Destino di un musicista

Nove scene drammatiche liberamente
ispirate alla vita di Ludwig van Beethoven di

Giancarlo Ferraris



I personaggi

Ludwig van Beethoven
Franz Wegeler, medico e amico di Beethoven
Karl Amenda, pastore protestante e amico di Beethoven
L’inserviente del Burgtheater di Vienna
Franz Joseph Haydn
Helene von Breuning, amica di Beethoven
Leonore von Breuning, allieva di Beethoven
Conte Ferdinand von Waldstein, mecenate e dedicatario di opere di Beethoven
Il servitore di Beethoven
Principe Franz Joseph von Lobkovitz, dedicatario di opere di Beethoven
Bettina Brentano, amica di Beethoven e Goethe
L’inserviente della Stazione Termale di Teplitz
Johann Wolfgang Goethe
Federico Guglielmo di Prussia
Luisa, consorte di Federico Guglielmo di Prussia
Anselm Hüttenbrenner, musicista e amico di Beethoven

I tre punti di sospensione indicano:
- brevi momenti di pausa nei discorsi dei personaggi;
- discorsi interrotti o sospesi.

Le opere citate si intendono sempre accompagnate dal relativo sottofondo musicale.



Prima scena

Vienna, inizi dell’Ottocento. In una stanza arredata con mobili antichi, un uomo dall’aspetto possente, con i capelli arruffati raccolti in grosse ciocche e gli occhi che riflettono pensieri ora sereni ora tempestosi, sta componendo un pezzo al pianoforte. Quell’uomo è Ludwig van Beethoven.

Beethoven
Sì… Così… Do minore… Piano, poi forte…

All’improvviso la porta della stanza si apre e appare un uomo elegantemente vestito. È Franz Wegeler, medico e amico del compositore. Appena lo vede, Beethoven smette di comporre, si alza dal pianoforte e gli va incontro quasi piangendo.

Beethoven
Franz!... O Franz!... Sei qui!... Finalmente!

Wegeler
Sono venuto non appena ho ricevuto e letto la lettera che mi hai spedito… Spero, dal più profondo del mio cuore, di poterti aiutare.

Beethoven
Aiutarmi!... Tu puoi!... Perché sei buono!... E la bontà vince ogni ostacolo, ogni dolore, ogni miseria umana… Per me non esiste nessun altro segno di superiorità nell’uomo che quello di essere buono.

I due uomini si abbracciano fraternamente, poi il compositore prende una poltrona e l’avvicina a Wegeler.

Beethoven
Siediti, amico mio… Ho soltanto un po’ di vino del Reno da offrirti e…

Wegeler
Grazie, Ludwig, ma da qualche tempo non bevo più vino… Sappi, però, che è come se lo avessi bevuto.

I due uomini si siedono uno di fronte all’altro.




Wegeler
Dimmi, amico mio… Che cosa c’è che ti turba?... Devo essere sincero con te: la tua missiva non è molto chiara… In sostanza non dici praticamente niente sulla natura di ciò che ti affligge.

Beethoven fa un lungo respiro, socchiude gli occhi leggermente, poi li riapre con un movimento repentino.

Beethoven
Come… Come mi trovi?

Wegeler lancia uno sguardo rapido, ma penetrante, al compositore.

Wegeler
Mi sembri diventato più grande… Devo confessarti che mi pare proprio di stare al cospetto di un gigante… Un gigante della musica dinanzi al quale non sono nulla.

Beethoven
So che non possiedi il dono malefico dell’adulazione e per questo credo alle tue parole... Sono contento che tu mi abbia trovato alquanto cresciuto nella mia veste di musicista e spero che, nei momenti che trascorreremo insieme, mi troverai migliore e più completo anche come uomo.

Wegeler
Come va il lavoro?

Beethoven
Benissimo!... Le mie composizioni mi rendono veramente molto e posso dire, senza falsa modestia, che ricevo più ordinazioni di quante ne possa soddisfare… Per ogni lavoro ho sei, sette, otto editori che fanno la fila davanti a quella porta. È stato un periodo molto fertile: ho composto una sinfonia, un concerto per pianoforte e orchestra, trii per pianoforte e archi, quartetti d’archi, sonate per violino e pianoforte, sonate per pianoforte… Una di queste, quella in do minore, dedicata al principe Lichnowsky, è stata chiamata dall’editore Sonata per pianoforte Patetica: un titolo azzeccato… Voglio dire: patetico nel senso in cui lo intende l’amico Schiller, mi comprendi?

Wegeler lancia uno sguardo perplesso al compositore.
Wegeler
E sarebbe?

Beethoven
Capacità non solo di suscitare emozioni e di commuovere, ma di parlare dritto al cuore dell’uomo e di spingerlo all’azione.

Wegeler
Capisco…

Beethoven
Con me gli editori, ormai, non discutono più: io chiedo ciò che voglio e loro pagano. Purtroppo… Purtroppo…

Wegeler
Purtroppo che cosa?

Beethoven non dice nulla, abbassando la testa e fissando il pavimento della stanza.

Wegeler
Avanti… Che cosa c’è?!

Beethoven fa di nuovo un lungo respiro, alzando la sua testa leonina e sgranando gli occhi.

Beethoven
Un demone, maledetto e invidioso, mi sta mettendo i bastoni tra le ruote.

Wegeler assume un’espressione sorpresa e anche un poco spaventata.

Wegeler
Che vuoi dire?

Beethoven
Franz!... Io… Io…

Wegeler si alza dalla poltrona e si avvicina al compositore, guardandolo in volto.

Wegeler
Io?... Insomma, Ludwig, che c’è?... Che cosa ti è successo?

Beethoven afferra le mani di Wegeler, stringendole per un attimo e guardandolo fisso negli occhi.

Beethoven
Io ci sento sempre di meno… Da qualche tempo il mio udito, la cosa più preziosa per chi, come me, fa musica, si è indebolito terribilmente… La causa di questo male dovrebbe essere l’infezione viscerale di cui soffro e che mi sta stremando sempre di più.

Wegeler si siede nuovamente.

Wegeler
Chi è il medico che ti sta curando?

Beethoven
Ne ho più di uno.

Wegeler
E che cosa ti hanno prescritto questi miei colleghi?

Beethoven
Uno di loro, un somaro, ha cercato di tonificare il mio corpo con dei ricostituenti e i miei orecchi con olio di mandorla, ma senza nessun risultato… Anzi… L’udito è andato peggiorando e il malessere viscerale è rimasto tale e quale, con mia somma disperazione… Un altro medico, idiota, mi ha consigliato come cura bagni freddi nel Danubio: un disastro!... Il terzo, non so se definirlo medico o aguzzino, mi ha applicato alle braccia dei vescicanti: una cura assai sgradevole, credo che tu lo sappia meglio di me, perché oltre a soffrire enormemente, sono stato privato dell’uso delle braccia per giorni interi… Il quarto, un po’ più intelligente degli altri, mi ha prescritto bagni tiepidi sempre nel fiume della città… Devo ammettere che questi bagni tiepidi hanno fatto bene al mio fisico, ma gli orecchi hanno continuato a non funzionare, a ronzare e a rombare continuamente, giorno e notte.

Wegeler
Di norma le cure per i mali di cui sei afflitto, sono queste… Ma non è detto che non si possano trovare altri rimedi.

Beethoven si alza dallo sgabello del pianoforte e inizia a camminare per la stanza.

Beethoven
Posso dire che sto conducendo una vita da derelitto… La mia malattia mi costringe a fuggire ogni tipo di compagnia perché mi risulta impossibile dire alla gente che sono sordo… Se esercitassi qualsiasi altra professione la cosa sarebbe più facile, ma facendo il musicista mi trovo veramente a vivere una condizione terribile!...

Wegeler
Non bisogna vergognarsi perché si è malati!

Beethoven si ferma all’improvviso, guardando furente Wegeler negli occhi.

Beethoven
Che cosa pensi che direbbero i miei nemici, che non sono pochi?

Wegeler
Non credo che tu abbia nemici, Ludwig… Solo gente invidiosa della tua arte…

Beethoven
Invidiosa, eh?... Tu, Franz, non conosci bene il mondo, ma io sì… E so bene che i miei nemici si annidano ovunque e che i più pericolosi sono quelli che non conosco, che non vedo.

Wegeler
Parlami ancora del tuo problema.

Beethoven si siede di nuovo sullo sgabello del pianoforte.

Beethoven
Per darti un’idea della mia sordità ti dico che a teatro devo mettermi vicino all’orchestra e ai cantanti per intendere bene i suoni degli strumenti e i toni delle voci… Nella conversazione sento appena chi parla a voce bassa e in generale odo i suoni e non le singole parole; se qualcuno, però, grida ciò mi risulta insopportabile… Alcuni neppure si sono accorti della mia malattia, dal momento che sono ritenuto soltanto un distratto… Sono costretto a rinunciare alla mia attività di pianista, di concertista e dedicarmi solo alla composizione… Il bel mondo della società viennese si sta chiudendo insieme alla parte espansiva della mia personalità… Lo sento… E sento che dentro di me stanno prendendo piede, anche se cerco di reagire, la rabbia, lo sconforto, l’angoscia…
Wegeler guarda il compositore in volto, reprimendo il pianto.

Beethoven
Non dire niente a nessuno della mia condizione, Franz… Ho voluto che venissi qui, a casa mia, solo per rivelarti un segreto… Considera la mia malattia come tale… Spesso maledico la mia esistenza e mi considero la più miserabile delle creature di Dio... Anche se Plutarco mi ha insegnato la rassegnazione, triste rifugio degli infelici, voglio però sfidare il mio Destino... Non sono un infermo: la mia forza fisica sta crescendo più che mai e così pure la mia forza spirituale!… Voglio fermamente contrapporre alle avversità del Destino un’anima forte, afferrarlo per la gola e combatterlo… Combatterlo e vincerlo!

Wegeler si alza in piedi, abbozzando un leggero sorriso.

Wegeler
La tua forza di volontà è già di per sé un farmaco, caro Ludwig… Per le cure ti puoi rivolgere al dottor Schmidt, che ha studiato a lungo la malattia di cui soffri… Posso parlargli io direttamente, su tu lo vuoi.

Beethoven
So di poter contare sulla tua amicizia Franz… Ora vai, se devi andare.

Beethoven e Wegeler si abbracciano fraternamente una seconda volta, poi il medico esce dalla stanza mentre il compositore torna a scrivere musica al pianoforte.


Seconda scena

Vienna, sobborgo di Heiligenstadt. Seguendo il consiglio di Franz Wegeler, Beethoven si è trasferito in campagna. In questa località, il 6 ottobre 1802, egli riceve la visita di un altro amico, il pastore Karl Amenda e redige il suo testamento spirituale.

Beethoven
Vieni, Karl… Vieni… Ti aspettavo con ansia…

Amenda si ferma sulla soglia della porta, per alcuni attimi, indeciso se entrare oppure no.

Amenda
Sono venuto non appena ho saputo della tua…

Beethoven
Sss!… Non pronunciare il nome del demone maledetto e invidioso che sta devastando la mia vita… Dai!… Entra!… Che aspetti!

Amenda entra, sempre un po’ titubante, poi si rasserena. Il compositore lo abbraccia fraternamente, ricambiato allo stesso modo, quindi gli porge una sedia.

