Giulio Cesare è morto
di
Fabio Sanvitale
In loving memory of N.H. Tommaso de Francesco.
One day we’ll meet again.
Nota: le voci off in neretto sono tratte dal “Giulio Cesare” diretto da Leo
Mankiewicz nel 1953.
1. INTRODUZIONE
In un giorno di marzo di un tempo infinitamente lontano, 2052 anni fa, nell’
anno 466 della Repubblica Romana, prima che nascesse Cristo, prima dell’Anno
Zero, alle undici di mattina, a Roma, c’è una folla di decine di toghe bianche,
bordate dal segno di una greca rossa, che aspetta davanti ad un luogo chiamato
la Curia di Pompeo. Sono sulle scale, davanti alle alte colonne. È un posto
importante, perché è lì che si riunisce il Senato della Repubblica. Quella
mattina tutti i Senatori aspettano che arrivi Caio Giulio Cesare. (inizio suono
off folla) Improvvisamente, la folla si apre. E Cesare arriva, col suo seguito.
Nel cielo le nuvole disegnano un presagio di pioggia. C’è gente, che grida, lo
chiama, cerca di dargli pergamene arrotolate nelle quali ha scritto suppliche,
richieste, problemi da risolvere. I Senatori gridano e fanno largo. Mentre sta
salendo le scale, Cesare vede un uomo senza sguardo, rallenta - e si ferma.
2. TRENO
Colonne spezzate a metà, vecchie storie, lapidi che non si leggono più bene, i
gatti tra le rovine. 2052 anni fa. È come se dicessi: un grattacielo di mille
piani, un treno di duemila vagoni. Riesci a immaginare un treno così? Riesci a
vedere l’ultimo vagone? (inizio suono off treno) Quanto tempo deve passarci
davanti un treno di duemila vagoni perché si veda l’ultimo? No, è impossibile, è
impossibile vederlo. Eppure è proprio lì che andiamo stasera. Stasera si sale
sull’ultimo vagone, quello che non si vede ancora. Ci mette così tanto a passare
su questo binario, che dovremo aspettare chissà quanto. 2000 vagoni, infiniti,
eterni. E quando infine si ferma, l’ultimo vagone, che strano, è uguale al
primo. Ha la stessa ruggine, lo stesso color rossiccio, le stesse ruote. Sì, è
proprio sull’ultimo che si sale stasera. Abbiamo aspettato a lungo che passasse
di qui ed ora ce l’abbiamo davanti. C’è solo qualche minuto per salire e cosa ci
sia dentro, io davvero non so. È un mistero. Ma cosa sarebbe la vita se le
togliessimo il mistero? Posso chiederti di chiudere gli occhi? (di nuovo suono
off treno. Buio completo in sala) Ecco, così. Saliamo e ci troviamo in un buio
fortissimo. Non si vede nulla. In quel momento il treno riparte, inizia a
muoversi e per un attimo perdiamo l’equilibrio. Qualcosa mi sfiora, cos’è? Poi
gli occhi che iniziano ad imparare quel buio e dopo un po’ qualche ombra inizia
ad affiorare.
E quell’uomo laggiù? Ha capelli bianchi, un viso antico, e rughe di sicurezza.
Parla ad altri due. Dice…che i domestici del dittatore sono continuamente
prezzolati per rubarne gli abiti, i pezzetti delle unghie, i resti della barba e
addirittura la sua urina. Sì, dice che tutte queste cose hanno poteri magici e
sono conservate per l’adorazione.
Guarda là: fino a poco tempo fa decine di persone sostavano la notte contro la
parete in fondo alla sua casa. Le hanno scacciate, ma adesso,ecco, vedi, quando
viaggia i contadini lo supplicano di mettere il piede sui campi che fanno poco
raccolto. Guarda laggiù: al mercato degli schiavi quell’uomo sta dicendo che ha
centinaia di figli in Africa, Spagna, Italia, persino in Gallia. Ma un altro
risponde che vive un rispetto così austero del proprio corpo che gli impuri
provano dolore quando passa loro a fianco. (ogni suono off sfuma e va via. La
luce torna)
Guardami. C’è un dio in questo viaggio, allora. Un uomo di cui tutti hanno
bisogno, qualcuno perchè cerca qualcuno da amare, altri perché hanno bisogno di
qualcuno da odiare. È lui che cerco, nel buio?
Ma c’è un uomo che riceve una lettera (sarebbe più esatto dire una pergamena).
“Il Maestro del Collegio degli Auguri a Caio Giulio Cesare, Pontefice Massimo e
Dittatore del Popolo Romano. (copie al Sacerdote di Giove Capitolino, alla
signora Presidentessa delle Vergini Vestali) 1 settembre 45. Sesto rapporto in
questa data. Lettura del sacrificio pomeridiano. Prima oca:macchie del cuore e
del fegato. Piccione: condizioni augurali,rene spostato,fegato ingrossato e
colore ingiallito, quarzo rosa nello stomaco, sono stati disposti studi
particolareggiati. Osservazione di voli: un’aquila da tre miglia a nord del
monte Soratte a perdita d’occhio su Tivoli. L’uccello ha mostrato qualche
incertezza sulla direzione nell’avvicinarsi alla città. Tuoni: non sono stati
avvertiti tuoni dopo quello riferito 12 giorni fa. Salute e lunga vita al
Pontefice Massimo”.
La risposta è in appunto, riservato. “Punto 1. Prego informare il Maestro del
Collegio che non è necessario mandarmi dai 10 ai 15 rapporti di questo genere al
giorno…è sufficiente un unico rapporto riassuntivo. Punto 2: scegliere dai
rapporti degli ultimi quattro giorni tre presagi favorevoli e tre sfavorevoli,
può darsi che ne abbia bisogno oggi in Senato. Cesare”. Ma è roba vecchia! Oche,
piccioni? Roba vecchia. Lontana quanto uno scudo di ferro e le Vergini Vestali.
Cesare non penzola come un santino dagli specchietti dei taxi e non sta nemmeno
sulla copertina del settimanale che racconta l’ultima estate delle star.
Eppure ci sono delle lettere, ritrovate negli anni Cinquanta, in forma di
diario, in cui scrive: “Ho ereditato questo fardello di superstizioni e di
sciocchezze. Domino innumerevoli uomini ma sono dominato da uccelli e colpi di
tuono. Tutto questo intralcia spesso le operazioni di Stato; chiude i battenti
del Senato e dei tribunali per giorni e a volte settimane intere. Coinvolge
migliaia di persone. Chiunque vi abbia a che fare, lo manipola per i propri
interessi. Un pomeriggio nella valle del Reno, gli auguri del nostro quartier
generale mi vietarono di attaccare battaglia col nemico. Pare che i nostri polli
sacri mangiassero di malavoglia… Solo quando ripresero a mangiare mi fu concesso
di vincere la battaglia di Colonia. Queste cose liberano le spalle degli uomini
dall’obbligo incessante di creare, minuto per minuto, la loro Roma”.
È un obbligo quello di cui parla. Perché? Perché questa responsabilità? Uno che
parla di Roma come di una dea o una femmina, perché dev’ essere ucciso da dei
romani? No. Non è nemmeno questo il punto. Il punto è: perché cambia così tanto
la sua vita, perché vuole affermare così tanto la sua volontà da cambiare la
vita degli altri? Quando è successo a Cesare? Quando ha sentito che aveva il
diritto di cambiare la vita degli altri?
Dicono che esiste un paradiso degli eroi e che Cesare è lì, nei Campi Elisi.
Assomiglia forse ad un grande campo di grano, di grano bianco, color latte,
mosso solo dai soffi di Zefiro, così immenso che se ti volti tutt’intorno non ne
vedi i confini?
