IL CAVALIERE DELLA CARRETTA

di

Roberta Rizzato


Presentazione

Ginevra chiama il suo bambino, suo figlio, Ancillotto (chissà perché non Lancillotto). Lui è il cavaliere designato a difenderla dai malvagi. Sarà l’“imperfezione” di questo nome leggendario oppure più semplicemente che la violenza che si scatena tra le mura domestiche è una forza troppo grande da affrontare per un bambino, ma le vite di Ginevra e di suo figlio Ancillotto si consumeranno in un’atmosfera di ordinaria ferocia casalinga. Ancillotto non riuscirà a salvare Ginevra e nemmeno se stesso. La carretta (quella della leggenda narrata da Chrétien de Troyes) scorrerà davanti agli occhi di Ancillotto ma lui non vi salirà, per paura o per vigliaccheria. O forse per una subdola complicità con il padre.
Un testo in cui la veglia e il sonno si confondono e si sovrappongono, e gli incubi, in un incessante riproponimento degli avvenimenti, sono la pena da scontare per la colpa.
La violenza domestica, quella che segna tragicamente le vite di molte donne e dei loro figli, accomuna i destini di persone appartenenti a culture diverse e provenienti dalle più disparate latitudini. Vi possono essere vie di riscatto, come testimonia la storia suggerita pudicamente da Fatima, oppure vicoli ciechi che non lasciano scampo di sopravvivenza ai protagonisti. Come per Ginevra e il suo Ancillotto, cavaliere senza carretta.


Personaggi:

Ancillotto, il cavaliere imperfetto
Ginevra-Fatima, la regina sola-il sogno va dietro alla realtà-
Un manichino di pezza, l’incubo incombe sulle teste degli imperfetti

Al centro della scena un grande letto con le sponde su tre lati. Il letto è fuori misura, quasi fosse una specie di recinto, o un ring sopra il quale si combatte il match con i ricordi dolorosi che alla notte assalgono Ancillotto , un incontro che si svolge senza regole e senza arbitro.
Ancillotto è un uomo di età indefinita, trasandato, indossa un pigiama a righe. Un manichino di pezza impiccato sopra il letto, un fantoccio grigio, neutro. Altra mobilia: una sedia stralunata, un cassettone senza stile con sopra una lampada fantastica.




SCENA I

All’inizio della scena, seduto sul letto, con le gambe a penzoloni (il letto oltre che fuori misura è piuttosto alto;è il luogo degli incubi adulti ma anche il luogo della fanciullezza quando oggetti e situazioni sono percepiti grandi e a volte enormi ), seduto Ancillotto con lentezza sbuccia un’arancia. In scena anche Fatima, donna di servizio, intenta a pulire il pavimento con ramazza e vicino un secchio in ferro.
Scena a giorno.

Ancillotto Fatima…

Fatima (intenta a ramazzare il pavimento) Signore…

Ancillotto (sta sbucciando un arancia)…le capita mai la notte a lei di fare sogni strani…sì sogni pesanti…incubi.

Fatima Sì, capita, se metto troppo di cipolla nel cous-cous…capita.

Ancillotto Intendo… ogni notte..
(Pausa. Parlando più a sé stesso, stanco, quasi febbricitante)
A me succede di farli orribili, quando mi va bene solo brutti. Incubi come fantasmi che si mangiano la mia veglia per poi, sazi, danzare sulla mia testa alla notte.
Topi, la notte scorsa. Topi che si arrampicano fino al letto, si intrufolano sotto le coperte… e lì iniziano a mangiarmi le dite dei piedi… staccano pezzi interi e deglutiscono… senza nemmeno masticare….(ancora inorridito, sussurrando per non evocare troppo il ribrezzo. Stacca e mangia un grosso pezzo di arancia, come fosse un uomo-topo).

Fatima Io almeno due volte ho visto gironzolare dentro ‘sta casa.

Ancillotto (con la bocca ancora piena) Cosa?

Fatima Quelle brutte bestiacce… sì... i topi.

Ancillotto Ma i miei erano nel sogno…

Fatima Il sogno ci va dietro alla realtà. (breve pausa, continuando nel suo lavoro) Signore ha mai sognato di trovarsi perduto in mezzo al deserto?

Ancillotto No…

Fatima È mai stato nel deserto?

Ancillotto No..

Fatima Ecco vede, io ho ragione. Il sogno ci va dietro alla realtà. (Silenzio) Io vengo dal deserto e allora lui ci entra nel mio sonno.

