La Disfatta
(gli ultimi giorni del bunker)

di

Gianni Guardigli

liberamente ispirato al saggio storico di Jopachim Fest


Personaggi:
Fritz, il postino di Adolf Hitler


Un uomo cammina avanti e indietro per il palcoscenico con il capo basso.
Ha un vecchio violino nella mano destra e con la mano sinistra fa oscillare l’archetto.
Sembra confuso, forse ubriaco. Fa due o tre tentativi per iniziare un discorso e poi, improvvisamente, comincia a parlare. Forse a un interlocutore immaginario, forse a se stesso. 

Era lì.
Lo vedi?
Lo vedi il tumulo. Il mucchietto di terra…
Era lì. Era tutto lì.
Eravamo tutti lì. A mangiare. A respirare.
Eravamo tutti lì. A bere. A urlare.
Ad amare no perché non amavamo.
Come pensate si possa amare in un tugurio simile?
Per amare… ci vuole il sole…
Eravamo lì.
A fare… a fare la storia.
Perché è inutile dire che non è vero.
Come non è vero?

Tenta una nota col violino.
Poi un’altra.

E’ vero. E’ vero!

Imitando la voce di Adolf Hitler.

Eravamo lì a scrivere la storia a credere in un progetto a dimenticare di essere mortali a organizzare la vittoria a realizzare il sogno ad innalzare il mito della razza a preparare l’assalto finale a trovare la soluzione a…

Cade in ginocchio.

E lo sapevamo che avremmo vinto
perché chi è nel giusto vince sempre.
E lo sapevamo che ci avrebbero detto sì
perché chi è forte convince sempre.
A chi è forte, a chi è il più forte.
Si dice sì. Si dice sì. Si dice sempre di sì.

Musica.
Quando Fritz tenta di suonare il violino ne escono suoni sgraziati. Ma a volte, basta che appoggi l’archetto sulle corde e si leva alta una chiara melodia, pezzi per violino della tradizione tedesca.

Dicono dicono.
Credono che parlarne adesso sia bene.
Credono di poter spiegare tutto.
Professori… Professoroni.
Credono credono. Credono loro.
Era lì.
Lo vedete?
Lo vedete il tumulo. Il mucchietto di terra…
Era lì. Era tutto lì.

Chi avrebbe immaginato.
Chi avrebbe pensato
che sotto quei quattro sterpi,
che sotto quei poveri rami.

Chi avrebbe immaginato.
Chi avrebbe pensato
che sotto la pelle
che sotto i capelli.

Commosso.

Chi l’avrebbe detto?
Chi avrebbe immaginato.
Chi avrebbe pensato
che sotto quei quattro sterpi,
che sotto quei poveri rami
senza foglie…
sarebbe finito tutto lì…

Tenta di far parlare il suo violino, ma rinuncia subito, come se non avesse la forza.

Sul laghetto un gruppetto di anatre selvatiche. 
Le femmine hanno piume color autunno.
I maschi hanno…

Sforzandosi di ricordare.

Sul laghetto un gruppetto di anatre selvatiche.
Le femmine vestite di piume color autunno.
I maschi maestosi multicolori ariani fiori splendenti variopinti.

Anche nella casa dei miei genitori,
a Rheinsberg c’era una lampada così.
Una lampada uguale.
Una lampada da comodino.
E Lui, il nostro Fuehrer,
era illuminato da una lampada così.
Una lampada da comodino.
Il volto di lui. Una lampada da comodino.

Era il 23 aprile.
Albert Speer nel bunker.
Al cospetto del Fuehrer.
A congedarsi.
A congedarsi dal Fuehrer.
Sentimenti contrastanti.
Parlò di sentimenti contrastanti.

E quando roteavo i miei occhi intorno
e quando guardavo intorno…

Urlando
Gente che fuma dappertutto!
Bottiglie qua e là. Mezze vuote!
Rovesciate qua e là.
E il nostro Fuehrer. E il vostro Fuehrer.
Vi pare rispetto questo?
In piedi! In piedi!
Alzatevi quando il Fuehrer entra nella stanza.
Fate il saluto! Volete fare il saluto?
Alzatevi, Perdio!
Fate silenzio! Volete fare silenzio?
Perché nessuno si alza più quando arriva il Fuehrer?
Perché nessuno si azzittisce quando entra il Fuehrer?
Non si parla al cospetto del Fuehrer.
Non si parla se non interrogati.
Avete capito?
Si fa silenzio! Al cospetto del Fuehrer si fa silenzio!
Silenzio!!