3. NEGARE DI ESSERE ANIMALI
Ci sono uomini che in certe notti straordinariamente serene si fermano davvero a
guardare le stelle e davanti a quello spettacolo che non ha mai avuto fine né
inizio una lacrima scorre sulla loro guancia. Il mattino dopo lo racconteranno,
vergognandosi un pò. E altri che tornando pensosi a casa, superando le torce
dell’ingresso, attraversando il cortile, alzano il viso sulle stesse stelle e
sono sorpresi da uno sguardo imprevisto, per un attimo. Dai, è ora di dormire!
Ma poi quei punti luminosi restano accesi nel buio e davvero non vogliono
spegnersi e allora la ragione cede il passo, per una volta, al cuore, e una
lacrima scorre sulla guancia ed è l’ultima sorpresa del giorno. Ma il mattino
dopo non racconteranno nemmeno a stessi quello che è avvenuto. Cicerone,
stanotte, ha attraversato il cortile di casa.
Cicerone, a pranzo, dice che uomini come Cesare non permettono mai alla
conversazione di andare sul filosofico. (voce off) “Gli uomini come lui si
vantano di prendere decisioni immediate”, così dice. Dice che gli uomini come
lui non hanno mai dubbi. “Evitano di valutare tutte le conseguenze dei loro
gesti, contenti dell’illusione di non aver mai fatto un errore, perché scelgono
tanto rapidamente quanto un lancio di dadi…Così non possono dire che un’altra
decisione sarebbe andata meglio”.
Non posso dare tutti i torti a Cicerone. Cesare vive questa immediatezza in
tutto quello che fa, abbatte sempre lo spazio tra l’impulso e l’esecuzione. Si
porta dietro un segretario -ovunque vada- così può dettare editti, leggi e
lettere nell’attimo stesso in cui gli vengono in mente. Mangia quando ha fame e
dorme quando ha sonno. Più volte nel corso di riunioni con consoli e proconsoli
esce dalla sala con una scusa sorridente…per andare chissà dove. A mangiare uno
stufato, dormire o abbracciare una delle sue amanti. Cicerone…questa cosa lo fa
impazzire: però riconosce che Cesare concede agli altri le stesse libertà che dà
a sé stesso.…perché dice, sì, dice…dice che” negare…di essere animali, sì,
è…ridursi, ridursi ad essere uomini a metà”. Negare di essere animali è ridursi
ad essere uomini a metà…
È questo che Cicerone non tollera? Autocontrollo, parsimonia, tenacia,
disciplina, serietà, responsabilità; le caratteristiche dei romani di sempre,
quelle che lui vuole per Roma. Lascia perdere la cultura greca! Roba frivola,
che corrode regole che vanno bene da quattrocento anni! Però Cicerone sbaglia a
mettere al bando il nuovo senza proteggere l'antico dalla degenerazione. La
politica è diventata una rissa per ottenere il potere e i divieti non fermano la
corruzione. Durante i suoi discorsi, qualche Senatore sbadiglia…
Certo, i ragazzi, come no…che a Roma poi non vengono lasciati ragazzi a lungo.
L'educazione…l’educazione...! Certo,certo… Le esercitazioni al Campo
Marzio…certo… Per troppo tempo nascosta, la voglia di ridere, la voglia di
riprendersi l’unica cosa che un quindicenne ha, la Vita, esplode fuori. I grandi
vivono nel lusso e l'antica durezza dei costumi svanisce: basta dire sì alla
vanità, alle mezze misure; ormai il mondo è domato. E che male fa?
Per quattrocento anni Roma ha avuto il controllo di ogni terra conosciuta, ha
nascosto la paura di sbagliare, di sentire freddo.
Ferma in mezzo al fiume, Roma non sa tornare alla vecchia riva, né avere il
coraggio di conquistare la nuova. Nessuno sa cosa fare del nuovo. Intanto,i
romani si lasciano andare dove portano le cose, con cieca fiducia e
indifferenza, tra audacia e docilità…
Tutto sarebbe cambiato.
Per Cesare non esistono dei, non ci crede; ed essere stimato dagli altri non gli
interessa. Gli interessa la stima dei posteri, si sforza di vivere in un grande
libro. Vive per scrivere le pagine del futuro, quelle che tutti dobbiamo ancora
vivere e vedere.
Non tollera il dolore di vivere con ciò che esiste e allora crea un mondo nuovo.
Eppure, negli ultimi anni della sua vita, senza che Cicerone lo sappia, Cesare
riflette con Turrino. Con Lucio Mamelio Turrino. Suo compagno d’infanzia e
luogotenente dell’esercito. Brutta storia, la sua. Era il 56 a.c. Battaglia
finale contro i Belgi. C’era sangue e pezzi di braccia dappertutto. Turrino era
scomparso da trenta ore prima che Cesare, nel caos, ne notasse l’assenza; allora
scagliò un intero reggimento contro il campo nemico per recuperarlo. Il
reggimento fu quasi distrutto ma Turrino fu riportato. Per estorcergli
informazioni, i Belgi gli avevano tagliato un braccio, poi un altro braccio,
cavato gli occhi, tagliato la lingua e stavano per fargli scoppiare i timpani.
Era così sminuzzato che immagino dovranno averlo portato in qualche assurdo
ospedale per bambole per ricomporlo.
Cesare fece di tutto per farlo curare ed ora vive in una villa a Capri,
interamente murata. È ancora molto ricco ed ha aiutanti e segretari.
Da allora Cesare gli scrive e continuerà a farlo per dodici anni. Alcune lettere
sono scritte sul rovescio di altre lettere e di documenti scartati; alcune con
fretta, alcune con grande cura, alcune sono dettate e rivelano la calligrafia
d’un segretario. Non esiste traccia, nell’epistolario di Cesare, di una
qualsiasi risposta di Turrino. Lo ha mai fatto? O è Cesare che distruggeva le
risposte? E se è così, perché ha consegnato al futuro le domande, ma non le
risposte?
Lettera di Cesare a Lucio Mamelio Turrino sull’isola di Capri. 20 agosto 45 a.c.
“Di giorno in giorno mi sento addosso una maggior pressione, dovuta alla
posizione che occupo. Divento sempre più consapevole di ciò che essa mi mette in
grado di compiere, di ciò che mi costringe a compiere. Ma questo non basta.
Questa è semplicemente l’opera di un generale e di un amministratore. Ora devo
fare qualcos’altro, ma cosa? Sento che ora e solo ora sono pronto a cominciare.
La canzone che è sulle labbra di tutti mi chiama:padre! L’uomo:che cos’è? Cosa
ne sappiamo? I suoi dei, la libertà, l’amore, il destino, la morte, che
significano? Sst! Hanno cambiato adesso la guardia alla mia porta. Le sentinelle
hanno incrociato le spade e si sono scambiate la parola d’ordine. La parola
d’ordine di stasera è: “Cesare vigila”.” (si ode un tuono)
4. CLEOPATRA
Arriva in Egitto nel 48 a.c., all’inseguimento di Pompeo, e ne ritrova solo la
testa. Mentre è a palazzo gli viene portato un tappeto che provvede a srotolarsi
e …voilà, ne esce fuori la giovane regina diciottenne. Comanda l’ Egitto da tre
anni ed è sposata, secondo le leggi egizie, col fratellino di dieci. Ma è un
adulto imprigionato nel corpo di un bambino: ha deciso di far decapitare Pompeo…
per ingraziarsi i romani che gli stanno conquistando l’ Egitto e che quando vede
che la sorella diventa amante di Cesare gli scatena contro la guerra civile.
Vispo il ragazzino…indovinate chi vince…indovinate che fine fa il fratellino…
Cesare è decisamente più grande di Cleopatra ed è sicurezza, esperienza e
potere. Lei depone ai suoi piedi il proprio amore, come una preghiera. Nasce
Tolomeo Cesare, per la gente Cesarione, che detto in greco è quasi un
dispregiativo. Le lettere tra Cesare e Cleopatra, quelle che lei gli fa portare
da servitori travestiti da mendicanti e quelle che lui le scrive, mandandole
dentro ceste di frutta, sono piene di soprannomi buffi e di attesa. Intanto lei
se ne sta distesa lì, come in una poesia di cioccolata.
