La famiglia di Ruggero

commedia in due atti e tre quadri di 

Carlo Barbera


Personaggi

Ruggero
Laura (sua madre)
Peppino (suo padre)
Gemma (sua sorella)
Ciccia (l’altra sorella)
Sisina (la cameriera)
Ninnino (fratello di Peppino) 



L’autore a chi legge

Cosa succedeva nelle normali famiglie prima del terremoto di Messina? Mangiavano; dormivano; avevano esperienze di vario genere; avevano drammi familiari; litigavano per le sciocchezze, per le quali si litiga quando si è vivi e non si pensa che, da un minuto all’altro, la vita possa sfuggire. E poi, quella sera ognuno è andato a letto, ignaro di quel destino infame, che lo aspettava da li a poco. Ed anche questo è il terremoto.
Visto che poco si è parlato nel novantesimo anniversario del sisma messinese, io cerco di ricordarlo a modo mio.
“La Famiglia di Ruggero” è un testo molto particolare, poichè non ha un vero e proprio svolgimento teatrale, o meglio, c’è l’evolversi della storia, ma poi lla fine viene troncata in maniera brusca. Scorrendo le pagine fino alla fine, sembra che la storia si concluda, ma, in realtà, rimane un grande rimpianto da parte di Ruggero: quello di non avere incontrato il padre, che muore nel terremoto.
Così, l’evento sismico acquista un valore squisitamente privato, oltre che universale. In un’epoca in cui tutto è massificato, certamente, non è facile pensare ai piccoli numeri, però bisogna riflettere sul fatto che delle centinaia di migliaia di morti del terremoto del 1908 ognuno aveva una sua storia privata e forse quella di Ruggero, in mezzo a tante persone, sarà accaduta veramente.
“La Famiglia di Ruggero” è comunque un copione dialettale, in cui il dramma della situazione viene fuori soltanto nel finale; per il resto tutto è affidato ad una sottile ironia e ad una comicità di battuta. 

Note per la rappresentazione

Per la realizzazione di questo lavoro è necessario che si tengano presenti alcune cose: all’inizio Ruggero sarà invecchiato di dieci anni, per fare questo basterà un cappelli, un paio di baffi ed un soprabito. La cravatta, che indosserà all’inizio ed alla fine, dovrà essere diversa da quella della sua ultima scena, quando avrà luogo la definitiva lite col padre. Il terremoto dovrà essere riprodotto al buio, tenendo conto che prima ci sarà un boato e dopo un miscuglio di maremoto, vento e pioggia, il tutto per la durata di trenta secondi. Si ricordi che Sisina, nell’ultima scena, sarà invecchiata di dieci anni.
Sarà bene tenere presente che l’ultima scena si svolge la sera del 27 dicembre 1907. Il terremoto sarà durante la notte, alle 5.20 del mattino, per cui la famiglia verrà sospresa nel sonno. 



A T T O P R I M O
La scena rappresenta una casa distrutta dal terremoto di Messina del 1908. Ci saranno le macerie che riempiranno tutto il fondale. Il resto della scena sarà nero. Davanti alle macerie un fondale trasparente. Sulle macerie un calendario in scena ben in vista, che segna la data del 27 dicembre 1908. Al levarsi della tela solo la parte in fondo sarà illuminata, e li si troverà Ruggero, che guarderà il tutto con grande nostalgia. L’azione si svolge nel 1918.
***************
Primo Quadro
La casa di Ruggero distrutta dal terremoto

Ruggero: Bella commemorazione! Bellissima commemorazione! Bisognerebbe fare i complimenti al signor Sindaco ed a tutti i suoi tirapiedi. (Si guarda un po’ attorno, poi, imitando il sindaco) “La nostra città in questi dieci anni ha avuto la grande capacità di ripresa degna di un popolo evoluto”.
Ma si si mori ‘i fami...E ce ne siamo dovuti scappare di corsa...Ma tanto,
quelli che non sono morti nel terremoto sono morti in guerra: picca semu
chiddi chi turnammu. La caparbietà mi da fastidio; il dovere a tutti i
costi reagire...Ma chi nni sannu ‘i cristiani? Ognuno sale in cattedra e sputa sentenze, per non dirla in altre parole. (Si siede sulla poltrona e
si sdraia come per cominciare un sogno. Parte una musichetta jazz)
Ah, casa, dolce casa! E’ bello essere tornati. Casa mia, casa mia, per distrutta che tu sia, tu mi sembri una badia. Casa mia, casa mia... 
(A questo punto Ruggero comincerà a chiudere il siparietto, che si trova
davanti alle macerie ed uscirà dicendo) Peppino! Peppino!

Secondo Quadro
La casa di Ruggero prima del terremoto
(Comincia ora il racconto. Si illumina solo la scena nera, mentre il fondo rimane al buio. Al centro della scena si troverà un tavolo con alcune sedie. Siamo nel 1907, nel mese di Luglio. Simultaneamente all’uscità di Ruggero, che chiama il padre, entrerà sua madre)

Laura: (Da fuori si comincia a sentire Laura) Peppino! Peppino! (Entra in scena
in vestaglia) Peppino! Dove ti sei cacciato?

Peppino: (Entrando in camicia, mentre cerca di abbottonarsi i gemelli) Oh, chi
c’è? Cca sugnu! Sto cercando di fare da solo, ma non ci rinesciu.

Laura: Ah, ti vististi?

Peppino: Si, ma vorrei cercare di sistemare questi maledetti gemelli. (Mostra i
polsi) Ecco qua: Romolo e Remo, unu non malli e l’autru non servi.
Laura: Non hai pazienza. (Si mette lei a sistemarglieli) 

Peppino: Ah, non ho pazienza?

Laura: No.

Peppino: Menu mali chi ci si tu pacinziusa ‘nta sta casa.

Laura: ‘U poi diri. Sono così belli questi gemelli: mi custaru un occhiu d’’a
testa.

Peppino: Ma mi vuoi spiegare perchè non posso mettere una camicia c’’i beddi
buttuni, comu fazzu tutti ‘i iorna?

Laura: Ma sei pazzo? Sotto l’abito elegante? Ma comu, vai ‘o matrimoniu di
to’ niputi; fai il testimone e ti voi presentari c’’a cammicia c’’i buttuni?
Ma che uomo ho sposato?

Peppino: Un omu chi preferisci ‘i buttuni. 

Laura: Un villano, semplicemente un villano.

Peppino: Sarò villano, ma a mia mi piaciunu ‘i buttuni. E poi, l’uomo non si giudica dai gemelli. 

Laura: L’omu non si misura a palmi, ma unza pi unza comu l’oru finu.

Peppino: Finisti?

Laura: Si, ho finito.

Peppino: Ma poi, chi cauddu chi fa! 

Laura: Siamo a luglio.

Peppino: Oggi è la giornata più calda dell’anno.

Laura: No, è picchì si bardatu ‘i sta manera.

Peppino: Comu a ‘nu sceccu, sugnu bardatu comu a ‘nu sceccu.

Laura: Ma quando mai? Sei bellissimo! Io ti vorrei tutti i giorni così.

Peppino: Pi farimi iastimari.