Ancillotto A volte però sento in bocca la grezza aridità della sabbia, vedo l’accecante luce del sole a picco…

Fatima Ecco, vede, io ho ragione. Uno sogna ciò che vede non ciò che ha visto.
(Ancillotto annuisce all’affermazione della donna, ma senza troppa convinzione, forse la comunicazione tra culture diverse non sempre è trasparente).

Ancillotto Ha figli Fatima?

Fatima Due, signore. Due femmine.

Ancillotto Due femmine… e venite dal deserto…

Fatima Io e le mie figlie siamo qui… il resto lasciato alle spalle.

Ancillotto Lasciato alle spalle… sole, sabbia, tutto… non si gira mai a guardare? E qui... sì… ha trovato… tutto a posto qui?

Fatima Non stiamo male, io e le mie figlie, sole… stiamo bene in questo posto. Lontane, è bene così, finalmente.

Ancillotto Com’è fuori? Apro la finestra ogni tanto e mi pare sia sempre come sempre… rumori, discorsi, luce… cambiato nulla…

Fatima Credo di sì…

Ancillotto Eh già… nel deserto sarà diverso, no?

Fatima Diverso, Signore? Non so cosa sia diverso, Signore. Adesso qui è diverso, io e le mie figlie da sole stiamo bene… il deserto era cenere per me non sabbia… (sottovoce) cenere e sangue.

Ancillotto Mmm…

Fatima Signore se non ha bisogno di altro, io vado. Torno. Domani.

Ancillotto (pensieroso) Sono a posto, Fatima. Arrivederci. La aspetto.
(Fatima esce di scena)
SCENA II


(E’ notte. Resta accesa la lampada sul cassettone, luce soffusa. Ancillotto è a letto, rannicchiato. Entra una donna: Ginevra, vestita con gli stessi abiti di Fatima, senza far rumore si accosta al letto. Guarda Ancillotto come fosse un bimbo nella sua culla)

Ginevra (piano, scuotendolo con dolcezza) Ancillotto… Ancillotto… svegliati… sono io… su apri gli occhi

Ancillotto Mamma… sei tu?

Ginevra Come, non mi riconosci?
(Ancillotto si alza lentamente, incredulo, non troppo convinto della visione)
Le promesse vanno mantenute.

Ancillotto Le promesse…?

Ginevra (accarezza il volto di Ancillotto) Credevi mi fossi dimenticata?

Ancillotto (bacia la mano che lo accarezza) Non lo so… te ne sei andata altrove e non sapevo dove venirti a trovare.

Ginevra Ma ora sono da te….

Ancillotto Ora sei qui, sì è vero, sei qui… non ti fanno male i piedi?

Ginevra Non ero lontana, Ancillotto. Ma dovevi cercare per trovarmi. Sono passata tante volte sotto la tua finestra ma la luce era spenta e allora tiravo dritto. Passavo, guardavo e tiravo dritto. (pausa) Ma la pazienza è mia alleata, non ho fretta io. Passavo, guardavo e tiravo dritto. Solo attendere di vedere la luce accesa, questo solo. Ed è arrivato il momento. Sono passata, ho guardato e ora sono qui.

(Ancillotto vince l’incredulità e abbraccia Ginevra)

Ancillotto Ora sei qui… madre mia, con me… gesùssanto, come mi sei mancata!

(L’abbraccio si trasforma in una girandola festosa. Attacca la musica. Si alzano le luci, Ancillotto e Ginevra iniziano a danzare e Ancillotto canta seguendo la musica, con gioia e leggerezza. Ballano vorticando attorno al letto)
Balla mamma! Balla Ginevra! Si vola! E chi ci tira giù? In volo mammina! Senza paura... e vai… si gira… si gira… un due tre un due tre un due tre…. Che pazzi…
(La musica sfuma e si fermano gradualmente, con il fiato corto, ridendo.)
Oddio, mamma… ci siamo sempre divertiti assieme… anche quando dicevi…

Ginevra … piano, piano le mie ginocchia non sono più tanto giovani…

Ancillotto … fermati ti prego Ancillotto….

Ginevra …. non ce la faccio più, fermati….

