Cielo tagliato

di

Gianni Guardigli


Personaggi:
Rebecca
Sua madre
Amina
Fatima


Le due coppie di personaggi possono essere interpretate da due attrici


Due ambienti astratti costruiti nello stesso spazio.
Nel primo sono presenti alcuni segni che lasciano intuire un interno ebraico.

Tutte le scene nell’interno ebraico si svolgono di giorno.
Tutte le scene nell’altro luogo si svolgono di notte.

La musica seguirà quasi ininterrottamente il corso della vicenda.
Musica ebraica e musica araba.



Scena prima

Rebecca e Madre

Rebecca e sua madre sono sedute in cucina.

Rebecca: (imitando un’altra persona) Prenditi il lassativo.

Madre: Vèstiti!

Rebecca: Te lo dico per te. E’ per la tua salute.

Madre: Rebecca, mi senti?

Rebecca: Non vorrai mica andare a farti l’endoscopia.

Madre: Ho detto che ti devi vestire.

Rebecca: Lo sai che è meglio…

Madre: Rebecca!? 

Rebecca si tocca le orecchie delicatamente.Guarda la madre.

Madre: Vèstiti!

Rebecca: Sì… Sì…
Ti rendi conto?

Madre: E tu che cosa le hai detto?

Rebecca: Sì, sì, ha ragione.
Credo che lo farò…
(ride)
E lei a insistere: è meglio prevenire che curare, eccetera eccetera…

Madre: Poveretta!
Una volta lo dicevamo per ridere, ma è proprio stupida quella.

Rebecca: E sua madre, che crede di avere un genio in casa…

Madre: Argomento interessante per discuterne a pranzo!

Rebecca: Oh!

Madre: (cambia tono) Meglio questo che…
La madre va per mettere a posto alcuni oggetti sparsi sul pavimento, una vestaglia, un paio di libri.

Rebecca: No. Lascia. Lascia.
Ci penso io.

Madre: Vieni a mangiare qualcosa.

Rebecca: Sì, mamma.

Madre: E apri la finestra. Oggi non è freddo.

Rebecca (fra sé): Non è mai freddo qui. Il freddo è nelle vene.

Madre: Che cosa dici?

Rebecca: Niente, pensavo…

Madre: Apri la finestra, figliola.

Rebecca: I tetti della città vecchia.
Certe volte mi piace stare a guardarli per ore.

Madre: Ecco, appunto.
Apri la finestra.
(pausa)
Hai acceso la radio ieri sera?

Rebecca: Perché? Ci sono novità?

Madre: Non lo so. 
Dicono che abbiano richiamato altri ragazzi.

Rebecca: Ci sono stati scontri?

Madre: Non lo so.

Rebecca: Guarderò su Internet.

Madre: Hanno detto, che hanno chiamato il figlio di Reuven.

Rebecca: Sei sicura?

Madre: No. L’hanno detto…

Rebecca: Devi andare a trovare la madre.

Madre: Va bene.
Adesso è meglio che vada a preparare qualcosa.
E’ inutile stare qui a parlare tanto.
E poi più tardi andrò giù allo spaccio.

Rebecca: Lì sapranno tutto.
Lì sanno sempre tutto.

Mamma?

Madre: Che cosa c’è?

Rebecca: Pensi che andrà avanti sempre così?…
No. Scusa, scusa.
Che domanda cretina…
Chi lo può sapere?
E’ inutile stare a parlare per parlare.
Penso che sia meglio cominciare a muoversi.
Ho tanti di quei compiti da correggere…




Scena seconda

Rebecca e Madre. 

Madre: (entra trafelata e preoccupata)
L’hanno chiamato davvero Nathan.

Rebecca: Hai visto la signora Reuven?

Madre: No. L’hanno detto giù in strada.
L’hanno detto le sue vicine.

Rebecca: Quanti anni ha?

Madre: Non lo so.
Diciassette?!

Rebecca: Sembra ieri.

