Quelle celesti corrispondenze
atto unico di
Paolo Cappelloni
Personaggi
Marcello
Anna - la madre
Gianni – il padre
Patrizia - la sorella
Roberta - la moglie
Stefano
Giulia
La scena rappresenta una cantina semibuia al centro della quale, come un totem,
sono accatastati e illuminati i più svariati oggetti. In un lato della scena c’è
una porta con alcuni scalini da cui filtra una forte luce ogni volta che viene
aperta. Alcuni personaggi entrano dalla porta, altri entrano ed escono
dall’ombra in cui è immerso il resto dell’ambiente. Le scelte degli interventi
musicali e gli abiti dei personaggi sono a discrezione della Regia.
Musica (1)
Marcello - (Apre la porta dalla cui apertura filtra per un istante un fascio di
luce e scende i pochi gradini che portano alla cantina. Si guarda attorno e
sofferma lo sguardo su una catasta di vecchi oggetti posti al centro del palco.
La musica sfuma) Da quanto tempo non scendevo quaggiù? Mamma mia! Il posto delle
cose abbandonate! E dire che da piccolo ero tanto curioso di venire a rovistare
qua sotto! Mi piaceva perfino l’odore che si sentiva qui in cantina; (Pausa) un
odore che non si sente più: era un misto di carbone, di legna da ardere e
polvere di vecchie cose ammuffite. I miei ci mettevano tutte quelle cose che
avrebbero voluto gettare ma non avevano il coraggio di farlo, perciò la roba si
accatastava: sedie che si potevano ri-impagliare, mobiletti scassati ma che
erano pur sempre dei ricordi… poi facevano comodo per metterci altre cose che
non si sa mai… (Sorride) A volte ci venivo con mio padre che per non sporcare in
casa veniva qui a fare alcuni lavoretti di falegnameria o cose del genere… o per
travasare il vino che teneva in una grossa damigiana. E mi diceva sempre: “Stai
a guardare… impara come si fa!” (Sorride) Mia madre invece ci capitava
raramente; lei si limitava a dire a me o a mio padre: “Porta giù questo, per
favore… porta giù quest’altro…” oppure: “Vammi a prendere la tal cosa che è nel
tal cassetto…” E mia sorella… Lei ha sempre avuto il terrore di questo posto e,
anche se non gliel’hanno mai minacciato, credo che ad ogni rimprovero temesse di
essere rinchiusa qua dentro, al buio! (Pausa) Poi ci venivo anche da solo per
rovistare tra la roba vecchia con la speranza di trovare chissà cosa, qualcosa
di insolito, di sconosciuto, di affascinante, e finivo per sfogliare vecchi
libri di scuola appartenuti a me o ai miei genitori, o album di figurine di
antichi campionati del mondo! (Pausa) In seguito si sono accumulate tante altre
cose, dopo il mio matrimonio e con l’arrivo di mia moglie: altri libri, altri
ricordi, altre cose che non si sa mai… Ma era lei che portava giù tutto. La
cantina era diventata il deposito per tutto quello che non si poteva più tenere
in casa. (Si guarda attorno) Io non ci ho messo più piede per anni. (Pausa)
Dovevo proprio rimanere solo perché mi venisse in mente di ridiscendere fin qui
e fare come quando ero ragazzino. (Inizia a curiosare fra le vecchie cose e
trova una cassetta per attrezzi) I ferri di mio padre… “I ferri del mestiere”,
li chiamava lui, anche se li usava solo per i lavori di casa. (Prende un
martello dalla cassetta degli attrezzi impugnandolo vicino alla “bocca” mentre
il padre compare sulla porta e lentamente scende i gradini avvicinandosi a lui)
Padre - Quante volte ti ho detto che il martello non si impugna così! La mano
deve stare all’estremità del manico!
Marcello - Sì, sì, babbo, lo so.
Padre - Lo sai ma non dai mai retta ai miei consigli!... E i colpi devono essere
pochi e precisi!
Marcello - Tanto il martello non sarà mai un mio strumento di lavoro.
Padre - Non c’entra niente! Un uomo deve imparare certe cose! Quando avrai una
casa tua come farai? Vuoi dipendere dagli altri anche per battere un chiodo nel
muro?
Marcello - Hai ragione, babbo; hai avuto sempre ragione, tu; è il modo in cui mi
dicevi le cose che era sbagliato.