Non so cos’abbia, in questi giorni: è così distratto e fa aspettare tutti per un
sacco di tempo prima di riceverli…e poi dimentica le cose, quando era lui a
ricordare i suoi impegni ai segretari…Ieri, per tutto il giorno, Cesare ha avuto
la testa dipinta di rosso. Ma è il dittatore e nessuno ha osato chiedergli il
perché. Finchè una donna delle pulizie entra, lo vede e gli chiede che malattia
abbia. “Nessuna, è un rimedio che mi ha consigliato contro la calvizie la donna
più bella e saggia del mondo” risponde. La donna delle pulizie allarga le
braccia: “divino Cesare, puoi avere o cervello o capelli, ma non tutte e due
insieme!”. Sembra che Cesare pensi di farla Senatrice… lascia fare…
Sembra anche, però, me l’ha detto il domestico greco, che abbia rubato un
vasetto di profumo dal bagno della moglie, ma Calpurnia ha fatto finta di non
accorgersene. Invece ho sentito dire dal secondo segretario di Cleopatra,
l’altro ieri alle terme, che lui le avrebbe scritto una lettera per chiederle di
insegnargli a fermare le piogge che continuano da giorni ad allagare Roma. “Ti
mando un’altra coperta di pelliccia. Sii paziente, verrò. Mandami una parola”
5. IMMORTALE
Ma è un dio. Non uno che decide se vivrete o morirete, no. Niente di così
banale. Uno che decide, uno solo, cosa significa la parola morte, per cosa si
vive, se il destino esiste oppure è un’invenzione. Cesare ha messo Roma al
centro del mondo ed ora deve decidere tutto questo. Non gli resta molto tempo,
ma questo lui non lo sa. Sono tempi pieni di crudeltà e massacri, ma anche di
laghi su cui galleggiano ghirlande di fiori. Tutti questi pensieri gli occupano
così tanto la mente che ne lascia perdere altri, che pure meriterebbero molta
attenzione.
Cesare a Bruto, a Marsiglia, il 17 agosto 45, tramite un corriere privato.(voce
off) ”Giorno per giorno mi sono reso conto che la mia vita potrebbe venire
troncata da un momento all’altro. Non intendo usare quelle precauzioni che mi
procurerebbero la sicurezza fisica a costo della mia scioltezza di movimenti e
della mia preoccupazione mentale. Vi sono ore e ore durante il giorno in cui
sarebbe facile per un assassino eliminarmi. Il riconoscimento di questi pericoli
mi ha indotto a pensare alla mia successione. Morendo non lascerò figli. E anche
se ne avessi non credo che la capacità di governo si trasmetta con la paternità.
La capacità di governo appartiene a coloro che amano il bene pubblico e hanno
talento e allenamento per amministrarlo. Ritengo che tu possieda quell’ amore e
quel talento; l’allenamento ho avuto la possibilità di garantirtelo. La
decisione di assumere il comando supremo si è aperta. Ti prego di dirmi cosa
pensi a questo riguardo”. Tramite lo stesso corriere, due giorni dopo, Bruto
dice di no a Cesare perché profetizza una guerra civile al termine della sua
dittatura che nessun uomo saprà evitare e perché vuole dedicarsi alla filosofia
alla fine delle sue cariche politiche. Di questo rifiuto, della reazione di
Cesare, non sappiamo nulla.
Sappiamo invece che da ragazzo Cesare credeva di essere immortale, anche se in
quegli anni ha rischiato molte volte la vita. Poi la morte di sua figlia e poi
Turrino ed ha capito quanto fosse sbagliato crederlo. Adesso, a 57 anni, sa che
la poesia è la salvezza, quando non trovi le parole per plasmare il tuo mondo,
il loro mondo, così stupido e così santo,così vivo.
Tra qualche mese cominceranno a circolare conchiglie e sassi con su scritto: XX
C M , che significa: Consiglio dei Venti, Cesare, Morte. Una sigla, perché la
popolazione non sa leggere e scrivere. Anche su selciati e pareti. Qualcosa sta
accadendo: qualcosa che parte da Roma e si diffonde nella penisola. La polizia
segreta è in allarme. Vengono sorpresi tre schiavi a portare questi messaggi. La
polizia li tortura. Chi trama contro Cesare? Cassio, Casca o chi altro? Appare
un comunicato. Viene fatto ritrovare vicino le terme e chi sa leggere lo spiega
agli altri. “Il Consiglio dei Venti a tutti i Romani degni dei loro antenati:
primo comunicato. Tutti i Romani che ricevono questo comunicato hanno ordine di
scriverne cinque copie e fare in modo che giungano in totale segretezza nelle
mani di altri cinque uomini che a loro volta lo daranno ad altri cinque uomini.
I cittadini di Roma si metteranno in vista acclamando ostentatamente le comparse
del dittatore e accompagnandone il seguito in tutte le comparse in pubblico. Si
dichiareranno entusiasticamente favorevoli a tutti i progetti da lui presentati,
specialmente al trasporto della capitale in Oriente, alla campagna militare in
India e alla restaurazione del regno. Il nostro prossimo comunicato impartirà
ordini ancora più precisi. Morte a Cesare. Viva la Patria e i nostri Dei.
Silenzio e decisione”. (si ode un tuono)
6. PERICOLOSAMENTE
Dov’è il fascino di Cesare, allora? Dai libri di scuola non si capisce, non c’è
mai scritto. Nessuno ne parla. Forse…forse è la dimensione della sua ambizione,
o la possibilità di perfezione…la sottrazione al caos di una forma esatta,
luminosa, eppure incredibilmente umana. Noi desideriamo essere Dio: né più né
meno. Quando ogni desiderio è un ordine, perfetto, immutabile, sicuramente
realizzato, privo di opposizione, tranquillamente sereno.
Guarda la sua statua, non senti la perfezione come una dimensione possibile? Lui
è lì, al centro di ogni piazza, inflessibile, fermo, con lo sguardo dritto e
aperto nel futuro; io provo invidia. Posso avere lo stesso potere? Un giorno
imparerò a rimanere leggero mentre voi mi lanciate coltelli?
E’ vero. A Roma molti lo odiano perché è un dittatore. Per una parte seppur
piccola di ogni giorno, ogni uomo, anche il più mite, è sia pure vagamente,
l’assassino di coloro che lo costringono all’obbedienza. Soltanto i cani non
mordono mai i loro padroni. Odiare chi ci guida, per il fatto semplice che ha un
potere su di noi: toglie libertà. Anche se ci libera dal peso di decidere.
Come siamo strani, tutti: non c’è cosa che vogliamo di più che essere liberi,
senza limiti, ne parliamo continuamente, eppure spesso quando ce la mettono di
fronte questa libertà - beh, abbiamo così paura che ci teniamo le catene con cui
ci avvolgiamo da soli. C’è sempre o troppa libertà o troppo poca.
Ma c’è poco tempo e Cesare scrive ancora a Turrino, 8 settembre 45: “Bruto
ripete sempre: libertà! libertà! e vive per imporre agli altri una libertà che
non concede nemmeno a se stesso: è un uomo severo, malinconico, che grida al
vicino: siate giocondi come io sono giocondo, liberi come io sono libero”.
Non si può parlare di libertà senza viverla, di passione senza cercarla, di
violenza senza farla! Bisogna entrarci dentro a queste parole, renderle vere,
sbatterci il muso; altrimenti meglio tacere e vivere una vita diversa! Il primo
e l’ultimo maestro di vita è la vita stessa e l’abbandonarsi senza riserve.
Pe-ri-co-lo-sa-me-nte.
