Fantasmi

di

Tommaso Santi e Massimo Bonechi


Buio. Una timida luce mostra nella penombra tre persone che dormono, sdraiate in punti diversi di un container. Buio e poi di nuovo una timida luce: uno dei tre personaggi, Andreas, si è svegliato e si è messo a sedere, con le spalle appoggiate alla parete, accanto ad un cassa e una tanica d’acqua. Ancora buio e luce: un altro personaggio, Simon, si è alzato, si è posto sotto una finestrella, coperta da una fitta grata, che dà aria e luce al container. La luce si alza definitivamente. Simon segna una tacca, la quarta, su una parete, mentre anche l’ultimo personaggio che ancora dormiva, Zoltan, si sveglia. Alza la testa da una valigia che usa come cuscino e guarda le persone che sono con lui con sospetto. 

Zoltan – E’ già giorno? (nessuno gli risponde. Zoltan si mette in ginocchio di fronte alla valigia, la guarda, la apre, ne controlla il contenuto e la richiude)

Andreas, che era seduto con le spalle appoggiate alla parete del container, si alza e va verso Simon. Osserva le quattro tacche segnate sulla parete e le conta sussurrando: “uno, due, tre…”.

Andreas – …e sono quattro. Tra tre giorni siamo arrivati. 
Zoltan – Mi sembra di non essermi mai mosso.
Andreas – Ancora tre giorni.

Zoltan, voltando le spalle agli altri due personaggi, si pone di nuovo in ginocchio di fronte alla sua valigia e si mette a cercare qualcosa: tira fuori un pezzo di pane e lo mangia.

Simon – (Guarda Zoltan mangiare) Tu sei sempre a mangiare, ti dovrebbe passare il tempo.
Zoltan – Questa è roba mia. Tu hai la tua razione, mangia quella se vuoi.
Andreas – Abbiamo cibo abbastanza per tutti, credo. (Va a controllare la cassa dove sono i viveri) Non ci hanno dato molta acqua. Spero che prima di arrivare ci faranno di nuovo avere qualcosa.
Simon - … ma se da quando siamo partiti non si è fatto vedere nessuno. Qua ci dobbiamo arrangiare, quelli nemmeno si ricordano di noi, hanno già avuto quello che volevano. 
Andreas – Ci hanno detto che passeranno, non ci faranno mica morire qua…

Silenzio. Andreas si aspetta che i suoi compagni confermino la sua fiducia, in realtà Simon gli volta ostentatamente le spalle, come se volesse sottolineare la sua ingenuità, mentre Zoltan, spaventato, si rifugia nelle certezze che si è portato dietro.

Simon – (con rabbia) Se va male... se va male...qualcuno gliela farà pagare!
Andreas - Non ce ne sarà bisogno. Conviene a tutti che arriviamo a destinazione.
Zoltan - Io conosco... (si interrompe) So che il viaggio riesce. Quasi sempre. So per certo che tutto si conclude nel tempo previsto. Non c’è da preoccuparsi.
Andreas – Dobbiamo solo resistere qua dentro.
Simon - Ci avevano detto che avremo avuto acqua e cibo, che avrebbero procurato tutto loro... questa è scarico di fogna. Puzza...
Andreas - Puzza perché sono giorni che è dentro quel contenitore di plastica.
Simon - Puzza perché sono dei bastardi…
Andreas - (lo interrompe) E’ inutile che ti scaldi tanto…
Zoltan - Già, risparmia il fiato.
Simon - Parli bene tu, che hai con te tutto quel ben di Dio.
Zoltan - Lascia perdere, che ti importa.
Simon - Mi importa perché le condizioni non dovevano essere queste.
Andreas - E che ti aspettavi?
Simon - ... chi cazzo me l’ha fatto fare... (si allontana dai due). Non c’è spazio qua dentro. Non ci sarà stato un altro buco dove potevano infilarci?

