“Cavalleria rusticana La novella, il teatro, l’opera, il balletto”

Elaborazione di 

Turi Giordano e Miko Magistro

dall’opera di Giovanni Verga e Pietro Mascagni

La scena:
al centro un grande arco di pietra lavica, a sinistra l’osteria della gnà Nunzia con a lato un carretto siciliano e attrezzi da campagna, a destra una piccola chiesetta di campagna. All’inizio la scena è buia. Inizia la sinfonia dell’opera di Mascagni, verso la fine un narratore (Verga) incomincia a leggere ai margini della scena.

Verga - Turiddu Macca, il figlio della gnà Nunzia, come tornò di fare il soldato, ogni domenica si pavoneggiava in piazza coll’uniforme da bersagliere e il berretto rosso, che sembrava quello della buona ventura, quando mette su banco con la gabbia dei canarini. Le ragazze se lo rubavano con gli occhi, mentre andavano a messa col naso dentro la mantellina, e i monelli gli ronzavano attorno come mosche…..

Turiddu cantante – (nel frattempo è apparso dietro l’arco)

Verga - …. ma con tutto ciò Lola di massaro Angelo non si era fatta vedere né alla messa, né sul ballatoio, chè si era fatta sposa con uno di Licodia, il quale faceva il carrettiere e aveva quattro muli di Sortino in stalla. Dapprima Turiddu come lo seppe, voleva tirargli fuori le budella dalla pancia, a quel di Licodia, però non ne fece nulla, e si sfogò con l’andare a cantare tutte le canzoni di sdegno che sapeva sotto la finestra della bella.

Turiddu cantante – (canta) 
O Lola ch’ai di latti la cammisa,
si bianca e russa comu la cirasa,
quannu t’affacci fai la vucca a risu,
biato cui ti dà lu primu vasu!
Ntra la porta tua lu sangu è sparsu,
e nun me mporta si ce muoru accisu….
e s’iddu muoru e vaju mparadisu 
si nun ce truovo a ttia, mancu ce trasu.
(alla fine del pezzo si farà un buio, Turiddu cantante esce e alla luce entra Turiddu attore)

Turiddu attore – (parlando con Lola che nel frattempo si trova in scena) Oh, gnà Lola! Beato chi vi vede.

Lola – Oh, compare Turiddu, me l’avevano detto che siete tornato al primo del mese.

Turiddu – A me mi hanno detto delle cose ancora, che è vero che vi maritate con compare Alfio il carrettiere.

Lola – Se c’è la volontà di Dio.

Turiddu – La volontà di Dio la fate voi col tira e molla, come vi torna conto. E la volontà di Dio fu che dovevo tornare da tanto lontano per trovare ste belle notizie – gnà Lola.

Lola – Sentite compare Turiddu, lasciatemi raggiungere le mie compagne, che direbbero se mi vedessero con voi.

Turiddu – E’ giusto ora che sposate compare Alfio che ci ha quattro muli di Sortino in stalla, non bisogna farla chiacchierare la gente. Mia madre invece, poveretta, la dovette vendere la nostra mula baia, e quel pezzetto di vigna sullo stradone, nel tempo ch’ero soldato. Passò quel tempo che Berta filava, e voi non ci pensate al tempo in cui parlavamo dalla finestra sul cortile, e mi regalaste quel fazzoletto, prima d’andarmene, che Dio sa quante lagrime ci ho pianto dentro nell’andar via lontano tanto che si perdeva persino il nome del nostro paese. Ora addio gnà Lola, facemu cuntu ca chioppi e scampau e la nostra amicizia finiu. (sul finire della battuta di Turiddu parte il preludio dell’opera di Mascagni, gli attori escono di scena ed entrano due ballerini - Turiddu e Lola - che danzano)

Buio. Luce su Verga.

