaldo… stiamo in Austria. Qui non si risponde “pronto!” L’ha detto in italiano?


OSVALDO: In italiano?


ATTILIO: In italiano?


OSVALDO: In italiano!


ATTILIO: E poi? E poi… che ha detto?


OSVALDO: E poi… e poi basta.


ATTILIO: Ha detto “pronto” in italiano e basta?


OSVALDO: E basta. Sì… ho capito che non eri tu e ho riattaccato.


ATTILIO: Tu sei pazzo. E non hai… non hai indagato? Non hai chiesto? Non… perché hai riattaccato?


OSVALDO: Eh… perché… senti, non lo so perché… ho capito che… ah sì… perché ha squillato il citofono. Eri tu… tu hai suonato al citofono e…


ATTILIO: Ma che t’inventi? Io ho chiamato Isabelle continuamente da quando sono arrivato in città. L’ho chiamata anche davanti al portone di casa tua. Tu l’hai chiamata davanti ai miei occhi. C’era la segreteria e ora mi dici che poco fa, ti ha risposto un italiano? Chi è questo? Isabelle non consce altri italiani se non me e te. Io non ero. Tu eri qui e non potevi rispondere ad una telefonata fatta da te stesso. Perciò ora mi dici perché mi hai detto questa cosa? Perché?


OSVALDO: Senti… non gridare… non lo so… avrò sbagliato numero.


ATTILIO: Ce l’hai memorizzato il numero. L’hai memorizzato sbagliato? Controlla… controlla un attimo per…

OSVALDO: No! Non ho sbagliato numero. C’era un uomo a casa di Isabelle.


ATTILIO: Vieni con me?


OSVALDO: Dove?


ATTILIO: Da Isabelle. Anzi no. Resta qui.


OSVALDO: Aspetta. Mi metto una cosa addosso e ti accompagno.


ATTILIO: Resta qui. Ti ho detto resta qui.


OSVALDO: Ma perché?


ATTILIO: Perché se veramente c’è un altro uomo a casa di Isabelle… se la sorprendo con il suo amante. Non voglio te… nessuno tra i piedi che mi fermi…


OSVALDO: Ti fermi? Ti fermi un attimo?


ATTILIO: Mi tradisce!


OSVALDO: Ma non ti tradisce. Sei il solito esagerato. Ti tradisce solo perché uno ha risposto “pronto” da casa sua? Non pensi che se Isabelle avesse un amante, si preoccuperebbe almeno di non fargli rispondere al telefono? E se sapevo che te la prendevi così, neanche te la dicevo questa cosa.


ATTILIO: Io la amo!


OSVALDO: La ami lo so.


ATTILIO: La amo di un amore… come la amo? Come la amo secondo te? La amo… la amo male… vero?


OSVALDO: Ma no. La ami bene.


ATTILIO: Perché la amo così? Che condanna è? È una condanna. Una condanna…


OSVALDO: Stammi a sentire…


ATTILIO: Una condanna… una condanna…


OSVALDO: Te lo dico io che è successo.


ATTILIO: Una condanna…


OSVALDO: Isabelle non pensava…


ATTILIO: Una…


OSVALDO: Condanna! Ho capito. Ascoltami! Isabelle non pensava che tu arrivassi proprio stanotte. Non poteva venirti a prendere all’aeroporto domani mattina… ti ha detto, no? È vero?


ATTILIO: È vero.


OSVALDO: E allora, sarà andata a passare il week-end da qualche parte e tornerà domani mattina. Distratta com’è…





ATTILIO: Distratta? Ma che dici? Ma di chi parli? Distratta Isabelle? Ma… ma io non lo so… stiamo parlando di Isabelle. La ragazza più precisa che io conosco da quando sono nato. Andata via? Così… senza dirmelo? E che non va neanche al lavoro? Senza avvertire poi. E quell’uomo a casa sua? Chi era? Chi era?

OSVALDO: E sarà stato qualche amico suo.


ATTILIO: T’ho già detto che Isabelle non conosce altri italiani!


OSVALDO: E allora non sarà stato un italiano!


ATTILIO: E perché ha detto pronto?


OSVALDO: E perché “PRONTO” è ormai diventata una parola internazionale, come “CIAO” e come “PIZZA!” Non è il suo amante… e poi… e poi proprio non ce la vedo Isabelle con un amante. Tranquillizzati.


ATTILIO: Non ce la vedi?


OSVALDO: Non ce la vedo, no.


ATTILIO: Giuralo!


OSVALDO: Che?


ATTILIO: Me la giuri questa cosa? Fammi questa cortesia… giurami che Isabelle non ha un amante.


OSVALDO: Te lo giuro!


ATTILIO: No. No… devi giurare solennemente. Devi alzare la mano destra, l’altra sul cuore e dire: giuro che Isabelle non ha un amante.


OSVALDO: Ma scusa… ma che c’entra questa cosa? Che se io giuro e poi Isabelle ha un amante che cosa risolvi? Niente risolvi. Solo che hai fatto diventare me spergiuro.

ATTILIO: E allora… se non le sai le cose… non dire niente che è meglio!


OSVALDO: Lo vuoi il caffè?


ATTILIO: No! Me ne vado!


OSVALDO: Dritto a casa tua. Dormici su. Ci vediamo domani in ufficio.



ATTILIO sta per uscire, poi si ferma come se avesse un pensiero improvviso.



ATTILIO: Osvaldo… 


OSVALDO: Eh…


ATTILIO: Il limoncello?


OSVALDO: Il limoncello.


ATTILIO: È una cazzata!



ATTILIO esce senza aggiungere altro. Scompare oltre il tramezzo che divide la stanza con l’ingresso. OSVALDO resta qualche istante a fissare il punto dove è sparito l’amico, poi si porta una mano a strofinarsi la fronte.



WOLGFANG AMADEUS MOZART.
CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA N°21 K467
ANDANTE.

OSVALDO s’incammina verso il lavello della cucina, prende la caffettiera e la svita. Prende il barattolo del caffè, poi ha una reazione come se facesse un pensiero. Va dritto al telefono. Afferra la cornetta e rimane ancora pensieroso, poi ha uno scatto e posa di nuovo la cornetta sul ricevitore.



OSVALDO: Ma no.


SUONO DEL CITOFONO


OSVALDO si volta lentamente verso il citofono e sempre lentamente, va a rispondere.


OSVALDO: Hallo, wer ist da? Che? Eh… sì… certo… che… guarda che… sì è uscito proprio adesso, non vi siete incontrati qui sotto? Sì certo, come no… sali.


OSVALDO sembra stupito. Lentamente, percorre qualche passo nella stanza. Si porta vicino al lavello e aspetta, restando a guardare la porta invisibile oltre il tramezzo, fino a quando, non appare la figura di un uomo con un giubbotto impermeabile. FAVORITO, fratello di Attilio.


OSVALDO: Ciao.


FAVORITO: Ciao.


OSVALDO: Prego. Togliti il giubbotto.


FAVORITO: No grazie. Preferisco di no. Scusami se… che ti ho disturbato, stavi lavorando?


OSVALDO si volta verso i fornelli della cucina e comincia a preparare il caffè. Gli dà le spalle. FAVORITO comincia a spogliarsi, togliendosi gli abiti bagnati di dosso.


OSVALDO: No, no… solo alcuni conti…


FAVORITO: Come va con la società?


OSVALDO: Non c’è male. Attilio non ti tiene informato?


FAVORITO: Me lo ricordavo più grande qui.


OSVALDO: Da quant’è che sei a Vienna?


FAVORITO (Stesso tono. Stessa espressione): Me lo ricordavo più grande qui.


OSVALDO: Sei ospite di Attilio… cioè… sei a casa sua?


FAVORITO: NO… Non… Attilio non sa che io sono qui. Me lo ricordavo più grande qui…


OSVALDO: Ah… non lo sa? Gli volevi fare una… (Si volta e lo vede in mutande) una sorpresa?


FAVORITO: Una sorpresa… sorpresa sì…


OSVALDO: Stavo facendo il caffè.


FAVORITO: Ah… il caffè? Il vostro caffè?


OSVALDO: No, ma va bene uguale. Vado a prendere qualcosa da metterti addosso.



OSVALDO scompare dietro al tramezzo. 

ATTILIO: Caffettiera napoletana? 


OSVALDO (Da lontano): Non la toccare… Una bellissima caffettiera napoletana. Antica… che ha visto i caffè di almeno tre generazioni. Era di mia nonna.


FAVORITO: E le vostre portentose macchine per gli espressi con sistema a cialda?



OSVALDO ricompare con una tuta e le pantofole per FAVORITO.



OSVALDO: Eh… e quelle sono il futuro. C’è richiesta continua, ma sai… il lavoro è una cosa e il caffè è un’altra. E il vero caffè è sempre quello della caffettiera classica, cioè… questa.



FAVORITO si lascia cadere sul divano. Si porta tutte due le mani sulla faccia e comincia a lamentarsi con un mormorio appena percettibile.



FAVORITO: Diomiodiomiodiomio…



OSVALDO va ai fornelli e controlla la caffettiera, dando le spalle a Favorito.



OSVALDO: E dimmi… come mai sei venuto a Vienna? In vacanza, lavoro? Sai, mica lo so tu che lavoro fai? Che fai? Fa… Faus… scusa non mi ricordo come ti chiami? Fau… no… 



FAVORITO: Isabelle…



OSVALDO si volta lentamente verso di lui.


FAVORITO: Quella luce ambrata che filtrava dai vetri decorati e che si posava delicatamente sul suo viso… il bisbigliare delle altre persone… l’orologio che scandiva il nostro respiro… e lei… il suo affanno… la sua paura… “sono un po’ imbarazzata…” e si voltava sempre a guardare fuori da quei vetri decorati… e il suo collo si tendeva e io amavo quella piega che si formava sul suo collo, quando lei si voltava…


OSVALDO: Tu…


FAVORITO: E io allora mi piegavo un po’ in avanti sul tavolino e la facevo voltare verso di me… fino a quando, il suo affanno non diventava un lentissimo respiro, appena appena agitato… un soffio… e i suoi occhi allora… mi sorridevano… e io l’amavo da impazzire… l’amavo da impazzire…


OSVALDO: Tu… sei tu che mi hai risposto a casa di Isabelle…



FAVORITO alza la testa e punta lo sguardo su Osvaldo.


FAVORITO: per sei mesi… io e Isabelle ci siamo amati per sei mesi… quando Attilio partiva… io arrivavo…


OSVALDO: Sei tu allora…


FAVORITO: Quando Attilio partiva, io arrivavo… e lei non voleva che io andassi subito a casa sua… no… non voleva…


OSVALDO: Ascolta…


FAVORITO: Argentinierstrasse numero quarantanove… la prima volta che mi ha dato appuntamento… la prima volta… era un vecchio caffè… caffè…


OSVALDO: Caffè Goldegg… Argentinierstrasse è il caffè Goldegg…ascoltami adesso…


FAVORITO: Isabelle… 


OSVALDO: Ascoltami un momento solo…


FAVORITO: Isabelle..


