DIFUORI

di

Massimo Nicoli


ERMANNO contadino
DIFUORI vagabondo
SPAVENTA spaventapasseri
POZZANGHERA pozzanghera
RUMORE DI FONDO suoni e rumori dell’ambiente
ADA capra


PROLOGO 
In scena ci sono uno Spaventapasseri, una Pozzanghera ed un Rumore di Fondo. Quest’ultimo indossa e porta con sé un vasto assortimento di strumenti o oggetti che gli consentono di produrre rumori. Come sta avvenendo in questo momento.

SPAVENTAPASSERI: Ermanno è preoccupato.
POZZANGHERA: Preoccupato? Che è accaduto? Perché non è ancora tornato?
SPAVENTAPASSERI: E’ per il figlio.
POZZANGHERA: L’Attilio? E’ vero! E’ un po’ che non lo vedo. Dov’è sparito, mi chiedo?
SPAVENTAPASSERI: Se n’è andato.
POZZANGHERA: Come andato? Dove andato? Quando andato? Perché non è ancora tornato?
SPAVENTAPASSERI: Calma, calma Pozzanghera! (rivolto a Rumore di Fondo) E tu vuoi farla finita? Piantala di far casino!
Rumore di Fondo smette di far rumore.
RUMORE DI FONDO: Io non faccio casino! La mia è arte.
POZZANGHERA: Impara l’arte e mettila da parte!
RUMORE DI FONDO: Fai la spiritosa acqua sporca? Qui se non cambia qualcosa resterà il deserto, se ne andranno via tutti. Bisogna rinnovarsi, amigos, ci vogliono nuovi suoni, nuovi squash, ratataplan, rap rap.
SPAVENTAPASSERI: Quel che è vero è che i giovani se ne vanno.
POZZANGHERA: Dove vanno, lo sanno?
RUMORE DI FONDO: Chi se ne frega di dove vanno. Volete capirla? presto qui non resteranno che quei quattro vecchiacci che giocano a carte giù all’osteria del paese. Anche noi dobbiamo prepararci a partire. Anda, anda.
POZZANGHERA: Disapprovo, io di qui non mi muovo. Spaventa tu lo sai come mai lo fanno, perché se ne vanno?
SPAVENTAPASSERI: Perché se ne vanno? Io penso… vedi, i giovani non sono come me e te. Un giorno ne ho sentito uno che si lamentava: avrebbe voluto essere come un uccello per volare via. Non puoi tenerli chiusi in una voliera.
POZZANGHERA: Ma quale voliera, qui non vedo alcuna barriera! Comunque, per le melme di tutto l’anno, vuoi dirmi, se lo sai, dove vanno?
SPAVENTAPASSERI: So che gli uccelli migratori volano in cerca del caldo.
POZZANGHERA: Li capisco quelli ma i giovani non sono uccelli.
SPAVENTAPASSERI: Forse anche loro….
POZZANGHERA: Parla, spiega, osa: anche loro che cosa?
SPAVENTAPASSERI: Anche i giovani a modo loro vorrebbero emigrare in cerca del caldo.
RUMORE DI FONDO: Scemenze. Ve lo dico io dove vanno. Una volta ho visto un branco di giovani tutti insieme. C’era anche l’Attilio, il figlio dell’Ermanno. Stavano davanti ad una “discoteca”.
SPAVENTPASSERI: Discoteca?
RUMORE DI FONDO: E’ un posto da favola, un vero sballo. All’improvviso “gnam”, è stato come se lei se li fosse divorati, sono entrati tutti dentro quella fornace.
POZZANGHERA (rabbrividendo): Fornace?
SPAVENTAPASSERI: Vedi? Calore!
RUMORE DI FONDO: Poi è iniziato il caos: musica, musica ad alta tensione. E i giovani si sono scatenati: decibel che ti sconquassano e i corpi lì, vicini, tutti insieme, è un trip, anche i corpi suonano. Altro che calore, i giovani cercano rumore.
SPAVENTAPASSERI: Ma come parli?
RUMORE DI FONDO: Parlo moderno mica come te, rudere pieno di paglia.
SPAVENTAPASSERI: Li ho sempre sentiti dire “Dammi spazio, non ci sto dentro, dammi spazio” e poi vanno a rinchiudersi in quel buco.
POZZANGHERA: Forse non è tanto importante quanto quel buco sia grande ma quanto senta tuo quel buco è molto più rilevante, ne deduco.
RUMORE DI FONDO: Non è un buco, è un posto mitico, stimolante, provocatorio.
SPAVENTAPASSERI: Caotico.
RUMORE DI FONDO: Il caos è ganzissimo Spaventa, imprevedibile, vitale!
SPAVENTAPASSERI: Che bisogno c’è di entrare là dentro, mi chiedo. Tu sapresti fare di meglio.
RUMORE DI FONDO: E’ proprio questo il punto, caro mio. Io sono stufo dei soliti rumorini: frulli, sfrigolii, calpestii. C’è ben altro! Voi neanche ve l’immaginate perché siete delle muffe qui, non sapete quel che vi perdete. Sentite.
Estrae dalla tasca un piccolo walkman. Si sente una musica dura, a tutto volume. 
Dai, smollatevi! Spaventa, è la volta che ti schiodi.
Rumore di fondo ride e si scatena mentre gli altri danno segni di inquietudine, specie Pozzanghera. 
POZZANGHERA: Mi fanno uscir fuori, smetti quei dannati fragori! Troppe vibrazioni mi fanno ondeggiare, temo seriamente di straripare.
SPAVENTAPASSERI: Piantala Rumore di Fondo, Pozzanghera si sente male!
Rumore di Fondo cessa la musica
RUMORE DI FONDO: Impediti!
POZZANGHERA: Vi dico io perché i giovani se ne vanno, perché qui la vita è dura come un inganno. Arare, vangare, concimare, seminare e poi raccogliere poco o niente. Zappare, dissodare, falciare, rastrellare, il tuo futuro sempre uguale al tuo presente.
SPAVENTAPASSERI: Potrebbero costruire tanti spaventapasseri. 
RUMORE DI FONDO: Come ti vengono certe idee brillanti a te?
SPAVENTAPASSERI: A me non dispiacerebbe che ci fossero spaventapasseri dappertutto: piccoli, grandi, magri, grassi, grigi o colorati, di paglia o di stoffa, anche di quelli capaci di essere simpatici ai passeri. Ci si divertirebbe un campo…
RUMORE DI FONDO: Smettila di fantasticare Spaventa! Tanto qui ci saremo sempre e soltanto noi: io, te, Pozzanghera e quel testone dell’Ermanno.
SPAVENTAPASSERI: Non è detto, non si sa mai. Le cose potrebbero anche cambiare.
RUMORE DI FONDO: Qui? qui è l’immoto perpetuo, il regno della monotonia. Ora ci penso io.
Rumore di fondo riprende a produrre suoni. In un angolo ha la sua strumentazione e da lì dirigerà tutta la sua “colonna sonora”. Lo Spaventapasseri e Pozzanghera si allontanano visibilmente contrariati. 