Verga – (dopo la danza) La gnà Lola si maritò col carrettiere; e la domenica si metteva sul ballatoio, colle mani sul ventre per far vedere a tutti i grossi anelli d’oro che le aveva regalati suo marito. Turiddu seguitava a passare e a ripassare per la stradicciola, e dentro ci si rodeva che il marito di Lola avesse tutto quell’oro, e che ella fingesse di non accorgersi di lui quando passava. Di faccia a compare Alfio ci stava massaro Cola, il vignaiuolo, il quale era ricco come un maiale, dicevano, e aveva una figliuola in casa. Turiddu tanto disse e tanto fece che entrò camparo da massaro Cola e cominciò a bazzicare la casa e a dire le paroline dolci alla ragazza, tanto che, la nappa del berretto del bersagliere gli aveva fatto il solletico dentro il cuore, e le ballava sempre dinanzi gli occhi. Lola che ascoltava ogni sera, nascosta dietro il vaso di basilico, e si faceva pallida e rossa, un giorno chiamò Turiddu.

Buio su Verga. Luce sulla scena.

(In scena entra il coro che canta Gli aranci olezzano)

Coro di donne –
Gli aranci olezzanosui verdi margini,
cantan le allodole tra i mirti in fior;
tempo è si mormori da ognuno il tenero
canto che i palpiti raddoppia al cor.
Coro di uomini – 
In mezzo al campo tra le spighe d’oro
giunge il rumore delle vostre spole,
noi stanchi riposando dal lavoro
a voi pensiam, o belle occhi-di-sole.
O belle occhi-di-sole, a voi corriamo,
come vola l’augello al suo richiamo.
Coro di donne – 
Cessin le rustiche opre: la Vergine
serena allietasi del Salvator;
tempo è si mormori da ognuno il tenero
canto che i palpiti raddoppia al cor.
Coro di uomini –
In mezzo al campo tra le spighe d’oro
giunge il rumore delle vostre spole,
noi stanchi riposando dal lavoro
a voi pensiam, o belle occhi-di-sole.
O belle occhi-di-sole, a voi corriamo,
come vola l’augello al suo richiamo.

Lola – (staccandosi dal coro e andando verso Turiddu) E così compare Turiddu gli amici vecchi non si salutano più.

Turiddu – Ma. Beato chi può salutarvi.

Lola – Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove sto di casa

(Il coro riprende a cantare finchè escono tutti.)

Buio. Luce su Verga.

Verga – Turiddu tornò a salutarla così spesso che Santuzza ora che aspettava un figlio da lui, se ne avvide, e gli sbattè la finestra sul muso.

Luce su Santuzza e la gnà Nunzia.

Santuzza – (andando verso la bottega della gnà Nunzia) O gnà Nunzia!

Gnà Nunzia – (affacciandosi dalla bottega) O tu!… che vuoi?

Santuzza – Non temete me ne vado subito. Ditemi soltanto se c’è vostro figlio Turiddu.

Gnà Nunzia – Sin qui vieni a cercarmi mio figlio Turiddu?… Non c’è.

Santuzza – Ah, Signore benedetto!

Gnà Nunzia – Lo sai che nei vostri pasticci io non voglio entrarvi!

Santuzza – (scostando la mantellina) Ah, gnà Nunzia, non mi vedete la faccia che ho? Fate come Gesù Cristo a Maria Maddalena… Ditemi dov’è vostro figlio Turiddu, per carità!

Gnà Nunzia – E’ andato a Francofonte per il vino.

Santuzza – No! Ier sera era ancor qui. L’hanno visto a due ore di notte.

Gnà Nunzia – Che vieni a dirmi!… In casa non è tornato stanotte… Entra.

Santuzza – No, gnà Nunzia. In casa vostra non ci posso entrare.

Buio. Luce su Verga.

Verga - Compare Alfio il marito di Lola era in giro per le fiere con le sue mule, e tornando da fuori, carico di soldoni, portò in regalo alla moglie una bella veste nuova per la festa di Pasqua.

Luce su compare Alfio cantante e coro.

Alfio cantante – 
Il cavallo scalpita, i sonagli squillano,
schiocca la frusta. – Ehi là –
Soffi il vento gelido, cada l’acqua o nevichi,
a me che cosa fa?
Coro – 
O che bel mestiere fare il carrettiere
andar di qua e di là!
Alfio cantante –
M’aspetta a casa Lola che m’ama e mi consola,
ch’è tutta fedeltà.
Il cavallo scalpiti, i sonagli squillino,
è Pasqua, ed io son qua!