Beethoven
Siediti, Karl… Non ho molto da offrirti… Gradisci del…

Amenda
Nulla, Ludwig… Mi basta essere qui con te per stare bene.

Beethoven
Grazie, Karl.

Beethoven e Amenda si siedono uno vicino all’altro.

Beethoven
Sapessi… Sapessi quante volte vorrei che tu fossi sempre qui vicino a me.

Amenda
Ora ci sono, Ludwig… Ora ci sono…


Beethoven
Il tuo Ludwig van Beethoven conduce una vita molto infelice.

Amenda
Sono qui non solo per vederti, per parlarti, ma anche e soprattutto per aiutarti.

Beethoven guarda negli occhi il pastore, reprimendo dentro di sé il dolore.

Beethoven
Sono un uomo in lotta contro la Natura e contro il Creatore che ho già, più di una volta, maledetto.

Amenda lancia uno sguardo allibito al compositore.

Amenda
Ti prego di non bestemmiare, Ludwig!... La colpa delle sventure dell’uomo e del mondo non è mai di Dio.

Beethoven socchiude egli occhi per alcuni istanti, poi li riapre con un battito veloce.

Beethoven
Dio ha completamente abbandonato le sue creature al caso, il quale, puntualmente, spezza e annienta i fiori più belli.

Amenda
Dio è vicino a chi soffre e richiama a sé le creature che ama più di tutte le altre… Questo non dimenticarlo mai, Ludwig!

Beethoven si fa in avanti, allargando le braccia.

Beethoven
Lo credi veramente?... Oppure lo credi perché te lo hanno insegnato in seminario?

Amenda
È la mia fede che lo me lo fa sentire, che me lo fa credere.

Beethoven torna ad appoggiarsi sullo schienale della sedia.


Beethoven
Sappi, Karl, che la parte più nobile di me, il mio udito, è molto indebolita.

Amenda
Il tuo udito?!

Beethoven alza la destra, guardando il pastore in volto.

Beethoven
Fammi parlare… Fammi parlare, ti prego…

Amenda si alza in piedi, si avvicina al compositore e gli mette le mani sulle spalle, guardandolo negli occhi.

Amenda
Ti ascolto, Ludwig… Ti ascolto…

Amenda si siede di nuovo.

Beethoven
Sin da quando ci siamo conosciuti avevo notato qualche sintomo, ma non ho mai detto niente, né a te, né agli altri… Da qualche tempo, però, il mio udito è andato peggiorando… Non so se esso potrà tornare a essere quello di una volta, è tutto da vedersi.

Amenda
Il tuo medico, Ludwig… Che cosa ti ha detto il tuo medico?

Beethoven
Il mio medico?... Ah!... Ne ho diversi, ma è meglio non parlarne!... Pensa che uno di loro ha detto che la mia malattia deriva soltanto dalla eccessiva concentrazione dell’idea musicale di cui sono capace, la quale mi porta a un affaticamento cerebrale tale da provocarmi la congestione degli organi uditivi… L’unico medico che ha fatto qualcosa di veramente utile è stato il dottor Schmidt, al quale sarò eternamente grato.

Amenda fa un lungo respiro.



Amenda
So che hai scritto, perché ho avuto modo di ascoltarle, delle cose bellissime in questo ultimo periodo…

Beethoven abbozza un sorriso ironico e collerico.

Beethoven
In realtà sono poco soddisfatto dei lavori scritti fino a oggi… Voglio aprire un nuovo cammino… Comunque, tornando a te, quali sarebbero queste cose bellissime che hai avuto modo di ascoltare?

Amenda
Un pezzo per violino e pianoforte e un pezzo solo per pianoforte.

Beethoven
Vorrai dire una sonata per violino e pianoforte e una sonata per pianoforte… Il pezzo per violino e pianoforte è in fa maggiore, dedicato al conte von Vries, ed è stato denominato Sonata per violino e pianoforte La Primavera… Alcuni hanno detto che più che essere un brano da camera è un vero e proprio concerto per violino e pianoforte… Il pezzo per pianoforte, invece, è in do diesis minore… L’ho chiamato Sonata quasi una fantasia per il suo carattere libero… L’hanno soprannominata Al chiaro di luna, perché nell’adagio sostenuto vi hanno visto la descrizione di un idilliaco panorama notturno rischiarato dalla luna… Ho dedicato questa sonata a una mia allieva italiana, la contessa Giulietta Guicciardi... Ho anche scritto una seconda sinfonia e un altro concerto per pianoforte e orchestra.

Amenda
Il pubblico ama la tua musica, Ludwig…

Beethoven
La mia musica!... Oh potessi ascoltarla anch’io come accadeva una volta!... Invece devo sempre più immaginarla!

Sul volto del pastore Amenda si disegna un’espressione di profonda tristezza.

Beethoven
Sapessi che dolore dover vivere così, evitando tutto ciò che amo e che mi è caro!... E sapessi com’è orribile vivere in mezzo a uomini miserabili ed egoisti!... Ah, come sarei felice, io, un musicista, se il mio udito funzionasse bene!... Correrei incontro alla vita, al mondo, alla gente!... Invece… Invece devo tenermi in disparte da tutto e da tutti… I miei anni più belli voleranno via senza ch’io possa compiere tutto ciò a cui il mio talento e la mia forza mi hanno destinato… Mi sono proposto di dire la verità, di essere superiore alla mia sventura, alla mia tragedia, di oppormi a questo mio Destino malefico con la mia forza fisica, con il mio spirito, con la mia musica, ma come sarà possibile?... Come?... Come?

Beethoven e Amenda si guardano negli occhi per alcuni lunghi secondi in silenzio.

Amenda
Io posso solo pregare per te, Ludwig… E spero che le mie preghiere vengano ascoltate da chi tutto sa e tutto può.

Beethoven
Puoi andartene, se vuoi, Karl… Puoi lasciare solo questo essere povero
e miserabile…

Amenda
Sappi, Ludwig, che io ti sono vicino più di quanto tu creda…

Beethoven
Vicino a me come Dio?

Amenda
Nessun uomo è come Dio e nessun uomo può amare come ama lui.

Amenda si alza dalla sedia e va verso la porta a passo piuttosto spedito. Beethoven lo raggiunge subito. Dopo un momento di esitazione, i due si abbracciano di nuovo fraternamente.

Beethoven
Oh, Karl!

Amenda
Ludwig!

Appena il pastore Amenda se ne è andato, Beethoven si siede a una scrivania e inizia a scrivere con furore, poi, una volta finito, rilegge ad alta voce tutto ciò che ha scritto.
Beethoven
Ecco!… Il Destino!… Il mio Destino!… È tutto su questi fogli…

O voi uomini, che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un’apparenza. Il mio cuore e la mia mente erano, sin dall’infanzia, inclini al tenero sentimento della benevolenza e avrei anche sempre voluto compiere grandi azioni, ma pensate solo che da alcuni anni sono colpito da un male inguaribile, reso più grave da medici incompetenti che mi hanno ingannato, facendomi sperare in un miglioramento illusorio, con la prospettiva finale di una menomazione permanente, la cui guarigione avverrà tra tantissimo tempo, se non è addirittura impossibile. Nato con un temperamento ardente e vivace, persino aperto alle distrazioni della vita sociale, ho dovuto presto isolarmi, vivere in solitudine. Ogni tanto ho ben cercato di superare tutto ciò, ma l’esperienza, doppiamente mortificante, del mio cattivo udito mi ha duramente richiamato alla realtà; come avrei, infatti, potuto dire agli uomini: parlate più forte, gridate, perché sono sordo! Come poter confessare la debolezza di un senso, che dovrei possedere molto più degli altri, un senso che un tempo possedevo in realtà al più alto grado di perfezione, come pochi altri del mio mestiere possiedono o hanno mai posseduto, no, non lo posso fare, non posso confessarlo! Perdonatemi, quindi, se mi vedrete stare in disparte là, dove invece mi mescolerei così volentieri con voi; la mia disgrazia mi fa doppiamente male perché vengo, inoltre, mal giudicato; per me il piacere di stare in mezzo alla gente, di partecipare a conversazioni intelligenti, a proficui scambi di vedute, non esiste e quando è veramente indispensabile avere a che fare con la società, devo restare quasi completamente solo, vivere come un esiliato; se mi avvicino a qualcuno, sono subito terrorizzato al pensiero che possa in qualche modo accorgersi della mia condizione. Così è stato negli ultimi sei mesi che ho trascorso in campagna seguendo il consiglio del mio bravo medico, il dottor Schmidt, di affaticare i miei orecchi il meno possibile; egli veniva così incontro alle mie attuali inclinazioni, anche se di tanto in tanto mi sono lasciato sviare dal mio istinto socievole, ma che umiliazione quando qualcuno accanto a me udiva di lontano il suono di un flauto e io nulla o qualcuno udiva un pastore cantare e io sempre nulla! Questi fatti mi hanno portato al limite della disperazione e poco ci è mancato che non mi togliessi la vita, solo l’Arte mi ha trattenuto dal farlo. Mi è parso impossibile lasciare questo mondo prima di aver pienamente realizzato ciò di cui mi sentivo capace, così ho prolungato questa vita miserabile, veramente miserabile: con un corpo così sensibile qualsiasi cambiamento un po’ brusco può trasformare il mio stato di salute da ottimo a pessimo. Pazienza! Proprio così, devo sceglierla come guida; e così ho fatto. Spero che questa mia risoluzione resista finché le inesorabili Parche vorranno spezzare il filo. Forse andrà meglio, forse no, ma sono preparato, alla mia età essere costretto a diventare filosofo non è facile e per un artista è ancora più duro che per qualsiasi altro uomo. Divinità tu vedi dall’alto il fondo della mia anima, sai che amo gli uomini e desidero fare il bene. O uomini, se mai un giorno leggerete questo scritto, pensate al torto che mi avete fatto e l’infelice si consoli di aver trovato qualcuno simile a lui: qualcuno che, malgrado tutti gli ostacoli della Natura, ha fatto tutto il possibile per essere ammesso nella schiera degli artisti e degli uomini di valore. Voi, miei fratelli, Karl e Nikolaus, non appena sarò morto e se il dottor Schmidt sarà ancora in vita, pregatelo a mio nome di descrivere la mia malattia e aggiungete a questa storia il presente scritto, in modo che almeno il mondo possa quanto più riconciliarsi con me. Contemporaneamente vi dichiaro entrambi eredi del mio piccolo patrimonio (se così lo si può definire): dividetevelo onestamente, sopportatevi e aiutatevi l’un l’altro; ciò che avete fatto contro di me, lo sapete, ve l’ho già da molto tempo perdonato; a te, mio fratello Karl, un grazie particolare per l’attaccamento che mi hai dimostrato in questi ultimi tempi. Vi auguro una vita migliore e meno carica di affanni della mia. Raccomandate ai vostri figli la Virtù: essa sola può rendere felici, non il denaro. Lo dico per esperienza: essa mi ha recato sollievo nella sofferenza, a Lei, oltre che alla mia Arte, debbo il merito se non mi sono tolto la vita. Addio e vogliatevi bene. Ringrazio tutti gli amici, in particolare il principe Lichnowsky e il dottor Schmidt: desidero che gli strumenti del principe siano conservati da uno di voi, beninteso senza che per questo ve li disputiate. Se, peraltro, potessero servirvi per altri scopi, vendeteli pure: sarei molto felice di potervi essere utile anche nella tomba. Con gioia vado incontro alla Morte, ma se essa mi coglierà prima che abbia avuto occasione di sviluppare interamente i miei talenti artistici, sarebbe per me, malgrado il mio duro Destino, troppo presto e vorrei che venisse più tardi. Tuttavia sarei contento lo stesso. Vieni quando vuoi, Morte, io ti vengo intrepidamente incontro. Addio fratelli! Non dimenticatemi completamente quando sarò morto, me lo sono meritato perché nella mia vita ho spesso pensato di rendervi felici, e ora siatelo veramente. Prendo così congedo da Te - e con quanta tristezza! - da Te, amata Speranza, con la quale sono qui venuto, nella prospettiva di una almeno parziale guarigione. Ora mi devi abbandonare completamente; come cadono appassite le foglie d’autunno, così anch’essa si è per me seccata. Me ne vado, quasi nello stato in cui ero al mio arrivo; persino il coraggio superbo, che spesso mi sosteneva nelle belle giornate estive, è svanito. O Provvidenza, concedimi una volta un giorno puro di gioia: è da tanto tempo che la mia anima non ode più l’intima eco della vera gioia! O quando, Divinità, quando proverò di nuovo la gioia nel tempio della Natura e degli uomini? Mai? No! Sarebbe troppo crudele.

