Enuma-Elish

Dramma in un atto di

Gianandrea De Antonellis



Personaggi

MURDOCH un uomo di mezza età 
HERBERT un po’ più giovane
LEONZIO più giovane degli altri due

Scena
Una sala sotterranea. Sullo sfondo: a sinistra un portellone che si apre a circa un metro da terra, affiancato da una pulsantiera ed una leva; al centro una porta ignifuga, sopra la quale c’è un cartello con la scritta CENTRO DI SOLUZIONE - SEZIONE 515; a destra il portellone di un montacarichi di fronte al quale sta una barella; di lato a sinistra un appendi-abiti con un paio di giacche. In alto enormi tubature attraversano il soffitto.

SCENA I
Buio. Forte rumore: il motore di un aspiratore. La luce al neon si accende non improvvisamente, ma lampeggiando. Herbert e Murdoch – ambedue in camice, sotto il quale portano pantaloni scuri e camicia chiara senza giacca – si staccano dalla parete di fondo, dove hanno appena finito di armeggiare intorno al portellone di sinistra. Una spia luminosa lampeggia. 
HERBERT [schiaccia un bottone, la spia si spegne mentre si sente un rumore come di un aspiratore] Fatto! [sbatte le mani come se volesse scuotere la polvere. Quindi si rivolge all’altro, mentre si toglie il camice arrotolandolo] Ma ne sei sicuro?
MURDOCH [ostentando calma mentre si toglie il camice e lo appende accuratamente all’attaccapanni di sinistra] Sicurissimo, ti dico!
HERBERT Mi sembra impossibile…
MURDOCH [c. s. ] Eppure è così. 
HERBERT Erano… come noi?
MURDOCH Più o meno. 
HERBERT [scuote la testa] Mi sembra impossibile…
MURDOCH [c. s. ] Ti ripeti. 
HERBERT E… che dicevano?
MURDOCH Mmh… non ricordo perfettamente…
HERBERT Non ricordi?! Ti trovi di fronte a due come noi – un evento eccezionale, visto il luogo – e non ricordi cosa si sono detti, quello che hanno fatto!?
MURDOCH [ha terminato di mettere a posto il camice e si volta verso l’altro, sentenzioso] Appunto perché sono rimasto sorpreso dalla loro presenza, laddove meno li aspettavo, non ho prestato particolare attenzione a quanto dicevano… [con sufficienza, alzando le spalle] Ero un po’ provato, stavo lì da quattro ore, quando d’improvviso mi sono comparsi davanti ed io sono rimasto, per così dire, [cerca per un istante la parola] abbacinato dalla loro presenza. Tutto mi attendevo, tranne che di incontrarli là! Per questo mi sono distratto, non ho seguito perfettamente il loro dialogo. Comunque…
HERBERT [interrompendolo] Comunque…?
MURDOCH [leggermente spazientito, lanciandogli un’occhiataccia] comunque… [normale] mi sembra che parlassero di problematiche morali… legate al tema del suicidio…
HERBERT [sbuffando] E ti pareva!
MURDOCH [insofferente] …e poi si proponevano alcuni indovinelli. 
HERBERT [con stupore] Indovinelli?
MURDOCH [leggermente seccato] Sì, indovinelli, indovinelli. 
HERBERT Scusa… non ho ben capito: prima dibattono di alte questioni religiose ed etiche e poi si fanno banali… indovinelli?
MURDOCH [c. s. ] Esattamente. 
HERBERT È… assurdo!
MURDOCH Già, assurdo: come tutto, del resto. Perché vuoi trovare una logica coerente dappertutto?
HERBERT Capirai, la prima – se non unica – volta in cui due come noi giungono in un posto simile… mi aspetterei qualcosa di importante, di memorabile… Capisco discutere del suicidio (anche se forse è un po’ banale, ammetterai…) ma mettersi a proporre indovinelli, sinceramente… Mica sono bambini!
MURDOCH [con calma] Innanzitutto non mi sembra “banale” che, in occasione del suicidio di una persona tanto in vista – era pur sempre la figlia di un alto funzionario – tutti e di conseguenza (o a maggior ragione) due come noi – due “del mestiere”, intendo – parlino di suicidio – di quel suicidio. [più veloce, tagliando corto] E poi le dispute con indovinelli sono normali, anche nel mondo degli adulti, almeno nelle saghe nordiche: [breve pausa, poi con concitazione, guardando l’altro, abbastanza incredulo] pensa a Wotan e Mime, nel primo atto del Siegfried…
HERBERT [spazientito] Cosa c’entrano adesso Wagner e le saghe nordiche!?
MURDOCH Come cosa c’entrano? Siamo in quel mondo lì, no? [Herbert lo guarda dubbiosamente] Comunque… si vede che a lui… che a loro sembravano normali. Gli indovinelli, dico. 
HERBERT Già… [breve pausa] Mah! Saltare così… di palo in frasca…
MURDOCH [con leggerezza] Che ci vuoi fare: è la vita…
HERBERT [distratto, quasi automaticamente] Oppure la morte…
Pausa. 
HERBERT [guarda l’orologio] È in ritardo. 
MURDOCH [accennando un sorriso] Dal suo punto di vista è fin troppo in anticipo…
HERBERT [piccato] Dal nostro punto di vista, invece, è in ritardo. [si agita] Non credevo che potesse succedere. 
MURDOCH Cosa non credevi?
HERBERT Che loro ci facessero aspettare così a lungo… [quasi timoroso] Non vorrei che fosse capitato qualcosa…
MURDOCH Cosa?
HERBERT Non lo so… un intoppo, un problema…
MURDOCH [conciliante] Che te ne importa, tanto non siamo pagati a cottimo… 
HERBERT Proprio per questo mi preoccupo: [nervosamente, quasi sottovoce] non mi piace stare così, con le mani in mano, come se rubassi lo stipendio. E non piacerebbe neanche [fa un gesto con il pollice] a loro. 
MURDOCH Cerca di considerare il lato positivo. 
HERBERT Quale?
MURDOCH [alzando le spalle] Abbiamo il tempo di parlare, di discutere…
HERBERT Di che?
MURDOCH Di tutto: della vita, della morte… anche del teatro, sì, [con un certo compiacimento, soffermandosi sulle parole] del quotidiano dramma della vita e della morte. 
HERBERT Ti ha proprio colpito quella rappresentazione, non c’è che dire…
MURDOCH Capirai, non capita tutti i giorni…
HERBERT [interrompendolo bruscamente] L’hai già detto. Adesso sei tu a ripeterti. 
MURDOCH [seccato] Pardon! Mi sembrava che fossi tu a voler sapere tutto: cosa avevano detto, cosa avevano fatto, come si erano mossi…
HERBERT Scusa, scusa; non volevo offenderti. 
MURDOCH [alza le spalle, girandosi dall’altra parte]
HERBERT [con voce dolce] No, dai, non fare così. Scusami. Non volevo offenderti, davvero. Perdonami. [l’altro tace. Herbert si alza, ma Murdoch gli volge le spalle. Alla fine Herbert si arrende] Va bene. Ho capito. Ti sei offeso. Basta, lasciamo perdere. Non ti chiederò più niente. 
Herbert estrae dalla tasca di una giacca appesa a sinistra un libretto e si mette a leggere. Murdoch emerge dal suo stato di disinteresse, piccato dal fatto che l’altro non gli rivolga più una parola. Lo richiama con qualche “oh!”, ma Herbert finge di non sentirlo. Soggetto. 
MURDOCH Non sono offeso. [pausa] Non sono offeso: sono seccato dalle tue continue interruzioni. È… è una cosa che non sopporto, quella di essere interrotto. Te lo ho già detto prima. 
HERBERT [fingendo disinteresse e continuando a leggere] Sì, scusami, hai ragione. [gira una pagine] Non ti disturbo più: niente domande, niente interruzioni. 
MURDOCH Ma… non vuoi sapere che cosa si sono detti?
HERBERT [fingendo disinteresse] Non ti preoccupare. Non voglio infastidirti. Scusami ancora per prima. 
MURDOCH Veramente mi sembravi molto interessato…
HERBERT [c. s. ] Non voglio disturbarti. E poi, hai detto tu stesso che non hai ascoltato con attenzione, che sei rimasto [con enfasi] “abbacinato”, quindi presumo che non abbia sentito alcunché…
MURDOCH Sì, no… aspetta… È vero che al principio sono rimasto colpito dal loro arrivo, ma poi… poi ho prestato molta attenzione a quanto dicevano: non ti interessa?
