IL PRIMO ATTO DE "LA CELESTINA"

di

Marco Luly


PROLOGO- La Celestina, tragicommedia di Calisto e Melibea. Composta ad ammonimento dei folli innamorati che, vinti dal loro disordinato appetito, chiamano "Dio" le loro amanti e Dio le considerano. Scritta inoltre per mettere in guardia dagli inganni delle mezzane e dei servi malvagi ed adulatori.

ARGOMENTO- (Melibea) Entrando Calisto in un giardino per inseguire un suo falcone, incontrò Melibea e, preso d' amore per lei, principiò a parlarle. 
(Calisto) Da lei duramente respinto, il giovine tornò molto angosciato a casa sua. 
(Sempronio) Parlò con un suo servitore di nome Sempronio il quale, dopo molti ragionamenti, lo indirizzò ad una vecchia chiamata Celestina, nella cui casa il servo stesso aveva un' innamorata di nome Elicia. 
(Elicia) La quale Elicia, quando Sempronio arrivò a casa di Celestina per trattare la faccenda del suo padrone, aveva nel suo letto un altro amante, chiamato Crito. 
(Parmeno) Intanto, mentre Sempronio si mette d' accordo con Celestina, Calisto parla con un altro suo servitore, di nome Parmeno, il quale tenta di metterlo in guardia dal gettarsi nelle mani di quella ruffiana. 
(Celestina) Quando Sempronio torna nella casa di Calisto con Celestina, questa riconosce Parmeno, e gli racconta molte cose dell' attività della sua defunta madre e della loro vecchia amicizia. Lo induce ad amore e concordia con Sempronio, dopo averne carpito la fedeltà con l' amo della cupidigia e del piacere, per meglio poter raggiungere il suo scopo di mezzana.


CALISTO- In questo vedo, Melibea, la grandezza di Dio.
MELIBEA- In che cosa, Calisto?
CALISTO- Nell' aver concesso alla Natura il potere di dotarti di così perfetta bellezza, e nell' aver fatto a me una grazia così grande che io ottenessi di vederti, e in un luogo tanto propizio da poterti manifestare il mio segreto dolore. Certo i Santi, che nella gloria dei Cieli gioiscono della visione Divina, non godono più di quanto non goda io nel renderti omaggio! Ma, oh me infelice, in questo siamo differenti, perché essi provano una gioia pura, liberi dal timore di essere privati di una tale beatitudine. Mentre io provo una gioia impura, nel timore del penoso tormento che la tua assenza finirà con il causarmi.
MELIBEA- E tuttavia consideri ciò un grande premio, Calisto?
CALISTO- Lo considero così grande, in verità, che se Domineiddio mi concedesse un seggio tra i suoi Santi o sopra di loro perfino, non ne riceverei altrettanta felicità.
MELIBEA- Ma se tu perseveri, io ti darò ricompensa ancora più adeguata.
CALISTO- Beate orecchie mie che, benchè indegne, una parola tanto dolce avete udita!
MELIBEA- Sventurate e assai, invece, quando avrai finito di ascoltarmi. Perché il compenso è pari a ciò che merita il tuo folle ardire. Il fine delle tue parole è conforme all' indole di un uomo come te: trovare la via della perdizione nella virtù di una fanciulla! Vattene, vattene via di qua, svergognato! Non può tollerare la mia virtù che in cuore umano abbia potuto nascere il pensiero di un illecito amore con me.
CALISTO- Me ne andrò. Me ne andrò come colui che è il solo contro cui la fortuna avversa si accanisce con odio crudele.



CANZONE

SEMPRONIO- "Da Melibea duramente respinto, Calisto tornò molto angosciato a casa sua. Parlò con un suo servitore di nome Sempronio il quale, dopo molti ragionamenti, lo indirizzò ad una vecchia chiamata Celestina."

CALISTO- Sempronio! Sempronio! Sempronio! Dov' è quel maledetto?!
SEMPRONIO- Son qui signore. Subito arrivo.
CALISTO- Che il diavolo ti porti, Sempronio! Che tu possa morire di un improvviso accidente! Su, su, canaglia, preparami il letto.
SEMPRONIO- E' subito fatto, signore.
CALISTO- Chiudi la finestra e lascia che le tenebre facciano compagnia al triste, e l' ombra allo sventurato. Le mie pene non son degne di luce. 
SEMPRONIO- Signore, che dite?
CALISTO- Oh, benedetta sia la morte che, invocata, allevia le afflizioni.
SEMPRONIO- La morte? Ma cosa c' è, signore?
CALISTO- Vattene via di qua! Non mi rivolgere la parola o altrimenti, prima del tempo, le mie mani provocheranno la tua fine!
SEMPRONIO- Me ne andrò, visto che vuoi sopportare da solo il tuo male.
CALISTO- Và col diavolo!
SEMPRONIO- (Non credo proprio che possa venire con me colui che ti rimane accanto. Ma quale è stato l' avvenimento tanto avverso che ha rubato l' allegria a quest' uomo e, ciò che è peggio, insieme ad essa il senno? Devo lasciarlo solo o entrare là dentro? 
SEMPRO--2- Se lo lascio s' ammazza, se entro ammazzerà me. Si arrangi, io non me ne curo. Meglio che muoia lui, cui la vita è di peso, che non io che me la godo. Ma se si ammazza senza alcun testimonio, poi toccherà a me rispondere della sua vita. Entrerò. Ma se entro, non vuole né conforto, né consiglio. E' proprio segno di morte mostrare di non voler guarire. E inoltre se mi ha davanti, si infurierà di più con me. Il sole è più ardente dove può più riverberare; lo sguardo che non trova nulla davanti s' allenta, mentre si aguzza quando ha qualcosa vicino.
SEMPRO--3- Per questo voglio indugiare un poco. E se intanto dovesse ammazzarsi, che muoia! Forse potrò impossessarmi di qualcosa senza che nessuno lo sappia. No, è il diavolo che mi consiglia: se muore lui, poi ammazzeranno anche me, così ci avrò fatto un bel guadagno. A questo punto è meglio entrare, sopportarlo e consolarlo, perché se è possibile guarire senza arte né strumenti, è più facile farlo con arte e cure.)
CALISTO- Sempronio!
SEMPRONIO- Signore, sono qui.
CALISTO- Voglio il mio liuto.
SEMPRONIO- E' scordato il tuo liuto, signore.
CALISTO- Come potrà accordare colui che non è accordato? Come sentirà l' armonia colui che è in dissonanza con se stesso? Via, suona e canta la più triste canzone che conosci.