Laura: Per avere un marito elegantissimo.

Peppino: Io non capisciu: a chista ci bugghia ‘u pignateddu, ed io debbo
pagare le conseguenze.

Laura: Stai parlando di tua nipote, la figlia di tuo fratello.

Peppino: E allura? Tutta la città è al corrente del fatto che si sposa incinta.

Laura: Ma statti mutu, baritteri! Vatti a mettere la giacca. E non fari cchiù
traficu.

Peppino: Ancora è prestu. (Riprendendo il discorso di prima) ‘A ponnu ‘nfasciari quantu vonnu.

Laura: A cu’? 

Peppino: A me’ niputi. 

Laura: Ma mutu...

Peppino: Di conzi metticcinni ‘na bisazza, falla comu la voi: sempri è cucuzza.

Laura: To’ niputi è ‘na cucuzza?

Peppino: Io penso che si vedrà lo stesso la pancetta.

Laura: A tre mesi non si vede niente.

Peppino: Dici?

Laura: Ma io non mi rendo conto di come sei diventato. Sarà l’età.

Peppino: L’età...l’età...Lascia perdere l’età. Senti io mi sentu...

Gemma: (Entrando gli fa il verso)...cchiù megghiu d’un picciottu ‘i vint’anni.

Peppino: Ed è perfettamente inutile chi ci fai ‘u smaccu: è la verità.

Gemma: Papà ha vent’anni! Sugnu cuntenta di aviri un patri chi non ‘nvecchia
mai. O chi non si voli rassignari...

Peppino: Muta!

Laura: Gemma, vatti a vestire e finiscila cu stu spiritu di patata.

Gemma: Come siete suscettibili cca intra! Forse vi ha morso la mosca cavallina?
Oppure la tarantola?

Laura: Nè musca nè tarantula; dico solo che è meglio che ti vada a vestire.
Tardu si fici.

Gemma: Suvvia, mamma, non essere così arrabbiata.

Peppino: To’ matri è sucettibili. E sai perchè? Ci ‘u dicu?

Laura: Che cretrinata le devi dire?

Peppino: To’ matri è ‘ncazzata, picchì to’ cucina, incinta di tre mesi, si sposa con l’abito bianco e cu tantu di pompa, mentri nuiautri, fuiuti, ma senza figli in arrivo, ci siamo dovuti sposare in sacrestia.

Gemma: Tantu, o cu’ l’abitu biancu o c’’a pompa, lo sanno tutti che Gina è incinta.

Peppino: Vedi, Laura? ‘U sapi tutta Missina. E appuntu, to’ matri, cara Gemma,
è ‘ncazzata. 

Laura: Non sono incazzata per niente. (A Gemma) Però, bada, ragazza, chi si
t’aviss’a capitari chiddu chi ci capitau a to’ cucina, ti espongo al pubblico
ludibrio...

Gemma: E con chi? Io non conosco uomo...

Peppino: Chi dicisti, ludibrio? Mih, sei diventata colta!

Laura: Ti espongo al pubblico ludibrio e ti fazzu maritari al Comune!

Peppino: Ma cu l’hav’a vuliri a chista? Con quel caratteraccio, poi...(L’abbraccia)
Senti, ‘u papà, sai chi facemu? Tu ti stai cu mia, non ti sposi.

Gemma: E picchì?

Peppino: Picchì sulu io ti pozzu suppurtari.

Gemma: Ma, papà...

Laura: Ma finiscila, non diri fissarii, chì già n’ha dittu puru assai. 
Stai cuminciannu a partiri ‘i testa. E vatti a mettere la giacca.

Peppino: Maliditti ‘i giacchi e cu’ ‘i ‘nvintau! Maliditti ‘i matrimonii! Ah, a quest’ora ero a Ganzirri, sulla mia barchetta a piscari a cefuli! Inveci,
sugnu cca, cu stu malidittu vistitu, prontu p’annarimi a fari la più grande sudata della mia vita. Ecco quello che abbiamo guadagnato a maritarinni in sacristia, tranquilli e senza pompa. (Esce)

Gemma: Perchè è così nervoso?

Laura: Sente caldo.

Gemma: Non ci cridu, ci deve essere qualche altro motivo. Non lo vedo così da
quando hanno bocciato Ruggero agli esami di diploma.

Laura: E vabbene, a tia una non ti po’ ‘mmucciari nenti. E’ scontento di dovere
fare da testimone alla nipote incinta di tre mesi.

Ciccia: (Entrando) Mamma, le scarpe mi fanno male.

Gemma: Tagghiti ‘i pedi.

Ciccia: Spiritosa!

Laura: Gemma, lassa stari a to’ soru.

Gemma: Ma perchè, che sto facendo?

Ciccia: Mi prende sempre in giro, picchì dici chi idda è bella e io sono brutta.

Laura: Lo dice, ma non è veru.

Ciccia: Ma il brutto anatroccolo presto si trasformerà in cigno.

Gemma: Quando diventerai un cigno, quando sposerai quel...

Ciccia: Quel, cosa? Non parlare male del mio fidanzato.

Gemma: Quando parli del tuo fidanzato, ti riferisci forse a quel pianoforte
a mezza coda scordato, chi quannu c’è sciroccu trasuda comu ‘na funtana?

Ciccia: Mamma, ‘a senti?

Laura: Gemma...

Gemma: Ah, no, ti riferisci a dda giarra c’’i pedi...

Ciccia: Intanto io ho un fidanzato e tu sei zitella. E resterai a casa, con mamma e papà.

Gemma: Mamma, falla smettere, si no ‘a pistu sutta ‘e pedi.

Laura: Ciccia, finiscila.

Ciccia: Lei mi provoca. E poi, non è vero che ogni ragazzo che ti si è avvicinato ‘u facisti scappari cu autri pedi?

Gemma: Io ti ‘mmiscu ‘na pattita di timpulati a dui a dui, chi finisciunu c’’u 
‘sparu.

Ciccia: E videmu? Fammi vidiri?

Gemma: Non mi provocare.

Ciccia: Non mi scantu.

(Si lanciano l’una contro l’altra, ma Laura le divide)

Laura: Ma perchè? Siete due sorelle? Perchè non dovete andare d’accordo?
Mi sembrate due lavandaie! Io havi du’ uri chi ci fazzu a vostru patri lezioni di galateo, e vui vi sciarriati? Quasi quasi vi tirate i capelli...
Ma siete impazzite? S’’u sapi vostru patri, stavota, v’’i sona di santa ragiuni. E fa beni. Ah, l’avissi io ‘na soru!

Gemma: Preferisco mio fratello Ruggero. 

Ciccia: Certo, perchè lui ti vizia e fa finta di non sentire le fesserie che dici
tutta la santa giornata.

Gemma: Non è vero, Ruggero non mi vizia. Però non è tintu comu a tia.

Ciccia: Senti, ‘rappu ‘i racina pigghiatu di ‘rannula...

Laura: (Sorpresa) Ciccia, ma tu comu stai parrannu?

Ciccia: Comu mi fa parrari idda.

Gemma: A mia, ‘rappu ‘i racina pigghiatu di ‘rannula?