HERBERT [con un finto sospiro] Beh, prova a dire… [appena l’altro inizia a parlare, poggia velocemente il libro a sinistra, dove capita, e presta particolare attenzione]
MURDOCH Allora… dopo la discussione sul suicidio si sono proposti un paio di indovinelli; quindi uno dei due se ne è andato…
HERBERT [interrompendolo] E perché?
MURDOCH [lanciandogli un’occhiataccia, spazientito] Per andare a prendere qualcosa da bere… [normale] Intanto è giunto il Principe con un amico e hanno rivolto a quello che era rimasto alcune domande. Dapprima le risposte sono state scherzose, come capita di solito in queste scene di passaggio… [Herbert annuisce] poi sono scesi in particolari riguardanti la nostra professione…
HERBERT [interessatissimo] Ah, sì? Dimmi tutto!
MURDOCH [seccato dall’ennesima interruzione] Sì, lo stavo appunto per fare… [normale] Hanno discusso di quanto tempo ci mette un corpo a decomporsi. [smorfia di disgusto di Herbert] Che c’è, non ti sembra un argomento adatto ad una signorina come te?
HERBERT Non voglio dire questo, la tua ironia è del tutto fuori luogo. Ribadisco il concetto che ho espresso prima: banale. 
MURDOCH Banale?
HERBERT Certo: mostri due avvocati e li fai parlare di leggi; due boia e li fai disquisire sul migliore metodo per troncare la testa ad un malfattore; due contadini discuteranno solo dei tempi della semina e i pastori esclusivamente di armenti… o di poesia. Non ti sembra scontato?
MURDOCH Ma nella vita è sempre così! I contadini parlano di raccolto, gli avvocati di legge, i pastori di pecore e capre – al massimo di formaggi o di poesia… sarebbe assurdo che accadesse il contrario, che so? Immagini un giudice o un notaio presi a discettare sui tempi della vendemmia oppure sugli endecasillabi di un sonetto?
HERBERT Nella vita, appunto. Ma io non vado a teatro semplicemente per vedere riproposte le vicissitudini della vita. Se ho voglia di quotidianità leggo un giornale, non un romanzo. La letteratura deve servire a farmi evadere, no? A trarmi dal grigiore dell’imperante monotonia. Deve parlarmi… che so? Di cavalieri, di castelli…
MURDOCH [tra sé] Sì, di cavoli e di re…
HERBERT Sul palcoscenico sale uno come noi, un cancellatore. Meraviglioso! Finalmente può dimostrare che non siamo buoni solo a maneggiare involucri corporei usati… e invece, di che discute? Di suicidio e di decomposizione!? Bella fantasia! E questo sarebbe il massimo drammaturgo?
MURDOCH [con sufficienza, alzando le spalle] Così dicono…
HERBERT Ma poi, spiegami una cosa: com’è che non se ne parla mai?
MURDOCH Di che?
HERBERT Dei due cancellatori. 
MURDOCH Perché li chiama becchini, usando i termini di un tempo. Anzi, si limita a definirli: “due clown con vanghe e zappe”. 
HERBERT No, voglio dire: ¿perché è stata una sorpresa – per te come per me – venire a sapere che ad un certo punto…
MURDOCH Al quinto atto, per esattezza. 
HERBERT Che al quinto atto compaiono in scena due cancellatori? Dico, è tutt’altro che un’opera sconosciuta, eppure non si sapeva affatto. 
MURDOCH Perché di solito viene rappresentata con molti tagli, così si perdono le parti, diciamo così, secondarie. 
HERBERT Ah…
MURDOCH [rifacendogli il verso] Eh…
HERBERT Beh… visto quello che si sono detti, non è un grande perdita…
MURDOCH [alzando le spalle] Mah!…
Pausa. 
HERBERT Senti, sempre a proposito dell’Amleto, mi viene alla mente una sua trasposizione particolare: la tragedia vista da personaggi minori…
MURDOCH Sì, Rosencrantz e Guildenstern sono morti, la conosco bene…
HERBERT No, no: non quella. La tragedia del Principe di Danimarca vissuta attraverso gli occhi del cancellatore che, scavando la fossa per Ofelia, disseppellisce Yorick. 
MURDOCH È la scena che dicevo io!
HERBERT Sì. Ma tu hai parlato di due cancellatori. Io pensavo che ce ne fosse al massimo uno, quello che trova Yorick, e che non aprisse quasi bocca!
MURDOCH È per via dei tagli, come ti ho detto. 
HERBERT Beh, ti stavo dicendo: in questo caso tutta la vicenda sarebbe stata vista attraverso quel solo cancellatore. Senza altri personaggi, capisci? Solo lui sulla scena, dal principio alla fine! Che ne dici?
MURDOCH Questa mi pare davvero incredibile: e dove hai assistito ad una simile rappresentazione?
HERBERT Non vi ho mai assistito. 
MURDOCH Ma hai appena detto…?
HERBERT Ho detto che mi veniva alla mente. 
MURDOCH Te la sei immaginata, insomma. 
HERBERT No, è diverso: ricordo un lavoro teatrale in cui un personaggio – se non sbaglio era proprio un vespillone…
MURDOCH Un che?
HERBERT Un necroforo. [l’altro aggrotta le ciglia] Sì, insomma, un cancellatore. 
MURDOCH [soddisfatto della risposta] Ah!
HERBERT …il quale proponeva una elaborazione del testo shakespeariano nel senso che ti ho detto. 
MURDOCH [con enfasi esagerata] Ah! Teatro nel teatro!
HERBERT Sì e no. 
MURDOCH Sì e no?
HERBERT Una simile messa in scena rimaneva un suo sogno, un sogno che non sarebbe mai stato capace di realizzare. 
MURDOCH Potremmo farlo noi. 
HERBERT A che scopo?
MURDOCH Così, per passare il tempo. 
HERBERT Ti piace proprio il teatro…
MURDOCH Che ci vuoi fare… è destino. 
HERBERT Destino?
MURDOCH Certo. Per due come noi è destino. 
HERBERT Dove vedi la mano del destino nell’amore per il teatro in due come noi?
MURDOCH Scusami, tu sei sposato?
HERBERT Ma cosa c’entra?
MURDOCH Al tempo. Rispondimi, per favore: sei sposato?
HERBERT No, te l’ho già detto. È la prima cosa che mi hai chiesto appena sono arrivato. 
MURDOCH [accomodante] Certo. Non lo sono nemmeno io. Sei fidanzato?
HERBERT [spazientito] No, non sono nemmeno fidanzato! Ma perché queste domande?
MURDOCH [calmo] Non ti arrabbiare. Piuttosto, ti sei mai chiesto perché? [Herbert alza le spalle] Non sottovalutare il quesito: cerca di dargli una risposta. 
HERBERT [si alza, innervosito. Si muove per la scena, teso] Non lo so… è che io… io non ci so fare… con le ragazze. La sera, anzi, la notte, quando finisco di lavorare, preferisco stare solo, fare un giro per le strade deserte, evitare di incontrare gente, di mischiarmi nel rumore, nel caos. Mi darebbe fastidio partecipare ad una festa caotica, dove ci si “deve” per forza divertire… Meglio starsene in pace, godere il silenzio…
MURDOCH [interrompendolo] Come se qui non ce ne fosse abbastanza…
HERBERT [poetico] No, è diverso: intendo silenzio vero, quello della notte, quello di un mondo che di giorno è vivo, si muove e che di notte si ferma per riposare. Mi piace passeggiare per le strade completamente vuote ed immaginare di essere in campagna, ai limiti di un bosco…
MURDOCH [tra sé] Sì, la “notte prima della foresta”…
HERBERT [continuando senza udirlo, evocativo] …per tornare a casa di solito compio una leggera deviazione e cammino lungo un marciapiede che costeggia una linea tranviaria: guardo le rotaie, affiancate dalla massicciata e immagino che siano un fiume, un fiume che scorre argenteo e silenzioso in mezzo ad argini di pietra. Per questo non mi ha mai pesato fare i turni di notte, proprio perché quando uscivo i mezzi non funzionavano più e potevo godermi la mia passeggiata. Anche con la pioggia, o con il freddo. 