CANZONE

CALISTO- Maggiore è il mio fuoco, e minore è la pietà di chi ora dico.
SEMPRONIO- (Non mi ingannavo io, questo mio padrone è pazzo.)
CALISTO- Che stai mormorando, Sempronio?
SEMPRONIO- Non dico nulla.
CALISTO- Sia quel che sia, dillo pure, non temere.
SEMPRO--2- Parlavi di fuoco?
CALISTO- La mia anima brucia ora come bruciano i dannati nelle fiamme dell' inferno.
SEMPRONIO- (Lo dicevo, io, e non si fermerà qui.)
CALISTO- Ma se fosse questo il prezzo da pagare, non avrei esitazioni. Preferirei che il mio spirito stesse con quelle bestie irragionevoli, piuttosto che raggiungere la gloria dei Santi!
SEMPRO--3- (Non bastava che fosse pazzo, è anche eretico.)
CALISTO- Non ti ho già ordinato di parlare forte?
SEMPRONIO- Dico, che Dio non lo voglia e non ti ascolti. Perché quella che hai detto è una specie di eresia.
CALISTO- Perché?
SEMPRO--2- Ma perché è in contrasto con la religione cristiana!
CALISTO- E che importa a me?
SEMPRO--3- Tu non sei cristiano?
CALISTO- Io? Io sono Melibeo. Melibea adoro e in Melibea credo e Melibea sola amo.
SEMPRONIO- (Se lo dici tu, non ho bisogno d' altro allora.)
SEMPRO--2- (Vedo bene da che parte zoppichi.)
SEMPRO--3- Io ti posso guarire, però.
CALISTO- Ciò che prometti è cosa incredibile.
SEMPRO--3- Anzi, semplicissima, perché l' inizio della guarigione sta già nel riconoscere il malanno dell' infermo.
CALISTO- Quale consiglio può governare colui che in sé non ha né ordine, né senno?