OSVALDO: Silenzio!



FAVORITO si azzittisce. Osvaldo comincia a camminare pensieroso.



OSVALDO: Sei mesi… che dura questa relazione… hai detto così?


FAVORITO: Sei mesi… sei mesi… sei mesi…


OSVALDO: Sei mesi… ho capito! E tuo fratello non ne sa niente?


FAVORITO (Si alza e gli va incontro) : Mio fratello… Osvaldo tu devi aiutarmi… devi dirglielo tu… aiutarmi a farmi perdonare…


OSVALDO: E Isabelle? Isabelle lo sa che tu sei venuto qui? Da me? Dov’è adesso Isabelle?



FAVORITO: Isabelle?


OSVALDO: Sì, Isabelle… Isabelle…

FAVORITO prende da una mensola una caffettiera. Alza il coperchio. Annusa.


FAVORITO: Lo sai che il profumo del caffè è l’ideale per descrivere una storia d’amore clandestina? 



OSVALDO lo fissa. Poi con voce ferma e bassa, gli domanda…



OSVALDO: Tu sai dov’è Isabelle?


FAVORITO: È ancora lì…


OSVALDO: Lì dove?


FAVORITO: Lì… nel nostro caffè… non si è mai mossa da lì… con i riflessi di luce ambrata che filtrano dai vetri decorati e che le colorano il viso. Con quella piega del collo che si tende verso di me… con l’imbarazzo e la vergogna di essere lì, con me… con il pudore e… con la sua grande voglia di non voler più soffrire di tutto. Ma tu ce l’hai presente Isabelle? Ti ricordi dell’espressione del suo viso, quando si accorgeva di non farcela da sola? Il suo viso ti chiedeva aiuto e… ti si gettava tra le braccia e bastava un attimo e quando ti accorgevi del suo pianto… era troppo tardi perché lei aveva già versato un lago di lacrime… ti guardava e non piangeva più… così che tu non potevi neanche chiederle: perché piangi Isabelle?



FAVORITO abbassa il capo in preda ad una disperazione profonda.



FAVORITO: Perché piangi?


OSVALDO: Dov’è adesso Isabelle?



FAVORITO: Isabelle…


OSVALDO: Dov’è Isabelle?


FAVORITO: Isabelle…


OSVALDO (Urla): Dov’è?


FAVORITO (Urla anche lui) : È morta!!!



Pausa. OSVALDO resta per qualche istante immobile, a guardare FAVORITO che si porta le mani davanti agli occhi. Sul volto di OSVALDO si dipinge un breve sorriso, quasi come si fosse aspettato quella risposta.


FAVORITO: Io non potevo… non riuscivo a smettere, sentivo la vita che stava uscendo dal suo corpo… e non potevo smettere di stringerle il collo.



L’espressione di OSVALDO cambia. 



FAVORITO: Io non volevo ucciderla, giuro che non volevo ucciderla… però non potevo fare a meno di stringerle il collo,era…era come fare l’amore, sì… smettere così all’improvviso di stringerle il collo, sarebbe stato come finire all’improvviso di fare l’amore con lei e… allora ho stretto di più e mentre stringevo pensavo: stai ferma piccolina, stai ferma… io ti amo… io non voglio farti del male…te lo giuro Osvaldo, non ho mai pensato di ucciderla, mai, mai, mai…



OSVALDO: Un attimo! Silenzio un attimo… fammi pensare… Devo pensare… devo pensare…




OSVALDO comincia a passeggiare lungo la stanza. FAVORITO lo fissa. Ad un tratto, esclama…



OSVALDO: E tutto questo quando sarebbe successo?


FAVORITO: Due ore fa… ti scongiuro Osvaldo, devi dire a mio fratello che io… io non volevo… devi spiegargli che…


OSVALDO: Zitto! ZITTO! Stai zitto un attimo, possibile che non riesci a stare zitto un attimo?


FAVORITO si zittisce. OSVALDO ricomincia a camminare a piccoli passi. Ad un tratto si blocca e punta un indice su Favorito.



OSVALDO: Va bene. Adesso spiegami perché ti sei inventato questa storia.


FAVORITO: Inventato?


OSVALDO: Inventato… e bada che lo so!


FAVORITO: Lo sai che?


OSVALDO: Lo so… che ti sei inventato tutto…basta adesso! Spiegami perché mi hai raccontato questo? Vuoi andare in carcere per una colpa che non hai commesso? Perché?



FAVORITO lo guarda stupito. Non dice niente.



OSVALDO: Avanti, parla, spiegamelo… non me lo vuoi dire? Va bene, te lo dico io… tu da sei mesi vai a letto con la ragazza di tuo fratello e questo, già di per sé è una colpa che non sapevi come scontarla… allora hai deciso di costruirti un castello di idiozie… non riuscivi a smetter ei stringerle il collo? È così?



FAVORITO apre la bocca per cercare di parlare. OSVALDO lo blocca.



OSVALDO: Bravo! Proprio un bel discorsetto ti sei preparato… era come smettere all’improvviso di fare l’amore… sei patetico!


FAVORITO: Ma…


OSVALDO: Nessun ma… sei patetico e basta! Non è vero niente! Niente!


FAVORITO: Osvaldo… ma che stai dicendo?


OSVALDO: Ohhh… smettila! Smettila! Sto dicendo che… che tu hai mentito… va bene. Hai fatto una cosa di cui ti dovresti vergognare… hai tradito tuo fratello… gli hai scopato la ragazza per sei mesi… ma da qui a dire che l’hai addirittura uccisa…


FAVORITO: Ma è la verità… e non ci scopavo… io l’amavo… 


OSVALDO: L’amavi… sì… ho capito… nella vita è normale che accadano anche queste cose. Succede e non è la prima volta. Un uomo e una donna si piacciono, sono attratti l’uno dall’altra e via… una volta che è partita la scintilla, è fatta. La chimica fa il resto. Non c’è scampo per i pudori, per i questo non si fa e quell’altro pure. Non c’è scampo per le remore, per il rispetto, per la stima, per l’amicizia. Esistono delle donne che ti entrano nel sangue subito e subito fanno parte di te. Ciò che si compie dopo è soltanto natura. Hai capito? È il richiamo della foresta.


FAVORITO: No, no… non ti capisco.


OSVALDO: Ti sto spiegando che se tu ti sei scopato la ragazza di tuo fratello… non per questo devi…


FAVORITO: Io l’amavo… l’amavo…


OSVALDO: Ho capito che l’amavi…


FAVORITO: L’amavo!


OSVALDO: T’ho detto che ho capito…


FAVORITO: L’amavo e l’ho ammazzata!


OSVALDO: E allora ti spiego io come sono andate le cose!



OSVALDO va verso il divano, alza di scatto il materasso e tira fuori un sacchettino di plastica. Si avvicina nuovamente a FAVORITO ed estrae alcuni gioielli luccicanti.



OSVALDO: Lo sai che cosa sono questi?


FAVORITO osserva stordito il luccichio dei bracciali e delle collane.





OSVALDO: Lo sai quanto tempo sono rimasto per decidere alla fine di non farli sparire per sempre nel Danubio. Li hai riconosciuti?


FAVORITO: So… sono…


OSVALDO: I gioielli di Isabelle… te li ricordi, vero? Guardali, guardali… quante volte le hai visto questo braccialetto al polso? E questa collana al collo…


FAVORITO: Il collo… con quella piega che…



OSVALDO lo scuote.



OSVALDO: E basta! Basta con questo collo! E cerca di capire. Ti aiuto. Tu questa sera sei entrato a casa di Isabelle. Hai visto il suo corpo riverso sul letto. Ti sei spaventato. I rimorsi ti hanno invaso la mente e hai pensato che all’improvviso eri rimasto da solo… che Isabelle ti aveva lasciato da solo con una colpa troppo grane e hai pensato che l’unica cosa da fare era quella di dare una giustificazione alla tua colpa. Non era possibile che Isabelle si fosse ammazzata da sola, quando eri tu che avresti voluto ammazzarla, distruggerla in un colpo solo ed eliminarla così dalla tua vita perché era impossibile farlo se non così, perché era impossibile non farci l’amore teneramente, vedendola così fragile, così indifesa… e avresti voluto riempirla di carezze, in ogni momento… avresti voluto ucciderla di carezze, ogni volta che sentivi quel colpo al cuore, quando la vedevi baciare tuo fratello con lo stesso trasporto con cui lei baciava te. Quante volte è successo? Quante volte?



OSVALDO si siede anche lui sul divano. 

FAVORITO non dice una parola. Continua a fissarlo incredulo.



OSVALDO: Quante volte l’ho pensato anch’io.



FAVORITO (In un sussurro): Tu…


OSVALDO: Sì… ero anch’io l’amante di Isabelle… e assolutamente, non sapevo che lo fossi anche tu… non hai potuto uccidere tu Isabelle. L’ho uccisa io. Questa mattina a casa sua, verso le undici.



LENTO E ANDANTE, MOZART E IL SUO CONCERTO
IN DO MAGGIORE PER PIANOFORTE E ORCHESTRA.



OSVALDO e FAVORITO si guardano in silenzio.



OSVALDO: Quello che per un attimo mi ha sconvolto, è che tu hai descritto per filo e per segno quello che ho provato io mentre mi accorgevo di ucciderla. Aveva messo le lenzuola di lino. E questa mattina, quando mi sono svegliato accanto a lei, l’ho vista che dormiva girata dall’altra parte e abbracciava il cuscino. Sei mai stato geloso di un cuscino?


FAVORITO non risponde. OSVALDO durante il suo monologo va a preparare il caffè versandolo in due tazzine che ripone su un vassoio.


OSVALDO: Mi sono alzato e sono andato dall’altra parte del letto. Ho cercato di sfilarle il cuscino dalle braccia, ma lei lo ha stretto ancora di più. Si è anche lamentata. Un piccolo lamento. Una sottile striscia di fastidio che si è insinuata nel mio cervello. Sono andato a farmi la doccia e non riuscivo a non pensare a quel lamento che si ingigantiva nella mia testa. Poi dal bagno l’ho sentita parlare al telefono. Parlava con tuo fratello e rideva. Scherzava con lui. Lo chiamava amore, ma questo non credere che mi dava fastidio, no. Non mi ha mai dato fastidio questo, mai… non so cosa mi sia scattato in testa. Ti giuro. Non lo so. Mi sono ritrovato a spingerle i cuscino sulla faccia, sempre più forte, sempre più forte. E più lei opponeva resistenza e più io sapevo che mi sarebbe stato impossibile smettere di premerle quel cuscino sulla faccia. Così l’ho ammazzata. Soffocata come una cagna. Vuoi il caffè?