Madre: Ti ricordi?
Eh, sì. Sembra ieri…
Speriamo…
In fondo non c’è mica la guerra.
Rebecca la fissa.
Volevo dire…
Non è una guerra fronte contro fronte.
No. Scusami, Rebecca.
Non so cosa pensare.
Una dice tanto per dire e poi si rende conto che…

Rebecca: Hai sentito il portavoce del governo in TV?

Madre: No. Non ho sentito niente.
Non ho sentito niente!

Rebecca: Vai dalla madre?

Madre: Prima. Ho detto una preghiera per lui.
E per tutti i nostri figli…





Scena terza

Amina e Fatima

La scena è spoglia.
Qualche oggetto è sparso qua e là.

Amina: Non sarò più grassa.
Non sarò più magra.
Curva storta dritta bella brutta…

Indossare scarpe col tacco sotto la veste
e far sentire i passi svelti giù per le scale.

Non sarò più lenta o veloce.
Ma leggera sì, sarò leggera.

Fatima: Verrai ancora a visitarmi?
Ti prego, giuramelo!
Verrai tutte le notti?

Amina: Perché me lo chiedi?
Sei tu che devi risponderti.

Fatima: Lo so che tanti giorni
abbiamo guardato l’albero del giardino
con occhi di colore diverso
l’albero curvo e nodoso del giardino
davanti alla stanza dove dormivamo.
Tu lo vedevi secco, condannato per sempre.
Io pensavo che sarebbero tornate le foglie…
Con il vento della primavera…

Ma abbiamo ancora tante cose da dirci…

Amina: Lascia andare la pietra dell’affanno,
dolce sorella mia.
Lascia andare la pietra della disperazione.
Falla scendere in fondo al mare e 
bolle d’aria verranno a galleggiare.

Fatima (piange): Perché? 
Vuoi dirmi il perché?

Amina: Vivere disperati.
Vivere disperati fa crescere un dolore dentro 
che diventa giallo come il veleno.
E il giallo riempie le vene e il cuore.
E il giallo leva il colore agli altri colori.
E un giorno tu trovi il rosso del coraggio.
Il rosso del coraggio per lavare via il giallo
che non ti fa respirare più.

Fatima: Il rosso del sangue.
Il rosso del tuo sangue.

Amina: Il rosso del coraggio
che fa sorridere come una bocca tinta per piacere.
Due giovani labbra che intonano un inno per 
il nostro popolo oppresso.

Fatima: Povera sorella. Povera sorella mia.

Amina: Sorridi. 

Fatima: Di che? 
Sorridere perché non hai conosciuto la gioia dell’amore?

Amina: Il rosso del coraggio.
Il rosso dell’amore.
Sorridi, sorella mia.
Sorridi per la sorella che ha guardato negli occhi il sole.



Scena quarta

Rebecca e Madre.

Madre: Hai fatto colazione?

Rebecca: Come?

Madre: Ho detto: hai fatto colazione?

Rebecca: Ho mangiato pane e miele.

Madre: Ho parlato con la madre di Nathan Reuven.

Rebecca: Sì…

Madre: Dice che la situazione è tranquilla.

Rebecca: Tranquilla?
Hanno fatto saltare un palazzo a Ramallah. 
Tranquilla… come si fa a dire stronzate del genere.
(in falsetto)
La situazione è tranquilla.
(cambia tono)
Adesso ci sarà da stare tranquilli… vedrai… vedrai…

Madre: Lo so. Lo so, figlia mia.
Ma che ci posso fare? Tu ti scaldi tanto e io che ci posso fare?
Se potessi, con queste mani farei qualcosa, se potessi.

Rebecca: Scusami, mamma.

Madre: Solo pane e miele hai mangiato?

Rebecca: Ho fatto colazione fissando un ragno che si lasciava scivolare giù, 
appeso alla sua tela.

Madre: Che vuoi dire? Che non pulisco bene?