1^ SCENA
Si alza la luce che scopre sulla sinistra uno spaventapasseri finto vestito con abiti dai colori scialbi, un ceppo, un mucchio d’erba e di fieno, alcuni attrezzi sparsi qua e là. Un contadino entra portando alcuni legni che deposita sul fondo. Sembra non badare al rumore. Compie il percorso come se aggirasse un ostacolo. Al ritorno si ferma davanti al punto aggirato, osserva, fa qualche sberleffo ed esce bofonchiando qualcosa di non comprensibile, forse una nenia. Entra Difuori che si guarda intorno con aria smarrita, inciampa nei legni precedentemente lasciati lì dal contadino, poi finisce nella pozzanghera.
DIFUORI: Pozzanghera di merda! (annusa), di merda?
Indietreggia con aria schifata e come sfregando i piedi nell’erba. Si accorge dello spaventapasseri. Lo osserva poi raccoglie un fiore e glielo mette nell’occhiello della giacca. Esce. Rientra il contadino con un altro carico di legni e una pala, finisce nella pozzanghera. Intanto sfuma il rumore di fondo.
ERMANNO: Pozzanghera di merda! (pausa): ingrasserà di più l’erba.
Deposita i legni e la pala, si accorge che gli altri sono sparsi. Si guarda intorno sospettoso, esce. Rientra Difuori, gira attorno alla pozzanghera finché si accorge della pala. Con questa raccoglie un po’ di sabbia e si appresta a buttarla nella pozzanghera.
Rientra il contadino che tiene in mano un forcone.
ERMANNO: Se non lasciate giù la pala vi infilzo. Volevate rubarmi le galline?
DIFUORI (si guarda dietro le spalle, poi capisce): No, a me piacciono gli animali.
ERMANNO: anche ai ladri di galline.
DIFUORI: Non sono un ladro, volevo solo coprirla.
ERMANNO: E’ mia.
DIFUORI: La pozzanghera?
ERMANNO: E’ mio tutto qui, fin là. Fuori!
DIFUORI: Non pensavo di far male.
ERMANNO: Fuori!
Difuori lascia cadere la pala ed esce. Il contadino raccoglie una mazzetta e cerca di piantare i paletti come per costruire una recinzione. Intanto ripete la nenia dell’inizio, ora in modo chiaro e comprensibile. 
ERMANNO: Crapa pelada la fa i turtei, al ghe’ n da mia ai so fradei, i so fradei i fa la fritada e i ghe’n da mia a Crapa pelada. 
Rientra Difuori. Il contadino si accorge. 
ERMANNO: Ho detto fuori di qui! (distrattamente si da’ una martellata sul dito). Ahia! Boia!
Lascia cadere la mazza. Si lamenta e impreca, soffia sul dito colpito. Difuori non sa se intervenire. Estrae dalla tasca un enorme fazzoletto e lo porge al contadino.
DIFUORI: Posso aiutarla?
ERMANNO: State indietro! (Difuori si gira ancora).Dove guardate? Dico a voi! 
DIFUORI: Voglio aiutarvi.
ERMANNO: Non ho bisogno di aiuto. E poi so già come va a finire: vi si da’ un dito e voi vi prendete tutta la mano. Qui è il mio, voi non potete entrare. Andate via!
Ermanno strappa un lembo della camicia e se lo arrotola intorno al dito.
DIFUORI: Ma siete sicuro di non aver…
ERMANNO: Sicuro! Andate via prima che prenda voi a martellate.
Difuori esce. Ermanno resta solo. Finisce di fasciare il dito e poi riprende a lavorare alla palizzata.
ERMANNO: Cosa ci viene a fare quello qui? Se ne vede sempre di più di gente balorda. Bisogna stare attenti. Meglio costruire un bel recinto. E se non basta il recinto ci faccio un muro per tenere alla larga quei parassiti e sul muro ci metto anche i cocci di bottiglia. Già, proprio un muro ci vorrebbe, così oltre a non entrare più quelli, non possono andarsene neanche i nostri ragazzi. Pare che ci sia la malattia dell’andar via. Sangue e fatica da generazioni per avere questa terra e adesso?
DIFUORI: Scusi?
ERMANNO: Siete un crapone o siete un sordo? Vi ho detto…
DIFUORI: Avrei una capra, mi chiedevo se potevo…
ERMANNO: Una capra?
DIFUORI: Sì, affamata.
ERMANNO: Affamata?
DIFUORI: Deve mangiare.
ERMANNO: Mangiare?
DIFUORI: Altrimenti non fa il latte..
ERMANNO: Il latte?
DIFUORI: Il latte.
ERMANNO: Il latte?
DIFUORI: Sì, il latte, non sa che le capre fanno il latte?
ERMANNO: Certo che ‘l so, ignorante, son contadino. Andate avanti!
DIFUORI: e senza latte non mangio neppure io.
ERMANNO: E dov’è ‘sta capra?
DIFUORI: L’ho legata laggiù. Posso farle brucare un po’ d’erba?
ERMANNO: Delinquente, scroccun! te la do’ io l’erba. (si fa avanti minaccioso).
DIFUORI: Piano, piano, ho capito me ne vado.(pausa) Ma dove?
Difuori rimane immobile Ermanno riprende a costruire il recinto.
ERMANNO: Mai avuto niente io dagli altri. Solo tappate in testa. E fatica, tanta fatica e botte, tante botte. Capito? che ci fate qui con quella capra?
DIFUORI: Deve mangiare. Dove stavo io non ci sono più prati. Quei pochi rimasti sono tutti recintati ed è vietato entrare. Per questo son venuto via e ora son qua.
ERMANNO: E qua io sto cintando. Dunque smamma.
DIFUORI: Ma qui ci son tanti prati e tanta erba.
ERMANNO: L’è avvelenata.
DIFUORI: come avvelenata?
ERMANNO: Se mangiate il veleno che vi succede?
DIFUORI: Muoio.
ERMANNO: Ecco, se la vostra capra la tocca un po’ di erba, morite.
DIFUORI: Io?
ERMANNO: Sì, son stato chiaro?
DIFUORI: Se la capra mangia l’erba avvelenata muoio io?
ERMANNO: Proprio così! Avvelenamento da botte da orbi. Se la vostra capra tocca un po’ di erba io vi riempio di botte. Alla larga! Fuori dal mio! Anzi, quando ho finito di metter su ‘sto recinto ci devo mettere anche un cartello con disegnato un teschio e scritto “Pericolo di morte” come i pirati della Tortuca.
DIFUORI: Se il suo cuore è come la sua lingua…
ERMANNO: …il vostro cervello l’è come i vostri piedi.
DIFUORI: Il suo cuore è duro come le parole che dice.
ERMANNO: Sentite giovanotto, posso chiamarvi giovanotto perché potreste essere mio figlio, io son stufo di lavorare che poi ci mangiano sopra gli altri. Capito? Io lavoro da una vita, sudo, fatico, sputo sangue per far rendere questa terra che è sempre stata abbandonata da Dio e dagli uomini e voi venite qui con la vostra capra per portarmela via. 
DIFUORI: Io non voglio portar via un bel niente. Volevo solo dar da mangiare alla mia capra. Guardi come è magra. 
ERMANNO: (cantando): A l’è sira, a l’è tarde, a l’è ura de ’nda a mons i cavre, a i è schesce, a i è magre ma dol lacc i ne fa…i ne fa... non me la ricordo più. 
DIFUORI: Che cosa ha detto?
ERMANNO: Che a proposito di mangiare m’è venuta fame.
DIFUORI: Che ore sono?
ERMANNO: Circa le quattro.
DIFUORI: E mangia a quest’ora?
ERMANNO: Perché, chi dovrei aspettare?
DIFUORI: Di solito si cena alle 7 o 7 e mezza.
ERMANNO: Ah sì? e noi invece si cena quando ci ho fame.
DIFUORI: Noi chi?
ERMANNO: Noi: io e me.
DIFUORI: E… c’è qualcun altro qui con lei?
ERMANNO: No, qui sono solo io per tutto il mio, fin sulla collina, compreso il bosco.
DIFUORI: E quella cascina là in fondo alla valle?
ERMANNO: E’ quella dell’Osvaldo. Da quando è morto non si è più visto nessuno. I suoi nipoti abitano via.
Ermanno toglie da uno zainetto una gavetta, un cucchiaio di legno e un pezzo di pane.
DIFUORI: A dir il vero anch’io ho fame.
ERMANNO: Ho un solo cucchiaio. Mi dispiace. Un solo cucchiaio. (pausa) Facciamo che prima mangio io poi se ne rimane ve ne lascio un po’.
DIFUORI: Grazie, molto gentile
ERMANNO: Intanto se volete potete raccogliere alcune fragoline; ce n’è qualcuna sotto quella betulla laggiù. Sono saporite!
DIFUORI: Dove?
ERMANNO: Laggiù. Andate, andate. Cominciate pure dalla frutta.
Difuori esce. Ermanno trangugia in fretta e furia la zuppa. Usa il pane per ripulire la gavetta. Poi mette nella gavetta un po’ di acqua della pozzanghera. Rientra Difuori.
DIFUORI: Non ho trovato le fragole.
ERMANNO: Le avranno già raccolte. Toh! (porge la gavetta). Prendete prima che cambi idea.
DIFUORI: Davvero posso?
ERMANNO: Certo!
DIFUORI: Ritiro tutto quello che ho detto sul vostro conto. In realtà avete un cuore d’oro.
ERMANNO: Se ce l’avessi d’oro me ne farei trapiantare un altro e mi terrei quello d’oro. Su, mangiate!
DIFUORI: E’ malato di cuore?
ERMANNO: No, il dottore mi ha detto che ci ho il cuore di un toro. Siete uno che ha studiato? Si vede dalle mani.
DIFUORI: Avrei voluto continuare ma poi questa storia della capra!
ERMANNO: Mangiate la zuppa! (beve e immediatamente sputa tutto quanto). Che schifo. Assassino! Mi vuole avvelenare per davvero, disgraziato? 
Difuori scaglia la gavetta contro Ermanno poi raccoglie un paletto e gli si getta addosso. Il contadino riesce a schivarlo e a raccogliere un bastone più grande.
I due si fronteggiano guardandosi in cagnesco. Difuori lascia cadere il paletto e raccoglie la mazzetta. Ermanno si impossessa della pala. Allora Difuori raccoglie il rastrello. Ermanno prende la pertica e tiene lontano Difuori il quale si arma con il falcetto. Infine Ermanno toglie da sotto il fieno il fucile.
DIFUORI: Che vuol fare? non faccia scherzi.
ERMANNO: Avete cominciato prima voi.
DIFUORI: Abbassate quel fucile. E’ carico?
ERMANNO: Certo. E come dicono qui “all’asino è meglio starci davanti e al fucile è meglio starci dietro”: lasciate giù quel falcetto che è mio. (Difuori lascia cadere il falcetto). Meno male perché odio la violenza. Io i violenti come voi li metterei tutti al muro e li farei fucilare.
DIFUORI: Ma è stato lei a tentare di avvelenarmi!
ERMANNO: L’è stato solo uno scherzo per ridere un po’. Non ci avete spirito.
DIFUORI: Me ne vado, stronzo! (esce)
ERMANNO: Andate, andate, finalmente l’avete capita! (tra sé) Io di quello non mi fido! Dormo qui. (parlando allo spaventapasseri) Tu Spaventa fai la guardia. Anzi facciamo i turni: prima io dormo e tu fai la guardia, poi ci scambiamo, fai la guardia tu e dormo io. (Prepara un rudimentale giaciglio con la paglia e si sdraia. Mette il fucile vicino). Non si sa mai. (si addormenta. Rientra DifuorI. Si aggira cercando qualcosa. Raccoglie un bastone, si avvicina a Ermanno. Il contadino afferra il fucile e si alza di scatto) Cosa volevate fare, disgraziato? Volevate accopparmi mentre dormivo?
DIFUORI: No, è che ho fame.
ERMANNO: E che mangiate? i cristiani?
DIFUORI: No.
ERMANNO: E allora che cosa volete da me io non ho nient’altro. Andatevene!
DIFUORI: Ho bisogno di quella pertica.
ERMANNO: Siete un tarlo o siete un tarlato? Per mangiarla?
DIFUORI: No mi serve. Ho visto un nido su quell’albero e…
ERMANNO: Volevate farvi una frittatina?
DIFUORI: Ho fame!
ERMANNO: prendetela pure però mi dovete dare la metà delle uova.
DIFUORI : e se ce n’è uno solo?
ERMANNO: me lo dovete in cambio della pertica.
DIFUORI (dopo un attimo di esitazione): Va bene!
Difuori raccoglie la pertica ed esce, rientra subito dopo con un nido.
DIFUORI: Due, sono due.
ERMANNO: Uno per uno non fa male a nessuno.
DIFUORI: Sono un po’ piccole.
ERMANNO: Sono fresche.
Ermanno prende il suo, rompe il guscio e lo beve d’un fiato. Difuori invece impiega molto tempo, lo sorseggia, lo gusta come se stesse mangiando un intero pranzo.
ERMANNO: E’ nata prima la gallina o prima l’uovo?
DIFUORI: Come?
ERMANNO: vi state bevendo un uccellino.
DIFUORI: Ma no. E’ un uovo.
ERMANNO: O un uccellino.
DIFUORI: Un uovo non è ancora un uccellino.
ERMANNO: Non ancora.
DIFUORI: Anche voi l’avete bevuto.
ERMANNO: Siete voi l’amante degli animali. Comunque quando avrete finito il vostro pranzo se volete farmi il favore di tornare da dove siete venuto.
DIFUORI: Credevo.. 
ERMANNO: Credevate sbagliato.
DIFUORI: Ma fa freddo!
ERMANNO: Potevate starvene a casa vostra.
DIFUORI: No che non potevo! Ve l’ho già detto. E’ per via della capra.
ERMANNO: La capra! Cosa credete che sia questo, uno zoo? o un parco di quelli dove ci mettono tutti gli animali?
DIFUORI: Beh, qui assomiglia al paradiso terrestre.
ERMANNO: Quale paradiso! Qui si sgobba dalla mattina alla sera. Anche le capre lavorano. Mica c’è posto per tutte. Se tutte le capre venissero qui a mangiare l’erba questo posto diventerebbe un deserto.
DIFUORI: Io ho solo questa.
ERMANNO: Li conosco quelli come voi: siete solo l’avanguardia di un esercito di scrocconi.
Difuori esce. Il contadino si addormenta. Rientra Difuori. E’ infreddolito raccoglie un po’ di erba.
DIFUORI (alla capra): non si accorgerà. (la porta fuori, rientra) così domani mi fai il latte per colazione. Se riuscissi a farti mangiare anche qualche chicco di caffè (ride). Che freddo! No tu stai lì è meglio. Dormi, dormi.
Rumore di Fondo produce rumori bucolici ma un po’ ossessivi. Difuori raccoglie i pali per terra e se li mette addosso come se si trattasse di una coperta. Rumore di Fondo, Spaventapasseri e Pozzanghera si avvicinano ai due che dormono. Con loro c’è anche Capra.


