DIARIO COLLETTIVO

di

Renato Capitani



PERSONAGGI
ANDREA
SONIA
FLIK
DANIELA



PREMIO “MIGLIOR TESTO” RASSEGNA “SERATE IN CORTO” 2005
TEATRO TORDINONA di ROMA 


SCENA PRIMA

Novembre 1992. Una stanza che richiama l’aspetto di uno studio arredato in modo molto povero : un paio di sedie, un tavolo, alcuni manifesti alle pareti. Tra questi se ne nota uno di natura chiaramente politica ed un altro, completamente diverso, che riproduce una famosa foto di Marilyn Monroe. Seduto su una delle sedie c’è Andrea, un uomo dall’apparente età di 35-40 anni, intento a leggere un libro.
Entra Sonia, una donna dall’aspetto più giovane di lui, che lo saluta con un certo entusiasmo.

SONIA : Ciao Andrea! (Andrea assorto nella lettura non risponde. Sonia noncurante si toglie il soprabito, le scarpe, infilandosi un paio di pantofole.) Che stai facendo?

ANDREA : (svogliato e ironico) Sto preparando il caffè.

SONIA : Stupido!

ANDREA : (alzando gli occhi dal libro) Ma scusa, che cosa vuoi che faccia uno con un libro in mano?… Legge, no?

SONIA : Basta dirlo.

ANDREA ; Basta vederlo.

SONIA : (solleva le spalle in segno d’indifferenza, poi prende un pettine e comincia a pettinarsi, cercando di recuperare l’armonia.) Ho fatto il provino.

ANDREA : (che nel frattempo ha ripreso a leggere il libro con indifferenza) Ah sì?

SONIA : (sempre pettinandosi) Sembrava interessato. Forse mi prende.

ANDREA : In che senso?

SONIA : (cercando di non cogliere il sarcasmo di lui) L’unico che interessa a me. (Comincia a scimmiottare la voce del regista) “Lei ha un volto molto interessante!… La vedo bene… molto bene in questo personaggio. Sicuramente è tra le prime che terrò in considerazione.”
(Recuperando la sua voce normale) Beh, che ne dici?

ANDREA : (senza mai alzare gli occhi dal libro) Che hai un volto interessante.

SONIA : (irritata, getta il pettine in terra) Tanto che ne capisci tu!… (Breve pausa. Tenta di recuperare l’entusiasmo iniziale.) Mi ha detto anche che ho una voce molto particolare… (Getta un’occhiata ad Andrea, per vedere la sua reazione. Ma lui rimane impassibile. Allora lei gli si avvicina lentamente, con atteggiamento civettuolo. Poi comincia a provocarlo giocando con le dita in mezzo ai capelli di lui. Nonostante questo, Andrea continua, anche se con disagio, la sua lettura.) Andrea…

ANDREA : Sì?

SONIA : (con voce suadente) Facciamo l’amore?…

ANDREA : (alza gli occhi dal libro. Fissa per un attimo Sonia, poi risponde drastico) No, non mi va adesso.

SONIA : (delusa) Perché?

ANDREA : Voglio leggere. (Riprende la sua lettura, come se nulla fosse).

SONIA : (mortificata si stacca da lui, allontanandosi.) Perché continuiamo a stare insieme, Andrea?

ANDREA : (con distacco volta la pagina del libro) Non lo so… (sempre antipaticamente ironico) forse ci amiamo…

SONIA : ( irritata dall’atteggiamento di lui) Se ti ho rotto le scatole, perché non me lo dici chiaramente?!

ANDREA : Non mi hai rotto le scatole… me le stai rompendo ora!

SONIA : (gridando) Perché ho voglia di fare l’amore con te?

ANDREA : (con uno scatto nervoso chiude il libro e lo getta in terra) E va bene, litighiamo!

SONIA : (trattenendo il pianto, provocato dalla rabbia) Io non voglio litigare, Andrea!… Vorrei solo che tu fossi meno stronzo!

ANDREA ; (alzando la voce) E perché sarei uno stronzo?… Solo perché in questo momento ho voglia di finire il mio libro?!

SONIA : No. Non è solo per questo. E’ il tuo atteggiamento che non va. Hai sempre quest’aria sufficiente, da primo della classe. Quello che sono e che fanno gli altri sembra che non ti riguardi per niente. Mai una volta che tu mi dia soddisfazione in qualcosa… una parola d’incoraggiamento…

ANDREA : Ma cosa vuoi che ti dica?… Brava, perchè sei stata quasi scritturata per una parte importante?… E va bene: brava! Brava! (Si alza dalla sedia, applaudendo in modo frenetico.)

SONIA : (sconsolata) E’ inutile… non capisci… (si siede pensierosa su una sedia.)


ANDREA : (breve pausa. Prende una sedia e si siede accanto a lei, dispiaciuto) Scusa, ma non riesco più ad essere gentile. (Le prende affettuosamente una mano) non riesco più a sopportare questo sbragamento. Tu che parli sempre di teatro e di provini… i tuoi amici che parlano sempre di soldi, di trasmissioni televisive, di calcio…

SONIA : (rincuorata dalla inaspettata gentilezza di Andrea) E di cosa dovremmo parlare?… E’ la nostra vita… la vita moderna…

ANDREA : (scatta in piedi urlando) La vita moderna! La vita moderna!… La solita frase imbecille!… Quando non si sa cosa rispondere si dice sempre la solita frase idiota: “E’ la vita moderna!”… ma che cazzo è la vita moderna?!”

SONIA : (anche lei scattando in piedi) Sei insopportabile! Con te è impossibile parlare!

ANDREA : Già. Sarebbe più comodo andarci a letto con Andrea, vero? Almeno lì la sintassi è obbligatoria!

SONIA : Sembra che mi fai un favore! Ma che ti credi…

ANDREA : (interrompendola) … Che sei l’unico?!… Sai quanti potrei farmene se volessi? Non ho mica solo il volto d’ interessante!…

SONIA : (scocciata) Ah, ci rinuncio! Al tuo livello di volgarità non ci scendo proprio… Almeno una volta usavi il tuo sarcasmo nei discorsi politici… avevi il tuo linguaggio da “ collettivo”. Adesso non raggiungi nemmeno il livello dei comicaroli televisivi! (Si rimette velocemente le scarpe e il soprabito) esco. Vado a comprare qualcosa da mangiare… se non lo trovi troppo consumistico… (esce).