FAVORITO: Sì, grazie!


MUSICA CHE SFUMA LENTAMENTE.



OSVALDO versa il caffè nella tazza a FAVORITO.


OSVALDO: Quanto zucchero?


FAVORITO: Due cucchiaini, grazie.


OSVALDO: Biscottino?


FAVORITO: Sì grazie.



FAVORITO e OSVALDO sorseggiano il caffè.



OSVALDO (Di scatto): Poi quando l’ho vista così pallida, con gli occhi svuotati. Le labbra viola… l’ho baciata e ho avuto paura per la prima volta. Perché… perché le labbra avevano lo stesso sapore di sempre. Non sembravano le labbra di un cadavere. Erano labbra vive. Come… come se la vita si fosse attardata ad uscire da quel corpo e avesse aspettato quel mio ultimo bacio prima di schizzar fuori. Eh sì… ho avuto paura. Una paura strana… Paura di essere osservato. Ma osservato sai da chi?


FAVORITO: Da… da chi?


OSVALDO: Da Isabelle…


FAVORITO annuisce con espressione attonita.

Pausa.


OSVALDO: Ho avuto la netta sensazione che la vita di Isabelle fosse ancora lì, da qualche parte. Guardavo il suo corpo ed era come se quel corpo non fosse il suo. Sapevo che Isabelle mi stava guardando; era lì e… e allora si è fatto tutto chiaro… era come se… come se Isabelle avesse aspettato quel momento per dirmi cosa avrei dovuto fare… e l’ho fatto… ho cominciato ad aprire tutti i cassetti. Li ho svuotati. Tutto per terra. I libri dagli scaffali, i quadri dalle pareti, tutto. Tutto. Poi ho preso i gioielli. Li ho presi e ho inscenato una rapina. Sono uscito dalla finestra e prima di saltare giù per la strada ho rotto dall’sterno il vetro della finestra. Il temporale mi ha coperto. Nessuno mi ha visto. Nessuno. Sono passato in ufficio e poi sono venuto qui a casa. Mi sono anche addormentato. Ho dormito fino a poco fate. E ho creduto che tutto fosse stato un incubo, fino a mezzora fa.



Pausa.



FAVORITO: Io… io non so se hai davvero sognato, ma, ma non è possibile che tu stia parlando della stesa Isabelle.


OSVALDO: Non provare più a dire che l’hai ammazzata tu. L’autopsia potrà confermare che…


FAVORITO: Ma che autopsia. Isabelle io l’ho strangolata con queste mie mani.


OSVALDO: Ti dico che non è possibile.


FAVORITO: E allora chi avrei strangolato io?


OSVALDO: E io che ne so?


FAVORITO: Te lo dico io… io ho strangolato Isabelle.


OSVALDO: Isabelle l’ho soffocata col cuscino io, molto prima di quando dici che l’hai strangolata tu.


FAVORITO: Ma smettila. Chissà quale mignotta avrai soffocato col cuscino, stamattina.


OSVALDO: Te l’ho già detto. Non ci provare.


FAVORITO: E io ti ho già detto che non ci sto provando affatto. Tu sei un bugiardo e non so per quale motivo ti vuoi addossare una colpa che è mia.


OSVALDO: Io non mi addosso la colpa di nessuno . Quantomeno mi voglio addossare la colpa di uno che non ha assolutamente colpa se non quella di essere un mitomane, visionario.


FAVORITO: Guarda che qui sei tu il mitomane e visionario. Dici di aver messo tutto sottosopra a casa di Isabelle?


OSVALDO: Esatto. Tutto sottosopra. Un piano perfetto.


FAVORITO: Un piano del cazzo. Io ho lasciato casa di Isabelle poco fa. E tutto era perfettamente in ordine.


OSVALDO: Che hai fatto… che hai messo tutto a posto?


FAVORITO: Era già tutto a posto.


OSVALDO: Non è vero.


FAVORITO: È vero invece. Su una cosa hai ragione. Il cadavere di Isabelle ora sta sul suo letto, ma con due strisce rosse di sangue sul collo. Il segno delle mie mani.



SUONO CITOFONO.

OSVALDO e FAVORITO si voltano di scatto. OSVALDO va al citofono.



OSVALDO: Wer ist… che? Che hai fatto? Non… non ti muovere da lì sotto.



OSVALDO ricompone il citofono. Si volta piano verso FAVORITO che lo sta osservando.



FAVORITO: Chi è?



OSVALDO si passa una mano sulla fronte,, se la gratta. Oltrepassa il divano e comincia a cercare per terra qualcosa. FAVORITO comincia ad agitarsi.



OSVALDO: È Attilio. Dov’è che l’ho buttata?



FAVORITO comincia ad agitarsi.


FAVORITO: Oddio… Attilio… sta… sta salendo?


OSVALDO: Non sta salendo, no… scendiamo noi. Eccola!



OSVALDO raccoglie la sigaretta da terra e se la porta alle labbra. Sorride.



OSVALDO: Devo resistere a non fumare. Ho smesso di fumare da due settimane e da due settimane che sto facendo questo. La prendo e la butto, la prendo e la butto. La stessa sigaretta… una volta l’ho anche accesa, ma non ho aspirato.

FAVORITO: Ma chi se ne frega. Io non fumo. Che facciamo, dove andiamo?


OSVALDO: Scendiamo. Dobbiamo andare a casa di Isabelle.


FAVORITO: NO! NO! NO!


OSVALDO: Mi metto qualcosa addosso e andiamo.


FAVORITO: No! Io non vengo no… assolutamente no! Non voglio.



OSVALDO si porta di fronte a lui. Gli sorride.



OSVALDO: È meglio che tu venga.


FAVORITO: T’ho detto di no. Io… Io non posso resistere. Non voglio vedere il povero Attilio che... che si troverà di fronte al cadavere di Isabelle… ti prego… non costringermi… non costringermi a venire…



OSVALDO si fa ancora più vicino a lui. Gli mette una mano su una spalla.



OSVALDO: Allora, il povero Attilio è qua sotto, sta piangendo e anche lui, mi ha detto che ha ucciso Isabelle.



Silenzio.



OSVALDO: A quanto pare oggi c’è stata una strage di Isabelle.

OSVALDO scompare dietro al tramezzo, ma ricompare subito dopo.



OSVALDO: Se decidi di uscire. Ricordati di spegnere la luce. Okay? 



OSVALDO esce di scena. FAVORITO resta fermo sul posto.



Sipario.


FINE PRIMO ATTO





SECONDO ATTO


MOZART.

Stessa scena. Fuori continua a piovere.

La scena si apre con tutti e tre i personaggi in scena. FAVORITO e ATTILIO sono seduti sul divano. OSVALDO sulla poltrona: i due fratelli singhiozzano. ATTILIO se li guarda impassibile. Solo per un istante, OSVALDO sembra avere un attimo di scoraggiamento.



OSVALDO: E adesso che faccio?


MOZART SFUMA PIANO


ATTILIO: È stato un attimo. Non ci ho visto più… mentre le tenevo la testa sotto l’acqua, no vedevo più niente. Il mondo mi era sparito davanti agli occhi.


FAVORITO: Perdonami, ti prego Attilio perdonami.


ATTILIO: No, sei tu che devi perdonarmi.


FAVORITO: No, no… non dire così… perdonami.


OSVALDO: È la fine.


ATTILIO: Perdonarti? Perdonarti di cosa? Di cosa?


FAVORITO: Perdonami.




OSVALDO comincia a sistemare i piatti e le tazzine sporche nel lavello.



FAVORITO: Devi perdonarmi. Tu devi perdonarmi. Perché hai creato tutta quella messa in scena? Il corpo di Isabelle nella vasca da bagno. Perché?


ATTILIO: Eh?


FAVORITO: Dovevi lasciarla dove l’hai trovata, sul suo letto. Non dovevi. Non dovevi metterla nella vasca da bagno. 


ATTILIO: Sì. È lì che l’ho ammazzata. Nella vasca da bagno. SI era spogliata e come se niente fosse stato, si era immersa nella vasca da bagno. Quella bella vasca da bagno con i piedi… i… era… era tutto il giorno che la stavo cercando. Oddio… dio… l’indifferenza. Certe volte Isabelle era… era così piena d’indifferenza che… che… non so… l’ho ammazzata….


FAVORITO: NO! Non devi dirlo più. Lo sai che non è vero.


ATTILIO: Quel silenzio. Con tutti i… i pensieri che… se solo avessi immaginato che tu… Favorito… Dovevi dirmelo che eri tu… io… io avevo dei sospetti che Isabelle avesse un amante, ma se avessi immaginato che eri tu… avrei reagito diversamente. Forse lei sarebbe stata più felice con te. Forse… forse…


OSVALDO: Adesso basta. Mi avete rotto i coglioni. Tutti e due. Uno e due.


ATTILIO: È fatta! Osvaldo, ormai è fatta!


OSVALDO: È fatta che?


ATTILIO: Isabelle è morta!



OSVALDO: È morta! Lo so da stamattina che Isabelle è morta!


ATTILIO: Per favore. Smettetela. Vi prego. Chiamate la polizia. Voglio essere arrestato e poi voglio suicidarmi in carcere. 


FAVORITO: No! Attilio no! Non puoi fare questo. Non puoi salvarmi così… dopo che ho tradito il tuo… il tu o affetto… la tua…


OSVALDO: Signori! Mi dispiace ricordarvelo. Ma ci sono anch’io!


ATTILIO: Eh? Dove?


OSVALDO: Come dove?


ATTILIO: Hai detto: ci sono anch’io… dove sei?


OSVALDO: Attilio. PRONTO! Ci sei? Sono qui. Dove devo essere? Sono qui e molto serenamente, guardatemi, sono sereno… e vi ricomunico, perché non mi sembra che abbiate afferrato… che la vostra Isabelle, era anche la mia Isabelle. Traduzione. Isabelle, me la scopavo anche io.


FAVORITO: Sei uno stronzo!


OSVALDO: Molto di più. Sono uno che si scopava la ragazza del suo migliore amico.



OSVALDO si sposta di nuovo verso il lavello.



OSVALDO: E che ha ammazzato la ragazza del suo migliore amico.


FAVORITO: Non è vero! Non è vero! Isabelle l’ho ammazzata io.


OSVALDO: E sei un bugiardo. Isabelle l’ho ammazzata io.


FAVORITO: Attilio. A chi credi?


ATTILIO: Ma che siete impazziti? Isabelle l’ho ammazzata io.