MURDOCH E poi?
HERBERT [normale] E poi il solito: giunto a casa ceno velocemente, faccio un po’ di ordine e quindi mi metto a leggere. 
MURDOCH A farla breve, non vedi mai nessuno… 
HERBERT No… che vuoi farci. Del resto le persone che conosco sono così banali, è difficile trovare argomenti comuni. Vedi: adesso sto leggendo alcuni romanzi del cosiddetto finis Austriae… 
MURDOCH Quel libro che leggevi prima?
HERBERT No, quello è il Poema della Creazione, l’Enuma-Elish. 
MURDOCH [aggrottando le ciglia] Enuma che?
HERBERT [scandisce] Enuma-Elish. Significa “Quelli di Sopra”. [fa un gesto con l’indice verso l’alto] 
MURDOCH [ripetendo il gesto automaticamente] Quelli di sopra? Come…?
HERBERT Già, proprio come… [ripete il gesto. Continua a parlare ostentando le nozioni che possiede] È il principale poema mitologico assiro-babilonese. Quello da cui è stato tratto il Genesi. 
MURDOCH Il Genesi? Vuoi dire che la Bibbia è copiata da un poema assiro-babilonese?
Mentre Herbert parla Murdoch ripete tra sé un paio di volte “Enuma-Elish”, quindi scuote la testa. 
HERBERT [con sufficienza] Anche da testi egiziani, se è per questo. [espressione stupita di Murdoch, che storce la bocca come per dire: “Non lo avrei mai pensato”] Sì, ha stupito anche me scoprirlo. Comunque, tornando a noi, letteratura mitteleuropea o mitologia babilonese che sia, credi che possa interessare a qualcuno? Qualcuno di quelli che conosco, intendo. Se ripenso alle persone che frequentavo prima di iniziare a lavorare, direi proprio di no: a meno di voler limitare i propri discorsi al campo delle donne, dei motori e del calcio… 
MURDOCH [con leggera ironia, non colta] Potresti provare a frequentare professori universitari…
HERBERT Quelli? Figurati! Se non fai parte del mondo accademico o non hai almeno un paio di lauree non perdono neanche un momento per considerarti… Meglio starsene da soli, te lo dico io. 
MURDOCH Però prima – voglio dire prima di iniziare a lavorare – frequentavi una compagnia, immagino. 
HERBERT [freddo] Adesso è dopo. 
MURDOCH Ma non puoi esser stato sempre da solo: avrai pur avuto una famiglia, un tempo!
HERBERT [scuro] Chiunque l’ha avuta. Un tempo. 
MURDOCH [quasi tra sé] Nessun parente, nessuna fidanzata, nessun amico… [a voce più alta] Insomma, se scomparissi, non se ne accorgerebbe nessuno! [l’altro alza le spalle] E perché hai smesso? [gesto interrogativo di Herbert] Di frequentare il tuo gruppo, intendo. 
HERBERT [alzando le spalle, più conciliante] Mah, non so… gli orari non me lo permettevano…
MURDOCH Hai i giorni liberi, però. 
HERBERT Devo badare alla casa…
MURDOCH Hai mai parlato a qualcuno, magari a qualcuno della tua vecchia compagnia, di questo lavoro? Pensaci bene. 
HERBERT [pensieroso] Mhhh… no… no… non ci giurerei, ma mi sembra proprio di no. 
MURDOCH Curioso, anch’io potrei dire lo stesso. Senti…
HERBERT Sì?…
MURDOCH Non è che – magari – ce ne vergogniamo un po’?
HERBERT [alzando le spalle] È un mestiere come un altro, forse non troppo remunerativo, ma comunque dignitoso…
MURDOCH [ironico] Come quello di impiegato, di operatore ecologico…
HERBERT [serio] sì… di idraulico, di infermiere…
MURDOCH [c. s. ] …di chirurgo, di avvocato…
HERBERT [c. s. ] …di giudice. 
MURDOCH E allora, perché non ne hai mai fatto cenno a nessuno? Sai cosa rispondo io quando qualcuno mi domanda del mio mestiere? Dico solamente: “lavoro al Ministero della Sicurezza”. Nessun’altra specificazione. Perché, secondo te?
HERBERT Mah, non so… forse i pregiudizi. 
MURDOCH Appunto. [risoluto] Senti, chiamiamo le cose con il loro nome: vergogna. Noi, semplicemente, ci vergogniamo della nostra attuale situazione. Tutto qui. Per questo preferiamo evitare contatti sociali; per questo preferiamo le vie solitarie oppure luoghi, in fondo, anonimi. È un po’ come scomparire. Io frequentavo il cinema, un tempo, adesso preferisco il teatro. 
HERBERT [ironico] Non mi sembra un luogo solitario. 
MURDOCH [leggermente piccato] Infatti ho detto anonimo, non solitario. Tu preferisci le strade vuote, io i “popolosi deserti”, attraversando i quali nessuno si sognerà mai di chiedermi ragione del mio modo di sostentarmi… Nel buio di una sala teatrale mi sento perfettamente a mio agio: sto a fianco di decine e decine di persone, ma non sono costretto ad instaurare rapporti con gli altri spettatori né a parlare con loro. È come se fossi uguale a tutti quelli che mi circondano, in quel momento. Divengo una persona qualunque, dimentico il lavoro. 
HERBERT E non ti capita mai di commentare con qualcuno lo spettacolo? [sarcastico] Correresti il rischio di stringere un’amicizia!
MURDOCH [senza raccogliere] No, no. Non c’è pericolo di sorta. La gente si intrattiene con la propria compagnia ed io esco sempre da solo. Ascolto, è vero, quello che si dicono, o almeno cerco di farlo, ma non intervengo mai nelle loro discussioni. Anche se mi fa piacere sentire giudizi che collimano con i miei. Mi sembra… mi sembra di essere… non so…
HERBERT [sarcastico] Come tutti!
MURDOCH [c. s. ] In un certo senso. Rientro nella normalità…
HERBERT [con superiorità] O nella massa…
MURDOCH Non riesco a capire se in questo termine ci sia più disprezzo o più invidia…
Herbert sta per replicare, ma viene interrotto da un rumore. È il motore del montacarichi. Si accende una luce sul pannello dello stesso. 
HERBERT [fregandosi le mani] Bene… finalmente si lavora!
MURDOCH Come vedi, non c’era che da aspettare! [carico] Anche oggi – come hai detto? Ah, sì: anche oggi Enuma-Elish ha pensato a noi. 
HERBERT [sprezzante] Hanno pensato a noi. Enuma-Elish è un plurale: “Quelli” di sopra. [sentenzioso] Sono i versetti iniziali del poema e ne costituiscono il titolo: perciò è improprio chiamarlo Libro della Creazione. Anche il Genesi, in realtà, si dovrebbe intitolare – e così gli Ebrei lo chiamano – Bereshît, dalle prime parole del testo, appunto Bereshît Bara Elohim, “In principio gli dei crearono”, in cui si nota il plurale… 
MURDOCH [interrompendolo sbrigativamente] Per favore: a più tardi la lezione di teologia comparata. Adesso prepariamoci. 
Si preparano, mettendosi i guanti, i grembiuli, le maschere. Il rumore cessa. La luce si spegne. 
HERBERT [immagina ciò che sta succedendo, mimando le azioni] Si è fermato. Adesso stanno aprendo il portello. [pausa] Infilano il corpo nel montacarichi [pausa] Lo assicurano perché non si muova nel tragitto. [pausa] Ora richiudono il portello. [pausa] Adesso lo mandano giù…
Fa un gesto come da direttore d’orchestra, ma non si ode alcun rumore del montacarichi. La luce rimane spenta. 
HERBERT Adesso… adesso… Sta partendo…
Ripete il gesto. Nessun rumore
HERBERT Ma che succede? [guarda l’orologio] Che fanno lassù? Quanto tempo ci mettono?
Murdoch si è messo a sedere, allentandosi il grembiule, mentre Herbert passeggia nervosamente. 
HERBERT Ma… ma ti rendi conto? Io… io non capisco! A che gioco stanno giocando?
MURDOCH [calmo] Ma di che ti preoccupi? Avranno avuto un guasto. Un inconveniente qualunque. Anzi, non stiamo pensando alla cosa più semplice e naturale. 
HERBERT Quale?
MURDOCH [con un sorrisetto] Non la immagini?