Rebecca: No. No. 
(ride)

Madre: A volte sai, quando…
Io non sono più giovane.
E per voi ho fatto tutto quello che potevo fare.
Ma oramai sono vecchia.
Sono vecchia. Hai capito?
E quando si è vecchi anche la vista… non è più così…

Rebecca: Io non sono vecchia e…
E allora?
Che cosa devo fare?
Bisogna accettare le cose così come vengono, va bene?
Bisogna imparare ad accettare le cose e semmai cercare…
di fare in modo che migliorino…

Madre: Se dipendesse da noi…

Rebecca: E poi non ho detto che non pulisci bene.
Non mi sognerei di dire una cosa del genere.

Madre: Scusa, figlia mia.
A volte siamo così nervosi.

Rebecca: E’ arrivata una e-mail di Noemi.

Madre: Che cosa dice? Viene?

Rebecca: Dice che tutto procede come sempre.
I bambini e Ornan stanno bene. Mandano un bacio alla nonna.

Madre: Oh!…
Ma perché non vengono… ho due nipotini e non li vedo mai.

Rebecca: Veramente invitano noi due ad Amsterdam… dicono che la casa è grande e ci potremmo fermare lì da loro anche un paio di settimane, quando avrò le vacanze con la scuola.
Mamma, ti piacerebbe andare ad Amsterdam, quest’inverno?

Madre: Boh! Ci devo pensare…

Rebecca: Poi più avanti verranno loro a Betlemme.

Madre: A casa.
(cambia tono)
Ho letto quello che hai scritto su quel foglietto.
E’ una gran bella poesia…

Rebecca: Ho scritto così… tanto per…
Non credo che sia un capolavoro.

Madre: Invece è bella.
“Ho imparato ad ascoltare il silenzio”…



Scena quinta

Amina e Fatima.

Fatima allunga la mano, come per toccare Amina.
Una musica araba segue tutta la scena.

Fatima: Hai la mano fredda.

Amina: Ho cercato di toccarti il viso.
Ho disegnato il tuo viso 
con i movimenti della mia mano.

Fatima: Dammi la mano.

Amina: Poi ho cercato dentro e ti ho toccato il respiro.
Ti ho toccato l’anima e ho sentito che mi è ostile.

Fatima: Dentro le tue vene scorreva il mio stesso sangue.
Come ti può essere ostile la mia anima?
La mia anima è solo piena di tristezza…

E non smette di tormentarsi e di chiedersi perché…
Perché… perché…
Rimanere a combattere la guerra delle parole e la guerra 
delle armi può servire a qualcosa… ma non così…
non così… 

Amina: Sorella!

Fatima: Fare piangere il nemico
non è solo fare piangere il nemico.
Fare piangere la madre è contro la natura.
E’ contro la nostra natura e contro Dio.

Amina: L’ho fatto anche per lei.

Fatima: I fratelli più piccoli ti cercano.
Le sorelle più piccole ti cercano.
Perché togliere loro il nutrimento della tua presenza?

Amina: Ho imparato ad ascoltare il silenzio.
E il silenzio ha ascoltato il mio grido sordo.
Ho mescolato la mia infanzia con la mia vecchiaia.
Fatima: Mi sarebbe piaciuto invecchiare assieme 
alla mia sorella maggiore.

Amina: Tu sei giovane.
Avrai presto un marito e dei figli.
E li farai crescere seguendo le regole dettate dal Profeta.

Fatima: Tu non sarai mai vecchia.

Amina: Abbiamo avuto un destino diverso.

Fatima: Quanto odio!

Amina: No. Quanto amore per la causa.
La passione, quando è così forte, diventa amore.

Fatima: Nostra madre tutte le mattine
pronuncia il tuo nome con le guance rigate.
Quando parla di te non riesce
a terminare il discorso.

Amina: Ieri hanno sepolto il padre,
oggi hanno sepolto la figlia.
Questo è il lento cammino della vita.

Vivere in quattro pareti che diventano
un forno d’estate e una ghiacciaia d’inverno.
Derubati delle case dei padri.

Vivere da servitori di un padrone 
che ci prende a calci.
E’ questo il prepararsi al domani?

Oggi hanno sepolto la figlia.
E’ questa la sunna della vita.
Ma con la figlia hanno sepolto il padrone
con il suo piede macchiato del nostro sangue.