Laura: E tu non ripetere...

Gemma: Oh brutta pumadoru ‘nfittata di fetula...

Laura: Basta, finitela, ma cu’ vi ‘nsigna sti paroli? A proposito di Ruggero, 
sapiti unn’è?

Ciccia: Non lo so.

Laura: E tu?

Gemma: Non l’ho visto.
Laura: Non si sarà coricato...

Ciccia: Boh!

Laura: (Comincia a chiamare ed esce) Ruggero! Ruggero! (Ugualmente fanno le
altre due)

(A questo punto entreranno ed usciranno chiamando il nome di Ruggero,
fino a quando Ruggero entrerà. Sarà necessario che sia in vestaglia e che abbia i capelli un po’ più neri, dal momento che sta vivendo una scena di più di dieci anni prima)

Ruggero: (Entra stiracchiandosi) Qua sono! Che c’è?

Laura: (Seguita dalle figlie) Ma chi fai, dormi?

Ruggero: Per quanto sia difficile non sentire il macello che combinate...
Comunque, si, ancora dormivo. E si non mi chiamau, durmia ‘n’autra para
d’uri. Ho sonno!

Ciccia: Putruni!

Gemma: (Lo accarezza) Lascialo stare! Lui lavora!

Ruggero: Giusto, lavoro, e sono anche molto stanco. E oggi vulia dormiri.

Ciccia: Oggi è Domenica.

Gemma: E allura? Si riposa dalle fatiche di una settimana.

Ruggero: (Le da un bacio) Bedda, me’ soru! Avrai un brutto carattere, ma io
ti sposerei. Peccato che siamo fratello e sorella.

Gemma: Veru è, peccato! 

(Si abbracciano)

Ciccia: Ah, che bel quadretto familiare!

Laura: Vabbene, vabbene, oggi è Domenica; e dobbiamo dormire come i materassi? E al matrimonio come vieni, in vestaglia?

Ruggero: Mih! M’avia scurdatu! Oggi si sposa Gina...

Ciccia: E papà fa da testimone...

Gemma: Per quanto è scontento...
Laura: Gemma...

Ruggero: (Sbadigliando) Ora mi vestu, mamma. Però, prima, vorrei fare colazione.

Laura: Adesso dico a Sisina di portartela. (Esce) 

Ciccia: (A Ruggero) E sbrigati! (Esce)

Ruggero: Non la sopporto di sera a chista. Figuramuni di prima matina!

Gemma: Ieri sera abbiamo fatto le ore piccole.

Ruggero: E tu chi nni sai?

Gemma: Ti ho sentito rientrare.

Ruggero: Ero con gli amici.

Gemma: Già!

Ruggero: Chi voli diri stu già?

Gemma: Ti ‘mmucci di mia? Allora, non sono la tua sorellina preferita...

Ruggero: Chiariamo: io non ho sorelline preferite. Siete donne tutt’e due.
Certu, fra la tua vitalità, spregiudicatezza, in una parola, la tua pazzia,
e la monotonia e rumpitina di scatole di Ciccia, preferisco te. Ma vi voglio
bene entrambe.

Gemma: E io chi dicia? Parlavo di andare d’accordo.

Ruggero: Però, resta il fatto che quello che faccio io in giro, con le mie amiche
e con i miei amici, è affar mio.

Gemma: Soprattutto con le amiche.

Ruggero: Cu’ picca parrau mai si pintiu.

Gemma: Senti, filosofo, stanotti turnasti tardu, e non ti sintia io sula. 
Tu non te ne sei accorto, ma in processione, dietro la porta della tua
camera, sono passati, papà, mamma e Ciccia. Ma non sulu arreti a
to’ stanza, ma puru arreti ‘a stanza di...

Ruggero: Insomma, Gemma, ma che cosa vorresti, chi mi facissi monicu?

Peppino: (Entrando) No, ma che avessi un poco di rispetto per casa mia.
Questo non è un albergo. E siccome sapevi che stamattina ti dovevi
alzare presto, perchè oggi non è una Domenica come le altre, ti
putivi puru curcari prima.

Ruggero: Si, c’’i iaddini.

Peppino: Quantu si scattru!

Gemma: Via, papà, lascialo stare! E’ masculu, no?

Peppino: Già, masculu!

Ruggero: Fino a prova contraria...

Peppino: Perchè non ti vai a vestire?

Ruggero: Debbo prima fare colazione!

Peppino: Il giovin signore! 

Ruggero: Chistu nni succedi a nuiautri siciliani, perchè abbiamo l’abitudine di
stare in casa finu a vecchi.

Peppino: E allura, se non ti trovi più in casa, perchè non te ne vai a stare da un’altra parte? La città di Messina è piena di splendidi appartamenti.

Sisina: (Entra con un vassoio con latte e biscotti) Signor Ruggero, la colazione.

Ruggero: Oh, brava Sisina! Metti tutti cosi cca.

Sisina: Il latte è caldo ed i biscotti sono appena sfornati. Questo è il caffè,
lento, comu ci piaci a vossignoria, e queste sono le ciambelline di
pasta frolla.

Ruggero: (Le prende le mani) Fatte con queste manine! 

Sisina: Sissignore!

Ruggero: Deliziose manine! Massari! (Gliele bacia)

Peppino: (Fra se) Chi rovesciu!

Sisina: Vuole che glielo versi io il latte, signore?

Ruggero: No, grazie, faccio da me.

Sisina: Desidera altro?

Ruggero: No, gioia, puoi andare.

Sisina: Con permesso. (Esce)

Ruggero: (Comincia a mangiare) E allura, vuoi che me ne vada?

Gemma: Papà non ha detto questo.

Ruggero: Ha detto: “Te ne vai a stare da un’altra parte”.

Peppino: Non fare la vittima, ora. Ho risposto ad una tua affermazione. 

Gemma: Unni ci voli ci voli.

Peppino: Iddu è bravu a cambiare le carte in tavola.

Ruggero: Ma picchì l’hai cu mia?

Peppino: Perchè? Te lo spiego subito. Havi ‘na picca di tempu chi, di cca a cca,
non mi cali: mi resti di traverso tra la trachea e l’esofago, fermo, stabile
sull’epiglottide.

Ruggero: L’epiglottide...

Gemma: Non ci arrivi mancu ‘nta bucca di l’anima.

Ruggero: In poche parole, non riesce nemmeno ad inghiottirmi.

Gemma: Ci dugni forti fastidiu.

Peppino: Gemma, lasciaci soli.

Gemma: Ma perchè, papà? Mizzica, non pozzu scutari mai nenti.

Peppino: Gemma, vai. Avem’a parrari di questioni maschili.

Gemma: Ma siamo nell’ambito della famiglia.

Peppino: Gemma, leviti di ‘nto menzu ‘e pedi.

Gemma: Vabbene. (Esce)

Peppino: E non origliare.

Gemma: (Tornando) Chi dicisti, che posso restare?

Peppino: Esci fuori e non ti mettiri a scutari arreti ‘a porta.
Gemma: (Delusa) Vabbene. (Esce)

Ruggero: Si sta picca di latti mi l’ha fari calari vilenu, dimmillu prima.
Se invece hai intenzione di parlare da uomo a uomo, allora, ti ascolto.

