CARCERI

Sinfonia drammatica in tre movimenti

di

Virginia Consoli


PERSONAGGI:
PABLO, sui 35 circa, portoricano, detenuto ;
LAURA, 30 anni, casalinga ;
TIZIANO, 35 anni circa, giovane single omosessuale.
Voci di altri Personaggi pre-registrate.


S C E N A
( Primo Movimento : Andante spiegato )

La scena è tripartita : ogni ambiente deve seguire le vicende dei tre Personaggi, che si svolgono parallele. Se il palcoscenico è abbastanza grande, si può dividere in tre frontalmente al pubblico mediante tramezze e, man mano che si svolgono i vari quadri della pièce, si illumina a seconda del Personaggio che agisce. Se il teatro è piccolo, si può usare una piattaforma girevole, da usare opportunamente. Se si opta per la prima soluzione, quando un Personaggio è protagonista del proprio quadro, i restanti due devono rimanere in penombra, ma visibili al pubblico, usando una luce bassa e tagliente, che ne sottolinei i contorni del corpo, le loro attitudini, talora anche il loro respiro.
Il regista può dare l'interpretazione che vuole, ma senza esagerare troppo sul versante patetico. Si deve avere l'impressione di un dolore forte, ma dignitoso.
All'aprirsi del sipario, tutto il boccascena rimane buio per qualche secondo. Poi il datore luci deve utilizzare quel particolare tipo di taglio luminoso di cui parlavo sopra, in modo da intravvedere i tre diversi ambienti ove agiscono i Personaggi. Sarà l'unica occasione in cui tutti e tre i protagonisti verranno illuminati così contemporaneamente.
Subito, all'estrema sinistra dello spettatore, c'è la squallida cella ov'è segregato Pablo. Siamo in un paese qualsiasi. Il giovane portoricano è disteso, supino, sulla brandina e fissa il vuoto. Ci sono poche suppellettili nell'abitacolo.
Accanto a lui, diviso da una robusta tramezza, c'è il secondo ambiente, quello abitato da Laura, e, più precisamente,è la cucina della sua casa. La donna è ancora giovane, ma triste e sciatta, con uno sguardo spento. La cucina è decorata con gusto, sobria e fredda. Il tutto deve dare una sensazione di asetticità. Laura è seduta su una sedia, con la testa china in avanti e le gambe sotto il tavolo, porta due vistose ciabattone di pelo ai piedi. Ha un grembiule. Meccanicamente, senza alzarsi, prende lo straccio che ha in mano e spolvera il tavolo, che peraltro è pulito.
All'estrema destra c'è la stanzetta da letto di Tiziano, un giovane gay che vive da solo. Anch'egli è disteso supino sul letto, ma sta fissando la foto incorniciata di un ragazzo ; alle pareti, posters di attori e cantanti. A lato, sul comodino, avanzi di cibo e mozziconi di sigarette. Ha lo sguardo malinconico. Con le dita, un po' accarezza, un po' pulisce il vetro della foto in cornice, poi la ripone lentamente su una sedia, vicino al comodino. Anche questa cameretta ha un aspetto triste.
Pian piano la luce aumenta e si focalizza repentinamente su Pablo, lasciando in penombra gli altri due.
Pablo, come se si fosse accorto della luce, balza sulla brandina. Ha gli occhi vigilissimi, si gira, a destra e a sinistra e ripercorre ogni centimetro della cella per parecchie volte. Si inginocchia e tende l'orecchio. Afferra le sbarre e sta rannicchiato in sé per qualche secondo, col respiro affannoso. E' ansimante e sudato. Silenzio assoluto per qualche istante. Pablo sembra tranquillizzarsi e lentamente, in punta di piedi, ritorna verso la brandina e si siede con la testa fra le mani.

PABLO ( dopo qualche secondo, risolleva il capo e fissa il pubblico. Pronuncia le prime parole quasi cantilenando ) : Verranno...lo so che verranno...senza avvisarmi...magari all'alba...di solito è l'ora della morte !
( Ghigna amaramente ) Che contraddizione, madre de Dios ! Il sorgere del sole, simbolo della vita...spesso accompagna le ultime ore di tanti noi...come me...che pagano per questa follia assurda e devastatrice ! ( Si osserva le braccia e la pelle ) Sarà la mia diversità a causarmi tutto quello che sto passando ? Il colore della mia gente...i portoricani...che mi fa assomigliare ad un'antica scultura Maya...o saranno i miei pensieri ? Ma sì, certo...ora non ne ho quasi più...Perché, sapete, la paura rende simili agli animali. E cancella i pensieri. Nuestro Senor ...Dio...ha regalato alle bestie un fortissimo istinto di conservazione, un sesto senso acutissimo...così essi schivano i pericoli e sopravvivono ! A noi uomini no...ci ha dato solo un minimo di questi istinti, tanto che ci troviamo sempre in situazioni drammatiche, più grandi di noi...per non averle sapute prevedere ! Salvo poi disperarsi per il pasticcio in cui ci siamo cacciati ! ( Pausa ) E così si giunge ad uno stadio intermedio...né animali, né uomini...Perché quelli che mi tengono qui, che mi hanno arrestato e condannato non sono uomini...e non sono neanche bestie ! Una fiera uccide per fame, per paura...non per piacere o per meschinità ! E neanch'io sono più un uomo...Qua dentro non si può essere uomini ! I miei compagni non lo sono più da un pezzo ed io...sto completando la mia metamorfosi ! Chissà se l'avrò finita prima che vengano ad uccidermi ! ( Ride singhiozzando )
Una piccola metamorfosi l'ho già subita, però...Talora mi sembra di essere tornato bambino, con questa mia istintualità accentuata...animalesca, appunto... ( Sorride senza espressione ) A proposito, vi voglio raccontare una favola. ( Si siede ) Me ne racconto tante, da solo, qua dentro. ( Piccola pausa )
C'era una volta un Paese qualsiasi...in cui la parola d'ordine era : " Il Bene Pubblico ". Tutto doveva essere subordinato a questa massima. In nome della Favola del "Bene Pubblico" tutti quanti,uomini, donne, vecchi e bambini dovevano seguire regole e precetti ben precisi, indipendentemente dalla loro volontà ; "Loro " ci imponevano tutto ciò. "Loro " sono i garanti del "Bene Pubblico". Che cosa c'è di male, direte voi ? ( Pausa. Sospira) C'è di male che la vita era impossibile...e gli uomini, costretti ad obbedire, si rendevano conto della solenne ubriacatura di cui erano stati vittime. Passata la sbornia, si accorgevano che in nome della Favola del "Bene Pubblico" si erano legittimati guerre, massacri, omicidi, stupri, sparizioni di gente torturata e piombata poi nel nulla. Perché i garanti dicevano che il "Bene Pubblico" doveva essere difeso da "quelli come loro", i nemici del popolo e dello Stato. Ed anch'io ora, chiuso qui, sono diventato "uno di quelli"..."quelli come loro", da cui la brava gente deve essere tutelata. (Pausa ) Come malefici contadini, hanno afferrato me e i miei compagni, come degli aratri, e ci hanno sbattuto qua dentro...per non aver creduto alla Favola del "Bene Pubblico". E come mai tutto questo trambusto ? Perché questo "Bene Pubblico" era stato creato non certo per beneficare noi...ma "Loro".