HERBERT [leggermente angosciato] Non giocare con me agli indovinelli! Non siamo nel quarto atto dell’Amleto. 
MURDOCH [con sufficienza] Nel quinto…
HERBERT [secco] Quarto, quinto, fa lo stesso. Non ho voglia di scherzare su questi argomenti: quale sarebbe la cosa più semplice e naturale?
MURDOCH [calmissimo] Che hanno chiamato il montacarichi per sbaglio. [breve pausa] O per scherzo. 
HERBERT [nervoso] Uno scherzo? Sei impazzito? Loro non farebbero mai una cosa simile. Non col nostro montacarichi… Sai quanto sono rigidi a proposito. 
MURDOCH [tra sé] Rigidi e superstiziosi…
HERBERT [c. s. ] Non vorrei che fosse accaduto qualcosa di grave…
MURDOCH Ma di che ti preoccupi! È proprio vero che chi non ha problemi se li va a creare! Che vuoi fare? Vuoi salire per sincerarti della verità? Vuoi andare direttamente alla stanza 10-01 [pron.: dieci-zero-uno]?
Gesto di stizza da parte di Herbert, sempre più nervoso. 
MURDOCH [calmo] Piuttosto dammi retta… sto pensando alla tua idea…
HERBERT [teso] Quale?
MURDOCH Quella di prima, l’unica: non me ne volere, ma finora tu non mi sei sembrato propriamente un Pico della Mirandola, capace di sfornare idee ad ogni istante!
HERBERT [duro] Senti… Oscar Wilde dei poveri, a quale idea alludi?
MURDOCH A quella dell’Amleto visto dai due cancellatori. 
HERBERT Veramente io avevo parlato di uno solo…
MURDOCH Però io ho, per così dire, “scoperto” che sono due: va bene? E poi anche noi siamo in due, quindi…
HERBERT [sprezzante] E che facciamo? Invece di Rosencrantz e Guildenstern sono morti, realizziamo I due cancellatori hanno seppellito Ofelia?
MURDOCH [superiore] Quanta poca fantasia che hai… e sì che le tue letture te ne dovrebbero dare di spunti!
HERBERT [c. s. ] Invece devo constatare che l’eccessiva frequentazione dei teatri ti ha convinto di poterti trasformare in attore. Anzi, in drammaturgo, regista, scenografo… che ti sei messo in testa? Solo perché vai tanto spesso ad ammirare drammi e commedie, pensi di far parte del mondo dell’arte? Sutor, ne supra crepidam!
MURDOCH [risentito] Cosa credi? Di mettermi in imbarazzo con una qualsiasi frasetta latina? Se vuoi fare bella figura, cerca di citare almeno Plinio o Valerio Massimo, non il proverbio di una favoletta di Fedro!
Momento di silenzio imbarazzato. Per non dover fissare l’altro negli occhi, Herbert guarda l’orologio. 
HERBERT Ma quanto ci mette!
MURDOCH Calmati, ti ho detto, tanto non siamo…
HERBERT [interrompendolo] …pagati a cottimo, lo so. Ma non è una ragione!
MURDOCH Per cosa?
HERBERT Per non preoccuparsi. E per arrivare in ritardo. 
MURDOCH [sorridendo] Scusa, sai, ma proprio non ti capisco…
HERBERT Non mi capisci? Prova ad immaginare che dalla Stanza 10-01 inviino un’ispezione: ci trova così, con le mani in mano. Pazienza, può capitare. Poi ne mandano un’altra: stessa scena. Ti risulta forse che loro siano comprensivi, quando qualcuno viene meno al proprio dovere?
MURDOCH [alza le spalle] Che vuoi che facciano? Quelli della Stanza 10-01 capiranno la situazione: sanno perfettamente quanto sia calato il… lavoro. Oppure, se vuoi giocare d’anticipo, potresti fare tu un salto sopra, per chiarire la faccenda…
HERBERT [tagliando corto, con gesto del braccio a mo’ di scacciamosche] Lasciamo perdere. Proseguiamo, piuttosto. 
MURDOCH [con aria distratta] In cosa?
HERBERT Ma come, in cosa? Nella mia idea. [pausa; quindi ironico] Nella mia unica idea: quella di rappresentare Amleto attraverso gli occhi dei due… dei due becchini, “per usare i termini di un tempo”. 
MURDOCH O dei due clown… 
HERBERT …con vanghe e zappe. Allora, come iniziamo?
MURDOCH [immediatamente interessato, molto preso dall’idea] Beh… potremmo – anzi, secondo me, dovremmo – seguire passo per passo il testo originale… così costruiamo un brano serio, anziché impegolarci in tutti quegli arzigogoli tipici dei registi moderni, che alludono anziché descrivere chiaramente, che parlano per metafore, invece che in maniera diretta. Potremmo – anzi, dovremmo – [Herbert sbuffa] iniziare con la scena del fantasma. Proviamo?
HERBERT [con una certa sufficienza] Va bene. 
MURDOCH Allora… [si alza, prende una scopa, la impugna come una vanga e mima goffamente lo scavo di una fossa] Sai che si dice?
HERBERT Scusa, ma cosa stai facendo?
MURDOCH [stupito della domanda] Sto scavando una fossa. 
HERBERT Perché?
MURDOCH [seccato] Cosa credi che facciano due becchini in un camposanto? Scavano fosse, no? E allora, lasciami vangare in pace. 
HERBERT [sbuffando, tra sé] sì, eterna…
MURDOCH [Riprendendo] Sai che si dice a corte?
HERBERT [freddo] No. 
MURDOCH [Misterioso] Pare che sia apparso un fantasma!
HERBERT [c. s. ] Davvero!
MURDOCH Un fantasma importante!
HERBERT [c. s. ] Caspita!
MURDOCH [fermandosi] No, scusa, cerca di essere meno tonto, altrimenti questo diventa un monologo… Poni qualche domanda diversa, inserisci qualche commento. 
HERBERT [sospirando] Va bene…
MURDOCH Allora sei pronto? [riprende] Pare che nella reggia sia apparso un fantasma! 
Breve pausa, Murdoch guarda interrogativamente Herbert, il quale rimane un attimo pensieroso, quindi parte a raffica. 
HERBERT Da un po’ di tempo a questa parte sembra che ogni buon castello ne sia infestato. Anzi, un maniero non è rispettabile se non ne possiede almeno uno. È una moda giunta d’Oltremanica, non so bene se d’Inghilterra o di Scozia. 
MURDOCH [fuori dal personaggio] Bene, così: cinico. È perfetto. [Riprende a recitare] Sì, ma questo non è un fantasma qualunque. È aristocratico!
HERBERT [c. s. ] Chiaro, no? Non pretenderai certo che le regali sale della reggia di Elsinore siano percorse da un fantasma dozzinale: dev’essere certo lo spirito di un qualche [fa un gesto roteando la mano] altolocato. 
MURDOCH [serio] Beh, adesso non esagerare con il cinismo. Ed evita quelle mossette da… [gesto con la mano vicino all’orecchio] ci siamo capiti. Sei un becchino, non un damerino. [riprende] Sì, ma questo è addirittura il fantasma di [crescendo] Re Amleto in persona!
HERBERT [esagerando] Il nostro caro Re!
MURDOCH Lui!
HERBERT [c. s. ] Il nostro amato Sire!
MURDOCH Lui stesso!
HERBERT [c. s. ] Il savio monarca appena scomparso!
MURDOCH [arrabbiato] Lui, lui, lui ti ho detto! Eh! Vai avanti!
HERBERT Ma come, il suo spirito non riposa tra le anime beate?
MURDOCH Così credevano tutti, fino a che non è apparso per tre notti di seguito. 
HERBERT E dunque?
MURDOCH E dunque è stato avvertito suo figlio Amleto. 
HERBERT [esagerando] Il nostro savio Principe!
MURDOCH Lui (anche se non è del tutto savio, ultimamente). 
HERBERT [c. s. ] Il nostro amato pretendente!
MURDOCH Sì, lui!
HERBERT [c. s. ] La gioia della Corona danese!
MURDOCH [seccato] Certo, chi altri?
HERBERT E cosa è successo?