Fatima: Quando hanno cominciato a gettare la terra 
sul corpo di nostro padre, ho guardato il cielo. 
E il cielo ha guardato me.
Quattro nuvole intorno al sole.
Ma il sole aveva la forza di scaldarmi il braccio.

Amina: Nostro padre…

Fatima: Quando hanno cominciato a gettare la terra
sul tuo corpo, povera sorella mia,
non ho guardato il cielo. E il cielo si è fatto buio.
Una nuvola si è fermata e ha coperto il sole.
Un pezzo di notte precipitata su di noi,
fredda come la lama di una falce.
Una nuvola ferma nel cielo, 
nera e pesante come un drappo sul capo 
di una vecchia.

Amina: Non impiccarti alla corda del tuo dolore.
Ridi, cara sorella.
Ridi per l’altra sorella
che ha avuto quello che voleva.

Fatima: Mi vuoi dare la mano?

Amina: Ricordati sorella non siamo noi. 
E non è neanche la lama della falce.
Sono le scie maledette dei loro missili a tagliare il cielo…

Fatima: Mi vuoi dare la mano?



Scena sesta

Rebecca e Madre

Madre: Quando si avvicina Chanukkà, le stradine si riempono…
vengono da tutte le parti del mondo.
Loro festeggiano il loro Natale.
E poi arriva Chanukkà, la nostra festa.
Non è facile vivere a Betlemme.
Ma non saprei davvero dove altro andare…

Rebecca: Abbiamo fallito.

Madre: Noi ci abbiamo provato.
La colpa è degli altri. Degli altri che stanno qua e degli altri ancora che vengono a fare finta di essere santi.
Che ci possiamo fare noi se ci odiano…

Rebecca: La fai semplice tu…

Madre: Ah sì?
Spiegami. Spiegami tu, allora.

Rebecca: Che cosa ti dovrei spiegare?

Madre: Avete letto un po’ di libri in più e credete di conoscere, di sapere.
Io, con queste mani, ho tenuto in piedi la baracca…
Ecco che cosa ho fatto.
E poi… e poi niente.
Niente più.
Devo subire anche il sarcasmo di mia figlia.

Rebecca: Se vuoi metterla così…
Lunga pausa
L’hanno mandato a casa?

Madre: Macché a casa.
E’ in ospedale. E pare che sia anche abbastanza grave.

Rebecca: Fanno entrare per le visite?

Madre: Dove? All’ospedale militare?
Non credo proprio.
Andrò dalla Reuven quando tornerà a casa.
Povera donna… notte e giorno al capezzale di quel figlio.
Una parola di conforto non le farà certo male.

Rebecca: Se la caverà?

Madre: Lo spero. Prego il Signore. 
Lo spero proprio. 

Rebecca: Speriamo…

Madre: Che il Signore lo voglia!…

Rebecca: Il piccolo Nathan…

Pausa

Madre: Anche nelle caserme adesso.
Si fanno esplodere anche nelle caserme.
Io tremo.
Io mi sveglio la notte e piango.
Io…

Rebecca: Mamma…

Madre: Io sogno tutte le notti quel giorno là.

Signora: sua figlia è rimasta ferita.

Dove è rimasta ferita?
Oh, mio Dio, dove? Dove?

Al supermercato vicino alla sua scuola.

Rebecca: In fondo mi è andata bene.
(ironica)
Sorda sì, ma viva.
Basta un apparecchio acustico e si cancella il passato.
Anzi, credimi, a volte un apparecchio acustico aiuta a mettere ordine nel proprio passato.
Come se si imparasse ad ascoltare l’interno.

Pausa

Madre: Hai guardato la televisione?
Ci attaccano da tutte le parti e i tuoi amici pacifisti a minimizzare.

Rebecca: Mamma, basta!
Al peggio non c’è limite, lo vuoi capire questo?
E rispondere agli schiaffi con altri schiaffi…

Madre (piangendo): Mio padre è morto a Birkenau.
E così mia madre.
E così mio fratello.
Vogliamo andare avanti sempre così?…

Rebecca: Metto a bollire l’acqua.
Prendiamoci un tè.