Silenzio per qualche istante.

PABLO ( con voce incolore, nuovamente un po' cantilenante ) : La fiaba si conclude qui...senza raccontarvi i particolari del nostro processo-burla, con un avvocato che dormiva, mentre l'accusa ci annientava di fronte alla Maschera Impassibile del giudice e agli sguardi feroci della giuria e della folla, così contente di liberarsi di "quelli come me "...perché credono ancora alla Favola del "Bene Pubblico ". ( Pausa ) L'unica differenza con i racconti infantili, è che io non so raccontarvi il finale. O meglio, me lo posso immaginare...ma non sono ancora in grado di dirvelo...perché non so quando verranno a prendermi ! ( Pausa )
Seguirono così il processo in tribunale...ed il "mio" personale processo, quello di "disumanizzazione". Il primo stadio è stato questa cella, in seguito la cancellazione del nome con un numero...e la cancellazione dalla memoria dei miei cari e della gente...sotto il marchio dell'infamità : l'etichetta di "traditore della patria"...il linciaggio morale va a vele spiegate ! ( Balza in piedi . Ha lo sguardo fisso, quasi folle )...Ridurre l'uomo ad una marionetta...e glielo abbiamo permesso noi ! ( Pausa ) Quand'ero a scuola...ho studiato cose simili...che sono successe decenni fa...in Germania, in Italia, in Russia, nell'Est europeo. Leggevo e rileggevo i manuali...e mi ripromettevo di non vedere mai più nulla di tutto questo ! Ed ecco, invece, che la Bestia ritorna...lenta e inesorabile...mostruosa e larvata...Ma quando si potrà abbattere questo muro ? ( Batte forte sulla tramezza che divide la cella dalla cucina di Laura. Buio su Pablo, che continua a battere coi pugni la parete e poi si accascia sulla brandina. I colpi hanno una forte eco. Come se li avesse uditi, Laura si volta verso il muro e guarda con una certa incredulità. Luce tagliente sulla penombra di Pablo e Laura, invece, è illuminata a tutto tondo. Dopo qualche secondo comincia a parlare, con voce strascicata ) :