I° INTERMEZZO

RUMORE DI FONDO: Questi rumori non fanno più alcun effetto. Ora ci penso io a dargli la sveglia con un nappone sonoro di quelli!
Estrae il walkman.
POZZANGHERA: Fermatelo!
Spaventa e Capra impediscono a Rumore di Fondo di usare il walkman.
RUMORE DI FONDO: Razza di impediti! Così voi bloccate il mio sviluppo, non mi date la possibilità di esprimermi.
SPAVENTAPASSERI: Tu sei maleducato! Dormono. E poi non hai visto che abbiamo ospiti? qualcuno è arrivato finalmente. Te l’avevo detto che non saremmo rimasti soli.
RUMORE DI FONDO: Era meglio soli che con questi qua.
POZZANGHERA: Oh capra, animale gentile, puoi dirci dove sorgeva il tuo ovile?
SPAVENTAPASSERI: Come ti chiami e da dove arrivate tu e il tuo padrone?
ADA: Il mio padrone mi chiama Ada e arriviamo dalla città.
TUTTI: Dalla città?
RUMORE DI FONDO: E com’è, com’è la città? Ne ho sentito parlare un gran bene.
POZZANGHERA: Ci sono pozzanghere?
SPAVENTAPASSERI: e spaventapasseri?
RUMORE DI FONDO: raccontaci com’è la città.
ADA: Non c’è posto per le capre.
SPAVENTAPASSERI: Perché?
ADA: Perché c’è poca erba. E dove ce n’è non si può mangiare. Non ti fanno neanche entrare. Un giorno ero particolarmente affamata, io e il mio padrone siamo passati vicino a un fiorista. Nei vasi c’erano alcuni fiori bellissimi. Non potevo resistere e così ne ho addentati un bel mazzo. Li ho subito sputati: erano finti. 
SPAVENTAPASSERI: Finti?
ADA: Di plastica, i fiori sono di plastica. E’ un posto strano la città. L’altro giorno il mio padrone mi ha fatto salire su un tram, che è una scatola che si muove e porta gli uomini di qua e di là, era pieno di gente, così io sono finita da una parte e il mio padrone dall’altra. “Ma lei puzza!” mi ha detto d’un tratto una signora.
POZZANGHERA: Anche tu puzzi?
ADA: Io no. Ma quella insisteva “si lavi signorina, si lavi”. Poi arriva un altro tizio: “favorisca il biglietto, prego” “Non mi faccia perdere tempo il biglietto ce l’ha o non ce l’ha?” Cosa vuole quest’altro da me? “I soliti furbi che credono di poter viaggiare alle spalle degli altri. Ora le do’ una multa” E’ qualcosa che si mangia? “Lasci perdere, glielo do’ io un biglietto” grida una signorina poco più in là. “Lei come si permette, di cosa s’impiccia” il tizio si mette a imprecare contro la signorina “mi lasci fare il mio dovere e non cerchi di difendere questi delinquentelli. Cos’è una complice?” “Perché urla così non mi sembra il caso, dico solo che se è per il biglietto gliene do uno io” e mi porge un foglietto proprio invitante. Così me lo sono mangiato. E il tizio si mette nuovamente ad imprecare e la signorina che urla anche lei e l’altra signora che strilla “Puzza, puzza, questi barboni puzzano, controllore faccia qualcosa”. Mi avevano proprio stufata. In quel momento si è aperta la porta, mi son buttata tra un nugolo di gambe, sono scesa e via di corsa, con il mio padrone che correva anche lui.
Così il mio padrone ha deciso di andarsene dalla città. Io sono contenta, in città ci sono più uomini che capre.
POZZANGHERA: Più uomini che capre? Com’ è possibile? Quel che dici ha dell’incredibile. Le capre pensavo fossero molte di più. E di pozzanghere ce n’è laggiù? Parlami delle pozzanghere di città ce n’è poche o in gran quantità?
ADA: Non ce ne sono.
POZZANGHERA: Il bordo mi si strozza. Nemmeno un pozza?
ADA: Ogni tanto se ne forma qualcuna ma immediatamente la fanno sparire spazzandola via.
POZZANGHERA: Terribile stregoneria! 
ADA: Come vedono una pozzanghera gli uomini che stanno in città l’asciugano, la riempiono, l’asfaltano.
POZZANGHERA: Asfaltano?
ADA: Sì.
POZZANGHERA: Se puoi, senza troppo ferire, dimmi, asfaltare che cosa vuol dire?
ADA: La murano viva.
POZZANGHERA: Assassini! Crudeli aguzzini! Gli uomini di città sono veri campioni di crudeltà. Il mio padrone a volte mi usa come specchio, altre volte con me gioca col secchio, con gli stivali che indossa ogni tanto mi da una scossa ma, per la gioia del maiale, non mi ha mai fatto male. Per le puzze di mille pantani, quegli uomini son proprio inumani.
ADA: Pensate che la città è piena di tombini.
POZZANGHERA: Tombini? 
ADA: Il cimitero delle pozzanghere, dove finiscono quelle poverette che osano tentare di vivere laggiù.
SPAVENTAPASSERI: Spaventoso, terribile! La città è un posto orribile! 
RUMORE DI FONDO: Sciocchezze, ho sentito dire che in città si può diventare ricchi.
SPAVENTAPASSERI: Che vuol dire?
RUMORE DI FONDO: fare soldi.
SPAVENTAPASSERI: Soldi?
RUMORE DI FONDO: sì, oggetti che ti servono per scambiarli con altri oggetti.
SPAVENTAPASSERI: E cosa te ne fai?
RUMORE DI FONDO: Ci compro nuovi rumori. Chissà quanti ce n’è in città!
ADA: Sono tanti e sgradevoli. Ci sono macchine che gli uomini fanno correre e intanto urlano ma è un urlo come un sibilo che ti va dritto nella testa e nel cuore. E rumori che scuotono la terra, urla, rombi, trombe. A volte tutti insieme.
RUMORE DI FONDO: Che schianto! Mega! Quello che mi descrivi è il regno dei miei sogni. Là si che c’è vita. Devo procurarmi rombi e trombe. Devo rinnovare il mio repertorio.
Rumore di Fondo torna alla sua postazione ad armeggiare con i suoi strumenti fra cui registratori e riproduttori.
ADA: Sapete quegli uccelli che ogni tanto si vedono anche da qui, che lasciano quella scia bianca in cielo, a descrivere il loro tragitto? Sono enormi! passano vicini alla città e rombano e scuotono. 
RUMORE DI FONDO: Mentre rombi, scuoti! Eccezionale, veramente 
eccezionale! 
ADA: Ho visto tanti spaventapasseri.
SPAVENTAPASSERI: Ci sono molti uccelli?
ADA: No, veramente di uccelli se ne vedono pochi. Molti piccioni che però non si spaventano di nulla, neppure delle macchine rumorose e dei clacson.
RUMORE DI FONDO: Clacson? aspetta che me lo segno.
SPAVENTAPASSERI: Allora se nessuno si spaventa di loro sono inutili, si sentiranno infelici.
ADA: Al contrario! Sono sorridenti e molto eleganti. Molta gente si ferma a guardarli. E va di moda vestire i vestiti che hanno indosso.
SPAVENTAPASSERI: E loro restano nudi?
ADA: No. Si rivestono immediatamente con altri abiti, sempre diversi, sempre eleganti.
SPAVENTAPASSERI: Avete sentito? non è così brutta la città per gli spaventapasseri. 
ADA: Sì, però…
SPAVENTAPASSERI: Però?
ADA: Stanno sempre chiusi dentro una gabbia di vetro come gli animali del giardino zoologico.
SPAVENTAPASSERI: Cos’è un giardino zoologico?
ADA: E’ un giardino dove invece di far crescere le piante gli uomini fanno crescere gli animali. Se cresce qualche pianta è solo per far saltare qua e là le scimmie.
POZZANGHERA: Sentite. Un giorno una biscia si è divertita a lasciare su di me la sua scia, due passeri se la sono spassata a bagnarsi nell’acqua infangata, un ramarro che mi abbagliava col suo verde smeraldo, è rimasto per molto tempo immobile e spavaldo al mio fianco a cacciare moscerini, mosche zanzare e girini. A cosa serve un giardino zoologico? mondaccio fradicio, non è logico.
SPAVENTAPASSERI: E gli spaventapasseri? Non hai detto che sono sempre sorridenti? anche se rinchiusi in una gabbia?
ADA: Sorridono sì, ma hanno tutti la stessa espressione, si assomigliano come se li avesse costruiti lo stesso contadino con lo stesso pensiero, la stessa buccia.
SPAVENTAPASSERI: La stessa buccia?
ADA: Sì. Pausa. Ada si accorge che gli altri sono tristi e silenziosi. Che vi sta succedendo?
SPAVENTAPASSERI: Siamo un po’ giù di morale. 
POZZANGHERA: Per tre giorni e tre notti fui paralizzata, da una terribile rabbiosa gelata ma, pure demoralizzata anche allora, non mi sentii così infelice come ora. E un'altra cosa mi vien da pensare e anch’essa mi fa turbare: non è che per sua volontà anche Attilio sia andato in città.
SPAVENTAPASSERI: Poveretto!
RUMORE DI FONDO: Poveri voi! Se il figlio dell’Ermanno è andato in città ha fatto bene. Non avete capito? Là ci sono i soldi e i rumori e il rumore è vita. Semmai non capisco, Capra, chi ve l’ha fatto fare a voialtri tarantolati di venire qua. 
SPAVENTAPASSERI: C’è chi va e chi viene, solo io non posso muovermi.
RUMORE DI FONDO: Andate via, “invader”, che è meglio.
POZZANGHERA: Non dargli retta, e tu è meglio che la smetta!
RUMORE DI FONDO: Andatevene prima che sia troppo tardi. Qui bisogna darsi una scossa, un colpo di vita, altrimenti si muore. Ho fatto un po’ di ricerche e il risultato eccolo qua.
Rumore di fondo estrae trombe e sirene e da inizio ad una sarabanda infernale. C’è un fuggi fuggi generale. Ermanno si sveglia di soprassalto. 


