L’ultima corsa di Fred – 3 febbraio 1960

di

Mario Gelardi e Giuseppe Miale di Mauro

Rosa.
Che razza di colore il rosa…
Fosse stato per lui, andava benissimo la 1400 verde che aveva da una vita, invece…invece tutti a dire “uno come te deve averne una importante”, “uno come te non può girare con quel catorcio, che figura ci fai con quella 1400 verde”…ma perché rosa è bello…?
Se ne stava per andare a dormire dopo una di quelle notti che non arrivano mai alla fine, Fatima se n’era andata e quando stai così le notti cominciano con il giorno. A quell’ora del mattino chi vuoi che ci sia per strada, c’ero io che avevo finito il turno e me ne stavo tornando a casa. Facevo fatica a pedalare, certe notti a Roma fa freddo…
Questa città l’ ho sempre girata in bicicletta, anche quando non sono di turno, più di una volta hanno provato a mettermi sotto, non lo fanno apposta ma l’automobile aumenta la fretta. Perché uno pensa di poter arrivare comunque in tempo, basta correre un po’ di più. 
Giro per via Paisiello e vedo una Ford Thunderbird…rosa…
sfrecciare almeno a 100 chilometri all’ora.
No, nemmeno io mi ero accorto di quel camion di merda che arrivava da destra. 
Quando l’ ha visto ha tentato di evitarlo, ma non ci è riuscito. 

Fred Buscaglione, popolare cantante di musica leggera, è morto stamani a Roma in un pauroso incidente stradale avvenuto alle sei e venti all’incrocio di via Rossigni con via Paisiello…

Devi essere proprio famoso se la radio parla di te! Voglio dire se faccio un incidente io con la mia bici, pure se muoio, mica me lo dice il radiogiornale…cioè non a me, agli altri…agli altri, ma mica ci viene tutta quella gente al mio funerale…
Quanta gente che c’era fuori la chiesa…l’ultimo saluto al grande Fred!

Hanno detto tutti che era ubriaco, ma io l’ ho visto. Fred era lucido.


MUSICA

Quello che guidava è sceso dal camion con gli occhi di uno che ha visto la morte in faccia, mi hanno detto che si chiama Bruno Ferretti quello che l’ha ucciso. La macchina era ridotta veramente male, l’hanno portata direttamente allo sfascia carrozze. All’altezza del sedile le lamiere squarciate lo avevano imprigionato . Lui se ne stava accasciato sul volante con la testa ferita.
Era ancora vivo. 
L’abbiamo tirato fuori dall’auto io e un carabiniere. 
E quanto pesava!
Giacca blu con bottoni dorati, pantaloni grigi ed un cappotto. Tutti inzuppati di sangue. Era vivo, aveva ancora la forza di lamentarsi mentre lo caricavamo sull’autobus. Il 90 è partito più veloce che poteva verso il policlinico, ha fatto strada una jeep dei carabinieri a sirene spiegate. 
Chissà se la sentiva la musica delle sirene, quelle stesse sirene che hanno fatto parte delle sue canzoni…
Tutto inutile. 
3 febbraio 1960. L’ultima corsa di Fred.