MURDOCH [misterioso, guardandosi intorno] Beh, Amleto…
HERBERT [annuendo] Amleto…
MURDOCH …ha detto ad Amleto…
HERBERT [c. s. ] ad Amleto…
MURDOCH di essere bruciato dalle fiamme del purgatorio ed ha chiesto ad Amleto…
HERBERT [c. s. ] ad Amleto…
MURDOCH …di vendicare la sua morte violenta! Amleto, del resto, stava già sui carboni ardenti…
HERBERT …del purgatorio. 
MURDOCH No, della rabbia e della gelosia. 
HERBERT Un fantasma geloso? Le anime non dovrebbero essere libere da certe passioni?
MURDOCH Ma no, Amleto, il Principe: è sconvolto dal matrimonio della madre con suo zio. Pare che abbia affermato: “L’arrosto del banchetto funebre ha servito da piatto freddo sulla mensa nuziale”. E non è tutto, perché Amleto è stato avvelenato!
HERBERT [con cinismo] Dal piatto nuziale? Mai mangiare gli avanzi, almeno fino a quando non sarà inventato il frigorifero… Tutto si deteriora… [sentenzioso, con voce grave] C’è del marcio, in Danimarca. 
MURDOCH [seccato] A parte il fatto che da noi in Danimarca fa un freddo tale che non c’è bisogno di alcun frigorifero, sto parlando del Re Amleto, non del Principe Amleto. 
HERBERT [fuori dal personaggio] Certo, l’autore poteva usare un po’ più di fantasia, poco ci mancava che avesse chiamato Amleto anche il fratello del Re, [tornando nel personaggio] il nostro attuale Sire Claudio…
MURDOCH [misterioso] Insomma! Pare che un novello Caino abbia ucciso Abele: che Claudio sia salito al trono con le mani lorde del sangue fraterno!
HERBERT Per questo il nostro caro Principe è così rabbuiato. 
MURDOCH Certo. 
HERBERT [insinuante] Dunque non è per causa di cuore…
MURDOCH Beh… in quanto a questo… [confidenziale, lentamente, guardandosi intorno come timoroso di essere spiato] Si dice che abbia scritto alcune lettere d’amore – [più sbrigativo] lettere dozzinali, peraltro, [di nuovo lento] ma pur sempre appassionate – alla bella Ofelia. 
HERBERT [c. s. ] Ed ella lo ricambia?
MURDOCH [c. s. ] Mah… parrebbe di sì. Anche se si dice che il padre Polonio le abbia impedito di dare spago alle profferte di Amleto. 
HERBERT [con cinismo, sospirando] È giusto. Chi vorrebbe avere un fantasma come genero? [facendo il solito gesto con la mano] Non è certo chic!
MURDOCH Idiota. Hai capito benissimo. E smetti di fare quel gesto da checca!
HERBERT Hai ragione, scusa. [di nuovo grave] E come ci si intende comportare per porre rimedio alla situazione?
MURDOCH Della salute del nostro Principe si sta occupando la sua augusta madre. 
HERBERT [esagerando] La nostra Regina! 
MURDOCH Lei. 
HERBERT [c. s. ] La sempre bella Gertrude!
MURDOCH [minacciandolo con un pugno o brandendo contro di lui la scopa-vanga] Sì. E prova a nominarla con enfasi un’altra volta e ti faccio “veder le stelle”. 
HERBERT [un po’ spaventato] E… e che ha deciso la nostra ama… [occhiataccia di Murdoch che alza la vanga. Herbert si rimangia la parola] la sovrana?
MURDOCH Pare che abbia chiamato due compagni d’infanzia del Principe, [pomposo] il nobile Rosencrantz ed il generoso Guildenstern. 
HERBERT E i due gentiluomini sono venuti a capo di qualcosa?
MURDOCH Sembra che lo abbiano a lungo interrogato, ma senza cavare un ragno dal buco. 
HERBERT E i dignitari cosa propongono?
MURDOCH Ho sentito dire che vorrebbero affidare ad Amleto una missione in Inghilterra, in maniera da distrarlo dall’amore per Ofelia… e pure dal desiderio di vendetta nei confronti dello zio…
HERBERT Ma lui non ha mai pensato di accusarlo pubblicamente?
MURDOCH E con quali prove? Ma pare che abbia un asso nella manica: sembra che abbia assoldato una compagnia di attori – [cambiando brevemente tono, con gesto dell’indice e del pollice] teatro nel teatro, eh? – Si vocifera che voglia far recitare loro…
HERBERT [di scatto] Basta! E che cos’è! Dicono, pare, sembra, hanno detto, ho sentito, si vocifera… cos’è? Una tragedia elisabettiana oppure il pettegolezzo di una serva! Un po’ di dignità, insomma! Che facciamo? Andiamo avanti per cinque atti a furia di “sentito dire”? E poi, quando entriamo in scena noi, come ci comportiamo? Ah, già, dimenticavo: a parte gli indovinelli io mi eclisso quasi immediatamente, ti vado a prendere da bere… Poi ritorno e ti chiedo: [carico] “Cosa è successo mentre andavo all’osteria? Prendi questo boccale, dissetati: ne hai ben donde, hai scavato una fossa assai profonda. Oh! Riconosco questo teschio, è Yorick, quello che morì al ritorno da un viaggio sentimentale. Ma ho sentito grida, da lontano, ho visto anche un corteo funebre, ma ora sono andati tutti via… Dimmi un po’, cos’è accaduto in mia assenza?” E tu risponderai: [con voce nasale] “Pare che abbiano sepolto Ofelia, sembra che Amleto abbia litigato con Laerte, dicono che la spedizione in Inghilterra nascondesse una trappola”. 
MURDOCH [alza le spalle] E allora?
HERBERT È impossibile proporre Amleto facendo transitare tutte le sue emozioni attraverso due soli personaggi secondari, [rallentando] anzi due semplici comparse, come noi…
MURDOCH Come i due becchini, vorrai dire. 
HERBERT [amaro] No, volevo dire proprio come noi. Siamo due falliti, due segnati, due esseri da evitare, da cui tenersi alla larga. Hai ragione tu, è inutile nascondercelo… Siamo i paria della cultura occidentale, le iene della società umana. Esercitiamo un mestiere antico come il mondo – più antico della professione più antica! – ma dobbiamo sempre e comunque vivere ai margini della società. Anzi, al di fuori: non a caso ci hanno relegato qui sotto. Siamo obbligati a nasconderci. I cancellatori dei tempi di Amleto erano pur sempre considerati, come tutti i lavoratori, anche i più umili, parte necessaria della piramide sociale…
MURDOCH Formavano addirittura una corporazione! 
HERBERT Mi aiuti a dire… Ma quello era un mondo sano, con senso dell’onore e della fede. Adesso c’è troppo disfacimento interiore per accettare un pur minimo riferimento all’idea di morte. E noi, massimo simbolo della fine, della dissoluzione – e quindi della nostra epoca, di un mondo in decomposizione – noi siamo reietti, proscritti, dobbiamo nasconderci. Semplicemente non esistiamo. Il nostro lavoro è immondo, inconfessabile. Meglio rifugiarci nella sala di un teatro o nella propria stanza, meglio affidarci alle lusinghe di un’opera lirica o di un romanzo, che affrontare gli altri e dover dire: “lavoro al Ministero della Sicurezza”, sperando che ci considerino impiegati… Non si può andare avanti così!
MURDOCH [disincantato] Che vuoi farci? 
HERBERT [sconsolato] Non lo so, non lo so… [improvviso] Non possiamo certo tornare al tempo delle corporazioni, ma dobbiamo almeno recuperare la nostra dignità. Hai parlato prima di disprezzo e di invidia nei confronti degli altri. Ebbene: non dobbiamo invidiare alcuno, purché manteniamo intatta la nostra dignità, quella del lavoro, del dovere!
MURDOCH Beh, noi lavoriamo con piena coscienza, quindi…
HERBERT Eh, no, caro mio. Noi, adesso, non stiamo affatto lavorando!
MURDOCH Ma sei meshugeh ? Dove siamo ora, secondo te? In un teatro forse? Oppure a casa tua? 
HERBERT Stare sul posto di lavoro non vuol dire lavorare: prova a pensare agli impiegati statali o comunali di un tempo… [si ferma un attimo, leggermente stupito] Perché parli in yiddish?
MURDOCH [alzando le spalle, con sufficienza] Così; hai detto che stavi leggendo alcuni testi sulla letteratura austriaca di fine Impero, allora ho pensato di… immedesimarmi. [tornando serio] Comunque, non vedo cosa vi sia di male. 