Ancillotto …. mi gira tutto!
(ultimi accenni di riso) Era bello, mamma… non esisteva nient’altro… non importava nulla quando assieme ci divertivamo. Eravamo come due rondini d’estate… ad ali spiegate in picchiata a sfiorare il grano e poi su in rapida risalita… all’unisono… sincronizzati, un solo sguardo e via… su, giù… (malizioso) è vero però che le tue ginocchia si arrabbiavano con il valzer…
(Silenzio. Serio, addolorato. Man mano si fa Bambino) Perché mi hai allontanato? Perché mi hai mandato via, cosa ti avevo fatto, io? Cosa ti ho fatto? Se ho fatto qualcosa, dimmelo, su dimmelo, mi metti in punizione e poi amici. Sei cattiva, cattiva, malvagia. Spero che tu muoia, sì ecco spero che muori presto e a me non mi interessa niente se tu muori. Non piango niente se tu muori…
(Pausa. man mano tono normale) Sono stati brutti, brutti per me quei cinque anni lontano da casa, da te. Un inferno. Anni di silenzio, di mondo rotto… E tu lo sapevi… lo sapevi…

Ginevra (seria, abbassa lo sguardo) Non potevo fare altro, era una cosa necessaria.

Ancillotto Quante lettere di supplica ti ho scritto… “Ti prego, fammi tornare non lasciarmi qui abbi pietà concedimi la grazia slegami dal male amen. Qui morirò. E tu sarai responsabile della mia morte”. Preghiere Ginevra, preghiere mamma. Preghiere preghiere preghiere.

Ginevra (pacata) Non sei morto. E sei tornato.

Ancillotto Certo sono tornato… ma tutto era cambiato… addio a tutto…

Ginevra … era tutto come sempre Ancillotto. (Breve pausa) Solo che non abbiamo più ballato assieme. Tutto qui, solo questo.

Ancillotto Sì, è vero. Solo questo. Danze concluse. Musica ammutolita. Spezzato il vento che ci portava in alto. Solo questo.
Povero Ancillotto. Povera Ginevra. Più povero il mondo senza Ginevra e il suo Ancillotto.

(Ancillotto prende in braccio la madre, riprende il motivo su cui avevano ballato, con un canto muto, sommesso e doloroso. La porta a sedere sul letto e si siede sul lato opposto, entrambi assaliti da un senso di sconfitta, due anime battute. Ginevra inizia il racconto e il figlio guarda di sottecchi la madre. Dopo le danze Ancillotto già sa cosa dovrà affrontare. E ci sarà mai un Bambino pronto ad accettare il tempo della tragedia e del dolore?).

Ginevra …tutto avrei voluto risparmiarti, volevo proteggerti, Ancillotto, mio cuore… avrei preferito cento volte che tu trovassi un’altra madre… sì… incontrassi la giusta madre senza dolore... non io per te, mio Ancillotto… non io per te…

(Le mani di Ginevra diventano pugni, diventano schiaffi, bastone e verga che con violenza crescente lacerano le carni e strappano le vesti, violentano l’anima, mortificano le passioni, appestano la vita. E’ una lotta crudele e impari che lascia spossati, senza forza. Alla termine della lotta Ginevra dà inizio al suo match con i ricordi, toglie il velo dalla testa e mentre racconta inizia a svestirsi degli abiti scuri, sotto porterà abiti chiari, da giovane sposa, da ragazza. Durante il racconto le mani saranno nuovamente strumento di tortura).
(alterna toni grevi a toni bambineschi) Ginevra… ti amo, Ginevra… sei la mia stella, Ginevra sposami, sarò il tuo sposo per tutta la vita… per tutta la vita…
Avevo diciassette anni e lui era bello… bello… virile… forte. Altri nove prima di lui si erano inginocchiati davanti ai miei splendenti diciassette anni… ma lui, lui aveva fatto i calli alle ginocchia per quante volte si era inchinato a implorare un mio sì. A diciassette anni ero in contemplazione della mia di bellezza. I suoi occhi erano lo specchio più ardente… le lusinghe si riflettevano in quello specchio, moltiplicandosi all’infinito nel mio animo acerbo. Amore mi comandò di baciare i calli. Di accarezzare i suoi capelli. Assaggiare il sapore della sue labbra.
Accetto! Sarai tu il mio sposo, ed io la tua piccola sposa. Sua solo sua… mi adora. Vero che mi adori? Sei mia, Ginevra, non dimenticarlo mai, sei mia solo mia… io sono il tuo Signore, il tuo re… solo mia Ginevra…
A due anni dalle nozze lo specchio era spezzato, andato in frantumi.
L’ho rotto io? Sono io, è mia la colpa, non l’ho fatto apposta, non mi sono resa conto che ti dava fastidio… hai ragione amore, me lo merito… di sicuro. … ti giuro non lo faccio più… se ti dispiace non lo faccio più... lo giuro, sì te lo giuro…
Non è nulla, sono scivolata dalla scala e ho battuto sul pavimento… non è niente, è solo un graffio. Ah, il braccio annerito… ma no, ci avrò dormito sopra la scorsa notte… è solo un piccolo taglio, non è niente. Non serve un dottore, no basta un cerotto. Domani non si vedrà più niente… non serve…
…Ma certo che ti amo… come puoi dubitare?... ti amo come il primo giorno (Resta a seno scoperto), sono tua, tua per tutta la vita… non c’è nessun altro ti giuro, te lo giuro (la resa è vicina, in ginocchio, senza difese. Le forze residue riservate a proteggere il bimbo che porta in grembo)… Ti prego… aspetto il nostro bambino, ti prego non farmi male… il mio bambino..
(un valzer si sente in lontananza)
Ancillotto, vai in camera tua… non è nulla… la mamma sta bene. Non stavamo litigando, solo una discussione tra grandi. Va in camera tua, non è niente. Non è niente…