Sussurrando.

Al cospetto del Fuehrer si fa silenzio. Silenzio. Sssh!

Con tono da proclama.

Per migliorare la base proteica
la popolazione si deve dedicare
alla cattura delle rane nei numerosi laghetti 
o corsi d’acqua, e il miglior modo per farlo
è servirsi di stracci colorati da trascinare
a pelo d’acqua nelle vicinanze delle rive.

Ride.

E Adolf Hitler, avete capito bene.
Sì, ho detto Adolf Hitler. Il nome che dovrebbe
far scattare il mondo sull’attenti.
Adolf Hitler a trascinarsi rasente i muri,
ingrassato, gonfio, stanco.
A trascinarsi rasente i muri.
Da una stanza all’altra del bunker,
con la sicurezza di essere stato tradito, 
di non essere stato capito,
di essere stato abbandonato
da quelli che aveva portato alle glorie degli altari.
Non per religione, camerati, non per religione.
Ma per credo, camerati. Per un credo ancora più profondo.

Imitando un subordinato.

Perché, mein Fuehrer, i rapporti sugli umori della popolazione,
che sono stati redatti a cura del servizio informazione della Wehrmacht…
Perché, mein Fuehrer, registrano un forte aumento delle forme di depressione
e della straripante tendenza a discutere dei modi più sicuri per suicidarsi?
Perché, mein Fuehrer?…

Urlando.

Nooo!
Non è vero.
Non ho mai sentito una domanda così.
Codardi e traditori!
Non ho mai sentito una domanda così.

Mi dica, mein Fuehrer.
Che succede là fuori?

Imitando Hitler.

L’armata Wenck, ormai giunta nei pressi di Potsdam,
si sta apprestando a infliggere all’Armata Rossa un colpo devastante.
L’armata Wenck costituirà la salvezza del Terzo Reich.
E anche gli Americani concentrano reparti di paracadutisti al di là dell’Elba 
per dare aiuto alla Wehrmacht nella lotta contro l’Armata Rossa.

Gli Americani. L’Armata Rossa. La Wehrmacht.
Le nostre speranze.
E quell’aria mefitica del bunker.
E l’ossessionante rumore dell’impianto di areazione.
Io c’ero. Sì, io c’ero.

E i visi cupi dei compagni di avventura.
E i visi lividi grigi dell’elite del popolo tedesco.
E i sogni che mi perseguitano ancora. Tutte le notti.
E i visi cupi dei compagni di sventura.
E se una notte non sogno ho paura di essere morto.
E devo sognare. Devo.
Perché io ci sono stato. Perché io c’ero.
Perché io ci sono stato. Perché io ero là.
Io devo sognare. Devo vedere. Vedere quello che ho visto.
Per i secoli dei secoli.
I Secoli dei Secoli.
Con le brigate. Con i camerati. Con le luci.
Con le schiere degli angeli e gli arcangeli.
Nell’alto dei cieli. Oltre le nuvole.
Devo.
Devo vedere ancora e ancora.
Quello che ho visto.
E un giorno, quando chiuderò gli occhi.
Devo portare con me le parole, le visioni, le voci, 
i colori di chi ha fatto la storia.
E quando chiuderanno il coperchio della bara,
fra le mani giunte, fra le mie mani pallide,
porterò una croce uncinata, il rosario dei miei giorni.
Fra le mie mani giunte
una svastica nera
il mio rosario
una svastica nera.

Lunga pausa.

Ancora imitando Hitler.

Io sono un Fuehrer fino a che posso effettivamente guidare.
E non posso certo pretendere di fungere da guida andando a sedermi da qualche parte in montagna…
Personalmente mi è insopportabile l’idea di far fucilare altri per cose che finirei col fare io stesso.