ANREA : (urlando in direzione dell’uscita) Anche le vallette della televisione escono meglio di scena! Almeno ti lasciano l’ immagine del loro bel culo! (Tra sé) stronza!… (Ripensando alle ultime parole di Sonia) “linguaggio da collettivo”… dicevo delle cose importanti… vere… rivoluzionarie… altro che linguaggio da collettivo! Il fatto è che tu non hai mai capito né capirai mai chi eravamo veramente… cosa dicevamo… cosa facevamo… (mentre pronuncia stancamente queste parole, prende una cassetta audio che sta sul tavolo e la inserisce in un piccolo registratore accendendolo. Si ode confusamente una voce molto giovanile che sta pronunciando un discorso politico, molto disturbata da rumori di sottofondo. Probabilmente è la sua. La qualità della cassetta è cattiva, per colpa della registrazione e dell’eccessivo uso. Comunque si capisce che si tratta di una registrazione fatta durante un’assemblea politica. I toni, le parole, tutto sembra molto lontano. Andrea, però, non sembra accorgersi di questo. Anzi, seduto, ascolta con espressione intensa, come se quel registratore trasmettesse una musica irresistibile, mistica. Superato quasi immediatamente questo momento, spegne il registratore. Si guarda intorno con circospezione, come se avesse paura di essere osservato da qualcuno. Poi, lentamente, esce per un attimo di scena, rientrando quasi subito con una quaderno in mano. E’ il suo diario. Si siede al tavolo e comincia a scrivere delle frasi, pronunciandole a voce alta):


Venerdì 8 novembre 1992. Lo so che è tremendamente piccolo borghese tenere un diario. Anche perché potrebbe rischiare di diventare un film o uno spettacolo teatrale, con tutto ciò che ne consegue. Vero, Anna Frank?… Ma poiché non sono riuscito ancora a capire come si fa a conciliare la coscienza di classe con la coscienza umana, il bisogno politico di parlare alla massa e quello cattolico, intimo, di confessarsi ad un prete, ancora una volta mi trovo di fronte a te, insignificante involucro di pagine, per raccontarti le mie depressioni. (Breve pausa. Riflette.) 8 novembre 1992. Esattamente tre anni fa crollava il muro di Berlino. E con lui è crollato il mio mondo. Sono tre anni che continuo a chiedermi come sia possibile credere in un ideale, accettarne anche le contraddizioni, i paradossi, le crudeltà, che a volte ti sembrano insostenibili, ma che sopporti in nome di una ragione nobile, di una logica che riesce comunque a farti superare un istintivo ed epidermico rifiuto verso qualcosa o qualcuno che a volte senti ingiusto, ma che poi finisci sempre per accettare, anche se spesso controvoglia, perché pensi che in fondo sia il male minore. E ti dicono e ti convincono che non c’è altra possibilità: l’Occidente capitalista, materialista e consumista, governato da un sistema di profitto e di sfruttamento dei più poveri; e dall’altra parte l’Est socialista, a volte dispotico, dittatoriale, illiberale, ma comunque uguale per tutti, ricchi e poveri. Non c’è altro. E tu scegli. Ti schieri e poi vai dritto in quella direzione. Non hai troppo bisogno di ragionare, perché sai che hai fatto la scelta giusta: hai scelto il tuo ideale. E l’ideale ti aiuta a vivere. Per un ideale si può anche morire. (Pausa) poi un giorno leggi il giornale, accendi la tv, e ti dicono che non è più così. Che l’unica differenza è un muro. L’unico ostacolo che impedisce alla gente di stare dalla stessa parte. Tutta dalla stessa parte. Non c’è nessuno che vuole stare di qua. Basta abbattere quel muro e superare il confine per scoprire che tutti vogliono stare dalla stessa parte. La parte giusta è una sola. E io?… Che ho vissuto sempre da una parte sola, al di qua, credendo che oltre quel muro ci fosse solo il fallimento, cosa dovrei fare…? Dove dovrei andare?… Adeguarmi? Brindare? Gioire? Come hanno fatto milioni di persone?… Buttare a mare tutto il mio passato politico o, di più, la mia vita, in nome di un colossale pentimento collettivo? (alza la voce, quasi urlando) scavalcare quel muro chiedendo scusa a tutti per essermi sbagliato e implorare di non abbandonarmi da quest’altra parte?!… (Pausa. Riprende un tono più pacato) sono tre anni che mi trovo di fronte al fantasma di quel muro crollato, con i piedi bloccati e la paura di andare oltre rinnegando tutto, o di restare fermo, rischiando la morte. Dovrei forse trovare il coraggio, finalmente, di rintracciare i miei ex compagni del “collettivo” e chiedere se anche a loro è successa la stessa cosa. Chissà, potrei scoprire che non è ancora tutto finito, oppure… (ironico) che un fallimento vissuto con i “vecchi” compagni politici, può risultare meno pesante… (Pausa) Che sia banalmente la solitudine il mio vero problema?… 

(Buio)



SCENA SECONDA


Quando la luce si riaccende, al posto di Andrea ritroviamo Sonia, praticamente nella stessa 
posizione che aveva prima Andrea, cioè seduta al tavolo, mentre scrive il suo diario. Anche lei pronuncia a voce alta le parole che sta scrivendo:

SONIA : Domenica 3 gennaio 1993. So che continuare a tenere un diario è infantile, soprattutto se non si è così importanti da avere la necessità di lasciare le proprie memorie. Con il nuovo anno mi ero ripromessa d’interromperlo, ma non ci riesco. Chissà cosa potrebbe pensare Andrea se lo scoprisse! Con la sua solita sufficienza mi direbbe che, nonostante l’età, ho ancora bisogno di rifugiarmi nei miei segreti da adolescente. Non arriverebbe mai a pensare che in parte è anche colpa sua se mi ritrovo a sfogarmi con un diario. Non mi ascolta mai, non mi dà mai un minimo d’importanza. La sua ossessione di giustizia e di uguaglianza gli fa spesso dimenticare che sono ancora la sua donna. Per questo mi tratta esattamente come gli altri: cioè male. Se insistessi a farglielo notare, riuscirebbe perfino a dimostrarmi che politicamente è giusto così. Forse l’amore nell’era post-comunista si vive così. A proposito: come farà un incallito comunista come Andrea a continuare a vivere nell’era post-comunista?… Ieri l’ho sentito telefonare a Flik, un suo compagno dell’ex collettivo politico. Erano anni che non lo faceva. Gli ha detto anche d’invitare altri di loro a venire qui domani pomeriggio. Non gli ho chiesto perché l’ha fatto, altrimenti avrei ammesso di averlo spiato mentre parlava al telefono. Mi avrebbe accusato di curiosità “piccolo borghese”, mentre la mia è stata soltanto una curiosità femminile. Tu, caro diario, questo lo capisci, lui no. Per questo preferisco confidarlo solo a te. (Pausa) per quanto riguarda il resto… fammi pensare… mi pare niente d’importante… ah, sì, la prossima settimana ho un altro provino. Tì farò sapere. 



(Buio)





SCENA TERZA


Nella solita stanza si trovano Andrea e Flik. Stanno preparando un volantino.

FLIK : (leggendo un foglio) Senti, Andrea, se va bene come finale: “… consapevoli pertanto che è possibile parlare di coscienza politica soltanto quando c’è azione, cioè militanza, e non si resta immobili a gratificarsi in modo cerebrale con teorie pseudo-rivoluzionarie o inutili speculazioni filosofiche, vi invitiamo… eccetera eccetera…” Eh?

ANDREA : (mentre è intento anche lui a scrivere su un foglio) E’ quel “pertanto”che ti frega!

FLIK : Perché?

ANDREA : Perché presuppone nella frase precedente qualcosa che non c’è. Quando si scrive “pertanto” si vuol rafforzare. Ma tu non hai niente da rafforzare, visto che prima parlavi di altro.

FLIK : Eh, già. E... se ci mettessi un bel “dunque” ?

ANDREA : Suona male.

FLIK : Troppo borghese.

ANDREA : No, poco sintattico. “Consapevolii dunque…” fa vomitare!

FLIK : (spazientito) E allora che ci metto?!

ANDREA : Non ci metti niente! Anzi togli. “Consapevoli che è possibile parlare eccetera…” no? 

FLIK : (pensandoci) Eh sì. Hai ragione.

ANDREA : Speriamo che la nuova militanza ti serva anche per imparare finalmente a scrivere. (Guarda l’orologio) che succede?… Perché gli altri ritardano così tanto? (Rivolgendosi a Flik con sospetto) ma li hai avvertiti tutti?

FLIK : (imbarazzato) Sì… ho chiamato tutti quelli che mi hai detto tu… i compagni più impegnati…

ANDREA : E allora? Perché non arrivano?

FLIK : (sempre più a disagio) Non so… nessuno me l’ha veramente assicurato…
ANDREA : (sorpreso) Nemmeno Ugo?

FLIK : Ugo si è sposato con la figlia di un produttore pubblicitario. Fa il creativo e guadagna un sacco di soldi. Pensa che il suocero potrebbe rimanerci male se lui riprendesse l’attività politica di un certo tipo…

ANDREA : (interrompendolo) Basta così, non aggiungere altro. Non voglio sapere altro. E Leo? (Ironico) anche Leo è diventato creativo?

FLIK : (sorridendo) Beh… in un certo senso. Ha tre figli piccoli… e la moglie aspetta il quarto…

ANDREA : Un vero proletario! Bravo Leo!… Naturalmente con una famiglia così numerosa sarà molto occupato…

FLIK : Naturalmente…

ANDREA : (spazientito) Insomma, Flik, senza che faccio tutto l’appello, chi ti ha risposto sicuramente di sì? (Flik abbassa gli occhi e non risponde.) Nessuno?!… (Alterandosi) e allora chi cazzo stiamo aspettando?!… (Cercando di calmarsi) non importa. Meglio così. Chi è diventato zavorra continui pure a fare la zavorra!… Vuol dire che per ora siamo solo io e te, poi vedremo…

FLIK : (contento) Certo, Andrea, tu ed io . Non mi sembra vero di aver ricominciato!… Mi sento rivivere. Adesso ho una vera ragione per alzarmi dal letto al mattino, per non sprecare tempo, per essere amico di qualcuno e di qualcun altro no…

ANDREA : (interrompendolo) Flik, tu invece, perché hai voluto ricominciare?

FLIK : (sorridendo) Beh… perché tu me l’hai chiesto…

ANDREA : Solo per questo?

FLIK : No. Anche perché… ero stanco. Non ce la facevo più. Dopo che si è sciolto il collettivo sono stato molto male. Mi sembrava che non esistesse più nulla... speravo sempre che un giorno qualcuno mi richiamasse e mi liberasse dalla mia vita da vegetale… e quel giorno finalmente è arrivato!

ANDREA : La solita crisi esistenziale, eh?

FLIK : Diciamo che mi sentivo proprio a pezzi!… (diventando improvvisamente cupo) io… io sono un fallito, Andrea!

ANDREA : (minimizzando) E chi non lo è?

FLIK : Sto parlando seriamente. Nella mia vita non sono mai riuscito a combinare niente di buono…

ANDREA : E cosa vorresti essere?

FLIK : Mi basterebbe… sì… mi basterebbe essere come te…

ANDREA : Come me?!… (Ride) che cos’ho di tanto speciale?

FLIK : Sai ancora quello che vuoi. Non ti fai cambiare dagli eventi. Ti sembra poco?

ANDREA : Questione di carattere.

FLIk : No, Andrea, non è solo questione di carattere. Bisogna avere anche coraggio, e tu ce l’hai. A me… è bastato trovare uno stupido lavoro, una ragazza e… zac, è scattata la molla dell’autoconservazione… il senso di proprietà, capisci?… La paura di rischiare quel po’ che avevo ottenuto dalla vita…

ANDREA : Ma adesso sei qui, no?