LAURA : Quante cose da mettere a posto...le posate, la spesa...la polvere da togliere ... ( Chiama a gran voce uno dei figli ) Andrea ! Andrea !...Ma dove sei ?... ( Sospira ) Che bello...non mi cagano neanche di striscio...Del resto, perché dovrebbero ? Hanno il padre che li accontenta in tutto ! (Pausa) Per stasera, contorno e dolce...Altrimenti sono urli...D'altronde, è il mio dovere. Io non porto i soldi a casa...me lo senti ripetere cento volte al giorno ! ( Riprende a chiamare il figlio ) Ma Andrea !!? Dove cavolo ti sei cacciato ? Voglio sapere se è vero quello che hai fatto...che hai picchiato la sorellina...E' venuta da me tutta piangente, poco fa...Non t'azzardare più, capito ? ( Nessuna risposta ) Eccolo...non mi risponde, lo stronzetto...ma lo sento, io, lo sento, ho le orecchie come antenne, io...lo sento che sta sghignazzando alle mie spalle, in camera sua... tanto poi quando arriverà suo padre, gli darà ragione : "Tua sorella diventerà come tua madre...una parassita. E' logico, è femmina ! Qualche schiaffo non le farà male di certo ! Così si abitua !" ( Ha scimmiottato il vocione del marito, ora ne imita anche l'andatura, con le gambe rigide e i piedi piatti) Eh, certo ! Sono buffa quando faccio così...tanto la cucina è il mio regno...e guai a chi entra ! Posso fare tutto quello che voglio...almeno finché lui non entra ! ( Prima ride, quasi con fare provocante, poi si fa serissima ) Ma non crediate che non mi sappia difendere...e che non mi sfoghi...Dico tante di quelle parolacce da far impallidire uno scaricatore...mi sono rimaste solo quelle...( Pausa per qualche secondo, poi esplode ) : "Bastardo, lurido, porco, figlio di puttana, chi cazzo ti credi di essere ?" Questo lo dissi qualche giorno fa, una sera dopo cena, quando credevo che i bambini dormissero già. Avevo subito la sua ennesima sfuriata, dovuta ad una torta un po' bruciata qua e là...mi sono lasciata scappare tutte quelle belle cosine...e questo è il risultato ! ( Fa qualche passo verso il pubblico, si tira su le maniche e fa vedere le braccia piene di lividi. Ride quasi da ebete ) Il resto non ve lo posso far vedere...per pudore...e perché non sta bene che la gente sappia...o, perlomeno, ora forse cominciano a saperlo. Perchè l'altra sera...quando mi ha picchiata per colpa della torta, la bambina si è messa in mezzo, spaventatissima...ma io non riuscivo neanche a vederla, tra un colpo e l'altro...E' andata a chiamare la vicina, che era in pantofole e bigodini... E' rimasta sbigottita..e mio marito le ha detto che erano affari nostri e che lei non si doveva impicciare. Lo ha guardato con l'aria di quella che la sa lunga. Secondo me, tutti sanno già...di questa situazione, anche se non parlo con nessuno, per non perdere la mia "rispettabilità"...mi è rimasta solo quella ! O forse no...dato che loro sentono le nostre grida, ma fanno finta di nulla. D'altronde, anch'io continuo a far finta di nulla...Mi sono ritenuta vendicata solo con quella serie di epiteti. Dopodiché Matteo mi ha preso in braccio e mi ha portata in camera. Avevamo già fatto troppi schiamazzi. ( Ride istericamente ) Sapete, dopo queste scenate, fa così bene l'amore che non gli dico più niente. Non si è neanche accorto del pianto convulso della bambina. E del mio sangue per terra. Di notte, mentre mi medicavo e pulivo per terra, lo sentivo russare. E ho continuato a far finta di nulla. Tutto, l'indomani, è ricominciato come prima. Ho preparato la colazione...ancora più buona del solito...se no erano altre botte. Ho portato i bambini a scuola. Prima di uscire mi ha detto a denti stretti : "Puttana. Impara a stare zitta. Puttana. Hai capito ? La prossima volta che farai intervenire qualcuno o che sveglierai i bambini, ti ammazzo di botte. E non solo io...ci metto pure quelle dei miei genitori. Tutti assieme...come hai già sperimentato. Ti piacerebbe ? Guarda che io ti mantengo, puttana. Mi costi. E voglio essere servito. E se qualcosa non mi va, posso anche gonfiarti. Tanto siete tutte uguali. Hai capito, puttana ?" ( Pausa ) Feci un breve cenno con la testa, inebetita. Del resto, ha ragione. Mi mantiene. Io ho perso il lavoro quando lui mi ha messa incinta. Avevo diciannove anni ed ero appena stata assunta. Il capo sapeva che ero fidanzata e mi aveva proposto di aspettare ancora un po', e soprattutto...niente bambini. Si è sentito tradito e mi ha licenziata. Sono venuta così a vivere qui, vicino ai suoceri...e lontana dai miei.
Annuii. Annuii a Matteo, come ho sempre annuito. Talvolta, penso che abbia fatto apposta a mettermi incinta. E obbedisco. Ma secondo voi, che dovrei fare ? ( Guarda fissa verso il pubblico ) Non so. E quindi, faccio come ho sempre fatto. Tiro avanti e faccio finta di nulla.

Buio su Laura. Si riaccendono le luci nella terza stanzetta, quella di Tiziano. E' sempre nella stessa posizione dell'inizio, steso sul letto a contemplare la foto : passano alcuni secondi prima che Tiziano cominci a parlare.

TIZIANO ( a voce bassa, pacatamente ) : Questo piccolo scampolo di normalità...è l'unica cosa che mi sia rimasta del tuo ricordo. ( Si alza a sedere sul letto ) Mio giovane amico...così fragile ed insicuro. Come sta andando la tua ricerca ?

Scatta subito in piedi dopo questa domanda, rivolgendosi verso il pubblico, come se fosse il suo misterioso interlocutore.

TIZIANO ( c. s. ) : E' logico. Tutti noi aspiriamo alla normalità...è istintivo. Perché se non ti conformi alle regole, sei un eccentrico, uno stravagante...un "diverso". ( Calca molto su quest'ultima parola ) Come me. Non mi ero mai sentito così...fino a che tu non mi hai lasciato, pochi giorni fa. ( Imita la voce dell'amico: ) " Non reggo più questa situazione. I risolini, le prese in giro, le occhiate della gente, la maldicenza...e il disprezzo della mia famiglia. Ti voglio bene, ma non ce la faccio più a vivere così. Non ho abbastanza forza. Spero che tu ne abbia per tutti e due. Addio." ( Pausa ) E non l'ho più visto. Né sentito. Durante la nostra relazione avvertivo il suo bisogno di normalità...e la vergogna che serpeggiava tra me e lui, quando eravamo in pubblico, o di fronte alle nostre famiglie. Era solo una cosa a livello sensoriale...dato che era un argomento che volutamente fuggivamo. Non ci davo peso...o non ce lo volevo dare. Ero sicuro che fosse la volta giusta. Questa casa la dividevamo già...da mesi. Ma io dovevo avere forza per entrambi. Glielo leggevo nei suoi occhi. E forse questo l'ha stancato...l'ha offeso. Il doversi sentire sempre dipendente da me...da me, che quando ho detto ai miei : "Sono gay !" l'ho fatto quasi con orgoglio. Con sfida. Lui no...Lui tremava. E forse un discorso chiaro non l'ha mai fatto. Lui rifletteva in me la sua debolezza e si trovava di fronte questa mia spavalderia, che ho sempre adoperato, con la famiglia e con gli estranei...e che, chissà, sottende una debolezza ancora più forte.

Pausa.