Padre - Non stare a pensare ai modi ma alla sostanza, al perché tuo padre ti
dice certe cose! Quando sarai più grande lo capirai!
(Breve intervento musicale (2)). Marcello torna a curiosare tra le cose mentre
il padre resta in scena ma nascosto nel buio)
Marcello - (Continua a parlare tra sé ma come se stesse ancora parlando al
padre) I modi non contano, non sono mai contate le maniere “pesanti” con cui
volevi insegnarmi le tue grandi e giuste verità. (Trova una vecchia coperta) E
non solo a me, anche a Patrizia (Guardando la coperta) e alla mamma.
L’importante è farsi valere! Quasi godere di quel potere domestico che nessuno
ti avrebbe mai potuto togliere. (Come il padre, anche la madre compare sulla
porta e scende i gradini avvicinandosi a Marcello)
Madre - Non essere così polemico con tuo padre, Marcello! Tutto quello che lui
dice… è per il tuo bene!
Marcello - (All’unisono con la madre, come una cosa sentita e risentita)… è per
il tuo bene!
Madre - E’ così. (Riferendosi alla coperta che Marcello tiene in mano) Ricordi
quella coperta? Quante volte te l’ho rimboccata, sul letto, Marcellino? E tu che
ti scoprivi continuamente! Tu non te ne sei mai accorto ma io venivo a
ricoprirti per benino anche quando eri più grande, e tornavi a casa ad ore
impossibili! Ed io, che non dormivo finché non rientravi e non ti addormentavi,
mi alzavo pian piano e venivo a rimboccarti le coperte!
Marcello - Me ne accorgevo, mamma, me ne accorgevo.
Madre - Ecco. Ed ora che sei sposato non lo posso più fare ma pazienza... Ora
non hai più bisogno della tua mamma…
Marcello - (Paziente) Mamma…
Padre - (Interviene rivolgendosi alla moglie) Anna, smettila con questo
atteggiamento melenso… da martire!
Madre - (Al marito) E’ così, Gianni. (Al figlio) Ora tu sei il capofamiglia,
Marcello, ed è giusto che sia così. Hai trovato anche una brava ragazza che ti
vuole bene ed io non posso fare altro che mettermi in disparte. Ormai sono
vecchia e non conto più niente.
Padre - (Interviene) Ma senti che razza di discorsi!
Marcello - (Paziente) Mamma, non devi assolutamente pensare di essere messa da
parte; tu hai fatto anche troppo, per noi, e devi essere fiera di aver cresciuto
la tua famiglia, (Sottolineandolo) se questo è ciò che hai veramente desiderato.
Padre - Cosa significa questo discorso? Vuoi insinuare che l’ho costretta io a
fare tutto ciò che deve fare una madre di famiglia?!
Marcello - Babbo, non volevo dire questo.
Padre - Tua madre vi ha coccolati anche troppo! Se non fosse stata così… debole,
sareste certamente cresciuti molto più educati! Credi a me!
Marcello - Ecco: la mamma non ha impugnato bene il martello, vero? Pochi colpi e
precisi…!
Padre - Non essere insolente con me!
Madre - (Interviene a placare il diverbio) Per carità! Chi è stata più felice di
me ad avere una famiglia così?? Non potrei sicuramente desiderare altro dalla
vita! Tu e Patrizia siete la mia gioia! Siete tutto, per me! Ho fatto tanti
sacrifici per farvi crescere bene ma li ho affrontati tutti con amore! (Al
marito, che non le risponde) E’ vero, Gianni?
(Breve intervento musicale (3)). I genitori restano in scena, nascosti dal buio,
e Marcello si rimette a rovistare trovando parecchi libri.)
Marcello - Libri, libri, libri… Se ricordassi tutto quello che ho letto e
studiato…!
Patrizia - (Esce dall’oscurità) Sei sempre stato un secchione, tu! Ma perché
siamo venuti qua sotto?
Marcello - (Sorridendo) Non ti è mai piaciuto questo posto, eh?
Patrizia - No! Ne ho avuto sempre il terrore! E’ scuro! Freddo! Lontano da tutto
il resto della casa! Io l’ho sempre visto come un posto lontano dal mondo!