Il vostro Ludwig van Beethoven


Terza scena

Vienna, Burgtheater, inverno 1802-1803. Nonostante sia afflitto dalla sordità, Beethoven sta assistendo alle prove dell’orchestra, impegnata a eseguire le musiche che egli ha scritto per il balletto Le Creature di Promèteo. Un inserviente del teatro gli si avvicina, annunciandogli una visita importante: Franz Joseph Haydn.

Beethoven
È proprio lui?!… Ne siete sicuro

L’inserviente
Sì, maestro!… Sono sicurissimo!

Beethoven fa un lungo respiro, socchiudendo leggermente gli occhi, fa cenno all’orchestra di smettere di suonare, poi va incontro a quello che fu uno dei suoi maestri.

Beethoven
Siete il benvenuto, maestro Haydn!

Haydn
Maestro!... Questo titolo mi si addice!

Beethoven
Non è un titolo gratuito o puramente onorifico: voi siete veramente un maestro!

Haydn
Il fatto che voi abbiate imparato così bene l’arte della musica lo dimostra palesemente.

Beethoven lancia uno sguardo fulmineo ad Haydn.

Beethoven
Che volete dire?

Sul volto di Haydn si disegna un’espressione fredda e altera.

Haydn
Che voi siete quello che siete per merito mio.

Beethoven guarda Haydn negli occhi, alzando il tono della voce, risentito.

Beethoven
Per merito vostro, in piccola parte… Per merito mio in gran parte.

Haydn
Avete avuto la fortuna di essere stato guidato molto bene nell’apprendimento della musica.

Beethoven gesticola animatamente.

Beethoven
In realtà io ho soltanto una fortuna: quella di chiamarmi Ludwig van Beethoven, caro maestro.

Haydn abbozza un sorriso ironico.

Haydn
Siete il solito!... Non siete affatto cambiato!

Beethoven
Sono sempre stato così e non cambierò mai… E voi, avendomi avuto come allievo, lo sapete meglio di ogni altro.

Haydn
Mi avete fatto irritare tante volte: per la vostra indisciplina, per la vostra audacia, quest’ultima il più delle volte fuori luogo…

Beethoven lancia uno sguardo profondo ad Haydn.

Beethoven
Eravate, e forse lo siete anche adesso, invidioso di me?

Haydn cerca di nascondere la sua irritazione.

Haydn
Uno come me non può essere invidioso di nessuno.

Beethoven
Si dice che l’invidia, non il rancore o peggio ancora l’odio, nasca dalle cose belle… Allora, siete invidioso, di me, maestro!?
Haydn
No!... Non lo sono… E voi lo sapete bene… Come sapete che è grande la stima che ho per voi… E a prova di ciò vi ribadisco quello che, a suo tempo, vi dissi: avete dimostrato e state ancora dimostrando di possedere molto talento, di avere un’abbondanza inesauribile d’ispirazione e di pensieri che nessuno non ha ancora avuto... Non sacrificate la vostra immaginazione a una norma tirannica, ma sacrificate le regole alla vostra immaginazione… Siete un uomo con molte teste, molti cuori e molte anime.

Beethoven
Io, invece, posso dirvi che quando scrivo musica un pensiero che ricorre puntualmente è ciò che mi avete insegnato… Ormai ogni mio lavoro si basa sia sul senso del motivo, che ho ereditato da voi e che mi permette uno sviluppo del tema di proporzioni immense, sia sul fattore sorpresa, capace di suscitare emozioni grandi e profonde nell’ascoltatore e far sprizzare da ogni uomo quello che io chiamo il fuoco… Tutto questo testimonia, meglio e più di ogni altra cosa, la stima che ho per voi.

Beethoven e Haydn si guardano negli occhi, in silenzio, per alcuni lunghi attimi.

Haydn
Che cosa avete composto ultimamente?

Beethoven
Varie cose, tra cui una sonata per violino e pianoforte in la maggiore… L’ho dedicata a un violinista di Parigi, monsieur Rodolphe Kreutzer, e subito è stata chiamata Sonata per violino e pianoforte A Kreutzer.

Haydn si scosta leggermente da Beethoven, contrariato.

Haydn
Ve la fate con i francesi, che sono nostri nemici?

Beethoven abbassa lo sguardo, stringendo i pugni, poi guarda negli occhi Haydn.

Beethoven
La musica è di per sé universale e non conosce limiti o pregiudizi di nessun genere… Davanti alla musica non vi sono nemici, ma soltanto uomini, fratelli tra di loro… Essa è una rivelazione più profonda di ogni saggezza, di ogni filosofia… E chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini.

Haydn
Non ho avuto ancora il piacere di ascoltare questo vostro pezzo.

Beethoven
Monsieur Kreutzer, a cui l’ho dedicata, non ha mai voluto eseguirla: dice che è troppo lunga e soprattutto troppo difficile, troppo impegnativa... In effetti violino e pianoforte si stringono vorticosamente in un dialogo drammatico, che sembra non finire… Non finire mai!

Haydn prende a braccetto Beethoven e insieme passeggiano lentamente tra i corridoi della platea.

Haydn
Vi ricordate quando ci siamo conosciuti?

Beethoven
È stato più di dieci anni fa, qui, a Vienna…

Haydn
Proprio così!... Rimasi favorevolmente impressionato dall’esecuzione di un vostro brano e non appena vi ebbi conosciuto vi invitai a continuare gli studi sotto di me.

Beethoven
Ero consapevole che cosa rappresentasse il vostro insegnamento e per questo motivo accettai di proseguire gli studi… Con voi, non sotto di voi...

Haydn sorride.

Haydn
Siete una personalità molto forte, caro Ludwig, non c’è che dire!

Beethoven si ferma di colpo, sfilandosi dal braccio di Haydn e guardandolo fisso negli occhi.

Beethoven
Ve l’ho già detto: io sono Ludwig van Beethoven!
Haydn riprende Beethoven a braccetto e i due continuano a passeggiare.

Haydn
E, dite, oltre che con me avete studiato anche con altri maestri, non è vero?

Beethoven
Con il maestro Johann Gregor Albrechtsberger e con il maestro Antonio Salieri… Dal primo ho appreso molto in materia di contrappunto polifonico, dal secondo molto in fatto di armonia e strumentazione… Ma se del secondo ho una buona opinione come compositore, del primo debbo dire che è bravissimo nell’arte di fabbricare scheletri musicali.

Haydn
Non siete affatto tenero con chi è stato, fino a poco tempo fa, organista di corte e maestro di cappella nella Cattedrale di Santo Stefano!

Per la seconda volta Beethoven si ferma di colpo, sfilandosi dal braccio di Haydn e guardandolo fisso negli occhi.

Beethoven
Dico sempre e soltanto quello che penso: è nella mia natura.

Haydn
Va bene, va bene! Non prendetevela più di tanto!...

Beethoven
Prendo sempre ogni cosa di petto: fa parte della mia natura… Come vi ho ricordato prima.

Haydn nasconde a stento la sua irritazione.

Beethoven
Devo non poco anche a un altro italiano: il pianista e compositore Muzio Clementi… Da lui ho appreso l’impiego di nuovi tipi di accordi, del pianissimo e del fortissimo… Mi ha anche portato a esplorare tutte le possibilità espressive del pianoforte e a scrivere pezzi di ampio respiro…



Haydn
Ho, infatti, visto che vi state dedicando molto alla composizione e che non suonate più il pianoforte in pubblico… Insomma, da qualche buon tempo, non tenete più concerti, che tanta fama vi hanno dato in questa città… Posso conoscere il motivo della vostra scelta?

Beethoven abbassa il capo, socchiudendo gli occhi per alcuni istanti. Sulla sua fronte passa come una nuvola.

Beethoven
È il mio Destino… Sì!… Il mio Destino: quello di parlare agli uomini con la musica, di raccontare loro le mie gioie e i miei dolori, di fargli capire che bisogna sempre sfidare le avversità della vita… Come il male che si è abbattuto su di me…

Haydn
Di quale male state parlando?...

Beethoven guarda Haydn fisso negli occhi.

Beethoven
Il male… Il mio male… Non vincerà…

Haydn
Insomma, mi chiarite…

Beethoven
Non è nulla!... Nulla!... Io… Io voglio rivolgermi all’umanità con la mia musica… Non voglio inseguire la gloria terrena mietendo allori fin troppo facili nelle sale da concerto… Ricordatevelo sempre, maestro Haydn… Sempre!... E con questo la saluto.

Beethoven, borbottando, ritorna vicino all’orchestra, lasciando Haydn solo ed esterrefatto.


Quarta scena

Vienna, primavera 1803. In un elegante caffè della capitale austriaca, Beethoven incontra Helene von Breuning e la giovane figlia Leonore, alla quale, alcuni anni prima, ha impartito lezioni di pianoforte.

Helene
Maestro Beethoven!... Come sono felice di incontrarla!

Beethoven si inchina dinanzi a Helene.

Beethoven
Il più felice per questo inaspettato incontro sono io!

Helene indica al compositore la figlia Leonore.

Helene
Vi ricordate di Leonore, mia figlia?... Ha avuto l’onore, oltre che il piacere e la rara fortuna, di ricevere il vostro insegnamento.

Beethoven si inchina dinanzi a Leonore.

Beethoven
E come potrei dimenticarla?... Buongiorno, signorina Leonore.

Helene
Allora, maestro, che cosa avete di bello da raccontarci?… Posso offrirvi un dolce o un bicchiere di vino?

Beethoven accenna a un altro inchino.

Beethoven
Nulla!… Mi permetta, però, di ringraziarla nuovamente, signora Helene… Durante la mia permanenza nella vostra bellissima dimora mi avete trattato con somma bontà, come se fossi stato anch’io un componente della vostra famiglia… Fin dall’inizio, mi sono trovato totalmente a mio agio a casa vostra…




Helene
E vi siete sempre mosso con brillante disinvoltura, soprattutto in occasione delle nostre animate discussioni di arte, di musica e di letteratura.

Alle parole di Helene, Beethoven si anima, illuminandosi negli occhi.