SEMPRO--3- (E' questo, dunque il fuoco di Calisto? Sono queste le sue angosce? Come se l' amore avesse scagliato soltanto contro di lui le sue frecce! Oh sovrano Iddio, quanto sono profondi i tuoi misteri. Hai comandato all' uomo di lasciare per la donna il padre e la madre, e adesso non abbandona solo quelli, ma te e la tua legge per buon peso.)
CALISTO- Sempronio!
SEMPRONIO- Sono qui.
CALISTO- Sempronio mio, non mi lasciare.
SEMPRONIO- (Suoni un' altra musica, ora.)
CALISTO- Che te ne pare del mio male?
SEMPRONIO- Mi pare che ami Melibea.
CALISTO- Nient' altro?
SEMPRONIO- E' già un gran male avere la volontà prigioniera in un solo luogo.
CALISTO- Poco t' intendi di perseveranza.
SEMPRONIO- Non è costanza voler insistere nel proprio male. Al mio paese la chiamano piuttosto ostinazione o caparbietà. Voialtri filosofi di Cupido, chiamatela come vi piace.
CALISTO- Brutta cosa è mentire per chi ammaestra, chè tu ti compiaci di cantare le lodi della tua amata Elicia.
SEMPRONIO- Fa ciò che predico bene e non quel che razzolo male.
CALISTO- Di che mi rimproveri, sentiamo?
SEMPRONIO- Di sottomettere la dignità dell' uomo all' imperfezione della donna.
CALISTO- Donna? Oh che rozzo! Dio, piuttosto, Dio!
SEMPRONIO- Tu scherzi.
CALISTO- Dio credo che sia, come Dio la riconosco, e non credo vi sia altro sovrano in cielo.
PROLOGO- La Celestina, tragicommedia di Calisto e Melibea. Composta ad ammonimento dei folli innamorati che, vinti dal loro disordinato appetito, chiamano "Dio" le loro amanti e Dio le considerano. Scritta inoltre per mettere in guardia dagli inganni delle mezzane e dei servi malvagi ed adulatori.
SEMPRONIO- I libri sono pieni di volgari e pessime gesta di femmine e dei capitomboli che queste causarono agli infelici come te. 
SEMPR. 1,2,3 Ehhh!
SEMPRONIO Presta orecchio a Salomone, quando dice che le donne e il vino rendono blasfemi gli uomini. Cerca consiglio in Seneca e vedrai in che concetto le tiene. Ascolta Aristotele, segui i saggi! Gentili, giudei, cristiani e mori, in questo sono tutti concordi. Certo, molte ve ne furono sante e virtuose e degne di lode la cui risplendente corona cancella il generale vituperio. 
SEMPR 1,2,3 (…)
SEMPRONIO Ma delle altre, chi ti potrebbe raccontare le menzogne, i traffici, l' incostanza, la leggerezza, le lacrimucce, gli scatti, le temerarietà? Pensa che cervello fino c' è sotto quelle leggiadre cuffie. E che imperfezioni, che letamai, sotto quei templi dipinti! Le finzioni, la maldicenza, l' inganno, la smemoratezza, il disamore, l' ingratitudine, l' incostanza.
SEMPR 1,2,3 (sputo)
SEMPRONIO Il giurare, il negare, l' intorbidare, la presunzione, la vanagloria, l' avvilimento, la follia, il disegno, la superbia, il soggiogare, la chiacchiera, la ghiottoneria, la lussuria e la sconcezza, la paura, l' audacia, i sortilegi, le trappole, le beffe, la sboccataggine, l' impudenza, la ruffianeria, la stregoneria?
SEMPR 1,2,3 (sputo a ds. e a si.) 
SEMPRO--3- Per loro si è detto: arma del demonio, principio del peccato, distruzione del paradiso. Non hai mai recitato la preghiera della festa di San Giovanni, là dove dice: 
SEMPRO--2- " Questa è la donna, antica malizia che privò Adamo dei piaceri del paradiso.
SEMPRO 1e3 Questa è la donna. 
SEMPRO--2- Questa è la donna che condannò all' inferno il genere umano.
SEMPRO 1e3 Questa è la donna. 
SEMPRO--2- Di questa ebbe disprezzo il profeta Elia."
SEMPRO 1e3 Questa è la donna.
CALISTO- E dimmi, allora, come mai questi saggi che dici, com' è che tutti si sottomisero ad esse? Sono forse io superiore a loro?
SEMPRO--2- Coloro che le vinsero, vorrei che tu imitassi, non coloro che ne furono sconfitti. Fuggi i loro inganni. Non hanno misura, non ragionano, non riflettono. Fanno le preziose, ma è così che offrono ciò che hanno. Quelli che fanno sgattaiolare dentro, poi in strada li ingiuriano. Invitano e scacciano, chiamano e negano, presto s' infuriano e subito si chetano. Vogliono che quel che vogliono lo si indovini. Che piaga, che tormento, che fastidio è avere a che fare con loro, oltre quel breve tempo in cui sono disponibili al piacere.
CALISTO- E tu che ne sai? Chi ti ha insegnato queste cose? 
SEMPRO--3- Chi? Loro! Loro, che dal momento in cui si scoprono perdono la vergogna e svelano agli uomini tutto questo ed altro ancora. 
CALISTO- Ma non Melibea! Considera la nobiltà della sua famiglia, le splendenti virtù, la levatura e l' ineffabile grazia, la sovrana bellezza. La bellezza della quale ti supplico di lasciarmi un poco parlare, affinchè ne tragga qualche sollievo. 
SEMPRONIO- Parla pure, che avrò piacere di ascoltare. (Così ti aiuti Iddio, come mi sarà gradita questa tua predica.)
CALISTO- Cosa dici?
SEMPRONIO- Così mi aiuti Iddio, come mi sarà piacevole sentirti.
CALISTO- Allora, per farti piacere, la descriverò parte per parte, distesamente.
SEMPRONIO- (Sono nei guai, ma me la sono cercata.)
SEMPRO--2- (Sono nei guai, ma me la sono cercata.)
SEMPRO--3- Comincia pure, che ti ascolto.
CALISTO- Comincio dai capelli. Hai mai visto le matasse d' oro fino che si filano in Arabia?
SEMPR1,2,3 No.
CALISTO- Ebbene, sono più belli e non meno splendenti. Non c' è bisogno d' altro per trasformare gli uomini in pietre.
SEMPRONIO- (Piuttosto, in asini.)
CALISTO- Che dici?
SEMPRO--2- Ho detto che non saranno certo crini d' asini.
CALISTO- Guarda che ignorante, e che razza di paragoni!
SEMPRO--3- (Sei tu il sapientone.)
CALISTO- Gli occhi verdi a mandorla, le ciglia lunghe, le sopracciglia sottili e arcuate, il naso regolare, la bocca piccola, i denti minuti e bianchi, le labbra rosse e carnose, il contorno del viso piuttosto ovale che tondo, il petto alto, la rotondità delle mammelle; come descrivere tutto ciò? 
SEMPRONIO- (L' uomo che la guarda si sente fremere tutto.)
CALISTO- La carnagione liscia e candida, la pelle sua rende scura la neve. Il colorito rosa…Le mani piccole, ma non troppo, fornite di dolce carne. Le dita affusolate con unghie lunghe e rosse, che paiono rubini tra le perle. 
E quell' armonia di membra che io non potei vedere…

VOCE- Descrizione di Melibea, secondo i canoni ed i luoghi comuni della letteratura medievale!

SEMPRONIO- Hai finito?
CALISTO- Quanto più breve ho potuto.
SEMPRONIO- Ammesso che tutto questo sia vero, tu, per il solo fatto di essere uomo, hai maggiore dignità. E poiché lei è imperfetta, per solo fatto di essere donna, desidera ed appetisce te e anche chi vale meno di te. " Così come la materia ambisce alla forma, così la donna è attratta dal maschio."
CALISTO- Oh me sventurato, quando potrò io vedere questo tra me e Melibea?
SEMPRONIO- Quando la vedrai con altri occhi. Con occhi limpidi.
CALISTO- Con che occhi ora la vedo?
SEMPRONIO- Con lenti che ingrandiscono, con le quali il poco ti pare molto e il piccolo grande.
CALISTO- Lenti?
SEMPRONIO- E affinchè tu non ti disperi oltre, io voglio assumermi l' impresa di soddisfare questo tuo desiderio.
CALISTO- Che Dio ti conceda ciò che desideri! Oh, ma non mi aspetto che tu lo faccia davvero.
SEMPRO--2- Anzi, lo farò sicuramente.
CALISTO- Dio ti assista. Il farsetto di broccato che ho indossato ieri, indossalo tu, Sempronio.
SEMPRONIO- Iddio ti renda merito di questo dono. (E per i molti altri che mi farai. Della faccenda, il meglio toccherà a me. Se mi punzecchia con tali speroni, gliela condurrò fin nel letto! Agli ordini, chè il mio padrone ha già sborsato! Poiché, senza ricompensa, non è possibile condurre in porto nessuna barca.)
CALISTO- Non essere negligente, ora. Come hai progettato di fare quest' opera di carità?
SEMPRO--3- Te lo dirò. C' è in questa contrada una vecchia barbuta che si chiama Celestina, fattucchiera astuta e sagace, esperta in ogni sorta di arte. Ho idea che siano più di cinquemila le verginità che si siano ricomposte per opera sua in questa città. Sa spingere ed istigare alla lussuria le dure pietre, se vuole.
CALISTO- Ed io potrei parlarle? 
SEMPRONIO- Te la porterò qui io. Perciò preparati e mostrati generoso con lei. Vado subito.
CALISTO- E indugi?
SEMPRONIO- Che Dio sia con te.
CALISTO- E t' accompagni.