FLIK : Infatti. E mi sembra un altro mondo!… (Con trasporto) Io ti ammiro, Andrea!

ANDREA : Piano con i complimenti… un giorno potresti ripensarci…

FLIK : Lo sai che ti sogno spesso?

ANDREA : Ah, sì?!… Nudo o vestito?

FLIK : (sorridendo) E’ un sogno ricorrente… che faccio ormai da anni.(Con tono nostalgico) ti rivedo ancora ragazzo, liceale, vestito da calciatore, durante una delle tante partite dei tornei scolastici. Ti ricordi? Sezione contro sezione…

ANDREA : (coinvolto dal ricordo) La nostra era la più forte!

FlIK : Sì, vincevamo sempre. Grazie soprattutto ai tuoi goal.

ANDREA : E nonostante un difensore come te!

FLIK : E’ vero. Ero proprio il più scarso. Mi facevi giocare solo per amicizia.

ANDREA : (con tono scherzoso) Sono sempre stato un generoso.

FLIK : Una volta, però, durante una finale, mi trovai, chissà come, tutto da solo in area avversaria, a due passi dal portiere. Tu, come al solito avevi la palla e stavi facendo un’azione travolgente sull’ala, attirando verso di te tutti i difensori, che ti consideravano giustamente il più pericoloso. Eri troppo decentrato per tentare un tiro. Desti allora un’occhiata al centro per effettuare un passaggio ad un compagno smarcato in area. Quando però ti accorgesti che quel compagno ero io, continuasti la tua azione, ormai circondato dagli avversare, che alla fine riuscirono a toglierti la palla…

ANDREA : Se ti avessi passato la palla avresti tirato fuori!… O, al massimo, addosso al portiere!

FLIK : (amaro) Forse sì. Ma avrei potuto anche segnare. Invece perdemmo quella finale 1-0, con un goal degli avversari all’ultimo minuto.

ANDREA : No, ricordi male. Perdemmo con un tuo autogoal all’ultimo minuto!

FLIK : Già, è vero. Si parlò molto del mio autogoal e per niente del tuo mancato passaggio…

ANDREA : (stizzito) Sì, va bene. Ma che c’entra tutto questo con il tuo sogno?

FLIK : Perché io continuo a sognarmi la stessa azione di quella partita. Soltanto che nel mio sogno c’è una variante: tu mi guardi, mi sorridi e mi passi la palla. Poi vedo la rete scuotersi e tutti i nostri compagni correre verso di me con le braccia alzate..

ANDREA : (interrompendolo) E’ proprio un sogno!

FLIK : Infatti. Eppure è una sensazione che avrei voluto provare… e che, forse… avrei potuto provare realmente… come hai fatto tu tante volte. (Duro) quella volta dovevi almeno offrirmi la possibilità…

ANDREA : (infastidito dalle parole e dal tono dell’amico) Sì, sì, hai ragione… ma intanto finisci quel cazzo di volantino, che mi serve!

FLIK : (come se fosse stato risvegliato bruscamente) Va bene, ve bene. Ma come lo finisco?

ANDREA : Che palle, Flik!


S i sente da fuori la voce di una ragazza. E’ Daniela, la ragazza di Flik. 


DANIELA : (voce fuori campo) E’ permesso?… Posso entrare?… (Entrando) avete lasciato la porta aperta… non avete paura dei ladri? (Sorridendo forzatamente) scusate il ritardo… non riuscivo a trovare la via…

FLIK : (andandole incontro) Daniela! Sei arrivata finalmente!… Ero in pensiero! (Rivolto ad Andrea , che sta osservando la ragazza con una certa curiosità) Andrea, questa è Daniela, la mia ragazza. Le ho parlato del nostro progetto ed è molto interessata a collaborare con noi…

ANDREA : (dando la mano a Daniela) Ah, piacere. Qualcuno allora è interessato. Flik, non mi hai parlato di lei…

FLIK : Volevo che fosse una sorpresa. (Guardando con soddisfazione Daniela) lo è stata anche per me.

DANIELA : Flik?

FLIK : (con leggero disagio) Sì, lui mi chiama così, fin dalla scuola. Non mi ha mai chiamato col mio vero nome…

DANIELA : (sorpresa) E perché? Cos’ha il nome “Gianni” che non va?


ANDREA : (serioso) E’ un nome da servitore. Diminutivo di Giovanni, che è ancora peggio!

DANIELA : (anche lei seriosa) Un po’ classista questa idea per un super comunista come te, non ti pare?

ANDREA : (tradendo fastidio, bruscamente) Noi stavamo finendo di scrivere un volantino. Se vuoi, puoi aiutare Flik a dare un po’ di dignità alla sua sintassi. (Va in un’altra stanza, uscendo di scena.)

DANIELA : (colpita dal tono duro di Andrea, si rivolge a Flik) Se l’è presa per quello che ho detto?…

FLIK : (minimizzando) Non ci fare caso. Ha un caratteraccio, ma è un grande. (Abbracciandola) sono contento che sia anche tu dei nostri. 

(Buio)



SCENA QUARTA


L’ambiente è lo stesso. La luce si riaccende solo su Daniela, isolandola e creando, di conseguenza, un effetto penombra tutt’intorno. La ragazza è seduta in terra, scrive sul cartoncino con il pennarello. La scena s’illumina completamente e insieme alla ragazza vediamo Andrea, intento anche lui a scrivere su un altro cartoncino che serve da manifesto. 

ANDREA : Ti dispiace passarmi il pennarello nero?

DANIELA : (che sta scrivendo con il pennarello nero, lo consegna rapidamente ad Andrea) No, figurati. Tieni. 

ANDREA : (vedendo che lei ha smesso di scrivere, indica il pennarello nero) Ma hai finito con questo?

DANIELA : No… ma usalo tu…

ANDREA : Che dici! Finisci prima tu, no?