Peppino: (Si siede) Da uomo a uomo. Quannu ti voi mettiri ‘a testa ‘o versu?
Quannu diventi cristianu? Quando sei convinto di diversificarti la una scimmia o da una semplice gallina? Insomma, ‘a scoccia di supra quannu t’’a voi livari?

Ruggero: Quannu ‘a finisci?

Peppino: Ti stai facendo grande.

Ruggero: Puru tu.

Peppino: Io, più che grande, mi staiu facennu vecchiu. Ma sempri megghiu ‘i tia
sugnu, non t’’u scurdari.

Ruggero: Si, ‘u sacciu, si megghiu d’un picciottu ‘i vint’anni. Chisti sunnu ‘i
tiriteri d’’i vecchi.

Peppino: Sarebbe giunto il momento che cominciassi a fare delle scelte.

Ruggero: Matrimoniali?

Peppino: Quanto meno di lassari in paci ‘a cammarera.

Ruggero: Papà, non sugnu io: è idda chi mi batti ‘a porta tutti ‘i siri.

Peppino: Uh! Quannu dici sti cosi mi fai divintari una belva! 

Ruggero: Ti fazzu divintari?

Peppino: Senti, Ruggero, ieri sera Sisina avia ‘a sirata libira. E fonti molto attendibili mi hanno riferito che l’ha passata con te.

Ruggero: E quannu ti vinniru a riferiri, stanotti? Dici piuttosto che mi hai
seguito.

Peppino: Ne avrei il diritto, picchì unu chi nesci c’’a cammarera...

Ruggero: E’ vietato?

Peppino: Si.

Ruggero: E da quale legge?
Peppino: Dalla legge della educazione e della buona creanza.

Ruggero: E dalla morale borghese, che prevede che uno la camariera se la
deve fare semplicemente nel chiuso di una stanza d’albergo, ammucciuni,
senza dare nell’occhio.

Peppino: Tu, invece, te la porti a cena nel migliore ristorante della città,
dove c’è la gente che conta, proprio per dimostrare che sei diverso
dal resto della famiglia e che non ci tieni ai principi morali borghesi,
di quella società borghese della quale sei il frutto, quasi a dire a tutti:
“Cca ci sugnu io, sugnu scattru, fazzu chiddu chi vogghiu”.

Ruggero: Sono libero, lavoro, mi mantengo e siamo nel 1908...

Peppino: In Sicilia, unni ‘i petri non si chiamunu sassi.

Ruggero: Mi piace.

Peppino: Cu’?

Ruggero: Sisina.

Peppino: E scommetto che ne sei pure innamorato.

Ruggero: E se fosse?

Peppino: Se fosse? Ma che pensi, chi pensi chi to’ patri ‘i cammareri ‘i lassava
stari in paci? Una non c’è stata, che non ha conosciuto il mio letto.
E’ un classico, no? La mia prima donna fu proprio una cameriera, quando
avevo dodici anni e lei qualche anno in più di mia madre.

Ruggero: Quantu?

Peppino: Quarantadue. Ma quelle, nella vita, ci vogliono: sono le cosiddette navi scuola. Ma finemula con gli innamoramenti. Ci basta to’ cucina Gina, chi si
sta maritannu cu l’autista di so’ patri, e puru incinta di tri misi.

Ruggero: E ora, io haiu a pagari pi causa soi?

Peppino: Vidi, figlio snaturato, io non mi preoccupo tanto per te quanto per
tua madre.

Ruggero: Bonu, papà, levicci ‘a farsa: tu non ti preoccupi pi nuddu, tranne che
per la tua splendida faccia, che deve andare in giro sapendo che tutti sono a conoscenza del fatto che tuo figlio si porta a letto la cameriera e, come se non bastasse, la espone in pubblico.

Peppino: Comu un trofeu di caccia.

Ruggero: Con orgoglio.

Peppino: D’un pedi ‘i cannella!

Ruggero: La cannella la metto per addolcire la ricotta.

Peppino: Non capisco di cu’ nni pigghiasti.

Ruggero: Di tia, papà, nni pigghiai di tia.

Peppino: Mancu un pilu! 

Laura: (Entrando con Ninnino) Vieni, Ninnino, stanno parlando di cose da uomini.

Ninnino: Buongiorno.

Peppino: Oh, fratello!

Ruggero: E tu chi fai cca? E Gina? Ma non si deve sposare fra poche ore?

(Ninnino non risponde, ha come un piccolo svenimento. Attimi di confusione;
gli danno subito una sedia)

Ruggero: (A voce alta) Sisina! Sisina!

Peppino: Ma chi cummini?

Laura: Ninnino!

Sisina: (Entrando) Signore?

Ruggero: Porta un bicchiere d’acqua e zucchero per mio zio.

Sisina: Subito, signore. (Esce)

Laura: E allura, Ninninu, chi c’è?

Ninnino: Quella disgraziata è stata la rovina della mia vita.

Peppino: Ma cu’, to’ figghia?

Ninnino: No.

Peppino: No?

Ruggero: E allura, cu’?

Ninnino: Mia moglie. (Scoppia in lacrime)

Laura: Ma, Ninnino, che fai?

Ruggero: Zio! 

(Lo abbracciano per consolarlo)

Sisina: (Entrando con l’acqua) L’acqua...

Peppino: Si, grazie. (La beve) Ti nni poi annari.

Sisina: Sissignore. (Esce)

Laura: Ma come, oggi si sposa tua figlia...

Peppino: ‘Dd’autra buttanella...

Ruggero: Papà, ma che dici?

Ninnino: Ha ragione.

Ruggero: Ma, l’acqua?

Peppino: E chi nni sacciu?

Ruggero: (Ad alta voce) Sisina!

Sisina: (Entrando) Signor Ruggero?

Ruggero: Signor Ruggero...L’acqua per mio zio?

Sisina: S’’a biviu so’ patri.

Peppino: Ma quannu mai?

Laura: Sisina, sei deventata bugiarda?

Sisina: Ma no, signora, lei e il signor Ruggero stavate consolando don Ninnino.
Io ho portato l’acqua e don Peppino l’ha bevuta e mi ha mandata via.

Peppino: Ma chi dici, ‘mbrugghiuna e parasacchi? E io mi bivia l’acqua di me’ frati?

Ruggero: Si biviu l’acqua.

Ninnino: Ma insomma, io vinni cca pi essiri cunfurtatu...

Ruggero: Hai ragiuni, ziu.

Ninnino: Non nni vogghiu acqua.

Laura: Sisina, puoi andare.

Sisina: Si, signora. (Esce)

Ruggero: Dunque, zio, che è successo?

(Gemma entra e si nasconde)

Ninnino: Tutta la città sa che mia figlia Gina si marita prena.

Peppino: Chi ti dissi io?

Ruggero: Zio, ma che espressioni...Prena...

Peppino: Dici, piuttosto, gravida.

Laura: Peppino...

Ninnino: No, l’espressione giusta è: prena.

Ruggero: E chi è, ‘na cani?