7. QUATTRO UOMINI
Quattro uomini decidono, in un mattino del mondo, di scrivere la storia. Certi
giorni sembrano susseguirsi tutti uguali finchè il giorno dei giorni decide di
venirti a trovare.
Ieri sera Cassio ha giocato a dadi con Ligario. All’inizio c’è solo vino e
battute pesanti sulle cameriere e tutti i soliti discorsi sulle campagne in
Oriente, poi si mettono a parlare di quando Cassio ha fallito l’attentato a
Cesare, in Cilicia; insomma, perde e inizia a picchiare Ligario con una ciotola
di ceramica in testa, hanno dovuto toglierglielo di sotto! Se lo cerchi adesso,
è a vedere gli allenamenti dei gladiatori. Lo riconosci subito: robusto, basso e
quel modo di dare del tu a tutti. Per Cassio tutto è conquista, dominio:
semplice.
Antonio invece porta la barba, è alto. L’eterno ragazzone di sedici anni, solo
che ne ha quaranta, come tutti loro. Dieci minuti di conversazione seria lo
esauriscono, ma era e resterà sempre il migliore e più coraggioso atleta di
Roma. Perfino le guerre non assorbono che una minima parte della sua energia e
Roma vive sotto la minaccia di scherzi che non si arrestano davanti
all’appiccare il fuoco a interi edifici, a sciogliere tutte le barche sulle rive
del fiume e a rubare i vestiti di tutto il Senato. Non è cattivo, solo non ha
testa. È uno che spende…è uno spiccio e va sempre in giro con un seguito di
commedianti, sì, gli piacciono le attrici, insomma…ma quando si tratta di
politica, Marc’Antonio sa cosa vuole e cosa dare in cambio. In questo momento ce
l’ha con Cesare perché l’ha escluso sia dalla campagna d’ Africa che da quella
di Spagna.
Cicerone a suo fratello, da Roma. 8 ottobre del 45 a.c. : “Il mio buon amico
Bruto è giudizioso e riflessivo come un cinquantenne da quando ha dodici anni.
Non recita, è ponderato e mostra sempre una cortesia austera”. Sì, ha l’aria di
uno che anche quando gli altri giocavano, da piccoli, stava per i fatti suoi,
perso in riflessioni lontane e gli amici che lo chiamavano e lui con un gesto,
“dopo, dopo…”. Cesare dice che "non sa cosa vuole, ma lo vuole fortemente". Fu
proprio lui a salvare, quand’era console, Bruto da un clamoroso processo per
estorsione e usura. Prestava i soldi al 48%.
E poi c’è Cicerone. Persona seria, grande avvocato, grande oratore, difensore
dell’aristocrazia. Cicerone non sa quanto potere ha, non si rende conto che può
portare certi romani a fare tutto. Ma lui non cerca di essere Dio, forse ne ha
paura, forse non sa neanche lui quanto ancora può osare. Forse ha solo una gran
paura che tutto cambi perchè vorrebbe dire cambiare anche lui. Ed in fondo ha
sessant’anni.
8. LIBERTA’?
(Cesare off) ”Da molti anni non conosco amicizia disinteressata da parte di
alcuno tranne te, mia zia e i miei soldati. E c’è di più, da molti anni non mi
sento oggetto di un odio disinteressato. Indago tutte le nuove congiure. Non
sarebbe una scoperta meravigliosa sapere che sono odiato a morte da qualcuno il
cui odio è disinteressato? Finora tra quelli che mi odiano non trovo null’altro
che invidia e ambizione arrivista. Giorno per giorno scruto i miei nemici con
avida speranza in cerca dell’uomo che mi odi per quello che sono o sia pure per
Roma. Ma sorridono tutti. Chissà che all’ultimo minuto non mi sia concesso di
guardare in faccia l’unico uomo il cui pensiero sia Roma che io sono un nemico
di Roma.
E invece temo che il mio ultimo istante di coscienza sarà riempito dall’ennesima
conferma che le cose del mondo procedono con la stessa irragionevolezza e
casualità con la quale un fiume trasporta le foglie.
Sono molto criticato perché mi circondo di avventurieri senza scrupoli che si
arricchiscono con le cariche da me concesse. A volte penso che sia il candore
della loro cupidigia a piacermi: non fingono di amarmi, come fanno tutti. Posso
dire che qualche volta ci resto male quando qualcuno di loro si lascia sfuggire
l’opportunità di esprimere il suo disprezzo per me? È difficile, caro Lucio,
evitare di diventare la persona che gli altri credono che tu sia”. 25 settembre,
da Cesare a Turrino, sull’isola di Capri.
E’ che Cesare è libero, molto più libero di loro. E’ libero dentro. Ma è troppo
sicuro. Ne concede sempre troppo poca o troppa. Anche ai suoi avversari,
convinto com’è che poi il suo perdono risolva tutto.
Amici e nemici non sono mai riusciti a capirlo in questo.
(Cesare off) “Tutti gli uomini che stimo di più a Roma mi odiano: Cicerone,
Bruto. Ma sono sempre stato abituato a non cercare stima negli occhi degli
altri”. Cercare il consenso degli altri vuol dire rinunciare a scegliere da sé e
quindi ad essere liberi. Cesare non ha bisogno del consenso degli altri per
sapere cosa vuole. Più si ha senso di responsabilità, più si sceglie da soli,
più si è liberi.
9. LA MALATTIA SACRA
Inizi di ottobre. Cinque mesi e mezzo prima della morte. Sostene, che è il
medico di Cesare, dice che per qualche tempo non si sono verificati attacchi
della Malattia Sacra. Il dittatore passa tutte le sere a casa con la moglie.
Spesso si alza nel cuore della notte e va a lavorare nello studio che sovrasta
le rupi. Qui ha un giaciglio militare, una tenda, e spesso si addormenta
all’aria aperta.
Cesare educa il suo corpo come si educa un cane all’obbedienza: lo premia e lo
punisce, ma questo cane sta invecchiando, e cos’è questa Malattia Sacra? Sono
due parole che ne nascondono una, che non dicono. Sono due parole che girano
intorno. Tutto sta in quel “sacro”. Se fosse solo una malattia come le altre se
ne potrebbe parlare. Ma è “sacra” e quindi indicibile,
intoccabile,inconoscibile. Cesare è malato di epilessia. Ha già avuto un attacco
a Tapso, in Spagna, due anni fa, prima della battaglia e non è stato in grado di
dirigerla. Sst!
D’altronde Cesare lo diceva sempre:i dittatori devono sapere la verità ma non
devono mai permettere che venga loro detta. Così, nessuno, nessuno, nessuno, è
autorizzato a parlare con Cesare del fatto che lui sia epilettico.
E’ tornato a Roma da pochi mesi, ma un'ansia di realizzare lo divora; come un
presentimento. Tuttavia, è diverso. Viola tutte le consuetudini. L'autocontrollo
gli costa fatica, è così stanco; ogni contraddizione lo irrita smisuratamente. I
Senatori fanno istericamente a gara nell' inventare per lui nuovi onori e
cariche. Ne è compiaciuto, ma li disprezza: non hanno nessun diritto, neppure di
sapere cosa ha in mente. Manca solo il titolo di Re. Volete che vi dica che è
morto per questo?
10. SOLO, COME UNA COLONNA
Cesare è in piedi, nella carrozza di fuoco che lo porta ad Ostia. Intorno a lui
i dignitari di corte non ritengono di dovergli parlare perché non si può
consigliare un dittatore su cosa dire a una regina. Intorno a lui la sua guardia
del corpo è troppo occupata a portare rispetto. Intorno a lui i sacerdoti non
ritengono di dovergli parlare perché non ci sono parole adatte per rivolgersi a
Dio.
Cleopatra VII sta sbarcando con la nave imperiale, fatta di diamante e velluto.
Per la sua amante di 24 anni Cesare ha fatto preparare la villa di là dal fiume.