HERBERT Di male c’è che noi due, in questo momento, non stiamo compiendo [marcando] il nostro dovere. E questo… questo porterà qualcosa di terribile…
MURDOCH [sbottando] Ma che vuoi fare: vuoi forse andare a protestare alla Stanza 10-01? Oppure preferisci che usciamo un attimo, ammazziamo il primo che passa, così lo cremiamo e tacitiamo la coscienza? [di nuovo calmo] Stiamo qui in attesa, no? [accomodante] Se c’è da aspettare qualche minuto oltre l’orario di uscita, non ti preoccupare: aspetto anch’io. Ma intanto calmati. 
HERBERT [in un crescendo di tensione] Facile, per te, per un… “veterano”, parlare… Ma io sono nervoso. Mi sento umiliato, lo capisci? Io ho una funzione da adempiere, per disprezzata che essa sia. [scandendo] Una funzione sociale che è la ragione della mia esistenza… una delle ragioni principali, per lo meno. Altrimenti, che ci sto a fare? [secco] Sono venuto qui per compiere il mio dovere. Per seguire orari precisi. Non per starmene con le mani in mano ad aspettare, aspettare, e magari iniziare a lavorare solo quando scende la notte… Non è questo quello che desidero, non è questo quello che mi attendevo. [abbassando il tono della voce] Non è questo quello che loro mi hanno fatto credere…
MURDOCH [scuotendo la testa] Certo che così non riesci a vivere, ma solo a sottovivere. 
HERBERT A sopravvivere??? Non mi sembra proprio che io possa essere definito uno che “sopravviva”. La mia vita non è brillante, ma riesco a soddisfare i miei desideri. Che sono pochi, sani e soprattutto semplici. Del resto si può vivere benissimo anche senza aspirare ad automobili di lusso o a serate di gala. Perché mai – tanto per dirne una – dovrei rovinarmi la salute bevendo in futile compagnia costosi quanto pericolosi alcolici, come fanno “quelli della buona società”… Non sono così idiota da credere di essere un “uomo arrivato” perché distruggo il mio fegato oppure mi intossico mettendomi a fumare, nemmeno fossi un ragazzino desideroso di fare colpo sui coetanei… 
MURDOCH Calmati, calmati: risparmiami Cechov! Piuttosto, cerca di ascoltare gli altri con maggior attenzione: ho detto che tu stai sottovivendo, non sopravvivendo. 
HERBERT Sottovivendo? Cos’è? Un neologismo? [sprezzante] L’hai inventato tu?
MURDOCH Può darsi. Quel che mi preme è che definisce con precisione un concetto che è diverso da quello di sopravvivere. Sopravvive, in poche parole, chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, almeno secondo i concetti del nostro mondo. Sottovive, invece, chi confonde “fini” e “mezzi” della propria esistenza, chi li inverte. Chiaro? [Herbert lo guarda di traverso] Insomma: anziché lavorare per vivere, anziché guadagnare per spendere, per andare a teatro…
HERBERT E dalli…
MURDOCH Per comprare libri, [cenno di assenso dell’altro] per farsi una mangiata in un ristorante…
HERBERT Un viaggio di piacere, per comprarsi l’opera omnia di Richard Strauss…
MURDOCH …per quello che vuoi. Anziché lavorare per vivere, dicevo, si vive per lavorare. È quello che ci vogliono imporre per snaturarci… [pausa] dovrei dire per finire di snaturarci. Ma cosa credi che facciano tutti o quasi tutti quelli che ci circondano? Lavorano la mattina, staccano per rifocillarsi e continuare a lavorare il pomeriggio; la sera si distraggono un po’, la notte si riposano… perché? Solo per una cosa: per essere freschi e pronti, il giorno dopo, ad una nuova giornata di lavoro. Questo capita a tutti, o a quasi tutti, quelli che incontriamo. Ah, se i nostri… clienti potessero parlare! “Che hai fatto nella vita?” vorrei chiedere a ciascuno di loro “Sei soddisfatto?” non dico dei risultati, perché quelli, si sa, possono venire e non venire… spesso è più una questione di fortuna, se non di destino. “Sei soddisfatto di come hai vissuto. Se hai vissuto…”. E allora, che hai speso a fare tutti questi anni? Non potevi venire direttamente qui?
HERBERT Ricordo che un tale, durante un’orazione funebre, commemorando lo scomparso dichiarò: “La Morte lo ha trovato vivo” che è tutto fuorché lapalissiano. 
MURDOCH Certo: vedo che hai compreso quanto volevo dire. Soprattutto a proposito di certi lavori, che portano ad una alienazione…
HERBERT [ironico] Mi sembra che qualcosa di simile sia già stato affermato da tale Carlo Marx…
MURDOCH Può darsi , non ho mai letto interamente il suo pesante “capolavoro” incompiuto; ma parlo di un altro tipo di alienazione: una alienazione spirituale, non certo meccanicistica od economica… [prevenendo un’obiezione] E non mi interessa sapere se qualcun altro lo abbia già detto nei secoli scorsi. Possibile, anzi probabilissimo. Io non accampo alcun diritto di esclusiva sulla “mia” (per così dire) intuizione. Anzi, mi farebbe piacere scoprire che qualcun altro è giunto alle stesse conclusioni, prima di me. 
HERBERT E magari meglio di te. Del resto anche a me capitava lo stesso, quando studiavo al liceo: mi “innamoravo” del pensiero di un filosofo perché aveva sostenuto concetti che anche io intuivo, senza mai riuscire ad esprimerli compiutamente. 
Si ode bussare alla porta ed una voce da fuori chiede permesso. I due trasalgono. 
HERBERT Hai sentito anche tu?
MURDOCH Sì…
HERBERT Che sia un… cliente?
MURDOCH [ironico] Un involucro corporeo usato non verrebbe a piedi. E non chiederebbe permesso. 
HERBERT Che siano addirittura… loro?
MURDOCH Non dire sciocchezze! Ci farebbero chiamare, non si scomoderebbero certo a scendere fin qui! 
Bussano di nuovo. Herbert si avvicina alla porta, ma non la apre. Altri colpi. 
MURDOCH Non stare lì imbambolato. Sei a due passi dalla porta: aprila. 
SCENA II
Herbert apre, più seccato che impaurito. Entra un giovanotto, Leonzio. Indossa una giacca chiara e una cravatta sgargiante, non perfettamente intonata, sopra pantaloni scuri (eventualmente in tela di Genova blu). 
LEONZIO Permesso… È questo il centro di soluzione?
HERBERT [ironico] No, è il Grand Hotel Excelsior. 
Leonzio si guarda intorno, visibilmente imbarazzato
MURDOCH Non faccia caso al mio collega, è solo un po’ nervoso. Vuole sedersi?
HERBERT [c. s. ] Perdoni il disordine. Sa, oggi non aspettavamo proprio visite. In cosa possiamo servirla?
MURDOCH [gesto come per invitare Leonzio a lasciar perdere] Qui c’è un po’ di posto. Prego. Lei è molto giovane. Possiamo darci del tu?
LEONZIO Prego, ne sarei felice. Io mi chiamo Leonzio. 
MURDOCH Io sono Murdoch. 
Tende la mano a Murdoch, che gliela stringe. La offre anche ad Herbert, che però la ricusa. Imbarazzato, Leonzio si volge verso Murdoch. 
LEONZIO Sa, oggi è il mio primo giorno di lavoro…
HERBERT [astioso] E allora, perché viene qui, invece di lavorare? Non è il sistema migliore per farsi benvolere dai propri superiori. [verso Murdoch] Certo che quanto a senso del dovere, le nuove generazioni… [fa un gesto di sufficienza con la mano]
LEONZIO No, vedete… ecco, io devo lavorare qui. 
MURDOCH [guarda Herbert] Qui?
LEONZIO Sì, mi hanno mandato quelli della Stanza 10-01. 
HERBERT Un’ispezione! [tra sé] Lo dicevo io! [a Leonzio, molto nervoso] Senta, guardi, signor Ispettore, non è che noi stiamo sempre con le mani in mano. È stato un caso. Anzi, io lo stavo appunto dicendo – non è vero, Murdoch? – sono dispostissimo a fare gli straordinari, se necessario (senza pretendere niente, è ovvio). Se ci ha sentiti discutere animatamente, è solo perché stiamo attendendo il lavoro (come da regolamento, del resto). Aspettiamo un… un coso… da un momento all’altro e io comunque sono disposto a rimanere qui fino a notte – senza pretendere straordinari, ripeto – nel caso di ritardi nella consegna. Senza problemi, assolutamente. 