Ninnino: Peggio! Peggio! Ha disonorato il mio nome! Ed io dovrò portare all’altare
una sposa incinta di tre mesi.

Peppino: E io, chi ci ha fari ‘u tistimoni?

Ruggero: papà, chi è ‘a stissa cosa?

Laura: Stai zitto!

Gemma: Svergognata! Ci aviss’a tirari ‘u coddu!

Ninnino: La mia casa è tutta sottosopra.

Sisina: (Entra con un piattino ed un bicchiere d’acqua) Scusate, dod Peppino, è l’ora della pillola.

Ruggero: Sisina, ma ti pare il momento?

Peppino: Certo che è il momento.

Laura: Cu to’ frati cca chi havi stu gran sali ‘i Maria?

Peppino: Ma si non mi pigghiu ‘a pinnula mi chiana ‘u zuccuru.

Ninnino: Pigghitilla, ‘u frati! Non ti vogghiu supra ‘a cuscenza.

Peppino: (Prende la pillola) Grazie, Sisina, puoi andare. 

Sisina: Con permesso. (Esce)

Ninnino: Ora, mi pozzu sfugari?

Laura: parra, ‘u cugnatu.

Ninnino: Quello che è successo in casa mia è semplicemente vergognoso.

Ciccia: (Entrando) Mamma, ci ‘u misi ‘u spiritu, ma mi stannu ‘u stissu stritti
‘i scarpi.

Ninnino: Bonu, va! Mi nni vaiu.

Ciccia: Ziu Ninninu, ti nni vai picchì vinni io?

Ruggero: Ciccia, vatinni.

Laura: Non è il momento.

Ciccia: Ma a mia ‘i scarpi d’’u matrimoniu...

Peppino: (Isterico, la trascina per un braccio fuori) Vatinni fora, chi stu matrimoniu non si sapi mancu si si fa! 

Ciccia: (Da fuori) Che modi!

Peppino: Dunca, Ninninu, parra.

Ninnino: Tu sai, ed anche Laura sa, Ruggero non lo sa, che Gina non ha il nostro sangue nelle vene.

Ruggero: In che senso?

Laura: E’ figlia adottiva.

Gemma: (Uscendo allo scoperto) Alla faccia vostra! E comu putiti essiri tantu
‘mmuccidderi da tenere nascosta una cosa così importante?

Peppino: Sempri arreti ‘e porti chi scuti! (Chiamando) Ciccia! Ciccia!

Ciccia: (Entrando) Che c’è?

Peppino: Assettiti. (A Gemma) Se tu sai, anche tua sorella deve sapere.

Ciccia: Ma che cosa?

Gemma: Che Gina è figlia adottiva.

Ninnino: Non è questo il punto. Mia moglie è incinta.

Ruggero: Comu, incinta?

Peppino: Allura ‘u difettu di cui è? Non hai detto allora che tu eri sterile?

Ninnino: Appuntu. Mia moglie sarà mamma e nonna di due fratelli.

Laura: Mamma e nonna?

Ruggero: Tua moglie?

Gemma: Di due fratelli?

Ciccia: O di du’ soru...

Peppino: E tu, dunque, non sarai papà?

Ninnino: No.

Ruggero: E che sarai?

Ninnino: Nonno, e basta.

Laura: E già, s’’u difettu è ‘u soi...

Peppino: Ciccia e Gemma, andate di la.

Gemma: Ma, papà!

Peppino: Non sunnu discursi pi vui.

Ciccia: Chi voi ‘mmucciari ‘u suli c’’u criu?

Peppino: Ho detto, di la. (Urlando) Fuori!

(Ciccia e Gemma escono sbuffando)

Laura: Ma allura, stu figghiu di cui è?

Ninnino: Di l’autista, il mio futuro genero.

Tutti: (Interdetti) Comu?

Ninnino: Ha messo incinta mia moglie e mia figlia.

Peppino: Ma qua ci vuole il fucile, fratello mio.

Ruggero: E dunque, il matrimonio non si farà?

Ninnino: Non con la nostra famiglia presente.

Ruggero: Menu mali chi non mi vistia.

Peppino: E io chi mi pigghiai tuttu stu cauddu.

Laura: Finitila.

Ninnino: (Piangendo) Comu fazzu? Che vergogna!

(Escono allo scoperto Gemma, Ciccia e Sisina)

Gemma: Zio, fai abortire tua moglie...

Ciccia: Fai maritari a to’ figghia...

Sisina: E salvate l’onore della famiglia...

Peppino: Un bel trio avete formato. (Urlando) Fuori!

(Le tre ragazze escono di corsa)

Ninnino: Che vergogna! Che vergogna!

(Tutti lo consolano, mentre cala la tela)


FINE DEL PRIMO ATTO



A T T O S E C O N D O

La stessa scena del primo atto, è il 27 dicembre del 1908. I personaggi saranno ovviamente vestiti diversamente. Al levarsi della tela in scena ci saranno Laura e le figlie. Laura sarà seduta sulla poltrona con una coperta sulle gambe e piangerà. Ciccia, vicino a lei, con una tazza di brodo, cercherà di fargliene prendere un po’; Gemma passeggerà avanti e indietro, nervosamente.
********************

Laura: E se si ammazzano?

Ciccia: Mamma, non si ammazzano, c’è lo zio Ninnino.

Laura: To’ patri, quannu perdi ‘i staffi, non capisci cchiù nenti. Io lo conosco,
lo conosco di vecchia data. Diventa comu un liuni, ci calunu ‘i veli supr’a
l’occhi.

Gemma: Non ci cunveni, picchì Ruggeru non è tipu chi si fa dari corpa.
Ruggero reagisce.

Laura: Oh Dio mio! Gemma, chi dici? Allora ho ragione io: si ammazzano!
Bisogno fare qualcosa! Bisogna fermarli! Sunnu patri e figghiu!

Ciccia: Gemma, finiscila. Quando mai Ruggero ha reagito a papà?

Gemma: ‘Na vota, quann’era picciriddu. Ma se ora tentasse di alzargli le mani,
Ruggeru non si faria dari. Ormai, fra iddi dui, ‘i cosi annaru troppu
avanti.

Ciccia: Stai parrannu d’un patri e d’u figghiu, non di due nemici.

Gemma: E ddocu è ‘u fattu: ormai sono nemici.

Laura: Chi famigghia ruvinata!

Ciccia: Mamma, lassila stari, dici babbarii.

Gemma: La verità è. Ma, del resto, era normale che finisse così. ‘A corda fu tirata tanti voti finu a quannu si rumpiu.

Laura: Tra patri e figghiu! (Piange)

Gemma: E torna! Non ci trasi l’essere padre e figlio.

Ciccia: Smettila! Mamma, pigghiti ‘na schizza di stu brodu.
Laura: Non mi cala nenti, ‘a mamma: haiu ‘u stomucu ‘ntuppatu! Pari chi haiu
un tappu di sughiru ‘nta bucca ‘i l’anima.

Gemma: Lassila stari. ‘U brodu non risolve i problemi.

Ciccia: Pensa ai fatti tuoi.

Gemma: Mi rispunni sempri c’’a raggia! Arpia!