Con violenza.

Io non sono venuto al mondo per essere ridotto a difendere il Berghof.
Ecco che cosa rispondo a chi mi consiglia di ritirarmi in montagna.
Vincere e stritolare le truppe nemiche. Annientarle.
O morire. Morire. Morire.

Più calmo.

E se l’idea basilare è fallita, la mia idea basilare.
L’idea basilare dell’alleanza anglo-tedesca, tutto è dipeso dall’Inghilterra e dai dinieghi di quell’ubriacone ebreizzato mezzo americano di Churchill.
Se così fosse stato, il regno insulare si sarebbe potuto dedicare con tutte le energie alla conservazione e al benessere dell’impero, mentre la Germania, la nostra Germania, con le spalle al sicuro, si sarebbe dedicata alla sua missione, all’obiettivo della mia vita e alla causa dell’affermarsi del nazionalsocialismo: l’annientamento
del bolscevismo.

Urlando.

In fondo noi eravamo condannati alla guerra.

Si asciuga il sudore con gesti da militare.
Scatta sull'attenti come se qualcuno l'avesse sorpreso in atteggiamenti 
non consoni al suo ruolo.

Parte una musica di orchestrina da strada.
A poco a poco, le note, prima confuse, diventano riconoscibili.
E' l'inno nazionale tedesco.
"Deutschland ueber alles" suonato da una banda di paese.

C’è un tumulo mortuario sul bunker del Fuehrer.
C’è chi dice che loro si diano appuntamento ancora là.
Ma se fosse vero.
Ci andrei anch’io all’appuntamento.
Puntuale.

L'inno della grande Germania trionfa ora nella sua solennità.
Di colpo la musica tace.

C’è chi dice che le ossa del Fuehrer si siano polverizzate subito, 
dopo essere state bruciate.
Le ossa del Fuehrer e di Eva Braun.
La signorina Braun.
Forse è stato meglio così.
Per non essere insudiciate da mani.
Da mani. Non all’altezza.
La signorina Braun. Diventata signora il suo ultimo giorno di vita.
La signorina Braun.
Ancora sento la sua voce.
La signorina Braun.

Si ricorda di far stridere le corde del suo violino.
Con grande impegno prova a passare l’archetto sopra le corde.

E l’impianto di areazione e i giorni tutti uguali 
E la luce livida che batte sui volti lividi.
E la voglia di sole.
E il bisogno di sole.
E la voglia di aria.
E il bisogno di aria.
E di notte a mettere la testa fuori.
Correre fuori da quel tugurio.
Correre fuori da questo tugurio.
Fare i gradini a due a due di corsa.
Di corsa in salita.
E sbucare nella notte di Berlino.
Berlino schiaffeggiata dalla guerra.
Ma la notte tedesca, anche annerita dagli incendi.
Anche sventrata dalle bombe.
E’ sempre la notte tedesca.

Anche la luna è luna tedesca.
Anche la luna è luna tedesca.
Scolpita, alta, bionda.
Luna tedesca. Scolpita.
Ho preso un coltello e l’ho tagliata.
Le ho fatto la bocca, il naso, gli occhi.
Ho disegnato la bocca, il naso e gli occhi
alla luna.

Ride.

Anche il vento parla tedesco.
Chiedigli se viene dalla pianura di Sassonia.
Povero idiota chiedi chiedi, parla parla.
Parla alla luna, parla al vento, vedi come ti rispondono.
Povero illuso.

Improvvisa commozione.

Ma poi di notte, sai, di notte.
Allora sì che le cose…
Ve lo giuro camerati.
Di notte la luna risponde.
No, la luna sorride. E’ il vento che risponde.
Sì. Sì, sono io. 
Sì, sono io che ti porto l’odore degli alberi di Sassonia.
Sono io che ti porto la polvere di casa tua.
La polvere delle rovine di Dresda
e le voci delle madri.
Le voci delle madri che si aggirano fra le pietre.
Fra le pietre annerite di fumo.
E gridano i nomi dei figli.
E chiamano i nomi dei figli.
Le madri di Dresda.
Gridano i nomi dei figli.
Finché hanno voce…

E le sirene.
Le voci delle sirene che cantano un inno di morte.
E la morte risponde e si aggiunge al canto.
E leva la sua voce più alta del coro.
Quando i figli tacciono.
I figli delle madri di Dresda.