A cosa pensa mentre le va incontro, sulla strada di Ostia? Sua moglie Calpurnia
avrà capito qualcosa? Si sarà accorta che oggi Cesare ha cambiato profumo? E
Cleopatra, che ha carattere da vendere e ama le sfide, avrà rispettato l’ordine
di lasciare in Egitto Tolomeo Cesare? A che sta pensando, Cesare? Forse che ogni
ordine che emana accresce i confini della sua solitudine e che ogni omaggio
ricevuto diventa una porta di ferro che sa di freddo.
No, Cleopatra ha ubbidito all’ordine. Eccola che scende dalla nave e non ha
nessuno in braccio. Tutto è sotto controllo, qui. Tutto è sotto controllo nella
mia vita. Ma perché mi ha scritto così? (voce off) “Imputo la durezza della tua
condotta al fatto che ti sei creato una solitudine eccessiva perfino per il
governatore del mondo. Cleopatra a Cesare, dalla nave reale alla sua partenza
per Roma, il 1 ottobre 45”.
Eppure la ama, e molto. Lui - riesce ad amare solo quando può insegnare, in
cambio non chiede che progresso e comprensione. È stato ricompensato poche volte
e quello che prova adesso è enorme. Ma dev’ essere enorme anche il senso di
solitudine. Ci si deve sentire molto soli ad essere Cesare, a sapere che non c’è
nessuno come te, nessuno che ti assomigli. Forse la ama anche per questo, perché
solo lei, che domina l’Egitto, può capirlo davvero. E farlo sentire anche
infinitamente vivo, in quella solitudine. O in quel senso di potere illimitato.
Sia quel che sia, lei in questo momento sta pensando a tutti i sentieri di pelle
d’oca che lui le farà nascere con la lingua.
Cleopatra a Cesare, 9 ottobre del 45: (voce off) “Mio gattino, mio leone: la tua
gattina è molto felice-infelice, molto infelice-felice. Felice che vedrà il suo
leone tutta la notte del 12 e infelice che la notte del 12 sia mille anni
lontana. Perché non possiamo vederci? Tutto il giorno altre persone vedono il
mio gattino: lo amano forse più di me? Ma se il mio leone lo desidera, io
piango; non capisco, piango e aspetto il 12. La separazione è crudele, priva di
senso e io non posso dormire se ogni giorno non ricevo una lettera da te e non
bacio la lettera che mi hai mandato. (sospira). La vita è breve, Cesare, l’amore
è breve. La separazione è follia”.
11. UN MESE PRIMA
15 febbraio del 44. Festa dei Lupercali. Migliaia di persone per strada, i
negozi sono chiusi. Durante i festeggiamenti pubblici, a sorpresa, Antonio gli
offre la corona di re per tre volte ma lui rifiuta, poi ha un attacco, davanti a
tutti. È forse questo malore, davanti a migliaia di persone, che lo fa decidere?
Manca solo un mese. O è questo avvenimento, questa offerta rifiutata ma a
malincuore, che fa decidere definitivamente i congiurati? Antonio compie un
gesto che segna il destino di Cesare. Lo fa involontariamente o è d'accordo con
Cesare, per mostrare a tutti che non vuol essere anche Re?
(voce off) “Aveva appena pronunciato quelle parole che sentii che Cesare cercava
di deglutire. Lo sguardo era fisso in avanti, poi di colpo si piegò. Si stava
masticando la lingua! Cadde a terra in una convulsione della Malattia Sacra e
tremava così forte che qualcuno credette che dieci uomini stessero battendo i
piedi. Torcendosi si strappò le vesti. Ero stato presente altre volte ai suoi
attacchi. Gli appallottolai un lembo della veste e gliela misi tra i denti.
Ordinai a Bruto di aiutarmi a tenere il corpo ed a Clodia di portare tutti gli
abiti che poteva trovare per scaldarlo. Presto smise di balbettare e dagli occhi
sbarrati piombò in un sonno profondo. Lo vegliammo qualche tempo, poi lo ponemmo
su una lettiga e lo accompagnammo a casa”. E’ una lettera che Sostene scrive 15
anni dopo a Virgilio e Orazio, per cercare di spiegare quei giorni.
Cesare impiega alcuni giorni per riprendersi. Quando lo fa, non ricorda bene e
intorno trova solo persone che lo incoraggiano come si fa con un anziano che fa
fatica ad alzarsi dalla sedia. Ma quale sedia? Quale anziano? E tutta questa
gentilezza. C’è sempre qualcuno che entra, con qualche scusa, per sapere se ha
bisogno di una coppa di mirto o qualcos’altro.
Cesare a Turrino, 20 febbraio del 44 a.c. “Mi parli del passato. Io non permetto
ai miei pensieri di indugiarvi a lungo. Tutto, tutto sembra un mondo di bellezza
che non vedrò mai più. Di quelle presenze, cosa devo pensare? Roma è sempre di
più diventano lavoro da impiegato, arido e noioso, col quale si riempiono i
giorni fino alla liberazione della morte. Sono forse diverso dagli altri in
questo? Io non lo so. Eppure io cerco gioia in tutto quello che faccio ma tutto
ciò che trovo è responsabilità. I romani sono diventati avidi nell’evitare
l’impegno, mentre io pratico la libertà di prendere una decisione e sostenerla.
Non c’è libertà senza responsabilità. Ed è proprio in questa responsabilità che
è anche saltare nell’ignoto che trovo la mia libertà. C’è una promessa in ciò
che è ignoto, Turrino; una straordinaria promessa che si muove nel buio. A cosa
serve l’esperienza, amico mio? È acquisita, ed è materia morta. C’è una promessa
in ciò che è ignoto; una straordinaria promessa che si muove nel buio”.
Tre giorni dopo, appare il Terzo manifesto della congiura; solo oggi sappiamo
con certezza che fu scritto da Giulio Cesare stesso (voce off di Cesare) “il
Consiglio dei Venti a tutti i Romani degni dei loro Antenati. Terzo comunicato.
Il Consiglio dei Venti ritiene che queste lettere abbiano avuto vasta
circolazione. Vi invitiamo a non perdere l’opportunità di mettere in ridicolo i
così detti successi del tiranno. Sminuite le sue conquiste. Ricordate che il
territorio fu conquistato da generali che erano sotto di lui. È risaputo che ha
subito molte importanti sconfitte, tenute nascoste al popolo. Insinuate che i
veterani hanno ricevuto solo terra pietrosa o paludosa. Morte a Cesare, silenzio
e decisione”. Perché Cesare scrive il terzo comunicato? Per confondere i suoi
avversari? O per affrettare la loro volontà di porre fine ai suoi giorni?
Quando accadrà? Alla prossima festa pubblica, all’ Equirria, durante le corse
dei cavalli al Campo Marzio? La città trattiene il fiato. Anche il 27 febbraio è
passato senza che accadesse nulla. (si ode un tuono)
12. UNA MUSICA HA TACIUTO
Ti amo, Cleopatra. Ti amo perché stai imparando ora a pronunciare il tuo nome.
Perché non vedi l’ora di sorridere e posso insegnarti il mondo che non sai. Sai,
nell’ amore esistono forze che nessuno sa controllare e che spaventano. Io
stesso non credevo che avrei mai imparato a cantare a occhi chiusi e su un piede
solo, davanti a te. Oggi è stato un giorno perfetto: abbiamo dato da mangiare
alle oche nei giardini imperiali e visto il tramonto dal Gianicolo. Sì, è stato
un giorno perfetto, come non ne vivevo da tempo e l’ho vissuta grazie a te..
Tutti i problemi erano restati a casa e tu, tu mi hai fatto dimenticare chi sono
e pensare che potrei essere migliore,sai?