Marcello - (Scherzosamente, per spaventarla) Il luogo in cui si nascondono gli
scheletri negli armadi…! Dove dietro ad ogni angolo ci può essere…
Patrizia - (Spaventata, lo interrompe) Smettila Marcello! Mi metti paura!
Marcello - (La abbraccia con fare protettivo) Ma sorellina mia! Hai mai avuto
paura stando vicina a me?
Patrizia - No.
Marcello - Allora…? Non vedi che questo è solo un luogo del passato?
Patrizia - Un luogo di cose morte.
Marcello - Non morte: ancora a riposo, come i vecchi! (Le mostra una vecchia
bambola) Guarda! Te la ricordi?
Patrizia - Sì!! Era… è la mia bambola preferita! (La guarda e la stringe a sé)
Come mai è finita quaggiù? Chi ce l’ha portata?
Marcello - Forse nessuno. Forse ha semplicemente seguito tutte queste cose che
hanno dovuto lasciare il posto ad altre.
Padre - (Torna in luce, insieme alla madre) Alla tua età vuoi ancora giocare con
le bambole?
Marcello - (Difendendo la sorella) Tu non giochi ancora con i tuoi francobolli?
E li tratti con la massima cura e delicatezza per la loro fragilità? Stando così
attento che non si rovini nemmeno uno dei loro dentini e te li ammiri e riammiri
quasi… coccolandoli?
Padre - (Alterato) Ma quello non è un gioco, è una collezione!
Marcello - (Ironico) Ah, ecco! Una collezione!
Madre - (Con ingenuo orgoglio) Chissà quanto vale, ora, la raccolta di
francobolli di tuo padre!
Marcello - (Ironico) Eh sì, è un vero e proprio patrimonio di famiglia!
Padre - Ci sono voluti anni e anni per metterla insieme perciò guai a voi se un
giorno la venderete!
Marcello - Ecco…!
Patrizia - (Riferendosi alla bambola che osserva e stringe a sé) Si chiama
Lilla.
Madre - (Materna) Stavi le giornate intere a coccolarla!
Patrizia - A me è sempre piaciuto farle le coccole.
Padre - In questi atteggiamenti infantili hai preso tutto da tua madre.
Madre - (Al marito) Che male c’è?
Patrizia - (Al padre) E te ne dispiace?
(Il padre non risponde)
Marcello - (Alla sorella) No che non gli dispiace.
Patrizia - Allora perché non mi risponde? Perché il babbo non mi vuole bene come
a te?
Madre - Patrizia! Non dire nemmeno per scherzo, certe cose!
Marcello - (Affettuoso) Il babbo ha sempre voluto bene a tutti e due. Solo che
non ha saputo dimostrarcelo.
Patrizia - Se mi volesse davvero bene che difficoltà ci sarebbe a farmelo
capire?
Marcello - Ognuno ha delle cose che è in grado di fare e altre che proprio non
gli riescono… anche nei sentimenti.
Patrizia - Io, con lui, non sono mai riuscita a parlare di me stessa, dei miei
sogni, delle mie speranze, delle mie paure. Se non ci fosse stata la mamma…
(Scompare nel buio stringendo la bambola a sé)
(Mentre Marcello riprende a rovistare tra le cose, la madre affronta il marito)
Madre - Perché Patrizia dice così?
Padre - Ma non lo so! Lo vieni a chiedere a me? (Pausa) Io mi sarò dedicato più
a Marcello ma tu avresti dovuto far capire a tua figlia questa divisione dei
ruoli! Il tuo con lei e il mio con lui!
Madre - (Offesa) Vuoi dire che ho sbagliato ad educare mia figlia? Vuoi dire che
non sono stata una buona madre?
Padre - (Indispettito) Perché devi avere sempre questo atteggiamento
vittimistico da cane bastonato?
Madre - (Alterata) Forse perché tu hai avuto sempre quell’atteggiamento da
carnefice che bastona i cani!
Padre - (Alterato) Insomma cosa devo fare? Vuoi forse dirmi che ho sbagliato io?
E’ sempre la stessa storia: ogni problema di questa casa alla fin fine è colpa
mia!