Scoppia violentemente, per pochi secondi, l'inno tedesco, questa volta suonato da una vera grande orchestra.

E se l’avessi fatto?
E se non l’avessi detto?
E se avessi portato fino in fondo quello che dovevo fare?
Mi sono detto, vuoi essere un traditore?
Non l’ho fatto. Va bene? Non l’ho fatto.
E allora?
Non si può cambiare idea. Perdio. Non si può cambiare idea?
Cambiano idea i capi…
E noi? E noi che capi non siamo. Noi poveri disgraziati…
non possiamo pensarci su?
Noi. Noi poveri diavoli, non possiamo ripensarci?
O traditore. O due volte traditore. 
Questa è l’alternativa.
O traditore. O due volte traditore.
Traudl la segretaria a dirmi. Sì, è vero, noi siamo vivi,
ma quanta gente è morta…
E allora? E’ colpa mia se sono morti?
Perché? Non ne morivano lo stesso?
Sta a vedere che adesso la causa di tutto è il violinista.
Il violinista Fritz. Il postino. Il postino del Fuehrer,
che suona il violino.
Suona per me, Fritz, fammi svagare.
Suona per noi, Fritz, facci ballare.

Quando ci hanno portato a vedere
il lager avevo ancora quella melodia in testa.
Un motivetto boemo.
E più mi ronzava in testa più volevo vomitare.
Ma che, è colpa mia se li hanno ammazzati.
Se li hanno ammazzati qualcosa dovranno avere 
pur fatto anche loro…
I Giudei qualcosa avranno pur fatto…
Non lo posso dire. Perché quando lo…
Quando lo penso vedo gli occhi di tutti 
diventare cattivi.
Eppure allora… non lo diventavano… cattivi.
Ora gli occhi di tutti diventano cattivi.
Anche quando solo lo penso che… i Giudei…
E allora dico. Boh… Chissà… La storia.
Boh… Chissà…
Sono cose grandi.
Sono cose troppo grandi per noi.

Ma poi sento il violino.
Sento il violino suonare.
Prima non è il mio violino e poi diventa il mio violino.

Comincia a girare come una trottola.

Sento il violino suonare. 
E la figlia della signora Stein scende in strada a ballare.
E sento il violino suonare.
E la ragazza comincia a ballare.
E’ bella Miriam e balla con Abraham, il figlio di Schwarz.
E ballano insieme.
E volteggiano insieme.
E mi gira la testa.
E la signora Stein viene giù con il colletto inamidato.
E il signor Schwarz ride.
E i ragazzi ballano.
E il figlio piccolo della signora Stein dice anch’io anch’io.
No, tu hai quattro anni.
No tu dopo mangerai la composta di lampone.
E la ragazza balla. E la ragazza…
E il ragazzo la fa ballare.
E la signora adesso basta che torna tuo padre.
E la ragazza mamma per favore ancora un po’.
E il bambino anch’io anch’io.
E io suono e tutti mi sorridono e il sole è d’oro.
E io suono e l’aria è fresca di primavera e le foglie tremano
le foglie di tiglio.
E poi… 
Poi la madre la ragazza il bambino il ragazzo il signore la madre la ragazza il bambino il ragazzo il signore mi vengono addosso e mi guardano e mi chiedono ma non mi chiedono perché non parlano e poi si sgretolano e cadono polvere.
Cadono perché sono diventati polvere.
Si afflosciano. Cadono. Polvere.
Come le ossa di Hitler. Polvere.
Cadono a terra polvere.
E la polvere vorrebbe chiedermi qualcosa.
Ma non lo fa perché non ha la bocca.
E la polvere vorrebbe essere carne per chiedermi qualcosa.

E cadono perché sono polvere.
Perché la polvere cade.

Come le ossa carbonizzate del Fuehrer e della signorina Braun.
Cadono perché sono polvere.
Come la signorina Braun.
La signorina Braun. 
Diventata signora il suo ultimo giorno di vita.