MUSICA

Da piccolo seguivo sempre mio padre nelle sue “imprese” di pulizia, lo conoscevano tutti e per strada lo salutavano con rispetto, era un uomo importante, almeno era quello che credevo da bambino, e con lui mi sentivo importante anche io. 
Piazza Cavour 3. Me ne stavo seduto sul primo scalino mentre finiva di lavare l’androne del palazzo, tra le mani stringevo il mio pallone di cuoio, il regalo più bello da quando ci eravamo trasferiti da Napoli a Torino. Un ragazzino secco secco mi fissava dalla portineria. “Torinesi falsi e cortesi”. Lo diceva sempre mio nonno. “Il pallone non me lo freghi ragazzino!” 
“Saluta Ferdinando, non te lo ricordi? E’ quello che studia il violino al conservatorio”. 
Mi sembrava di averlo già visto, ma quello non parlava mai. 
Che non avrebbe resistito al conservatorio me l’aspettavo, troppo timido, ma che finisse a verniciare le ringhiere con il padre…anche se quelli erano anni difficili per tutti. Ma la passione per la musica era troppo forte, ha imparato da solo a suonare anche la fisarmonica, la tromba e il sassofono. E come suonava! La gente sentiva la sua musica dappertutto. Nelle pause suonava il violino per quelli che verniciavano le ringhiere, suonava una musica che nessuno conosceva, più ritmata, una “musica strana”…
Però quella musica restava…e quando riattaccavano il lavoro il pennello saliva e scendeva, ma a ritmo di swing. 

MUSICA

“Balilla e moschetto fascista perfetto!”

Tutti fascisti in quegli anni, chi per scelta, chi per costrizione e chi come me era troppo piccolo per capire. L’unica musica che si poteva ascoltare era quella napoletana e qualche stupida canzoncina italiana.

“Lola, cosa impari a scuola, manco una parola e balli il charleston…” 

Il charleston degli anni 20! Quello di Isa Bluette. C’era anche il fox, l’esitation, lo shimmy, lo slow e l’one step.
Ma a casa nostra mentre a mio padre scendeva pure qualche lacrima continuavamo ad ascoltare i dischi di Caruso.

“Che bella cosa è ‘na jurnata e sole…” 

Meno male che per noi giovani c’era la Radio con le grandi orchestre, quella del maestro Barzizza e quella di Cinico Angelini. Suonare con loro era un grande risultato per un qualsiasi musicista, indispensabile per raggiungere la popolarità. Non per Fred. Ha resistito solo pochi mesi all’interno dell’orchestra del maestro Angelini, chissà stavolta che cosa non gli andava bene. Tanto c’era sempre qualcosa che non gli andava bene.

In quegli anni per passare il tempo andavamo a ballare, nelle sale da ballo, un po’ per corteggiare le ragazze e un po’ per sentire la musica.
Una sera chi ti incontro al Dehor? Lui, che con quattro scalcagnati suonavano “Digadigado”, un pezzo molto in voga in quegli anni. Ma lui lo suonava con un sorrisino sulle labbra, si vedeva benissimo che non gli piaceva per niente, quasi sembrava che il suo violino si rifiutasse di suonarlo quel pezzo. 
La sua vera musica, quella che piaceva a lui, che poi era quella che piaceva pure a me, la suonava all’ Hot club. Ci andavo spesso a sentirlo.

Musica jazz.
Corre fuori.
All’improvviso un fischio.
La musica si trasforma in” giovinezza”.

Ho fatto il palo quella volta, perché in quei tempi queste canzoni “straniere” non si potevano proprio suonare. Si finiva in galera, mica uno scherzo. 
La mia divisa mi rese insospettabile. 
Un ragazzotto bello solido con due occhioni azzurri grandi così, si trovò a passare vicino al locale e attratto dalla musica entrò. La sua attenzione venne catturata da Fred che il violino lo faceva volare. Anche se a dire il vero non era molto in vena quella sera, ma Fred era sempre Fred. I due fecero subito amicizia a sorsi di whisky e boccate di sigarette serraglio. Quello era Leo Chiosso.

MUSICA

A 18 anni, chiamato alle armi, mi hanno spedito in Sardegna. La mia bicicletta l’ho lasciata legata al palo della luce sotto casa mia, perché si salvasse dai bombardamenti che prima o poi sarebbero arrivati. Adesso dovevo pensare a me e a come salvarmi. Mi assegnarono alla sezione spettacoli dell’esercito, un lavoro tranquillo che forse mi avrebbe permesso di non andare in prima linea. Papà conosceva un sacco di persone e un favore non glielo rifiutava nessuno.
Bussano alla porta, “Avanti” 
“Voglio parlare con il tenente”
Aveva lo sguardo di chi la guerra non la voleva proprio fare, di chi si sarebbe inventato qualsiasi cosa pur di non combattere, praticamente avevamo lo stesso sguardo.