CANZONE




ELICIA- Nella casa di Celestina viveva la figlia, di nome Elicia, la quale quando Sempronio arrivò per trattare la faccenda del suo padrone, aveva nel suo letto un altro amante di nome Crito.

CELESTINA- Evviva, Elicia, guarda chi sta arrivando laggiù! C' è Sempronio, Sempronio sta venendo!
ELICIA- Zitta, zitta, madre! C' è qua Crito.
CELESTINA- Per questo urlo. Mettilo nel ripostiglio delle scope, presto. Tanto lì non lo noterebbe nessuno.
ELICIA- Crito, nasconditi qui! Oh Dio, sono perduta!
CELESTINA- Non ti angosciare, nulla è mai perduto.
SEMPRONIO- Madre benedetta, con quanto desiderio, vengo!
CELESTINA- Figlio mio! Che sorpresa, non riesco a parlarti. Ridammi un altro abbraccio, vieni qui. Come hai potuto stare tre giorni senza vederci? Elicia, Elicia! C' è qui Sempronio! Figlio, un altro abbraccio!
ELICIA- Chi c' è madre?
CELESTINA- C' è Sempronio! Sempronio tuo!
ELICIA- Che mi salta il cuore! Come sta?
CELESTINA- Guardalo, guardalo qui! Me lo abbraccerò tutto io e tu no.
SEMPRONIO- Elicia mia.
ELICIA- Oh che tu sia maledetto, traditore! Ti possano ammazzare la peste e il cancro! Che tu possa morire per mano dei tuoi nemici! Che possa finire in mano di una dura giustizia per delitti degni di crudele morte! 
CELESTINA- Lo vedi, ti ama sempre.
SEMPRONIO- Che hai, Elicia mia, di che ti lagni?
ELICIA- Sono già tre giorni che non mi vieni a trovare! Guai alla poveretta che in te ha riposto la speranza e il fine di ogni suo bene! Che tu possa morire davanti ai miei occhi!
CELESTINA- La senti? Che ti dicevo? Sono parole d' amore.
SEMPRONIO- Zitta, signora mia. Tu pensi che la distanza dei luoghi abbia il potere di smorzare lo sviscerato amore e il fuoco che arde nel mio cuore? Dovunque vado, tu vieni con me, stai con me.
CELESTINA- Bravo, belle parole. Fagliela vedere!
SEMPRONIO- Ma dì, che passi sento di sopra?
CELESTINA- Passi?
ELICIA- Sono quelli di un mio amante.
SEMPRONIO- Se ci credo.
CELESTINA- Seh, un amante Elicia!
ELICIA- E' vero, in fede mia. Vai e vedrai!
SEMPRONIO- Vado.
CELESTINA- Ma lascia stare questa pazza chè, leggera com' è, e offesa per la tua assenza, la farai uscire di senno. Vieni, parlami un po’ di te.
SEMPRONIO- Ma chi c' è di sopra?
CELESTINA- Oh, vuoi proprio saperlo?…
C' è una ragazza… che mi ha raccomandato uno… un frate.
SEMPRONIO- Un frate?
CELESTINA- Un frate.
SEMPRONIO- Che frate?
CELESTINA- Non essere curioso, ora.
SEMPRONIO- Per la mia vita, madre, che frate?
CELESTINA- Insisti? Il prevosto, il grassone.
SEMPRONIO- Oh disgraziata, che carico l' aspetta!
CELESTINA- Noi donne sopportiamo tutto!
SEMPRONIO- Lascia stare, fammela vedere!
ELICIA- Ah, vuoi vederla? Perché a te non basta né questa né quella, vero? Ti possano schizzare gli occhi fuori dalle orbite! Và, guardatela bene e lascia me per sempre!
SEMPRONIO- No, non voglio vedere né lei né alcun' altra donna al mondo. Sei contenta? Voglio parlare con tua madre di certi affari.
ELICIA- Ingrato! E stai pure altri tre anni senza venirmi a trovare!



SEMPRONIO- Madre mia, spero tu abbia fiducia in me e sia certa che non ti burlo. Prendi la mantella e andiamo, strada facendo saprai, chè se mi trattenessi ora, ne scapiterebbero il tuo profitto e il mio.
CELESTINA- Andiamo. Elicia chiudi la porta! Addio sante mura. Taglia corto e vieni al sodo, giacché è inutile dire con molte parole ciò che con poche può essere inteso.

CANZONE

PARMENO- Intanto, mentre Sempronio si mette d' accordo con Celestina, Calisto parla con un altro suo servitore di nome Parmeno, il quale tenta di metterlo in guardia dal gettarsi nelle mani di quella ruffiana.





SEMPRONIO- …e siccome gli serviamo entrambi, entrambi approfittiamone.
CELESTINO- Ho capito bene. Con me basta un strizzata d' occhio. Mi rallegro di queste notizie, come i chirurghi di quelli che si sono rotta la testa. E come quelli all' inizio della cura strapazzano la ferita e fanno cadere dall' alto la promessa della guarigione, così intendo fare io con Calisto.
SEMPRONIO- La sai lunga tu, madre.
CELESTINO- Gli tirerò in lungo la certezza del rimedio, perché, come si dice, la speranza diluita strugge il cuore e, quanto più egli la sentirà svanire, tanto più si attaccherà alla promessa, ed al medico…
SEMPRONIO- Tu mi capisci bene.
CELESTINO- Stiamo zitti, ora. I muri hanno orecchie. Bussa.