Avrei voluto insegnarti molte cose, ma quello che avevo da dirti era
responsabilità e morale e tu non…non hai il più vago senso del diritto e del
torto. E’ che l’amore come educazione è una delle forze più grandi del mondo, ma
aleggia in una sospensione delicata. Quando l’allieva smette di guardare il
maestro con adorazione, se non ne ha più bisogno, se è cresciuta,allora il
maestro non ha più senso. Sì, è stata una giorno perfetto…ora devo andare. (voce
off Cleopatra) “Sera del 1 marzo del 44. Per 4 anni non ho avuto ragione di
chiedermi perché si vive o si soffre. Ora devo imparare a vivere senza lo
sguardo di quegli occhi che mi hanno fatto sognare fino a dimenticare la vita.
Una campana ha suonato. Una musica ha taciuto. Chi può spiegare l’amore, Cesare?
Ma chi saremmo, se non ci provassimo”.
13. MORTE ALLE 11.
Mentre sta salendo le scale, Cesare vede un uomo senza sguardo, rallenta - e si
ferma.
Cesare (off): Gl’ Idi di marzo son giunti.
Indovino (off): sì, Cesare, ma non ancora passati.
Cesare sale le scale. C’è un colonnato, alla fine delle scale. Passa oltre.
Entra nella Curia, una grande sala rettangolare. Dentro, centinaia e centinaia
di altri toghe bianche lo stanno aspettando e lo salutano. “Salute a te, Cesare,
luce di Roma!”. Qualche toga è rimasta un po’ indietro. Osservate bene… tra loro
ci sono due uomini piuttosto nervosi. Si controllano, ma a fatica. Il primo ha
l’aspetto di uno che pensa, il volto pieno. L’altro è tozzo e muscoloso. Non
potrebbero essere più diversi. Entrambi sulla quarantina. Il primo si chiama
Bruto ed è terreo in viso. Gli hanno appena detto che sua moglie è morta. Ma
Bruto ha mantenuto la calma ed ha deciso di non andare a casa: continua a
chiedere invece che ore sono. Quasi le 11. Chiede a Cassio:
Bruto (off) “Che vuole Popilio Lena?”.
Cassio (off) “Augurava il successo all’impresa. Temo che il piano sia stato
scoperto”.
Cassio (off) “Si sta appressando a Cesare, bada.”
Bruto cerca di tranquillizzare Cassio, perché hanno appena visto un altro
senatore, Popilio Lena, parlottare con Cesare e può essere, può essere che abbia
capito qualcosa. Ma calmare Cassio, quella mattina, è un’impresa.
Cassio (off) “Bruto, cosa si fa? Se il piano è noto, Bruto o Cassio non uscirà
vivo, perché io mi uccido qui”.
Bruto (off) ”Cassio, stà saldo. Popilio Lena non parla dell’impresa; ride, non
vedi? E Cesare è sereno”.
Un altro congiurato (off) “Trebonio agisce a tempo. Guardalo, trascina
Marc’Antonio via da noi”.
Cassio si gira, incrocia gli occhi di Casca. (cenno eloquente degli occhi a
Casca: muoviti). Ma perché Casca non risponde? Vorrebbe dire quello che pensa.
Non ha paura di farlo –l’ha fatto molte volte, in guerra- di farlo quel giorno.
Adesso è tardi. Resta. Entra. Bruto: entra. Cassio: entra.
(sedendomi) Cesare chiede quali torti deve riparare quel giorno. Molti gli sono
intorno. Si avvicina Tullio Cimbro: chiede la revoca dell’esilio cui è stato
condannato il frate… “No. Impara, Cesare non punisce mai senza avere una buon
motivo”. Ma che fa Bruto? Parla in favore di Cimbro... “Cosa? Fui risoluto nel
bandirlo e risoluto sono nel mantenerlo al bando. Per Cesare l'argomento è
chiuso”.
Ha seguito la scena in silenzio. Sa che tocca a lui. Lo ha già capito, ma
l’ansia che gli si è accumulata sotto i capelli, tra le vene, sotto le unghie, è
superiore a quella che ha mai provato finora. No, non è come prima della
battaglia, in quelle ore interminabili in cui gli eserciti stanno lì, fermi,
ognuno nel proprio accampamento, tra i fuochi accesi e le tende e si
fronteggiano e ognuno aspetta che finalmente l’altro attacchi per primo. Non è
come quelle ore in cui ti chiedi se domani sarai vivo o morto. È molto peggio.
È uccidere tuo padre. È incontrare il fantasma di te stesso - in un corridoio
strettissimo. È il tuo ultimo minuto di vita e ti accorgi di quante cose non hai
fatto. Che fai in un momento così?
Bruto e Cassio (lancio uno sguardo eloquente a Casca). Dai, Tullio Cimbro lo ha
appena tirato per la toga!
Nella Curia di Pompeo è silenzio per un attimo. Un attimo, poi Bruto cerca di
parlare, spiegare, ma 800 Senatori fuggono urlando nella sala, sotto il
colonnato, corrono per le scale, salgono sulle loro portantine e urlano agli
schiavi di riportarli immediatamente a casa.
Sono quelli che del complotto non sapevano assolutamente nulla.
Sono soli. 60 uomini soli col cadavere di Cesare. Alcune decine corrono subito
fuori, si riversano nel foro. Gridano “libertà, indipendenza, la tirannia è
morta! Cicerone, Cicerone!” . Qualcuno ha ancora il pugnale in mano. Dentro
restano una ventina di uomini, venti uomini, soli col cadavere di Cesare. È
stato tutto troppo facile, avevano sessanta coltelli e non sono nemmeno serviti
tutti. Perché è stato tutto così facile? Casca si affaccia fuori dalla Curia
ormai vuota e torna dentro: (Casca off) “Marc'Antonio è sconvolto, è fuggito a
casa! E’ pieno di gente, perfino i bambini, per le strade, con gli occhi
sbarrati, urlano e corrono come se fosse l’ultimo giorno! I romani si stanno
chiudendo in casa…le strade si svuotano! Cos'abbiamo fatto, Cassio?”
Allora chiamano tre schiavi, tu,tu e tu, venite qua. Mettetelo su una barella,
copritelo con un mantello e via, a casa. Ma sono tre ragazzi, soli col cadavere
di Cesare. Mentre scendono le scale…Si sente un grido. Intorno, nelle vie della
città c’è un silenzio abbagliante. (Casca off) “Cos'abbiamo fatto, Cassio?
Cos'abbiamo fatto? Cassio, cos'abbiamo fatto, Cassio?...”
14. E POI, A SERA.
Non è ancora mezzogiorno. Nella Curia sono rimasti pochi uomini. E adesso?
Quanto resterà immobile l’aria, prima che scoppi la guerra civile? L’hanno messa
in conto, ma il bello è che non hanno un piano. Che farà l’esercito? Ma devono
decidere qualcosa, subito. Il sangue nella Curia sta iniziando a seccarsi.
(Bruto pensa improvvisamente che avrebbe dovuto salutare sua moglie stringendola
più forte, stamattina; che forse negli ultimi tempi è sempre andato a letto
troppo tardi. Lei si era già addormentata). Allora fanno una cosa: prendono
servi e schiavi e si asserragliano su, in Campidoglio. Poi Bruto e Cassio
decidono di scendere nel Foro e parlare ai romani, spiegarsi. I romani, i
romani…beh, capiranno che siamo dalla loro parte… E’ Bruto a parlare.
Bruto (off) “Credetemi sul mio onore e abbiate stima del mio onore per potermi
credere. Vagliatemi con senno e acuite i vostri sensi per dare il miglior
giudizio!”
Laggiù!
Donna (off) “Cesare! Cesare!” .
Calmi!Calmi! Silenzio, parla Bruto!