2^ SCENA
ERMANNO (gridando): Voi, venite qua! (tra sé) Come cavolo si chiama. Difuori! (si guarda in giro) L’è andato via proprio adesso che avevo bisogno di lui. No, c’è ancora la capra. Non può averla abbandonata, l’è affezionato. Meglio le bestie degli uomini: sono più fedeli. Difuori, dove vi siete cacciato! (I legni si muovono e dalla catasta fuoriesce Difuori). Guarda te dove si è cacciato in affitto. Solo che l’affitto non lo pagate, vero?
DIFUORI: No, no, me ne vado. Scusate se ho approfittato ma faceva un freddo cane ed era l’unico modo per coprirmi.
ERMANNO: Fa niente, fa niente. Vi chiedo anche scusa per ieri sera.
DIFUORI: davvero?
ERMANNO: Forse l’era un po’ forte come scherzo ma l’era da ridere, come quando abbiamo riempito di letame le tasche del vestito al Gioan il giorno del suo matrimonio e tutti quelli che l’incontravano gli dicevano “che profumo ti sei messo addosso Gioan oggi? “parfum di letam” direttamente da Parigi”. Che grignade! Dovevate vedere quando ha messo le mani in tasca per cercare l’anello. 
DIFUORI: Perché mi da’ sempre del “voi”, è arcaico, non ci sono abituato. Non potremmo darci del “tu”?
ERMANNO: Tu?
DIFUORI: “Tu”, “tu”.
ERMANNO: Tu tu?
DIFUORI: ma non tu tu, “tu”.
ERMANNO: Insomma tu o tu tu? E poi non vi do’ proprio niente, scroccone. Venite qua o no?
DIFUORI: Eccomi! Siete sicuro che posso? Non è che poi mi mandate via?
ERMANNO: Mi dovete aiutare.
DIFUORI: Ah! e cosa mi date in cambio?
ERMANNO: Un pugno sul naso, sacramento!
DIFUORI: Se è così… (fa per andarsene)
ERMANNO: Aspettate! Tornate qua, non fatemi rabbiare. (Difuori si riavvicina. Il contadino si guarda in giro come per verificare che nessuno lo stia ad ascoltare). Qui vicino c’è un tesoro nascosto.
DIFUORI: Un tesoro?
ERMANNO: E fate piano che possono sentirci. E’ pieno di invidiosi da queste parti.
DIFUORI (abbassando la voce): Un tesoro?
ERMANNO: Eh, un tesoro! Siete un po’ duro nel comprendonio come dice sempre il Don Pio alla messa del giorno di Pasqua.
DIFUORI: Che tesoro?
ERMANNO: L’ho sognato stanotte.
DIFUORI: Eeeh! Anch’io ho sognato tante volte di vincere al lotto.
ERMANNO: Difuori, questo l’è un tesoro vero! Quando uno lo sogna, l’è segno che c’è. (raccoglie il falcetto)
DIFUORI: Che fa?
ERMANNO: Nel caso incontrassimo il monachicchio.
DIFUORI: Il mona… che?
ERMANNO: Il monachicchio l’è uno spiritello burlone che con un scherzo ti può conciare male, ti può far perder la strada, ti può accecare, far cadere in un precipizio. Aspettate qua un momento. Torno subito.
Ermanno esce. Difuori controlla che non sia nei paraggi, poi comincia a cercare qualcosa, buttando per aria tutto quello che trova, finché si dirige verso il mucchio di paglia. Tasta, trova il fucile, lo guarda, resta pensieroso un momento poi toglie le pallottole e le svuota dei pallini, lo ricarica a salve, infine torna a nasconderlo. Va a guardare nella direzione da cui è uscito il contadino. Guarda lo spaventapasseri, toglie di tasca il fazzoletto colorato e glielo lega attorno al collo. Fa due passi indietro per ammirarlo. 
DIFUORI: Ti dona!
Rientra il contadino con una carriola.
ERMANNO: Questa ci sarà utile.
DIFUORI: per metterci il tesoro?
ERMANNO: Se incontrate il monachicchio dovete strappargli il cappello. 
DIFUORI: Il cappello?
ERMANNO: Sì, così quello l’è costretto a implorarvi per riaverlo, che altrimenti ha perduto tutti i suoi poteri. Allora si può chiedere a lui di portarci al tesoro. Ma bisogna fare molta attenzione che altrimenti vi concia per le feste!
DIFUORI (si guarda in giro turbato): esiste veramente?
ERMANNO: Certo!
DIFUORI: L’ha mai visto?
ERMANNO: Io no. 
DIFUORI: Ma allora…
ERMANNO: ma la Carola sì e anche il Bigio che lo ha sparato.
DIFUORI: E… è morto?
ERMANNO: Macché! Una pallottola è rimbalzata, l’altra l’ha mangiata e poi l’ha risputata che quasi lo colpisce in testa. Ci aveva un buco così nel cappello nuovo nuovo.
DIFUORI: Che razza di essere è? Mi sta prendendo in giro?
ERMANNO: Ignorante! L’è un spirito e non è uno solo.
DIFUORI: Ce ne sono altri?
ERMANNO: I monachicchi sono bambini morti senza battesimo.
DIFUORI: Ah! a una mia cugina è successo.
ERMANNO: Di incontrare un monachicchio?
DIFUORI: No, un bambino, le è morto appena nato.
ERMANNO: Ma quello no l’è di qua, non può essere un monachicchio!
DIFUORI: Perché?
ERMANNO: No l’è di qua ho detto! Volete rubarci anche i monachicchi? Svelto, andiamo!
DIFUORI: Dov’è questo tesoro?
ERMANNO: Qui, nel “mio”; devo riconoscere il punto che ho visto nel sogno.
DIFUORI: Non sarebbe meglio aspettare che faccia giorno? 
ERMANNO: No, perché di giorno tutto si perde (siede nella carriola). Spingete!
DIFUORI: Che fa?
ERMANNO: Nel sogno ero seduto nella carriola. E’ importante! per riconoscere il punto preciso è importante guardare dalla stessa visuale. Per questo ho bisogno di voi. Su, spingete!
Difuori spinge la carriola, ogni tanto il contadino gli ordina di cambiare direzione. Finiscono nella pozzanghera: Difuori si ferma e impreca. Il contadino lo obbliga a ripartire. L’esplorazione diventa sempre più frenetica finché Difuori si ferma di colpo, ansimante.
DIFUORI: Quando troviamo il tesoro poi come lo dividiamo?
ERMANNO: Dividiamo un bel niente. Il tesoro è mio. 
DIFUORI: Ma io la sto aiutando a cercarlo, è faticoso e poi potrei trovarlo io.
ERMANNO: Mi frega niente, il tesoro è sul “mio”.
DIFUORI: Sul suo ci sto anch’io.
ERMANNO: E allora andatevene fuori subito, sanguisuga, vampiro, ladro di tesori. Via dal suolo sacro! Lo sapevo che eravate venuti qui per portarmi via il tesoro, lo sapevo.
DIFUORI: Ma se non ne sapevo nulla! E poi è stato lei a chiamarmi.
ERMANNO: Mi son già pentito. Non posso fidarmi di nessuno!
DIFUORI: Io credevo… dalle mie parti si dice: “chi trova un amico trova un tesoro”.
ERMANNO: Voi non siete amico mio, canchero, che vi siete messo in testa? Fannulloni! dagli una mano, ti portano via il braccio. Via di qua!
DIFUORI: Io non sono un fannullone.
ERMANNO: Di là da quel dosso son tutti ladri e fannulloni. Via di qua, ladro!
DIFUORI: Non ho rubato proprio nulla.
ERMANNO: Volevate portarmi via il mio tesoro.
DIFUORI: Ma quale tesoro se non l’abbiamo neanche trovato!
ERMANNO: Fermati che te la faccio pagare.
DIFUORI: Pagare che? con la fatica che ho fatto dovreste pagarmi voi.
ERMANNO: Ecco, lo dicevo io che non dovevo darvi ‘sta confidenza, ora pretendete anche di essere pagato.
DIFUORI: Siete un tirchio.
ERMANNO: L’è un insulto! Siete venuto qui sul mio per offendermi? Se vi piglio vi do’ una insaponata che ve la ricordate finché campate, se campate.
DIFUORI: Voi siete un pazzo e un criminale.
Durante questo dialogo concitato il contadino ha rincorso Difuori minacciandolo con un bastone. Per proteggersi Difuori cerca di riparasi facendosi schermo con lo spaventapasseri. Improvvisamente il contadino da’ una randellata che stacca la testa dello spaventapasseri.
DIFUORI: Pazzo! (esce terrorizzato).
ERMANNO: Correte, correte. Spero che ne abbiate avuto abbastanza! Fannulloni. Gli dai un dito si prendono il braccio. Se gli dai il braccio cosa fanno? ti sequestrano. (Raccoglie la testa dello spaventapasseri) Povero Spaventa, te proprio non c’entravi per niente. Non aver paura che con un po’ di filo di ferro ti faccio ritornare come nuovo: il terrore delle cornacchie, l’incubo delle gazze. Dopo la cura farai più paura di prima. Tu fa paura agli uccelli, agli uomini ci penso io! (Esce).


II° INTERMEZZO
SPAVENTAPASSERI: Miseriaccia gazza, che botta mi son preso! Mi hanno decapitato quei buzzurri. Facessero un po’ più di attenzione!
POZZANGHERA: Durante il loro litigio mi hanno tutta calpestata, è stato un momento grigio, son sciupata e strapazzata. E’ una vera infamità, anche noi abbiamo la nostra dignità.
Rumore di fondo fa partire la registrazione di alcune fasi del litigio.
SPAVENTAPASSERI: che succede? ricominciano?
POZZANGHERA: No, è Rumore di Fondo, l’unico che si diverta un mondo.
RUMORE DI FONDO: Eccezionale! ce l’ho fatta. Ci voleva! avete visto che movimento?
SPAVENTAPASSERI: Veramente io non vedo più niente.
RUMORE DI FONDO: Non preoccuparti Spaventa, tanto per te con la testa o senza testa è la stessa cosa. Finalmente una medicina alla monotonia.
Rumore di Fondo fa ripartire la registrazione del litigio.
SPAVENTAPASSERI: Piantala con i tuoi esperimenti.
POZZANGHERA: Perché litigano io non capisco, solo a sentirli urlare rabbrividisco. Meglio allora un bel temporale, quello è un fenomeno naturale. 
ADA: Succede sempre così quando si parla di tesori.
POZZANGHERA: Cos’è un tesoro?
ADA: Credo che loro intendano oro, soldi. Per me è l’erba.
POZZANGHERA: L’erba?
ADA: L’erba: è bella, tenera, buona, ricresce. E’ fortunata e lo sa. Per questo si lascia mangiare. Questo per me è un tesoro.
SPAVENTAPASSERI: Vuoi dire come il sole: è caldo, lo sa, e ci dà il suo calore. Anche questo è un tesoro?
ADA: Sì, o come un fiore che chiede alla brezza di portare in giro il suo profumo.
POZZANGHERA: Io non profumo, puzzo, a volte schiumo.
ADA: Senza il tuo puzzo non sapremmo distinguere il profumo del fiore. Anche tu sei utile al fiore.
POZZANGHERA: A questo non ci avevo pensato: dando da bere a un fiore assetato, anch’io l’aria ho profumato.
RUMORE DI FONDO: E se il sole si spegnesse?
ADA: Non si spegnerà.
RUMORE DI FONDO: L’erba e i fiori morirebbero.
ADA: Ma il tesoro che è in loro no. Si trasformerebbe. Guarda le foglie secche, appena si alza il vento cominciano a danzare.
POZZANGHERA: e se qualcuno corre si mettono a crocchiare, mentre quelle che stanno ancora sugli alberi provano a cantare. 
ADA: Pensa quante volte li avrai utilizzati Rumore di Fondo!
Rumore di fondo manda altri suoni artificiali.
RUMORE DI FONDO: Vecchiume, spazzatura, questa è la musica del futuro.
POZZANGHERA: Smettila di mandar suoni da mentecatti, perfino gli alberi si son ritratti. Se proprio un suono vuoi fare, ti prego delle rane fai il gracidare.
SPAVENTAPASSERI: Sì, dai, facci anche il canto dei grilli, tanti, infiniti.
RUMORE DI FONDO: Puah! porcherie!
POZZANGHERA: Il gracidar delle rane solo tu sai farlo, solo tu sei così bravo ad imitarlo.
RUMORE DI FONDO: Roba da mielestronzi. No!
SPAVENTAPASSERI: Dai, Rumore di Fondo, fallo per i nostri ospiti!
RUMORE DI FONDO: Ho detto no!
POZZANGHERA: Fai sentire quanto sei grande, che sei il re di queste lande.
ADA: Ho sentito parlare così bene di te!
RUMORE DI FONDO: E va bene.
Rumore di fondo fa partire una musica bucolica con grilli e gracidare di rane.
POZZANGHERA: Un altro dubbio or mi sovviene: perché l’Ermanno si da tutte quelle pene? Se il tesoro è questo io mi domando: perché allora egli lo va cercando?
SPAVENTAPASSERI: Credo perché se un tesoro non lo scopri non è un tesoro. Lo devi cercare, ci vuole tempo per trovarlo. E quando lo hai trovato ci vuole tempo per occuparsene altrimenti è come non averlo mai trovato.
POZZANGHERA: Potevi fare a meno di cercarlo.
RUMORE DI FONDO: Di scoprirlo
POZZANGHERA: Di scovarlo.
RUMORE DI FONDO: Potevi lasciarlo dov’era.
POZZANGHERA: L’avrei trovato io, si spera.
RUMORE DI FONDO: Allora mi metto a cercarlo.
SPAVENTAPASSERI: Io penso che un tesoro bisognerebbe essere capaci di condividerlo.
ADA: E’ la cosa più difficile.
Cessa la musica.
RUMORE DI FONDO: Ermanno non cerca quel tesoro che dite voialtri. Qui, oltre alla tua puzza Pozzanghera, c'è sempre stato solo odore di miseria. Ermanno cerca un tesoro di soldi.
POZZANGHERA: Cosa ti stai ad inventare: i soldi non ti impediscono di litigare.
RUMORE DI FONDO: Con un tesoro di soldi sarebbe anche lui più tranquillo e forse anche suo figlio tornerebbe alla base.
POZZANGHERA: Attilio torna alla base? questa è una bella frase.
ADA: Allora dobbiamo aiutarli a trovare il tesoro.
SPAVENTAPASSERI: E Difuori quale tesoro cerca?
ADA: Una volta l’ho sentito dire che il suo sogno è quello di bussare alla porta di una casa, vedere apparire una donna che gli apre e gli dice: “benvenuto, questa è casa tua”. Non credo che sia venuto via dalla città solo per far piacere a me. A lui piace fermarsi in mezzo alle colline, respirare aria a pieni polmoni, guardare il cielo di notte, al buio. Sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa per fermarsi in un posto come questo. Gli piacerebbe tanto avere degli amici, che lo riconoscono, lo salutano.
SPAVENTAPASSERI: Eccolo, Difuori, sta arrivando. Stiamo pronti. Escono.