TIZIANO : Non so. Può darsi che tutto ciò sia contagioso. Per me. Mi sono crollate addosso, in pochi secondi, tutte le mie certezze...e mi sono reso conto che ciò per cui ho cercato di lottare è stato vano. Questa situazione si potrebbe ripetere un'infinità di volte...come in un eterno ritorno, un circolo meschino e soffocante...contornato dalle risa della gente che mi disprezza !
Ed ora anch'io, Tiziano, il gay , lo sprezzante, comincio a vacillare. Lo so, lo so, mio caro amico, nella tua ricerca della rispettabilità, la mia presenza ti infastidiva ; ti infastidivano la mia sicurezza, il mio lavoro, i miei amici, la mia volontà di trasgredire le regole. E vedevi, specchiandoti in me, la tua parte peggiore. Ognuno di noi, a seconda della persona che ha accanto, tira fuori o la parte peggiore o quella migliore di sé. Io, in famiglia, conoscevo solo i miei difetti. Non mi accettavo, non mi sapevo accettare.
Quando ero nella mia stanza, solo, al chiuso, mi mettevo una parrucca...e rubavo il rossetto e il profumo di mia madre ! ( Ridacchia ) Sembravo la sua caricatura, la sua brutta copia...e mi vergognavo di me. Ma ero orgoglioso di essere suo figlio ! Orgoglio e vergogna !...che strano pastiche ! Una volta solo, qui, in casa mia, decisi di abbandonare la vergogna e tenere solo l'orgoglio per me. E forse è proprio per questo, amico mio, che mi sono affezionato a te...perché tu non avevi orgoglio. Te ne volevo dare un po' del mio...per aiutarti...era un sentimento anche paterno, sai...Questo orgoglio ha costruito una corazza attorno a me...e mi ha ferito...mi ha ferito per difendermi. Lo so, lo so, caro amico, che i miei vicini e i miei colleghi non ridono più vedendomi o aiutandomi...perché leggono la fierezza nei miei occhi...ma nulla gli impedisce di ridere di me, alle mie spalle, invece di riderti in faccia, come fanno con te !

Tende il corpo e poi lascia cadere le braccia lungo i fianchi.

TIZIANO : Che cosa ne abbiamo ricavato, amico mio ? Nulla...ci siamo fatti del male l'un l'altro...e ci siamo rinchiusi nei nostri gusci...queste nostre barriere rischiano solo di esporci ancora di più. ( Malinconico ) Potrò rivederti ? Quando ? Dove ? Telefonarti ? No...è meglio di no...Aspetto che mi cerchi tu...Se mai mi cercherai...Ma io sono qui...Attendo. Non mi muovo di qua...Tanto non ho bisogno di nessuno.

Si siede sul letto e si accende una sigaretta. Tiziano rimane in penombra e si intravvedono, grazie al taglio di luce, solo le sue forme e la luce della sua Malboro. Lentamente, molto lentamente, si fa il buio completo.


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S C E N A ( Adagio )

Qualche minuto di pausa, poi la luce pian piano si focalizza di nuovo a sinistra, sulla cella di Pablo. Egli è di nuovo steso sulla brandina. E' notte, come anche per gli altri due ambienti. Pablo, supino, giocherella con un piccolo pezzo di carta, appena percettibile per il pubblico. Lo scorge chiaramente solo quando si è in piena luce. Il giovane detenuto canticchia una nenia popolare.

PABLO ( continua a cantare per qualche secondo, quindi fissa la sua concentrazione sul pezzo di carta. Qualche secondo di pausa, poi sorride debolmente e parla rivolto verso il pubblico, come se lo vedesse sul serio): Appena sono arrivato qua, non avevo con me che un pezzo di carta, dato che mi avevano tolto tutto. Io ero giornalista...scrivere per me era una ragione di vita. Ero solito buttare giù sulla carta tutto quello che avevo in mente, senza censure, liberamente. Ero riuscito a nascondermi addosso solo un foglio di quaderno e, milagro de Dios, ho trovato qui, abbandonata, una vecchia penna che funzionava ancora.
Nelle notti insonni, mi alzavo dalla brandina e pensavo, pensavo. ( Si mette a sedere ) Mi sforzavo di ricordare quello che avevo imparato a scuola...ero appassionato di lingue, sia i vecchi alfabeti, sia le lingue correnti. ( Balza in piedi ) Una notte di primavera...sì, credo che fosse primavera...ho incolonnato con diligenza tutti i caratteri dell'alfabeto latino, poi di quello greco, quello cirillico e, per ultimo, il cinese. Ho strappato a quadrettini, con pazienza, tutte le lettere, distinguendole così l'una dall'altra...come tanto minuscoli coriandoli...Mi ricordavano il Carnevale ! E lo sapete cos'ho fatto ? Li ho mischiati e poi li ho lanciati in aria, come tanti petali ! Così, durante le mie interminabili ore di prigionia, trovavo mille combinazioni di parole...a cui davo il significato che volevo ! Gli ideogrammi cinesi sono disegnini che richiamano anche concetti, non solo parole. E così...un disegno e una lettera, una lettera e un disegno...ed ecco immagini e colori di un mondo tutto mio, tutto nuovo, grazie al quale questa cella diventava colorata, luminosa...! Parole belle e musicali, armoniose, parole di pace ! Una lettera greca, una latina, una cinese, un'altra ancora greca...e il loro suono era gradevole, il significato assomigliava alla loro forma...e mi sembrava sempre bello ! Ero arrivato al punto di sentirmi in grado di esprimermi con queste parole nuove...forse mi avrebbero capito di più ?! ( Ride debolmente ) Talvolta mi sbagliavo e rispondevo con questi strani suoni ai miei compagni ! Eh, già ! Mi guardavano come se fossi pazzo...o forse lo sono già diventato, ormai ? Ma era un mondo tutto mio, ove fantasticavo che si parlasse questa lingua nota solo a "quelli come me ", in completa sintonia...senza fraintendimenti, in comunione spirituale. Non volevo più parlare la lingua di coloro che mi tenevano chiuso qui.
Da quel sogno innocente ripiombavo in pochi secondi in questa miseria nera, totale.