OSVALDO: Stop! Basta! Non una parola di più.



ATTILIO e FAVORITO guardano tutti e due verso OSVALDO.



OSVALDO: Allora, vi capisco. È stato uno shock per tutti. È ancora uno shock. Allora, lasciamo perdere questa cosa. Lasciamo perdere chi l’ha ammazzata.


FAVORITO: Come lasciamo perdere?


OSVALDO: Zitto! Non fiatare!


FAVORITO: Ma…


OSVALDO: Zitto! 


Pausa.


OSVALDO: Devo pensare.


Pausa.

OSVALDO: Allora… nel coso… nel portabagagli della macchina. Abbiamo messo il corpo di Isabelle, no?



ATTILIO come se realizzasse solo ora l’orrore del fatto, si accascia sul divano.



ATTILIO: Mio dio. Che abbiamo fatto? Nel portabagagli… Isabelle… 


OSVALDO: Silenzio. Silenzio. Devo pensare… allora… la notte scorsa, io ho dormito a casa di Isabelle….


ATTILIO: Osvaldo ma, è vero? È proprio vero? Anche tu… eri l’amante di Isabelle?


OSVALDO: Sì!


ATTILIO: Ma porca puttana! Ma con tutte le donne che ci sono al mondo?


OSVALDO: Ahh… ma allora non hai capito? Non hai capito che sto cercando di far quadrare tutto?


ATTILIO: Quadrare tutto? Più quadrato di così? Io sono un cornuto al quadrato.



FAVORITO si porta accanto alla vetrata e guarda fuori, attraverso le tende.



FAVORITO: Senti come viene giù. Che notte orribile. Non riuscirò a più a dormire per tutta la vita e per tuta la vita mi sentirò addosso l’orrore di questa notte.




OSVALDO: Aspetta tu! Aspetta che sia finita almeno… perché ho la sensazione che il vero orrore, debba ancora venire.


ATTILIO: Ma che sta succedendo? Che ci sta succedendo?


OSVALDO: Voglio capirci qualcosa… perciò, vi chiedo il favore di non dire più: “l’ho ammazzata io e l’ho ammazzata io…” va bene?



Nessuna risposta.



OSVALDO: Va bene? Allora… ricapitoliamo. Nel portabagagli abbiamo tutte e tre messo un cadavere. Lo avete visto tutti e due e lo avete toccato con le vostre mani. Tutti e due, no?


Nessuna risposta.



OSVALDO: Rispondere! Rispondere!


ATTILIO: Sì.


FAVORITO: Sì.


OSVALDO: Allora… di chi era quel cadavere? Di chi era? Rispondere… rispondere.


ATTILIO: Di Isabelle!


FAVORITO: Di Isabelle!


ATTILIO: Di Isabelle… della mia povera Isabelle… diomio… che ho fatto… che ho fatto?


FAVORITO sta per cedere anche lui, ma OSVALDO lo ferma poggiandogli una mano su un braccio.


OSVALDO: Lascialo stare. Continuiamo. Allora, abbiamo un bel cadavere…


ATTILIO: Che ho fatto? Che abbiamo fatto?


OSVALDO: Un bel cadavere confezionato e nascosto dentro un portabagagli. Oh! Allora…


ATTILIO: Sono un assassino! Un assassino!


OSVALDO: Allora… io dico… che vogliamo fare?


ATTILIO: Assassino. Sono un assassino. Che delitto… che terribile delitto… non c’è perdono… no, no… nessun perdono…


OSVALDO: Allora… rispondere… rispondere! Che vogliamo fare con questo cadavere? Chiamiamo la polizia?


ATTILIO: Non c’è perdono… no… no… no…


OSVALDO: Attilio…


ATTILIO: Non c’è perdono… 


OSVALDO: Attilio. Abbiamo capito. Sei un assassino… che cosa vuoi fare? Vuoi confessare di aver ucciso Isabelle?


ATTILIO: Sì… ora vado… vado a costituirmi… ciao Osvaldo… ciao Favorito… io vado a costituirmi… oddio… no… non posso… io mi voglio ammazzare…



ATTILIO va verso la finestra, scosta le tende. Sta per aprire i battenti, ma FAVORITO lo blocca da dietro.


FAVORITO: No Attilio no…


ATTILIO: Lasciami… lasciami… mi voglio ammazzare… mi voglio ammazzare…


FAVORITO: Osvaldo, me la dai una mano?



FAVORITO riesce a spingere ATTILIO al centro della stanza.


OSVALDO: Quello che non capisco…



ATTILIO si accascia sul tappeto e comincia a sbattere la fronte sul tavolino basso vicino al divano.



OSVALDO: Non capisco e per il momento non voglio capire… quello che invece voglio capire, lo voglio capire da voi due…


FAVORITO: Che cosa? Attilio smettila, ti fai male alla testa. Osvaldo, glielo dici pure tu che se la sbatte così la testa, gli può far male? Gli può venire un… un embolo?


OSVALDO: Attilio… ti viene un embolo… allora… siamo tutti d’accordo a voler fare sparire il cadavere di Isabelle? 


Pausa. ATTILIO smette di sbattere la testa. FAVORITO resta senza parole.



OSVALDO: Eh sì… anche se Attilio finge di volersi costituire e fa un po’ di scena, io penso che sì, anche lui è d’accordo a far sparire il cadavere di Isabelle, altrimenti non ci avrebbe dato una mano a nasconderlo nel portabagagli della sua macchina. Eh… sì… siamo tutti complici.


FAVORITO: Ma che dici? Osvaldo… che…


OSVALDO: Dico che visto che siamo tutti complici… ho detto tutti complici e non tutti assassini. Io dico che ora, il problema più importante è decidere dove e come sbarazzarci del cadavere, no?


OSVALDO: No, teniamolo lì per sempre. Ci mettiamo una bella croce sopra e ce lo portiamo a spasso fino a quando la gente non comincerà a guardarci strano ai semafori.


ATTILIO: Isabelle… sì Isabelle è in macchina. E certo. Sta lì. Io devo andare. Ciao Favorito… Ci vediamo domani Osvaldo. Ci vediamo in ufficio. Io adesso vado. Vado ad accompagnare Isabelle a casa.


OSVALDO: Non ho capito. Dove vuoi andare?


ATTILIO: Da Isabelle. Mi sta aspettando in macchina. Starà gelando con questo freddo.


OSVALDO: Ci siamo. È arrivato.


FAVORITO: Attilio… Isabelle è morta!


ATTILIO: No… io… io…

ATTILIO corre di nuovo verso la finestra.


ATTILIO: Io… mi voglio ammazzareeeeeee…



FAVORITO lo rincorre e lo blocca ancora una volta.



FAVORITO: No, Attilio no… non fare così…


ATTILIO: Isabelle, tesoro mio… che ti è successo? Che ti ho fatto?


FAVORITO: Non fare così, Attilio vedrai, andrà tutto bene… tutto bene.


ATTILIO: Tutto bene. Bene… tutto bene…



Il lamento di Attilio si estingue piano, fino ad silenzio assoluto.



OSVALDO: Finito? Tornato tra noi? Oh… e adesso pensiamo a come sbarazzarci di questo cadavere. CADAVERE! Certo… prima o poi nella vita capita a tutti di avere un cadavere nel portabagagli dell’auto. Stanotte è capitato a noi. E stanotte quel cadavere è di Isabelle. Ci dispiace tanto. Era la donna che ci sbattevamo tutti e tre.


FAVORITO: Non parlare così di Isabelle!


OSVALDO: C’è poco da dire. Le cose stanno così. Isabelle aveva messo su una bella giostra e noi ci giravamo tutti intorno, felici e contenti di girare a tutto tondo.


ATTILIO: Non è vero!

OSVALDO: E domandalo a tuo fratello se non è vero. Domandalo a lui che fa tanto il dispiaciuto. Che ti compatisce ma che intanto se l’è spassata per sei mesi!


FAVORITO: Ma non ti accorgi che fai schifo? Che rendi tutto così squallido?


OSVALDO: Ci sto navigano nello squallore. È il fulcro su cui ruota tutta la storia. Dobbiamo avere il coraggio di guardarci in faccia…


FAVORITO: Mio fratello non c’entra…


ATTILIO: Io non c’entro…


FAVORITO: Isabelle era la sua donna…


ATTILIO: Era la mia donna… ma tu guarda… se la racconti non ci si crede… il mio miglior amico e il mio miglior fratello… e la mia migliore donna… cioè… l’unica che avevo…


ATTILIO: Adesso basta… dopo penserai a sputarci in faccia. Ora però… amici e fratelli che siamo, ci legheremo ancora di più in questo schifo. Tutti e tre, come stiamo, andremo a seppellire la nostra Isabelle perché non possiamo permettere a quella che è stata la nostra dannazione da viva, di esserlo anche da morta!


ATTILIO: Io non posso vivere senza Isabelle!


OSVALDO: E allora perché l’hai ammazzata?



Pausa. 

FAVORITO si alza dal divano e punta l’indice contro OSVALDO.



FAVORITO: Bravo. E così adesso sappiamo che non l’hai ammazzata tu.



Pausa.



FAVORITO: Attilio, te lo giuro. Se potessi, te lo giuro… io tornerei indietro per evitare tutto questo. Per evitare… Oddio… non so che darei perché tutto questo… (Si blocca) In una sola cosa ha ragione quello stronzo del tuo amico, in una sola cosa. Dobbiamo fare sparire il cadavere di Isabelle e dobbiamo far finta di dimenticare. È atroce , ma è quello che dobbiamo fare se vogliamo continuare a vivere.


ATTILIO: Uccidendo Isabelle… ho ucciso me stesso.


FAVORITO: Non l’hai uccisa tu… e lo sai…


OSVALDO: Ti prego… Favolino…


FAVORITO: Favorito!


OSVALDO: Favorito. Ma come ti hanno chiamato?


ATTILIO: Favorito! Mamma e papà l’hanno chiamato Favorito per farmi sapere che era Favorito rispetto a me. Hai capito che hanno fatto?


FAVORITO: Ah… Non è vero. Lo sai che non è vero. Mi hanno chiamato così perché il bisnonno di mamma si chiamava così… per buon augurio. Favorito sta per favorito dalla fortuna… favorito dalla vita…


OSVALDO: Ma chi se ne strafotte! Ma che vi siete impazziti? Ma io non lo so. Stiamo prendendo delle decisioni importanti e vi mettete a fare salotto? Silenzio! Me ne sbatto del perché gli hanno affibbiato questo nome del cazzo!


FAVORITO: Nome del cazzo ce l’avrai tu!


OSVALDO: Oddiomamma! Basta! Basta! Da ora in poi, qui comando io e io vi ordino di stare in silenzio!