DANIELA : Fai, fai… io posso aspettare…

ANDREA : Tu sì, il manifesto no! (Le riconsegna il pennarello)

DANIELA : (confusa) Oh sì… hai ragione!… (Riprende a scrivere nervosamente)

ANDREA : (si alza. Fa dei movimenti con la schiena, per sgranchirsi. Cerca qualcosa da bere. Prende una bottiglia, si riempie il bicchiere e beve. Poi, si avvicina a Daniela, che nel frattempo ha continuato a scrivere senza interruzione. Le si avvicina dietro le spalle e si mette ad osservare il suo lavoro. Lei è visibilmente imbarazzata. Lui le porge il bicchiere) Vuoi?

DANIELA : (alzando e riabbassando rapidamente gli occhi) Oh no, grazie.

ANDREA : Astemia?

DANIELA : No… ma non bevo mai… grazie.

ANDREA : (stuzzicandola) Cos’è, peccato? (Sorride. Si allontana. Posa il bicchiere. I due rimangono per alcuni istanti in silenzio. Poi, lui riprende, con tono amichevole) non mi hai ancora detto cosa pensi di me…

DANIELA : (continuando il suo lavoro, con gli occhi abbassati sul manifesto) Perché dovrei?

ANDREA : Beh… visto che mi stai aiutando…

DANIELA : Lo faccio volentieri.

ANDREA : Non ti interessa sapere perché faccio certe cose?

DANIELA : (sempre un po’ a disagio) Perché ci credi…

ANDREA : Ne sei sicura?… Non potrebbe essere anche esibizionismo… voglia di protagonismo?…
DANIELA : (staccando per un attimo gli occhi dal manifesto) Non mi sembra…

ANDREA : (tra sé) E che ne sai?… (Pausa. Poi, dopo qualche secondo, osservando con sufficienza il manifesto che sta facendo Daniela) lo conosci da molto?

DANIELA : (un po’ sorpresa) Chi?

ANDREA : Flik.

DANIELA : Ah, Gianni… no… da tre o quattro mesi…

ANDREA : Da quanto ci stai insieme?

DANIELA : (tradendo un po’ di nervosismo, continua a rispondere, sempre lavorando sul manifesto) Da poco… due mesi, credo… prima lui stava con un’altra…

ANDREA : E a letto come va?

DANIELA : (sorpresa dall’indiscrezione della domanda scivola con il pennarello) Oh, porca miseria, che guaio! (Guarda Andrea con imbarazzo) ho fatto uno striscio…

ANDREA : (sorridendo per il disagio di Daniela) Non ti preoccupare, non è grave. Si legge lo stesso. (Insiste) Allora… come va a letto con Flik?

DANIELA : (rispondendo forzatamente) Non lo so…

ANDREA : (ride divertito) Che risposta interessante! Non lo sai?!… E Flik, lo sa? (Ride)

DANIELA : (irritata scatta in piedi) Ti interessa così tanto?

ANDREA : Oh, scusa! Non volevo offenderti!… La consideravo una curiosità abbastanza normale…

DANIELA : (dispiaciuta per il tono irritato di prima) No… non è per te… è che io non riesco a parlare facilmente di certe cose…

ANDREA : (molto finto) No, invece, scusami veramente. Per un momento non ho considerato che sei cattolica e perciò per te la normalità è tabù. Non te la prendere, non è colpa tua!… E’ soltanto questione di educazione, di mentalità. (Con tono serio) Volevo solo tentare di accorciare la distanza tra quello che pensi e ciò che stai scrivendo. (Alza le spalle, con indifferenza. Poi, scostandosi da lei, si siede in terra, riprendendo la scrittura del suo manifesto e disinteressandosi completamente della ragazza).

DANIELA : (Anche lei riprende il suo lavoro, però molto nervosamente. Dopo pochi secondi smette improvvisamente di scrivere, getta il pennarello sopra il manifesto e si avvicina lentamente ad Andrea,che sta seduto in terra, camminando sulle ginocchia) Non lo facciamo…

ANDREA : (ormai distratto) Non fate che cosa?…

DANIELA : Ancora non lo facciamo… Flik ed io non facciamo l’amore, per adesso…

ANDREA : (fingendo indifferenza) Non sei obbligata a dirmelo!… (Dopo una brevissima pausa) E perché per “adesso” no?

DANIELA : (con molta titubanza) Se te lo dico ti metti a ridere…

ANDREA : (alzandosi in piedi) Ah, ho capito!… Flik non ce la fa!

DANIELA : (alzandosi a sua volta, si sforza di sorridere) No… il fatto è che io gli ho chiesto di aspettare… e lui mi rispetta …

ANDREA : Ti rispetta?!… (Sempre con fastidiosa ironia) beh, certo, è giusto!… La prova d’amore!… Se riesce a resistere per un po’ di tempo così, il buon Flik, alla fine sarà premiato e tu, nel frattempo, avrai verificato la sua fedeltà.(Sempre più irritante) Sì, sì, tutto ciò mi sembra abbastanza cattolico. E… quando vi va, che fate? (Si avvicina a lei in modo provocante, arrivando con il volto quasi a contatto con quello di Daniela. Quest’ultima lo fissa turbata.) Pregate insieme per cacciare il diavolaccio tentatore o gli dai qualche anticipo sul premio finale?… (Daniela, disturbata, fa per staccarsi da lui, ma Andrea la blocca, abbracciandola e baciandola.)

DANIELA : (rimane impietrita, ma nello stesso tempo evidentemente contenta) Andrea… tu… tu… mi piaci molto…

ANDREA : (spavaldo) Lo so. (Prova a spogliarla, ma lei si ritrae, intimorita.)

DANIELA : Che fai?...

ANDREA : (sorridendo sicuro) Ti manco un po’ di rispetto.

DANIELA : (ricomponendosi) No… non voglio… tu… devi capire…

ANDREA : (interrompendola) Che non puoi tradire un ragazzo tanto per bene come Flik?!… Certo! Altrimenti come fai a guadagnarti i “punti Paradiso”!

DANIELA : (sempre più sconvolta) No… non è questo…

ANDREA : (brutale) Senti, bella, io non ho alcuna intenzione seria con te! Mi andava di portarti a letto e basta!… Una scopata terapeutica anche per te!… Il resto non m’intessa. Flik non ha proprio niente da temere… (molto cattivo) può continuare ad aspettare tranquillamente il suo premio.