Coro –
O che bel mestiere fare il carrettiere
andar di qua e di là!

Buio. Il coro e Alfio Cantante escono. Entra Alfio attore. Luce.

Alfio – (con un fiasco in mano va verso la bettola dove ci sono Santuzza e la gnà Nunzia) Che ne avete ancora di vino buono da sei soldi, gnà Nunzia?

Gnà Nunzia – Vado a vedere. Turiddu doveva portarne oggi da Francofonte.

Alfio – Vostro figlio Turiddu è ancora qui. L’ho visto stamattina. Non ha il berretto rosso di bersagliere?

Santuzza – (levando il fiasco di mano a compare Alfio e dandolo alla gnà Nunzia) Intanto andate a vedere se ce n’è ancora.

Gnà Nunzia – (rientra nella bettola)

Alfio – Si capisce che siete di casa, ormai, comare Santa.

Santuzza – Siete venuto a far la Pasqua con vostra moglie?

Alfio – Sì, almeno le feste principali.

Santuzza – E vostra moglie, che vi vede soltanto a Pasqua e a Natale, cosa dice?

Alfio – Io non lo so cosa dice. Il mio mestiere è di fare il vetturale e di andare di qua e di là. E poi mia moglie sa che la berretta la porto a modo mio, (battendo sulla tasca del petto) e qui ci porto il giudizio per mia moglie, e per gli altri anche.

Gnà Nunzia – (ritornando col fiasco colmo) E’ meglio di quell’altro, compar Alfio; me lo direte poi, quando l’avrete bevuto, buon pro vi faccia. Diciotto soldi.

Alfio – E diciotto, a voi! Buon pro vi facciano.

Gnà Nunzia – O dove l’avete visto a mio figlio Turiddu, compar Alfio?

Santuzza – (piano dandole una strappata alla veste) Non gli dite nulla, per carità!

Alfio – L’ho visto dalle mie parti, all’alba, mentre arrivavo a casa mia. Egli andava correndo, come avesse fretta, e non si accorse di me. Volete che ve lo mandi, se l’incontro?

Gnà Nunzia – No, no.

Alfio – (va via)

Gnà Nunzia – (a Santuzza) Perché mi hai fatto segno di star zitta?

Una luce particolare mette in ombra le due attrici e illumina la Santuzza cantante e una ballerina – la sorte – che danza attorno a Santuzza.

Santuzza cantante –
Voi lo sapete, o mamma, prima d’andar soldato,
Turiddu aveva a Lola eterna fè giurato.
Tornò, la seppe sposa; e con un nuovo amore
volle spegner la fiamma che gli bruciava il core:
m’amò, l’amai. Quell’invida d’ogni delizia mia,
del suo sposo dimentica, arse di gelosia…
Me l’ha rapito… priva dell’onor mio rimango:
Lola e Turiddu s’amano, io piango, io piango, io piango!

Dalla chiesa si sente intonare dal coro il Regina coeli.

Coro –
Regina coeli, laetare – Alleluja!
Quia quem mersuisti portare – Alleluja!
Resurrexit sicut dixit – Alleluja!

Durante il Regina coeli gnà Nunzia dice a Santuzza:

Gnà Nunzia – (facendosi la croce) O figlia di Dio, cosa mai vieni a contarmi la santa giornata ch’è oggi!….

Santuzza – Ah! che giornata spuntò oggi per me, gnà Nunzia!

Gnà Nunzia – Senti, va a buttarti ai piedi del Crocifisso.

Santuzza – No, in chiesa non ci posso andare, gnà Nunzia.

Gnà Nunzia – (spiegando la mantellina e mettendosela sul capo) Le funzioni sacre non voglio perderle anch’io però.

Santuzza – Voi andateci. Io aspetterò Turiddu qui come una poveretta di limosina.

Gnà Nunzia – (s’avvia verso la chiesa brontolando) O Signore, pensateci voi!