FAVORITO e ATTILIO s’azzittiscono e guardano OSVALDO che tira il fiato.



OSVALDO: Ohh! Sono giunto ad una conclusione importante. E questa decisione è… che Isabelle… l’abbiamo uccisa tutti e tre!


Pausa.


OSVALDO: Tutti e tre! Sì. Tutti e tre. Questa notte dobbiamo scavare una buca profonda come l’Inferno e farci sparire il corpo di una donna che abbiamo ammazzato tutti e tre. Mi sta benissimo questo. Io non lo so il motivo, non lo voglio sapere ma, tutti e tre, ci stiamo accusando da soli. È assurdo, lo so, ma inconsciamente, stiamo facendo la cosa giusta. Ci stiamo legando nella complicità più assoluta. Ognuno per proteggere gli altri da se stesso e se stesso dagli altri. 


FAVORITO: Ma che stai dicendo?


OSVALDO: Sì ragionate. Ragionate solo un momento. È chiaro che Isabelle è stata ammazzata. Isabelle è morta. Stecchita. Fredda come il marmo. È chiaro che un essere umano può essere ammazzato una sola volta.


FAVORITO: Un essere umano.


OSVALDO: Un essere umano sì. Isabelle in tutto il suo splendore era un essere umano… ascoltatemi… in ordine cronologico… io dico di aver ammazzato Isabelle questa mattina e vi dico anche l’ora… ore undici e un quarto circa… (Come se temesse di essere interrotto) Silenzio! Sto continuando! Poi viene il fratellino qui e mi dice che Isabelle l’ha strangolata lui. Scusa… (A Favorito) A che ora l’hai strangolata?


FAVORITO: Saranno state… le otto ma l’ora esatta non la ricordo.


OSVALDO: Intorno alle otto va benissimo. Diciamo però che ti piazzi al secondo posto, no?


ATTILIO: Che dici? Che dici? Ma cos’è un campionato?


OSVALDO: Per favore. Sto continuando. Terzo classificato. Attilio! Che addirittura c’informa che lui, Isabelle l’ha annegata nella vasca da bagno. E in effetti l’abbiamo trovata lì a mollo nella vasca da bagno. A questo punto, cosa abbiamo?


FAVORITO: Cosa abbiamo?


OSVALDO: Varie possibilità. Nell’assurdo della situazione, comunque, vi comunico che tutti e tre ci siamo trovati d’accordo sugli orari. Tutti e tre avremmo potuto ammazzare realmente Isabelle. Da un omicidio all’altro ci passano diverse ore di tempo ma rimane il fatto che di Isabelle ce ne è una, anzi ce ne era una. E nel momento stesso che il primo di noi ammazzato Isabelle, ha escluso automaticamente tutti gli altri. Allora io non sto qui a ricordarvi che io sono quello che in teoria l’ha ammazzata per prima e che quindi, sarei io che escluderei voi altri…


FAVORITO: Non cercare di…


OSVALDO: Silenzio qui… silenzio ora. Silenzio che è importante. Non m’interrompete che se perdo il filo è finita…



OSVALDO si sforza di riprendere il discorso da dove era stato interrotto.


OSVALDO: Lo vedi? Lo vedi? Ho perso il filo che stavo dicendo?


ATTILIO: Stavi dicendo che… “io sono quello che in teoria l’ha ammazzata per prima e che allora sarei io che escluderei voi altri…”

OSVALDO: Bravo… questo… perché io sono il primo… dato che io Isabelle l’ho ammazzata alle undici, no?


FAVORITO: Tu dici che l’hai ammazzata alle undici, ma sai benissimo che…


OSVALDO: Dico! Dico! Dico! Merda… dico! Sto parlando e mentre parlo cerco di ragionare e di pensare quindi, fammi il favore di non interrompermi. Quello che voglio farvi capire, allora… cercate per un attimo di estraniarvi, di uscire fuori da questa palla di vetro. Cercate di vederla così… ci sono tre uomini che si accusano di un delitto, dello stesso delitto. CI può essere un motivo o mille motivi oppure non ci sono motivi. Voi che adesso state guardando da fuori questa scena, cosa vedete?


ATTILIO: Cosa vediamo?


OSVALDO: Vedete questi tre uomini che non capiscono, sono frastornati. Ognuno di loro però, sa qualcosa in più o in meno rispetto agli altri. Due di loro sanno di non essere gli assassini. Uno dei tre sa invece di essere l’assassino. E il vero assassino si chiede: perché questi due si accusano di un delitto che ho commesso io?


ATTILIO: Eh… perché? Perché vi accusate di un delitto che ho commesso io?


OSVALDO (Reprimendo un istinto rabbioso): Cercate… di essere lucidi e soprattutto, cercate di immaginarvi in alto, ora, osservatori di tutto questo.


FAVORITO: In alto?


OSVALDO: In alto. In basso. Di fianco… non ti fermare sulle parole. Cerca di osservare questa scena e i personaggi. È difficile, lo so ma devi essere lo spettatore di te stesso. E per farlo, ti devi annullare. Adesso. E hai pochi minuti per farlo perché tra poco non avrai più tempo perché lo spettacolo è breve. Pochi minuti per allontanarti dalla realtà. 


Pausa. I tre uomini si lanciano sguardi silenziosi.


OSVALDO: È perfetto. Tutti e tre vogliono dimenticare. Tutti e tre hanno bisogno di credere negli altri come in loro stessi. Tutti e tre sono colpevoli. Sono tre uomini sani di mente e i due che mentono sanno che accusandosi del delitto, mettono in funzione una macchina perfetta. Mi capite? Io non dico che tutto questo sia stato consapevole, no… io credo che quelli che stanno mentendo, siano stati realmente mossi dal desiderio di confessare un delitto che non hanno commesso, ma ora…


FAVORITO: Ora? Ora? Sto cominciando a capire…


OSVALDO: Ora stanno capendo che invece, accusarsi a vicenda è l’unica scappatoia possibile. È un’equazione senza possibili soluzioni. È come quando si dice che due negazioni affermano e tre riportano tutto come prima. In questo caso, ognuno di noi si sta accusando e nello stesso tempo sta riportando tutto come prima e così si dichiara innocente.

FAVORITO: Dio! La colpa si scioglie nella colpevolezza di tutti!


OSVALDO: Bravo Fonzo!


FAVORITO: Favorito!


OSVALDO: Favorito! Bravo! Hai capito!


ATTILIO: Favorito! Ma tu hai capito davvero?


FAVORITO: Credo di sì! Però c’è ancora qualcosa che non quadra!


OSVALDO: Spettatori, non abbandonate i vostri posti di spettatori. Solo così potete capire. È un legame invisibile. Tutti e tre dopo questa notte, continueranno a vivere. Assassini e innocenti. Devono farlo! DEVONO! Sì perché anche gli innocenti hanno contribuito al compimento di questo delitto.


ATTILIO: Ma perché? Perché dite che anche voi avete contribuito?


OSVALDO: Attilio! Se non la smetti di dire che l’hai uccisa tu, ti uccido io! Isabelle non l’hai uccisa tu, l’ha uccisa uno di noi e chi l’ha uccisa sa di averla uccisa. Chi non l’ha uccisa mente! Solo uno di noi sa la verità e questo deve bastare.


FAVORITO: Sì Attilio, non capisci? La colpa si annulla automaticamente agli occhi degli altri e anche agli occhi del vero colpevole.


ATTILIO: Continuo a non capire. Non… non c’è bisogno di fare tutto questo giro di parole. Perché poi? È tutto così…


OSVALDO: Fermo, fermo, fermo! Non continuare e rientriamo un attimo nei nostri panni… non più da spettatori!


ATTILIO: Rientriamo?


OSVALDO: Rientriamo, rientriamo… un attimo solo!


Pausa.


ATTILIO: Rientrati?


OSVALDO: Rientrati! Allora… da ora in poi, ognuno di noi vivrà con una coscienza divisa in tre. Vivremo al limite della schizofrenia ma è l’unico modo per sopravvivere… io e te Attilio… lo capisci che io e te ci dovremo vedere tutti i giorni? Facciamo lo stesso lavoro. Siamo in società. Come potrei farlo, se tu sapessi o se io sapessi che sei un assassino?

ATTILIO: Ma tu lo sai. Te lo dico io. Io sono un assassino!


OSVALDO: NO! Perché così come lo dici tu che sei tu l’assassino, così te lo dico io: io sono l’assassino. E così come lo dico io, così lo dice tuo fratello. (A Favorito) Glielo dici per favore? Glielo dici che anche tu sei l’assassino?


FAVORITO: Attilio… sono anche io l’assassino!

OSVALDO: Oh! Te l’ha detto. Sei contento? E te lo dico anche io. Chi è l’assassino? Sono io l’assassino! Ci sei arrivato a questo punto? Sì? E allora non dire più che sei tu l’assassino o perlomeno, non dirlo quando sei nei tuoi panni. Fallo dire a te stesso, quando sei lo spettatore di te stesso.

FAVORITO: Attilio. È semplice. Siamo tre colpevoli!


OSVALDO: Tre colpevoli! Esatto!


FAVORITO: E tre innocenti!


OSVALDO: Tre innocenti! Bravissimo!


FAVORITO: E così, chi è colpevole, si sentirà protetto dalla presunta colpevolezza degli altri due.


OSVALDO: Straordinario!


FAVORITO: E gli altri due, gli innocenti bugiardi… si sentiranno alleggeriti dalle loro colpe. Chi è innocente sa di essere innocente, ma non vuole essere innocente agli occhi degli altri.


OSVALDO: Vigorito… sei un genio!


FAVORITO: Senti, non mi chiamare più per nome, per favore.


OSVALDO: Sì, non ti chiamo più… non fai una grinza!


FAVORITO: E quello che conta è che comunque sia… qui la giostra continua… noi siamo ancora qui… nella vita reale… e che si fa nella vita reale? Ve lo dico io… nella vita reale… si continua a vivere!

OSVALDO: Perfetto!


ATTILIO: Un momento! Un momento! Ma adesso… come… come avete ragionato? Nei vostri panni… o da spettatori?


OSVALDO: Attilio!


ATTILIO: No, dimmi… dimmi…


OSVALDO: Attilio… ho capito e bada bene, soltanto adesso ho capito… di aver lavorato tutti questi anni, fianco a fianco… con un cretino!


ATTILIO: Eh… chi è?


OSVALDO: Tu!


ATTILIO: Io?


OSVALDO: Non voglio sentire una parola di più. Mi faccio un caffè. Andiamo. Andiamo. Che adesso viene il bello. Non sentite una musica nell’aria? Non sentite la pioggia? La pioggia lava tutto. La pioggia pulisce tutto. Noi compresi. Un bel caffè e si va a finire l’opera!