DANIELA : (piangendo quasi disperata) Ma io ti voglio bene!…

ANDREA : (ormai senza controllarsi) Ti voglio bene?! Soltanto?!… Speravo che mi dicessi almeno: “ti amo alla follia!”… Possibile che tu non abbia imparato niente dai fotoromanzi che sicuramente leggi?

DANIELA : (bloccata dal pianto, afferra velocemente il soprabito e si dirige verso l’uscita. Poi si ferma improvvisamente, voltandosi e rivolgendosi di nuovo a lui) non… non ho finito… il manifesto…

ANDREA : (senza guardarla) Non importa. Lo finisco io. Quando esci chiudi bene la porta. E’ difettosa… anche lei!

DANIELA : (Si volta di nuovo, in direzione dell’uscita, restando però ferma. Poi, fa un lungo respiro, cercando di prendere il fiato necessario per dire una cosa molto coraggiosa.) Vuoi… vuoi… restare qui… o andiamo… in camera tua?…

ANDREA : (che nel frattempo ha ripreso a scrivere sul manifesto di Daniela, la guarda un po’ stupito, non aspettandosi un ripensamento.) Eh?… (Le dà un’occhiata, mostrando un sorriso da vincitore.) No, in camera no. Lo faccio sempre con Sonia. Non sarebbe… morale!… Meglio rimanere qui. Intanto spogliati. Finisco il manifesto e sono da te. 


(Buio)



SCENA QUINTA


La luce si riaccende su Andrea, seduto su una sedia che legge il suo libro. Entra Sonia. E’ molto agitata.

SONIA : (con tono molto duro) Ho incontrato la ragazza mentre scendeva le scale. Stava piangendo. Che le hai fatto? (Andrea alza momentaneamente gli occhi dal libro, le dà una rapida occhiata e, senza rispondere, riprende la lettura. Lei prosegue, tradendo nel tono della voce molto nervosismo) ci sei andato a letto, vero? (Lui continua a leggere, senza rispondere.) Te la sei portata a letto e poi l’hai scaricata!… Non è così?… Rispondi, porca puttana!!

ANDREA : (sbuffa, chiude il libro, si alza lentamente, raggiungendo Sonia. Poi, quando è di fronte a lei, la fissa, in segno di sfida e le risponde con tono falsamente pacato) Se sai già tutto, perché fai tante domande?

SONIA : (lo guarda per un istante, quasi incredula. Poi, tentando di nascondere la sua amarezza, riprende con tono deciso) Meglio così. Mi faciliti il compito per dirti ciò che avevo già intenzione di dirti oggi. (Pausa. I due rimangono per qualche secondo in silenzio. Si guardano negli occhi, in attesa di pronunciare, lei, e di ascoltare, lui, una sentenza ormai scontata. Sonia prende fiato e poi, senza interruzione, pronuncia delle frasi di seguito, dando l’impressione di essersi preparata un discorso a memoria.) E’ finita, Andrea. Con te non ci sto più. Ti lascio e me ne vado da questo schifo di casa. Ormai per te provo solo disprezzo.

ANDREA : (rimane per un attimo in silenzio, serio, con gli occhi fissi su di lei. Poi, le sorride, freddandola con una semplice frase) Come vuoi. (Si allontana da lei e torna a sedersi, riprendendo la lettura del libro, come se nulla fosse successo.)

SONIA : (bloccata da tanto cinismo, rimane pensierosa nella sua posizione. Poi, senza nemmeno guardarlo, si dirige verso l’uscita.) Stasera torno per prendere i bagagli. (Fa per uscire. Si ferma come colta da un pensiero improvviso. Attraversa la stanza uscendo dall’altra parte della scena, dove si trova l’interno dell’appartamento. Rientra quasi immediatamente con il suo diario in mano.) Questo viene con me subito. (Quasi cercando un’ultima, disperata attenzione da parte di Andrea) è il mio diario… ci sono scritte anche molte cose su di te… (Andrea non ha un minimo di reazione. Continua la sua lettura come se le ultime parole di lei non fossero state nemmeno pronunciate. Sonia lo guarda ancora per un attimo. Poi alza le spalle rassegnata ed esce velocemente.)


Dopo qualche secondo dall’uscita di Sonia, Andrea interrompe la lettura. Getta con rabbia il libro a terra. Si alza. Molto lentamente prende una bottiglia con una bevanda alcolica e si riempie un bicchiere. Beve un sorso, pensieroso, poi, tradendo un momento di debolezza, quasi non reggendo sulle gambe, si lascia cadere di peso sulla sedia e rimane seduto, con lo sguardo perso nel vuoto.


(Buio)


SCENA SESTA


Andrea e Sonia sono entrambi in scena, ma non comunicano tra loro. Infatti sono intenti a scrivere i loro rispettivi diari, seduti sulle sedie, ai due lati opposti della scena. L’illuminazione dovrà isolare i due, lasciando in penombra il resto della scena. I due personaggi pronunceranno le frasi che stanno scrivendo alternandosi e dando l’idea di un dialogo mancato. In effetti le pagine dei loro diari sono state scritte in due momenti diversi, a distanza di un giorno.


SONIA : Sabato 23 gennaio 1993. Sono riuscita a lasciare Andrea. Credevo che si potesse trattare di una data importante, da ricordare. Come quella di un matrimonio, di una nascita, o… di una morte. Ma non credo che me la ricorderò…

ANDREA : Domenica 24 gennaio 1993. Questa pagina è l’ultima del mio diario. Rappresenta anche l’ultima azione della mia vita. Per questo mi sento molto nervoso. Non so, se mi agiti di più il pensiero che sto per togliermi la vita o quello di finire il mio diario in modo esemplare. Non capisco, soprattutto, perché continuo a giocare con la mia mente, quando so benissimo che brucerò tutto e non resterà nulla di tutto ciò che ho scritto qui…