(Ancillotto si avvicina alla madre e cerca di afferrarle la mano, ma lei si sottrae)

Ancillotto Balliamo, mamma… ti ricordi… prima che partissi… dai Ginevra, solo un giro!

Ginevra Vai in camera tua, la mamma è molto stanca. Non può ballare ora.

Ancillotto Va bene, ora no però tu mi prometti che domani voleremo assieme…
(Ginevra si alza stanca dal letto ed esce di scena, la accompagnano le suppliche di Ancillotto che tenta di inseguire la madre)
mi prometti vero?… me lo prometti?… domani… me lo prometti?... prometti mamma... prometti…

(Termina la musica. Luce in dissolvenza fino al buio)


SCENA III


(Ancillotto è seduto sulla sedia sistemata sopra il letto. Si è tolto la giacca del pigiama a righe. Musica di carillon, che evoca le storie che Ginevra raccontava al Bambino Ancillotto. Ginevra raccontava sempre al suo bambino la leggenda dell’amore tra la regina Ginevra e il cavaliere Lancillotto e di come quest’ultimo la liberò dal malvagio Maleagant)

Ancillotto “Il fatto è che Ragione, al contrario di Amore, lo metteva in guardia dal salire: lo rimproverava e gli ricordava che nulla bisogna fare che procuri vergogna e biasimo. Ragione non risiede nel cuore, ma nella bocca. Nel suo cuore era invece Amore, che lo spingeva verso la carretta e gli ordinava di salirvi. Amore era più forte, e il cavaliere salì. Ciò che comandava Amore non poteva essere ignorato solo per un timore di vergogna”…
(Pausa)
J’accuse… (in tono sommesso) mea culpa… mea grandissima culpa… Accuso te, che da anni stai chiuso nella stanza accanto alla mia, che anche la morte si è dimenticata di te. Paralizzato muto malato. In attesa. Pronto per partire. Ma Lei non ti si piglia. …ti accuso di non aver avuto compassione di un cuore fragile, di aver sfregiato la bellezza, imbrattato di nero i muri di questa casa… di aver spento la musica. Interrotto le danze. Fiaccato le gambe, contorto le braccia. Ti accuso di aver mentito il giorno in cui ti inginocchiasti davanti a lei. Hai preso il suo “accetto” ne hai fatto un pitale e ci hai pisciato dentro. Sì pisciato, con gusto. Il suo “accetto” come tuo vaso da notte. (breve pausa)
Ti accuso di non avermi mai amato… (sommesso) …mea culpa… (tono Bambino) Sai cosa senti quando sei a letto, immobile, con le mani ben premute sugli orecchi?… Sai cosa senti? Un rombo… come un aereo che sta rullando in pista (imita il rumore). Solo questo. Forte, ma solo questo. Nessun altro rumore ci entra dentro al rombo, perché se respiri piano quello è solo un soffio, sotto il rombo. Sai papà che ogni notte il mio letto è in mezzo alla pista. Mi addormento e un aereo mi sta a fianco (ride piano e imita nuovamente il rumore). Dormo in pista… in compagnia di un grosso aereo che forse non parte… e tu non mi ami…? “Vattene, Ancillotto… lasciami in pace, va via, sparisci”…e tu non mi ami…? (Sputa in faccia al padre e poi asciuga il suo volto) Complice… di merda!