CALISTO- Parmeno! Non senti maledetto sordo? Bussano alla porta, corri!
PARMENO- Chi c' è?
SEMPRONIO- Apri a me e a questa signora.
PARMENO- Signore, sono Sempronio e una vecchia puttana imbellettata.
CALISTO- Taci, taci maligno, è con mia zia. Corri, piuttosto! Corri! Apri! 
PARMENO- Perché ti tormenti, signore, perché ti affliggi? Temi forse che suoni a vituperio alle orecchie di costei il nome che le ho dato? Non crederlo, chè anzi tanto si entusiasma quando lo sente, come te quando ti chiamano "provetto cavaliere". E' famosa per questo e conosciuta con tale titolo. Se sta in mezzo a cento donne e qualcuno dice "vecchia puttana!", senza alcun imbarazzo lei subito volta la testa. 
CELESTINO- Vecchia puttana.
PARMENO- Nei banchetti, nelle feste, nei matrimoni, nelle riunioni delle confraternite, nei funerali, nei mercati, tutti così la chiamano. Se passa dove ci sono cani, il loro abbaiare quello dice: "vecchia puttana!". 
CELESTINO- Vecchia puttana.
PARMENO- Se vola uno stormo di uccelli, quello cantano: "vecchia puttana!". 
CELE.O&A- Vecchia puttana.
PARMENO- Le greggi belano "vecchia puttana!". 
CELE.O&A- Vecchia puttana.
PARMENO- Gli asini ragliano "vecchia puttana!". 
CELE.O&A- Vecchia puttana.
PARMENO- Le rane negli stagni gracidando dicono "vecchia puttana!". 
CELE.O&A- Vecchia puttana.
CORO- Vecchia puttana, vecchia puttana, vecchia puttana.
PARMENO- Se va tra i fabbri, lo stesso ripetono i loro martelli 
CORO- Vecchia puttana.
PARMENO- "Vecchia puttana!" risuona tra carpentieri e armaioli, maniscalchi, calderai, battilana. Tutti i mestieri rumorosi formano nell' aria il suo nome:
"vecchia puttana!" 
CORO Vecchia puttana.
PARMENO- La cantano i muratori, la pettinano i pettinatori, la tessono i tessitori, è un coro dovunque: "vecchia puttana! vecchia puttana!"
CORO- Vecchia puttana.
PARMENO- I contadini negli orti, nei seminati, nei vigneti, nei maggesi si rifanno con lei della fatica quotidiana.
CORO- Vecchia puttana.
PARMENO- "Vecchia puttana! vecchia puttana!". Quelli che perdono al gioco, subito chiamano il suo nome: "vecchia puttana!"
CORO- Vecchia puttana.
PARMENO- Ogni cosa che faccia rumore, dovunque, ripete quel nome: "vecchia puttana!".
CORO- Vecchia puttana.
PARMENO- Che altro ti posso dire se non che, se una pietra urta contro un' altra, subito si ode quel nome: 
CORO e PARMENO- Vecchia puttana.
CALISTO- E tu come lo sai, come la conosci?
PARMENO- Mia madre, una povera donna, mi mandò per bisogno da lei, come servitore. 
CALISTO- In che cosa la servivi?
PARMENO- Signore, andavo al mercato, le portavo la spesa, le facevo compagnia; sbrigavo quelle faccende adatte alle mie piccole forze. Questa buona donna ha proprio in fondo alla città, nei pressi delle concerie, sul pendio del fiume, una casa appartata, mezza diroccata, poco adorna e ancor meno rifornita. Ella praticava sei mestieri: cucitrice, profumiera, maestra nel preparare belletti e rifare verginità, ruffiana e fattucchiera. Il primo mestiere faceva da copertura agli altri, e col pretesto di quello, molte ragazze di quelle che stanno a servizio, entravano nella sua casa per cucirsi camice, gorgiere e parecchie altre cose. Nessuna si presentava senza lardo, frumento, farina, o un boccale di vino o altre provviste che riuscivano a rubare alle loro padrone. Era molto amica di persone importanti e a costoro vendeva il sangue innocente di quelle meschinelle, che esse si giocavano con leggerezza, in vista del restauro che lei prometteva. E la sua impresa si ingrandì: in ricorrenze oneste come cerimonie sacre, processioni notturne, messe di mezzanotte, ed altre devozioni simili, ne vidi entrare molte di figure velate in casa sua. E dietro a queste, penitenti scalzi e incappucciati che entravano lì a piangere i loro peccati , ma con le brache già aperte,
CELESTINA- Che traffici combinavo, sapessi!
PARMENO- Con una scusa entrava nelle case di tutti, e chi diceva: "madre di qua! madre di là! ecco la vecchia!" chè tutti la conoscevano. E in tutto questo affannarsi, non perdeva una messa né un vespro, né mancava di visitare i conventi di frati e monaci.
CELESTINA- E questo perché là celebravo le mie alleluje! 
PARMENO- E in casa sua fabbricava profumi, sofisticava essenze, resine, ambra, zibetto, polverine, rosa canina, muschio. Aveva una stanza piena di alambicchi, di ampolline, di vasetti di creta, di vetro, di rame, di stagno, e di mille fogge diverse. Preparava sublimato, belletto cotto, argentati, unguenti, cerette, liscianti, pomate, rossetti, lustranti, schiarenti, bianchetti, e altre acque per la faccia fatte di raschiature d' asfodelo, di cortecce, di vescicaria, di serpentaria, di fiele, di uva acerba, di mosto, distillate e zuccherate. Rendeva la pelle morbida con succo di limoni, polvere di turbitto, midollo di cervo e d' airone, e con altri composti.
CELESTINA- Distillavo essenze odorose di rose, zagare, gelsomino, trifoglio, caprifoglio e garofani selvatici, mescolandoli con muschio e mosto.
PARMENO- Faceva schiarenti per imbiondire, unguenti e grassi: di vacca, di orso, di cavalli e cammelli, di biscia, di coniglio, di balena, di airone e tarabuso, di daino e scoiattolo, di tasso e gatto selvatico, di riccio, di nutria.
CELESTINA- In quanto ai preparati per il bagno, era stupenda la quantità di erbe e radici che tenevo appese al soffitto della casa: camomilla e rosmarino, altea, coriandolo, erba medica, fior di sambuco e di senape, lavanda e lauro bianco, tortarosa e gramigna, piede di leone e ricino, pizzo d' oro e foglia rossa.
CALISTO- Gli oli che distillava per il viso sono cose da non credere: di storace e di gelsomino, di limone, di semi, di violette, di benzoino, di pistacchio, di pinolo, di sesamo, di giuggiole, di coronaria, di lupini, di veccia, di ceci e di aquilegia.
SEMPRONIO- E aveva poi in un barattolino un balsamo che teneva in serbo per quello sfregio che le attraversava il naso.
CELESTINA- Quanto poi alle verginità, alcune le ricomponevo con pezzi di vescica, altre le restauravo con ago e filo.
PARMENO- E faceva meraviglie! Tanto che ad un ambasciatore francese, le riuscì di vendere per ben tre volte come vergine una serva che aveva in casa.
SEMPRONIO- Gliel' avesse potuta vendere cento volte!
CELESTINO- Sì, santo Dio!
PARMENO- Ma chi potrebbe dirti quel che faceva questa vecchia? E questo è nulla…in un altro scaffale teneva…
CALISTO- Basta così, Parmeno! Tralascia il resto per un' altra occasione. Mi hai messo sull' avviso a sufficienza, e te ne sono grato. Ora non indugiamo più. Ascolta: quella viene su mia richiesta, ha aspettato più del dovuto. Andiamo, chè non si adiri. Io ho paura e la paura accorcia la memoria e spinge ad agire. E non pensare che tenga il tuo consiglio ed il tuo avvertimento in minor conto rispetto all' opera sua. Ma ora basta, andiamo piuttosto incontro alla salvezza.