Ciccia: Gemma, vidi chi oggi ti iazzu ‘i manu!

Gemma: No, sugnu io chi t’’i iazzu a tia.

Ciccia: E inveci t’’i iazzu io a tia.

Laura: V’’i iazzu io a tutti dui. Finitila! Non ci bastunu i guai chi avemu?
Siete sempre pronte a scannarvi. Io pensu chi si muririumu io e vostru patri, vi tiririu ‘i cuteddi. Avanti, fate le persone per bene.

Gemma: A proposito di persone per bene. Ieri mattina ho incontrato Gina e sua madre. E c’era pure il duplice papà.

Ciccia: Ah, si? E non dirmi che le hai salutate...

Gemma: Certo che le ho salutate. Anzi, furu gentili, educate...Mi hanno chiesto di
voi, di papà...

Ciccia: Di Ruggero...

Gemma: Anche di Ruggero.

Laura: S’eppur’a pigghiari ‘stu saziu!

Gemma: E dovevate vedere lui, il doppio padre: ‘nto menzu di tutti dui, in braccetto...Oh, era biddittu piddaveru. Ci assumigghiava a un puddicinu
‘nta stuppa.

Ciccia: Che schifo!

Gemma: No, quale schifo? Erano simpaticissime: Gina, bedda, ‘rossa, ormai di otto
mesi; sua madre, un po' più magra...

Laura: Di sette mesi. Che vergogna! Poviru Ninninu! Un uomo così onesto, dolce...

Gemma: Troppa vicinanza! L’autisti hann’a essiri autisti e ‘i patruni, patruni.

Laura: Anche il nostro problema è nato per questo.
Ciccia: Chiddu fu ‘n’autra cosa. Ruggero è stato cresciuto troppo viziato da te
e da papà. Certu, aviu ‘u figghiu masculu, ‘a bannera...di San Giuvanni!

Gemma: Ma statti muta, invidiosa!

Laura: Ciccia, sei ingiusta. Io e tuo padre abbiamo cresciuto voi tre allo stesso
modo.

Gemma: Non diri fissarii, ora, mamma. Si no mi fai parrari puru a mia.

Laura: Picchì, chi voi diri?

Gemma: Io ha statu sempri ‘a pecura nira d’’a famigghia.

Ciccia: Tu? Ma si ha statu sempri ‘mbrucculiata...

Peppino: Bonu, finitila, chi fustu tutti e tri ‘mbrucculiati.

Laura: Veru è!

Peppino: (Accarezzando Laura) Comu stai, Lauredda?

Laura: E comu ha stari? Me’ figghiu unn’è? (Peppino non risponde) Ninninu...

Ninnino: Sta bene. Sta molto bene: ‘n’autru tantu.

Peppino: ‘N’autru tantu cchiù bestia ‘i prima.

Laura: E quando viene?

Ninnino: Presto, molto presto sarà qui. Viene per discutere.

Laura: Per discutere?

Gemma: Certu, mamma, non capisti?

Ciccia: Che significa: per discutere?

Laura: Chi avem’a discutiri? Non parrau già cu so’ patri?

Ninnino: Bisogna discutere le condizioni che potrebbero permettere o no un suo reingresso in questa famiglia.

Laura: Ma che stai dicendo, Ninnino?

Ninnino: No, io non staiu dicennu nenti. Cu to’ maritu hai a parrari: queste sono
le sue parole proferite al figlio.
Laura: Le condizioni che potrebbero permettere o no un suo reingresso in questa famiglia?

Gemma: (A Peppino) Come se dipendesse da te?

Laura: Gemma, ti prego.

Peppino: No, no, falla cuntinuari. E da chi dipenderebbe?

Gemma: Da tutti.

Peppino: Ah, da tutti? Ciccia?

Ciccia: No, papà, l’ultima parola è la tua.

Gemma: Brava! Benissimo! E nui chi semu? E nostra matri, che lo ha partorito?

Peppino: E allora, parliamoci chiaro. Unu chi si nni scappa c’’a cammarera saria
cosa di essiri ‘ttaccatu a un palu e frustatu. Ma sai comu? A sangue, finu
a quannu tutta la deficienza chi havi ‘nto ciriveddu si nni nesci. 
E aviria diri: “Mamma aiutimi...Mamma aiutimi...” E ‘a deficienza nesci. 
E già, perchè uno che scappa con la cameriera è deficiente. Non c’è cchiù
nenti ‘i pigghiari.

Ninnino: E ‘na matri e ‘na figghia chi si fannu mettiri incinta d’’u stissu autista,
chi sunnu?

Peppino: Ninninu, ‘u frati, io ti chiamai pi darimi aiutu cu sti serpi vilinusi;
tu giochi contru di mia...

Ninnino: Non è chistu ‘u fattu. Ma io ti vogghiu diri di non esagerarla.
Tuo figlio Ruggero si nni scappau c’’a cammarera. Benissimo.

Peppino: Comu, benissimo?

Ninnino: No, dico, ora si assume la responsabilità del suo gesto. Ma non è che lo
si può fucilare. Allura, io chi avia fari?

Peppino: Un triplice omicidio.

Ninnino: E vaiu in galera pi iddi?

Gemma: (Indicando il padre con ironia) Il prode Achille durante l’assedio di Troia!

Peppino: Gemma, oggi ti pigghiu a timpulati!

Gemma: Daveru?
Peppino: No? Non ci cridi? E vabbeni, ora ti fazzu vidiri. (Si lancia)

Tutti: (Trattenendolo) No, fermu!

Peppino: Lassatimi stari.

Gemma: Lassatilu stari.

Laura: Senti, Gemma, basta! E tu, Peppino, finiscila di sviari ‘u discursu.
Cca s’hav’a parrari di Ruggeru. 

Gemma: Appunto, di Ruggero e del gesto che ha commesso, grazie alla tua opposizione.

Peppino: La mia opposizione era legittima.

Laura: E conosci così male tuo figlio da non capire che, osteggiandolo, avresti
ottenuto l’effetto contrario. 

Gemma: Insomma, caro padre, a quanto pare, colpa della fuggitina di Ruggero 
è tua. 

Ciccia: Infatti, questo è il tuo destino, papà: ogni vota chi voi fari ‘na bona
azioni cummini un tirribiliu. Senti a mia, senti a to’ figghia Ciccia:
statti sotu e fermu. Tantu ‘i così vannu avanti c’’i so’ pedi.

Peppino: Sta figghia filosofa!

Laura: Ora parru io. Vogghiu sapiri che cosa vi siete detti con Ruggero.

Gemma: Avivi annatu dda pi giustari ‘a situazioni...

Ruggero: (Entrando) E’ permesso?

Peppino: Parraumu d’’u boi e spuntaru ‘i corna.

Ruggero: Mamma!

Laura: (Va ad abbracciarlo) Ruggero! Ora in casa tua chiedi permesso?

Ruggero: Senza lacrimi. (Chiama a se le sorelle, che vanno ad abbracciarlo)

Laura: ‘A mammitta! Chi facisti? Perchè non hai prima parlato con tua madre?
Ricorditillu: sulu to’ matri ti dici: “Laviti ‘a facci chì pari cchiù beddu
di mia”!