Beethoven
La mia attività di compositore, allora agli inizi, beneficiò fortemente del clima raffinato e cordiale della vostra casa, signora Helene… Se ben ricordo, in quel periodo, scrissi diverse variazioni e sonatine per pianoforte…

Con un gesto, Helene chiama a sé la figlia Leonore.

Helene
Leonore!... Vieni qui, accanto a me e al maestro!

Leonore si avvicina, un po’ titubante, alla madre e al compositore.

Leonore
Maestro!...

Beethoven
Signorina!... Suonate ancora il pianoforte oppure avete smesso?

Leonore
Suono ancora… Tutte le volte che metto le mani sulla tastiera è come se voi foste vicino a me… Mi pare di vedervi e di sentire la vostra voce, i vostri insegnamenti… Soprattutto mi sembra di udire quei suoni che potevano scaturire soltanto dalle vostre mani…

Beethoven guarda fisso negli occhi Leonore.

Beethoven
Dite la verità o mi state adulando?

Leonore abbassa lo sguardo.

Leonore
Non so se davanti a voi potrei o saprei mentire, maestro…
Beethoven
Vi credo… Vi credo, signorina Leonore.… Perché sento che non potreste e non sapreste mai mentirmi…

Helene
Non penso che mia figlia avrebbe potuto avere un insegnante migliore di voi, maestro Beethoven, anche se certa gente dice che…

Alle parole di Helene, Beethoven si stizzisce enormemente, gesticolando e diventando paonazzo in volto.

Beethoven
Che cosa dice certa gente, eh?... Che cosa dice?... Me lo dovete dire subito!... Subito!... Avete capito?

Helene rimane turbata dall’atteggiamento del compositore, pur reagisce.

Helene
Calmatevi, maestro!… Calmatevi!… Uno come voi non deve temere assolutamente nulla!

Beethoven
Ho tanti nemici, io!… Tantissimi e ovunque!… E i più pericolosi sono quelli che non conosco, quelli che non vedo!

Helene assume un’espressione sorniona.

Helene
Forse, maestro… Forse voi, permettetemi di dirvelo per il vostro bene, avete una fantasia eccessivamente fervida, che vede cose che in realtà non esistono…

Beethoven
Pazzo ancora non sono!… E non lo sarò mai fin quando scriverò musica!

Helene
Dico soltanto che non bisogna mai badare alle dicerie della gente… Proprio perché sono dicerie, senza alcun fondamento di verità… E poi voi siete superiore a tutto ciò!

Alle parole della signora Helene, Beethoven si rasserena leggermente.

Beethoven
E… Che cosa dice la gente di me e, lo do per scontato, della mia musica?… Qualcosa, di certo, saprete anche voi!?…

Helene
Si mormora che le vostre composizioni siano troppo originali… E che la vostra arte sia, in realtà, soltanto un pretesto per fare denaro.

Beethoven guarda negli occhi la signora Helene per alcuni attimi, in silenzio.

Beethoven
Il denaro!… Voi non sapete quanto lo disprezzi e quante volte lo maledico, sia quando ne ho le tasche piene, sia quando non ho nulla o quasi!… Comunque, sappiate che la mia musica intende, prima di tutto, esprimere e trasmettere a chi l’ascolta ogni mio pensiero più sottile, ogni mia emozione più intensa… Capite perfettamente che, per fare ciò, mi è impossibile adeguarmi a regole e schemi che sono il più delle volte rigidi, freddi… La mia musica nasce dal cuore, dalla profondità di me stesso, dalla vita, dall’amore, dalla natura, non dalla superficialità, dalla vanità, dalle caducità delle cose… Io appartengo alla schiera degli artisti e ogni artista non può essere come tutti gli altri uomini!

Helene abbassa lo sguardo, commossa e un poco impacciata.

Helene
Si dice, anche, che voi non suoniate più in pubblico perché siete…

Beethoven
Perché sono… Che cosa?

Helene
Perché siete malato, maestro.

Beethoven fa un lungo respiro, sgranando gli occhi.

Beethoven
Malato!... Almeno in parte è così… Io… Io sono in lotta con il mio Destino… Lo sto combattendo con il mio corpo, con il mio spirito… Con la mia musica… Non gli permetterò di vincere… Non glielo permetterò!

Helene
Che volete dire?

Beethoven abbozza un leggero sorriso.

Beethoven
Nulla!… Proprio nulla!

Leonore porge al compositore un piccolo volume.

Leonore
Maestro!… Voglio omaggiarvi di questo dono: è un album che contiene gli auguri e le dediche di tutti coloro i quali vi hanno conosciuto e vi hanno amato… Come hanno amato e amano tuttora la vostra musica… Non ho trovato le parole giuste per dire quello che sentivo e per questo motivo, di certo mi perdonerete, il poeta Herder mi è venuto in soccorso con alcuni suoi versi.

Beethoven legge la dedica a voce alta.

Beethoven

Che l’amicizia con il bene cresca, come si allunga l’ombra della sera, finché sia spento il sole della vita.

Beethoven
Grazie!… Anche se non sono vostri, questi versi sono sinceri perché è stato il vostro cuore a sceglierli… Signore…

Con un profondo inchino, Beethoven si congeda dalle due donne ed esce dal caffè.


Quinta scena

Vienna, estate 1803. In un parco della città, Beethoven sta passeggiando e facendo conversazione, fermandosi di tanto in tanto, con il conte Ferdinand von Waldstein, suo mecenate e dedicatario da tempo.

Waldstein
Sono veramente addolorato… Non sapevo di questa vostra malattia, caro Ludwig.

Beethoven
Ora ne siete al corrente, conte… Siamo in pochi a saperlo: il dottor Franz Wegeler, il pastore Karl Amenda, due miei carissimi amici, il dottor Schmidt che mi sta curando, qualche altro medico, che spero si sia dimenticato di me, voi e, ovviamente, io… Non voglio che altri lo sappiano, anche se non so fino a quando potrò tenere segreta la mia malattia…

Waldstein lancia al compositore uno sguardo pietoso e amorevole.

Waldstein
Sono dispiaciuto che non possiate più esibirvi in pubblico… Soprattutto qui, a Vienna, che rimane la capitale della musica europea, il posto ideale per un musicista…

Beethoven
Non finirò mai di ringraziarvi per quello che avete fatto per me.

Waldstein
Credetemi, Ludwig: ho fatto ben poco per voi... Siete stato voi a fare molto e molto ancora state facendo per la musica… Per tutti noi che vi amiamo e che non perdiamo una sola occasione per ascoltare ciò che componete… Per tutti gli uomini del mondo, nel cuore dei quali la vostra musica è già entrata.

Beethoven guarda Waldstein negli occhi per alcuni lunghi attimi.

Beethoven
Vi prego, conte… Non adulatemi!... Lo sapete che non lo sopporto e che detesto gli adulatori.

Waldstein
Vi giuro che le mie sono parole sincere… Come quelle della lettera che a suo tempo vi scrissi… Spero che l’abbiate conservata!

Beethoven estrae da una tasca della giacca la lettera del conte Waldstein e la legge ad alta voce.

Beethoven

Caro Beethoven, Voi partite finalmente per Vienna per soddisfare un desiderio a lungo vagheggiato. Il genio di Wolfgang Amadeus Mozart è ancora in lutto e piange la morte del suo pupillo. Presso il fecondissimo Franz Joseph Haydn ha trovato rifugio, ma non occupazione; e per mezzo suo desidererebbe incarnarsi di nuovo in qualcuno. Siate Voi a ricevere, in grazia di un lavoro ininterrotto, lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn.

Il volto di Waldstein si illumina.

Beethoven
Questa vostra lettera di presentazione mi ha fatto conoscere e apprezzare a tutti gli illustri signori della società viennese che conta, appassionata di arte, di letteratura, di musica, dell’opera lirica… Ricordo con sommo piacere gli apprezzamenti sinceri dell’arciduca Rodolfo d’Asburgo Lorena, del funzionario di corte barone Zmeskall, del principe Lichnowsky, della contessa Maria Thun, del conte Razumovsky, del principe Lobkovitz…

Waldstein sorride.

Waldstein
Spero che vi ricordiate anche i miei apprezzamenti!

Beethoven assume un’espressione sorniona.

Beethoven
Quelli sono sottintesi, conte!

Waldstein
Sì!... Sono sottintesi!... Lo credo veramente, maestro!

Beethoven
Non tutti però sono stati e sono tuttora buoni come voi, conte, e come gli illustri signori che ho citato… Qualche anno fa, prima che la malattia mi colpisse, ho suonato in diverse città dell’Europa: oltre che a Vienna, a Berlino, a Dresda, a Lipsia, a Norimberga, a Praga… Il pubblico mi ha sommerso di applausi, ma i cosiddetti “musicisti ufficiali” non sono stati teneri con me.

Waldstein
Raccontatemi…

Beethoven alza il tono della voce, assumendo altresì un atteggiamento battagliero.

Beethoven
Ricordo quello che sentii dire su di me da un certo Johann Tomàsek, un compositore della Boemia, molto quotato nel suo paese e nei dintorni… Ebbene questo individuo disse che il mio modo di suonare il pianoforte, mi riferisco a sonate e concerti con accompagnamento dell’orchestra scritti da me, era vigoroso e brillante al punto che costui si sentì umiliato nel suo più profondo e più intimo essere da non toccare la tastiera per diversi giorni…

Waldstein
Ve la prendete per codesta cosa?

Beethoven
Non ho ancora finito, conte… Ebbene questo signore, dopo i primi complimenti, anche se non so fino a che punto lo fossero veramente, disse che non era affatto convinto dei miei salti da un tema all’altro, aggiungendo poi che essi distruggevano l’unità organica dei pezzi e lo sviluppo graduale dell’idea musicale… «Sono composizioni strane, ineguali nella loro genesi, bizzarre e totalmente assurde quelle di questo Ludwig van Beethoven…» affermò pubblicamente un giorno, senza avvedersi che in mezzo alla gente a cui si rivolgeva c’ero anch’io.


Waldstein
Fossi in voi, percorrerei la mia strada senza badare tanto a ciò che viene detto da altri… D’altronde, voi state sempre più dimostrando al mondo che siete un grande della musica.

Beethoven si rasserena mentre sul suo volto si disegna un’espressione di trionfo.

Beethoven
Mi sto allontanando sempre più da ciò che è…

Waldstein
Da ciò che è?... Continuate!...

Beethoven
Da ciò che è… Vecchio…

Waldstein
Vecchio!?...

Beethoven
Sì, conte… Vecchio!

Waldstein guarda Beethoven negli occhi in silenzio per alcuni istanti.

Beethoven
Avete capito bene, conte… Vecchio!

Waldstein
Avete dato del vecchio a Wolfgang Amadeus Mozart e a Franz Joseph Haydn!?

Beethoven
Loro sono dei grandi!... Ciò è senza dubbio… Ma sono uomini del passato, anche se molto vicino a noi.

Waldstein
Voi, invece siete il futuro della musica europea, non è vero?

Beethoven assume un’espressione solenne.


Beethoven
Il mondo è mutato negli ultimi anni e sta ancora mutando… E anche la musica deve cambiare… Oltre a comporre sto leggendo Goethe e Schiller: loro sono dei giganti, che hanno capito perfettamente che tutto sta cambiando.

Waldstein
Intendete spazzare via tutto quello che è stato fino adesso musica?

Beethoven
Assolutamente no, caro conte!... Bisogna innovare, non distruggere!...

Waldstein
E come intendete procedere?