3^ SCENA
Rientra guardingo Difuori. Scaccia alcuni insetti che gli ronzano attorno. Finisce nuovamente nella pozzanghera.
DIFUORI: Pozzanghera di merda! Allora ce l’hai con me? (osservando la propria immagine riflessa) Guarda come sono conciato! No, a me non la fai. Quello non sono io. Come può apparire uno che si specchia in una pozzanghera di merda come te? (Si avvicina allo spaventapasseri finto). Guarda come ti ha ridotto! Quel cafone. Come va senza testa? Male? Non sei l’unico! no, no, non l’unico che sta male. Certo, anche quello, ma, volevo dire, non sei l’unico che va in giro senza testa. Certe persone anche se ce l’hanno è come se non l'avessero.(si dà una pacca nel tentativo di scacciare qualche zanzara) Lo sai perché spaventi gli uccelli tu? Perché gli uccelli non riescono a vedere nessuna espressione sulla tua faccia e non capiscono le tue intenzioni e questo li spaventa molto. Invece è meglio capire subito: se uno ha cattive intenzioni lo si può affrontare. Come il tuo padrone. (altra pacca per scacciare gli insetti). Che fastidio! Non ci sono abituato agli insetti. Sono stato costretto a venire qui, altrimenti avrei dovuto ammazzare la mia capra. Non è giusto e poi io non ucciderei neanche una mosca (altra pacca per uccidere le zanzare). Tu sei gentile, non come il tuo padrone che mi copre di insulti. Io non voglio portargli via proprio nulla, c’è posto per tutti qui (altra pacca). C’è tanto spazio. Sei di poche parole tu? Sei uno che sa ascoltare. Devo confidarti che, nonostante il tuo padrone, io mi trovo proprio bene qui. Ho anche composto una poesia. Ora te la recito. Si intitola “Ode a un fiore”:

Oh fiore che stai nel prato
che lì sei nato 
e se ti colgo?
e se ti colgo?
se ti colgo non starai più nel prato
ma nella mano, tra le mie dita.
Ammiro il tuo gambo sghembo,
annuso il profumo 
col naso
chiuso per un raffreddore 
che lo ottura
da ore ed ore
cosicché non sente
niente. Che impertinente!