Silenzio

Andreas - Dovremo essere in mare aperto...
Zoltan - Non si sente l’odore del mare.
Andreas - Qua dentro non arriva.
Simon – Qua dentro non si respira!
Zoltan - (chiede silenzio, si concentra su un rumore che in realtà non c’è stato) Però questo è un gabbiano... Sentito? Il verso di un gabbiano.
Andreas - E’ vero, era un gabbiano.
Zoltan - Saremo vicini alla costa. Chissà quali paesi abbiamo passato...
Andreas - Ho provato a chiedere ma mi hanno detto che non erano fatti miei. D’altra parte è anche un bene che nessuno sappia... non sarebbe molto sicuro.
Zoltan - Ho sentito dire che la nave non fa nessuna fermata. Quando ci fermiamo è perché siamo davvero arrivati.
Andreas - E’ probabile, fino ad ora non siamo mai attraccati in nessun porto. Ce ne saremo accorti.
Simon - Io dico che non ci accorgiamo di niente. Secondo me ci hanno infilato nella stiva... Noi non sentiamo niente, nessuno può sentirci. Se vorranno ci tireranno fuori quando è il momento.
Andreas - Ma non la vedi la luce? Siamo all’aperto, magari in mezzo ad altri container ma sicuramente all’aperto...
Simon - Sì, bravo, pensala come ti pare: ci hanno messo in prima classe. (A Zoltan) Perché ti sei portato così tante provviste, non hai visto che bel vagone ristorante. (Ad Andreas) E tu? Vuoi saper qual è il nostro itinerario? Chiedilo al servizio informazioni! Non siamo in crociera…
Andreas – Ci faranno almeno sopravvivere!
Simon - Nessuno verrà a cambiarci l’acqua, né le lenzuola…l’avete capito? (Tra sé, imprecando) Manca l’aria, manca l’aria.
Zoltan – Il viaggio è così…lo dovresti sapere…
Andreas – E’ inutile, prima o poi arriveremo... Dobbiamo muoverci… (inizia a camminare su e giù per il container)… l’importante è non pensarci…Altrimenti è impossibile resistere…Bisogna essere pronti…
Simon – Pronti per cosa…?
Zoltan – Potremmo battere sulle pareti, chiedere di farci uscire per un po’.
Simon – Siamo clandestini, idiota… siamo come dei topi di fogna. E’ già tanto che ci sia una finestra.
Andreas – Fosse almeno più in basso. Non si può vedere niente, non possiamo vedere quello che succede fuori di qui.
Zoltan – Entra un po’ d’aria…
Simon – Io vorrei vedere qualche nuvola (sposta uno scatolone sotto la finestrella). Cazzo, se ci sono monti oppure… (sale sullo scatolone) solo mare intorno. Quando sono arrivato al porto ho visto il mare, non ci ero più tornato da quando ero un ragazzino… (cerca di arrivare alla finestrella con un tentativo poco convinto. Desiste, si volta) Non l’ho mai potuto sopportare, e ora ci sono in mezzo (scende dallo scatolone). Preferisco non guardare.

Simon si siede sullo scatolone; ha gli occhi sono chiusi. E’ chiara la sua sofferenza.

Andreas – Da dove vieni?
Simon – Vengo dalla capitale.
Andreas – Vivevo a pochi chilometri, ma in città non sono mai stato.
Simon – Non ti sei perso niente.
Zoltan – Mio padre ci lavorava: partiva in treno all’alba e tornava a notte fonda. Non lo vedevo per mesi interi.
Andreas – Che lavoro faceva?
Zoltan – Meccanico. Guadagnava bene. Era così contento che voleva portarci nella capitale: riuscì anche ad affittare una casa. Ma quella casa nessuno l’ha mai vista.
Simon – E perché?
Zoltan – Caricammo le nostre cose su un carro… nostro padre ci parlava della città, di dove avremo vissuto, ma quando arrivammo la casa non c’era più… Ce l’avevano rubata. 
Simon – Non avevi pagato?
Zoltan – Era abitata da un’altra famiglia. Il proprietario era scomparso… avevamo perso i nostri soldi e non ci restò che tornare indietro.
Simon – E’ assurdo...
Andreas – Mio padre ha sempre lavorato i campi; nessuno l’avrebbe mai convinto a trasferirsi… Lui stava bene dove era nato; là c’era tutto quello di cui aveva bisogno.
Simon – E cosa c’è in quel posto?
Andreas – Niente!
Simon – E allora?
Andreas - E allora quando non hai niente da desiderare, non hai niente da perdere.
Simon – Questo mi sembra un buon motivo per andarsene.
Andreas – Per lui era un buon motivo per rimanere.
Zoltan – Mentalità da vecchi…
Andreas – Era nato lì, la sua famiglia ci viveva da sempre. 
Zoltan – In culo alle tradizioni. Dopo aver vissuto per anni in quello schifo non ci voglio anche morire.
Andreas – Quando sono partito mio padre non mi ha voluto nemmeno salutare. Ha cacciato di casa anche mia moglie!
Simon – E ora dov’è?
Andreas – La farò venire, col tempo…
Zoltan – Io mi sistemerò, e una donna me la voglio trovare dall’altra parte.
Simon – Io penso solo ad andarmene, non lascio niente e non penso di trovare niente…
Andreas – Perché sei partito?
Simon – Non lo so…