Beethoven fa un lungo respiro, socchiudendo gli occhi per alcuni secondi, poi li riapre lentamente.

Beethoven
Nella scrittura pianistica mi sto poco alla volta affrancando dalla forma sonata per avere maggiore libertà di composizione e per dare vita a pezzi più ampi: intendo dire più ampi nella durata e più ampi nell’espressione… Nella scrittura orchestrale, invece, accanto agli archi, intendo dare più spazio ai fiati, ai legni, agli ottoni e inserire anche delle percussioni… Il tutto però, si badi bene, nel rispetto delle regole dell’armonia… La musica… Eh!... È la sola compagna fedele della mia vita… L’unica arma che ho nelle mani per condurre la mia lotta contro il Destino, per raccontare agli altri quanto io stia soffrendo… L’unico strumento che ho per elevarmi al di sopra delle mie miserie e delle miserie del mondo.

Waldstein guarda il compositore, colpito dalle sue parole.

Waldstein
Ora capisco quello che avete detto poc’anzi: innovare, non distruggere…

Beethoven
C’è poi un’altra cosa, conte… Avrei voluto dirvela più avanti nel tempo, ma visto che oggi ci siamo incontrati…


Waldstein
Dirmi che cosa, Ludwig?

Beethoven
Ho scritto una sonata per pianoforte... È in do maggiore… Ho pensato di dedicarvela, conte Waldstein… L’ho eseguita una sola volta, davanti al mio editore, che ha pensato di intitolarla Sonata per pianoforte Dell’aurora perché vi ha colto - parole sue! - un senso di gioia trascendente.

Waldstein cela a stento la sua emozione.

Waldstein
Non so come ringraziarvi per questo regalo… Dell’aurora!... È un titolo che mi piace!

Beethoven
Aspettate di sentire il pezzo… Solo dopo potrete dirmi se vi piace veramente.

Waldstein
So che non potrà che piacermi questa vostra nuova composizione, carissimo Ludwig!

Beethoven
Ve lo auguro, conte… E vi saluto.

Senza aggiungere altro, Beethoven prosegue da solo la camminata nel parco.



Sesta scena

Vienna, anni 1804-1810. Ludwig van Beethoven è all’apice della sua attività artistica. Tutto, nella nuova casa che ha acquistato, reca l’impronta del suo genio e della sua veemenza creativa: ovunque, mescolati tra loro in un caos indescrivibile, spartiti, strumenti musicali, libri, pezzi d’antichità, abiti, utensili d’uso quotidiano. Seduto a un grosso tavolo, ricolmo di carta da musica, Beethoven sta componendo e riflettendo ad alta voce.

Beethoven
L’ora è giunta!… L’ora è giunta!... Devo cessare di essere un compositore… Devo diventare un poeta… Un poeta che usa i suoni invece delle parole… Ahh!!!... Sì!... Un poeta!... Arte! Chi la può comprendere? A chi una persona si può rivolgere per attirare l’attenzione di questa grande idea?... Devo intensificare l’espressione musicale con tutti i mezzi che ho a disposizione… Devo moltiplicare gli strumenti dell’orchestra, devo marcare il loro timbro con più forza, devo accrescere le difficoltà tecniche degli strumenti solisti… Il ritmo deve essere più vivace, la melodia più libera, l’armonia più profonda, l’agogica più varia e più ampia… Ci devono essere sempre due temi, in contrasto tra loro: il primo robusto, rude, più ritmico che melodico, affidato ai gradi fondamentali della tonalità… Il secondo più melodioso, più pacato, affettuoso, flessibile… Tutti e due i temi, però, devono essere legati tra loro da una affinità melodica più nascosta che palese… Devo ingigantire lo sviluppo centrale: questo è il problema!... Esso deve diventare il teatro, il campo di battaglia di una contesa, di una lotta in cui ogni cosa viene messa in gioco, al punto che la ripresa, dove i contrasti si placano, deve giungere come una liberazione trionfale… Nella mia musica luci e ombre, bene e male, gioia e dolore, vita e morte lottano tra di loro... Il male: quello universale e quello che colpisce i singoli uomini… Ah!... Perché la sordità?... Perché?... A un musicista!... Una lotta che dovrà finire con la vittoria delle luci sulle ombre, del bene sul male, della gioia sul dolore, della vita sulla morte… Dell’uomo sul mondo… Dell’uomo sul… Destino.

Beethoven passa in rassegna, uno dopo l’altro, gli spartiti dei lavori che ha composto.

Beethoven
Eccoli!... I miei nuovi lavori!... I miei figli!... Tutti generati dallo Spirito che si agita dentro di me, che mi ispira, che mi suggerisce, che mi parla e che mi detta quello che metto in musica!... Ahh! Ahh! Ahh!... Mi fanno proprio ridere quelli che mi domandano: «Maestro, prima di scrivere un pezzo pensate sempre a quale strumento ne affiderete l’esecuzione?» Che imbecilli!... Non hanno capito nulla!... Nulla!... La mia Terza Sinfonia, che ho chiamato Eroica, in mi bemolle maggiore… L’avevo dedicata a quel generale corso, quel Napoleone Bonaparte il quale, all’inizio, mi era sembrato che cavalcasse lo spirito del mondo, prendesse su di sé le miserie dell’umanità e portasse tra gli uomini un po’ di amore per il prossimo, un po’ di libertà, un po’ di giustizia… Che mortificazione!... Proclamò l’impero e divenne tiranno!... E io strappai la dedica!... La Sonata per pianoforte in fa minore detta Appassionata… L’ho dedicata al mio grande amore!... Oh Amata Immortale!... Ho voluto esplorare, finché ho potuto, la materia sonora per trovare i suoni e le parole giuste per dirti quanto ti amo!... Il Concerto per violino, violoncello, pianoforte e orchestra in do maggiore… Ahh!... Che cosa dissero i signori viennesi: «Tre strumenti solisti sono troppi!...» Per i mediocri è sempre tutto troppo, per me, per Ludwig van Beethoven, invece è sempre tutto troppo poco!... Il Fidelio… Più passa il tempo e più sono convinto di essere stato vittima di una cabala!... Tre versioni, di cui soltanto l’ultima ha avuto una buona accoglienza. Il pubblico si aspettava uno spettacolo di teatro in musica e non ne ha apprezzato la strumentazione… Il Concerto per violino e orchestra in re maggiore: sostanzialmente un dialogo, via via sempre più intimo, tra violino e orchestra… La Quinta Sinfonia, tonalità do minore… Quattro note!... Solo quattro note iniziali dell’allegro affidate agli archi e ai clarinetti che mi sconvolgono ogni volta che le penso… Il Destino che bussa alla porta... L’ho chiamata così questa mia sinfonia!... L’essere umano, come me, che lotta contro potenze cieche e avverse!... Poi l’andante, calmo e solenne, una pausa di riflessione dove raccogliere con fiducia le forze con cui proseguire la lotta… Lo scherzo, solcato da incubi angosciosi… Il finale, giubilante fanfara di vittoria dello spirito sulla materia… La Sesta Sinfonia, tonalità fa maggiore… Quanto ho amato e amo la natura!... Il contatto che un uomo ha con essa è meraviglioso!… È un piacere e una gioia partecipare in prima persona alla vita di campagna e trovarvi la pace… Ho voluto chiamare questa mia sinfonia Pastorale per fugare ogni dubbio nei miei detrattori; oltre al titolo vi ho messo una dicitura molto precisa: Più espressione del sentimento che pittura... Il Concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore detto Dell’imperatore… È il quinto della serie… È un pezzo ben articolato, ricco di sfumature e il pianoforte è ben amalgamato con tutta l’orchestra… Il Quartetto per archi in mi bemolle maggiore chiamato Delle arpe… Ebbi l’idea di introdurre nell’allegro l’uso del pizzicato… Gli esecutori si alternano in arpeggi che ricordano il classico suono dell’arpa… La Sonata per pianoforte in si bemolle maggiore denominata Gli addii… La composi, chiamandola così, quando dovetti separarmi dall’arciduca Rodolfo d’Asburgo Lorena, allievo, amico e mio protettore…. È un pezzo malinconico, che esprime la tristezza provocata dall’assenza di una persona cara, anche se l’ultimo movimento è brioso e pieno di gioia per il suo ritorno… Il Trio per violino, violoncello e pianoforte in si bemolle maggiore chiamato Arciduca… Lo dedicai sempre a Rodolfo d’Asburgo: ha una scrittura intensa, fortemente espressiva dove momenti allegri e brillanti si alternano a momenti mesti e cupi… La Settima Sinfonia in la maggiore… Non lo credevo possibile nella mia vita: l’idea della gioia, della felicità che si impossessava di me… Quella gioia, quella felicità che scaturiscono non soltanto dalla salute fisica e dalla serenità dell’animo, ma dall’adeguamento dell’essere umano alla volontà divina.

Il servitore di Beethoven si avvicina con discrezione al compositore.

Il servitore
Maestro, c’è una visita importante per voi...

Beethoven
Chi è?

Il servitore
È il principe Franz Joseph von Lobkovitz, maestro.

Gli occhi di Beethoven si illuminano di una luce torva mentre sulle sue labbra si disegna un cupo sorriso.

Beethoven
Lo faccia passare e ci lasci soli.

Il servitore fa entrare il principe e immediatamente dopo esce dalla stanza. Beethoven non si alza dal tavolo e continua a comporre.

Beethoven
Accomodatevi… Accomodatevi pure nella mia modesta casa, principe.



Lobkovitz
Tutti coloro i quali mi conoscono, quando arrivo in qualche luogo, si alzano in piedi e mi salutano… Con ossequio.

Beethoven alza gli occhi dagli spartiti, si volta verso il principe e gli lancia uno sguardo fulminante.

Beethoven
Tutti i vostri sudditi in Boemia… Qui siamo a Vienna e io non sono un vostro suddito.

Il principe, irritato, sorride ironicamente.

Lobkovitz
È soltanto una questione di buone maniere, credetemi.

Beethoven gesticola ampiamente, con fare beffardo.

Beethoven
Oh!... Se la mettete su questo piano, allora, vi auguro buongiorno e vi dico di accomodarvi dove trovate un posto consono alla vostra condizione, principe… Dubito, però, che ne troverete uno qui, a casa mia, che vi possa andare bene.

Lobkovitz
Vorrei parlarvi… Posso?

Beethoven
Posso?... Voi, un nobile, chiedete a me se potete? Ah!

Il principe assume un contegno distaccato.

Lobkovitz
Mi rivolgo a voi come a un mio… Pari… Non perché voi lo siate veramente, ma solo perché vi stimo immensamente per il compositore che, effettivamente, siete.

Beethoven gesticola di nuovo ampiamente, sempre con fare beffardo.



Beethoven
Veramente!... Immensamente!... Effettivamente!... La state facendo troppo lunga, principe… Che cosa volete?

Lobkovitz
Vorrei che componeste un pezzo per me.

Beethoven rimane immobile per alcuni attimi.

Beethoven
Un pezzo per voi?... Un altro?!... Ve ne ho già dedicati diversi.

Lobkovitz
Sì… Tre sinfonie, il concerto per violino, violoncello, pianoforte e orchestra e un quartetto per archi… Ora però ne desidero un altro… Per quanto riguarda il genere, beh!, fate voi.

Beethoven
Mi lasciate libertà d’azione, come si suole dire.

Lobkovitz
Vi pagherò quanto voi mi chiederete.