Che te ne pare? Ti piace? (riprende il rumore di fondo) Lo senti? Cos’è questo rumore? tu sei sempre qui, dovresti saperlo. Comincia a innervosirmi. Non hai paura? che sciocco! come puoi avere paura tu che il tuo mestiere è far spavento. Ti diverti? Già, senza testa non puoi rispondere. Mi sta venendo un’idea. (Difuori si sporca la faccia con un po’ di terra, si mette in testa il nido, poi va a collocarsi alle spalle dello spaventapasseri poggiando la sua testa sul collo dello stesso. Intando Rumore di fondo ha ricominciato a produrre un rumore ossessivo. Rientra il contadino che tiene in mano la testa dello spaventapasseri)
ERMANNO (rivolgendosi al rumore): Non se ne può più, basta! Ho detto basta! (cessa il rumore. Rivolgendosi a Spaventa e continuando a fare gli ultimi aggiustamenti alla nuova testa) Ha smesso, Spaventa, ha smesso! A saperlo l’avrei fatto prima. Ora a noi due. Un ultimo ritocco e avrai nuovamente la testa sulle spalle e tornerai ad essere lo spavento di tutti i pennuti.
DIFUORI (camuffando la voce): Ermanno!
ERMANNO: Chi mi chiama?
DIFUORI: Sono io.
ERMANNO (osservando lo spaventapasseri che ha già una testa): Per tutte le caccole di una capra! Com’è possibile?
DIFUORI: Sono un monachicchio. (Ermanno sta per avvicinarsi) Fermati! non ti avvicinare o ti petrifico.
ERMANNO: Petrifico?
DIFUORI: Sì, come dite voi….
ERMANNO: Noi?
DIFUORI: …umani. Come dite voi umani petrifico.
ERMANNO: Pietrifico?
DIFUORI: Fermo lì o ti pietrifico. (Ermanno si ferma e resta immobile) Così ti vuoi impossessare del mio tesoro?
ERMANNO: Io, chi te l’ha detto?
DIFUORI: Non negarlo, viscido serpente, noi spiriti sappiamo tutto.
ERMANNO: Mi è apparso in sogno e allora pensavo…
DIFUORI: Ah, l’hai sognato! Allora sei un prescelto. Comunque sei solo e da solo non ti sarà mai possibile trovarlo.
ERMANNO: E invece non sono solo.
DIFUORI: Non sei solo?
ERMANNO: C’è un tipo.
DIFUORI: Un tipo?
ERMANNO: Un furfante.
DIFUORI: Un furfante?
ERMANNO: Un amico.
DIFUORI: Un furfante o un amico?
ERMANNO: Uno che mi aiuta.
DIFUORI: Deve essere un estraneo, un’amicizia conquistata con fatica.
ERMANNO: Difuori non è di qui.
DIFUORI. Chi?
ERMANNO: Difuori.
DIFUORI: E chi è?
ERMANNO: L’amico.
DIFUORI: come si chiama?
ERMANNO: Dif… No l’è di qua.
DIFUORI: Difuori o Nolediqua?
ERMANNO: Difuori no l’è di qua, è forestiero e allora io l’ho chiamato Difuori.
DIFUORI: Ce l’avrà un nome?
ERMANNO: Credo di no.
DIFUORI: Come no?
ERMANNO: Non lo so.
DIFUORI: Dici che è tuo amico e non ne conosci il nome?
ERMANNO: Non parla quasi mai.
DIFUORI: Secondo me si chiama Al.
ERAMNNO: Al?
DIFUORI: Sei proprio fortunato. E’ un amico speciale? Saresti pronto a fare qualsiasi cosa per lui?
ERMANNO: Come?
DIFUORI: Saresti pronto a dargli qualsiasi cosa?
ERMANNO: Un pugno sul naso se ci prova…
DIFUORI: Devi trattarlo bene! Altrimenti gli spiriti ti puniranno. Capito? Trattalo bene!
ERMANNO: Sì, sì, scherzavo, come si fa con gli amici.
DIFUORI: Io non sono amico tuo, io sono un monachicchio e se non farai come ti dico ti farò a spicchi. Fa attenzione, se trovi il tesoro dovrai dividerlo a metà con lui.
ERMANNO: A metà? Quello sfruttatore mi vuol dissanguare.
DIFUORI: Come?
ERMANNO: No, no, niente.
DIFUORI: Ricordati! quell’amico è la tua unica speranza per entrare in possesso del tesoro. Anche lui lo ha sognato?
ERMANNO: Come?
DIFUORI: Se non ha sognato il tesoro non lo potrete mai trovare. Lo ha sognato?
ERMANNO: No.
DIFUORI: Allora niente da fare. 
ERMANNO: non credo, non lo so, dovrei chiederglielo.
DIFUORI: Dov’è lui ora?
ERMANNO (si rende conto che l’ha cacciato): Difuori! (Ermanno esce, intanto Difuori si toglie il nido, si pulisce).
DIFUORI: Guardalo come corre, gliel’abbiamo fatta Spaventa, l’ha bevuta. Siamo stati grandi (rivolto alla capra).Tieni un po’ di erba intanto. Mangia, mangia, questa è proprio buona. (Rivolto allo spaventapasseri) E’ con me da una vita. Si chiama Ada, è addestrata sai? Guarda! (guardando fuori scena in direzione della capra) “Cielo!” Hai visto? Si è sdraiata. Ogni volta che esclamo “cielo!” lei si finge morta. (alla capra) Brava Ada, tirati su ora.
Rientra Ermanno.
ERMANNO: Ah, eccovi! Che ci fate qui?
DIFUORI (indicando la capra): E’ lei che mi ha portato qui. Le stavo proprio dicendo di tirarsi su. Ora ce ne andiamo.
ERMANNO: Un momento! Non abbiate fretta, potete restare.
DIFUORI: Non vogliamo disturbare.
ERMANNO: Nessun disturbo.
DIFUORI: Ha ragione, siamo solo dei parassiti.
ERMANNO: Ma no, ma no, se spingete la carriola.
DIFUORI: Allora possiamo restare?
ERMANNO: Certo!
DIFUORI: Ne è sicuro?
ERMANNO: Se ve l’ho detto.
DIFUORI: E’ vero me l’ha detto ma me l’ha detto già altre volte e poi…
ERMANNO: Non avete sognato ultimamente?
DIFUORI: Cosa?
ERMANNO: Fate mai dei sogni?
DIFUORI: Sì, certo.
ERMANNO: E ultimamente non vi è capitato di sognare?
DIFUORI: Sì. Ho sognato che mi trovavo in un posto molto simile a questo. 
ERMANNO: Sì?
DIFUORI: Sì. E laggiù c’era una campo di granoturco proprio come quello.
ERMANNO: Ah sì?
DIFUORI: e su quel palo si attorcigliava il convolvolo, proprio come quello.
ERMANNO: Bene e poi? 
DIFUORI: Ora che ci ripenso era proprio questo il posto. 
ERMANNO: Benissimo!
DIFUORI: C’erano perfino gli attrezzi, il mucchio di fieno, quel ceppo, e anche Spaventa.
ERMANNO: Meraviglioso! poi è successo qualcosa?
DIFUORI: Sono sceso verso la cascina di fondovalle, mi sono avvicinato. Proprio in quel momento si è aperta la porta ed è uscita una bellissima ragazza che mi è venuta incontro e mi ha detto: “Vieni, questa è casa tua”.
ERMANNO: E poi?
DIFUORI: Non mi ricordo!
ERMANNO: Come non vi ricordate!
DIFUORI: Non mi ricordo
ERMANNO: Che sogno del cavolo! Non avete sognato per esempio un monachicchio?
DIFUORI: Bravo, ora sì mi ricordo. Dissi alla ragazza che sarei andato a fare un po’ di legna per il camino e imboccai il sentiero verso il bosco. E prima di entrare nella boscaglia, inciampai in un ramo e caddi per terra. Sentii una risata, alzai lo sguardo e appollaiato su un ramo indovinate chi vidi?
ERMANNO: Il monachicchio.
DIFUORI: Uno scoiattolo.
ERMANNO: Uno scoiattolo?
DIFUORI: Uno scoiattolone enorme.
ERMANNO: Che rideva?
DIFUORI: Alla grande! Mi stavo proprio innervosendo. 
ERMANNO: Anch'io.
DIFUORI: Come?
ERMANNO: Niente, niente. Andate avanti!
DIFUORI: Ho raccolto una pigna per lanciargliela quando, d’un tratto, lo scoiattolo è esploso.
ERMANNO: Esploso?
DIFUORI: E al suo posto è comparso un monachicchio.
ERMANNO: Eccolo! mi farete impazzire! Allora che è successo, cosa vi ha detto il monachicchio?
DIFUORI: Poi mi sono svegliato.
ERMANNO: Come svegliato! Perché?
DIFUORI: Perché lei si è messo a sbraitare “Difuori dove vi siete cacciato?”
ERMANNO: Dovevate sognare subito del monachicchio invece di perder tempo con quella ragazza.
DIFUORI: Era una bella ragazza. Sono proprio belle le ragazze qui dalle vostre parti!
ERMANNO: Non provateci nemmeno a sfiorarla.
DIFUORI: Ma era un sogno, però era veramente graziosa. 
ERMANNO: Lasciamo perdere. Dovete riprendere immediatamente il sogno!
DIFUORI: Come?
ERMANNO: Non avete sonno?
DIFUORI: No.
ERMANNO: Dormite!
DIFUORI: Se non ho sonno?
ERMANNO: Se non dormite con le buone ve lo do io il sonnifero.
DIFUORI: Forse se mangiassi qualcosa.
ERMANNO: Pane e salame?
DIFUORI: Pane e salame è l’ideale. Quando mangio pane e salame e bevo un buon bicchier di vino poi faccio sempre una bella dormita e un sacco di sogni.
Ermanno toglie da un tascapane pane e salame.
ERMANNO: Mangiate!
Difuori mangia avidamente.
ERMANNO: Lo dicevo io che venivate a portarci via il pane di bocca.
DIFUORI: Io non ho chiesto nulla. C’è anche un bicchier di vino?
Ermanno toglie un fiasco e un bicchiere. Versa un bicchier di vino a Difuori che lo beve.
ERMANNO: Questo vino l’ho fatto io con le mie mani.
DIFUORI: Buono!
ERMANNO: O meglio con i miei piedi. Ne volete ancora un bicchiere?
DIFUORI: No grazie.
ERMANNO: Ma riuscirete a dormire così?
DIFUORI: Penso di sì.
ERMANNO: Dai allora, dormite!
Difuori si sdraia poi si rialza di colpo.
DIFUORI: Un momento.
ERMANNO: Che c’è?
DIFUORI: Posso dare un po’ di erba a Ada?
ERMANNO: A chi?
DIFUORI: Ada. La mia capra si chiama Ada.
ERMANNO: Ma lei cosa c’entra?
DIFUORI: Dormo meglio se so che anche lei ha mangiato. Mi aiuta a sognare.
ERMANNO: Gliela do’ io, voi addormentatevi.
Ermanno raccoglie un po’ d’erba e la porta alla capra.
DIFUORI: Siete molto gentile.
ERMANNO: Sì, sì ma voi pensate ad addormentarvi.
Difuori si sdraia nuovamente poi si rialza.
DIFUORI: Non riesco.
ERMANNO (minaccioso): Mangiapane a tradimento.
DIFUORI: Conosce una ninna nanna?
ERMANNO: No.
DIFUORI: Almeno mi conti le pecore.
ERMANNO: Quali?
DIFUORI: Quelle che vuole. Più sono meglio è?
ERMANNO: Quelle dell’Amilcare, ne ha trecentosessantasei.
DIFUORI: Benissimo!
Ermanno conta. Lentamente Difuori finge di addormentarsi.
ERMANNO: …trentacinque, trentasei, trentasette. Pare che si sia proprio addormentato. Chissà se sta sognando? Se non sogna il tesoro lo strozzo con le mie mani. Queste mani rugose e piene di calli che sembrano proprio quelle del mio povero papà che quando picchiava faceva male con quelle mani dure. Quelle botte mi hanno insegnato a lavorare, a vivere e a tirare la cinghia. Mi hanno insegnato che l’acqua delle pozzanghere se non la puoi togliere la fai fruttare comunque. Puzzerà di merda e ingrasserà la terra. Ma qui nessuno si permette di avere il naso fine. Perché il profumo non da’ da mangiare ma la merda sì. E dopo il mangiare c’è il vestirsi e poi la moglie e poi i figli che devono mangiare e devono vestirsi anche loro. E allora tira la cinghia. E poi il trattore e dopo il trattore la tettoia per tenerlo al riparo. Tira la cinghia di nuovo. E poi il nubifragio che sbatte giù la tettoia e allora la tettoia la devi rifare e devi pagare i materiali e pagare chi ti aiuta, e tira la cinghia ancora una volta, e poi devi pagare le tasse. Tasse per chi? che a noi nessuno ci ha regalato niente e mi incazzo anche perché a forza di tirare la cinghia mi fa male la pancia e questo dorme come se niente fosse, (scrolla violentemente Difuori) svegliatevi scroccun.
DIFUORI: Che succede?
ERMANNO: Allora avete sognato?
DIFUORI: Un temporale, una bufera, poi il sole e nel cielo è comparso uno stupendo arcobaleno.
ERMANNO: Il sole, l’arcobaleno non ce ne frega niente di questo.
DIFUORI: Un momento! Poi mi è comparso il monachicchio che mi ha condotto fin sul posto del tesoro.
ERMANNO: Benissimo! E’ fatta: il tesoro è nostro. Mettiamoci subito a cercarlo Difuori, dai!
DIFUORI: Aspetti un momento. Mettiamo bene in chiaro le cose. Io cosa ne avrò in cambio? Voglio che conceda alla mia capra di dimorare e pascolare nel suo podere.
ERMANNO: Va bene, però solo alla capra.
DIFUORI: Solo alla capra? Allora non ci sto.
ERMANNO: Non vorrete pascolare qua anche voi?
DIFUORI: Fermarmi. Almeno finché non avrò trovato un'altra sistemazione o un lavoro.
ERMANNO: Va bene. Niente altro?
DIFUORI: A me va bene così, e se siamo d’accordo noi lo sono certamente anche gli spiriti, non vi pare?
ERMANNO: Già, certo, anche gli spiriti! (pausa) Difuori! vi darò anche una parte del tesoro.
DIFUORI: Grazie, lo dicevo io che siete molto generoso.
Ermanno prende la carriola e ci si siede dentro.
DIFUORI: Un momento! Nel sogno io stavo seduto dentro la carriola e lei spingeva.
ERMANNO: Eh no, era esattamente il contrario.
DIFUORI: Il mio sogno è più recente del suo.
ERMANNO: Forse avete ragione voi. 
.
Ermanno cede il posto a Difuori, poi spinge la carriola. Rumore di Fondo riproduce rumori e musica concitati. Escono Difuori ed Ermanno. Contemporaneamente entrano lo Spaventapasseri che sta spingendo la capra seduta dentro la carriola. Rumore di Fondo raccoglie una pala. Entra Pozzanghera con una mappa e fa cenno a Rumore di Fondo di seguirla. Pozzanghera segue le indicazioni della mappa, ogni tanto si ferma, indica un punto preciso, Rumore di Fondo scava ma non si trova nulla. Il ritmo cresce e si assiste a strani incroci finché si ritrovano tutti in scena. Si fermano.
ERMANNO: Allora vi decidete a riconoscere il posto?
DIFUORI: Sento che ci siamo vicini.
ERMANNO: Bene. 
Ermanno riprende a spingere. Esce.
POZZANGHERA (alla Capra): Cara amica, che fatica!
RUMORE DI FONDO: Non è facile trovare questo tesoro.
SPAVENTAPASSERI: Non è facile per Ermanno seguire i propri sogni. Quando lo vedono faticare tanto, gli altri non trovano altro da fare che prenderlo in giro. “E’ matto! Ermanno perché hai comprato quella rete, vuoi catturare il monachicchio?” E giù a ridere. “Dove vai con quella pala? Vai a cercare il tesoro?” E giù a ridere ancora. Allora Ermanno li manda a quel paese e non gli racconta più niente. Né del tesoro né dei monachicchi. Si tiene tutto per sé. Così ha perso tanti amici. Gli erano rimasti solo il “Suola” e lo “Scarpa”.
ADA: Chi?
SPAVENTAPASSERI:I Zanotti, i due gemelli, li hanno soprannominati così perché sono i figli del vecchio calzolaio. Con loro si trovava sempre all’osteria durante la festa del patrono. Giocavano a carte e bevevano qualche bicchiere di vino buono. Lo “Scarpa” è morto l’anno scorso e il “Suola” è andato a vivere in Francia da una sua nipote. Così, amici non ne ha più.
ADA: Certo che con un tesoro potrebbero stare meglio tutti e due. Difuori potrebbe comprarsi un pezzo di terra e Ermanno non avrebbe più nulla da temere.
SPAVENTAPASSERI: A Ermanno non interessano solo i soldi. Lui vuole che qui non venga toccato nulla. Vorrebbe comprare l’intera vallata e non vendere niente.
Rientrano Ermanno e Difuori. Gli altri, immobili, li stanno ad ascoltare.
DIFUORI: Perché?
ERMANNO: Perché anche quelli con i soldi arrivano qui e non gliene frega niente di quel vigneto laggiù, loro ci fanno passare la strada perché devono arrivare con i macchinoni fin fuori dalla porta di casa. E poi tutti cominciano a ragionare come loro, soprattutto i giovani, e a pensare che quello sia il modo giusto di vivere, di mangiare, di vestire e ci si dimentica di tutto il resto. Vedi laggiù, in fondo a quella vallata: là inizia la contaminazione. Quelli non hanno più rispetto neppure per i monachicchi.
Riprende a spingere. Escono.
SPAVENTAPASSERI: E’ convinto che i monachicchi lo salveranno. Dice che loro sopportano, sono capaci di sopportare anche per anni. Stanno a vedere se gli uomini sanno cavarsela da soli. 
Rumore di Fondo ripropone un suono angosciante.
Poi, quando capiscono che con le loro forze non è più possibile, intervengono: e giù una tromba d’aria o una frana a spazzar via tutto, proprio dove quelli han voluto costruire quella casa e la strada e il ponte. Un giorno l’ho sentito dire : “I monachicchi sono dei gran burloni, gli è rimasta tutta la voglia di divertirsi, sono anche cattivi talvolta ma sono i nostri più validi difensori”. 
Rientrano Ermanno e Difuori. Si fermano e ascoltano.
DIFUORI: Sono i monachicchi?
ERMANNO: No.
DIFUORI: E allora cos’è?
ERMANNO: Parassiti.
DIFUORI: Parassiti?
ERMANNO: Forse.
DIFUORI: come forse?
ERMANNO: Una minaccia ma finché siamo qua noi non l’avranno vinta. 
DIFUORI: Ma lei ai monachicchi ci crede veramente?
ERMANNO: L’avete sognato, no?
DIFUORI: Sì, certo.
ERMANNO: E allora? Ascoltami bene, Difuori, le nostre tradizioni non si discutono, si difendono.
DIFUORI: E’ qui.
ERMANNO: Il tesoro? E’ vero! E’ proprio lo stesso luogo del sogno.
DIFUORI: Cerchiamolo!
Raccolgono alcuni attrezzi. Cresce ancora il rumore. Improvvisamente Difuori richiama l’attenzione come se avesse trovato qualcosa. Ermanno si avvicina. Estraggono un forziere che Ermanno solleva in segno di tripudio. Anche gli altri gioiscono. Rumore da stadio. Ermanno posa il forziere. Lui e Difuori si abbracciano. Cessa il rumore. 
ERMANNO: Eccolo! 
DIFUORI: Ma allora è vero!
ERMANNO: Ce l’abbiamo fatta!
DIFUORI: Grazie ai monachicchi siamo ricchi!
ERMANNO: Vi mettete anche a fare il poeta? Apriamolo! Aspettate! (Ermanno si guarda attorno per sincerarsi che non ci sia nessuno). Meglio essere prudenti.
DIFUORI: E la sua rivincita?
ERMANNO: La cosa?
DIFUORI: Non la prenderanno più in giro.
ERMANNO: Mi va bene così. E’ meglio non farlo sapere in giro. Promettetemi che non direte nulla.
DIFUORI: Promesso.
ERMANNO: Apriamolo! 
Il bauletto viene forzato e aperto. Pozzanghera, Ada, Spaventapasseri e Rumore di Fondo si avvicinano. Tutti cercano di vederne il contenuto. Ermanno estrae un vecchio macinino del caffè.
DIFUORI: Cos’è?
ERMANNO: Un macinino per macinare caffè, (rovistando) chiodi arrugginiti, ferraglia, una pietra per molare.
DIFUORI: Lì, c’è una moneta!
ERMANNO (raccogliendola): E’ fuori corso. Non vale niente (la getta via stizzito). Maledizione! Via di qui!
Ada, Spaventapasseri, Pozzanghera si ritraggono allarmati e si mettono in un angolo: Rumore di fondo torna alla sua postazione.
DIFUORI: Come, non vorrà rimangiarsi la parola?
ERMANNO: Non c’è alcun tesoro.
DIFUORI: questo è quello che il monachicchio ci ha indicato.
ERMANNO: Si è burlato di noi.
DIFUORI: Non doveva aiutarci?
ERMANNO: Lui lo fa come e quando vuole.
DIFUORI: Lo scherzo più pesante lo ha fatto a me. In fin dei conti lei non ha bisogno di quei soldi. Io invece.
ERMANNO: I soldi fanno sempre comodo. Andatevene!
DIFUORI: In sogno il monachicchio disse che se mi aveste cacciato sarebbe iniziato per voi un periodo di disgrazie! (pausa)
ERMANNO: Avete sognato anche questo! Mannaggia a voi! E va bene, potete rimanere. Ma sbrigatevi a cercare un’altra sistemazione.
DIFUORI: Avete guardato bene dentro lo scrigno?
ERMANNO: C’è un biglietto!
DIFUORI: Che cosa c’è scritto.
ERMANNO: A. B.
DIFUORI: A. B., che significa?
ERMANNO: A. B., erano le iniziali di mio padre, Aristide Bonadei di fu Ermanno. Mio nonno.
DIFUORI: E voi come vi chiamate?
ERMANNO: Ermanno.
DIFUORI: Anche voi?
ERMANNO: Così mi chiamò mio padre per onorare mio nonno che se no gli spiriti s’arrabbiano.
DIFUORI: Ancora?
ERMANNO: Ah no?
DIFUORI: Si incavolano facilmente questi spiriti! Comunque un piccolo tesoro l’ha trovato o almeno suo padre lo custodiva come tale. Ma perché quel macinino?
ERMANNO: Credo di saperlo. A mio padre piaceva il caffè. Ne beveva a litri. La mia povera mamma gli diceva: “Perché bevi tutto quel caffè? Ti farà male.” e glielo nascondeva. Mio padre pareva un cane con la rabbia. Ha anche minacciato la mia mamma col fucile. Poi un giorno si è calmato, tutto passato. E la mia mamma: “Lo vedi Amilcare che quando vuoi ci riesci?” Ma ora io credo di aver capito che il caffè se lo faceva qui, macinando direttamente la polvere. Avrà avuto anche una caffettiera o l’avrà fatto bollire nel pentolino. Altro che smesso!
DIFUORI: Lei beve caffè?
ERMANNO: Poco, poco. (pausa) 
DIFUORI: Comunque è un bel ricordo di suo padre.
ERMANNO: Già.
DIFUORI: Anch’io ne ho uno che porto sempre con me (cerca nelle tasche) Eccolo! è il bocchino che usava per fumare le sigarette. Diceva che così facevano meno male. Lo teneva spesso in bocca anche senza sigaretta.
ERMANNO: Voi fumate?
DIFUORI: Poco, poco; direi per niente. Il suo buon odore mi ha accompagnato per tutta l’infanzia. Mi è rimasto impresso soprattutto in quei momenti, quando mi teneva sulle ginocchia e mi raccontava le storie e io mi addormentavo col suono della sua voce e con quel profumo di fumo che fu.
ERMANNO: Lo dicevo io che siete un po' poeta! Comunque quando mio padre mi raccontava le storie non riuscivo più ad addormentarmi oppure facevo sogni spaventosi. Sarà meglio rimettersi al lavoro che ho già perduto un sacco di tempo con ‘sta storia del tesoro. Devo finire di costruire la palizzata.
DIFUORI: Le do’ una mano. Non è meglio iniziare da qui?
ERMANNO: No avevo già cominciato dall’altra parte.
DIFUORI: Qui c’è un po’ di sabbia da riportare. Si può fare una scelta dei pali più corti e rialzarli. Di là da dove arriva il sentiero si potrebbero mettere quelli come questi che sono i più appuntiti che se uno cerca di scavalcare rischia grosso. E su quel lato gli altri.
ERMANNO: Ehi, un momento! Cos’è tutta questa fregola improvvisa per la palizzata. Non è che mi volete fregare per caso? 
DIFUORI: Volevo solo rendermi utile.
ERMANNO: No, no. Credo di aver capito. La palizzata serve a tener fuori gli intrusi e i curiosi. Ma se voi siete già all’interno, la palizzata non mi darà più la possibilità di buttarvi fuori. Non si costruisce più nessuna palizzata!
DIFUORI: Vi ripeto che volevo solo aiutarvi.
ERMANNO: Voglio potervi buttare fuori quando voglio.
DIFUORI: Costruite una porta nella palizzata. Quando volete mandar via qualcuno l’aprite e poi la richiudete.
ERMANNO: La porta serve per uscire ma anche per entrare. Chiunque saprebbe da che parte si entra. Niente porta e niente più palizzata.
DIFUORI: Ben detto.
ERMANNO: Come?
DIFUORI: Dico che ha ragione. La palizzata non serve. Servirebbe soltanto a isolarla di più e non a difenderla dall’esterno.
ERMANNO: Cioè?
DIFUORI: Non si può sempre continuare a difendersi, bisogna anche pensare a qualche azione d'attacco. Inoltre recintando lei chiuderebbe fuori anche i possibili alleati.
ERMANNO: Chi?
DIFUORI: Gli amici.
ERMANNO: Io non ho amici. 
DIFUORI: Prenda me!
ERMANNO: Voi, cosa?
DIFUORI: Io potrei esserle alleato.
ERMANNO: e’ inutile che insistete. Non potete essere amico mio. Noi due parliamo una lingua diversa. Capito?
DIFUORI: Sì.
ERMANNO: Allora non ci provate.
DIFUORI: Eppure sarei pronto a difendere questo posto da qualsiasi speculazione. Voglio che le capre possano brucare l’erba libere.
Si sente crescere il rumore di fondo. I due si avvicinano uno all’altro e ascoltano con espressione intimorita. 
DIFUORI: E’ veramente ossessionante. Se si potesse sentire il rumore della ruggine che corrode il ferro penso che sarebbe questo il suono.
ERMANNO: Qui non c’è ferro.
DIFUORI: Allora sono tarli. E’ come se un milione di tarli stessero rosicchiando il bosco intero.
ERMANNO: Ssst!
DIFUORI: E’ un rumore infido.
ERMANNO: Ssst! (gridando) Io non me ne vado di qui. Piuttosto mi seppellisco.
Cessa il rumore. Ermanno riprende a parlare a Difuori.
ERMANNO: Non capisco se mi state imbrogliando o se siete sincero. Non ci capisco più niente. Ho bisogno di pensare. La notte porta consiglio. Domani deciderò cosa fare, se costruire o no la palizzata.
Escono. Buio. 