Con un filo di voce.

La signora Stein. Con il colletto inamidato.

Fritz tenta di strimpellare qualche nota di una marcetta, poi lascia cadere e il violino e si protende verso il nulla, come a origliare una conversazione dietro una porta immaginaria.

Zitta tu.
Devo sentire. Voglio sapere. Devo sapere.

A voce bassa.

I Russi sono arrivati all’inizio della Wilhelmstrasse.
Combattono.
Fanno la guerra casa per casa.
Combattono. In Potsdamer Platz.

Io non li leggo i dispacci.
Io non le leggo le lettere.
Li consegno e basta.
Credimi Traudl, tu sei una buona segretaria.
Credimi Traudl, tu sei segretaria.
Io sono postino. Io non leggo i dispacci.
Ho portato il dispaccio.
L’ho preso. L’ho ritirato sulla porta del bunker.
L’ha portato un ragazzino.
Io li consegno i dispacci, non li leggo.
Io so rispettare le consegne.
Se uno diventa…
Se uno diventa il postino del Fuehrer 
qualcosa dovrà pur valere, no?

Zitta Traudl, ora stai zitta.
Ora leggono il dispaccio. Ora lo leggono il dispaccio.
Adolf Hitler urla. Lo senti Traudl?
Fammi ascoltare. Ora stai zitta!

Siamo perduti Traudl. E’ tutto finito.
E smetti di dire…
E smetti di dire se avessi fatto…
Se fossi stato zitto…
Che cosa potevo fare poi.
Io… credevo di fare bene così…

Himmler ha tentato di avviare trattative separate con il nemico.
E’ disposto alla capitolazione.
Himmler traditore.
Traditore anche Himmler.
Himmler traditore!

Il Fuehrer distribuisce i doni, cara Traudl.
I doni per i fedeli collaboratori.
Forse ci saranno doni anche per noi, cara Traudl.
Un buon Fuehrer distribuisce doni.
Per i coniugi Goebbels.
Per i loro sei bambini.
Sei creature celesti.
Sei angeli biondi.
Sei piccoli ariani.
Un buon Fuehrer distribuisce doni.
E’ stata la laloro mamma a volere così.
Sei angeli del cielo.
Cara Traudl, hai visto Hanna Reitsch?
E Greim? Cara Traudl, hai visto Greim?
Hanno ricevuto i regali. Hanno ricevuto i regali.

Batte le mani con slancio infantile.

Hanno ricevuto i regali.
Hanna Reitsch, Greim e Goebbels
hanno ricevuto i regali.

Di colpo triste.

Quelle che tenevano in mano… cara Traudl…
erano fiale di veleno.

Imita la voce di Hitler.

Tenere le posizioni a ogni costo!

Urlando.

Tenere le posizioni a ogni costo!!

Cara Traudl, l’altra notte ho sognato una tavola imbandita.
C’erano due segnaposto. Una cena a due. Una cena raffinata.
C’erano due segnaposto. 
Su uno c’era scritto “il postino”. 
Sull’altro c’era scritto “la segretaria”.
E seduti al tavolo c’eravamo noi due, cara Traudl.
Noi due da giovani.
Proprio come eravamo allora.
Tu avevi un vestito giallo oro.
Sulle bottiglie dello champagne
c’era un’etichetta nera.
Un’etichetta nera con un teschio disegnato.
Due grandi bottiglie di cianuro.
Su una c’era scritto “il postino”.
Sull’altra c’era scritto “la segretaria”.
Cara Traudl… Il postino… La segretaria…

E’ palesemente stanco. Si siede a terra vicino al violino.

E io?
Io che posso fare?
Ditemi. Ditemi che cosa posso fare?
Posso fare quello che faccio. Ecco che cosa posso fare.

Si alza in piedi.