Bruto (off) “Se c'è qualcuno in questa assemblea, che era amico di Cesare, a lui
dico che Bruto era a Cesare amico quanto lui. Se l’ amico domanda perché Bruto
insorse contro Cesare, questa è la mia risposta: non perché amassi di meno
Cesare, ma che amavo Roma di più. Preferivate Cesare vivo, e voi morire schiavi,
piuttosto che Cesare morto e voi vivere liberi?” (…) “Cesare amava me ed io lo
piango;gli arrise la fortuna ed io ne godo; era valente e perciò lo onoro;ma…era
un ambizioso ed l'ho ucciso. Vi è pianto per l’amico, gioia per la sua
gloria,onore al suo valore e morte per l’ ambizione”.
Prima camminando, poi ancora camminando più veloce, poi correndo, poi correndo
ancora più veloce devono tornare in Campidoglio.
Come…come può un mondo crollare se è ritenuto giusto da tutti i suoi membri?
Come può venir fatto crollare da chi ne fa parte? Perfino Cassio sta pensando
che ama così tante cose di questo mondo che ci vorrà una vita per portargliele
via una ad una.
E’ quasi notte, in Campidoglio. La città è immersa in un buio quasi totale, solo
qualche lanterna accesa. Da quassù si vede bene. Ma quando arriva la sera, nella
città silenziosa non entrano i passi di nessun esercito. Si dice che il console
Marc’Antonio si è travestito da schiavo e si è chiuso in casa. Emilio Lepido, il
capo della cavalleria, un altro cesariano, è accampato invece fuori città, al
sicuro. Non farti vedere in giro. Fermo, stai fermo, fermo e zitto. Non
muoverti. Non respirare. Nell’angolo. Buono. Non respirare.
In fondo, non volevano fare nessuna guerra civile. Hanno voluto eliminare quello
che considerano un tiranno. Sanno benissimo che se stanno quassù è proprio
perché sono deboli. Bruto perde sangue da una mano, nella foga è stato ferito
dal pugnale di un altro congiurato.
Poi, di colpo, vedono un’ombra. Cosa…?…Avvicina la torcia! Le armi, le armi,
presto, lì! E’ Cicerone, che sale sul Campidoglio. Porta notizie dal Senato:
hanno deciso di stare a guardare, come al solito…E’ quello delle mediazioni,
Cicerone. Convince Cassio, Bruto, Casca e non ci vuole molto, ad avviare
trattative con Marco Antonio.
Inizia la prima notte che Roma passa lontana da Cesare. Dopo mezzanotte, è stata
vista da molti una cometa GIGANTESCA descrivere nel cielo notturno dell’ Urbe la
sua scia di fuoco.
E’ il 16 marzo. Lepido all’alba entra nel foro e parla contro gli assassini.
Hanno mandato giù Tullio Cimbro per sapere che succede. “Ho notizie che solo ora
ci giungono dal Senato. Il console Marco Antonio, che ieri, Bruto, non volesti
uccidere, saputo che Lepido ha preso il controllo della situazione, ha convocato
il Senato nel tempio della dea Tellus”.
17 marzo, riunione del Senato. Una seduta tempestosa ed a risolverla è ancora
Cicerone: “No, ascoltate voi! Il mondo romano è il solo in cui è possibile per
me esistere! Questo deve sopravvivere, oltre la loro sconfitta! Questo e solo
questo, se salverà Roma dall' essere diversa da oggi. Io non voglio: l'oscurità,
il freddo, il fango, l'arsura. Io voglio un mondo immutabile”.
Il Senato concede l'amnistia agli assassini, decreta onoranze solenni per
Cesare, conferma tutti i decreti e le nomine di Cesare, assegna a Bruto e ai
suoi incarichi prestigiosi fuori Roma. Poi Bruto va a cena da Lepido e Cassio a
cena da Antonio. E per evitare di litigare in futuro, la figlia di Antonio viene
fatta sposare con il figlio di Lepido. Si sono messi d’accordo, no?
Ma deve ancora accadere qualcosa.
Il 20 marzo si celebra il funerale di Cesare. Nel testamento ha lasciato 300
sesterzi a testa per 150.000 romani e la gente che sta aspettando nel Foro ha
già gli occhi rossi. Sono stati preparati funerali imponenti. Il corteo parte
dalla sua casa, tra le grida di Calpurnia. Sono urla che straziano il cuore.
Durante i ludi funerari hanno cantato dei versi, come fanno, ah, sì dicono: "E
io ne avrei salvati tanti per conservare chi perdesse me?".
L’orazione funebre è pronunciata da Antonio. ( esco di scena)
Marc’ Antonio (off) "Qui Cassio spinse il suo pugnale, questo è lo squarcio del
maligno Casca e qui il beneamato Bruto lo colpiva; e quando estrasse il ferro
maledetto, guardate come il sangue lo inseguì, fin fuori dalla porta per
suadersi se fosse Bruto a bussare sì forte o no. Perché Bruto era l'angelo di
Cesare. Ditelo voi o dei se Cesare lo amava! Questo fu il colpo più di tutti
amaro, da lui si vide Cesare colpire e l’atto ingrato più che quel tradimento lo
disanimò: si ruppe il suo gran cuore; e copertosi il viso con il mantello, sotto
la statua di Pompeo, perché intanto gettava sangue a fiotti,cadde Cesare spento.
(…) Miei cari,e che, vi commuovete al semplice spettacolo del suo mantello?
Guardate qua. Eccolo, massacrato così dai traditori! “.(Boato di stupore della
folla; che quindi resta in silenzio).
La folla (off) “Traditori…Vigliacchi…vogliamo vendetta! Morte ai traditori!”
(nuovo boato,io rientro e grido per parlarci sopra)
Di colpo escono dalla folla due uomini, armati di giavellotto e con delle torce.
(ho una torcia in mano). Immediatamente la gente nutre il fuoco portando fascine
e distruggendo le tribune di legno innalzate per la cerimonia. I veterani delle
legioni gettano nelle fiamme le loro armi, le matrone i loro gioielli, gli
attori i loro costumi.
Intanto i romani prendono dei tizzoni ardenti e si dirigono verso le case di
Bruto e di Cassio per incendiarle, ma vengono bloccati dai soldati. Cassio e
Bruto fuggono via, fuori città. La lotta non ha avuto l’esito che le mani
avevano scelto. Antonio è il nuovo Re del Mondo e la città è con lui. La Curia
di Pompeo è stata incendiata.
15. ALTRE VERITA’.
La sera prima delle Idi, a cena da Lepido. Discutendo su quale fosse la morte
migliore (Cesare off): " Se ora non fossi Cesare sarei l’assassino di Cesare. Se
non fossi il creatore del mondo in cui viviamo, ne sarei il distruttore, perché
nessun uomo può rinunciare a lasciare un segno nel mondo in cui vive, per me è
solo un segno di volontà e destino. Comunque,ti rispondo che ad ogni altra ne
preferisco una rapida ed improvvisa". Ricordate come stava ultimamente… Un
giorno i Senatori vogliono rendergli omaggio, ma lui non si alza per
ringraziarli. Loro si guardano in faccia, lividi. Tutto quello che potè fare fu
rimanere seduto sullo scranno e gridare, aggrappato, “non resisto!”; proprio
così…
Così, licenzia le guardie del corpo ispaniche. Dice che non c'è nulla di più
infelice che farsi sorvegliare di continuo: meglio guardare la morte in faccia
che preoccuparsene. Così, scelgono di essere 60, perché venisse impedito a chi
era fedele a Cesare di intervenire.
E' possibile che Cesare non sia riuscito a prevedere una congiura rivelata da
così tanti segnali? Quella mattina uno schiavo scappò da una casa vicina e dopo
aver cercato di avvicinarlo, si consegnò a Calpurnia, chiedendo di essere tenuto
in custodia fino al ritorno di Cesare. Era solo il primo messaggero che cercava
di rivelargli qualcosa senza riuscirci. Artemidoro, che faceva parte della
cerchia di Bruto, gli passò un biglietto, prima di arrivare in Senato, per
strada, ma tra tutta quella folla di suppliche e di richieste, non fece in tempo
a leggerlo. Entrò in Senato che lo aveva ancora in mano.