Beethoven
Quanto vi chiederò…

Lobkovitz
Esattamente!

Beethoven fa un lungo respiro, guardando il principe in volto.

Beethoven
Attualmente sto scrivendo più lavori… Temo… Temo di non poter soddisfare la vostra richiesta… Anche perché ciò che vi ho dedicato l’ho fatto per mia scelta, per mia volontà, non su vostra, pur gentile, richiesta.

Il principe volge gli occhi al cielo con un’espressione di compatimento e disprezzo.

Lobkovitz
Ah!... Voi musicisti…. E il discorso vale poi per tutti gli altri artisti!... Avete la fortuna di poter assecondare ogni vostro capriccio!
Beethoven si alza dal tavolo e, adirato, si avvicina al principe guardandolo negli occhi.

Beethoven
Io non assecondo mai i miei capricci… Io seguo soltanto ciò che lo Spirito mi dice di fare e di non fare.

Lobkovitz
Dite allora al vostro Spirito di ispirarvi bene e di farvi scrivere un pezzo per me.

Beethoven
Insistete, principe?

Lobkovitz
Insisto… E vi dirò di più: se non esaudirete la mia richiesta farò in modo che non vi sia assegnato il posto di kappelmeister, qui a Vienna… Sono cinquemila fiorini all’anno, per un incarico della durata di ben sette anni.

Beethoven stringe i pugni, sogghignando.

Beethoven
Un ricatto?!

Lobkovitz
Non lo chiamerei così, maestro… Solo un affare… Tra me e voi.

Beethoven inizia a camminare per la stanza.

Beethoven
Sbaglio o c’eravate anche voi al concerto del 22 dicembre 1808?!

Lobkovitz
Sì, c’ero anch’io?... E c’era tutta la crema, il fior fiore della società viennese… È stato un vero trionfo per la vostra musica!

Beethoven si ferma all’improvviso, guardando il principe in volto.

Beethoven
Già!.... Un vero trionfo!... Quindi, principe Lobkovitz, sapete benissimo che io campo grazie ai proventi della mia musica: devo ringraziare il pubblico che affolla le sale da concerto e gli editori che vendono i miei spartiti.

Lobkovitz
Volete dire che…

Beethoven
Voglio dire che della carità o, peggio ancora, dell’elemosina di un principe non so che farmene.

Il principe si irrita, gesticolando leggermente.

Lobkovitz
Siete un ingrato!... E non vi rendete conto delle conseguenze a cui state andando incontro!... Io sono un principe e…

Beethoven si avvicina nuovamente al principe e lo guarda fisso negli occhi un’altra volta.

Beethoven
L’ho già detto a un vostro pari in un’altra occasione e ora lo ripeto anche a voi: principe, ciò che siete, lo siete solo in virtù della vostra nascita… Ciò che io sono, lo sono per me... Di principi ce ne sono e ce ne saranno ancora migliaia... Di Ludwig van Beethoven, invece, ce n’è soltanto uno!... Mi comprendete?... Soltanto uno.

Il principe osserva Beethoven in silenzio per alcuni lunghi istanti.

Beethoven
E ora fatemi la cortesia di andarvene dalla mia casa.

Senza dire nulla il principe lascia l’abitazione di Beethoven, il quale, accigliato, rimane immobile a guardarlo.



Settima scena

Stazione Termale di Teplitz, al confine tra Germania e Boemia, 6 luglio 1812. Ludwig van Beethoven vi sta trascorrendo alcuni giorni di riposo, consigliatigli dai suoi medici per alleviare la sordità di cui, ormai, soffre enormemente. Seduto sul divanetto di un salottino della dépendance della Stazione, in attesa di una camera, il compositore sta riflettendo sulle donne che ha amato e sul suo destino.

Beethoven
Si dice che l’atto più nobile che l’uomo possa compiere sia quello di saper amare e la ricompensa più grande che egli possa ricevere quella di essere riamato… Che dire, allora, di quegli uomini che tanto hanno amato, ma che non sono mai stati ricambiati?… Che cosa debbo, che cosa posso dire di me, di Ludwig van Beethoven?… Giulietta, Josephine, Marie, Thérese, Antonia… Io vi ho amate tutte!… Tutte allo stesso modo!… Tutte intensamente!… Credete, forse, che il mio amore per Voi sia stato un semplice istinto?… No!… Non è l’attrazione verso l’altro sesso che mi ha attirato verso di Voi!… Mai!… Siete state soltanto Voi, le vostre personalità intere, le vostre qualità che hanno incatenato a Voi il mio rispetto, i miei sentimenti, la mia intera sensibilità… Quando mi accostavo a Voi, avevo dentro di me la ferma decisione di non lasciar né germogliare, né tanto meno scoccare neppure una scintilla d’amore... Ma Voi, tutte Voi, mi avete sopraffatto… Mi avete lasciato sperare che il vostro cuore battesse a lungo per me… E di battere per Voi, amate, questo mio cuore non cesserà mai se non quando non batterà più del tutto.

Beethoven si alza in piedi, fa un lungo respiro, rimane immobile per un attimo, poi si siede di nuovo sul divanetto del salottino.

Beethoven
Giulietta… La mia allieva prediletta!… Ti ho dato lezioni di pianoforte e ti ho dedicato una mia sonata, quella che tutti chiamano Al chiaro di luna e di cui tutti ricordano l’adagio sostenuto: amara dolcezza di un amore triste!… Josephine… Il nostro legame è stato profondo, noncurante delle convenzioni, dettato solo dall’Amore… Per te ho scritto una sonata per pianoforte… Dissi all’editore: «Quanto alla Sonata in la bemolle maggiore per pianoforte, ho stabilito di dedicarla a qualcuno e presto le farò avere i particolari in proposito.» Ma la dedica è stata sempre segreta. Marie… Oh Marie!… Abbiamo avuto due cose in comune, noi due: l’amore e il dolore… Ti sarò sempre grato per l’aiuto che mi hai dato nella ricerca di mecenati della musica e per il fatto di essere stata mia intima confidente… Le sonate per violoncello e pianoforte che ti ho dedicato sono un piccolo ringraziamento… Thérese… Dovevamo sposarci!... Noi!... Invece…. Invece non è stato così… Non è stato così!... E di tutto è rimasto soltanto un pezzo breve per pianoforte, una bagatella che, non so come, non so perché, ho chiamato Per Elisa… Misteri del cuore e della mente di un uomo, che pendeva dalle labbra di una donna!... Antonia… Così buona e così passionale, andata in sposa a un politico freddo e calcolatore!… Non è possibile! Non è possibile!… Perché accadono queste cose?... Perché?… Perché tra me e tutte voi c’è sempre stato un muro, un vetro che ha impedito il colloquio, l’unione possibile che esiste tra tutti coloro i quali si amano? Perché?... Ho tanto desiderato conoscere l’amore coniugale, la felicità che deriva dall’unione di carne e di spirito tra un uomo e una donna!… L’ho anche messo in musica nel mio Fidelio!… L’ho tanto desiderato!… Tanto desiderato!… Destino!… Sempre lui!… Il mio nemico di sempre, il mio nemico incarnatosi nella malattia che mi tormenta, il mio nemico da vincere: con il corpo, con lo spirito, con la musica… Con tutto me stesso!… Ludwig van Beethoven: l’unico che può farlo… Che deve farlo!… Che può riuscirci!… Che deve riuscirci!

Beethoven si alza dal divanetto, si siede a uno scrittoio e inizia a vergare con impeto una lunga lettera; una volta finito, la rilegge ad alta voce.

Beethoven
Sei rimasta solo tu… Soltanto tu… A te ho dedicato la mia Appassionata.

Mio angelo, mio tutto, mio io. Sono poche parole per oggi e per giunta a matita. Il mio alloggio non sarà definito prima di domani: che inutile perdita di tempo e perché questa pena profonda quando parla la necessità?! Può forse durare il nostro amore se non a patto di sacrifici, a patto di non esigere nulla l’uno dall’altra? Puoi forse cambiare il fatto che tu non sei interamente mia e che io non sono interamente tuo? Oh Dio, volgi lo sguardo alle bellezze della Natura! Rasserena il tuo cuore con ciò che deve essere - l’Amore esige tutto e a buon diritto! - così è per me con Te e per Te con me. Ma tu dimentichi tanto facilmente che io devo vivere per me e per Te; se fossimo davvero uniti, ne sentiresti il dolore tanto poco quanto lo sento io. Il mio viaggio è stato terribile; sono arrivato qui soltanto ieri mattina alle quattro. Poiché scarseggiavano i cavalli, la diligenza ha scelto un’altra strada, ma quant’era orribile! Alla penultima stazione di posta mi hanno sconsigliato di viaggiare la notte; hanno voluto mettermi paura parlandomi di una foresta, ma ciò mi ha incitato maggiormente e ho avuto torto. La carrozza non poteva che rompersi per quel sentiero orrendo, fangoso e senza fondo. Se non avessi avuto con me quei postiglioni sarei rimasto in mezzo alla strada. Estherby, viaggiando per la solita via, con otto cavalli, ha avuto la stessa sorte che è toccata a me con quattro. Eppure ho provato un certo piacere, come sempre quando riesco a superare felicemente qualche difficoltà. Ora passo in fretta dai fatti esterni a quelli più intimi. Ci vedremo sicuramente presto; neppure oggi riesco a far parte con Te delle mie considerazioni di questi ultimi giorni sulla mia vita. Se i nostri cuori fossero sempre vicini l’uno all’altro, non avrei certo simili pensieri. Il mio cuore trabocca di tante cose che vorrei dirti. Ah vi sono momenti in cui sento che le parole non servono a nulla. Sii serena, rimani il mio fedele e unico tesoro, il mio tutto, così come io lo sono per te. Gli dei ci mandino il resto, ciò che per noi dev’essere e sarà.

Tu stai soffrendo, creatura adorata: soltanto ora ho appreso che le lettere devono essere impostate di buon mattino il lunedì e il giovedì, i soli giorni in cui parte da qui la diligenza per K. Tu stai soffrendo. Ah, dovunque Tu sia, Tu sei con me. Sistemerò le cose tra noi in modo che io possa vivere con te. Che vita! Così! Senza di Te, perseguitato da ogni parte dalla bontà della gente, che io non desidero, né tanto meno merito - umiltà dell’uomo verso l’uomo! - mi fa soffrire. E quando considero me stesso in rapporto all’Universo, ciò che io sono e che Egli è colui che chiamiamo il più grande degli uomini, eppure qui si rivela la natura divina dell’uomo: piango se penso che, probabilmente, non potrai ricevere notizie da me prima di sabato. Per quanto Tu mi possa amare, io ti amo di più. Non avere mai segreti per me. Buonanotte! Dato che sto facendo la cura dei bagni devo andare a letto. Oh Dio! Così vicini! Così lontani! Non è forse il nostro Amore una creatura celeste e, per giunta, più incrollabile della volta del cielo?