Andreas lo incalza.

Andreas – Ma come non lo sai…?
Simon – Ti dico che non lo so! (rivolto a Zoltan) …E tu, cos’hai da guardarmi?
Zoltan – Che vuoi? Chi ti guarda?
Simon – Tu, testa di cazzo! Io scappo, proprio come voi…Non mi lascio niente alle spalle e non mi illudo di trovare qualcos’altro di meglio. Sono in fuga come te… 
Andreas – Lascialo in pace.
Simon – Ti devi sempre mettere in mezzo? Parlo con lui! Discutiamone: non sono un buon compagno di viaggio?
Zoltan – No, non mi piaci. E allora? Solo pochi giorni e non ci vedremo più, posso resistere…
Simon – Sei capitato nel container sbagliato. In questa classe c’è un assassino. E’ un problema?
Andreas – Falla finita…
Simon –Ti ho detto di non impicciarti! Qui c’è qualcuno che da giorni mi guarda storto. Se non ti va a genio di respirare la stessa aria di un criminale…dimmelo in faccia!
Zoltan – Non mi importa niente né di quello che sei né di quello che hai fatto.
Simon – Sbagli. Sarebbe meglio che ti importasse, dovresti stare più attento.
Zoltan – (Si alza in piedi di scatto) Cosa vuoi, eh? Pensi di farmi paura? Nessuno mi impedirà di andare di là, capito?
Andreas – (Spinge Zoltan verso la parete) Lascia perdere…smettetela adesso!
Simon – No, mi piace il ragazzo; ha del fegato…Anche quello che ho ucciso ne aveva. E’ stato il coraggio a rovinarlo, o forse era solo stupido. Il suo amico si è cacato sotto ed è scappato. Ha salvato il culo. Lui no, non ha avuto paura…(mima con la mano un colpo di pistola)
Zoltan – Vuoi ammazzare anche me?
Simon – Non me lo chiedere due volte
Andreas – (Si mette tra i due) Basta, risparmiate il fiato. Voglio arrivare in fondo. Non mandate tutto a puttane per una stronzata del genere.
Simon – Illusi! E’ già tutto andato a puttane e non ve ne rendete conto…E’ tutto inutile… (Afferra Andreas per il bavero e lo spinge via) E tu! (Dà uno schiaffo a Zoltan, che cade a terra) Dove vuoi andare se non sai badare nemmeno a te stesso? (Scarica la sua rabbia sui due…) Di cosa avete paura, eh? Difendete il niente, e ve lo tenete bello stretto. (Continua ad inveire; se la prende con Zoltan, con la sua roba. Lo strattona, lo butta in terra, gli rovescia la valigia) Ma basta un pazzo qualunque, con tanta rabbia dentro…e salta ogni cosa, avete perso anche il vostro niente, perché la nostra vita non vale niente (Si calma e crolla, sfinito…colpi di tosse…) Ci hanno fregato…
Andreas – (Per terra, stremato) Ma che vuoi? Che ne vuoi sapere tu? Di me? Di quello che voglio?…

Simon si rialza e va verso la finestra, volta le spalle a tutti e cerca di guardare fuori, senza riuscirci. Zoltan si riprende, comincia a raccogliere la sua roba sparsa per terra e la rimette dentro la valigia. Poi, dopo una breve pausa, comincia a parlare senza guardare Simon.