Gag fischio di avviso della ronda fascista.

Tenente. C’è il soldato Buscaglione. Cioè il soldato…c’è Fred Buscaglione
“E’ appassionato di musica il tenente”.
Lui mi guardò come se in quel momento avesse avuto un idea.
Voleva mettersi a servizio dell’esercito per organizzare uno spettacolo ricreativo. Raccontò al tenente di avere una grande esperienza musicale e teatrale. Teatrale…? Era una bugia. Ma dai Fred… 
“Una rivista insomma” chiese il tenente. 
“Si, ma patriottica!” Rispose. 
Mi fece un sorriso a trenta sei denti, lo vidi attraverso i baffi neri. Forse ancora non ce li aveva i baffi…me lo ricordo sempre coi baffi…?!
Vabbè, il bello è che riuscì a girare tutta l’Italia con la sua orchestra e il suo spettacolo senza mai incrociare la guerra o rischiare minimamente la vita. Aveva davvero talento da vendere…fece la gavetta a spese del Regio Esercito Italiano. 

MUSICA

La guerra era finita.
La mia bicicletta non c’era più, però c’ero io. Tornato a Torino ripresi il mio lavoro da metronotte, i soldi del primo stipendio li ho restituiti a mio padre che me li aveva prestati per la bicicletta . 
Un vero disastro, gli amici erano diventati nemici e i nemici ora ci davano da mangiare. Torino non era più quella che avevo lasciato. La guerra era finita ma aveva segnato per sempre le nostre vite.
La musica non si ascoltava più, non c’erano i soldi per andare nei locali, non c’erano i soldi per aprirli i locali. 
“Come fila questa bicicletta nuova, mi sa che se ci mettevo un po’ d’olio avrebbe filato anche la vecchia”…mentre ero preso da questi straordinari pensieri… FRED E I SUOI ASTER - NOVAS. Sala da ballo Serenella. 
Nonostante la guerra e nonostante tutti i problemi lui riusciva ancora a fare la sua musica. Ma la musica che usciva fuori da quel locale non era swing, era una cosetta per la gente, quella che serve per fare i soldi. Fu allora che pensai : “Fred ha paura della miseria!”
Rimasi qualche minuto là fuori ad ascoltarla, ma non era niente, non era quella che piace a me, quella strana. Quella ormai non la suonava più nemmeno all’Hot Club. Ma non era possibile, se non ne potevo fare a meno io, figuriamoci lui! 
Per qualche anno persi le sue tracce, seppi che se ne era scappato in Svizzera per poter riprendere a suonare la musica che gli piaceva.
Il secondo miglior violinista hot del vecchio continente. Tra le mani una copia rimediata del “musica jazz” che avevo trovato al hot club. 
Io lo cercavo, non lo sapevo ma lo stavo cercando quel bastardo della musica strana. 

MUSICA

Non le tolse per un attimo gli occhi di dosso, lanciava giusto uno sguardo allo spartito per tenere il ritmo, mentre ammirava il corpo giovane e scuro di quella ragazza marocchina che si contorceva a ritmo di musica. Una vera apparizione: Fatima.
Quante ne avrà viste di donne nella sua vita…ma quando guardi una donna e all’improvviso tutto si ferma intorno, tutto perde valore, non conta più niente tranne lei, significa che quella non è una donna e basta. E’ il terremoto, quando meno te l’aspetti fa tremare la terra e quando è passato ti giri indietro e capisci che qualcosa non sarà più uguale a prima. 
Quel terremoto in Fred non è passato mai. 
Si era fatto talmente prendere da quegli occhi neri senza fondo che aveva suonato ad un ritmo troppo veloce per l’esibizione del gruppo. Quella sera al Cecile si alternava la musica con numeri di acrobazia, il trio Robin’s era formato da Fatima, suo padre e da sua sorella.