Si blocca per qualche secondo. Si inginocchia fissando il pubblico. Le luci pian piano cominciano ad abbassarsi.

PABLO ( quasi imbambolato, con voce incolore ) : "Loro" scoprirono anche questo piccolo gioco...e mi portarono via tutte le lettere...e io sono ripiombato nella mia Babele...( Apre la mano serrata a pugno, da cui compare il pezzettino di carta ) Mi è avanzato solo questo piccolo frammento...ma è bianco. Non c'è scritto nulla...nulla... 


Buio sulla cella. Luce nella cucina di Laura. Nonostante sia notte fonda, come attesta l'orologio, Laura è ancora alzata. Sta rassettando. E' curva, sofferente. Si muove a fatica. Si ferma per qualche secondo, poi apre un cassetto della credenza e ne estrae un piccolo oggetto. E' una sfera di quelle con dentro un paesaggio da capovolgere per far scendere la neve. La guarda per un po' e la fa girare qualche volta. Poi si butta sulla solita sedia e appoggia la testa sul gomito. Fissa il giocattolo posato sul tavolo.

LAURA ( a bassa voce ) : Devo parlare piano, perché stanno già dormendo tutti. Se li sveglio, sono guai. Matteo mi ha già picchiata, stasera. E ci ha provato anche Andrea. Mi ha gridato : "Non ho voglia di rispettarti, tanto non te lo meriti. Mi devi dare tutto quello che voglio, ha ragione papà. Fa bene a picchiarti, perché tu non fai niente per farci mangiare ! Quando sarò grande, ti pesterò anch'io, perché sei una vigliacca !" ( Pausa ) Quello che mi ha fatto più male, è stato lo sguardo di disprezzo che aveva negli occhi. E poi, la bocca schiumava di rabbia repressa. Allora, tutto quello che ho fatto, è stato sbagliato. Pensavo che fosse bene sopportare, perché tanto i figli devono avere una famiglia unita...a tutti i costi. Così mi hanno sempre insegnato. ( Pausa. Ride debolmente ) Ma già ! Cosa sto dicendo ? Mi sembra di avere ancora diciott'anni, quando lavoravo. Ma ora ? Dove vado, anche se volessi ? Chi la vuole una come me, con due figli a carico? Buona a nulla ? Solo di incassare lividi ? ( Con tono triste ) Ho tanti rimorsi per la bambina...Lei mi capisce...Mi guarda con occhi pieni di pena...Andrea ? non lo so...ormai temo di averlo perduto.
Il rispetto ? Ma io non ho mai avuto rispetto per me stessa...ho sempre creduto di non esserne degna. E che quello che ho mi sta bene.

Guarda in tralice il giocattolo e lo rovescia. La neve comincia a cadere.

LAURA : Questo me l'ha regalato mia madre, per la Cresima. Perché il tempo non si ferma mai ? Quando sono in grande crisi, come ora, fisso questa neve, faccio finta di essere lo spazzacamino che pulisce, ma nel frattempo sta al calduccio, e che tutti coloro che mi vogliono male e le restanti preoccupazioni rimangano sepolti sotto la neve.

Pausa.

LAURA ( c. s. ) : Mamma, perché non mi hai detto che esisteva tutto questo? O, perlomeno, che poteva esistere ? Tu e papà vi siete mai voluti veramente bene ? Non me l'hai mai detto. Avevate un atteggiamento troppo formale, fra di voi e con me. La vita era sempre uguale...forse non vi ho mai visti litigare...qualche volta abbiamo parlato sul serio ? Perché non mi hai mai messa in guardia ? Mi hai fatto credere che nella vita i problemi, le difficoltà, si potessero seppellire sotto la neve, come in questo giocattolo. Ma non è vero ! Se il mondo è capovolto, noi non lo possiamo raddrizzare così facilmente !

Si alza di scatto e fa cadere la sedia. Resasi conto di aver alzato la voce e di aver fatto rumore, si blocca spaventatissima. Sbarra gli occhi, suda, tende l'orecchio. Qualche secondo di pausa. Non succede nulla.

LAURA ( Balbetta. Un po' piange, un po' ride ) : Mamma, forse tu non mi hai mai veramente voluta. E' un crimine non aprire gli occhi ai figli. Così si diventa complici. E che farò io con mia figlia ? Non so...io, a trent'anni, mi sento come se ne avessi due. Sono anestetizzata, ormai. Nell'intelletto e nell'emotività. Basta. Ora è tardi.

Con un gesto meccanico, dà una spinta al giocattolo, buttandolo per terra, senza neanche guardarlo mentre va in mille pezzi. Laura rimane in piedi, con lo sguardo fisso. Lentamente si abbassa la luce per poi rialzarsi su Tiziano. Nella sua stanza c'è parecchio disordine. Tiziano dà le spalle al pubblico e fruga sotto il letto. Ne estrae una stola molto colorata, un paio di scarpe coi tacchi a spillo, una parrucca bionda e una trousse di cosmetici. Va davanti allo specchio, si guarda per qualche secondo e poi comincia la metamorfosi. Dapprima si mette le scarpe, non senza difficoltà, poi si tira indietro i capelli e si infila la parrucca ; adagia quindi la stola sulle spalle. Ha una figura strana, perché ha indossato la stola sulla camicia maschile e le scarpe coi tacchi stridono coi pantaloni. Si fissa e poi apre la trousse. Con mano un po' incerta, si passa il fard sulle guance e col kajal si ripassa le sopracciglia e gli occhi. Tutto ciò deve avvenire con gesti lenti e solenni, quasi come per un rituale solenne. Per ultimo viene il rossetto, color fucsia. Si guarda ancora, incerto se ridere o disperarsi ; appoggia stancamente le braccia sul ripiano della specchiera e abbassa lo sguardo, con rassegnazione.
Si volge verso il pubblico e, col sorriso tirato, mormora :