A letto i miei pensieri sono già rivolti a Te, mia Amata Immortale, ora lieti ora di nuovo tristi, nell’attesa che il Destino esaudisca i nostri desideri… Posso vivere soltanto unito strettamente a Te, non altrimenti. Sì, ho deciso di errare lontano finché non potrò volare nelle tue braccia e sentirmi perfettamente a casa accanto a Te e lasciando che la mia anima, circondata dal tuo essere, entri nel regno degli spiriti. Purtroppo così deve essere! Ti rassegnerai, tanto più conoscendo la mia fedeltà verso di Te, nessuna altra donna potrà mai possedere il mio cuore, mai, mai, mai. O Dio, perché dovresti allontanarmi dall’oggetto di tanto amore? La mia vita a Vienna è, ora, miserevole… Il Tuo amore ha fatto di me il più felice e nello stesso tempo il più infelice degli uomini; alla mia età avrei bisogno di vivere in modo sereno, senza scosse, ma ciò è possibile nella nostra situazione? Angelo mio, ora chiudo affinché tu possa ricevere la lettera al più presto… Sii calma: solo contemplando che la posta funziona tutti i giorni, quindi con serenità la nostra esistenza, potremo raggiungere il nostro scopo di vivere insieme… Sii calma: amami oggi, amami ieri, amami domani… Quanta nostalgia, quanto rimpianto di Te, di Te mia vita, mio tutto!… Addio!… Ti prego: continua ad amarmi, non smentire mai il cuore fedelissimo del tuo amato.

Eternamente Tuo.
Eternamente Mia.
Eternamente Nostri.

Il Tuo fedele Ludwig


Ottava scena

Teplitz, 19 luglio 1812. Beethoven ha prolungato di parecchi giorni il suo soggiorno nella Stazione Termale intenzionato a incontrare Johann Wolfgang Goethe. In attesa dell’arrivo del poeta, il compositore si trattiene in un salottino con Bettina Brentano, sua amica e donna ben introdotta negli ambienti culturali dell’epoca, che ha organizzato l’incontro tra i due grandi.

Beethoven
Non so come ringraziarti, cara Bettina!…

Bettina
Se solo tu aprissi il tuo cuore…

Beethoven lancia uno sguardo profondo a Bettina.

Beethoven
Ne abbiamo già parlato, non ricordi?

Bettina
No, Ludwig!… Non ricordo!… Anzi, sono sicura che non ne abbiamo mai parlato in maniera profonda…

Beethoven
Conosci anche tu la vicenda: hai approfittato del fatto che mi conosci per fomentare voci di una grande storia d’amore inesistente tra noi due e inventarti lettere traboccanti di passione, altrettanto inesistenti.

Bettina assume un’espressione offesa e triste.

Bettina
L’amore ha una forza incredibile…

Beethoven
Il vero amore… Solo il vero amore ha questa forza… Ricordalo, Bettina!

Beethoven si alza dalla poltrona.

Beethoven
Comunque, Bettina, ti sono veramente grato per aver organizzato questo incontro.
Bettina
Lui nutre un grande affetto nei miei confronti!

Beethoven
Anch’io… Verso di te.

Bettina guarda il compositore fissa negli occhi.

Bettina
Non lo credo, Ludwig.

Beethoven la ricambia con la stessa espressione degli occhi.

Beethoven
Invece è così… So che anche con lui hai avuto, non so se ce l’hai ancora, un rapporto molto stretto… Non solo epistolare… Ma questo è un altro discorso, che a me non interessa minimamente… Insomma, non sono fatti che mi riguardano.

Bettina abbassa leggermente lo sguardo.

Bettina
Lui ha conosciuto e frequentato mia nonna e ha amato mia madre, Maximiliana La Roche, che gli ha ispirato alcune pagine del suo Werther!

Beethoven
L’ho già detto: non sono fatti che mi riguardano.

Beethoven si siede di nuovo sulla poltrona.

Beethoven
Ora veniamo al motivo per cui siamo qui.

Bettina
Dimmi tutto, Ludwig…

Gli occhi del compositore si illuminano.

Beethoven
Nutro una grandissima ammirazione per Johann Wolfgang Goethe… Grandissima!… Non esagero!… Adoro tantissimo la figura di questo poeta che, almeno secondo me, emana un fascino che fa dimenticare ogni miseria, ogni bassezza, ogni volgarità della vita… Lo considero un artista che cammina dinanzi a tutta l’umanità… L’anno scorso, a maggio, gli ho scritto una lettera con cui gli ho espresso il desiderio e l’onore di incontrarlo… Gli ho anche inviato la partitura per le musiche di scena, nella versione per pianoforte, che ho elaborato per il suo Egmont, accompagnata da alcune frasi, oserei dire, di devota e fervida venerazione… Ah!… Ti confesso, Bettina, che in quel momento ho provato la trepidazione dell’esordiente!

Bettina guarda sorpresa il compositore.

Bettina
Hai scritto musica per un dramma così complesso?

Beethoven
Sì, Bettina!… Amo moltissimo l’Egmont: è un’opera che sento molto vicina a me, al mio spirito, al mio cuore… Il conte di Egmont nel Cinquecento sacrificò la propria vita per l’Olanda, la sua patria, durante la repressione attuata dal duca d’Alba, un condottiero crudele e fanatico al servizio della Spagna di Filippo II… Nella partitura ho voluto mettere in risalto proprio l’eroismo e il sacrificio del conte… Il lavoro comprende varie musiche di scena: una ouverture, intermezzi per archi, lieder per voci soliste e orchestra, un melodramma breve e un brano finale sempre per archi, che ho chiamato Sinfonia della vittoria.

Bettina
Stai fremendo dall’impazienza di conoscerlo, Ludwig…

Beethoven
In passato ho messo in musica alcuni suoi lieder… Le poesie di Goethe mi rendono felice, Bettina!... Lui mi sembra grande e maestoso… È sempre in re maggiore. Ah! Ah! Ah!

Un inserviente della Stazione Termale entra nel salottino.

L’inserviente
C’è una visita per voi, maestro…

Beethoven, fremente, si alza di scatto dalla poltrona. Pochi attimi dopo Bettina fa lo stesso.
Beethoven
È arrivato, Bettina!... È arrivato!

Bettina
Oh Dio!....

Con solennità Johann Wolfgang Goethe entra nel salottino mentre Bettina ne esce.

Goethe
Buongiorno!

Beethoven
Buongiorno a voi, genio dell’umanità!…. Spero che abbiate fatto buon viaggio.

Goethe lancia uno sguardo di sufficienza al compositore.

Goethe
Buono o cattivo poco importa… L’essenziale è che io sia arrivato a destinazione… Come state in salute?

Beethoven assume un’espressione torva, che cerca di celare sia pure malamente.

Beethoven
E… Mm… Io… Beh!… Io ho un problema, eh!… Sì!... Un problema… Il mio udito non funziona proprio bene… Credetemi, per un musicista è una tragedia!... Vi prego di parlare a voce piuttosto alta.

Goethe
Capisco il vostro problema.

Beethoven indica una poltrona.

Beethoven
Sedete qui… Accanto a me… Abbiamo tante cose da dirci!… Ah!... Come sono scortese!... Gradite gustare qualche prelibatezza del posto?

Goethe
Nulla, vi ringrazio.

I due uomini si siedono uno accanto all’altro.
Beethoven
Bene… Eh!... Vi ho inviato qualche tempo fa una mia partitura: musiche, in versione pianistica, per il vostro Egmont… Vi confesso… Vi confesso che non desidero altro in questo momento che sapere che cosa ne pensate.

Goethe fa un lungo respiro.

Goethe
Ho ascoltato la partitura. È senz’altro una bella musica, solo che non la trovo conforme a ciò che ho scritto, mi comprendete?

Beethoven socchiude leggermente gli occhi, rimanendo immobile per alcuni istanti.

Goethe
Mi avete sentito?...

Beethoven
Certo che vi ho sentito… E vi rispondo anche dicendovi che vi ho messo del fuoco nello scrivere questa musica.

Goethe fa un altro lungo respiro.

Goethe
Fuoco!... Ecco uno dei problemi che ancora affligge l’arte ai giorni nostri!

Beethoven appare risentito per le parole di Goethe, pur rimane calmo.

Beethoven
Che intendete dire?

Goethe
Intendo dire che l’arte, per essere tale, deve essere immancabilmente cristallina, apollinea, armoniosa…

Beethoven
Se voi togliete il fuoco, l’arte muore: non solo la musica, ma anche la poesia…. Tutto ciò che è arte muore… Senza il fuoco.

Goethe lancia un altro sguardo di sufficienza al compositore.
Goethe
Lo credete veramente?

Beethoven
Lo credo… Lo sento dentro di me… Dove arde questo fuoco.

Goethe
Vedete, caro Beethoven, l’arte ha un compito che ad alcuni, a molti per la verità, ancora sfugge: quello di portare equilibrio e norme di vita dentro l’uomo in modo tale che egli possa concepire l’essenza del mondo come ordine delle cose e lo induca a produrre forme armoniose e rassicuranti… L’arte non deve assolutamente essere un coacervo di emozioni incontrollate.

Beethoven
L’arte nasce nel profondo dell’uomo… Essa si nutre della fantasia, della creatività, non porta nella vita equilibrio e regole, ma caos e libertà, e nella fantasia, nella creatività, nel caos e nella libertà ha le proprie norme… L’arte non genera forme armoniose e rassicuranti, ma bizzarre e imprevedibili… Non si cerchi il quieto vivere nell’arte, che è essenzialmente un’esplosione di emozioni senza fine.

Goethe e Beethoven si guardano negli occhi in silenzio per alcuni lunghi secondi.

Goethe
Avete un’idea dell’arte alquanto estrema, vedo.

Beethoven
E voi alquanto pigra… Vedo.

Goethe si fa avanti sulla poltrona.

Goethe
Pigra?... L’arte è la suprema contemplazione della vita e del mondo, l’unico vero paradiso che esiste su questa terra.

Anche Beethoven si fa avanti sulla poltrona.

Beethoven
Non per Ludwig van Beethoven, che ogni giorno deve lottare… Per me l’arte è uno strumento di lotta, è un punto di partenza, non un punto di arrivo, è la ricerca costante dell’assoluto, dell’infinito…. E vi dirò di più: la libertà e il progresso sono il fine dell’arte come, del resto, della vita stessa.

Goethe
Lottare?!.... Voi dovete lottare?... E chi è il vostro nemico?

Beethoven
Il mio nemico?... È qualcosa più grande di me, che ho, però, deciso di prendere per la gola… Si chiama Destino.

Goethe si appoggia allo schienale della poltrona, con un atteggiamento pensieroso.

Goethe
Vedo che credete ancora al titanismo, che andava di moda tanti anni fa.

Beethoven
Un uomo, ancora di più un artista, per essere tale deve credere a qualcosa… Deve soprattutto credere a se stesso, al fuoco che brucia dentro di lui…

Per la seconda volta Goethe e Beethoven si guardano negli occhi in silenzio per alcuni lunghi attimi.

Goethe
Devo dirvi, caro Ludwig, che non ho mai visto alcun artista più raccolto, più energico e più profondo di voi… La vostra esistenza sarebbe inconcepibile, impossibile per voi senza la musica… Francamente debbo, però, dirvi che siete anche una personalità senza freni…  Oh capisco benissimo perché, di certo per colpa della vostra malattia, vi ponete in maniera singolare dinanzi al mondo, che, come ho potuto intuire da questo nostro sia pur breve incontro, trovate sicuramente detestabile… Così facendo, tuttavia, non lo rendete affatto migliore, né per voi e nemmeno per gli altri e questo fatto danneggia forse meno la parte musicale del vostro essere, che quella sociale.