Ruggero: Gemma, Ciccia, non mi salutati? (Le ragazze vanno ad abbracciarlo)
Le mie sorelline! Comu stastu senza di mia? Ciccia, cu cu’ ti sciarriasti?

Gemma: Quannu manchi tu ci sugnu io.

Ruggero: E tu, Gimmitta, a cu’ ci annasti a scutari arreti ‘a porta d’’a stanza
‘i lettu?

Peppino: Benissimo, ora che abbiamo dipinto il quadretto di famiglia, vogliamo
discutere seriamente cincu minuti?

Ruggero: E allura, tu vatinni.

Peppino: Comu? (Monta su tutte le furie, viene trattenuto da Laura e Ciccia)

Ninnino: (Treaendo Ruggero a se, in quel trambusto) Ruggeru, levicci
stu smaccu e cercati di parrari seriamenti, chì cca oggi finisci a trispidi
e tavuleddi.

Ruggero: Si.

Gemma: Avanti, cercate di parlare seriamente. 

Peppino: Picchì oggi cca succedi ‘na stragi.

Gemma: (Fra se) ‘A bucca è menza forza!

Peppino: Parra picca, picchì io ci sentu.

Laura: Sisina dov’è?

Ruggero: E’ di la.

Laura: Falla trasiri...anzi, no, andranno le tue sorelle a prenderla.

Ciccia: (Scandalizzata) Mammà...

Peppino: Chi ci trasi Sisina? Io con mio figlio mi debbo accordare.

Ruggero: Diplomazia internazionele.

Laura: Forza, andate. (Le ragazze escono) Non ci fari casu a Ciccia. Sai, ti voli
beni, ma lo dimostra diversamente da Gemma. 

Peppino: Mandare le tue figlie a pigghiari a chidda dda...

Laura: Vergognati! Una ragazza che hai cresciuto!

Peppino: In qualità di serva.

Ruggero: Mi nni vaiu!

Ninnino: Ruggero, no, stai fermo.Calmo!

Ruggero: E allura, fallu rigittari ‘na picca.

Laura: Pippinu, finiscila! E chi è? Voi parrari o no?

(Entrano le sorelle con Sisina)

Laura: Sisina, vieni, entra. (Va ad abbracciarla) Comu stai?

Sisina: Bene, signora.

Laura: Ma che signora, Sisina?

Peppino: Fatti chiamari mamma. (Va a prenderla da un braccio e la allontana da
Sisina) Leviti ‘i cca.

Gemma: Cusapi s’aviss’a ‘nfittari!

Ruggero: Oh, stai attentu! Teni ‘i manu a postu!

Peppino: Si no chi fai?

Ruggero: Tu teni ‘i manu a postu.

Peppino: L’avemu puru malantrinu stu figghiu!

Laura: Non fari scenati.

Sisina: Buongiorno, don Peppino.

Peppino: Buongiorno. Dunque, io voglio sapere se la ragazza è incinta.

(Stupore delle donne)

Ruggero: Spiiccillu.

Peppino: Io? A idda?

Ruggero: Tu, a idda...

Gemma: A tua nuora.

Peppino: Vabbene. (Si avvicina a Sisina) Sei incinta?

Sisina: Non sono incinta.

Peppino: E allora è tutto sistemato.

Laura: In che senso?

Peppino: Che Ruggero se ne torna a casa, lei viene licenziata, le diamo una bella
liquidazione...

Gemma: E cu quattru soddi ha trovato la soluzione.

Ruggero: Fa pure rima.

Ninnino: Ma, fratello, pari chi stai giucannu ‘e brigghia.

Gemma: No, ‘i brigghia ci spasciaru.

Ruggero: (Ridendo) Io ci spasciai.

Peppino: ‘I brigghia t’’i rumpu ‘nta testa, si non cia ‘a finisci. 

Sisina: Ruggero, ma...non ha capito niente tuo padre.

Ruggero: Infatti, non ha capito proprio niente. Povero papà!

Peppino: Ma picchì, chi cosa c’è di capiri? (Li guarda tutti e poi guarda Ciccia)
Ciccia, figlia intelligente, che ti sei andata a ricevere la concubina di tuo
fratello, che c’è da capire?

Ciccia: Papà, si vonnu maritari.

Ruggero: E chistu già ci ‘u dissimu prima.

Ciccia: Papà, Ruggero e Sisina sono innamorati l’uno dell’altro, e si vogliono
sposare.

Gemma: Dopo tutto, tua nipote Gina non si maritau c’’u l’autista?

Peppino: E no, dda c’era ‘u palloncinu.

Laura: ‘U palloncinu?

Ruggero: Il figlio in arrivo, mamma.

Gemma: Sai chi faciti, Ruggero? Mettila incinta e fra qualche mese vi nni fuiti 
‘n’autra vota. Si c’è ‘u palloncinu iddu si sta mutu e s’’a ghianta.

Laura: Che bel modo di parlare che avete padre e figlia! ‘U palloncinu!
Ma io dico, Peppino, unni t’’i ‘nsigni queste belle espressioni?

Ciccia: A Ganzirri.

Peppino: M’’i ‘nsignunu ‘i pisci.

Gemma: Tutti ‘i cefuli cu l’occhiali chi ‘ccatti e poi ‘mbrogghi c’’i piscasti.

Ruggero: Finitela. Chi ci trasi stu palloncinu?

Peppino: Ma scusa, se c’è l’innocente di mezzo...

Gemma: Vidi chi haiu ragiuni io? Si tratta solo di ritardare di qualche mese.

Ciccia: Gemma, finiscila. Non è chistu ‘u discursu. Papà si riferisce ai problemi
di carattere sociale che questa unione comporterebbe. Tu capisci?
Nostro fratello sta sposando la cameriera. Io non discuto Sisina in quanto
Sisina, e penso che neanche papà la discuta. Ca ‘a cosa è ‘n’autra.

Peppino: (Va a darle un bacio) Finalmenti quarchedunu mi capiu. ‘I problemi
sociali, che questa unione produrrà...

Ruggero: Li dovrò affrontare io e non tu. Io mi nni vaiu a stari p’’a
me’ casa. 

Peppino: Io non ti do casa: a morti si spinna ‘a iaddina.

Laura: E vabbeni, ci ‘a dugnu io.

Peppino: Ma sei pazza? Prenderesti la casa dove stava tuo padre per spalleggiare
questo connubio assurdo?

Ninnino: Ma, Peppino, finiscila. Dico, al di la dei torti e delle ragioni: chistu è o non è to’ figghiu?

Peppino: Lo è stato, ma non so se lo sarà ancora per molto!

Laura: Ah, quantu fissarii chi dici!

Ruggero: Che squallore!

Ciccia: Papà, lascia stare, non diri carpezzerii

Gemma: Allora, non stai dalla sua parte?
Ciccia: Io non sto dalla parte di nessuno. Ma capisco che la situazione non è
delle più piacevoli.