TIZIANO : Ecco la caricatura di mia madre. O meglio, la caricatura mia. Sì, perché ormai posso prendere in giro solo me stesso, con tutte le mie false arie. Non voglio certo beffarmi di mia madre, no, no, per carità di Dio...non lo merita ! Anche se, in fondo, non mi ha mai veramente accettato, non glielo rimprovero. Sono solo io che lo merito. ( Pausa. Parla sempre verso il suo misterioso interlocutore, dalla parte del pubblico) Amico mio, sai cosa ti dico ? Forse non mi avresti lasciato se mi fossi conciato così, è vero ? Ti saresti sentito meno miserabile di me, certo...e mi avresti compatito...cosa preferibile, infatti.

Si guarda ancora.

TIZIANO ( con uno scatto di rabbia ) : E invece no, maledizione ! ( Getta la parrucca a terra ) Non voglio vivere con una maschera per far piacere agli altri ! Basta, cazzo, basta !! ( Butta via anche la stola e si toglie con rabbia le scarpe, lanciandole lontano ) Basta con queste pagliacciate ! In un mondo veramente giusto non si dovrebbe aver bisogno di dimostrare quello che si è ! Dovrebbero apprezzarti per quello che sei, non per come vuoi apparire. E sono stufo di dover "dimostrare" qualcosa ! Di mettermi cento maschere per adattarmi ai cento volti che mi dà la gente !

Si butta a sedere sul letto.

TIZIANO ( con la testa fra le mani. a bassa voce ) : Come si fa quando la lacerazione tra te stesso e il mondo si è fatta troppo profonda ? ( Pausa) Ma sì, è come nella vecchia tragedia greca...la gara...l'agòne si risolveva col soccombere di uno o dell'altro contendente...senza compromessi. Eppure questa è l'epoca dei compromessi. ( Pausa ) Ma io soffro da impazzire...
credetemi. Il tunnel è imboccato, ormai. Amico...vorrei rivederti...Mi senti? Mi puoi sentire ?

Rimane con la mano tesa, tremante verso il pubblico, mentre lentamente viene avvolto dalle tenebre.


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S C E N A ( Finale Concertato )


Dopo qualche tempo, la luce ricomincia a focalizzarsi, sulla sinistra, nella cella di Pablo. E' passato qualche mese dalla scena precedente : l'abitacolo è completamente spoglio ; si scorge solo l'ossatura della brandina. Pablo vi è seduto sopra, è agitatissimo e nervoso. Ha perso la dolce umanità che lo caratterizzava : ha lo sguardo fisso, è sudato, trasandato, sciatto, il suo vestito è rotto in parecchi punti. Si tormenta le mani dolorosamente, poi si alza repentinamente, corre alle sbarre, osserva e fiuta, come una belva in trappola, vi si aggrappa con tutte le sue forze, tenta di strapparle, ma riesce solo a farsi male. Una voce dall'esterno, un guardiano, gli urla : "Basta ! Silenzio !!" Pablo fa un gesto di insofferenza meccanico ; vacilla leggermente all'indietro per qualche secondo, si passa le mani fra i capelli e se le stringe alle tempie, come se fosse tormentato da un rumore lancinante, poi si ributta stancamente sulla branda. La luce ora è molto intensa. Inquadra in primo piano Pablo che, con lo sguardo ormai completamente stravolto, comincia a parlare col pubblico :

PABLO ( con voce rotta, incolore ) : Verranno tra poco a prendermi...lo so, lo sento ! E' già toccato a tanti miei compagni...L'intimazione di seguirli...non si sa né dove né perché...e non sono mai più tornati ! Senza avviso, senza la possibilità di vedere o salutare nessuno...di stringere tua madre o la tua donna, abbracciarle un'ultima volta...
Siamo ancora vivi nei corpi...ma annientati a livello di cose, ormai regrediti...E io stesso mi sto accorgendo che la mia umanità...è morta già da tempo...e la morte fisica ne è solo il completamento. La bestialità che ho respirato in tutto questo tempo si è già impadronita di me...come un cancro. D'altronde non potrebbe essere altrimenti. Vorrei solo...( si guarda una mano ) avere fra le mie mani una zolla di terra...della mia terra...la stringerei nel mio pugno mentre sto morendo...

Si mette in ginocchio di fronte al pubblico, ed è illuminato a occhio di bue.

PABLO : Senor, Virjen Maria, ho toccato il fondo dell'aberrazione fisica e mentale...Non so se il dolore possa lavare le onte o possa fare del bene...io non sono più in grado di saperlo...hanno cancellato in me tutte le facoltà mentali, eliminando il mio essere, la mia storia. Ma se tutto ciò ha un senso...tenete conto, allora, della mia anima. Perché, vedete, quello che ho fatto, l'ho fatto perché ci credevo...e perché la mia indole, di fronte a questi episodi, ha fatto sì che io dicessi : " Senor, fà che non debba accadere mai più !" Ma l'ingranaggio si è inceppato...e gli anelli della catena non tengono più. Tutto diventa assurdo...anche la paura. Ed è assurdo cercare una spiegazione a tutto questo.

Guarda in basso, verso le proprie ginocchia . Rialza la testa con un'espressione quasi serena. Rimane in ginocchio, a braccia spalancate e, sul fondo, proietta un'ombra con le braccia perpendicolari al tronco.

PABLO ( ad occhi chiusi ) : Ecco...sento i loro passi...Que vaya con Dios!

In effetti, si avvertono passi molto pesanti, che si avvicinano pian piano. Un rumore di ferraglia fa capire che la porta della cella è stata aperta. Voci di secondini, pre-registrate, dal tono secco e perentorio:

VOCI : Detenuto n° 106107, seguici ! Forza !!