Madre: E aspettiamo di morire quando ci tocca.

Rebecca: Cerchiamo di ragionare, mamma.

Madre: La morte si trova bene qui.

Rebecca: Mamma. Prendi i biscotti dal mobile.

Madre: La morte si trova bene a Betlemme.

Rebecca: Apri lo sportello. Prendi i biscotti.

Madre: Ho fatto un sogno stanotte.
Camminavo per strada e pioveva sangue.
E sull’asfalto un tappeto di giocattoli rotti.
Un mezzo militare passava con un altoparlante
e una voce ripeteva: “Va tutto bene. Va tutto bene”.
E cadevano coriandoli dal cielo
che si attaccavano ai corpi delle persone rossi di quel sangue.
Mi sono sentita male e mi sono svegliata.
Sono andata alla finestra.
Una notte incantata. Un cielo blu cobalto. Una luna d’argento.
Mi sono tranquillizzata.
In quel momento è passato un aereo 
e ha lasciato una scia.
Nel cielo d’argento una scia di fumo.
E il nostro cielo, così, tagliato in due, era ancora più bello.



Scena settima

Amina e Fatima

Fatima: Che cosa hai sentito?

Amina: Quello che sente la polvere
quando si alza e va a fluttuare controluce.

Fatima: A cosa hai pensato?

Amina: A te. A voi.
Alla famiglia riunita che festeggia
Eid Elfetr, quando è finito il Ramadan.
Alla purificazione. Alla gioia.

Fatima: Quale gioia?
Lo sai che la religione condanna chi si dà la morte
con le sue proprie mani?

Amina: Ho pensato a voi il giorno della circoncisione
di nostro fratello Ibrahim e nostro cugino Mohad.
Una tavola piena di dolci.

Fatima: Hai capito quello che ho detto?

Amina: Vi ho visti felici, sotto il sole…
e ho detto… io vi amo…
Ho detto, io li amo e li libero.

Fatima: Il più piccolo, Rachid, sta imparando a parlare.

Amina: Diventerà bello come il sole,
forte come la montagna.
Giusto, un uomo giusto.
E quando nostra madre sarà vecchia,
si prenderà cura di lei.
E quando gli parleranno della sua sorella martire,
ringrazierà con gli occhi rivolti al cielo.

Fatima: Nostra madre è già vecchia.

Amina: Nostra madre è una buona madre.

Fatima: Nostra madre è una vecchia.
Nostra madre è una vecchia che trema.
Il tempo le è volato addosso con artigli taglienti
come quelli del corvo nero.

Amina: Nostra madre deve ringraziare Allah
per il dono che le ha dato.
Il coraggio di una figlia che si è donata
alla causa del suo popolo.

Fatima: Nostra madre è una vecchia.
Il tempo l’ha aggredita 
quando si è buttata sul tuo corpo morto.

Amina: Non ho udito il suo pianto.
Non era pianto, erano grida di gioia.

Fatima: Non piange con la voce
chi non ha più voce.
Nostra madre non canterà più
le nenie che ci facevano dormire
e sognare…

Amina: Canterà nenie nuove.
Storie di una figlia guerriera che risplende
di luce.
Così farà addormentare il nostro piccolo Rachid.
La ninna nanna per il piccolo Rachid…

Fatima: Il piccolo Rachid…
Né lui né gli altri fratelli ti hanno dimenticata.
Abbiamo detto che sei partita per un viaggio,
ma chiedono sempre: quando torna?

Amina: Saranno loro a venire da me.
Quando saranno vecchi e avranno vissuto la vita.
E si leveranno e verranno a stringermi la mano.
Quell’ultimo viaggio lo faranno da uomini liberi.
Forse quell’ultimo viaggio… da uomini liberi.

Fatima: Le tue parole mi lacerano il petto.
Sono spine che si impigliano nelle mie carni.