Popolani e popolane arrivano in piazza per andare in chiesa e cantano:

Coro – 
Inneggiamo, il Signor non è morto,
Ei fulgente ha dischiuso l’avel,
inneggiamo al Signore risorto
oggi asceso alla gloria del Ciel!
Alleluja! Alleluja! Alleluja!

In scena rimane solo Santuzza. Poco dopo entra Turiddu.

Turiddu – Oh, Santuzza!…. che fai qui?

Santuzza – Vi aspettavo.

Turiddu – Dov’è mia madre?

Santuzza – E’ andata in chiesa.

Turiddu – Allora vacci anche tu: chè qui ci abbado io.

Santuzza – No, non ci vado in chiesa.

Turiddu – Il giorno di Pasqua!

Santuzza – Lo sapete che non posso andarci.

Turiddu – Allora cosa vuoi fare?

Santuzza – Voglio parlarvi.

Turiddu – Qui? In mezzo alla strada?

Santuzza – Non me ne importa.

Turiddu – La gente che può vederci!

Santuzza – Non me ne importa.

Turiddu – Che hai?

Santuzza – Ditemi donde venite.

Turiddu – Oh, oh! Che vuol dire questa cosa?

Santuzza – Dove siete stato questa notte?

Turiddu – Ah! devo dire dove sono stato?

Santuzza – Perché andate in collera se vi domando dove siete stato? Non me lo potete dire?

Turiddu – Sono stato a Francofonte, sono stato.

Santuzza – Non è vero. Ieri sera a due ore di notte eravate ancora qui.

Turiddu – Allora sono stato dove mi pare e piace.

Santuzza – (lasciandosi cadere la mantellina sulle spalle) O compare Turiddu, perché mi trattate in tal modo? Non mi vedete in faccia? Non vedete che piglio morte e passione?

Turiddu – Colpa tua: che ti sei messa in capo non so che cosa; e vai a svergognarmi con questo e con quello; e non sono più padrone di fare ciò che voglio?

Santuzza – No, non sono andata a domandare. L’hanno detto qui, or ora, che vi hanno visto all’alba sull’uscio della gnà Lola.

Turiddu – Chi l’ha detto?

Santuzza – Compar Alfio stesso, suo marito.

Turiddu – Lui! Ah, è questo il grande amore che mi porti? che vai a mettere di queste pulci nell’orecchio di compar Alfio? e risichi di farmi ammazzare?

Santuzza – (cadendo ginocchioni a mani giunte) Ah! compare Turiddu, come potete dirlo?

Turiddu – Alzati, non mi fare la commedia! Alzati o me ne vado.

Santuzza – (rialzandosi lentamente) Ah, ora ve ne andate? Ora che mi lasciate come Maria Addolorata?

Turiddu – Cosa vuoi che faccia se non credi più alle mie parole? A ciò che ti dicono gli altri invece, sì, ci credi! Non è vero niente, ti ripeto; Compar Alfio ha sbagliato. Andavo pei fatti miei. Guarda, ti sei messa in capo questa storia della gnà Lola, giusto quando c’è qui in paese suo marito! Vedi quanto sei sciocca?

Santuzza – Suo marito è giunto stamattina soltanto.

Turiddu – Ah, sai anche cotesto? Brava! Mi fai la spia in tutto e per tutto! Non sono più padrone di nulla!

Santuzza – Sì, compare Turiddu, siete padrone di scannarmi colle vostre mani stesse come un agnello, se volete.

Turiddu –O dunque?

Santuzza – Ma la gnà Lola, no, vedete! Quella lì mi vuol far dannare l’anima.

Turiddu – Lascia stare la gnà Lola chè per casa sua.

Santuzza – E lei perché non mi lascia stare, me? Perché mi vuol rubare voi, che non ho altro?

Turiddu – Bada che ti sbagli.

Santuzza – No, che non mi sbaglio! Non le correvate dietro prima d’andar soldato?

Turiddu – Acqua passata! Ora la gnà Lola è maritata per casa sua.

Santuzza – Che importa! Non le volete bene ancora, quantunque sia maritata?

Turiddu – Taci.

Santuzza – Ed essa non vi ha rubato a me per gelosia?

Turiddu – Taci.