J’accuse… Vi supplico viandanti, per amordiddio, soccorretemi-difendetemi-aiutatemi… sono cieco-muto-sordo! Vi supplico… vi vedo vi vedo… offrite la nuca al disperato! Ma l’occhio ha la sua coda che si allunga come una serpe. Striscia morbosamente viscidamente sulle ferite, i lividi, il corpo gonfio e la pelle annerita. Vi perdono. Guardate, guardate pure. Spettacolo. Guardate, guardate. Io so. Lo so bene cos’è la paura. Fa paura avvicinarsi al moribondo… boccheggia e chiede ossigeno, per vivere ancora qualche istante. Ma che senso, quale senso ha offrire vita ad un pesce caduto nella rete e ormai boccheggiante sulle assi del peschereccio. Inutile. Sprecare ossigeno per chi è segnato. Ormai, è solo questione di tempo. Cinque, quattro, tre , due... fine. Tanto vale… un pesce finito nella rete è ormai un pesce morto! Tanto vale…

(Musica ed entra Ginevra a passo di danza. E’ la danza del dolore o la danza di chi ha trovato una sua via per liberarsi dal dolore. Durante questo ultimo monologo Ginevra salirà a togliere il manichino dal cappio, lo porterà sul ring, lo vestirà dei suoi abiti chiari e lei indosserà gli abiti scuri e metterà il velo sulla testa)

Je t’accuse Ginevra… sì ti accuso… non è niente Ancillotto… mea culpa Mater Mater Mea… la carretta è arrivata vuota… ti giuro mamma io avrei voluto, avrei voluto salire… il nano e la sua lercia infame carretta mi sono sfilati accanto… sali, muoviti, sali, cosa stai aspettando… ma io sono rimasto immobile… mi è mancato il coraggio... paralizzato immobile… senza coraggio. Perdonami mamma… Invece di salire al volo ho avuto vergogna… ho preferito…(gesto della scimmia che non vede non sente non parla). Inerte vigliacco, sono rimasto immobile.
(Guarda a bocca aperta, mentre Ginevra toglie il fantoccio dal cappio. Grido soffocato) Aiuto! Aiutatemi! Chi mi aiuta! … hai i piedi azzurri Ginevra... Non ti vedo, alza la testa… i piedi azzurri, guardali… alza la testa cristossanto… i piedi azzurri…

Fatima-Ginevra (grida) Taglia la corda! Avanti! Taglia la corda! Taglia-taglia-taglia.
(è un’esortazione cadenzata, una sorta di coro greco che continua anche sopra le parole di Ancillotto)

Ancillotto Tagliate! Tagliate! Allentate la corda! Tagliate-allentate. Sta soffocando… Non respira… non respira…(con tono Bambino) non ti ha fatto tanto male, vero mamma, vero mamma? (pausa) Sali le scale… un cenno (alza la mano a salutare) “Ciao mio Ancillotto, cuore mio”…(in piedi sul letto) “Se mi chiami io poi vengo… addio piccolo cavaliere”… solo un piccolo tonfo sento… la sedia (fa cadere la sedia dal letto)
(Pausa. Prende tra le braccia il fantoccio)
Il tuo naso è di cera. I tuoi occhi cesti sformati. Le tue orecchie ossi di seppia… stai su… stai su… sei molle... molle… stai su! Bocca gonfia… Cosa dici? Bocca screpolata... Non sento, parla più forte! …“Guarda cosa mi hanno fatto… Guarda! Guarda Ancillotto!” Mi dispiace madre…
(Pausa. Adagia il fantoccio sul letto. Piange piano)
Mi dispiace… Mi dispiace tanto…Vigliacco… mi dispiace (mentre parla Ancillotto usa le mani come poco prima le aveva utilizzate Ginevra: anche per lui esse diventano randelli, violenza e sangue).

(Buio e poi spot su Ancillotto inginocchiato sul letto in preghiera come San Girolamo penitente nella grotta. Poi ancora buio e spot su Ancillotto in piedi sulla sieda con il capo vicino al cappio, come un rassegnato condannato a morte offre il proprio collo al boia nel suo ultimo istante di vita).

(Buio. Fatima è seduta accanto al fantoccio ormai divenuto Ginevra)