(Il padre risale i gradini ed esce dalla porta, definitivamente. La madre,
piangendo, si rifugia nell’ombra)
Marcello - (Rovista ancora, ragionando tra sé) Facevano sempre così: tanto fuoco
e fiamme ma non cambiava mai niente: né fra di loro e nemmeno nei nostri
confronti. Anche quando arrivò Roberta. (Pausa. Si concentra su un libro trovato
fra gli altri) Anche questo è finito quaggiù! Una volta aveva un posto d’onore
nella mia piccola libreria e spesso, nel mio romanticismo adolescenziale, mi
perdevo in quelle immagini di tenebre fantastiche che certe letture mi
evocavano! (Lo apre e legge) “… Celeste è questa/corrispondenza d’amorosi
sensi/celeste dote è negli umani; e spesso/per lei si vive con l’amico estinto/e
l’estinto con noi…”
Roberta - (Apparendo dall’oscurità) “… se la pia terra/che lo raccolse infante e
lo nutriva/nel suo grembo materno ultimo asilo/porgendo, sacre le reliquie
renda/dall’insultar de’ nembi e dal profano/piede del vulgo…” L’abbiamo studiata
insieme, ricordi?
Marcello - Certo che ricordo! Facevamo tutto, insieme, sin dai tempi della
scuola.
Madre - (Compare per poi risalire i gradini ed uscire dalla porta,
definitivamente.) Stavate ore e ore su quei libri ed era una gioia guardarvi!
Roberta - Possiedi un mare di libri! Me ne presterai mai qualcuno?
Marcello - (Porgendole alcuni libri) Certamente! Tutti quelli che vuoi!
Roberta - Anch’io ne ho diversi ma sono quasi tutte storie d’amore!
Marcello - (Guardandola con amore) Allora li metteremo insieme per dare più
grazia alla mia libreria!
Roberta - (Pensosa) La tua casa è molto grande, quando ci sposeremo potremmo
andare là e starci tutti insieme…
Marcello - (Perplesso, la guarda per un istante come se avesse detto una cosa
fuori luogo, anzi, fuori tempo) Perché no? Là c’è posto per tutti.
Roberta - E vivremo felici?
Marcello - Perché non dovremmo?
Roberta - Dovremo imparare sia a convivere da coniugi che con gli altri della
famiglia. Beh, essendo casa tua, per te sarà più semplice.
Marcello - Non ti preoccupare, Roberta; se staremo bene noi due riusciremo a
convivere anche con dieci, cento mille altre persone!
Roberta - Non mi preoccupo assolutamente, perché tu mi hai sempre dato
sicurezza, Marcello, ed è una tua dote, questa, che mi ha colpita subito… e mi
ha fatto sempre star bene.
Marcello - Forse è una reazione, questa mia “dote”, visto che ne ho sempre avuto
bisogno anch’io.
Musica (4)
Roberta - (Lo abbraccia) Ti amo.
Marcello - Anch’io ti amo tanto, Roberta.
(Si baciano, poi entrambi si mettono a curiosare tra le vecchie cose. Pausa, la
musica sfuma)
Roberta - Ora che tuo padre non c’è più…
Patrizia - (Esce dal buio, rivolta a Marcello) Solo ora che il babbo non c’è più
avverto tutto il bene che gli ho voluto e che è sempre caduto nel vuoto.
Marcello - E’ sempre così.
Roberta - Sì, Patrizia, è sempre così.
Marcello - (Amareggiato) Perché il più delle volte non riusciamo a dimostrare… o
ad aiutare gli altri a dimostrarci amore, affetto o il semplice piacere di stare
insieme? E rendiamo tutto così… penoso, difficile e complicato?
Patrizia - Anch’io vorrei sposarmi, prima o poi; vorrei trovare un uomo dolce,
che mi coccoli…
Roberta - (Affettuosa) … e che tu possa coccolare!
Patrizia - (Stringendo ancora la sua bambola) Sì! Sarebbe una cosa fantastica!
Roberta - Sei dolcissima, Patrizia!
Patrizia - Anche tu, Roberta, e ti voglio un mondo di bene!
Roberta - (Sollevando un cappellino da donna che indossa con fare civettuolo)
Guardate! L’avevo indossato per una festa di carnevale! Ricordate? Mi ero
travestita da vecchia signora e quasi non mi riconoscevate! (Pausa, se lo
toglie, tristemente) Ora, purtroppo, non ho più bisogno di travestirmi…
Patrizia - Ma cosa dici, Roberta!
Marcello - Non ti rendi conto di essere ancora una bellissima ragazza?
Roberta - Vi ringrazio ma il tempo passa per tutti, anche per me!