Beethoven
La franchezza è una qualità che mi piace… E trovo sempre le parole giuste per rispondere… Caro Goethe, voi, forse o sicuramente non dovrei essere io a dirvelo, avete fatto il vostro tempo e siete rimasto dentro di esso: questo fatto vi porta a disprezzare e a rifiutare tutto ciò che è lontano dal vostro modo di pensare… Oltretutto mi dicono che siete titolato, che avete accumulato cariche e onori e che vivete a corte… Già!... A corte… Un mondo al tramonto… Io non sono cliente di nessuna casa gentilizia e campo del mio lavoro, ho strappato la musica dalle accademie e l’ho portata nel mondo, ho creato un rapporto, un legame mai esistito fino a ora tra la musica e il pubblico.

In quel preciso momento Bettina Brentano rientra, quasi correndo, nel salottino.

Bettina
Wolfgang!... Ludwig!... È arrivata Sua Maestà!

Federico Guglielmo di Prussia e la consorte Luisa arrivano alla Stazione Termale di Teplitz con un numeroso seguito di cortigiani, servi e gendarmi di scorta. Tutti si precipitano a salutare, con profondi inchini, e a rendere altri svariati omaggi alla famiglia imperiale. Anche Beethoven e Goethe si avvicinano ai sovrani, ma il compositore, all’improvviso, si stacca dal poeta e prosegue per un’altra strada.

Goethe
Ma?... Che fate?... Siete impazzito?... Non vi inchinate davanti ai nostri regali?

Beethoven
Ricordatevelo, Goethe: fare sempre tutto il bene possibile, non tradire mai la verità e amare la libertà sopra ogni cosa… Anche e soprattutto di fronte a un trono.



Nona scena

Vienna, inverno 1826-primavera 1827. Ludwig van Beethoven sta vivendo gli ultimi mesi della sua vita, tormentato dalla sordità, diventata quasi totale, e da altre malattie. Ad assisterlo nei bisogni quotidiani si alternano musicisti, allievi, editori, ammiratori, mossi quasi sempre da interessi personali. Soltanto pochi stanno vicino al maestro per affetto; tra questi il giovane compositore e amico Anselm Hüttenbrenner.

Beethoven è a letto. Parla con fatica e tossisce ripetutamente.

Beethoven
Avete fatto avere quella partitura all’editore?

Anselm
Sì, maestro.

Beethoven
Vi ringrazio… Siete molto buono con me.

Anselm
Voi avete donato al mondo capolavori che l’umanità non potrà mai dimenticare… Ciò che io faccio per voi è nulla.

Alle parole di Anselm, Beethoven si commuove.

Beethoven
Le vostre parole sono sincere… So distinguere chi è sincero da chi non lo è!... Ne ho fatta di esperienza nella mia vita!... E sento che essa se ne sta andando…

Anselm si china sul compositore.

Anselm
Non dite così, maestro!... Non dite così!... Vi scongiuro!


Beethoven
Ho lottato contro il Destino… Lui alla fine vincerà… Anzi ha già vinto, ma soltanto sulla materia… La mia malattia, è vero, ha avuto il sopravvento, ma io sono lo stesso vincitore sul Destino… Sofferente, ma felice… Perché l’ho combattuto: con il mio corpo, con il mio spirito… L’ho combattuto soprattutto con la mia musica… Ahh!... Noi, esseri limitati dallo spirito illimitato, siamo nati soltanto per la gioia e per il dolore... E si potrebbe quasi dire che i più eminenti afferrano la gioia soltanto attraverso il dolore.

Anselm non riesce a trattenere le lacrime.

Beethoven
Che cosa fate adesso, eh!... Piangete?... Piuttosto, che novità ci sono?

Anselm si asciuga le lacrime con le mani.

Anselm
Ieri sera, proprio qui a Vienna, è stato eseguito un vostro pezzo che avete composto diciotto anni or sono: il Trio per pianoforte, violino e violoncello in re maggiore che tutti chiamano Degli spettri… Il successo è stato notevolissimo!

Gli occhi di Beethoven si illuminano di una luce fulgida mentre sulle sue labbra si disegna un ampio sorriso.

Beethoven
Degli spettri… Ah!... Sì!... Questo nome è dovuto al secondo movimento, il più lungo dei tre… È un’atmosfera strana, dove gli strumenti sembrano lamentarsi e dove si percepisce un senso di turbamento, di inquietudine profonda.

Anselm
C’è un’altra vostra composizione che in questi giorni sta incominciando a riscuotere grossi consensi, nonostante le difficoltà tecniche che gli esecutori incontrano quando l’affrontano…

Beethoven è percorso da un fremito profondo.



Beethoven
Ah! Ah! Ah!... Posso facilmente immaginare di che cosa si tratta... È la mia Hammerklavier in si bemolle maggiore… È la più lunga di tutte le sonate per pianoforte che ho scritto: più di milleduecento battute… I suoi quattro movimenti sono veramente molto grandi… L’ho creata attraverso una quantità incredibile di appunti, tanti pentimenti e tanti ripensamenti dell’ultima ora ben sapendo che essa sarebbe stata una novità troppo avanti nel tempo… Fra l’altro dissi: «Ecco un pezzo che darà filo da torcere ai pianisti, anche quando verrà eseguito tra cinquant’anni.»

Anselm
Sarà così sicuramente… Voi siete un genio e avete il dono della chiaroveggenza.

Beethoven continua a parlare con fatica e a tossire ripetutamente.

Beethoven
Ho voluto cercare e creare sonorità nuove, diverse, anche torturando la tastiera del pianoforte e piegando le corde degli archi… E ho anche voluto rendermi indipendente dalle formule consuete: la mia ispirazione è diventata insofferente di ogni schema prefissato, si è creata, di volta in volta, la propria forma.

Anselm
Ciò è evidente nella vostra Hammerklavier e anche nella Grande fuga in si bemolle maggiore per quartetto d’archi…

Per la seconda volta Beethoven è percorso da un fremito profondo.

Beethoven
Ah! Ah! Ah!... La Grande fuga!… Una partitura tecnicamente molto difficile ed enigmatica nei contenuti… Ricordo… Ricordo che la scrissi come movimento finale per un mio quartetto d’archi, solo che l’editore, reputandola troppo difficile per gli esecutori e addirittura impopolare per gli spettatori, mi impose di pubblicarla come un pezzo indipendente… Quando venne eseguita per la prima volta insieme ad altri brani, il pubblico reclamò il bis solo per gli altri pezzi, non per la Grande fuga… Io divenni furioso e dissi: «Perché non il bis della Grande fuga? Soltanto quella dovrebbe essere ripetuta!... Gentaglia!... Asini!»

Anselm
Voi, maestro Ludwig, avete anticipato quello che avverrà nell’arte della musica… E saranno i posteri che renderanno omaggio e benediranno la vostra memoria molto più di quanto possano e hanno potuto fare i contemporanei.

Beethoven fa un lungo respiro, sgranando gli occhi per poi richiuderli pacatamente.

Beethoven
La mia vita… Sento che mi sta lasciando… O Dio!… Voglio abbandonarmi con pazienza a tutte le vicissitudini e rimettere la mia fiducia unicamente nella tua immutabile bontà!… Sei la mia roccia, o Dio, sei la mia luce, sei la mia rassicurazione eterna.

Anselm
Voi… Voi credete in Dio?

Beethoven si agita e cerca di alzarsi dal letto. Anselm lo trattiene.

Beethoven
Se io credo in Dio?!… Mi domandate se io credo in Dio?!

Anselm
State calmo!… Dovete stare a letto, come vi ha detto il vostro medico.

Beethoven
Il mio medico? Puah!

Anselm
Vi ho forse offeso, maestro, quando poc’anzi vi ho domandato se credete in Dio?

Beethoven si rasserena, sorridendo leggermente.

Beethoven
No!… Non mi avete offeso… Minimamente!… Vi confesso che, pur non essendo mai stato un praticante assiduo, ho sempre creduto in Dio… Una volta lo maledissi per la mia condizione e lo accusai di abbandonare le sue creature al caso, ma un mio amico, il pastore Karl Amenda, mi ricordò che Lui è sempre vicino a chi soffre e che richiama a sé chi ama di più… Per queste mie parole ho chiesto perdono a Dio… L’ho chiesto con la mia musica con cui ho voluto celebrarlo: la mia Missa Solemnis in re maggiore, che voi conoscete e che scrissi per l’arciduca Rodolfo d’Asburgo Lorena, è nata per questo motivo… La considero la mia opera migliore, il mio più grande lavoro.

Anselm
È un’opera monumentale, maestro.

Beethoven
E ci sono quelli che dicono che è improponibile per una liturgia…

Beethoven si guarda intorno, respirando faticosamente.

Beethoven
Il Destino… Il Destino si è compiuto come volevo io…

Anselm si china un’altra volta sul compositore.

Anselm
Che cosa state dicendo, maestro?… Ora vado a chiamare il vostro medico.

Beethoven afferra Anselm per un braccio.

Beethoven
No!… Fermatevi!… Fermatevi!... Non è della mia vita che sto parlando, ma della mia musica… Sto pensando alla mia Nona Sinfonia in re minore… Quella che contiene il coro finale sull’ode Alla Gioia dell’amico Schiller e che è detta anche Corale.

Anselm
La sua esecuzione, qui a Vienna, il 7 maggio 1824, è stato un successo travolgente… Il pubblico era in delirio!

Beethoven parla sempre con fatica e tossisce ripetutamente.

Beethoven
Io ho potuto soltanto immaginarla…

Beethoven piange sommessamente.

Beethoven
Ho potuto soltanto sentirla dentro la mia mente, nel mio cuore, nel mio spirito, in tutto il mio corpo… Ma non ho potuto ascoltarla come tutti gli altri esseri umani che erano lì…

Anselm
Nessuno la conosce e può ascoltarla meglio di voi, maestro.

Beethoven alza le braccia verso il cielo.

Beethoven
Il Destino… Il Destino, in fondo, si è compiuto come volevo io… Io ho vinto la mia lotta contro di esso!… Sono io il vero vincitore!… Quando stavo componendo la mia Nona Sinfonia, per la prima volta ho sentito gli strumenti dell’orchestra insufficienti e ho avvertito il bisogno di superarli con la voce umana… Ho voluto celebrare il trionfo della gioia e della fraternità che lega tutti gli uomini sul Destino avverso e crudele, sul male, sulla disperazione e sulle miserie della vita… Tutti gli uomini, non solo alcuni… Tutti!… E Ludwig van Beethoven… Ora, amici e nemici di adesso e di una volta, plaudite: la commedia è finita.

È il pomeriggio del 26 marzo 1827. Il sole di primavera, che ha brillato tutto il giorno su Vienna, improvvisamente viene coperto da grosse nuvole nere. Scoppia un temporale e un fulmine, subito seguito da un forte tuono, rischiara, scuotendola, di una luce abbagliante la stanza di Beethoven. Il grande musicista alza il pugno verso il cielo, come in un’ultima sfida, poi si abbandona sul letto mentre su Vienna la pioggia si trasforma in neve.

Voce fuori scena
Dal tubare della colomba allo scrosciare della tempesta, dall’impiego sottile dei sagaci artifici al tremendo limite in cui la cultura si perde nel tumultuante caos della natura, Egli ovunque è passato e tutto ha sentito. Chi verrà dopo di Lui non continuerà, ma dovrà ricominciare, perché questo genio immenso ha condotto la sua opera fino agli estremi confini dell’arte.