CELESTINO- Sento dei passi che scendono giù. Fa finta di non averli sentiti. Sempronio, ascolta e lasciami dire.

CALISTO- Fermati, Parmeno. Silenzio. Voglio sentire ciò che dicono coloro. Vediamo in che mani ho riposto la mia vita.

CELESTINO- Non mi stancare e non mi seccare. E ricorda che sovraccaricare chi già patisce è come spronare una bestia stracca. Senti la pena del tuo padrone Calisto, in modo da far sembrare che tu sia lui e lui te, e che le sofferenze siano riunite in una sola persona. I bravi servitori, come te e Parmeno, devono condividere le pene dei loro padroni.
SEMPRONIO- Se questo è il tuo consiglio, non dubitare che lo farò.
CELESTINO- Sta pur sicuro che io non son venuta qua per lasciare irrisolta questa faccenda. Piuttosto morirò nell' impresa.

CALISTO- Oh, che gran donna! Oh, fedele e sincero Sempronio! Hai inteso, Parmeno mio? Hai sentito, non ho ragione?
PARMENO- Moderati e non affrettarti, perché molti, avidi di colpire il centro, sbagliano il bersaglio. Sentendoti scendere le scale, costoro hanno detto quello che hai sentito, falsamente. E nelle loro false parole tu riponi ogni tua speranza?

SEMPRONIO- Suona pericoloso, Celestina, quel che dice Parmeno.
CELESTINO- Taci! Che in fede mia, dove è arrivato l' asino, giungerà anche il basto. Lascia a me Parmeno e te lo farò dei nostri. Gli daremo parte di quel che riusciremo a guadagnare, giacchè i beni, se non sono condivisi, non sono beni.
SEMPRONIO- Non ti ho mai vista dividere una preda, io.
CELESTINO- Che dici, imbecille! Guadagniamo tutti, dividiamo tutti e divertiamoci tutti!


PROLOGO- La Celestina, tragicommedia di Calisto e Melibea. Composta ad ammonimento dei folli innamorati che, vinti dal loro disordinato appetito, chiamano "Dio" le loro amanti e Dio le considerano. Scritta inoltre per mettere in guardia dagli inganni delle mezzane e dei servi malvagi ed adulatori.

SEMPRONIO- Signore.
CALISTO- Sempronio entra. Oh, finalmente la vedo, sono salvo, sono vivo. Non vedi che persona rispettabile, che dignità nella figura? Di solito dalla fisionomia, si riconosce la virtù interiore. Oh, vecchiaia virtuosa. Oh, salute per il mio patire, cura del mio tormento, mia rigenerazione, vivificazione della mia vita, resurrezione della mia morte! Da qui adoro la terra che calpesti ed in tuo omaggio, la bacio.



CORO- Oh / sventurato Calisto / avvilito e cieco / è disfatto / è vinto / è crollato / chino a terra / sta adorando la terra / più vecchia e puttana / che ha strofinato le sue spalle / in tutti i postriboli.