LEONZIO Mi scusi, ci deve essere un errore, io non sono dell’ispettorato. 
MURDOCH [ad Herbert, seccato] Bravo, prima Cechov, adesso Gogol! Poco ci manca che ti metta a parlare in russo! [a Leonzio] E chi cercava… e chi cerchi, allora, qui, negli scantinati? Sei delle pulizie? Guarda che i magazzini e gli spogliatoi sono al terzo sotterraneo, qui siamo al quinto sotterrano, sopra di noi ci sono solo caldaie. Sei per caso un fuochista? Se ti sei perso ti accompagno, non ti preoccupare. Capisco benissimo il tuo imbarazzo: con tutti questi cunicoli, queste porte…
LEONZIO No, no. Io dovevo venire proprio qui, al centro di soluzione. 
HERBERT Qui, alla Sezione 515 [pron.: cinque-uno-cinque]?
LEONZIO [timidamente] Sì. 
MURDOCH Ed a che fare, se è lecito? Non… non sarà mica un giornalista?
LEONZIO [c. s. ] No, no… tutt’altro: credo di essere… come dire… un vostro collega. 
MURDOCH Come? 
HERBERT Un cancellatore?
LEONZIO [c. s. ] Sì, credo che si dica così…
MURDOCH Ma scusi… scusami… quando sei stato assunto?
LEONZIO [c. s. ] Oggi… adesso… una mezzora fa. Ho perso un po’ di tempo per raggiungere il quinto sotterraneo e non ho trovato subito la direzione giusta. [abbozza un sorriso per sdrammatizzare] Sapete, tutti quei cunicoli, tutte quelle porte… 
HERBERT Un altro di noi? Un altro? Ma siamo già in due, non abbiamo lavoro a sufficienza e… e loro che fanno? Ne assumono un altro?! Non è possibile, devono essere impazziti, quelli di sopra! [stentoreo] Non erano questi i patti! [si avvia di scatto verso la porta] Ora vado a chiedere una spiegazione! [si blocca improvvisamente] A meno che…
MURDOCH A meno che cosa?
HERBERT A meno che non ci sia un disegno, un disegno preciso…
MURDOCH Cosa stai pensando? Sei pallido. 
HERBERT No, è assurdo… non può essere. [guarda nervosamente l’orologio] E tutto questo ritardo… a meno che… a meno che loro non vogliano farci capire qualcosa… Un segnale! Dovevo comprenderlo subito! Che sciocco che sono stato! Bastava che pensassi ai racconti che ho letto recentemente. [prende la giacca ed inizia ad infilarsela] Quell’ultimo, sì, quello dell’altra sera… Come si intitolava? Dannazione, la mia memoria… La colonia…? No, “Nella” colonia. Nella colonia penale… Bastava pensarci un attimo. Sono stato proprio cieco! [esce]
SCENA III
MURDOCH [gridando verso Herbert, che esce senza voltarsi] Ehi, ehi, si può sapere dove stai andando? Senti, se hanno mandato rinforzi, vuol dire che sta arrivando un sacco di lavoro! Vuoi lasciarci qui a morire di fatica? [si rivolge a Leonzio] Gli ha dato di volta il cervello, non c’è che dire. 
LEONZIO [sorride, imbarazzato, ma senza rispondere]
MURDOCH È tutto il tempo che si agita, che dà di matto. Discorsi strampalati, ti dico… Sfido, sta sempre a pensare, ragionare, a chiedersi il perché di tutto… Se si vive così è inevitabile che ad un certo punto ci si renda conto della propria essenza e si impazzisca! Aah! [fa un gesto con la mano come per dire: lasciamo perdere! Poi si rivolge al nuovo venuto]. E tu, invece? Come sei giunto fin quaggiù?
LEONZIO Beh… mi hanno assunto oggi ed io non ho trovato subito la strada…
MURDOCH No, no; voglio dire: come mai hai scelto questa vita?
LEONZIO Mah, non so bene. È un mestiere come un altro, no? Come quello di impiegato, di operatore ecologico, che so? di avvocato, di infermiere… La paga è buona, almeno per le mie pretese, che non sono molte, te lo assicuro… 
MURDOCH Sei molto giovane… sei sposato?
LEONZIO [si schernisce] No, no, nemmeno fidanzato. Fino ad ora non ci ho pensato… sai, senza un lavoro sicuro mi sembra impossibile mantenere una famiglia… Adesso, magari, potrò iniziare a pensarci, a pensarci seriamente, intendo. Voglio dire, con un lavoro, con uno stipendio, potrei dare la sicurezza necessaria ad una moglie, a qualche bambino. Sai com’è… non si vive di sola aria…
MURDOCH Certo, da soli ci si può anche arrangiare, ma non è giusto costringere alla miseria altre persone… 
LEONZIO Sai, la mia fanciullezza non è stata delle più felici e vorrei che chi mi sta intorno possa vivere… vivere pienamente, intendo, non sopravvivere. 
MURDOCH [pensieroso] O sottovivere…
LEONZIO Come dici, scusa?
MURDOCH [riprendendosi] Niente, niente… sono d’accordo con te. Hai perfettamente ragione. Bei sentimenti!
LEONZIO Grazie. [stupito] Davvero lo pensi?
MURDOCH Davvero. Perché non dovrei?
LEONZIO [c. s. ] Grazie. [di nuovo concitato] Perciò, quando sono arrivato in città e mi hanno indirizzato al Ministero della Sicurezza mi sono precipitato subito. Anche se quando sono stato convocato nella Stanza 10-01 avevo capito che qui ci fosse soltanto un cancellatore. Infatti mi sono stupito di trovarvi in due…
MURDOCH [lo guarda intensamente] E allora?
LEONZIO Niente… solo pensavo di trovare un unico collega. Sei tu quello con cui devo lavorare, no? Mica quell’altro? Ah, ho capito, forse io devo sostituirlo: sta per lasciare definitivamente… è così?
Leonzio inizia ad osservare i macchinari, senza prestare attenzione a Murdoch. 
MURDOCH Già, definitivamente… [guarda l’orologio] Adesso sarà giunto nella Stanza 10-01. È una faccenda di pochi istanti… due firme e via… 
LEONZIO [Di fronte al forno] Sembra complesso. Ci vuole molto per imparare?
MURDOCH No, basta usarlo una volta: è davvero semplicissimo. 
LEONZIO Non vedo l’ora di iniziare. 
MURDOCH Forse non dovrai aspettare molto…
LEONZIO Davvero? Benissimo! 
Si frega le mani. Gira un po’ per la stanza, come per familiarizzare con la strumentazione. Tocca qualche tasto e qualche leva. 
MURDOCH Non toccare! Attento che puoi combinare un disastro! Tanto fra poco ti faccio vedere come funziona il tutto. Sei di qui?
LEONZIO No, vengo da un paese della provincia. Un paese piccolissimo. Avevo sentito parlare molto della città ma non ci ero mai venuto. 
MURDOCH E come ti trovi?
LEONZIO Bene, bene. Mi sembra tutto così… così strano… così incredibile… Anche se finora non ho avuto modo di girare un gran che. 
MURDOCH Già, fa a tutti questo effetto, appena arrivati…
Leonzio, che ha smesso di ammirare il macchinario sullo sfondo, si guarda intorno e trova un libretto poggiato a sinistra. Lo prende. 
LEONZIO [leggendo] Il poema della Creazione… Lo stai leggendo tu?
MURDOCH No… [poi improvvisamente, brusco] sì, lascialo stare per favore, se no mi perdi il segno. 
LEONZIO [rimettendolo subito a posto] Scusami, scusami! Che cos’è?
MURDOCH [con sufficienza] Un poema assiro-babilonese, da cui è stata tratta, in parte, la Bibbia. 
LEONZIO Cooome? La Bibbia è stata copiata? Da un poema… come hai detto? Assilo… assino…?
Murdoch Assiro-babilonese, sì. Se per questo ha usufruito anche di prestiti dalla Epopea di Gilgamesh e da testi egiziani come il Libro dei morti, che hanno ispirato i Salmi…
Fa per continuare, ma viene interrotto da un campanello. Presso il montacarichi di destra si accende una spia. 