Santuzza – E non mi sento qui dentro il fuoco per voi che mi tradite?

Turiddu – Taci!

Santuzza – No, non posso tacere, che ho la rabbia canina in cuore! Ora come farò se voi mi abbandonate?

Turiddu – Io non ti abbandono, se tu non mi metti colle spalle al muro. Ma te l’ho detto: voglio essere padrone di fare quel che mi pare e piace. Sinora, grazie a Dio, catena al collo non ne ho.

Santuzza – Cosa intendete dire?

Turiddu – Intendo che sei una matta con questa gelosia senza motivo.

Da dietro le quinte si sente il canto di Lola

Lola –
Fior di giaggiolo,
gli angeli belli stanno a mille in cielo,
ma bello come lui ce n’è uno solo.

Turiddu – Bada Santuzza!

Lola – (entrando in scena) Oh, compare Turiddu! Che l’avete visto andare in chiesa mio marito?

Turiddu – Non so, comare Lola, arrivo in questo momento.

Lola – Mi disse: vado dal maniscalco pel baio che gli manca un ferro, e subito ti raggiungo in chiesa. Voi, che state a sentirle di qua fuori le funzioni di Pasqua, facendo conversazione?

Turiddu – Comare Santa qui, che stava dicendomi…

Santuzza – Gli dicevo che oggi è giornata grande; e il Signore, di lassù, vede ogni cosa!

Lola – E voi che non ci andate in chiesa?

Santuzza – In chiesa ci ha da andare chi ha la coscienza netta, gnà Lola.

Lola – Io ringrazio Iddio, e bacio in terra. (si china a toccare il suolo colla punta delle dita che poscia si reca alle labbra.)

Santuzza – Ringraziatela, gnà Lola, quand’è così. Chè alle volte si dice: “Quello, nella terra su cui posa i piedi, non è degno di metterci il viso”.

Turiddu – Andiamo via, gnà Lola, che qui non abbiamo nulla da fare.

Lola – Non v’incomodate per me, compare Turiddu, che la strada la so coi miei piedi, e non voglio guastare i fatti vostri.

Turiddu – Se vi dico che non abbiamo nulla da fare!

Santuzza – (trattenendolo per la giacchetta) No, abbiamo da parlare ancora.

Lola – Buon prò vi faccia, compare Turiddu! E voi restate qui pei fatti vostri, chè io me ne vo pei fatti miei. (va in chiesa)

Rullo di timpani

Turiddu – (furibondo) Ah! vedi cosa hai fatto?

Santuzza – Sì, lo vedo!

Turiddu – L’hai fatto apposta dunque?

Santuzza – Sì, l’ho fatto apposta!

Turiddu – Ah! sangue di Giuda!

Santuzza – Ammazzami.

Turiddu – L’hai fatto apposta! L’hai fatto apposta!

Santuzza – Ammazzami, non me ne importa, via!

Turiddu – No, non voglio manco ammazzarti! (per andare)

Santuzza – Mi lasci?

Turiddu – Sì, questo ti meriti.

Santuzza – Non mi lasciare Turiddu, non mi lasciare! Dove corri?

Turiddu – Dove mi pare…. Vado a messa.

Santuzza – No, tu vai a far vedere alla gnà Lola che m’hai piantata qui per lei; che di me non t’importa!

Turiddu – Sei pazza!

Santuzza – Non ci andare Turiddu! Non andare in chiesa a far peccato oggi! Non mi fare quest’altro affronto di faccia a quella donna.

Turiddu – Tu piuttosto! Vuoi farmi l’affronto di mostrare a tutto il mondo che non son padrone di muovere un passo.

Santuzza – Che te ne importa di quel che dice lei, se non mi vuoi far morire disperata?…

Turiddu – Sei pazza!

Santuzza – Sì, è vero, son pazza! Non mi lasciare con questa pazzia in testa!

Turiddu – Finiamola ti dico!

Santuzza – Turiddu, non mi lasciare per la gnà Lola!