Patrizia - E’ vero, purtroppo… anche per me.
Roberta - (A Marcello) Se n’è andata anche tua madre…
(Patrizia stringe ancora più a sé la sua bambola)
Marcello - Già.
Roberta - Come si trasforma una casa quando non ci sono più le stesse persone!
E’ come se perdesse energia, e alcuni suoi angoli, una volta così pieni di
calore, tornassero ad essere freddi e banali.
(Marcello viene per un momento distratto da un uomo che entra dalla porta,
scende i gradini e lentamente attraversa la scena nella semi oscurità per
sparire nel buio)
Patrizia - (Triste, avvicinandosi a Marcello) Mi manca…
Marcello - (Stringendola a sé) Lo so.
Roberta - (Si avvicina a Marcello e restano tutti e tre abbracciati) Che
confusione c’è qui!
Marcello - Sono tutti frammenti del nostro passato misti al presente.
Patrizia - Cosa faremo, adesso?
Roberta - Come si è sempre fatto da che mondo è mondo.
Patrizia - Già… (Si stacca da loro e lentamente scompare nel buio)
Roberta - (A Marcello) Tua sorella ha tanto bisogno di qualcuno che le stia
vicino e che le voglia bene.
Marcello - Sì, lo so… e tu?
Roberta - E me lo chiedi? (Riprende il libro che Marcello aveva trovato e,
leggendo, si allontana) “… E se, diceva,/a te fur care le mie chiome e il viso/e
le dolci vigilie, e non mi assente/premio miglior la volontà de’ fati…”
(Scompare nel buio)
Marcello - (Tra sé) Che senso ha? Perché disturbare chi deve ancora soffrire e
decidere di soffrire con loro? Quando non avresti che da aspettare. “Aspettare”…
questa parola non ha più nemmeno alcun senso temporale. Ognuno faccia la sua
vita e sarà quel che sarà! (Pausa) Ma se ho avuto la forza di fare una cosa del
genere: di entrare in questa dimensione che è così confusa sia per me che per
loro una ragione ci sarà! E’ quella celeste corrispondenza, già, quel sentimento
che è più facile chiamare Amore, che ci fa attraversare spazi e tempi pur di
essere pienamente raggiunto e soddisfatto anche se solo per poco. Solo per poco,
quaggiù.
(Dall’oscurità compare una donna che lentamente si avvicina alla catasta delle
vecchie cose ed inizia a curiosare)
Marcello - (Le si avvicina ma lei non lo vede né sente) Giulia!! Cosa sei venuta
a cercare, qui? Giulia…? (Pausa, la guarda) Oh Giulia… Quanti anni…? Ricordi?
Eravamo riusciti a non avere segreti tra noi, nell’incoscienza della nostra
gioventù. Sapevamo tutto l’uno dell’altro, senza vergogna! Che cosa strana,
Giulia… Che fine hai fatto? (La osserva) Stai forse cercando le nostre carezze?
Stai cercando i nostri primi baci? Non credo che siano lì, tra le vecchie cose
dimenticate. Sono sensazioni, quelle, che col passare degli anni diventano i
sostegni del nostro sopravvivere, Giulia. Ritrovale dentro di te e ti sentirai
ancora più bella e pulita. (Giulia trova una fotografia, la guarda e la ripone
nella sua borsa) Ti sei presa una fotografia… “quella” fotografia! Uno dei tuoi
pochi momenti felici, vero? La vita non è stata affatto benevola, con te, lo
ricordo. Allora rivivila, quella immagine, rivivi col cuore quel momento che
diventerà un altro sostegno alla tua sopravvivenza. (Giulia si alza e quasi
scappa scomparendo, definitivamente, nell’oscurità. Marcello la chiama) Giulia!!
(Tra sé) Perché lei non mi ha visto e non mi ha risposto? Dov’è ora? Ma perché
ci devono essere tutti questi misteri, quaggiù? (Dall’ombra riappare l’uomo
intravisto precedentemente)
Stefano - (Sorridendo) Marcello…
Marcello - (c.s.) Stefano! Dove sei?
Stefano - Sono qui con te.
Marcello - Anche tu qui?
Stefano - Sì, piace anche a me tornare a rovistare fra le vecchie cose.