Io ho visto la fine del mondo.
E adesso ci penso.
Ci penso sempre alla fine del mondo.
Io l’ho vista la fine del mondo.
E cammino. E vado a camminare.
Io l’ho vista la fine del mondo.
Berlino non immagina quello che ho visto io.
Cammino cammino cammino cammino.
Numero 45 di Bleibtreustrasse. 
C’è una piccola pensione.
Faccio un giro.
Poi torno lì da dove sono partito.
Torno sempre lì. 
Una piccola pensione con le tendine ricamate alle finestre.
Torno sempre lì. Faccio un giro.
Un largo giro a cerchio.
E poi torno sempre lì.
Il rumore delle posate sui piatti.
Il fascio di luce a strisce dalle persiane chiuse.
Berlino è seduta a cena attorno a tavoli fumanti di purè.
La cena. 
Io faccio la ronda.
Un largo giro a cerchio.
E svolto l’angolo, un vicolo vicino al Tiergarten.
E svolto l’angolo.
E mi vengono incontro i morti.
La schiera dei morti. L’esercito dei morti.
I morti vogliono bene ai vivi.
La schiera dei morti. L’esercito dei morti.
Noi ci capiamo. Io e i morti. 
I morti capiscono il postino Fritz.
I morti ascoltano la musica del postino Fritz.
I morti in libera uscita. I morti in plotone.
Il cane Blondi pastore tedesco segue i morti.
Noi, la nostra grande Germania. Una fabbrica di morti.
E i morti parlano. A volte discutono.
Fanno le carezze a Blondi e ai suoi cinque cuccioli.
Il pastore tedesco del Fuehrer. 
Blondi che ascoltava le confidenze del Fuehrer.
I morti in libera uscita. I morti in plotone.
I morti mi chiedono. Vogliono sapere.
Postino Fritz, che c’è di nuovo?
Ma nessuno mi dà torto.
Dicono, ti sei sbagliato, e allora? Non ci si può sbagliare?
Dicono, ti sei sbagliato. Ma tu ci credevi, che colpa hai?
Tu hai eseguito gli ordini. Che colpa hai?
E’ bello parlare coi morti.
Che colpa hai?
I morti con i loro bottoni d’oro.
I morti ti capiscono.
I morti dicono, che colpa hai?
I morti bambini.
I morti.
I morti adulti. 
Le donne morte.
I morti.
Con i loro cappotti larghi.
I morti hanno sempre freddo. I morti.
Con i loro cappotti larghi grigi sdruciti.
I morti tutti insieme. I morti hanno capito tutto.
Con le uniformi della Wehrmacht. O con le stelle di David.
I morti si vogliono bene. Si vogliono tutti bene.

Sono salito su una barca. L’isola dei morti.
Una barca con una figura coperta da un drappo. 
Io coperto da un drappo.
Una barca. Che si avvicina e si allontana dall’isola dei morti.
Una notte. La notte… 
Sempre avanti e indietro dall’isola dei morti.
Il quadro nella stanza del Fuehrer,
la stanza di sopra, nel palazzo.
Nel palazzo della Cancelleria.
L’isola dei morti.
Io sulla barca. Avvolto nel drappo.
Sono salito sulla barca e ho detto
Mein Fuehrer. Ho detto, mein Fuehrer…
per ogni evenienza… se avete bisogno di me…
ho detto… a disposizione
ho detto… a disposizione
chiamatemi mein Fuehrer, chiamatemi.
E Fritz il postino salirà sulla barca.
Con la sua svastica fra le mani.
E verrà a servirvi. Con la sua svastica fra le mani.
E’ arrivata una lettera, mein Fuehrer?
Fritz ve la porterà.
E’ arrivata una lettera, mein Fuehrer?
Fritz ve la recapiterà.

L’isola dei morti.
Il quadro più bello…
Arnold Boecklin. Il pittore più grande.

Porta alla bocca la mano che stringe un invisibile boccale.
Si pulisce la bocca dall'invisibile schiuma di birra.