(tutto sussurrato) Quelle casse, le vedi? Ecco, quelle. Le armi sono lì, hai
capito? Gli abbiamo detto che ci sono dei documenti, dentro. Adesso stà a
sentire. Sta arrivando. Ascolta! Marc’Antonio deve rimanere fuori, non sappiamo
come potrebbe reagire. Ci pensa Trebonio, gli dirà che deve parlarci un attimo.
Quando entra gli andiamo tutti intorno, per parlarci, poi quando Tullio Cimbro
farà il gesto di prenderlo per la toga, andiamo. Però tu hai capito? Quando
Tullio Cimbro lo prende per la toga.
Il medico che fece l'autopsia contò ventitrè ferite. Ma sono bastati meno uomini
per ucciderlo; furono infatti in sette-otto… Ventitré uomini sarebbero caduti
l’uno sull’altro, nello slancio di aggredirne uno solo. Ventitrè ferite. Ma una
sola mortale, al petto: neanche Cassio, che lo colpì al viso, o Bruto, all'
inguine, o Casca, alla spalla, ebbero davvero il coraggio di affondare il ferro
là dove avrebbe dato morte certa. Era pur sempre Cesare, anche nel subire la
morte. Loro lo sapevano. E quel giorno pugnalavano Dio. Dove lo colpisci, Dio,
se decidi di ucciderlo? Come fai se si muove troppo?
Io credo che mai Cesare si sarebbe mostrato a Roma privo della sua potenza,
ridotto a povera cosa da un male che non sapeva controllare. Che sapesse bene di
aver raggiunto ormai ogni traguardo. Io credo che Cesare abbia scelto la sua
forma di eternità. "Ho vissuto abbastanza, sia per la natura, che per la fama".
Io non posso pensare che lui, educato alla guerra ed al dolore… ma quel male era
il dolore più insopportabile: era la perdita pubblica della sua dignità divina.
Non ha scelto quel giorno. Ha lasciato che il caso scegliesse il giorno e l’ora.
Solo Cesare potrebbe dirci se è vero; e chi può mai pensare di svelare gli altri
chi sono davvero? Quando cerchiamo per tutta la vita la luce di quello che
siamo, con quale diritto possiamo dire quanto buio c'è negli altri?
Non credo, devo dire amaramente, che nessuno di noi avrebbe potuto impedire il
suo tempo in alcun modo; eppure la sua grandezza ci appariva così smisurata da
porlo al riparo di ogni pericolo. E il suo splendore così abbagliante da rendere
insignificante quello prodotto da ogni altra stella. Eppure era la luce che
veniva soltanto da un uomo.
E' dunque questo il nostro tempo? Privo di giustizia, come un cieco, colpisce i
giusti e gli ingiusti con uguale distruzione ed uguale buio.
16. NON SAPPIAMO.
Ma in questa storia di uomini e di potere, che importanza potevano avere le
lacrime di una che è rimasta sola con la sua collezione di vasetti di miele?
Calpurnia Pisone un giorno sparì, semplicemente. Nel letto i servi trovarono
solo l’impronta del corpo che vi aveva dormito durante la notte. E un appunto,
che le era caduto per terra. Cancellare il mio nome da tutte le liste, ricordare
il poco che sono, diventare parte del paesaggio che gli altri guardano, un
albero che costeggia la strada, ricordare di averti conosciuto. Sì, è ora. È ora
di fare l’appello a questa classe di fantasmi.
Cleopatra VII è fuggita da Roma il 15 aprile: due anni dopo rincontrò Antonio e
gli diede due gemelli. La loro storia fece una brutta impressione: a Roma
Ottaviano,che condivideva il potere con Antonio, si convinse che insieme
volevano dominare tutto l’Oriente e così Roma fece guerra all’Egitto. Antonio fu
sconfitto e si suicidò. Cleopatra- indovinate un po’?- tentò di conquistare
anche Ottaviano ma non ci riuscì. Tutto era perso. Allora si sdraiò, aprì un
grosso cesto, vide uscirne due occhi verticali lunghi tre metri e quando la
guardarono dall’ alto, li cercò con la mano e seppe che stava aspettando la
morte. E non fu veloce. Tolomeo Cesare fu ucciso da Ottaviano. Valeva la pena di
fare tutto questo? Non sappiamo.
Marco Giunio Bruto Cepione, dopo la morte di Cesare fu, insieme a Cassio, il
capo della guerra contro Ottaviano e Antonio. Li sfidò nella battaglia finale di
Filippi. Perse, e si suicidò per salvare il suo onore. Erano passati due anni
dalle Idi di Marzo. Quante volte, di notte, ha scoperto il volto di Cesare
accanto al suo letto? Non sappiamo.
Nel 42 anche Caio Cassio Longino morì suicida a Filippi, dove comandava l'ala
sinistra dello schieramento. Cassio stava per essere sconfitto e non sapeva che
all'ala destra invece Bruto stava vincendo e così preferì uccidersi che essere
prigioniero. Perché Cassio odiava così tanto Cesare, che pure lo aveva perdonato
dopo che, molti anni prima, era stato contro di lui? Non sappiamo.
Publio Servilio Casca e Lucio Tullio Cimbro morirono anche loro a Filippi.
Marco Tullio Cicerone sopravvisse a Cesare un anno e mezzo. Marco Antonio se ne
vendicò facendolo uccidere dai suoi sicari. Poi prese lingua e mani, i simboli
delle sue orazioni, e li espose in Senato. Perché Cicerone non fuggì più lontano
di Formia, se sapeva di rischiare la vita? Non sappiamo.
Lucio Mamelio Turrino sopravvisse a Cesare fino al 34 a.c.. Si dice che
Calpurnia, un giorno, sia andata a trovarlo. Non era in casa ed i servi le
dissero che si era fatto portare giù, al mare. Calpurnia scese alla spiaggia e
la scoprì vuota. Sulla sabbia nemmeno un’impronta. Poi sentì il richiamo di un
nitrito. In lontananza, con gli zoccoli poggiati sulla superficie di un mare
celeste, stava un cavallo marrone; e la guardava.
Che senso ha avuto per tutti questi uomini e donne cercare di cambiare le cose
se il destino di tutti loro è stato quello di essere dei meravigliosi perdenti?
Non sappiamo, né mai sapremo. Le Idi di marzo presero il nome di: "Giorno del
parricidio". La Curia dove era avvenuto l'assassinio venne murata. Oggi, dove è
morto Cesare, c’è il Teatro Argentina. Nessuno sa dov’è sepolto Bruto, o Cassio.
La tomba di Cesare invece è ancora lì, nei Fori Imperiali. Era questa l’eternità
tanto cercata?
Dove si ferma questo treno, che abbiamo tanto atteso? Forse non ferma mai, forse
siamo solo noi che saliamo.
Ho iniziato a scrivere di Cesare molti anni fa. Allora non sapevo nemmeno che
avrei fatto teatro. Eppure Cesare era già qui. Dentro quella vita, io non lo
sapevo, doveva esserci, doveva esserci una risposta alla mia vita. Doveva
esserci perché lui si era fatto le stesse domande. L’uomo: che cos’è? Cosa ne
sappiamo? I suoi dei, i falsi profeti, la libertà di avere tutto - basta che lo
voglio; l’amore ai tempi delle chat, l’esperienza del dolore abolita da uno
spot, e poi la morte, che è l’ultimo confine dei poeti; era questo che ci
avevate promesso durante le ore di religione, alle medie? Qualcuno un giorno
ricorderà il nostro nome? Ma io non ho le risposte. Sono solo uno che crede in
Dio, nel mistero e nel teatro. Sono solo un attore e faccio collezione di
attimi. Cos’è stato felice lo si può dire solo a posteriori. E il resto, tutto
il resto, è la sola cosa che abbiamo. È vita.