MURDOCH Che ti avevo detto? Non c’era molto da aspettare. 
Rumore del montacarichi che scende. Quando giunge al loro piano lo aprono e ne estraggono un cadavere. È quello di Herbert. Raccapriccio di Leonzio e freddezza di Murdoch. 
SCENA IV
MURDOCH Avevo ragione o no a dire che era pazzo! [scuotendo la testa, con disprezzo] Meshugeh! Così si finisce a farsi troppe domande! [a Leonzio] Beh, adesso ci sei tu…
LEONZIO [imbarazzato] Forse… forse mi hanno mandato proprio perché lui se ne doveva andare…
MURDOCH Troppe letture, troppa vita al chiuso… Si vede che era destino! Forse Enuma-Elish avevano già deciso da tempo…
LEONZIO Enuma che?
MURDOCH Enuma-Elish! Sì, insomma, “Quelli di Sopra”… [improvviso, come se dicesse una ovvietà] Il poema mitologico, te ne ho accennato prima! [si accorge che l’altro lo guarda stupefatto] Lasciamo stare … intendo dire i nostri capi. 
LEONZIO [confuso] Ah… [stupito] Come sarebbe a dire? Vuoi farmi credere che lui non si è… che sono stati loro a… nella Stanza 10-01…
Murdoch scuote la testa e ricopre con un lenzuolo il volto di Herbert. Quindi si ricompone e indossa il camice. 
MURDOCH Lascia perdere. Piuttosto, mettiti il camice. 
Murdoch indica a Leonzio dove trovarlo. Leonzio si toglie la giacca e infila il camice. 
MURDOCH È inutile parlarne, non servirebbe ad alcunché. Come si dice: mors tua… Piuttosto: prima lezione. Ascoltami attentamente, è molto semplice. Apri il portellone del forno. [Leonzio esegue gli ordini di Murdoch]. Prendi la barella e appoggiala alla bocca del forno. Ora rialza la parte con la testa. Così. Appoggiala ai binari. Bene. Adesso si spinge dalla parte dei piedi. Fino in fondo, si deve sentire una sorta di clic. Poi tiri verso di te, per assicurarti che sia fissata bene. Altrimenti rischia di saltare, perché la temperatura sale di colpo. 
LEONZIO Ho capito. 
MURDOCH Ora chiudi bene lo sportello. Deve spegnersi la luce rossa. [l’altro esegue] Perfetto. Ora spingi i due bottoni rossi a destra e sinistra. [l’altro esegue. Il motore parte: forte ronzio] Bene, dobbiamo solo attendere la fine del processo, roba di pochi minuti. 
LEONZIO Bene, mi sembra facile. Dovrei ricordarmelo senza problemi. Però, è meglio che tu mi stia accanto la prossima volta: proverò a farlo da solo, con il prossimo… il prossimo… [cerca la parola] cliente!
MURDOCH [ambiguo] Non ti preoccupare: ti starò accanto, la prossima volta. E tu non farai nessuno sforzo, te lo assicuro. [breve pausa] Come lo hai chiamato? “Cliente”! Bravo, mi piaci. Mi sembri uno col quale si possa discutere senza fraintendimenti. [gli da una pacca] Sono sicuro che diverremo amici. È importante aver qualcuno con cui parlare, altrimenti i turni non passano mai… Io ti potrei raccontare qualcosa che ho visto a teatro – vado spesso a teatro…
LEONZIO [lusingato] Mi farebbe piacere. Davvero. Esco così poco! Il più delle volte passo la sera di fronte al video. A dire il vero non esco mai: sai, al paese non avevo molti amici, anzi… direi che non ne avevo del tutto. Tu invece esci spesso? Voglio dire: vai spesso a teatro?
MURDOCH Sì, molto spesso. Vedi, per gente come noi è… [come cercando la parola] possiamo dire… [risoluto] è destino. 
LEONZIO Destino?
MURDOCH [soppesando le parole] Mhhh… Sì, direi che si possa dire così. 
LEONZIO [sorridendo] Questo mi suona un po’ insolito, scusa: si può sapere dove vedi la mano del destino nell’amore… per il teatro in gente come noi?
MURDOCH [con sufficienza] È un discorso lungo… comunque lo affronteremo, prima o poi…
LEONZIO [sincero] Magnifico, mi fa piacere poter finalmente parlare con qualcuno. Non vedo l’ora che tu mi racconti cosa hai visto a teatro. 
MURDOCH Bene, credo che passeremo bei giorni… bei momenti assieme. 
LEONZIO Lo spero. 
MURDOCH L’altro giorno ho visto un lavoro teatrale – un lavoro molto noto, si trattava dell’Amleto 
LEONZIO Amleto… Amleto… ah, sì, l’ho sentito! Quello di [si mette in posa con un teschio immaginario in mano] “Essere o non essere? Tubì ornò tubì?”. 
MURDOCH Perché fai così? [imita il gesto di Leonzio e fa una faccia da tonto] 
LEONZIO [leggermente spaesato] Mah… Amleto non è quello col teschio in mano?… 
MURDOCH Lascia perdere, sono due momenti diversi. [brusco] E non mi interrompere, per favore, è una indelicatezza che mi infastidisce! [normale] Ti stavo dicendo: nell’Amleto, al quinto atto, per la precisione, c’era una scena come questa [rotea l’indice della mano ad indicare la sala], mutatis mutandis, ovviamente… con due cancellatori come noi a recitare le battute iniziali. E non poche, per giunta!
LEONZIO [stupito] Davvero? È… incredibile! Dài, raccontami!
Il ronzio cessa, si accende una luce verde. 
MURDOCH Poi ti dico. Adesso tira quella leva. Quando si riaccende la spia schiaccia quel bottone ed abbiamo terminato questo ciclo. 
Leonzio tira una leva. Parte un macchinario e per un momento la luce si abbassa, fino a spegnersi completamente. Forte rumore come al principio. Buio. La luce si riaccende, a sprazzi. Stessa scena come all’inizio: al posto di Herbert, Leonzio. Una spia luminosa vicina al quadro si illumina. Leonzio schiaccia un bottone, la spia si spegne mentre si sente il rumore di un aspiratore. 
LEONZIO Fatto! 
Sbatte le mani come se volesse scuotere la polvere. Quindi si rivolge all’altro, mentre si slaccia il camice. Si toglierà anche la cravatta, che infilerà in una tasca della giacca, rimanendo con una camicia chiara ed un pantalone scuro, come Herbert. Murdoch si toglie il camice con accuratezza.
LEONZIO Ma ne sei sicuro?
MURDOCH Di che?
LEONZIO Di quello che mi hai detto prima… dell’Amleto. 
MURDOCH Ah, sì. [ostentando indifferenza] Sicurissimo, ti dico!
LEONZIO Mi sembra impossibile…
MURDOCH [c. s. ] Eppure è così. 
LEONZIO [scuote la testa sorridendo incredulo] Davvero: impossibile…
MURDOCH [sorridendo] Eh, adesso ti ripeti. 
LEONZIO Erano… come noi?
MURDOCH Più o meno. 
LEONZIO E… che dicevano?
MURDOCH Mah… non ricordo perfettamente…
LEONZIO Ma come! Non ricordi? Ti trovi di fronte a due come noi – un caso più unico che raro, visto il luogo – e non ricordi cosa si sono detti, cosa hanno fatto!
MURDOCH Appunto perché sono rimasto sorpreso dalla loro presenza, quando meno li avrei aspettati, non ho fatto perfettamente attenzione a ciò che dicevano… Ero già stanco, stavo lì da quattro ore (era l’inizio dell’ultimo atto), d’improvviso me li vedo davanti e sono rimasto, per così dire, abbacinato dalla loro presenza. Tutto mi attendevo, tranne che di incontrarli là! Per questo mi sono distratto, non ho seguito perfettamente il loro dialogo. Comunque…
LEONZIO [interrompendolo] Comunque…?
MURDOCH [leggermente spazientito] Comunque… [normale] mi sembra che parlassero di problematiche morali… legate al suicidio di Ofelia… [si ferma un istante; poi, con intenzione, guardando Leonzio] e al senso dell’esistenza…
LEONZIO [trasognato] Il senso dell’esistenza…
Buio.


Benevento, 19 marzo 2003