III° INTERMEZZO
Rumore di Fondo danza una specie di danza tribale. Entrano Capra, Pozzanghera e Spaventapasseri. Rumore di Fondo cerca di coinvolgerli. Spaventapasseri è eccitato, si sbraccia e cerca di fermare tutto. 
SPAVENTAPASSERI: Fermatevi! basta, basta! Piantala Rumore di fondo. Ci sono novità. Smettetela! novità preoccupanti. 
Tutti si fermano. Rumore di Fondo fa cessare la musica.
Ho saputo cose bruttissime provenienti dal paese. Alla “Fiasca”, l’osteria dove va anche l’Ermanno, si è sparsa la voce dell’arrivo del Difuori. Hanno rimproverato l’Ermanno per non averlo cacciato via subito e hanno deciso di formare delle ronde notturne per vegliare sul paese. Dicono che lo Sguazza sia stato molto duro con l’Ermanno e che lo abbia minacciato di non lasciargli più mettere piede in paese se non manda via quei parassiti. Come vedi parlano anche di te Ada.
POZZANGHERA: Forse vi sembrerò un po’ sgarbata ma per me l’Ermanno ha ragione a voler costruire una palizzata.
RUMORE DI FONDO: Ti è schizzato il cervello? Sarebbe la mia fine.
ADA: Un recinto? Per stare dove, dentro o fuori?
SPAVENTAPASSERI: Perché?
POZZANGHERA: Voi non avete mai provato l’umiliazione di essere lavati e rilavati col sapone.
SPAVENTAPASSERI: Ah, i bambini!
POZZANGHERA: Sì, quei bambini. Sembravan così carini. Mi hanno riempita di detersivo. Che schifo! che morbo infettivo! E’ stata una sensazione sgradevole. Terribilmente stomachevole. Non ero più io, ero tutta rovinata, col loro sciacquio mi avevano umiliata. Più non han bevuto gli uccellini, son spariti tutti quanti i girini; gracidavano le rane satolle ma dalle bocche uscivan solo bolle che esplodevano negli occhi di quegli increduli ranocchi. Con quel che di loro hanno perso da quel corpo orribilmente deterso, come fanno gli uomini, mi domando, a riconoscersi allorquando, dopo essersi stralavati, per via si sono reincontrati? Quanto a me c’è voluto un temporale per ritornare allo stato normale.
SPAVENTAPASSERI: Per la prima volta in vita tua profumavi invece di puzzare.
POZZANGHERA: Tu, gran mucchio di fieno cencioso, non far tanto lo spiritoso: se l’Ermanno non interveniva a cacciar via quella comitiva, da un piccolo, indifeso bambino, armato di accendino, saresti stato bruciato, misero corpo impagliato, trasformato in un falò senza dir neppure oibò. Avrà tanti difetti ma pure i pregi vanno detti: quando ama qualcuno, l’Ermanno, lo protegge da ogni male e da ogni danno. 
ADA: Ma se l’Ermanno ci costruisce attorno una palizzata non vedremo più tramontare il sole.
RUMORE DI FONDO: Stare sepolti qui per sempre: che gnagnera!
SPAVENTAPASSERI: Però L’Ermanno non ha tutti i torti: impedirà ad altri di venire a distruggerci.
RUMORE DI FONDO: Ma se la testa te l’ha staccata lui!
ADA: Prima di giungere qua una volta scappai al mio padrone. Lui non fu molto contento ma io…. vidi cose bellissime, mi feci spruzzare da una cascata, giocai con una talpa a scoprire da quale buco sarebbe sbucata, corsi perfino giù a balzi per una scarpata. Ho rischiato di prendermi qualche bastonata ma ne è valsa la pena. A volte bisogna pur correre qualche rischio se si vuol vivere da capra. Forse una palizzata ti difende da qualcosa ma ti impedisce di andare oltre.
SPAVENTAPASSERI: E non vedi cosa succede al di là.
POZZANGHERA: Ma io non voglio andare oltre. Questo è il mio mondo e, inoltre, finché non costruiranno tombini io vivrò sempre qui con voi vicini.
SPAVENTAPASSERI: Forse Ermanno teme che Difuori rovini questo paradiso.
ADA: Forse dovrebbe solo conoscerlo meglio.
RUMORE DI FONDO: Siamo alla frutta! Questi sono discorsi da sfibrati. Mota sei un morbus. Svegliatevi, sfangatevi! Altro che palizzate, qui bisogna aprire, buttare giù tutto, costruire strade, discoteche, parchi di divertimenti e far entrare rumore, tanto rumore: ruspe, camion, sonde, altoparlanti, sirene.
Rumore di fondo ricomincia a produrre suoni fastidiosi. 