“Se proprio non è capace di andare a tempo vada a dirigere la banda dei bersaglieri.”

Sorride.

Le prime parole che lei gli rivolse.
Tre giorni dopo erano già più che amici.
Che le cose tra di loro cominciavano ad andare bene lo si capì subito, nessuno poteva fare a meno di sorprendere i loro sguardi che si incontravano quando lui le dedicava tra un pezzo jazz e l’altro una canzone dove amor faceva rima con dolor…

MUSICA (Criminalmente bella)

Fu un attimo e Fatima in punta di piedi era entrata nella vita di Fred, che da allora non fu più la stessa. Dovevano vedersi di nascosto però, perché se lo avesse saputo il padre di Fatima il meno che poteva succedere era una bella scazzottata. 
Mohamed, ex colonnello dell’esercito francese, era gelosissimo della figlia e non gli piaceva proprio quel casanova italiano. 
Le loro strade si divisero, ma continuarono a mandarsi lettere intense e piene di passione, non riuscivano proprio a fare a meno l’uno dell’altro. Una notte finito lo spettacolo Fatima salì su un treno e alla stazione di Davos la aspettava il suo Fred con una slitta trainata da due cavalli.
Nemmeno un rigido ed ex colonnello marocchino poteva ostacolare l’esplosione di quell’amore così forte.

MUSICA

Mia moglie l’ho conosciuta al mercato, ci scambiammo uno sguardo mentre le nostre mani si incontravano dirette sullo stesso pezzo di pane. Fui galante, lo lasciai a lei. 
La portavo in giro sul manubrio della mia bicicletta scivolando per le strade di Torino alla ricerca del posto più bello dove darle il primo bacio. A Torino il posto più bello non c’è! 
Era la donna della mia vita, lo capii subito. Non era bellissima, ma a me mi piaceva assai, e poi parlava poco. Mi piacciono le donne che parlano poco. Parlava talmente poco che quando le chiesi di sposarmi fece un sorriso e mi rispose con un cenno della testa. 
Domani è il nostro anniversario, facciamo undici anni di matrimonio. Facciamo…? Li avrebbe fatti anche lui…mentre sposavo mia moglie in una piccola chiesa della città, lui sposava Fatima nel Duomo di Torino. 
Il ritorno per il suo matrimonio l’ho sempre visto come il regalo più bello per il “mio” matrimonio.

MUSICA

Io non ho avuto tanti amici, tipo quelli di infanzia o quelli del cuore, qualche volta giocavo a bocce con qualche collega di lavoro ma non è la stessa cosa. Spesso mi intrattenevo al hot club, ormai avevo fatto amicizia con i ragazzi che lavoravano al bancone, dopo il terzo vov mi sembrava quasi che mi volessero anche un po’ di bene.
Sembrava…?! No, mi volevano bene…a volte il quarto me l’offrivano.

Fumava mille sigarette mentre spiegava a quel tipo dagli occhi azzurri cosa era veramente il jazz…forse quel tipo veramente bene non lo sapeva che cos’era il jazz, ma sembrava uno che di musica ne capisse abbastanza…

MUSICA

Era proprio così! Quante canzoni sono venute fuori da quella coppia che discuteva di musica e di donne tra un bicchiere e l’altro, perché Fred la conosceva la musica ma aveva proprio bisogno di qualcuno che lo aiutasse a scrivere le canzoni: Leo Chiosso.
“Apri la porta Tommaso.” La prima, ma proprio la prima, che scrissero insieme era dedicata a Tommaso, il portiere di notte dell’ hotel Imperia, me l’ha detto proprio lui, Tommaso. Noi che lavoriamo di notte ci conosciamo tutti. Era una specie di ricompensa per tutte le volte che quei due prendevano una stanza per portarci qualche ragazza senza pagare. 
Tommaso quella canzone se l’ascoltava continuamente facendo andare e riandare il suo settantotto giri. E’ stato il primo disco che Fred ha inciso, dall’altro lato c’era “Ogni notte così”, ma Tommaso non la sentiva mai, non so neanche se lo sapeva che c’era un altro brano in quel disco che sentiva solo suo. In realtà non è stato di molti altri, giusto di qualche amico e dei parenti più stretti che per bontà o amicizia hanno comprato il disco.