Sisina: Scusati, pozzu parrari? Io non credevo che volere bene ad una persona
potesse creare tutti questi problemi. Io, quannu canuscia a Ruggeru avia
unnici anni e iddu ‘nn’avia vinti. E io stava sempri c’’a testa unni iddu:
non esistia autru pi mia. Poi, dopu, iddu s’accurgiu di mia e siamo
diventati amanti. Poi visti chi io non era sulu un corpu, ma ‘na cristiana
intera e ha deciso di amarmi veramente. Poi ha capito che l’unico modo per stare insieme era di creare il fatto compiuto, e ce ne siamo scappati. 
Ora, chi vuliti, chi nni spartemu?

Ruggero: (A Peppino) Achille, te lo puoi scordare! Perchè è proprio qua il nocciolo della questione. Senti, caro padre, ma tu cui eri quannu ti pigghiasti a me’ matri? Te lo dico io? Cugghivi fumeri pi strada e te li vendevi.

Ciccia: Fumeri?

Ruggero: Escrementi, cara sorella: cacca. Poi andavi presso le stalle bovine,
cugghivi ‘a buina...(A Ciccia) Chidda d’’i vacchi...E la vendevi ai fornai.
‘A buina ci ‘a mettunu pi ‘ntuppari ‘i sciangazzi chi si formano attorno
alla bocca del forno per non fare entrare l’aria. Ecco chi era nostro padre
Achille, che ora si senti quantu un lumiuni pirettu e inveci è ‘na semplici
cucuzza.

Peppino: E di sta cucuzza nascisti tu.

Ruggero: Chistu facia ‘u papà: cugghia fumeri.

Ciccia: Ma non era un capitanu di marina?

Gemma: Un ammiragliu di muntagna!

Ruggero: Nostra madre era ricca, molto ricca, e tu, tantu facisti e tantu dicisti
ci vi nni fuistu.

Laura: Ci amavamo.

Ruggero: Ammesso, ma eravate in una situazione peggiore della nostra, picchì
almenu Sisina non commercia escrementi. (A Laura) Potresti negare che tuo padre era contrario?

Peppino: Ma dopu chi nni nni fuiemmu ha accettato.

Ruggero: E cca ti vulia io.

Ninnino: Ti frigasti c’’a to’ stissa bucca.

Peppino: Ragiuni hai, ‘u frati. Ma cu tuttu stu discursu unni voi arrivari?

Ruggero: L’amore non ha confini e non ha tasche: l’amore ha sentimenti.

Peppino: Amuri veni d’’a murara.

Ninnino: Tuo figlio ha ragione. Stai esagerando. ‘U sai chi ti dicu? Io mi nni
vaiu, prima chi ti dugnu un corpu ‘nta testa e t’’a iapru. Ma com’è che
non vuoi capire? Ancora pensi di poterti ingrandire col matrimonio di
tuo figlio? E’ ‘ranni, battiatu, indipendente e intelligente, per come
tu l’hai cresciuto. Dunca, ‘u vulisti così? Ora t’’u teni. (A Sisina e Ruggero) Vi auguro tanta felicità. Arrivederci. (Esce)

Peppino: Persino mio fratello, mi va contro.

Laura: E chistu t’aviria fari pinsari. Ma insomma, cosa vuoi? Non nni vulemmu
beni nui in tuttu questi anni? E non cuntinuamu a vulirinni beni?
E allura? S’avissimu fattu chiddu chi dicia me’ patri, tu ti saresti
preso una somma di denari e io mi maritava ‘o Baruni Floresta.
Ma dico, stai trattando quella ragazza come mio padre trattò te?
Ma tu ti scurdasti l’umilizaione che subisti allora? Sai chi ti dicu
Pippinu? Sei una testa di sceccu! 

Peppino: Vabbene, la vuoi? Prenditela, ma senza il mio consenso. Non ti voglio più vedere. Verrai quando vorrai, ma stai attentu chi io non ci ha
ghiessiri. Io non vulia chi tu o idda passavu chiddu chi passammu io e to’ matri.

Laura: Peppino, altri tempi.

Peppino: I tempi sono sempre uguali. Ti criscia così? Ed oggi, 27 dicembre 1908, io ti rinnego: tu non sei più mio figlio! (Esce)

Gemma: Chi testa dura!

Ciccia: Lassatilu stari, vedrete che ci ripenserà: lo farò ragionare io, cu mia
capisci. E si non voli capiri, ci spaccu ‘a testa.

Gemma: Se morisse questa notte, ristiria sciarriatu cu so’ figghiu! Che uomo!

Laura: E’ l’uomo che ho sposato. (Si avvicina a Ruggero e Sisina) Anch’io vi
auguro grande felicità. Viniti quannu vuliti...Io vaiu unni iddu...
Chi pozzu fari? E’ mio marito...(Esce)

Ciccia: Chi ci voi fari, Ruggeru? 
Gemma: Non t’’a pigghiari.

Ruggero: Tu t’’a poi pigghiari e io non mi l’ha pigghiari?

Sisina: Ruggero, andiamo?

Ruggero: Si, andiamo. E allura, io vado in albergo, per ora. Poi andrò a stare
a casa dei nonni. Quannu mi vuliti veniri a vidiri putiti veniri dda. 
Io in questa casa non ci verrò mai più. Se papà vuole essere perdonato, io
lo perdono, ma prima deve chiedere scusa a Sisina per quello che ha detto oggi. Mi nni vaiu. (Esce con Sisina)

Ciccia: Gemma, andiamo a letto, si fici tardu. Dumani, dumani videmu di sistimari
sta questioni.

Gemma: Si, hai ragiuni. E poi, dumani è Lunedì e ricuminciamu c’’i soliti storii.
Però l’avem’a sistimari.

Ciccia: Domani è un altro giorno.

Gemma: E’ nostru frati...

Ciccia: E chiddu è nostru patri...

(Le ragazze escono. A questo punto ci sarà il buio. Nel buio un boato andrà crescendo sempre di più fino a quando si sentirà il rumore di crolli e di macerie, durante il quale le voci fuori campo urleranno: “Messina rasa a suolo”. Subito dopo partirà una musica dolce e si illumineranno 
le macerie. Si sentirà la voce di Sisina, che chiamerà Ruggero, che 
riapparirà da dove era uscito. Siamo di nuovo nel 1918)

Terzo Quadro
La Casa di Ruggero distrutta dal terremoto

Sisina: (Da fuori) Ruggero! Ruggero! (Entrando) Ruggero!

Ruggero: Eccomi, sono qua.

Sisina: E’ tardu.

Ruggero: Lo so, ma non potevo andarmene senza vedere la mia casa.

Sisina: Ma, ti sei addormentato?

Ruggero: Si.

Sisina: I picciriddi hannu fami.

Ruggero: Si, hai ragione.

Sisina: (Lo prende per mano) E allura, a chi pensi?

Ruggero: La notte dopo quella discussione ci fu ‘u tirrimotu e muriu tutta ‘a 
me’ famigghia! 

Sisina: Mi ricordu...

Ruggero: Sai ‘na cosa? Vorrei incontrare mio padre.

Sisina: Ruggeru?

Ruggero: Che c’è?

Sisina: Amuninni.

Ruggero: Si, amuninni.

(Escono. Cala il buio e la tela)


FINE