SONIA : … Il 13 marzo dell’83 ci siamo messi insieme. Non ho mai dovuto fare degli sforzi particolari per ricordarmi di questa data. E’ rimasta scolpita in modo indelebile, come tutti i momenti di quella giornata, di dieci anni fa. Ricordo perfino com’ero vestita. (Sorridendo) Andrea aveva un cappello rosso, un baschetto molto carino, e lo portava piegato su un lato. Era molto imbarazzato e non faceva che toccarsi il cappello, spostandolo in continuazione. Non voleva ammettere di essersi preso la “scuffia” per me, ma non poteva nasconderlo. (Accentuando il sorriso) Quel suo modo di torturare il cappello e di parlarmi con gli occhi bassi lo rendeva dolcissimo. Mi stupiva e, nello stesso tempo, mi divertiva vedere uno come lui comportarsi con tanto disagio… 


ANDREA : … So di essere un pazzo e non voglio che mi facciano diventare un eroe. Un eroe romantico. Diventare eroe per pietismo è la peggiore offesa che un uomo possa ricevere. Se non sono riuscito , da vivo, a far capire la mia incapacità di vivere comunque, non voglio che succeda da morto…

SONIA : … Mi ha guardata negli occhi senza tradire un minimo di emozione. Non ho dormito tre notti per trovare le parole giuste, il momento più opportuno per dirglielo, cercando di non ferirlo troppo. Mi sono scritta e imparata a memoria frasi lunghissime, cercando di prevedere qualsiasi replica. Ma è stato tutto inutile. Anche se da tempo non era più come prima tra noi, è giusto liquidare un rapporto di dieci anni con mezzo sorriso e un “come vuoi”?…

ANDREA : … la mia rabbia non mi basta più, non porta più a niente. Sento che ho solo voglia di far del male, a chiunque, gratuitamente, e adesso non c’entra nessuna ideologia…

SONIA : … Credo che non gli perdonerò mai di non avermi quasi fatto parlare e, soprattutto, di non avermi detto nulla…

ANDREA : … Sono solo una bestia ferita, in fin di vita, che ha soltanto voglia di mordere, perché non può salvarsi. Ma io non voglio più fare delle vittime…

SONIA : … Forse è stata una cattiveria premeditata, la sua. Ha voluto lasciarmi l’immagine peggiore di lui… ha voluto rovinarmi anche il ricordo…

ANDREA : … Sto cominciando ad odiarmi. E prima che i sensi di colpa mi distruggano il cervello, voglio prendermi l’ultima libertà di togliermi di mezzo!

SONIA : No!! (questo “no” deve essere urlato. Come se, per istante, fosse caduta la barriera immaginaria tra i due e lei avesse sentito realmente le ultime drammatiche parole di Andrea. Come se lei volesse rispondere ad un suo appello disperato. (Pausa. Sonia tace per un attimo, stringendosi nelle spalle, quasi colta da un improvviso brivido di freddo. Riprende dopo un breve silenzio, con tono pacato) No. Penso proprio che non vorrò ricordarmi di questa data. Forse, quando troverò il coraggio per farlo… strapperò anche questa pagina. (Si spegne la luce su di lei).


ANDREA : (unico dei due ad essere ancora illuminato, sta per chiudere il diario. Poi, colto da un pensiero inatteso, lo riapre e aggiunge ancora alcune parole.) Curioso! Oggi è domenica. Quand’ero piccolo speravo sempre, una volta diventato vecchio, che il giorno della mia morte non fosse una domenica. Avrei dovuto rinunciare alla messa, al pranzo con i parenti, alle partite alla radio, al cinema con gli amici… pensavo, invece, che il giorno migliore per morire fosse il lunedì… quello più lontano dalla domenica successiva… così sarei morto senza rimpianti. (Accenna un sorriso, dà un’ultima occhiata alla pagina appena scritta e chiude il diario.)


(Buio)



SCENA SETTIMA


La luce si riaccende solo sulla sedia di Andrea, rimasta vuota. Per qualche istante in scena non c’è nessuno. Si sentono dei passi , seguiti poi da una voce fuori scena. E’ quella di Flik. La luce illumina lentamente tutta la scena.

FLIK : (fuori scena) Andrea! Andrea! (Entra in scena) Andrea, ma la porta è sempre aperta!… Andrea!… Ma dove sei?… (Non trovandolo in quella stanza, lo cerca nelle altre, uscendo di scena e continuando a chiamarlo) Andrea!… Stai in camera tua?… (Si sente bussare ad una porta) Andrea, stai qui?… Stai dormendo?… (Bussa di nuovo. Poi, si sente aprire una porta. Silenzio per alcuni secondi. Riappare in scena Flik, ammutolito, con aria stravolta, mentre, incredulo, stringe in mano una pistola. Continua a guardare la pistola quasi inebetito. Poi, accorgendosi che la pistola è sporca di sangue, la getta in terra terrorizzato. Tira fuori dalla tasca un fazzoletto e cerca di pulirsi le mani . Come un automa comincia a ripetere, con la stessa cadenza, una parola) no… no… no… no… (sconvolto si siede di peso sulla sedia , ripetendo sempre più stancamente la stessa parola, con la testa tra le mani. Pausa. Ad un tratto, come se fosse colto da un raptus improvviso, scatta in piedi, rimette in tasca il fazzoletto ormai macchiato, riprende la pistola che ha gettato in terra, noncurante questa volta del sangue che la sporca. Anzi, si struscia l’arma sul petto, sulle maniche, sporcandosi volontariamente. Poi, come impazzito, si precipita al telefono, che si trova nella stanza, e forma un numero.) Pronto… polizia?… Ho ucciso un uomo!… Sì, gli ho sparato… (tace, ascoltando la persona che gli sta rispondendo.) Sì, lo conoscevo… è… era mio amico… (cercando di trattenere le lacrime) il mio migliore amico… ma… ma io… l’ho ucciso… (guarda con gli occhi nel vuoto. Come se non credesse lui stesso alle parole che dice) l’ho ucciso!… (Ascolta di nuovo la voce.) Sì, s’ì, l’ho fatto da solo, ma non mi faccia più domande!… Mi dica solo come devo fare par costituirmi!…Il resto lo dirò al commissariato…


(Buio)



SCENA OTTAVA


La luce si riaccende su una sedia centrale con sopra Flik. Tutto il resto della scena è vuoto e in penombra. Flik sta scrivendo su un quaderno. Pronuncia a voce alta le parole che scrive.