Turiddu – Finiamola ti dico! (va in chiesa)

Santuzza – A te la mala Pasqua. (cade a terra)

Sulla musica dell’Intermezzo di Mascagni tre ballerini – Santuzza, Turiddu e la Sorte – fanno una danza che riassume il dramma interiore dei due personaggi

Dall’interno della chiesa si sente il coro della funzione di Pasqua, nel frattempo entra compare Alfio.

Alfio – (vedendo Santuzza sconvolta) Comare Santa!

Santuzza – Oh, è il Signore che vi manda, compare Alfio! 

Alfio – A che punto è la messa, comare Santa?

Santuzza – Tardi arrivate. Ma vostra moglie c’è andata per voi con Turiddu Macca.

Alfio – Cosa volete dire?

Santuzza – Dico che vostra moglie va attorno carica d’oro come la Madonna dell’altare, e vi fa onore, compare Alfio!

Alfio – Oh, a voi che ve ne importa?

Santuzza – Me ne importa per voi che, mentre girate il mondo a buscarvi il pane e a comprar dei regali per vostra moglie, essa vi adorna la casa in altro modo!

Alfio – Cosa avete detto, comare Santa?

Santuzza – Dico che mentre voi siete fuorivia, all’acqua e al vento, per amor del guadagno, comare Lola, vostra moglie, vi adorna la casa in malo modo!

Alfio – Pel nome di Dio, gnà Santa, che siete ubbriaca di buon’ora la mattina di Pasqua, vi faccio escire il vino dal naso.

Santuzza – Non sono ubbriaca, compar Alfio, e parlo da senno!

Alfio – Sentite! S’è la verità che m’avete detto, allora vi ringrazio, e vi bacio le mani, come se fosse tornata mia madre istessa dal camposanto, comare Santuzza! Ma se mentite, per l’anima dei miei morti! vi giuro che non vi lascerò gli occhi per piangere, a voi e a tutto il vostro infame parentado!

Santuzza – Piangere non posso, compar Alfio; e questi occhi non hanno pianto neppure quando hanno visto Turiddu Macca, che m’ha tolto l’onore, andare dalla gnà Lola vostra moglie!

Alfio – (tornando calmo tutto ad un tratto) Quand’è così, va bene, e vi ringrazio, comare.

Santuzza – Non mi ringraziate, no, chè sono una scellerata!

Alfio – Scellerata non siete voi, comare Santa. Scellerati son coloro che ci mettono questo coltello nel cuore, a voi e a me. Che se gli si spaccasse il cuore davvero a tutti e due con un coltello avvelenato d’aglio, ancora non sarebbe niente! Ora se vedete mia moglie che mi cerca, ditele che vado a casa a pigliare il regalo pel suo compare Turiddu. (via)

Buio. Luce su Verga.

Verga – Compare Alfio era di quei carrettieri che portano il berretto sull’orecchio e a sentir parlare in tal modo di sua moglie cambiò di colore come se l’avessero accoltellato.

Luce sula scena. Dalla chiesa escono Turiddu, Lola, gnà Nunzia e tutto il coro con i ballerini. Cantano e danzano.

Coro uomini – 
A casa, a casa, amici, ove ci aspettano
le nostre donne, andiam.
Or che letizia rasserena gli animi
senza indugio corriam.

Coro donne – 
A casa, a casa, amiche, ove ci aspettano
i nostri sposi, andiam.
Or che letizia rasserena gli animi
senza indugio corriam.

Turiddu cantante - Intanto amici, qua, beviamone un bicchiere.

Tutti – (si avvicinano all’osteria e prendono i bicchieri)



Turiddu cantante –
Viva il vino spumeggiante
nel bicchiere scintillante
come il riso dell’amante
mite infonde il giubilo!
Viva il vino ch’è sincero
che ci allieta ogni pensiero,
e che annega l’umor nero
nell’ebbrezza tenera.

Coro – (ripete)

Alla fine del canto e delle danze entra in scena compare Alfio.

Alfio – Salute alla compagnia.

Turiddu – Venite qua, compar Alfio, chè avete a bere un dito di vino con noi, alla nostra salute l’uno dell’altro. (colmandogli il bicchiere)

Alfio – (respingendo il bicchiere col rovescio della mano) Grazie tante, compare Turiddu. Del vostro vino non ne voglio, chè mi fa male.