MUSICA

Avevano ordinato due grappe e un caffè, come facevano di solito dopo cena, e se ne stavano lì a fumare e a pensare. Sul conto qualche appunto della nuova canzone che stavano scrivendo, e tanto silenzio. Avevano da poco finito di parlare de “La notte dei duri”, un libro di gangster americano in cui il boss veniva fatto fuori a fucilate dalla sua donna…Leo consigliava spesso queste letture a Fred…

MUSICA (Teresa non sparare)

“Chi è quel negro con la tromba ?” Per un attimo Fatima ruppe il silenzio e riuscì ad attirare la loro attenzione. La faccia scura e paffuta come un palloncino che sta per esplodere, gli occhi spiritati pronti a schizzar fuori dalle orbite ad ogni soffio nella tromba, ed un sorriso aperto e sincero di chi è felice della sua musica. Fred era già in piedi, camminava veloce e sicuro verso quell’omone nero, gli si avvicinò e fece un sorriso a dir la verità un po’ idiota. “My name is FRED BUSCAGLIONE. I’m a jazz man.” Il nero spalancò la bocca in un sorriso abbagliante, “My name is Louis Armstrong. I’m the Jazz.” Un’occhiata, e Fred tirò fuori il suo violino, partì il primo squillo di tromba e fu subito musica, grande musica, musica strana, fu subito jazz!
Quell’incredibile jam session andò avanti fino alle sei del mattino, e nessuno di noi voleva perdersi quell’occasione più unica che rara. Fred cominciò a suonare in un modo che non avevo mai sentito, più di una volta sembrava che si stesse per spezzare una corda del violino, suonava talmente forte che pensai: “Ma ti sembra questo il momento di suonare così male!”. Armstrong finì di soffiare nella sua tromba e si mise a guardare anche lui sbalordito Fred, mi sentivo imbarazzato. Non vedevo l’ora che finisse. Quando finì di suonare, il nero fece una smorfia strana e con quella sua voce da uomo nero: “Good, very very good!”. Ci ho messo un’ora per capire che significava che aveva suonato buono, veramente veramente buono. E se lo diceva lui c’era da crederci. Fred era riuscito a suonare la sua musica strana in una maniera ancora più strana. Fu una notte fantastica e il giorno dopo mi volevano licenziare, avevo saltato il turno. 

MUSICA

(sulla musica) Al piano: Dino Arrigotti. Alla chitarra: Oreste Corrado. Alla batteria: Carlo Guagnini. Al sax: Nino Cianfanelli. Al basso: Umberto Buscaglione. Voce solista: Fatima, my love, Buscaglione…e poi c’era lui, il grande Fred. Questi erano gli Aster – Novas nel 1951.

Però io non canto male… Certo un metronotte che si mette a cantare, bisogna aver studiato…(ci pensa) Fatima faceva la giocoliera e divenne una cantante brava, ci aveva una voce! La Fitzgerald uguale! Sarà stato lui a insegnarle a cantare, c’era l’amore. Con me, pure se diventavamo amici, mica lo avrebbe fatto, chi mi insegnava a cantare a me! Mia moglie diceva che cantavo bene, certe volte quando eravamo in quei momenti lì, d’intimità, lei mi faceva: “Cantami quella canzone là”. E io… 

MUSICA (Eri piccola) 