CELESTINO- Sempronio! Campo forse di parole, io? Questo tuo padrone pensa di darmi da mangiare gli ossi già rosicchiati? Ma io sogno ben altro e se ne accorgerà quando arriveremo al dunque. Digli che chiuda la bocca e cominci ad aprire la borsa, che se dubito dei fatti, figuriamoci delle parole. Fila via, vai!
CALISTO- Che diceva la madre? Mi pare pensasse che io le offrivo parole per evitare il compenso. 
SEMPRONIO- Così ho inteso.
CALISTO- Vieni con me allora, che dissiperò ogni dubbio.
SEMPRONIO- Farai bene, chè non si deve lasciar crescere l' erbaccia tra il grano, né il sospetto nel cuore degli amici.
CALISTO- Andiamo, senza indugi.

CELESTINO- Mi fa piacere, Parmeno, che tu prima abbia avuto l' opportunità di conoscere il mio affetto per te, e la considerazione nella quale ti tengo. Senza tuo merito. E dico senza merito per quel che ti ho sentito dire. Anche se non ci faccio caso. Perché la virtù ci ammonisce di sopportare le provocazioni e di non rendere male per male. E soprattutto quando siamo provocati da giovani privi d' esperienza del mondo che, per malintesa lealtà, perdono se stessi e i loro padroni, come hai fatto tu or ora con Calisto. Ti ho sentito bene, non credere che la vecchiaia mi abbia fatto perdere l' udito con gli altri sensi esteriori. E infatti non solo quel che vedo, io ascolto e giudico, ma perfino l' intimo penetro, con gli occhi dell' istinto. Se Calisto soffre per amore, non per questo devi giudicarlo debole. Vieni qua, sbarbatello, che non sai niente del mondo e dei suoi piaceri. Mi venga un accidente se non t' accosto a me, anche vecchia come sono! Hai ancora la voce chioccia e ti sta spuntando la barba…proprio tranquillina non deve essere la punta della tua pancia!
PARMENO- Come coda di scorpione.
CELESTINO- Anche peggio! Perché quella morde ma non gonfia, mentre la tua gonfia per nove mesi.
PARMENO- Hi, hi, hi.
CELESTINO- Ridi, carognetta, eh?!
PARMENO- Non farmi ridere, madre. Voglio bene a Calisto, gli debbo fedeltà. Ma lo vedo perso dietro gli sciocchi ragionamenti di quel bestione di Sempronio. Sarebbe come volersi cacciare i pidocchi con una vanga.
CELESTINO- Ma non è così che potrai sperare di guarirlo.
PARMENO- Il mio padrone non lo vorrei malato.
CELESTINO- Non lo è, ma anche se lo fosse, potrebbe guarire.
PARMENO- Di quel che dici non mi curo.
CELESTINO- Ah, canaglia! Ti addolora la sua malattia o il fatto che egli è malato e il guarire è nelle mani di questa debole vecchia?
PARMENO- Aggiungiamo: di questa debole, vecchia, puttana!
CELESTINO- Fottuti siano i giorni che tu hai da vivere! Come osi…?
PARMENO- Perchè ti conosco.
Sono Parmeno, il figlio di Alberto e della Claudina.
CELESTINO- E allora ti bruci il fuoco infernale, che tua madre era una vecchia puttana come me, né più né meno! Perché mi perseguiti, Parmenuccio mio? Accostati, vieni qui, che quando eri piccolo ti ho dato mille ceffoni e pugni, e altrettanti baci. Ti ricordi quando dormivi ai miei piedi, bricconcello?
PARMENO- Mi ricordo bene di quando, anche se ero un bambino, mi tiravi fino al cuscino e mi stringevi a te. E di come puzzavi di vecchia, e di come scappavo via.
CELESTINO- Che la peste ti colga, per come lo dici, svergognato! Ma lasciamo da parte gli scherzi e i passatempi, che io sono stata chiamata per una missione, ma anche un' altra ora se ne presenta. Lascia stare gli impeti della gioventù e torna alla ragione, figlio mio. Fermati da qualche parte, e dove puoi farlo meglio che nel mio affetto, nel mio animo, nel mio consiglio, ai quali ti affidarono i tuoi genitori? E io ti dico di servire, sì, il tuo padrone, ma non con sciocca lealtà, erigendo certezze su ciò che è mutevole, come lo sono i signori. Conquistati degli amici, questa è una cosa che dura! Sii con loro costante, non ti perdere in cose futili. Lascia le vane promesse dei signori, che sono ingrati, ti ingiuriano, dimenticano i servigi ricevuti, negano il premio. Guai a chi invecchia a palazzo! I signori amano solo se stessi e non i propri servitori, e non sbagliano. Ma questi devono fare lo stesso e approfittare delle poche possibilità che gli si offrono. Questo tuo padrone mi sembra un grande approfittatore, sta bene attento, credimi. Fatti amici in casa tua, che è il maggior bene del mondo. Ci viene offerta un' occasione nella quale tutti possiamo guadagnare, e tu grazie ad essa puoi sistemarti.
PARMENO- Celestina, non so che fare, sono perplesso. Non vorrei beni mal guadagnati.
CELESTINO- Io si, a torto o a ragione. Non me ne curo!
PARMENO- Io invece non vivrei contento. Non sono poveri coloro che hanno poco, ma coloro che molto desiderano.
CELESTINO- Oh, figlio, dicono bene che la prudenza non può trovarsi se non nei vecchi. E tu sei molto giovane. Grande vantaggio avresti dall' amicizia mia e di Sempronio. Se tu volessi, Parmeno, che vita potremmo goderci! Sempronio ama Elicia, cugina di Areusa…la conosci Areusa, vero?
PARMENO- Areusa?
CELESTINO- La bella Areusa.
PARMENO- Areusa, figlia di Eliso?
CELESTINO- (…la conosce.)
PARMENO- E' una meraviglia!
CELESTINO- Ti piace il bocconcino?
PARMENO- Non c' è niente di meglio!
CELESTINO- Poiché la tua buona sorte lo vuole…ecco qui chi te la servità.
PARMENO- In fede mia, madre, non credo a nessuno…
CELESTINO- Eccessivo è credere a tutti, ma è sbagliato non credere a nessuno.
PARMENO- No…dico che ti credo. Ma non mi azzardo…lasciami stare.
CELESTINO- Dio dà il pane a chi non ha i denti.
PARMENO- Celestina, ho imparato che l' uomo deve frequentare coloro che lo rendono migliore e lasciare invece quelli che egli pensa di poter migliorare. Sempronio con il suo esempio non mi farà migliore, né io lo guarirò dai suoi vizi. Ma…nel caso che io ceda a quanto mi dici, vorrei essere il solo a saperlo, chè almeno non sia ad esempio e il peccato rimanga nascosto. Se l' uomo succube del piacere va contro la virtù, almeno non faccia offesa all' onestà pubblica.
CELESTINO- Non ti ritrarre e non ti amareggiare, perché la Natura rifugge dalla tristezza e aspira al diletto. Il piacere si trova con gli amici, e specialmente nel passare in rassegna faccende di cuore e nel comunicarsele: "Ho fatto questo, m' ha detto quest' altro, tale spasso ci siamo dati, così l' ho afferrata, così l' ho baciata, così mi ha dato un morso…
PARMENO- …così l' ho abbracciata, così mi si è stretta, così l' ho posseduta…"
CELESTINO- Oh, che conversazione, oh, che brio, quanti giochi!
PARMENO- E quanti baci! Guarda il suo biglietto, andiamo di notte, reggimi la scala, aspettami alla porta, facciamo un altro giro, torniamo lassù!
CELESTINO- Via i concetti d' amore, giostriamo! Su con la musica! Cantiamo canzoni!