Amina: Ricordati, sorella.
Alla fine del lungo stelo, 
dopo decine di spine appuntite,
si trova la rosa soave che ti porto in dono.
Segui il profumo e la troverai.

Fatima: E’ rossa come il sangue.

Amina: E’ rossa come il coraggio.

Fatima: Lasciami piangere.

Amina: Danzeranno le lacrime sulle tue lunghe ciglia.
E faranno compagnia a quella che tu chiami solitudine.
Quando le tue labbra si gonfieranno per la voglia di parlarmi…
pensami.
E io sarò con te.




Scena ottava

Rebecca e Madre.

Madre: Hai acceso le candele?

Rebecca: Sì, le ho accese.

Madre: Hai guardato le fiammelle?

Rebecca: Era il gioco che facevamo da piccole io e Noemi.
Chi resisteva di più a guardare le fiammelle…
E poi arrivavi tu e ci dicevi che guardare il fuoco fa male alla vista. E ci chiudevamo in camera con la testa sul cuscino e gli occhi chiusi. E vedevamo tanti puntini di luce.

Madre: Hai ascoltato le notizie?

Rebecca: Sì, le ho ascoltate.

Madre: Avevi l’apparecchio?
Chissà perché… penso sempre, ho sempre l’impressione che quando
sei sola, tu ti tolga l’apparecchio e ti rifiuti di ascoltare il mondo.

Rebecca (ride): L’importante è che io non mi rifiuti di ascoltare te.

La madre la abbraccia.

Madre: Altri feriti? 

Rebecca: No. Pare di no. Questa volta no.

Madre: Nessun attentato.

Rebecca: O mio Dio, no. No.
Ma dovrebbero esserci feriti e attentati tutti i giorni?
Cerchiamo di calmarci. Cerchiamo di calmarci tutti.

Madre: Vivo con il terrore.
Come si fa a calmarsi?
Viviamo qui, Rebecca.
Vivere qui è come ospitare in casa il terrore.
In cucina, nella camera da letto. Avere il terrore in casa.

Rebecca: Andremo ad Amsterdam, vedrai.
E se ci verrà la voglia di restare lassù, rimarremo per sempre.

Madre: Che cosa dici? Questa è la nostra terra.

Rebecca: Non solo nostra.

Madre: Quando fai quella faccia mi fai paura.
Parole senza senso… come se non ci fosse stata la storia…

Rebecca: Mi vuoi tenere una lezione sul Sionismo?

Madre: Voi giovani a volte mi fate paura. Come se non ci fosse stata
la storia.

Rebecca: E Noemi, e tua figlia Noemi?

Madre: Che c’entra?
Per il momento l’hanno fatto per i bambini.
Per il lavoro di Ornan. Ma torneranno.

Rebecca: Ne sei sicura?

Madre: Torneranno. Vedrai.
Non si dimenticano le radici. Non si dimenticano… i sacrifici…

Pausa

Rebecca: Hanno detto al telegiornale che un reparto di teste di cuoio si è rifiutato di compiere un’azione di rappresaglia in un quartiere arabo.

Madre: O mio Dio. Che cosa si sono messi in testa?

Rebecca: E’ una speranza, capisci? E’ ora di cambiare.
Se continuiamo a rispondere agli schiaffi con altri schiaffi
non si finisce più.

Madre: Allora smettiamo di difenderci!..
Ecco! Che facciano quello che vogliono!

Rebecca: Lo vuoi capire?
Per troppo tempo è andata avanti così e quali sono i risultati?
Sangue, sempre sangue.

Madre: La tua incoscienza mi fa paura.
Se ci aggrediscono, dobbiamo difenderci.

Rebecca: Questa politica ha fallito.
Adesso se ne sono accorti anche nell’esercito…
Devono. Dobbiamo calmarci. Dobbiamo calmarci tutti…
Solo così…

Madre: La fate facile voi.

Rebecca: Solo così… piano piano…
magari un giorno…

Irrompe una musichetta festosa. Un motivetto della tradizione Klezmer.



Scena nona

Amina e Fatima.