Quando gliel’ho cantata la prima volta a mia moglie, devo dire che ha avuto un certo effetto, e pensare che quando all’inizio la cantava Fred nei locali veniva giù il gelo. Il pubblico smetteva di ballare e aspettava pure un po’ incazzato che lui finisse di cantare quella roba senza senso, con le sirene, gli spari di pistole, i colpi di tosse. “Ma che fa questo, è impazzito”. Il solito disastro. 
Le serate si susseguivano una dopo l’altra moltiplicandosi a vista d’occhio, ma la verità è che Fred era conosciuto solo ai clienti dei locali, che bene o male eravamo sempre gli stessi. 
Un colpo di pedale dopo l’altro, tanti posti controllati e tanti altri da controllare ancora, pregare un ubriacone di togliersi davanti la bicicletta, bere un caffè caldo con il barbone della stazione, aspettare l’alba attraverso la nebbia di questa città, e sbirciarli seduti al solito tavolino, del solito bar, della solita piazza, cercando di capire.
Leo se ne stava con la testa tra le mani, alla ricerca di qualcosa, qualcosa che doveva arrivare chissà da dove, Fred sorseggiava il facile, come gli piaceva chiamare il whisky, con lo sguardo perso nel vuoto stringeva la mano di Fatima che osservava il suo uomo, uomo che amava sempre di più. 
“Io un idea ce l’ho. Devi diventare un personaggio, amato dalle donne e invidiato dagli uomini. Tipo quei gangster dei libri americani che piacciono a noi. Il baffetto alla Clark Gable già ce l’hai, un bel guardaroba nuovo per le nostre criminal song, e poi la voce…ci vuole una voce un po’ rauca, tipo Al Capone.”
Che idea assurda! Uno sguardo a Fatima, quello di uno che non sa proprio più che fare per uscire da quell’anonimato che gli stava stretto.
Fatima sorrise: “A me il baffetto mi è sempre piaciuto”

MUSICA (Il dritto di Chicago)

“A me il baffetto mi è sempre piaciuto”
Noi ci abbiamo la nebbia dentro, siamo annebbiati. Una nebbia che diventa come un muro, e ogni cosa nuova non trova la sua strada. Ci piace solo quello che conosciamo e che sappiamo riconoscere, “dover sforzarsi di capire” diventa un’impresa, una cima da conquistare. 
Così può capitare che un ragazzo di Torino che suona un sacco di strumenti, che sa cantare con una voce calda e vellutata, che si e no beve un grappino a fine cena, debba diventare una specie di gangster americano quasi sempre perdente, trasformando New York in Casalpusterlengo, modificando la voce calda e vellutata in qualcosa di simile al rumore di un proiettile sparato da una pistola arrugginita. Finendo per confondere il personaggio con la vita reale, tant’è che a forza di fumare e bere whisky ti ritrovi con il fegato che grida aiuto perché sta per scoppiare e con una Ford Thunderbird rosa che davvero ti fa schifo.
Fa schifo!
Tutto questo solo per un po’ di successo. Lo stesso successo che ti porta a schiantarti contro un camion.

MUSICA (Whisky facile)

Io invece continuavo a percorrerla in bicicletta la mia strada, strada che da quel giorno cominciò a diventare più difficile. Mia moglie era incinta e i soldi non bastavano mai per noi due, figuriamoci con un bambino. Mio padre parlò di me ad alcuni suoi amici, ne venne fuori che uno di questi cercava proprio un metronotte per l’azienda di un suo parente. Certo avrei guadagnato molto di più, ma quel lavoro mi avrebbe portato lontano da Torino. Qualche dubbio, il pianto di mia moglie che prima di allora non aveva mai lasciato la città, giusto qualche gita a Cuneo per trovare i parenti. Le valige ben legate con lo spago, la bicicletta smontata pezzo per pezzo, un bacio a mamma,le ultime sagge raccomandazioni di mio padre, il treno alla stazione pronto per partire. Un fischio e via. 
Beh, almeno a Roma non c’è la nebbia. 

