IL COLTELLINO

di

Luca A. Rossi



"...che veramente l'È un grande affanno 
lagorà sempre e stentà tutto l'anno.."


presentazione


Niccolò Campani detto lo Strascino da Siena È uno dei più ricordati tra i Rozzi e, ancor prima, i pre-Rozzi. Furono tra le sue commedie rusticali lo Strascino, il Magrino e il Coltellino, stampate in più edizioni, e fra l'altro " alla Loggia del Papa, 1543, in ottavo ", esiste un'altra versione: il Caca.
Sono rare edizioni, che si collocano tra i numerosi testi dell'area dei Rozzi, e che Luca A. Rossi studia e riesuma con grande attaccamento al teatro della sua città. Si trova a stampa anche un suo Lamento, che non È commedia, ma poemetto scritto nel 1521, quando guarì del "mal franzese". Nel frontespizio È l'incisione di un uomo nudo, pieno di piaghe, con le scritte: "oimÈ le doglie", "oimÈ le bolle".
L'egloga rusticale Il Coltellino ebbe per titolo anche Berna, dal personaggio principale, come si può leggere nella preziosa opera "La Congrega dei Rozzi di Siena nel secolo XVI" di Curzio Mazzi. In origine È un testo in terzine, con stanze e strambotti cantati. Non c'È nell'originale una divisione in atti e scene. I personaggi sono Berna, Tafano, Lenzo e Togna, cui all'adattamento presentato da Rossi si aggiungono un Soldato, un Piovano e una popolana detta Ciana.
Il Berna, disperato per amore di Togna, che non lo tratta benevolmente, È deciso di ammazzarsi col suo coltellino, per liberarsi da un amore infelice. Tafano lo consiglia di agire virilmente per farsi amare, ma Berna, per i maltrattamenti fatti a Togna, viene castigato dai fratelli di lei. Sopraggiunge Lenzo, che sentenzia che Berna si prenda un'altra donna, e Tafano non si intrometta più. Ritorna l'accordo tra i villani con una canzone, riscritta da Rossi, che augura un vero benessere per tutti: "che veramente gl'È un grande affanno / lagorà sempre e stentà tutto l'anno".
E' apprezzabile che Luca A. Rossi riporti in luce Il Coltellino, riordinandone la struttura, e continuando nella sua valorizzazione del Teatro di Siena, cui ora si dedica con questo volume. 

Mario Verdone 


personaggi

Ciana popolana
Berna villano
Tafano suo compare
Togna
il Noja soldato
il piovano


CIANA: Donne! Belle donne!
Tiriamoci su le gonne!

(canzone fuori campo)

Bisognerebbe star sempre contenti
senza avessi cotanto a sudare
e sguazzà sempre e vive senza stenti
e non avÈ mai debiti a pagare
e non mancasse mai ori nÈ argenti
per non dovessi mai più indebitare
* che veramente l'È un grande affanno 
lagorà sempre e stentà tutto l'anno.
* (due volte)

CIANA: Donne! Donne sane!
Tiriamoci su le sottane!

Donne! Donne!
Vi racconto la storia, l'egloga del Coltellino
che dice di un tal Berna villano, anzi contadino.
Chest'omo d'animo bono e credulone era una vergogna:
non potea dormì la notte per amor di Togna.
Ma duro come un sasso insiste assai
e voi vedrete cose non viste mai (si fa per dire)

(urla fuori campo)

Donne, eccolo qua chesto villano
che vole a non so chi di voi parlare
ma perchÈ gli È si rozzo ed inumano
qui alla porta s'È messo a gridare;
c'ha un cetarino in mano
a dispetto del mondo ei vole entrare
se un vi piace a lui dare udienza
io li darò col bastone grata licenza

(urla fuori campo)

Ma se volete che io lo faccia venire
a un minimo cenno e' sarà fatto,
così saprete che vole dire
per me non intendo questo matto!
Dunque anderò a fagli aprire,
che per davvi piacere È molto adatto
forse ci racconterà qualche sciagura
ch'avÈ non se ne può se non pastura!

Donne! Donne belle! 
Tiriamoci su le gunnelle!







SCENA I


BERNA: Oh fatiche del Berna mal condotte!
Non È possibile che io vadi a dormire, 
anche se so' passate le tre di notte
l'amore e Togna mi fanno impazzire!
Ma siccome oggi c'ho perso tante dotte
ci voglio anche quest'altre laggar ire
e pregarò con mie parole sciolte
che non mi facci come l'altre volte.
Ora siccome so' a casa sua vicino, 
per non avecci perde tempo alcuno,
voglio vedÈ se risponde al cetarino
anche se non so' chiamato da nissuno
oh e c'ha una voce! Pare un cardarino
quando canta la sera per digiuno
poich'io so' gionto da costei che c'ha il core crudo,
mi voglio mette a sedÈ a culo gnudo.

Strambotti (La +)

E non bisogna che ti dia salute
perchÈ sempre mai ne fusti piena,
tu n'hai da gl'altri amanti aute,
che ten'avanza a desinà e a cena
ed io che per amore l'ho perdute,
ora le cerco con affanni e pena
e se pietà non hai del caro Berna
tosto si spegnerà la su' lucerna.

Tu sai pur quante volte io t'ho già detto
che tu mi volghi prende per tuo sdamo
perchÈ la notte quando io so' a letto
a tutte l'ore dormendo ti chiamo,
avvolte sogno d'avetti allo stretto
e mi risveglio col randello in mano
e so' costretto allor per minor doglia
cavammi con le man qualche mia voglia (ripete).

Or mi conviene fà da te partita
con tua disgrazia e con tuo disonore
perchÈ tu sei stasera assai incagnita
che non t'affacceresti un poco fuore;
e stimi molto poco la mi' vita
che un dì sarà cagion di qualche errore
ch'i' pregarò l'amore incroce braccia
che da me infuore ognaltro ti dispiaccia (ripete).