FAVORITO: Aspetta… come la finiamo l’opera? E come hai intenzione di spiegare la scomparsa di Isabelle, Isabelle ha dei parenti qui… degli amici… la cercheranno… verranno a farti delle domande… chiameranno la polizia…


OSVALDO: Buono! Calmo! In questi casi non ci si agita più di un secondo. Mi vedi? Guardami. Sono tranquillo. Isabelle? Chi è Isabelle? Ah… la ragazza di Attilio. Chiedilo a lui, forse ne sa qualcosa.


FAVORITO: Sei un maiale! Come facciamo ora? E soprattutto… dove lo facciamo sparire il cadavere di Isabelle?
OSVALDO: Il cadavere di Isabelle… sì… fammi pensare… ma che hai fretta? Devi fare qualcosa d’altro? Dopo quello di Isabelle devi andare a sotterrare altri cadaveri? Rilassati. Ci sono centinaia di boschi nei dintorni di Vienna… uno vale l’altro… e la notte è ancora lunga… riscaldiamo il caffè…


OSVALDO mette la caffettiera su uno dei fornelli.

FAVORITO gli blocca un braccio.


FAVORITO: Non è lunga la notte per quello che dobbiamo fare. Voglio che tutto sia finito al più presto. Voglio che tu posi quella caffettiera e che cominciamo a definire un piano per far sparire il corpo di Isabelle!


ATTILIO comincia a muoversi nella stanza.

OSVALDO si scosta dalla presa di Attilio.


OSVALDO: Le cose definite sono peggio delle cose fatte in fretta. CI beviamo il caffè e andiamo. Non ci rincorre nessuno. Là fuori tutto è uguale a prima e così deve essere anche per noi.


ATTILIO si ferma e volge lo sguardo verso il tramezzo che nasconde la porta d’ingresso, poi si volta verso gli altri.


ATTILIO: Non sentite?…


OSVALDO e FAVORITO continuano la loro discussione senza badargli.


OSVALDO: Ti calmi? Non dobbiamo fare niente di speciale. Dobbiamo solo sbattere un cadavere sotto terra… cosa c’è? Qual è la differenza tra prima e dopo? Il prima era prima… ed era fatto di Isabelle e del suo profumo… della sua pelle bianca… te lo ricordi il prima? Certo che te lo ricordi… il dopo ora è adesso… il dopo è qui… ma lo facciamo dopo… ora ti calmi…

FAVORITO: Visto che tu sei già calmo… vuoi mettere al corrente anche me su come facciamo? Possiedi una pala? Un piccone? 
OSVALDO: Fammi pensare… no…


Comincia a sentirsi uno strano rumore, come di qualcuno che gratta ad una porta.


ATTILIO: Io sento un rumore… 


ATTILIO scompare dietro al tramezzo.


FAVORITO: E allora?


ATTILIO: Allora che?


FAVORITO: Allora con che cosa scaviamo? Come la scaviamo una buca? Con la paletta e il secchiello?


OSVALDO: Ah… non ho neanche quelli!


FAVORITO: Tu mi sembri pazzo. Stai qui a fare il caffè. Fai discorsi privi di senso…


OSVALDO prende il barattolo di caffè e lo mette sotto al naso di FAVORITO.


OSVALDO: Senti che aroma… cento per cento arabica!


Con un colpo deciso, FAVORITO fa volare il barattolo dalle mani di OSVALDO. Il caffè cade per terra, sparpagliandosi dappertutto. In quel momento, riappare ATTILIO che indietreggia piano. Sembra aver visto il demonio in persona. Poi si volta verso gli altri due. 


FAVORITO: Attilio che hai?


OSVALDO: Tutto il caffè per terra!


ATTILIO crolla di schianto per terra e là resta: svenuto.

FAVORITO gli va incontro e si china su di lui.


FAVORITO: Attilio! Attilio! Osvaldo… Attilio sta male…


OSVALDO: Tutto il caffè per terra.

FAVORITO: Attilio! Attilio! 


OSVALDO prende una scopa e comincia a spazzare come se il caffè per terra fosse la cosa più importante da togliere in quel momento.


OSVALDO: Guarda che hai fatto… tutto il caffè per terra.


Dal tramezzo, si sente rumore, poi una voce di donna.


VOCE DI DONNA: Ho… ho freddo…


OSVALDO e FAVORITO si guardano, poi di scatto corrono verso il tramezzo. Si fermano puntando lo sguardo davanti a loro. Dopo qualche istante di silenzio, quasi contemporaneamente, pronunciano la stessa parola.


OSVALDO: Isabelle?

FAVORITO: Isabelle?


Buio e sipario.


FINE SECONDO ATTO

TERZO ATTO


MOZART.

Luce su ISABELLE, alta, bionda e magrissima. Il corpo è nudo e avvolto in una coperta. I capelli sono bagnati. È intirizzita dal freddo. In piedi e a piedi scalzi.

ATTILIO sdraiato sul divanetto. Borsa di ghiaccio sulla testa.

OSVALDO fuma la famosa sigaretta.

FAVORITO guarda la donna come se fosse uno spettro.


ISABELLE: Non avevi smesso di fumare?


OSVALDO la fissa. Non le risponde.


ISABELLE: Non ho più voce. Ho pianto. Ho gridato. Non so neanche quanto. Sentivo la pioggia sopra di me, ma non ero neanche sicura che fosse la pioggia. Rimbombava tutto. Tutto… ho pensato di essere stata sepolta viva in… diomio! In una bara. Che cosa è successo? Osvaldo… io ho… ho un vuoto in testa… non ricordo nulla… solo il freddo… freddo e rumore… rumore… (in tedesco) mi fanno male le mani…


ISABELLE si guarda le mani. Rimane così, con espressione vuota. 


ISABELLE: Isabelle… sei tu? Sei proprio tu?


ISABELLE: Non lo so… non lo so più… io… io ho paura… voi sapete cosa è successo? Perché… Perché mi guardate così? Perché non parlate?


FAVORITO: Come ti senti?


ISABELLE: Vedo… vedo tutto così… non lo so… è ancora buio… buio dappertutto… non potete accendere un po’ di luce? Ho… ho ancora quel rumore in testa… (In tedesco) Mi fanno male le mani…


FAVORITO si fa più vicino ad Isabelle e fa per toccarle il collo.


ISABELLE (Si ritrae): Non mi toccare! Non voglio essere toccata!


ATTILIO dal divanetto, comincia a lamentarsi ad alta voce.


ATTILIO: Ahia… la testa… Isabelle… non è morta… non è viva… Isabelle…


ISABELLE si volta verso il divano e si avvicina ad Attilio.


ISABELLE: Attilio!


ATTILIO: Ah… Isabelle… amore mio… pensa che ho fatto un sogno… un incubo. Eri morta. Eri morta, poi resuscitavi e morivo io… poi resuscitavo io e morivi tu… Isabelle… sembrava il giorno dell’Apocalisse… tu eri… eri nel portabagagli e noi ti volevamo seppellire…


ISABELLE: Attilio!


ATTILIO: Ti dovevamo seppellire perché ti avevamo ucciso senza ucciderti. Isabelle… che sogno strano… Oh non volevi proprio morire. Amore mio… amore amore mio…


ISABELLE: Mi fanno male le mani.


FAVORITO si porta accanto ad Isabelle e cerca di abbracciarla.


ISABELLE (si divincola): Lasciami!


FAVORITO: Scusa!


OSVALDO continua a fumare impassibile.


ISABELLE: Ero nel portabagagli. Mi avevate rinchiuso nel portabagagli. Perché? Volevate ammazzarmi? Perché?


ATTILIO: No, amore calmati… non volevamo ammazzarti. No! Ti avevamo già ammazzata. Ti dovevamo solo seppellire!


ISABELLE: È atroce! Tutto questo è atroce!


ATTILIO: No, no… era solo un sogno. Ora è finito. Era solo un brutto sogno. Finito. Finito amore… ahia… la testa! Ma che ho un ficozzo? Ho sbattuto?


FAVORITO: Non era un sogno! Isabelle è qui. Non è morta. È qui!


ATTILIO: Isabelle. Amore mio. Non sei morta no… non sei morta… ahia la testa!


FAVORITO: Calmo Attilio. Non ti agitare.


ISABELLE: È stato terribile. Perché mi avete fatto questo? Perché mi avevate rinchiuso lì dentro?


FAVORITO: Perché eri morta! Morta! Isabelle… Il tuo cuore non batteva più. Tu non respiravi più. Eri morta… Morta!


ISABELLE: Basta! Mi state facendo paura!

OSVALDO si avvicina ad ATTILIO e FAVORITO, li guarda, poi si volta verso ISABELLE.


OSVALDO (In tedesco): Ich weiß nicht wer du bist, aber in keinem fall Isabelle… (Io non so chi sei, ma tu non sei Isabelle)


Silenzio.

FAVORITO non capisce. 

ATTILIO si alza di scatto dal divano.


ATTILIO: Was heipt, das ist nicht Isabelle? Das ist sie doch Isabelle! (Come non è Isabelle? È Isabelle, non la vedi?)


OSVALDO: Deine augen waren kalt. Ich… ich habe dir das kissen auf’s gesicht gerdrückt. (I suoi occhi erano freddi. Io… io le ho spinto il cuscino sulla faccia. E l’ho fatto fino a quando non ha smesso di respirare.)


ISABELLE: Osvaldo… Attilio…


OSVALDO: Isabelle kann nicht wiederawfersttanden, sein! (Isabelle non può essere resuscitata!)


ATTILIO: Bitte Osvaldo. Isabelle ist hier! Erkennst du sie nicht. Ha was sagist du! (Osvaldo. Isabelle è qui, non la vedi? Che dici?)


OSVALDO: Ich sage, das ist nicht Isabelle. Isabelle ist tot! (Dico che questa non è Isabelle. Isabelle è morta!


ATTILIO: Isabelle… liebling… komme doch mal her. Umarme mich… bitte verzeih mir… verzeih mir… (Isabelle… tesoro… perché non vieni qui? Abbracciami ti prego… ti prego perdonami, devi perdonarmi…)


ISABELLE: Verzeihen? Was soll ich dir verzeihen? (Perdonarti? Perdonarti per cosa?)


ATTILIO: Das ich dich ungebracht habe. (Per… per averti uccisa.)


ISABELLE: Io sono viva! Viva! Lo capite questo? Sono viva! È stato terribile. Perché mi avete fatto questo? Perché? Volevate seppellirmi viva? È così? È così? È vero? Nessuno potrebbe meritare una fine così crudele. Nessuno. Nessuno… amore mio… tu davvero volevi ammazzarmi così? Volevi seppellirmi viva?