CANZONE

PARMENO- Madre, il maestro non deve adirarsi per l' ignoranza del discepolo. Perciò perdonami, parlami chè non soltanto voglio ascoltarti e crederti, ma accogliere il tuo consiglio come prezioso regalo.
CELESTINO- Mi rallegro Parmenuccio mio, che tu ti sia liberato delle bende che ti offuscavano la vista. Ma stiamo zitti, ora, chè si avvicinano Calisto e il tuo nuovo amico Sempronio.



PROLOGO- La Celestina, tragicommedia di Calisto e Melibea. Composta ad ammonimento dei folli innamorati che, vinti dal loro disordinato appetito, chiamano "Dio" le loro amanti e Dio le considerano. Scritta inoltre per mettere in guardia dagli inganni delle mezzane e dei servi malvagi ed adulatori.
CALISTO- Dubitavo madre, visto che sono disgraziato, di ritrovarti ancora qui. Ma è ancora più stupefacente, tanto è il mio languore, che io sia giunto vivo. Accetta il povero dono di chi, assieme con esso, ti offre la vita.
CELESTINO- Non c' è dubbio che il dono dato subito raddoppia il suo effetto, mentre colui che tarda sembra rinnegare l' impegno e pentirsi del dono promesso.
CALISTO- Ora va, madre e porta la consolazione in casa tua, e poi torna e riportala nella mia. E presto.
CELESTINO- Che Dio sia con te, figlio.
CALISTO- E ti conservi per me, madre. 
Amici, ho dato cento monete alla madre, ho fatto bene?


PROLOGO La Celestina, tragicommedia di Calisto e Melibea…
CALISTO Amici, ho dato cento monete alla madre, ho fatto bene?
PROLOGO Calisto e Melibea…
CALISTO Amici, ho dato cento monete alla madre, ho fatto bene?
PROLOGO Melibea.


FINE


MODI DI DIRE

- E' proprio segno di morte mostrare di non voler guarire.
- Il sole è più ardente dove può riverberare. Lo sguardo che non trova nulla davanti s' allenta, mentre si aguzza quando ha qualcosa vicino.
- Se è possibile guarire senza arte né strumenti, è più facile farlo con arte e cure.
- Come sentirà l' armonia colui che è in dissonanza con se stesso?
- L' inizio della guarigione sta già nel riconoscere il malanno dell' infermo.
- Non è costanza voler insistere nel proprio male.
- Fa ciò che predico bene, non ciò che razzolo male.
- Così come la materia ambisce alla forma, così la materia è attratta dal maschio.
- Senza ricompensa, non è possibile condurre in porto nessuna barca.
- C' è una ragazza che mi ha raccomandato un frate.
- Noi donne sopportiamo tutto.
- Mi rallegro di queste notizie, come i chirurghi di quelli che si sono rotti la testa.
- Taglia corto e vieni al sodo, giacché è inutile dire con molte parole ciò che con poche può essere inteso.
- La speranza diluita strugge il cuore.
- Dove è arrivato l' asino, giungerà anche il basto.
- Ad un ambasciatore francese le riuscì di vendere per ben tre volte come vergine, una serva che aveva in casa.
- Sovraccaricare chi già patisce è come spronare una bestia stracca.
- Moderati e non affrettarti, perché molti, avidi di colpire il centro, sbagliano il bersaglio.
- Digli che chiuda la bocca e cominci ad aprire la borsa, che se dubito dei fatti, figuriamoci delle parole.
- Non si deve lasciar crescere l' erbaccia tra il grano, né il sospetto nel cuore degli amici.
- Conquistati degli amici, questa è una cosa che dura.
- Guai a chi invecchia a palazzo.
- Non sono poveri coloro che hanno poco, ma coloro che molto desiderano.
- Eccessivo è credere a tutti, ma è sbagliato non credere a nessuno.
- Se l' uomo succube del piacere va contro la virtù, almeno non faccia offesa all' onestà pubblica.
- La Natura rifugge dalla tristezza e aspira al diletto.
- Il dono dato subito raddoppia il suo effetto.
- Di nulla il possesso è lieto se non c' è compagnia.
- A torto o a ragione, svetti in alto la mia magione!
- E' impossibile che il padrone pigro renda diligente il servo.
- Di poco si campa, di niente si muore.