(posa il cetarino e dice:)

E' lo so che hai inteso il mi' lamento
e tanto par che del mi mal si curi
come si cura una quercia d'un gran vento;
ma non m'illuderò nei dì futuri
perchÈ so per durevole esperienza,
che chesti so' colpi più maturi!
Ovvia ti laggo sai, come perfatto
perchÈ il corpo s'È gonfiato da lo sdegno
che se non m'allentassi e sarei matto.

O non vedi? E mi par d'essar pregno!
Che pena! Che doglia! Oddio oddio!
Miseria infame! Chesto È un brutto segno!
O se provassi a fa a modo mio?
Forse che mi potrebbe ancor giovare
ma non ho voglia..... potta di ser Pio!
Qualche remedio mi convien trovare
Oi oi il corpo! Oi oi il cuore! O io stianto!
E mi pare impossibile a crepare!

CIANA: Sente Tafano, il Berna che si dole per amore
allora gli dice d'ammazzassi come un certo pastore
un pastore detto il Fosco
che s'ammazzò quaggiù in un bosco.
Rimasto solo (È tutto contento) il meschino
e si vole ammazzà, co' un coltellino.





SCENA II

(Berna, Tafano)


TAFANO: Che un querciolo ti sonasse a doppio
per mano di uno che avesse bone braccia
così dormiresti senza più oppio!
BERNA: Chi È chesto che mi minaccia?
TAFANO: E so' io.
BERNA: Se' te, sere sfaccenda?
Di molto il tu' fatto più del mio t'impaccia.
TAFANO: Chi non vole che i suo' fatti un altro intenda
non vada a lagnassi a la campagna
e poi abbia per male che altri riprenda
BERNA: O che ne sai te qual'È la mi' magagna?
TAFANO: O che ne sò io? Forse È l'amore
che t'ha ferito sotto le calcagna?
Sta attento che non t'avvenga come a chel pastore
che l'altroieri s'ammazzò quaggiù n'un bosco,
perchÈ una ninfa gl'avea strappato il core!
BERNA: Chi diavol fu costui? Io nol conosco.
TAFANO: Non lo sai? Un certo giovin biancastrino.....
che era chiamato dai pastori il Fosco?
BERNA: Fosco... Fosco... mah!
TAFANO: Un dì piangendo il su' crudel destino
si ritrovò vicino un pugnaletto
e s'ammazzò come un paladino.
Il primo colpo se lo dette sul petto
non potÈ dire che quattro parole:
ninfa m'ammazzo solo per fatti dispetto!
Dalla mattina al leva' del sole
per infino alla sera che non era notte tarda
pugnò e ripugnò quanto amor vuole
non gl' era servito avÈ riguardi:
più scacciava il sentimento
e più era pieno di saette e dardi.
E de' su' beni fece: testamento!
C'aveva una bella cornamusa
che sonava col fiato del vento
la lasciò a un su' sozio. Poi chiese scusa
e dimandò perdono a tutti quanti,
come sai che tra l' omini s'usa;
ma soprattutto disse a l' altri amanti,
che non si confidassero in Cupido
perchÈ tutti li tratta da furfanti!
Poi ad alta voce messe un grido
e colla ponta del pugnale di ferro
disse: quì scrivo per chi m'ammazzo!
E sulla scorza di non so che cerro
certe maluschie lettere vi scrisse,
dicean: quì m'ammazzo e mi sotterro.
Poi altre mille cimirmonie fece e disse...
ma ben non le sa chi non vi fu presente,
prima che questo fatto intervenisse.
BERNA: Chi s'ammazza da se dunque È valente?
TAFANO: Si, se si da che un colpo solo,
poi morto che gli È, non se ne pente.
BERNA: Poi morto che uno È sente altro dolo?
TAFANO: Non sente nemmeno una bombarda
che portasse i pezzi in aria, al volo.
BERNA: Ovvia Tafano addio, l'ora È tarda,
arrivederci al mese passato.
TAFANO: Che San Brandan col fuoco, t'arda. (via)





SCENA III

(Berna solo, poi Togna)


BERNA: Oggi posso chiamammi fortunato!
Se ho compreso bene il parlà di Tafano
come può guari' chi È innamorato:
ammazzassi di su' propria mano
mandando sempre il pensiero a colei,
che con la morte ci fa torna' sano.
Chesto si che È un buon servizio ai fatti miei!
Che fortuna per me che non morii iarsera
che chesta merdicina non saprei!
Se Togna sarà crudele e fiera,
che io non possa un dì strapazzalla
non sarò più così: scemo a bandiera!
CIANA: Arriva Togna la dama crudele, vede il Berna e scappa
ma lui la sente cantà, la segue e la richiappa.
Lei lo tratta male, lui fa tanti lamenti
(e) si convince d'ammazzassi senza (tanti) complimenti.
TOGNA: Sento quà non so chi che da se sparra
mi pare alla voce qualche sciattoncello
che guarda i buoi e con essi ciarra.
Egli È quà dietro a chesto alberello
o bischerello! Se non guardi i buoi,
ti farò imparà col randello!
BERNA: O perchÈ non pensi un pochino a fatti tuoi.
TOGNA: Alla croce chi sento! ... Eh si, È il Berna
se mi vedesse come farei poi?
Se avviene che costui mi discerna,
e soprattutto trovandomi quì sola,
potrei dire l'esequie in eterna.
Però senza dire più parola
andarò i miei vimini cogliendo
e lui vada a impiccassi pe' la gola.
Ora che so' tanto lontana da lui intendo
cantà una canzone alla stroncata
mentre che chesta piaggiarella scendo.