IV^ SCENA
Entra Ermanno. Rumore di Fondo smette Ermanno si accorge che allo spaventapasseri finto manca un po’ di paglia.
ERMANNO: Spaventa, cosa ti hanno fatto! Difuori, guardate! (rientra Difuori) La vostra capra si è mangiata lo spaventapasseri.
DIFUORI: Povero Spaventa. (rivolto alla capra). Guarda cosa hai combinato. Vieni qua che ti faccio vedere io. Brutta antipatica!
ERMANNO: Ehi, un momento! La capra non c’entra.
DIFUORI: No, no è proprio stata lei (rivolto alla capra) Non dovevi farlo!
ERMANNO: La capra non c’entra vi dico. La colpa è vostra. Toccava a voi badare alla capra.
DIFUORI: E’ quello che faccio ma ogni tanto anch’io ho i miei bisogni.
ERMANNO: Dovevate legarla.
DIFUORI: Se lei le avesse consentito di brucare un po’ di erba, forse non si sarebbe divorata il povero Spaventa.
ERMANNO: L’erba è mia e la do’ a chi voglio io. Avevo uno spaventapasseri, voglio avere ancora uno spaventapasseri. Voi farete lo spaventapasseri.
DIFUORI: Io? 
ERMANNO: Sì.
DIFUORI: Lo spaventapasseri?
ERMANNO: Lo spaventapasseri.
DIFUORI: Lei è pazzo!
ERMANNO: Ah, io pazzo eh? Se non fate lo spaventapasseri vi denuncio per violazione di domicilio, furto di paglia e atti vandalici. (minacciandolo col fucile) Avanti decidetevi!
DIFUORI: Ma cosa vi è successo? Che state facendo? Questo è sequestro di persona.
ERMANNO: Sequestro di persona? Ma se è da quando siete arrivato che volete restare qui. 
DIFUORI: E la capra?
ERMANNO: A quella ci penso io.
DIFUORI: Guai a voi se le torcete un capello.
ERMANNO: Ueh, Difuori! sono un contadino io, so come si trattano le capre. Tu fa il tuo lavoro e lascia fare a me il mio. Ora però fammi schiacciare un pisolino che ho proprio sonno.
DIFUORI: Ancora?
ERMANNO: Sentite Difuori, io dormo quando mi pare, non ho nessuno che mi dice quando devo dormire e quando no. Capito? nessuno, nessuno. Neanche quelli giù in paese. Capito? Neanche loro possono dirmi cosa devo fare. 
DIFUORI: Se vuole glielo dico io.
ERMANNO: Voi pensate a fare lo spaventapasseri e basta!
DIFUORI: Non credo di esserne capace.
Ermanno si sdraia e si addormenta. Di fuori cerca una posizione fissa e assume col viso espressioni truci. Dopo un po’ comincia a dare segni di impazienza.
DIFUORI (gridando): Una gazza! 
Ermanno si sveglia di soprassalto.
ERMANNO: Che succede?
DIFUORI: Una gazza, una gazza! (come guardando lontano) Se ne è andata. Sono delle ladruncole quelle, bisogna starci attenti.
Ermanno lo guarda in malo modo e si rimette a dormire. Difuori controlla che si sia addormentato. Poi riprende posizione.
DIFUORI: Una cornacchia! allarme! una cornacchia!
Ermanno sussulta alzandosi in piedi di scatto.
DIFUORI: Scappata.
ERMANNO: Vuoi startene zitto e lasciarmi riposare?
DIFUORI: Finalmente si è deciso a darmi del tu. Siamo amici?
ERMANNO: Col cavolo! Io al mio spaventapasseri ho sempre dato del tu. Smettila di urlare o ti incollo la bocca. Uno spaventapasseri deve far paura e basta!
DIFUORI: Io urlo così spavento due volte. Sono uno spaventapasseri moderno.
ERMANNO: Ma quando io dormo voglio poter dormire.
DIFUORI: E io voglio le ferie pagate.
ERMANNO: Le ferie pagate! Tu mi devi pagare lo spaventapasseri. Quando ne avrò un altro smetterai di fare lo spaventapasseri. Ora stattene lì e zitto!
Per la terza volta Ermanno si sdraia. Difuori è visibilmente annoiato. D’un tratto comincia ad agitarsi a fare buffe e strane espressioni del viso e boccacce poi giunto al culmine...
DIFUORI: Una volpe!
Ermanno si sveglia.
ERMANNO: Dove? 
DIFUORI: Là
ERMANNO: Ecco chi si mangiava le mie galline!
Ermanno imbraccia il fucile e spara.
DIFUORI: Cielo!
ERMANNO: Come ho fatto a mancarla.
DIFUORI: La mia capra! Ha colpito la mia capra.
ERMANNO: Come è possibile? ho mirato alla volpe.
DIFUORI: Ada, Ada! (esce, rientrando subito dopo) Assassino! l’avete uccisa.
ERMANNO: Io non volevo… non riesco a capire come… ero sicuro di colpire la volpe.
DIFUORI: Talmente sicuro che quella è scappata e la mia capra ammazzata.
ERMANNO: E’ stato un incidente.
DIFUORI: Chi mi ridarà Ada ora?
ERMANNO: Sono pronto a pagare anche se vi avevo detto più volte di andarvene.
DIFUORI: Promettetemi una cosa.
ERMANNO: Cosa?
DIFUORI: Che non mi manderete più via.
ERMANNO: Promesso.
DIFUORI: Giuratelo sui vostri figli.
ERMANNO: Lo giuro.
DIFUORI: Non potrete più ritrattare, qualsiasi cosa succeda.
ERMANNO: Sì, si (esce visibilmente amareggiato e contrariato).
DIFUORI: Brava Ada, puoi tirarti su. Aspetta! (si guarda intorno) Sì, sì tirati su. La necessità aguzza l’ingegno. Ora non potrà più mandarci via. Però forse tu non dovrai farti vedere per un po’ di tempo poi gli dirò di averne trovata un'altra e torneremo a stare insieme.
Rientra Ermanno.
ERMANNO: Ma è viva!
DIFUORI: E’ stato un monachicchio.
ERMANNO: Che monachicchio e monachicchio, voi volevate farmi fesso.
DIFUORI: Pareva morta.
ERMANNO: Eravate d’accordo, l’avete addestrata bene. Neanche delle capre ci si può più fidare se non son capre di qua. Andatevene immediatamente.
DIFUORI: Eh no, l’ha giurato.
ERMANNO: Voi mi avete imbrogliato. Ha ragione lo Sguazza, siete tutti dei fannulloni delinquenti. Il giuramento non è più valido.
DIFUORI: L’avete giurato, qualsiasi cosa fosse successa.
ERMANNO: Avevo ragione a non fidarmi. Non finirà qua.
Ermanno esce nuovamente.
DIFUORI: Gli passerà non preoccupatevi, gli passerà. Vieni qua tu (esce e rientra immediatamente con una capra). Hai fatto il tuo dovere: brava! E bravo anche tu Spaventa. (Difuori comincia a ricostruire lo spaventapasseri finto) Ada, non devi più toccare Spaventa! Qui l’erba non manca. Vediamo un po’. Senza occhi non puoi veder nulla, ci credo che sei sempre stato così triste. Che idea costruire uno spaventapasseri senza occhi! Ma ora le cose cambieranno. (Difuori prende due bottoni della sua camicia e li applica alla testa dello spaventapasseri). Meglio? Così il mondo è tutta un’altra cosa. Certo avrei potuto anche raccontartelo. E dai, sorridi adesso! non è bello il mondo? Ci penso io. (Difuori applica una fibbia al posto della bocca dello spaventapasseri). Così va molto meglio. Gli abiti sono ancora un po’ squallidi. Idea! (Difuori si toglie i pantaloni, poi si accorge di Ada) Ada per favore puoi voltarti dall’altra parte. Su, girati! (Difuori gira la capra, poi finisce di togliersi i pantaloni e li scambia con quelli dello spaventapasseri. Poi fa la stessa cosa con la camicia). Così sei perfetto. Sei più allegro. Anche le cornacchie creperanno dalle risate e non riusciranno più a beccare nulla. (Rivolto alla capra) E io come sto Ada? Faccio pietà?
Di fuori prende una posa e sta immobile. In quel momento entra Ermanno che imbraccia il fucile e spara allo spaventapasseri convinto che sia Difuori. Il vero Difuori dopo un attimo di stupore, trasale e fugge terrorizzato).
DIFUORI: Assassino, io ti denuncio, assassino!
Ermanno, sorpreso, esce dalla parte opposta. Cresce il rumore di fondo. Rientra Ermanno, manda in pezzi il fucile, rientra anche Difuori che prende in braccio la finta capra e scappa trovandosi di fronte Ermanno. Ermanno cerca di strappargli la capra dalle mani. Tira e molla dei due finché Difuori morde la mano di Ermanno che molla la presa cacciando un urlo di dolore. Liberatosi dalla presa Difuori scappa inseguito subito dopo dall’Ermanno e da Rumore di Fondo che si agita come un ossesso. Rimangono in scena Spaventapasseri e Capra. Continua il rumore di fondo ma come se anche questo fosse andato più in là ad inseguire i due uomini.

EPILOGO

SPAVENTAPASSERI: Non la finiranno mai?
ADA: Grazie per la paglia, era deliziosa.
SPAVENTAPASSERI: Quando vuoi.
ADA: Non hai paura di finire?
SPAVENTAPASSERI: Finire? C’è sempre un dopo.
ADA: Hai mai sognato tu?
SPAVENTAPASSERI: Ho sognato che ero diventato un uomo.
ADA: Un uomo?
SPAVENTAPASSERI: Sì, un uomo.
ADA: Che strano. Io non sogno mai. Mi piace ascoltare i sogni degli altri.
SPAVENTAPASSERI: Vorrei tanto che il mondo girasse per andarmene in giro anch’io.
ADA: Il mondo gira. 
SPAVENTAPASSERI: Sei sicura?
ADA: Te ne accorgi guardando gli alberi e i fiori e il cielo di notte e il sole che ogni giorno ti abbraccia in modo diverso.
SPAVENTAPASSERI: E’ vero! Ne ho visti di fiori disfarsi e riformarsi.
Pausa. Ada osserva Spaventa.
ADA: Sei uno schianto così!
SPAVENTAPASSERI: Dici davvero?
ADA: Sì. Le gazze preparano un concerto in tuo onore.
SPAVENTPASSERI: Poi dicono che siamo finti! Ma gli uomini sono veri?
ADA: Non l’ho ancora capito.
SPAVENTAPASSERI: Non si risolve tutto con un colpo di fucile.
ADA: O facendo la voce più grossa. 
SPAVENTAPASSERI: O inventando menzogne. (Pausa)
ADA: Hanno paura?
SPAVENTAPASSERI: Di che?
ADA: Non so. Della verità.
SPAVENTAPASSERI: Sono terrorizzati.
ADA: E dopo?
SPAVENTAPASSERI: C’è sempre un dopo.
ADA: Se lo scordano. (Pausa)
SPAVENTAPASSERI: La vita è come quelle colline, dietro ce n’è altre e poi altre ancora, non finiscono mai.
ADA: Chi l’ha detto a te?
SPAVENTAPASSERI: Ci vuole un po’ di fantasia per viaggiare. Forse hai ragione tu. Se si corre troppo si rischia di non vedere l'anima delle cose.
ADA: Spaventa, ti sei mai chiesto chi semina la rugiada nei prati?
SPAVENTAPASSERI: Forse qualcuno di notte li innaffia. Magari l’Ermanno.
ADA: No.
SPAVENTPASSERI: E allora chi?
ADA: Non lo so. Ogni volta che ho provato a star sveglia per scoprirlo a un certo punto mi si chiudevano gli occhi. Comunque ho deciso: mi fermo un po’ qui.
SPAVENTAPASSERI: Benvenuta!
Il rumore di fondo cessa di colpo. Buio.