Turiddu – A piacer vostro. (butta il vino per terra e posa il bicchiere sul deschetto. Rimangono a guardarsi un istante negli occhi) Che avete da comandarmi qualche cosa, compar Alfio?

Alfio – Niente, compare. Quello che volevo dirvi lo sapete.

Turiddu – Allora sono qui ai vostri comandi.

Alfio – Se volete venire nei fichidindia della canziria, potremo discorrere di quell’affare in libertà.

Turiddu – Aspettatemi sullo stradone e ci andremo insieme.

Verga – Con queste parole si scambiarono il bacio della sfida. Turiddu strinse fra i denti l’orecchio del carrettiere, e così gli fece promessa solenne di non mancare.

Alfio – (toccandosi l’orecchio insanguinato) Forte avete fatto, compare Turiddu! e vuol dire che avete buona intenzione. Questa si chiama parola di giovane d’onore.

Turiddu – Sentite, compar Alfio, come è vero Dio so che ho torto, e mi lascerei scannare da voi senza dir nulla. Ma ci ho un debito di coscienza con comare Santa, chè son io che l’ho fatta cadere nel precipizio; e quant’è vero Dio, vi ammazzerò come un cane, per non lasciare quella poveretta in mezzo alla strada.

Alfio – Va bene. Voi fate l’interesse vostro che io faccio il mio. (via)

Il coro esce di scena ed entra una ballerina – la sorte – che danza.
Alla fine della danza Turiddu cantante va verso la madre.

Turiddu cantante – 
Mamma, quel vino è generoso, e certo
oggi troppi bicchier ne ho tracannati…
vado fuori all’aperto.
Ma prima voglio che mi benedite
come quel giorno che partii soldato…
e poi… mamma … sentite…
s’io… non tornassi… voi dovrete fare
da madre a Santa, ch’io le avea giurato
di condurla all’altare.

Gnà Nunzia – Perché parli così figliuolo mio?

Turiddu cantante –
Oh! nulla!… E’ il vino che mi ha suggerito!
Per me pregate iddio!
Un bacio, mamma… un altro bacio…. Addio!
(l’abbraccia ed esce precipitosamente)

Gnà Nunzia – O cosa vuol dire? Dov’è andato mio figlio Turiddu? Che vuol dire tutto questo?

Lola – Vuol dire che facciamo la mala Pasqua, gnà Nunzia! E il vino che abbiamo bevuto insieme ci andrà tutto in veleno!

Timpani.

Verga – Turiddu Macca prese il suo coltello a molla che aveva nascosto sotto il fieno quando era coscritto, e si mise in cammino pei fichidindia della canziria. Lì trovò compare Alfio, il quale stava zitto e col berretto sugli occhi. Entrambi erano bravi tiratori.

Entrano in scena due mimi, - Turiddu e Alfio - , che mimano il duello sotto il rullio dei timpani.

Verga – Turiddu toccò la prima botta, e fu a tempo a prenderla nel braccio, come la prese la rese buona e tirò all’inguinaia. Compare Alfio stava in guardia tutto raccolto per tenersi la sinistra sulla ferita che gli doleva, e quasi strisciava per terra col gomito, acchiappò rapidamente una manata di polvere e la gettò negli occhi all’avversario. Turiddu cercò di salvarsi facendo salti disperati all’indietro, ma compare Alfio lo raggiunse con un’altra botta nello stomaco e una terza alla gola.

Movimento mimico.

Verga – Turiddu annaspò un pezzo, di qua e di là tra i fichidindia, il sangue gli gorgogliava spumeggiando nella gola e poi cadde, cadde come un masso!!

Pippuzza – (accorrendo) Hanno ammazzato compare Turiddu! Hanno ammazzato compare Turiddu!!

Sulla musica finale dell’opera di Mascagni, tutti corrono disperati senza meta, mentre le ballerine – Santuzza e la Sorte – fanno un ultimo passo di danza drammatica prima che giunga il buio in scena.

FINE


Turi Giordano e Miko Magistro
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