Strambotto (Mi +)

Tutte le belle del mio vicinato
si sono maritate da me infuore,
mio padre non men'ha ancor ragionato
questo invecchiare in casa È un gran dolore;
e bench'io abbi qualche innamorato,
pur voglio avÈ riguardi al disonore,
ma se non mi marita entro un mese
io sarò co' gli amanti più cortese (ripete)

BERNA: Oh ben trovata la mia cara Togna!
Tu canti meglio di un asinel di maggio
voi che venga il tenore?
TOGNA: Eh non bisogna
va' pur pe' fatti tuoi al tu' viaggio.
BERNA: Sai zuccarina, ho quì la zampogna
se te vuoi potrai avenne un saggio.
TOGNA: Non vo' più saggio: vai pur con Dio.
BERNA: Mettiamo almeno un pò del tuo col mio.
TOGNA: Io credevo che ti fosse chiaro
con quante volte te l'ho bell'È detto!
Eppur mi ronzi intorno gran somaro,
credo che tu me lo facci per dispetto
ma io t'ho inteso, ci porrò riparo
che te non avrai più chesto diletto.
BERNA: Che diletto ho?
TOGNA: Il mal che Dio ti dia!
BERNA: E me lo da bene se mi cacci via!
Ora che t'ho trovata quì sola nata
non ti potrei un pochino strapazzare?
TOGNA: E se io ti dessi qualche ruscellata
con che te ne potresti riparare?
BERNA: E se io t'avessi in terra quì spianata
c'avresti un bello sgambettare!
Ho voglia di provare
TOGNA: Se t'accosti!
BERNA: Staremo tutti insieme sovrapposti!
TOGNA: Oh! T'ho inteso: tu te la pigli in berta.
E sarà bene che chiami il mi' fratello
che lavora quassù sopra chest'erta
ti farà restare pazzerello.
BERNA: Nol chiamare: sta sicura e certa
ch'io me n'andrò. Ma bocchin mio bello....
TOGNA: Vattene che mai più ti riveda.
BERNA: Che tu rimanessi a' lupi in preda!
Tu fosti sempre un'asinella...
perdonami; la rabbia me lo fa dire,
tu sei galante, savia, bona e bella
ma fai il povero amante scristianire.
E ti dirò una brutta novella:
che in ogni mo per te, voglio morire.
TOGNA: Mi rincresce che non sei bell'e morto. (via)




SCENA IV


(Berna solo)

Canzona: la lamentazione del Berna 

O che patire che male al core
la Togna più non mi vole
o che dolore che vita grama
la Togna più non mi ama

Togna mia cara Togna
È il tu amore che mi bisogna
Togna mia cara Togna 
se un mi voi mi vien la rogna (2 volte)
oi, oi.... (variazioni).... ohimÈ

O me meschino! Me sciagurato!
Povero Berna so' condannato
un m'ama più! Più non mi vole!
Povero Berna un c'ho più parole

Togna mia cara Togna 
È il tu core che mi bisogna
Togna mia cara Togna 
se un mi voi mi vien la rogna (2 volte)
oi, oi.... (variazioni)... ohimÈ.

BERNA: Ora ti credo, veh, che conforto!
Traditoraccia! Ora si che so' chiarito,
tal che mi posso a mia posta imbottare;
e subito ci vo' piglià partito
per non avecci più a pensare.
Voglio fa come chel pastore
che da Tafano sentii oggi contare;
io penso che deve esse un gran dolore!....
Ma che! Chi per morì piglia conforto
tanto morì d'un mal, quanto d'amore
se il mio vive dev'esse così corto.
Ma chi avrà cura ai fatti miei?
Chi pianterà i porri nel mi' orto?
Per Satana! Vorrei e non vorrei....
se avessi prima azzappato la vigna,
so che più allegramente morirei.
Chi darà ai miei buoi de la gramigna?
Chi farà l'erba al puledrino?
Chi gratterà al maiale la tigna?
Chi riporrà in casa el vino?
Chi seminerà il grano? Chi farà l'oglio?
Quante n'andranno a male! Me lo indovino!
Se del governo di casa mi spoglio
per morte, che faranno le bestiole?
Più per loro che per me mi doglio!
E poi così sia. So tutte parole!
Se ogni cosa deve andà a la malora
abbia l'incarico chi piglia lo vole.
Infine i' mi dispongo, qui, in chest'ora,
di cavà el coltel de la guaina,
perchÈ di cacarie voglio escì fuora.
Oh povar Berna! A che sorte meschina
io so' condotto! E Togna n'È cagione
Ch'io sia druzzolato en tal ruina.
Mi dolgo ben; ch'i so' troppo stiattone.
So che dorrà d'un giovan sì pulito,
da Togna in fuora, a tutte le persone.
O Dio! S'i' la pigliavo per marito,
non mi mascellare' colle mi' mani.
Ma non posso piglià altro partito.
Tutto chesto È un abaià da cani!
Laggami porre el capparone in terra,
per fà poi una morte da cristiani.
Te, coltellino che se' uso a fà guerra
al pane, al cacio, alla carne, a' poponi,
ammazza me; contenta chella sgherra.
Ma prima che nel corpo t'appigioni,
tel dico; non mi dà troppo dolore,
ch'io possi almanco di le mi' ragioni.
Se tu trovassi Togna nel mi cuore...
cercavi bene.... e se poi ve la trovi,
la prima cosa, caccianela fuore.
Ecco coltellin mio, or ti prepara.
Vedi, t'arruoto; perchÈ senza taglio
io farei una morte troppo amara.
Non ave' compassion del mio travaglio....
Cazzica! .... Tu se' or troppo affilato.
Daresti più oltre che 'l berzaglio.