Pablo si rialza lentamente e chiude pian piano le braccia sul tronco, quasi cingendosi maternamente. Parallelamente, mentre esce a piccoli passi dalla cella, le luci si abbassano fino al buio completo. Passa qualche secondo e si odono, in lontananza, echi di una mitragliatrice, secca e tagliente, che spara parecchi colpi. Buio.
Passa qualche secondo e la cucina di Laura è in evidenza. Anch'ella è visibilmente agitata : ha un braccio tutto livido e parecchie ecchimosi sul volto. Misura qualche volta il tavolo della cucina, poi si ferma di colpo a uno degli angoli. Si volta di scatto verso il cassetto e ne estrae un enorme coltello.

LAURA ( con gli occhi fissi sul coltello, quasi balbettando ) : Non ne posso più. Stasera ha passato il limite. Mi ha picchiata a sangue...ce n'è ancora sul tappeto...La bambina piangeva, disperata. Mi sono permessa di "contraddirlo " e di dire che ero stanca per poter compiere i miei doveri di moglie... ed è arrivata la scarica peggiore che potessi prendermi. "Ah, sì, puttana ?"- gridava- "Non gradisci la mia presenza ?...E allora ti manderò sulla strada a godere delle prestazioni degli sconosciuti, almeno porterai i soldi a casa, capito, puttana ?" ( Singhiozza lentamente ) Ma sì, io lo ammazzo, non ce la faccio più ! E spero che mi portino in galera, tanto non sarà certo peggio di qua ! Almeno non vedrò più la faccia di mio figlio che mi disprezza e gli occhi terrorizzati della bambina ! E dimostrerò ai miei genitori che hanno sbagliato tutto, tutto nell'allevarmi !...Meglio così...meglio un bel colpo secco...e farlo, magari, passare per un incidente...senza dover dare spiegazioni a nessuno...così non sarò più costretta a dire che sono scivolata...dalle scale...o in corridoio. ( Riflette ) "Mio marito, poverino, si è inciampato...mentre puliva i coltelli da cucina...e c'è caduto sopra !" Così dirò...sì. sì, ripeterò così...Perché la gente chiede sempre spiegazioni...devi solo salvare le apparenze...non fare scandali... Mica per me, per i bambini ! E poi c'è la polizia, il giudice...

Confusa fra questi pensieri, Laura si passa le mani nei capelli, continuando a fissare il coltello, smarrita. Non sembra già più convinta di quello che ha appena detto. Rigira ancora una volta il tavolo e si butta a sedere.

LAURA ( mormorando in tono neutro ) : Vorrei dimostrare qualcosa alla gente...che non sono quella vigliacca che pensano...che sopporto tutto questo non perché sono l'ultima delle fesse, ma per i bambini...anche se ormai penso di aver fallito anche come madre. "I bambini devono avere una famiglia unita, sempre : i loro genitori, anche se non sono perfetti, sono comunque i loro genitori !" Perché queste parole non se ne vanno dalla mia testa ? Perché il mio cervello le ha fatte sue ? Noi subiamo in continuazione lavaggi del cervello...fin dal taglio del cordone ombelicale...da questo ente che chiamiamo "famiglia " e che va mantenuto anche per coprire le peggiori mostruosità, come questa che sto passando?! D'altronde...una donna sposata ha sempre il suo alone di rispettabilità...chi mi saluterebbe più con aria deferente, dicendo : "Buongiorno, signora Menicucci !" come per dire : "Che fortunata, quella, con un marito che la mantiene e due bei bambini !" Non sanno tutto questo, però. Già, io non l'ho mai confessato a nessuno, tantomeno ai miei. Ma di cosa avrei diritto io ? Sono una trentenne...con occhi da centenaria e la forza morale di una bambina di due !

Sogghigna istericamente ; pausa per qualche secondo. Continua a fissare inebetita il coltello.

LAURA : E poi non è detto che, magari, un giorno di questi, lui non usi proprio questo coltello contro di me. Sarebbe anche capace...così finirebbe il mio carcere e la responsabilità di fronte alla gente e ai figli sarebbe sua. Niente odissee, niente resiconti, niente avvocati, niente tribunali, niente fango addosso a me. Tanto il fango va sempre addosso alle donne, anche quando hanno ragione. Io non mi diverto a prendere botte, credete ; ma non riuscirei a sopportare anche tutto questo. Non può essere preparata agli scandali una donna come me, che si è sempre sentita ripetere, ipocritamente, dalla propria madre : "Non sta a te prendere decisioni, spetta a tuo marito combattere col mondo esterno e preoccuparsi di te ; tu devi solo badare alla casa !" A cosa si condanna una donna con queste parole sciagurate ! E così su di me sono rovinati vergogna, disistima, violenza, insulti e disgusto per la mia persona e la mia vita ! Non ho forza...perché non mi è stato insegnato ad avere forza... ( Tende l'orecchio, come per sentire qualcosa che le viene detto dal pubblico ) Come ?...Come dite ? Dovrei trovarla in me stessa, la forza ? Ma io, disgraziatamante, sono nel novero di coloro che non sono stati baciati da questa fortuna...! Nello stampo con cui hanno fabbricato me, la forza l'avevano buttata via ! (Riflette per qualche attimo ) Però vorrei che qualcheduno conoscesse tutta la mia storia, affinché non si ripeta più.

Si rialza e la sua espressione si inasprisce di nuovo.

LAURA : Ma lui stasera stava per ammazzarmi...lui non se ne preoccupa della mia vita, se ne frega se io dovessi morire...e anche tutti gli altri che mi compatiscono con lo sguardo, come per dire : "Non sei indispensabile !"

Brandisce in aria l'arma con la destra.