Marcello - Già, anche se è impossibile capire chiaramente: è tutto in disordine,
qui! I tempi si confondono, si confondono gli anni, le età, i luoghi…
Stefano - Me ne sono accorto anch’io; anch’io sono sceso nella mia cantina e ho
provato le stesse cose. Di sopra, invece, si vede tutto più chiaro e soprattutto
non ne veniamo coinvolti.
Marcello - E non soffriamo.
Stefano - Torniamo di sopra, Marcello?
Marcello - Sì, torniamo di sopra.
Musica (5)
(Patrizia rientra dal buio - senza la bambola – insieme a Roberta. La luce si fa
lentamente sempre più intensa fino ad illuminare tutta la scena. Le due si
avvicinano alle vecchie cose senza avvertire la presenza di Marcello e Stefano
che invece se ne allontanano, salgono gli scalini e, dopo che Marcello ha volto
per un momento l’ultimo sguardo a Patrizia e a Roberta, escono attraverso la
porta)
Patrizia - Non scenderò mai più quaggiù in cantina. Ci sono troppe cose che mi
fanno star male.
Roberta - Hai ragione, troppe cose, troppe voci silenziose… e non fanno altro
che lasciarti la mente confusa e il cuore gonfio di dolore.
Patrizia - (Pausa. A stento) Marcello… se n’è andato ormai da tempo ma…
Roberta - (La interrompe) Ma ancora ci cerchiamo… lo so.
Patrizia - Sì, è così. Abbiamo vissuto anni bellissimi, tutti insieme!
Roberta - Ma troppo pochi.
Patrizia - Sì, troppo pochi.
Roberta - (Solleva il cappellino da donna) Guarda, Patrizia… (Lo indossa
mestamente, con nostalgia, per poi riporlo subito fra le altre cose) L’avevo
indossato per una festa di carnevale quando c’era anche lui. Ricordi? Mi ero
travestita da vecchia signora e quasi non mi riconoscevate!
Patrizia - E Marcello si era vestito da gentiluomo dell’800.
Roberta - Già, da gentiluomo dell’800.
Patrizia - (Estrae una vecchia bambola nascosta tra i vari oggetti) E questa?
Era la mia bambola preferita! Come mai è finita quaggiù? Chi ce l’ha portata?
(La stringe a sé) Accidenti, come si chiamava…?
Roberta - (Alzandosi) Torniamo in casa, Patrizia. Quaggiù non c’è più niente che
ci possa aiutare.
Patrizia - (Alzandosi) Hai ragione, non c’è più nessuno, siamo rimaste solo noi.
(Musica (6). Entrambe si allontanano dalla catasta degli oggetti mentre la scena
torna nella penombra illuminando solo il “totem” e facendo sparire nel buio sia
Roberta che Patrizia)
Patrizia - Ah… Si chiamava Lilla!
La luce si spegne completamente. La musica continua.
Sipario
Novembre 2007
TUTELA SIAE
L'uso senza permesso da parte di chiunque, in qualunque forma, è assolutamente
vietato.
Per eventuali comunicazioni contattare l'autore.
Nel caso di rappresentazione dichiarare alla SIAE il titolo originale.
Su richiesta verrà spedito il cd con le musiche
Note
Marcello ridiscende, dopo tanto tempo, in “cantina” per curiosare tra le tante
vecchie cose del suo passato. Alcuni di questi oggetti gli evocano, fino a farle
materializzare, alcune delle persone a lui più care e con queste dialoga
attraversando vari periodi della sua vita senza alcuna logica, tanto che anche
lui ne rimane a volte sconcertato. Eppure lui sa che quella non è propriamente
una cantina ma un luogo d’incontro, fuori dallo spazio e dal tempo, fra coloro
che sono ancora in vita (la sorella, la moglie e Giulia) e quelli che non lo
sono più (la madre, il padre e l’amico Stefano). Marcello vuole provare questa
esperienza nonostante immagini il disagio, il dolore, a volte, che questa
situazione provocherà sia in lui che nei suoi cari.
Arredi di scena
I più svariati oggetti che si possono trovare in una cantina, tutti accatastati
a formare una specie di monumento.
Fra questi sono necessari:
- Una cassetta per attrezzi che contenga un martello.
- Una vecchia coperta.
- Diversi libri.
- Un cappellino da vecchia signora.
- Due vecchie bambole (identiche).
- Una fotografia.
- Una borsetta.