SCENA V

(Berna, Tafano)


TAFANO: Dissi ben io: costui non È impazzato.
Io so' stato a disagio qui du' ore,
credendone vedÈ uscire il fiato.
Costui a posta sua rinasce e muore:
risuscita, si spara, col coltello,
e mandalo a suo modo e dentro e fuore.
BERNA: Or non istarò più in chesto cimbello.
Ora te tagli assai mezzanamente.
TAFANO: Che no, che non si dà chel pazzarello.
BERNA: Io voglio fa palese a ogni gente....
TAFANO: (Dissi ben io costui non si darebbe).
BERNA: La cagion ch'i' mi muoio È sì dolente.
TAFANO: Si, si;.... ora vorrebbe, or non vorrebbe.
E' mi par esse certo e chiaro,
morto che fusse se ne pentirebbe.
BERNA: E già che non c'È ora più riparo.
Lasciami fare un pò di testamento;
che 'n chesti casi e c'È da vedÈ chiaro.
Del debito che c'ho non mel rammento: 
so ben che c'ho d'avÈ certi bajocchi
da un che mi pagarà a stento.
El capparone a chi vogliàn che tocchi?
Lagghian che servi al can per matarazzo.
E 'l carnier resti spauracchio a' locchi.
Cetarin; questo ramo È 'l tù palazzo;
ma se mi vuò fare un gran piacere,
non da col suon a Togna mai sollazzo.
E chi vorrà la mia morte sapere,
i' la scriverò qui, come fe' Fosco,
ch'ognun la possa legge e vedere:
"AppiÈ di chesta quercia, en chesto bosco
s'ammazzò el Berna, figliuol di suo padre,
col coltellin, di sua man, senza costo.
Una donna, con sue palore ladre,
ch'era chiamata Togna di Brunotto,
ch'aveva degli amanti a cento squadre,
liei fu cagion ch'a morte son condotto.
E scrissi qui 'l potaffio di mia mano,
e mi lasciò ammazzà, e non fe' motto."
Oh! Se sapessi chesto caso strano
la mi' povara mamma sconsolata!
TAFANO: (Oh! Quanto mi tieni a disagio invano)
BERNA: Credo che la morrebbe disperata: 
e liei, con tutti quanti e' miei parenti,
darebbe forse fiato a la brigata.
Basta, i' voglio escì di tanti stenti!
El cuor mi batte... e mi vien un sudore...
TAFANO: (Eh!... Datti! E non fa più tanti lamenti).
BERNA: Aspettiamo un pochino... O dio d'amore,
morto ch'i' so' fa' che ci passi Togna,
e dica un requiesca per dolore.
TAFANO: (Ovvia, a sede por mi bisogna:
che chesta È una trama di molto longa).
BERNA: Togna, tu n'ara' 'l danno, io la vergogna.
Prima che chesto strano caso gionga,
vorre' sapÈ ma che È chesta morte;
ma chi voglio che qui me la sproponga?
Se dopo morto io gridasse forte,
in ogni modo a tempo non farei.
Non c'È nissun! Buon taglio, o la mala sorte!
Non so che fa..... vorrei e non vorrei....
Muoi o non muoio? ... Ma sia quel che vole,
ch'altrimenti di guai non escirei.
TAFANO: (Chi vuol morì non fa tante parole).
BERNA: Vai! Coltellin; trapana, e non fa male:
non dolga a me, pò ch'a Togna non dole.
Ora ci siamo.... uh! Che morte bestiale!
Ve' chiuggo l'occhi pe un sentì dolore.
TAFANO: (Chesta cucina ti saprà di sale!
Non risuscita più chi un tratto more!)
BERNA: Ecco che qui al bellico me l'appunto.
Oddio!... Manca il coraggio e manca il core.
Cazzica! L'ammazzassi È un brutto stato!
TAFANO: (Dissi ben io: custui non sarà tanto matto).
BERNA: Togna, monta qui su; non c'ho chiappato
dice il proverbio si more un tratto;
però megli' È indugià quanto È possibile:
spesso del ferro non si more affatto.
S'un di potessi morì envisibile,
io mi ci proverei; ma 'n chesto modo...
chi s'ammazza È più pazzo che terribile.
TAFANO: Io l'ho deliberato e posto in sodo
Di mostrammi. O Berna... non senti?
Non odi, Berna?
BERNA: Lo sa, lo sa ch'i' odo.
CIANA: Al Berna dice Tafano
di menà Togna co' la mano
povero Berna, ti tocca ciuccià l'osso
avrai il male, il malanno e l'uscio addosso!
TAFANO: Che vuol dì staman tanti lamenti?
Con tante scramazion? Parole strane?....
AvrÈ caro che dirmel ti contenti.
M'ammazzo... non m'ammazzo... oggi... domane....
Con tanto borbottà m'hai sfondato.
BERNA: 'Un ero mica io; forse era il cane.
TAFANO: Oh! Il can favella?.... Che tu sia scorticato!
Se vuoi di me fidarti, confida;
ch'i' ho paura che non sie 'mpazzato.
Il pazzo sbadeglia! Starnuta! Grida!
BERNA: O che so io?
TAFANO: Or dimmel, col malanno.
Che se' 'briaco, che fai tante strida?
BERNA: Dio lo volesse! SarÈ meno danno!
TAFANO: C'hai sorognoni?
BERNA: No, se di fora
me li farei diaccià, come si fanno.
TAFANO: Donche, che diavol hai?... Nella malora!
E' stato il messo a casa, l'ufficiale?
O.... È l'amoraccio che t'accora?
BERNA: Ora c'hai azzeccato! Chest'È 'l male
che cava 'l corpo fuor del sentimento,
da non guarì cò un serviziale.
TAFANO: Datti il malanno e male pasque cento!
Chi È costei che t'ha così disfatto?
BERNA: Fu Togna di Brunotto di Chimento.
TAFANO: Vuo' ch'i' t'insegni a disamalla a un tratto,
che davvero 'un potrai più patire?
Laggal'andà, e sarà bello e fatto.
Chesto imparai quando fu' per morire.
Amai una invano e tanto mi dolsi,
e lei non ebbe pietà del mi basire.
Sai in che modo da liei mi sciolsi.
Senza ammazzammi e contià altra storia?
La laggai andà e non la volsi.
Lagga anco tu chesta donna bisoria;
ch'i' ti giuro per tutto il calendario,
che la ti succhierebbe la memoria.
Un savio fa ogni cosa al contrario;
così hai da far te: se liei ti fugge,
te nasconditi se necessario.
TAFANO: Tafan, costiei col fuoco el diaccio strugge:
e io, che so' di carne, mi consuma;
ho poco sangue, e chel poco mi sugge.
Quando in collera l'È, la fa la stiuma,
com'una mula giannetta spagnola:
e per superbia il cervel fuma.
TAFANO: Ha' provato a piglialla pe' la gola?
E, se non consente, stregnà forte,
tanto che 'un possa di parola?
BERNA: Non ho provato.
TAFANO: Oh prova; a caso e sorte.
E sappi che, s'i' avessi a fa io,
la darei prima a lei ch'a me la morte.
BERNA: Tu dici il vero; Potta di ser Pio!
Vuoi ch'il facci?
TAFANO: Fallo; e fallo presto,
se voi sfamare el tu' disio.
BERNA: O bravo che m'hai insegnato proprio chesto:
che' se un tratto la ciuffo in tul collo,
i' la strangularò senza capresto.
TAFANO: Non gli rompà il collo come a un pollo;
fa' la cosa con qualche discrezione.
BERNA: I' farò in modo che sarò satollo.
TAFANO: Se non vuo' stà salda al macchione,
cercando di fatti disperare,
e te medicala col bastone.
BERNA: Senza pensacci più or voglio andare
a vedÈ di trovalla; e se l'affronto,
tutto quel che m'ha detto vo' provare.