MUSICA

“Ma come non conosci Fred Buscaglione…?
“Eri piccola…piccola…così…”
“Teresa…non sparare col fucile…”
“E chi è ‘sta Teresa? Ma che stai a dì…?”
“Vabbè, pedala va che è meglio.”
Roma già non mi piaceva tanto, all’inizio il colosseo, ma perché è grande! Mia moglie poi, era troppo da gianduiotti e cioccolata calda per abituarsi alla coda alla vaccinara e ai rigatoni con la pajata. Dai bar e dai locali torinesi ero passato a controllare le trattorie e i night club della capitale, pedalavo nella dolce vita. Però mi mancavano le serate al hot club, mi mancava la musica strana, mi mancavano lui e il suo languido swing. 
Ogni tanto chiudevo gli occhi e…
La nostra bimba cresceva e con lei crescevano i nostri doveri e le nostre preoccupazioni. E per lei si moltiplicavano le mie notti in bicicletta, volevo essere un buon padre e quegli straordinari mi permettevano di non farle mancare niente. Le comprai la prima bicicletta. “Non attaccarla mai ai pali, pure se dovesse scoppiare la guerra! Che cos’è la guerra? Quando cresci papà te lo dice.” 
E pedalava, pedalava…
E pedalando pedalando incontrai Gino Latilla…
Aveva un sacco di dischi in mano, li dava a tutti, uno lo diede a me.
Su quel disco c’era scritto: “Che bambola. Fred Buscaglione.” 
Finalmente ce l’aveva fatta! 
Che grande amico Latilla, ho saputo che per convincere la casa discografica ad incidere i pezzi di Fred, aveva acquistato duemila copie del disco che distribuiva in giro.
E che distributore, fece in modo che il disco ebbe successo al punto che qualcuno si inventò un pupazzo con le sembianze di Fred, il Buscaglioncino. Io ce l’ho, l’ho comprato per fare un regalo a mia figlia, adesso lo tengo in camera mia
Quel successo Fred se lo meritava proprio, successo che lo portò finalmente da me, nei night di Roma. Io lo aspettavo fuori, questi locali sono troppo cari per me, roba da gente di cinema.
Mi accontentavo di quelle poche note che uscivano tra l’apertura e la chiusura della porta d’ingresso. Era vero successo, di quello che non lascia dubbi. Dischi, copertine di giornali, il pubblico che fa la fila fuori dai locali e addirittura il cinema! Bianco cappello floscio con fascia scura, completo blu gessato, fazzoletto candido al taschino alla maniera di Bogart, questa ormai era la sua divisa. Lo vedevo uscire anche all’alba, qualche volta con Fatima, qualche volta con qualche subrettina. 
Era cambiato, non era più l’appassionato di jazz che si chiude nei piccoli locali con un gruppo di amici, era quasi un divo ormai, o forse era quello che voleva farci credere. 
Infondo anche io penso di essere cambiato da allora. 
I ragazzi di Torino non sono più ragazzi, la vita è cambiata e ci ha cambiato. Pur ritrovandoci insieme nella stessa città, eravamo come su due pianeti diversi.

Proprio adesso, proprio adesso che finalmente la vita tanto avara fino a quel momento ti aveva all’improvviso spalancato le braccia, come un’amante appassionata… 
Ti sei distratto e non ti sei accorto che anche lei voleva la stessa fama, lo stesso successo, le stesse copertine e all’improvviso…
Ecco che Fatima non c’è più…
Che cos’è non ti piacciono più i baffetti…? 