LAURA ( a voce alta ) : Ma è possibile che questo coltello proprio non debba servire ?

Su queste parole si inserisce repentinamente la voce pre-registrata del marito di Laura, che le intima :

MATTEO ( dal fondo, a voce spiegata, brutale e con tono di comando): Laura, idiota, che fai, parli da sola ? Vieni a letto ! Immediatamente !!

Quasi come se queste parole avessero avuto un effetto paralizzante, Laura si irrigidisce di colpo, sbarra gli occhi e lascia cadere il coltello per terra, con un tonfo sordo. Riesce solo a mormorare, dopo qualche secondo :

LAURA ( con tono incolore ) : Vengo subito, Matteo. Vengo subito.

Qualche istante di pausa, quindi, dopo il buio della cucina di Laura, la stanzetta di Tiziano è la nuova protagonista. Oltre alla luce fioca, si scorge il brillare della sigaretta in bocca a Tiziano, disteso sul letto. Legge e rilegge una lettera. La gira parecchie volte, poi sospira. Tira qualche boccata dalla sigaretta, poi la spegne svogliatamente. Chiude un attimo gli occhi e si lascia cadere di mano la lettera. La luce diventa molto intensa. Breve pausa ; Tiziano si mette a sedere sul letto e prende una foto incorniciata dal comodino ; la fissa a lungo.

TIZIANO : Il culmine della normalità è ormai raggiunto, vero, amico mio ? Spero che sarai soddisfatto...che sarai riuscito ad accettarti, finalmente !
( Prende la lettera, posando la foto, e la legge ) : "Caro Tiziano, ti informo che sabato 12 giugno...mi sposo. E' la figlia di un caro amico di famiglia...così vado sul sicuro. I miei genitori mi considerano un figliuol prodigo, tornato in seno alla famiglia, riportato sulla retta via da questa specie di "donna-angelo". Io mi sento abbastanza sereno perché non devo più reggere la malevolenza della gente e sopportare i rimbrotti e tutti i sensi di colpa che mio padre e mia madre mi buttavano addosso. Non ne avevo più la forza, Tiziano. Cerca di capirmi. Se vuoi, possiamo restare amici. Ti prego anche di venire al matrimonio...almeno alla cerimonia. Ne sarei proprio lieto. Io non ti voglio mica male, sai ? E' che è meglio per tutti. Credimi. Questo non mi fa stare bene del tutto, lo so...ma noi non siamo liberi, purtroppo. Viviamo in mezzo alla gente e non possiamo prescinderne. Addio. Stammi bene."

Lunga pausa.

TIZIANO ( con aria pensierosa e disgustata ) : E' peggio che nei romanzacci...o nelle telenovele schifose e dozzinali...Le solite frasi da manuale...da sceneggiatori da due soldi. E sarebbe questa la normalità ? Puah !! Non l'avrei detto !

Balza in piedi. Ritira fuori dal cassetto la parrucca, la stola e tutte le altre cianfrusaglie usate per travestirsi. Le guarda un po' e poi se le getta alle spalle.

TIZIANO ( a voce alta ) : Basta...Pulizia, pulizia totale ! Via queste schifezze ! Non ho bisogno di usare queste cose per far ridere la gente e farmi dire dietro : "Frocio, frocio !" Ci sarà pure qualcuno che ti accetta come sei, senza maschere o travestimenti ! E via pure questo ! (scaraventa il rossetto ) E tu...? ( si dirige verso la lettera caduta in terra, la raccoglie e ne fa mille pezzettini ) Delle tue belle frasi da catechismo, io ne faccio coriandoli, caro mio ! ( I pezzi ricadono come fiocchi di neve ) Vivete felici tu e la mogliettina...così facciamo contenti paparino e mammà e potrete godere di tutti i privilegi della vita comoda ! La sposina che ti lava le mutande e il papà che apre il portafogli quando ce n'è bisogno ! Contrattiamo e barattiamo i sentimenti, avanti, c'è posto !! ( Urla forte ) E chi più ne ha, più ne metta !! Venghino avanti, signori ! Il mercatino dei buoni sentimenti ha inizio !!

Tace di colpo, rendendosi conto di stare urlando esageratamente. Si passa una mano tra i capelli : è ancora sconvolto e deluso per la notizia e per le sue illusioni crollate, ma cerca di dominarsi. Rimane per qualche secondo appoggiato alla spalliera della sedia, poi riflette ad alta voce :

TIZIANO : Certo...è la cosa giusta...è l'ora !

Si allontana per qualche minuto in quinta. Contemporaneamente, si ode in sottofondo la canzone : "L'isola di Wight ". Tiziano rientra deciso, vestito da viaggio : cappello, cappotto e una grossa valigia in mano. Prende qualche suppellettile e le infila in un borsone da passeggio. Ritira su il letto, chiude le imposte e si guarda attorno, come per non dimenticare nulla.

TIZIANO ( guardando intensamente nella direzione del pubblico ) : Che cosa faccio ? Evado. Evado dal mio carcere. Dal carcere della Formalità, in cui mi sono trovato intrappolato. E spero di trovare un posto libero, in cui tutti possano evadere dal carcere dei loro pregiudizi. E' quello peggiore, il più ingombrante, il più soffocante, il più subdolo. Io vado. Non so dove. Non so. L'importante è che vada. Lascio tutto...e parto con me stesso...per rendermi migliore. E' solo l'inizio. Ma sono sereno.

Senza tanti indugi, Tiziano si avvia verso il proscenio coi suoi bagagli, passando attraverso il pubblico e uscendo dalla sala. Pian piano, sulla sua stanza, si fa il buio completo. "L'isola di Wight" si ode sempre più forte. Appena le tenebre sono totali, cessa anche la musica.
Qualche secondo, poi cala la tela.

F I N E