Fatima: Se li provochi.
Se vai a stuzzicarli, diventano cattivi.
Come i cani di strada, quando diventano feroci.
E allora arrivano.
Si sente il rombo dei carrarmati e i vetri tremano.
E girano l’angolo e qualcuno piange già per quello
che sta per succedere.

Amina: Girano l’angolo della strada carichi di odio.
I carrarmati carichi di odio.

Fatima: E vengono. E distruggono.

Amina: Sono già venuti. Hanno già distrutto.

Fatima: E cominciamo a fuggire. E qualcuno cade.
E le barelle. E le pietre delle nostre case.

Amina: E le ambulanze. E la polvere.
Ecco perché. Capisci sorella?
Troppe scene affollano gli occhi
e diventano coltelli che scavano.

Fatima: Eravamo una famiglia.
Il quartiere era una famiglia.
Ora contiamo i superstiti.
A uno manca un braccio.
Un altro ha una cicatrice sul petto.

Amina: Mai più Chabra e Chatila.
Dolore, nostra vita quotidiana.

Fatima: Abdou, il figlio di Samir, è morto a sei anni
fra le braccia di suo padre.

Amina: Farida, la bambina di nostro cugino Mohammed,
quattro anni.
E’ volata via con la sua bambola in braccio.

Fatima: La bambola che era stata mia.
Amina: La bambola di stracci.
Con i capelli fatti coi lacci delle scarpe.

Fatima: La bambola con i capelli rasta.

Amina: A Betlemme una bambola con i capelli rasta.

Fatima: Volata via.

Amina: Volata via.

Pausa

Musica araba. Una struggente canzone di Feirouz.

Fatima (come cantando): Quando scendono gli elicotteri.
Quando vengono i carrarmati.
Non ne posso più di elicotteri.
Non ne posso più di carrarmati.
Se li provochi.
Se vai a stuzzicarli, diventano cattivi. 




Scena decima

Rebecca e Madre.

Madre: Cara figlia, ho una cosa da dirti.

Rebecca: Parla mamma, mi sembri turbata.

Madre: Turbata?

Rebecca: Che cosa devi dirmi?

Madre: Siamo invitate dalla Reuven.

Rebecca: Sì?…

Madre: Il figlio migliora a vista d’occhio.
I medici hanno detto che è incredibile.
Che fibra quel ragazzo!
Dagli ultimi accertamenti pare che sia tutto a posto.
Due giorni la settimana per la medicazione, ma domani
sarà a casa.
Porterò un paio di bottiglie e i pistacchi.
Domani andiamo dalla Reuven. A festeggiare…

Rebecca: Lascia stare, mamma!…
Passerò io domani al Supermercato.
Ho un’ora libera dalle lezioni.
Passerò io.

Madre: Tu?

Rebecca: Sì! Io.




Scena undicesima

Rebecca
Amina

Rebecca si muove in modo meccanico, quasi un automa.

Rebecca: Essere seduti nell’aula degli insegnanti, a scuola.
Andare a bere un caffè.
Chiudere il libro. Accarezzare la copertina lucida.
Metterlo in borsa.

Amina è un soldato di Dio. Si muove con la regalità di chi si sente tale.

Amina: Ho salutato i fratelli e le sorelle più piccoli.
Addio bambini, addio fratellini.
Vi rivedrò là dove sto andando.

Rebecca: Passare davanti alla sala del Preside e, veloce, uscire in strada.
Avere solo un’ora di tempo.
Ricordarsi di andare a comperare due o tre cose. Forse tre o quattro… cose. Da mangiare.

Amina: Abderrazzak durante il viaggio ascoltava Oum Kalthoum.
Chi più grande di Oum? La musica mi fa volteggiare fra sorgenti di meravigliose note. Oum Kalthoum, la divina, la stella d’Oriente.
E’ morta lo stesso anno in cui sono nata.
Eccomi Oum, vengo da te.
Abderrazzak guida la jeep e canticchia.