SCENA VI

(Tafano, Togna)


TAFANO: Oh sciabordito! Ve' che ce l'ho gionto!
Il mando per un carico di legna,
poi che gli ha fatto l'oste senza il conto.
A chesto modo a' capasson s'insenga:
se sempre gl' ha fatto trista accoglienza,
or gli farà visaccio di matregna!
Guarda che amorosa sperienza!
Va con animo di strozzalla,
o dagli col bastone. Che prudenza!
Se per caso s'abbatte di trovalla,
al primo liei si darà a berciare,
come s'accosterà oltre a piglialla.
E volendola lui così trattare,
verranno e' sui' frategli a chel rimore,
e 'l cominciaranno a rinfrustare.
Oh se ci fussi, ridarei di core!
E' sare' ito a vedÈ chesta festa,
ma non vo' che s'addia di chesto errore.
Se torna senza avÈ rotta la testa,
sarà gran fatto; chÈ in chesto paese
non c'È famiglia più bestial di chesta.
Ma ho caro che 'mpari a sue spese,
acciò ch'un'altra volta el sempliciotto,
sia con le innamorate più cortese.
CIANA: Torna Togna che dice a Tafano
che i su' fratelli hanno picchiato Berna co la mano
chissà se a chel gran testone
le botte gl' aran fatto da lezione!
Fra Berna e Tafano È rissa assicurata
o stiamo a vedÈ come finisce la scenata.
TOGNA: Manigoldo! Che 'l collo avesse rotto!
Forse ch'ebbe riguardo all'onor mio!
TAFANO: Togna, che c'È? Passi e non fa motto.
TOGNA: El malan che 'l dia Ser Pio!
TAFANO: A chi? A me?
TOGNA: Al disgraziato del Berna.
TAFANO: E che t'ha fatto? Fa' ch'il sappi anch'io.
TOGNA: Vo' che te sappi. Chel viso di cerna
mi gionse che tornavo a casa sola....
Guarda qui 'l collo come m'ha governa!
E' venne a me senza dimmi parola,
un tratto mi prese pe la gola.
E io, che mi sentivo strangolare,
gridai quant'ì potetti: al traditore!
Corrite giù che mi vole strapazzare.
Allora e' mi' frategli uscirono fore,
Co' l'armi e co' baston li furno addosso,
e credo che gl'aran cavato el core.
E quando mi partì non s'era mosso,
e so ch'il viddi per terra disteso;
e che la scampi mai credar non posso.
TAFANO: O Togna, gran foco hai acceso!
Costui ancora ha de' parenti assai:
un dì ti porteranno via di peso.
TOGNA: Che bella discrezion, Tafan, te c'hai!
Tu gridaresti se un ti sforzasse?
TAFANO: Togna, gli scherzi sopportà non sai.
S'un ti vuol ben, diavol che t'ammazzasse!
TOGNA: Guarda che segno di benivolenza!
Parve un can a corsa ch'un lupo pigliasse.
Tu com' aresti avuto pazienza?
TAFANO: Enfin, te dici el vero; ed hai ragione.
Che gli serva d'avvertenza.
Suo danno, se gl' È stato un pecorone.
TOGNA: Mi basta che m'abbi confermato
che fu sempremai ciuco da bastone.
Or detto t'ho come 'l caso È passato:
me ne vogl'ire a casa, che gl'È tardi.


SCENA VII

(Tafano)

TAFANO: Vanne in pace, bocchino 'nzuccherato.
OrbÈ, qua bisogna che mi guardi:
che so' stato cagion di chesto male.
Ch'È assai peggio di Cupido e' dardi!
Io non c'ho qui nÈ spada nÈ pugnale: 
costui da me si terrà 'ngiuriato,
e potrie fammi qualch'atto bestiale.
Però a casa vogl'Èssar andato
a piglià qualche arme per difesa.
Segue romore, come disse Cato.
E se vorrà fà co' me contesa,
perch'i' so' nel combatte adatto,
oltr'a la briga gli torrò l'impresa.
Togna buon viso più che a lui a me ha fatto:
e però voglio prende la pugnalina,
chÈ a stà qui senz'arme sare' matto.
No! Meglio vie traverse (via).