Io sono Fritz.
Fritz il postino. Fritz il violinista. Fritz il povero diavolo.
E ogni giorno a dire. Hai fatto bene… Hai fatto male…
E’ successo così. E’ destino, mi dico.
Fritz, è toccato a te.
E tu che dovevi fare?
Sei stato lì dove il destino ti ha messo.
Come quando ho fatto fuori Blondi.
Blondi il pastore tedesco Blondi il cane più bello.
Il Fuehrer mi ha detto falla fuori
e io l’ho fatta fuori.
Il Fuehrer amava Blondi.
Non avrebbe permesso che cadesse in mano nemica.
Blondi e i suoi cinque cuccioli.
In mano nemica mai…

Non vedo l’ora di confondermi fra i morti.
Il viaggio è ormai finito caro Fritz.
Il viaggio è ormai finito cara Traudl.
Gertraud Junge, la segretaria del Fuehrer.
Gertraud Junge, detta Traudl.
Ci sederemo a prendere il caffè al bar dei morti.
Io e te cara Traudl. Tu e io cara Traudl.
E i cinque cuccioli di Blondi 
A scodinzolarci intorno.

Non vedo l’ora di confondermi fra i morti.
Mi siederò al margine della platea.
Dietro i coniugi Goebbels.
Traudl cara raccontami la storia della fedeltà di Magda Goebbels.
La fedeltà di Magda Goebbels.
Una storia bella come una favola.

Sognante.

La fedeltà di Magda Goebbels.
Al suo Fuehrer e al suo Reich.
E’ passata fra i morti accanto al suo grande marito.
Portando per mano i suoi angeli biondi.
Per mano.
I suoi angeli biondi.

Una ninna nanna antica, due o tre campanellini tremano.

Quando gli aironi si alzano in volo.
Quando passano sopra il tumulo.
Il tumulo del bunker.
Qualche volta ci penseranno?

Quando un temporale si abbatte 
sul Tiergarten e le cicogne si spaventano
e volano via, sopra la città.
Qualche volta ci penseranno?

Torna a camminare con atteggiamento marziale.

E’ inutile pensare: che cosa sarebbe successo?
Ero lì. Ero al cospetto del Fuehrer. 
Avevano scelto me.
Avevano designato me. 
Eppure io amavo tanto il Fuehrer e loro lo sapevano.
Loro lo sapevano.
Mi avevano detto dagli la lettera.
La lettera piena di esplosivo.
Io sapevo o non sapevo?
Non lo so. Non lo voglio dire.
Non lo voglio dire.
Io gliel’ho data e poi no.
Poi no, me la sono ripresa.
E l’ho buttata ed è esplosa lontano.
Solo un grande fracasso.
Il Fuehrer ha pensato che istinto.
Che istinto questo Fritz. Che patriota.
E io niente niente mein Fuehrer è solo dovere.
Il Fuehrer già sfuggito all’altro attentato.
Il grande attentato.
Quello dei libri di storia.
Quello del Luglio ’44.
Se avessi fatto. 
Se non avessi fatto.
Se avessi detto.
Se non avessi detto.
Perdio! Non si può cambiare idea?
Anche i capi cambiano idea.
Basta Traudl, non ne voglio più parlare.
E’ andata così.
Non ne voglio più parlare!
Questo è il mio compito.
Il compito della mia vita.
Restare qui seduto tutta la vita.
A dire a pensare se avessi fatto se avessi detto
Se non avessi fatto se non avessi detto.

La musica diventa sempre più potente e mano a mano si confonde con le parole di Fritz. Un rap tragico o un melodramma moderno.

E Margarethe, la sorella di Eva Braun ha sposato Fegelein e il Fuehrer ha condannato a morte Fegelein. E Hitler ha salutato tutti e hanno mangiato per l’ultima volta e lei voleva vedere il sole e poi è tornata dentro e si sono chiusi nella camera e li hanno trovati così e li hanno portati nel cortile e hanno dato fuoco ai corpi. Mai come Mussolini appesi in piazza mai! E Magda Goebbels a urlare no forse ci si salva tutti e poi no il Fuehrer la scaccia e allora tutti in cielo presto in carrozza bambini portate pure le bambole si va tutti in cielo. 
E dopo di noi nessuno dopo di noi niente. 
Solo un ammasso di macerie annerite il mondo è finito è finito è finito è finito è finito.

La musica tace di colpo.

Sento ancora la voce della signorina Braun.
Eva Braun.
La signorina Braun.
Diventata signora il suo ultimo giorno di vita.