ATTILIO: No! No! Seppellirti viva no! Seppellirti morta sì però. Ma non morivi!


OSVALDO: Non lasciarti ingannare Attilio. Ah… non senti la voce? Apri bene le orecchie. Anche la voce è diversa. Questa non è la voce di Isabelle. Isabelle era fredda e già in procinto di decomposizione quando… quando l’abbiamo scaraventata nel portabagagli della tua auto, Isabelle era già cadavere!


ISABELLE abbraccia Attilio e gli prende il volto tra le mani.


OSVALDO: Stai attento Attilio!


ATTILIO: Allontanatevi da lei. Via tutti. Andate via! Non ti preoccupare amore. Ci sono io. Nessuno ti farà più del male.



ISABELLE stringe a sé più forte ATTILIO. Lo bacia dolcemente. OSVALDO e FAVORITO osservano quel bacio. ISABELLE si scosta piano dalle labbra di ATTILIO. Si volta verso OSVALDO.


ISABELLE: Osvaldo!


ISABELLE lentamente, si avvicina ad OSVALDO e, accostando il viso al suo petto, lo abbraccia.
ISABELLE: Ho vissuto troppo tempo nel falso. Io non ce la faccio più e forse me lo meritavo davvero di morire in un modo così atroce, ma perché mi tratti così? Forse è vero, non sono più io, forse sono un’altra. Io… io sto soffrendo troppo. Non voglio più soffrire. Vi amo a impazzire tutti e tre. Vi amo tutti e tre. Il perché non l’ho mai saputo…


OSVALDO la scosta rabbioso.


OSVALDO: Non è lei. Non è lei. È impossibile ma è così. Lo so… lo so…


FAVORITO: Zitto!


OSVALDO: Non è lei! Non lo so chi è ma non è Isabelle. Ha un odore diverso. Anche la faccia è diversa. Le assomiglia spaventosamente ma non è lei. Possibile che non vi ricordiate Isabelle?


ISABELLE: Guarda le mie mani! Guarda le mie dita! Sono insanguinate e scheggiate per quanto ho graffiato quel cofano. Ho i polmoni a pezzi. Respiro a fatica. Ho l’anima devastata dal dolore e tu… proprio tu… mi vieni a dire che io non sarei io? E allora dimmelo tu chi sono. Io voglio capire. Voglio capire che cosa mi avete fatto questa notte perché anche se io non sono io, voi questa notte mi avete fatto male. E lo avete fatto a me!


FAVORITO: Isabelle… Isabelle… questa notte… Noi… abbiamo creduto che tu fossi morta… e lo sembravi veramente… te lo giuro…io… è successo… com’è difficile… io non ci riesco a spiegare…


ISABELLE: Cosa? Non riesci a spiegare cosa? Ti scongiuro. Favorito, ti prego… trova le parole… per l’amore che ti ho dato e te ne ho dato tanto… ti supplico di trovare le parole per spiegarmi…


FAVORITO: Questa sera, Isabelle… questa sera ti ho stretto il collo… ricordi? Te l’ho stretto così forte che… che ho pensato di averti ucciso…


OSVALDO: Il collo!
ISABELLE si volta di scatto verso OSVALDO che si precipita verso di lei. Le afferra le braccia con forza e le abbassa di scatto l’accappatoio. Tutti e tre gli uomini la guardano silenziosamente. ISABELLE rimane impassibile, mentre OSVALDO, lentamente si allontana. Sul collo di ISABELLE, i segni visibili di una stretta al collo. 



FAVORITO: Il tuo collo…


ISABELLE : Che c’è?


FAVORITO: I segni sul tuo collo!


ISABELLE: Che ho sul collo?


FAVORITO: La prova che l’assassino sono… cioè… ero io…


ISABELLE: L’assassino…


ISABELLE si porta una mano al collo. Soffoca un urlo di dolore.


ISABELLE: Ahia…


FAVORITO: Non ti toccare!


ISABELLE: Comincio a ricordare. Tu… tu hai cercato di uccidermi. Prima tu… sì mi ricordo… mi hai stretto il collo… devo essere svenuta. Quando ho ripreso i sensi non c’eri più… e anche tu… Osvaldo… questa mattina… Mi… mi hai premuto il cuscino sulla faccia… lo avevo completamente dimenticato. Mi sono risvegliata sul letto e… e ho trovato la casa sottosopra… e poi… Ho rimesso in ordine…


ISABELLE si volta verso ATTILIO. Gli si avvicina. Gli accarezza una guancia.


ISABELLE: E poi sei arrivato tu… amore perdonami… stavo per confessartelo stasera. Quando sei entrato come una furia in casa, ma;.. ma eri troppo arrabbiato. Te lo avrei comunque detto prima o poi… ogni momento… te lo giuro che ogni momento era un tormento per me… avevo paura di farti soffrire…


ISABELLE: Io… Isabelle io ti amo… non voglio perderti!


OSVALDO: L’hai persa! Attilio, l’hai persa. Non le credere. Non so come farvelo capire. Questa non è Isabelle… non è Isabelle…


ISABELLE: Tu sei un mostro!


OSVALDO: No! Il mostro sei tu! Credetemi. Questa cosa non è Isabelle… Non so spiegarlo… Isabelle forse nascondeva un segreto… forse è una sorella gemella… che… che ha visto tutto… e si è sostituita a lei… io so solo che non è lei… state attenti… è qui per fare del male… lo so… guardatele lo sguardo… è un altro sguardo… è uno sguardo malefico… cattivo… Isabelle anche quando era al culmine della rabbia, non aveva questi occhi. Guardatela. Sembra Isabelle… ha una somiglianza spaventosa, ma non è lei!


ISABELLE: Ti prego! Osvaldo non mi dire così. Sono… sono già abbastanza atterrita. Sono fragile io. Io… perché vuoi farmi impazzire?


ATTILIO: Lasciala! Lasciala in pace. Giuda che non sei altro. Cosa t’inventi adesso? Una sorella gemella? Stai farneticando? Isabelle era figlia unica! (Guardando Favorito) Beata lei!


FAVORITO: Io… io non so come… ma Isabelle adesso è qui. Osvaldo, hai capito? Non tormentarla più. Chi vuoi che sia? Non lo vedi? È Isabelle… la nostra Isabelle.


ATTILIO: La mia Isabelle!


FAVORITO: La nostra… Mi dispiace Attilio…

ISABELLE: Sì, amore… ha ragione…


ATTILIO: Non è stato un brutto sogno allora? Isabelle… tu mi tradivi?
ISABELLE non risponde.


FAVORITO: Lasciala! Rimandiamo questa cosa a dopo. Adesso Isabelle è stremata e…


ATTILIO: NO! Non si rimanda! Io devo sapere. E voglio sentirglielo dire da lei. Isabelle. Tu mi tradivi? Mi tradivi con mio fratello e il mio migliore ex amico?


ISABELLE: Ti prego Attilio. Silenzio. Solo un po’ di silenzio. Sì… ti tradivo. Te l’ho detto. Ti tradivo con Osvaldo. E ti tradivo con tuo fratello.


ATTILIO: Non è possibile… non è…


ISABELLE: Non è possibile che tu e tutti i miei amanti abbiate cercato di uccidermi stanotte… non è possibile che tutti voi abbiate fallito… Non è possibile che mi abbiate rinchiuso nuda con questo freddo in un portabagagli unto e lurido… e che stavate per seppellirmi viva! VIVA! Non è possibile che io stia ancora qui a parlare con voi invece di essere scappata… fuggita via!


OSVALDO: FERMI TUTTI!


TUTTI lo guardano.


OSVALDO: Il portabagagli. Io vado a vedere giù. Io devo vedere se il corpo di Isabelle è ancora lì dentro. 


FAVORITO: Osvaldo. Isabelle è qui!


OSVALDO: No! Non è qui. Io non lo so chi c’è qui!

OSVALDO esce come una furia.


ISABELLE: Prima che… il cofano del portabagagli si aprisse all’improvviso, quasi per incanto… ricordo che ho visto… ho avuto un attimo in cui ho ricordato tutto… ma poi ho dimenticato di nuovo… adesso… poco fa… ho ricordato quell’attimo… e…


ATTILIO: Isabelle… potrai mai perdonarci? Io… io ero disperato… accecato… Non riuscivo a trovarti questa sera… tu eri sparita e poi… ero fuori di me… Non ero io… non… credimi amore… Non ero io… io ti paravo… ti ricordi nel bagno? Io ti parlavo e tu… t u te ne stavi zitta… Non mi rispondevi… si è scatenato l’inferno dentro di me… perdonami… 


ISABELLE: Mi hai spinto la testa sotto l’acqua, vero?


ATTILIO: Sotto l’acqua, sì.


ISABELLE: Non riuscivo più a respirare.


ATTILIO: Oh! Povero amore mio!


FAVORITO: Isabelle… piccola mia… io non riesco a crederci. È proprio vero? Tu hai vissuto realmente tutto questo? Questo vuol dire che... che siamo tutti dei mancati assassini… siamo stati graziati… prima… prima Osvaldo… che pensava di averti soffocata col cuscino. Poi io… e poi…


ISABELLE: Ho freddo!


ATTILIO: Tesoro… hai freddo?


FAVORITO: Dovremmo portarla in ospedale!


ISABELLE: No, in ospedale no! Sto bene. Ho solo un freddo terribile. Un freddo che mi parte da dentro e che… mi asta facendo tremare.


ATTILIO: Una coperta. Favorito. Una coperta…


FAVORITO: Una coperta subito!


ISABELLE: No, no… lasciatemi… lasciatemi così per un po’. Adesso mi passa. Adesso passa tutto…


ATTILIO: Sto male anch’io. Sto male anch’io… Isabelle… finché vivrò, io non mi darò pace e… e ho bisogno di sapere se… se tu potrai mai perdonarmi per il male che ti ho fatto.


ISABELLE: Sì, Attilio, sì… ti perdono… vi perdono tutti, anzi… perdoniamoci tutti… va bene? Vorrei qualcosa di caldo!


FAVORITO: Di caldo, sì… una tisana?


ATTILIO: C’è il caffè… ti va un po’ di caffè caldo?


ISABELLE: Bollente!


FAVORITO: È già fatto. Lo devo solo riscaldare.


FAVORITO si porta rapidamente verso la cucina. La fiamma si accende sotto la caffettiera.

ISABELLE si rannicchia sul divano.

In quel momento…

Riappare OSVALDO bagnato fradicio.

FAVORITO: E allora? Soddisfatto della tua scoperta?


OSVALDO: Non… non ancora!


FAVORITO: Non ancora cosa?


OSVALDO: Le chiavi!


FAVORITO: Che?


OSVALDO: Le chiavi della macchina e del portabagagli!