SCENA VIII

(Berna, lamentandosi)

BERNA: Amor, amor, dÈ povari ruina!
ChÈ non ci basta el morì di fame,
che ci dà col baston la medicina.
E per volÈ andà drieto a le sdame,
sol per cavammi qualche vogliarella,
sò stato caricato di legname.
Non so se in corpo c'ho la coratella:
quando la pancia mi fu sì percossa,
credetti avÈ un camin nelle budella.
Uuh le mì spalle! Uuh l'ossa!
Mi sento tutto quanto el capo enfranto,
la mì carne È più livida che rossa.
Ce n'avevo tre addosso e un da canto,
e ognun attendeva a rimbussolammi;
e non mi valse nÈ l'gridà nÈ 'l pianto.
E buon per me che non mi dien coll'armi!
Se non sapevo fà la gatta morta,
avrebbero finito d'ammazzammi.
Poi mi lassonno: e io per la più corta
a casa me n'andai per questa spada,
che sempre fa tremà chinche la porta.
E poi so' corso per tutta la strada
cercando quel brigante di Tafano,
voglio che provi com'ella rada.
Mi mandò a trovà Togna giù nel piano:
io, badalone, alla mazza n'andai,
com'andà al Bosco di Geggiano.
Se lo trovo, gli farò passà e' guai.
Che dapoi che so' restato vivo,
voglio ammazzà lui per sempremai.





SCENA IX


(Berna, Tafano)


TAFANO: Che dici te di tristo e di gattivo?
Parlami un poco in modo che ti senti.
Oh che bravate dicevi se un comparivo!
BERNA: Che? Non voi che mi lamenti?
Sta' a vedÈ, starò come la stiava;
fatto 'l mal, dà la colpa a l'altre genti.
TAFANO: Che mal t'ho fatto? Forse che non brava!
BERNA: Ti bravarò, perchÈ n'ho fantasia.
TAFANO: Se c'hai fantasia, io te la cava.
BERNA: Io me la cavarò, viso d'arpia,
con esso te, prima che di qui ti parti.
TAFANO: O perchÈ non esci? PerchÈ non fà la via?
BERNA: Eccola fatta; or li vedrai: guarti!
TAFANO: Guarti pur te.
BERNA: Traditoraccio!
Ti vò mandà per terra morto a quarti.
TAFANO: Si!........S'io fossi una torta o un migliaccio,
diavolo, o che sei un trinciante?
BERNA: Stai in guardia, perchÈ or ti spaccio.
TAFANO: Ah, disgraziato!
BERNA: Ah, vigliacco!
TAFANO: Lestofante!
BERNA: Con chesto colpo ti vò dimezzare
te fussi grosso quanto un liofante.
TAFANO: Altro bisogna che tanto bravare!
BERNA: Bisogna che t'ammazzi; ora lo vedrai,
ti fò ne l'altro mondo andare.
TAFANO: E io non so la via.
BERNA: L'imparerai,
ch'e' te la 'nsegnarò co la coltella.
TAFANO: O insegnamela ora che non ce l'hai.
BERNA: La pigliarò.
TAFANO: Oh! La sarebbe bella
Che t'aspettassi! Impara chesta in prima;
ti vo' far in pezzi le budella.
Così avrai di me più stima.
BERNA: Non t'ho stima manca tu fossi un toro,
che abbia le corna auzze in su la cima.
(gli salta addosso).
TAFANO: Oddio!....Oddio!.... Stà su, ch'io mi moro!
Oh! Se' peso!... Stà un poco su!
che così mi dai troppo martoro!
BERNA: Ah! Ah!.... Or vedi veh!... Che dici tu?
TAFANO: Dico che 'un vorrei stà più qui sotto.
BERNA: E invece vo' che non t'alzi più.
Ora ti voglio fa pagà lo scotto.
Ah! Se potessi giugne la mì spada, 
ti sgozzerei, popò di galeotto!
TAFANO: Pigliamo ognun la sua.
BERNA: Sie bada, bada.
Stà pur di sotto, ti vo' fà crepare.

SCENA X


(Berna, Tafano, Piovano)

PIOVANO: Oh bella cosa! Litigare alla strada.
TAFANO: M'ha ammazzato e mi vole ancor bravare.
BERNA: Ne menti falsamente pÈ la gola;
stu fussi morto, potresti parrare?
PIOVANO: State un poco a udire una parola:
che briga È chesta? PerchÈ questionate?
BERNA: Faccian così per una cosa sola.
PIOVANO: Che cosa È chesta? PerchÈ un mel contate?
BERNA: Mi mandò alla mazza a trovà Togna.
E femmi caricà di bastonate;
che il danno fu maggior de la vergogna.
TAFANO: Se mi si leva un pò di dosso
ve la conterò io come bisogna
BERNA: Se credi che mi levi te sÈ grosso.
PIOVANO: E' dice il vero non gli fa più male!
BERNA: Chieda altra grazia, che chesta non posso.
PIOVANO: Sai Berna, se giungesse l'offiziale,
pagheresti la contravvenzione
che anderesti quasi allo spedale.
Sta su, che voglio sapÈ chesta quistione:
e quando avrò inteso il caso apponto
darò torto a torto e ragione a ragione.
TAFANO: Piovano, buon per me che siete gionto!
Che non potevo più ricorre il fiato:
parevo una salsiccia tra il pan onto.
PIOVANO: Te dimmi, come fuste bastonato?
BERNA: O non lo sapete come si bastona?
Da tre fratell di Togna e da un cognato.
PIOVANO: Quanto alla prima parte, chesta È bona.
E te come lo facesti bastonare?
TAFANO: Non lo saprà mai ne lui ne persona.
BERNA: Ah traditore! Ancora lo vuoi negare?
TAFANO: Traditor sei te che dai di dietro.
BERNA: Vedrai che ce n'hai tante da buscare.
PIOVANO: Fermi! Questo vi basti. Orsù sta cheto.
E perchÈ non vi sia più danno o spesa, 
la sistemeremo quì fra noi in segreto.
Di Togna ognun di voi lagghi l'impresa;
perchÈ le dareste mala fama,
ne per moglie saria da nissun presa. 
Te Berna, provvediti d'altra dama,
e te, Tafano, non gli dà più attenzione;
così sia posto fine a chesta trama.