Mi giro nel letto e sono solo, al tuo posto nemmeno una lettera, qualcosa che mi faccia capire. Mi sono distratto pure io, come te Fred. 
Ero troppo preso da me e dai miei pensieri, ho creduto che con il tempo ti fossi abituata a questa nuova vita, ma come si fa…? Quando per trent’anni vivi vedendo sempre lo stesso campanile quando apri la finestra al mattino, tutto ciò che non è quello ti sembra troppo distante perché diventi tuo. Così quando un giorno quest’uomo in bicicletta ti fa prendere tutte le tue cose e ti porta via, quella nebbia che hai sempre visto da dentro, guardarla da fuori ti fa paura. La nebbia è nebbia come la guardi la guardi, ma per te non è mai stato così. Perché non me l’hai detto…? Perchè ti amavo proprio per quel tuo modo di stare in silenzio, perché capivo tutto da come mi tenevi la mano prima di addormentarti…perché…?
Fred, ma come hai fatto a stare senza Fatima…? 

MUSICA (Non partir)

Non ce l’ha fatta, è rimasto solo. Da solo in mezzo a migliaia di persone.
Soffriva come un cane, cercava di dimenticare l’assenza di Fatima… 
Così aumentano i bicchieri, aumentano le boccate di senza filtro, aumenta l’affanno di una vita… 
MUSICA (Sigaretta)

Fai di tutto e tutto il giorno pur di non pensare, anche perché sei convito che un giorno tutto ritornerà come prima. 
La mia prima settimana di ferie. Ci sono certi momenti in cui non si può proprio pensare al lavoro, ci sono certi momenti in cui non si può proprio pensare. Dovevo reagire, dovevo fare qualcosa. Il vov!

Al bar sotto casa c’era una gran folla quella sera, Mario Riva ci sorrideva dallo schermo.
“Ed ecco a voi nientepopodimeno che Fred Buscaglione”
Circondato da un coro di bambini attaccò a cantare whisky facile. Dopo poco mi accorsi che come un folle cantavo quella canzone, mi accorsi che la cantavo ad alta voce con tutto il bar che mi guardava. Alzai il mio bicchiere di vov. 
“One for Fred Buscaglione”
Il giorno dopo tutti nel bar parlavano di lui, e di me. Quella partecipazione al musichiere consacrò definitivamente il suo successo. 
Il potere della televisione! Stava sulla bocca di tutti, era un continuo parlare di lui, dal fruttivendolo, dal barbiere, dal giornalaio, le sue canzoni venivano trasmesse a ripetizione da tutti i juke – box. Chiaramente gli vennero attribuite un’infinità di love story. Si dice che sia stato addirittura con Anita Ekberg, quella di Fellini. Non era male! 
Ma come faceva a non sentirsi solo…? Aveva scelto di vivere in una camera d’albergo e girava come un pazzo fino all’alba in quella sua insopportabile Ford Thunderbird rosa. E mica basta una serata con la Ekberg per dimenticare l’unica donna che hai amato e che continui ad amare nonostante tutto.
Nonostante il fisico cominci a dare segni di cedimento, il fegato ormai a pezzi e il cuore che non è più quello di una volta. 

Come è strana la vita, metti tutto te stesso per cercare di realizzare il più grande dei desideri, e quando ce l’hai fatta tutto è così fragile che hai paura che toccandolo si dissolva. 

Toccato.

E mica potevi morire di vecchiaia tu…? No…eh…non potevi! 
Con i reumatismi, iniziando a dimenticare le cose, le persone, le canzoni…mica eri uno che si poteva rincoglionire! Che stile, morire sui sedili della circolare rossa…fino all’ultimo hai voluto essere il grande Fred. Fino all’ultimo…

MUSICA (Per il bis non ho più tempo)

Sono malato di nostalgia, e non lo so se voglio guarire. Il mio stile è diverso, non mi piace la velocità. Continuerò a bere vov e credere che esista qualcosa che possa fermare almeno per un pò quella punta di fuoco. 
Me ne torno a Torino.
Vado a riprendermi mia moglie e mia figlia, e ci vado a modo mio.
Con il mio stile.
Sale in bicicletta.

Fine.