Rebecca: Perdere la pazienza.
Sbrigarsi. Sbrigarsi sempre.
Ricordarsi di aver dimenticato di fare una telefonata.
Ricordarsi di passare anche all’Ufficio Postale.
Allungare il passo. Non fermarsi.

Amina: Quando la ferita è troppo fonda
Non bastano tre o quattro punti di sutura.
Qui la ferita è troppo estesa.

Rebecca: Ricordarsi di non mettere mai più queste scarpe.
Fanno male queste scarpe.
Lasciarle per sempre nella scarpiera.
Ricordarsi di non indossarle mai più.
Amina: Ho voluto vestirmi da sola. La vestizione.
Un cinturone pieno di tritolo, come una collana piena di perle.
Le mie perle per presentarmi al Profeta.

Rebecca: Una cesta di paglia troppo grande.
Per comperare due melanzane, tre zucchine, un po’ di datteri.
Una cesta di paglia troppo grande.
Ricordare di comperare anche della farina… e dei pistacchi.
Camminare dentro il supermercato. Avere fretta.
Inutile spingere il carrello. 
Avere fretta. Una cesta di paglia troppo grande.

Amina: Madre mia ti saluto di qui. Piangere piangerai…
Madre mia, ma ricordati. Lo faccio anche per te.
Padre mio. L’ultima carezza te l’ho data quando dormivi
in un letto d’ospedale divorato dal cancro ai polmoni.
Padre mio.
Vengo a portarti un’altra carezza. 
La tua figlia Amina, che mai ha accarezzato un uomo.

Rebecca: Avvicinarsi a un vecchio signore con un cappello nero.
Mettersi in fila davanti alla cassa.
Salutare il vecchio che si è girato e mi ha sorriso.
Shalom, Rabbi.

Amina: Dio è grande.
Prego, prego. Penso e prego.
Prego e penso. Perché non mi venga voglia di piangere.

Sono entrata nel supermercato. Una fila di poche persone davanti a una cassa.
Il resto è quasi deserto.
Mi avvicino ai pochi clienti.
Ecco, ne arrivano altri due.
Prego e penso. Penso e prego.

Rebecca: Pensare di correre subito a scuola. Per fortuna la fila non è lunga.

Amina: Addio dolce madre, addio fratelli e sorelle, addio quartiere.
Addio nenie di vecchie. Addio profumo di spezie.
Addio polvere. Addio strade di terra.

Rebecca: Incontrare begli occhi neri di una ragazza.
Occhi nerissimi profondi tristi tristissimi. Forse invasi dal dolore. 
Amina: Addio zio Adnan, il corano sul mio comodino me lo hai regalato tu.
Addio madre fratelli e sorelle. Lo faccio per voi.
La veste bianca per l’ultimo viaggio.
La veste bianca per il mio corpo che non ci sarà più.

Rebecca: Domani andare a comprarsi una gonna.
Non lo faccio da due anni.

Amina: La disperazione non ci sarà più.
Volerà via.
Mai più disperazione.

Rebecca: Provare a sorriderle.
Quella ragazza piange.

Amina: E sono aquila che vola 

Rebecca: Devono…

Amina: E mi sento di venire a stringere la mano al sole.

Rebecca: Dobbiamo calmarci…

Amina: E rincorro il gabbiano che potente nel cielo
domina il deserto e il mare.

Rebecca: Dobbiamo calmarci tutti…

Amina: E sono falco bianco che passeggia nell’azzurro.

Rebecca: Solo così…

Amina: Voglio essere bella.

Rebecca: Solo così…

Amina: Oggi mi presento in abito da sposa.

Rebecca: Magari…

Amina: Oggi mi presento.

Rebecca: Cadere dietro la cassa fra gli scaffali.
Un vento spaventoso. Uno spaventoso colpo di vento. 
Cadere fra scatole di detersivi.
Sentire bruciore agli occhi bruciori alle mani dolori dappertutto.
Sentire sentire, ma non sentire rumori.
Il mondo tace. 

Amina: Oggi mi presento.

Rebecca: Il mondo non parla più.

Amina: Oggi. 

Buio