SCENA XI

(Tutti)

TOGNA: E' sempre quì chesto Berna testone?
Ma per me ti potrai dare un vanto,
che ti fu rotta la schiena el groppone.
PIOVANO: Togna, mettiam cheste cose da canto:
il Berna ha fatto male e lo confessa,
e gli rincresce d'avetti offesa tanto.
Chesta ingiuria mi par che sia rimessa.
PoichÈ ha fatto pace con Tafano,
chest'altra grazia ancor gli sia concessa,
che te li pigli per mano,
e che si canti una bella canzone.
TOGNA: Io sò contenta, ma voglio cantà piano,
che mi vergogno fra tante persone.
TAFANO: O giù non ti vergognà, farò la via,
e ti dirò: mio bel boccone
spero che t'entri in fantasia
quello di noi che più bene ti vole,
se non voi esse del Berna sarai mia.
TOGNA: Ovvia sta zitto, te fai troppe parole.


canzona:

Se vi paresse Togna sì crudele,
diventa poi più morbida che mÈle

PIOVANO: Trullallà...

se l'È con gli amici disdegnosa,
poi si piega e diventa pietosa

PIOVANO: Trullallà...

PerchÈ l'È di natura assai prudente
la si fa voler bene ad ogni gente.
E se per lei questioni fan gli amanti,
dipoi la fa piacer a tutti quanti.

PIOVANO: Trullallà...

E se del Berna la vuol esser moglie,
tutti ci caveren le nostre voglie.

PIOVANO: La là.












ATTO II 

SCENA I 


(scena con movimenti e musica)

(E' ormai voce di popolo: tutti sanno dove Togna incontra i suoi amanti: sotto la vecchia quercia. Uno, poi un altro e anche il piovano. Tutti si guardano intorno e aspettano impazienti, poi lei arriva e comincia il gioco.....)





SCENA II


(Berna solo)


BERNA: Vieni fori! Dò sei zozza villana!
T'ammazzo! Ah che travaglio, che ruina
m'ha riserbato il destin, che sorte vana
fu una disgrazia amà chesta vaccina
mai sfidà il fato per una sottana!
Ma ormai È troppo tardi 'un c'È più mericina
il destino È segnato, oh disgraziata!
Eccola, eccola là, questa malnata
prima t'ammazzo te e poi m'ammazzo me
così chesta chestione È sistemata (via).

(voci in 5ø urla di Togna e del Berna)





SCENA III


TOGNA: Soccorritemi donne, me sciagurata
hel mì marito mi vole ammazzare!
Starò qui dietro ringuattata
che se ci passi non m'abbi a trovare.
(si nasconde dietro un albero)
BANDITORE: "E se del Berna la vol esse moglie
tutti ci caverem le nostre voglie".
Il tempo È passato
e il Berna Togna ha poi sposato.
Ma sembra che tutto sia trascorso invano
(non È affatto strano)
(chÈ) la dama se la spassa (fa) con tutti,
anche col piovano.
BERNA: Ti troverò! Dove ti sei imbucata
non voglio più che m'abbi a svergognare
cagnaccia, spudorata, anche col piovano
ti voglio strangolà con chesta mano!
Oh, e mi fa le moinelle....
E io castrone mi ci sò sposato!
Voglio scoprì cheste tù marachelle
non voglio esse più cornificato
gli voglio cavà fori le budelle!
Ora ti vò bussà, che sò adirato
Basta! 'Un la voglio più la su' moina
Dò sei! Vieni fori malandrina!
TOGNA: Ecchime qua, che mi volete dire?
BERNA: Vo che con esso me te facci il conto.
Te le sÈ fatte dà quelle tre lire?
TOGNA: Me le sò fatte dà or ora per l'apponto.
(Togna si sistema gli abiti)
BERNA: Ah! T'ho scoperto, ti devi sempre rivestire!
TOGNA: MacchÈ racconti, sciagurato!
BERNA: Non ci credi che ti faccia uscire il fiato?
O in che modo me lo vorrai negare
che c'hai sempre la gonnella rimboccata
non hai avuto il tempo di potetti allacciare
mira che porca tutta spettorata.
TOGNA: Se mi volevo un poco addormentare
volevate che stessi sì serrata?
E' c'avete una bella compassione!
BERNA: Toh! Ti venisse l'acetone!
Forse credi che sia stolto e balordo!
Io ti viddi dianzi in terra stesa
con chel porcaccio di chel prete lordo
che ti teneva con dù braccia presa
hai visto se me lo ricordo!
TOGNA: E lo so, non potetti fà difesa
e poi lo sai, mi pare d'avÈ ragione.
BERNA: O che ragione hai? (la picchia)
CIANA: Ecco il Noja soldato
che fra i due litiganti fa d'avvocato
ma un c'È ragione ne doglie: chi È becco È segno ha moglie
la gente dice: dove sarà la frode?
Fra i du' litiganti, il terzo..... gode!