ATTILIO lo guarda con la solita espressione stordita.


ATTILIO: Le chiavi?


OSVALDO: La macchina è chiusa! Il portabagagli è chiuso, così come lo avevamo lasciato! Lei aveva detto che si era aperto… Cosa vuol dire questo? Cosa vuol dire? 


ATTILIO: Che si è richiuso!


OSVALDO: Attilio, le chiavi! Isabelle è ancora lì dentro e a costo di portarvela qui insieme ai vermi, ve lo dimostrerò! LE CHIAVI!


FAVORITO: Osvaldo, calmati! Cerca di non agitarti. Resta qui. È tutto finito ora. È tutto finito. Guardala. Povera Isabelle. È crollata.


OSVALDO: Tra un po’ la faccio crollare io. Dalla finestra! Non so da dove sia venuta quella donna, ma state attenti. È diabolica! E soprattutto, non è Isabelle!


ISABELLE alza la testa, getta uno sguardo tra l’indifferenza e il sonno. Poi si accuccia nuovamente sul divano.



OSVALDO: Attilio! Attilio! Una mossa! Le chiavi della macchina! Le chiavi della macchina!


FAVORITO: Dagli le chiavi! Dagli le chiavi!


ATTILIO: Le chiavi! Le chiavi!


ATTILIO s’infila le mani nelle tasche dei pantaloni e tira fuori il mazzo di chiavi. OSVALDO gliele strappa di mano. Un sorriso si dipinge sulle sue labbra.


OSVALDO: Ci vediamo tra pochissimo!


OSVALDO esce.

ISABELLE si alza di scatto.


ISABELLE: Ho dormito?


ATTILIO(Con tenerezza): No, amore mio… hai solo chiuso gli occhi.


ISABELLE: Mi è sembrato un’eternità!


FAVORITO: Sei ancora scossa… amore mio.


ATTILIO: Stammi a sentire. Brutta specie di Caino! Potresti evitare di chiamarla amore mio… almeno di fronte a me… e soprattutto quando appena due secondi prima, l’ho chiamata io amore mio?


ISABELLE: Ma sì, invece… chiamatemi amore tutti… voglio essere chiamata amore da tutti e tre… da ora in poi… io sono amore…


ISABELLE sia alza dal divano. Va verso la cucina. Spegne la fiamma dal fornello sotto la caffettiera


ISABELLE: Voglio che tutto ritorni come prima. Con la sola differenza che ora, ognuno di voi sa che io sono la donna di tutti e tre voi.


ATTILIO: No, Isabelle…


FAVORITO: Isabelle…


ISABELLE: Chi di voi mi vorrà ancora, dovrà sopportare che io vado a letto con tutti e tre.


ATTILIO: No! Non è giusto! Isabelle… tu sei ancora scossa…


ISABELLE prende le tazze e i piattini. Apparecchia tutto su un vassoio da portata.


FAVORITO: Attilio ha ragione… tu devi scegliere… non puoi costringerci a questo. È assurdo!


ISABELLE: Vediamo se mi ricordo. Due cucchiaini per Favorito… e per te, amore… amaro!


ATTILIO: Per favore… Isabelle… guardami!


ISABELLE: Ti guardo! Ti sto guardando!


ISABELLE prende la caffettiera e, guardando in faccia ATTILIO, comincia a versare il caffè nelle tazzine.
ATTILIO: Isabelle… Non puoi dire quello che hai detto. Quanto tempo siamo stati insieme io e te? Quanto tempo? Non me lo ricordo neanche… da quando sono venuto qui a Vienna. Ci siamo conosciuti e subito… subito ci siamo messi insieme. Ormai mi sei entrata nel sangue e per me… per me sarebbe terribile perderti, ma… a costo di perderti… io ti dico che così non si può fare… tu devi scegliere chi di noi tre…


FAVORITO comincia a sorseggiare il suo caffè.


ISABELLE: Scegliere? Proprio tu mi parli di scegliere?


Senza perdere il sorriso, ISABELLE si alza. Ha uno scatto in avanti, sembra cambiare voce, ma resta sempre calma.


ISABELLE: Quando tu mi hai spinto con tutte le tue forze sotto l’acqua, nella vasca da bagno… tu me l’hai lasciata una scelta? No! Avevi scelto tu per me. E quando tu Favorito, mi hai stretto le mani al collo, credi di avermela lasciata una scelta in quell’istante? La scelta di poter sfuggire alla morte… 


FAVORITO: Ma non sei morta! È questo quello che conta…non sei morta… è come se a tutti quanti noi… te compresa… ci fosse stata regalata una seconda possibilità… per essere migliori… per amare meglio… alla luce del sole… non si può più mentire… Non più…


ISABELLE: Ci sono cose che non hanno una seconda possibilità… ci sono cose che accadono e basta… il perdono in questa città buia non esiste… Non è mai esistito… io ti ho perdonato… vi ho perdonato… 


ATTILIO prende la sua tazzina di caffè e comincia a sorseggiarlo anche lui.


ISABELLE: Io l’ho fatto… voi avete perdonato Isabelle, ma… ma c’è qualcuno che deve ancora perdonare voi… e credo che non sia disposto a farlo…


ATTILIO: Che significa? Chi… qualcuno… chi?

ISABELLE si accuccia sulle ginocchia.

RIPARTE MOZART. CONCERTO N˚21. K 467. ANDANTE


ATTILIO: Isabelle!


ISABELLE: Questa notte io sono stata privata di ciò che di più caro avevo al mondo… 


ATTILIO: Isabelle!


ISABELLE: Isabelle non esiste. Isabelle non è mai esistita!


FAVORITO: Isabelle, vedrai che da domani tutto sarà diverso… tutto andrà per il verso giusto… saremo tutti migliori e…


FAVORITO si blocca. La sua voce si fa più tremante.


FAVORITO: E anche tu… tu devi… Dio… (Uno spasmo di dolore lo fa piegare) Isabelle… che cosa?


ISABELLE: Sì, amore mio?


ATTILIO: Favorito che hai?


FAVORITO: Non lo so… sto male… aiutatemi…


ISABELLE: Senti com’è fragile la vita?


ATTILIO: Favorito… che hai? Parla? Che hai? Sta male… bisogna chiamare qualcu…

In quel preciso istante, anche ATTILIO viene scosso da un fremito e si piega su se stesso.


ATTILIO: Ah… oddio… che è?


ISABELLE: Un gioco… tutto è più di uno e tutto si confonde con ciò che non è… e qualche volta si arriva a credere di aver capito tutto… di noi stessi… degli altri…


ATTILIO e FAVORITO tossiscono e boccheggiano per terra.


ISABELLE: E ci si affanna ad amare e a calare il secchio nel pozzo scuro di ciò che chiamiamo amore e così, si è costretti a bere, a bere e a bere per placare questa sete… che di umano non ha più nulla… perché l’amore non appartiene più a questa vita… NO! L’abbiamo cacciato via… troppe cose cattive sono state fatte in nome dell’amore;.. e alla fine… alla fine amore mio, cosa poteva succedere? Amore non abita più qui… su questa terra… ma qualche volta, se costretto, Amore ritorna… sì… ma se Amore su questo mondo… assomiglia a MORTE!


FAVORITO non si muove più.


ISABELLE: Isabelle non esiste… esiste solo la sua ombra, la sua casa, il suo profumo… il suo modo di parlare, i suoi gesti, la sua piccola follia. Era come se voi col vostro grande amore l’aveste creata dal nulla. Isabelle non scompare. Il gioco di Isabelle non è finito questa notte, ma continuerà e vivrà finché esisterà il mondo e finché qualcuno non ci dirà che ha scoperto le regole…


ATTILIO: I… Isabelle…


ISABELLE: Amore, amore mio… non riesco neanche a provare pena per te. Non riesco a piangere. Non ho più lacrime. Le ho versate tutte per ogni vita che voi avete strappato alla vita questa notte e per ogni nuova anima che ora è in attesa di poter essere ancora ammessa al gioco di Isabelle…


ISABELLE accarezza la testa di ATTILIO.
ISABELLE: Quanto ti ha amato Isabelle. Quanto ha amato ognuno di voi. E non vi ha mai tradito, mai. Isabelle non ha mai tradito nessuno. La vostra Isabelle non ha mai tradito nessuno perché ognuno di voi aveva la sua Isabelle… non era una Isabelle… cercate di ricordarvelo anche se oggi vi sembra troppo tardi… Isabelle non è mai stata unica e non lo sarà mai…


ATTILIO: Ma tu… chi sei?


ISABELLE: Al momento di ogni morte… solo io ti avrei saputo tranquillizzare. Ti avrei saputo rispondere. Io avrei saputo cosa dirti. Ti avrei raccontato la verità… hai voluto la verità… l’hai pretesa… con tutte le tue forze… ecco perché ora te la sto raccontando… ma tu, amore mio… hai ammazzato anche tu la tua Isabelle…e allora l’ultima Isabelle è tornata l’ultima volta perché ha capito che avrebbe dovuto piangere anche per te…


ATTILIO: Chi… sei?


ISABELLE: Solo che… Isabelle ha finito le lacrime e allora io… io non posso piangere per te… 


ATTILIO: Chi sei?


ISABELLE sussurra all’orecchio di ATTILIO una parola.

ATTILIO fa una faccia sorpresa. L’ultima sua espressione da vivo.

ISABELLE lo guarda per l’ultima volta. Si alza. Lascia cadere la coperta e si avvia nuda, verso il tramezzo che separa la stanza dall’ingresso. 

Nel preciso istante e dallo stesso punto in cui ISABELLE scompare, riappare OSVALDO e come se l’avesse attraversata senza accorgersi di lei, comincia a gridare.


OSVALDO: Dove sei? Isabelle è morta! È nel portabagagli che…


OSVALDO si blocca. Non finisce la frase perché subito si rende conto di ciò che c’è davanti a lui.


OSVALDO: Dove sei? Dove sei andata?


OSVALDO si china sui corpi di FAVORITO e di ATTILIO. Li tocca, poi si alza e lancia una altro grido.


OSVALDO: Non puoi andartene così! Io voglio sapere chi sei!


Esita con lo sguardo nel vuoto. Poi la sua attenzione è colpita dalla coperta azzurrina che giace per terra.


MOZART CONTINUA IN SOTTOFONDO.


Lo raccoglie e lo osserva. Poi lentamente, va verso i vetri della finestra. Fuori il temporale continua incessante. L’accappatoio gli cade dalle mani.


OSVALDO (In un sussurro): E adesso che faccio?


LUCI CHE CALANO PIANO.

MUSICA RAGGIUNGE L’APICE.

LA SCENA SI CHIUDE PER L’ULTIMA VOLTA.



(AD ISOLA)