Flik : “Le mie prigioni”. Titolo provvisorio, in attesa di trovarne uno più originale e meno sfruttato. (Soddisfatto) è stata dura ma ce l’ho fatta. Per convincere il giudice e la giuria della mia colpevolezza ho dovuto inventarmi di tutto! (Riflettendo) all’inizio sono stato un ingenuo a pensare che sarebbe bastato confessare il delitto per essere condannato. Mi hanno fatto vacillare in più di una circostanza e, a un certo punto, ho temuto il peggio: cioè di essere considerato innocente e di essere assolto. (Sempre più soddisfatto) per fortuna la soluzione del delitto passionale funziona sempre e così sono stati costretti a condannarmi. Dopo tutto Andrea si era portato a letto la mia ragazza, no? (Accenna un sorriso. Si alza, appoggia quaderno e penna sulla sedia, mette una mano in tasca e tira fuori il fazzoletto ancora sporco del sangue di Andrea. Lo guarda con religioso rispetto, come se si trattasse di una preziosa reliquia. Poi, comincia a parlarci, immaginando di avere di fronte, non il suo fazzoletto, ma Andrea in carne ed ossa.) Quindici anni per un delitto non commesso vanno bene, vero Andrea?… Considerando , poi, che servono a coprire il tuo suicidio, penso di averti dato abbastanza. (Sospirando) spero solo di avere la forza per tutto il tempo che dovrò passare qui dentro, perché la disperazione di chi è innocente è grande ed io non so se resisterò fino alla fine. Ma tu non potevi deluderci!… Tu, grazie a me, dovrai continuare ad essere il grande idealista di sempre, il leader del collettivo, il riferimento di tutti noi. L’unico, tra tutti noi, che non ha mai mollato. Il nostro eroe. (Pausa. Si stringe per un attimo il fazzoletto sul cuore.) Ti confesso, che mi ha fatto male sentirmi trattare dagli altri come il traditore dell’amico, colui che ha spezzato la vita a un grande comunista. Ma il suicidio di un grande comunista non sarebbe stato peggio?… (Con leggera esaltazione) Mentre tutti si affannano ad abbattere i miti, le statue, io ne ho innalzata una nuova, incontaminata, incorruttibile!… Intoccabile!… (Sorride nervosamente) E’ curioso, ma nonostante tutto, ora mi sento più rispettato. Sai, stranamente, la gente mi guarda con più considerazione. Forse, il gesto forte, coraggioso, anche se negativo e drammatico, conferisce a chi lo compie un magnetismo particolare, che alla gente piace. Anche se per gli altri sono un assassino, non sono più anonimo. E non essere anonimi è ciò che conta, vero Andrea?… Io sono colui che ha ucciso il grande Andrea… e forse… ora, sono anche più grande di te. Perché tu avresti distrutto definitivamente un’idea, mentre io ho ucciso solo un uomo. E se è vero, come si dice, che muore soltanto chi non è ricordato da nessuno, fa, amico mio, che io ti pensi per tutta la vita !… E che possa accettare di essere per sempre la tua vittima!… Come, con te vivo, sono stato la tua ombra.

(Buio)


SCENA NONA

La scena è rimasta immutata. Anche la luce si riaccende sulla solita sedia, dove, al posto di Flik, troviamo Sonia. Sono passati undici anni e naturalmente è invecchiata. Ha un aspetto da tipica signora borghese, intenta a scrivere, seduta, il suo diario.

SONIA : Venerdì 24 dicembre 2004. Chissà perché a Natale anziché essere più allegra mi vengono sempre i pensieri più tristi. Le altre persone entrano ed escono freneticamente dai negozi alla ricerca dei regali, si scambiano gli auguri, preparano i piatti per il cenone. Sembrano volersi tutti più bene. O forse fanno solo finta. Perché ormai è così che si fa. A me, invece, viene solo da piangere. Eppure non mi sembra di essere più triste degli altri. Sono solo scontenta, ma chi non lo è. (Pausa. Sorride, colta da un pensiero nostalgico.) Cosa avrebbe pensato Andrea di tutto questa rincorsa al consumismo e di tutta questa ipocrisia!… Andrea!… Eh sì, Andrea!… Eccoti di nuovo nel mio pensiero!… (Amara) Quando mi sento triste tu ritorni, puntuale come una cambiale!… (Tra sé, a voce bassa) O come… il freddo invernale…( pausa) ormai sono più di undici anni che sei morto. Undici anni!… (Solenne) Undici anni che non smetto di pensare a te!… (Riflettendo) forse ho fatto male a chiamare mio figlio come te. Ho commesso tre torti: uno a lui, uno a me e uno a mio marito. Ma volevo essere come i grandi scrittore, che dedicano le loro opere alle persone speciali della loro vita… oppure i grandi registi, che dedicano i loro film a qualche importante personaggio scomparso. Insomma… volevo sentirmi ancora per un po’ artista… visto che sono diventata solo una banale casalinga. O forse… volevo solo avere… l’illusione di continuare a chiamarti. (Pausa). A volte mi immagino come sarebbe potuta essere la nostra vita se tu non ti fossi occupato di politica. (Sorride) saresti ancora vivo e avremmo avuto una vita tranquilla insieme: il lavoro, i figli, le vacanze. Sesso due volte la settimana… possibilmente il fine settimana. Le feste con i parenti. E poi la nostra vecchiaia passata davanti alla tv ed all’album delle foto dei nostri nipotini. (Malinconica) e invece… solo per me è e sarà tutto esattamente così. Ma senza di te. Oppure, probabilmente, se non ti fossi occupato di politica, della tua politica, se non fossi stato morbosamente attaccato ai tuoi ideali fino a morirne, io non ti avrei mai incontrato. Così ora starei qui a chiamare mio figlio semplicemente con un altro nome ed entrerei freneticamente nei negozi, come gli altri, alla ricerca di un regalo. Falsamente felice, come gli altri. Ma senza accorgermene. Mentre tu… tu…. Non saresti nemmeno esistito. Né per me… né per questo mondo.

(Buio)

SIPARIO