SCENA IV


NOJA: Dammi qua chesto bastone
perchÈ dai a costei non hai vergogna?
Asinaccio, poltrone, sciagurato!
TOGNA: A chesto modo in tutta la via mi svergogna (piangendo).
La brutta carogna, siccome È arrabbiato
di me dice bugie, non ci crede sogna
che possi essar da lupi strangolato! (gli sputa)
BERNA: Se ti chiappo, figlia di canaglia
ti cavarò di dosso la frattaglia.
NOJA: Non la toccà, villan poltrone
vieni un poco quà, vedrai che bella festa,
te ne darò tante con questo bastone
che ti farò uscì il vino da la testa!
BERNA: Oh chesta È bella! O dunque chi ha ragione?
(Io) sò il su marito, la mi moglie È chesta
la voglio castigà.
TOGNA: O che t'ho fatto?
NOJA: Tirati via cialtrone, viso di matto!
BERNA: Che hai fatto? Io voglio che sappiate:
con un pretaccio, statemi a sentire!.......
NOJA: Voglio che chesta cosa mi raccontiate
per amor di costei la voglio udire.
BERNA: Vi dirà delle sù pappolate
È la sù usanza, altro non sa dire.
NOJA: Lascia dire prima a lei la sù ragione
se non voi che adoperi il bastone!
BERNA: La ragione l'ho io e lei c'ha il torto 
chÈ mi comincia a fà le fuse torte
perchÈ ormai me ne sò bell'È accorto......
NOJA: Te vai cercando la cattiva sorte,
stai attento che ti fò restà morto
voglio che dica lei
BERNA: O dica forte!
TOGNA: Voglio dire i tù mancamenti
che altro si può dire.
BERNA: Te nementi!
E lo sai che sò onesto, schietto e tutto quanto!
NOJA: Ancor non vuoi stà cheto villano
zitto e mosca, stai da canto!
Bisognerà che lo leghi questo insano
chÈ altrimenti non mi daria vanto
se non l'ammazzo, lo farò stà lontano!
BERNA: Ovvia, non mi legà starò cheto
Oi! Fermo, e gira le mani dietro!
Togna, per amor di quei poccioni
fammi un poco allentare te ne prego
non parlo più! (Berna È legato)
NOJA: Togna parla, dì le tù ragioni, 
e te stai bono e cheto, poi ti slego.
BERNA: Oh e soffoco! Mi viene i lucciconi!
Se mi movo mi strozzo, un mi piego!
NOJA: Non c'È verso perchÈ s'acchetasse?
Ora dì ciò che voi, che si strozzasse.
TOGNA: Siccome c'È tanta gente qui intorno
alla croce vi dico che non ho paura
io dirò forte....
BERNA: Ovvia fammi questo scorno.
TOGNA: Lo farò, tanto sei di pelle dura
quando eri al sole là drieto al forno
che facevi con mano?
BERNA: Sciagurata!
Non lo dire! Mi cercavo i pidochi.
TOGNA: Che ti possino schizzà l'occhi!
In chesti giorni che andasti a Siena
dimmi un pò, chi ti sciolse il gonnellino
mi fu ben detto da Nencio di Nena,
che ti trovò sotto San Martino
forse che non dici poi: mi dole la schiena!
BERNA: No! Me lo tolse un giovin cittadino
me lo renderà, voleva mascarassi.
TOGNA: Lo senti, non sa come scusassi.
Con quella Zoppa che guarda i castroni
fusti veduto, sciagurato! 
Quando t'arrecasti enginocchioni
fusti pure svergognato
a chesto modo si coglie e' mocciconi
le fece annusà se gli puzzava il fiato
e poi bellamente in un tratto la coscia
e gli fece bacià, capito! La coscia!
Con esso me fa sempre il cagnaccio
o dice che ha male o che È stracho
ma non fa così coll'altre il mandrillaccio!
Le segue come fa il baco
vò che te veda che gl' È un porcaccio
lordo, schifoso, viso di briaco!
Vuol buttà tutto all'aria a sue mani
che ti possa cascà in bocca a' cani!
Mirate! Che mi venga una quartana,
eh per conto suo me la potrei pelare
quando va via non sta una settimana
ma quattro o sei, È potrei aspettare!
Quando la golpe non torna a la tana
bisogna che i golpin si dien da fare!
Se stessi ad aspettà i su' fatti
e farei peggio che non fanno i gatti!
NOJA: Che può fà il cielo se si tratta sì male?
TOGNA: Chesta È la croce! E di più c'È stato,
se lui c'avesse in zucca sale
io un altro 'un l'avrei cercato!
BERNA: Uno! E ce n'hai parecchi!
NOJA: Zitto bestiale!
BERNA: Tasicchio, el Calindera, Nencio, Vico, Tafano, 
il Randellato..... Mio Mao, il Pastasciutti.....
Ma il peggio È che vai anche col piovano!
TOGNA: Io sò così perchÈ c'ho il core sano,
te con quante sei stato sciagurato
non ti bastano.
NOJA: E' ti concia a dovere.
Ascoltami, lasciamolo stà legato
e vieni con me che ti farò godere.
TOGNA: Andiamo.
NOJA: Addio!!!!!
BERNA: Scellerato!
Anche quest'altro me l'ha data a bere....
a chest'ora sarà bell'È sdraiato a diacere
e chella cagna sopra a lui.... a sedere
No! Un posso più campà dal dispiacere
se mi potessi slegà le farei nere!
Ma come fo', la fune È troppo stretta.
Io ti riacchiapperò, schifosa maledetta!




epilogo:

CIANA: Donne! Donne sane!
Tiriamoci su le sottane!

(al Berna mentre lo slega)

A visto, un c'È stato niente da fà, consiglià 'un vale
È il destin che t'ha fatto finì male!

(al pubblico mentre berna esce)

A druzzolà nel precipizio
il poro Berna c'aveva preso il vizio
ma se lui 'un n'ha 'mparato la lezione
speriamo che sia servita a queste persone.

(per andare, canticchiando)

"E ora tutti in compagnia, pigliamoci la via.
andiamo un pò a vedere, se ci daran da bere"

(si riferma, al pubblico)

Qui finisce l'egloga del Coltellino
ma aspettate un altro pochino:
se state cheti e fate attenzione
vi si canta un'altra canzone
state buoni e 'un fate tanti lamenti.....


Canzona:

Bisognerebbe stà sempre contenti
senza avessi cotanto a sudare
e sguazzà sempre vive senza stenti
e non aver mai debiti da pagare
e non mancasse mai ori nÈ argenti
per non dovessi mai più indebitare
* che veramente gl'È un grande affanno
lagorà sempre e stentà tutto l'anno.
* (due volte)


Il fine