Zoltan – Non mi interessa quello che pensi te, fai quello che vuoi, io tanto so dove andare, qualcuno mi aspetta, no, non mi fermerai. Cambierà tutto.

La luce comincia a calare. Buio. I giorni passano. Aumentano le tacche sul muro. La luce piano piano comincia a tornare, alternandosi ancora con momenti di oscurità: la scena scorre lentamente, i personaggi si alzano e si siedono. Ognuno è occupato a dare senso ai minuti che passano. Simon segna di nuovo le tacche sulla parete. Quando torna definitivamente la luce Andreas si siede, tira fuori dalla sua borsa dei fogli. E’ una lettera che ha scritto per la moglie; comincia a rileggerla. Simon sembra più tranquillo, è impegnato nella ricerca di un modo per arrivare alla finestra e guardare fuori. Zoltan è lontano da tutti, un po’ isolato, guardingo. Difende il suo spazio e cura la sua roba, osservando a volte Andreas, a volte Simon…

Andreas – (Legge) …Amore mio, come stai? Credevo che questi giorni sarebbero passati più velocemente invece siamo ancora qui, nel buio di un container. Ma ormai ci siamo, il momento dell’arrivo è vicino. Le cose che vorrei dirti sono così tante che non so da dove cominciare... Penso solo a quando uscirò di qui, penso a te e a quando mi raggiungerai. Scrivo lettere che non so se potrò spedirti, sperando di riuscire presto a parlarti. Devo resistere. Dormo poco, e le poche ore di sonno sono popolate da incubi: ho paura e la sola cosa che mi tranquillizza è scriverti. E’ diventato difficile anche respirare. Qua il clima è sempre teso, non ci fidiamo. Sembra che ognuno di noi speri che gli altri non ce la facciano. Siamo in cerca di vendetta, ma contro chi, poi? La vita per noi è soprattutto lotta e sofferenza. Questa è l’ultima prova, spero. Per te invece…un’altra serie infinita. E questo mi fa sentire colpevole. Non voglio più vivere così. Riuscirò a sistemarmi e allora potrai raggiungermi..
Zoltan – Non vorrai farla viaggiare rinchiusa come noi.
Andreas – No.
Zoltan - Ci sarà un modo diverso per farla emigrare.
Andreas – Una volta arrivato dall’altra parte tutto sarà più facile.
Zoltan – Ci vogliono i soldi.
Andreas – I soldi si troveranno. Li troverò.
Zoltan – Mio zio conosceva un tale che mi poteva procurare dei documenti e un biglietto aereo, ma il lavoro costava. Troppo, non ne valeva la pena. D’altra parte è il male di sopportare un viaggio più lungo. 
Andreas – Già… ma quanto tempo è che siamo qui dentro?
Zoltan – Non lo so più, ma sento che presto usciremo e allora… Dovremo essere rapidi, aspetteremo la notte, poi il segnale. Ecco, sta a noi: “Fuori, fuori, fuori”.. e finalmente usciremo da questo posto merdoso… Aaahh aria, respirate… 
Simon – (Con estrema fermezza, senza riuscire ad interrompere Zoltan) Sta’ zitto, sta’ zitto...
Zoltan - Scenderemo dalla nave, ma dovremo evitare i controlli… forse dovremo tuffarci…. Qualche sparo… ta-ta-ta-ta-ta-ta. “Sì, bastardi, sparate, sparate”. Noi però saremo stati attenti e saremo fuggiti nella notte. No, hanno tentato di fermarci come ladri, come assassini. “Non siamo venuti per rubare, capito?”. Con due bracciate arriveremo in un punto sicuro della costa… a proposito sapete nuotare? Io ve lo dico, penserò a me. Quindi se non sapete vi conviene fare un po’ d’esercizio. Arrivati a terra aspetteremo che le acque si siano calmate, poi come semplici turisti – siamo un po’ sgualciti come turisti no? – prenderemo la nostra roba e via. Guardate, guardate intorno a voi, questa è la libertà. 
Andreas – Non ci sarà bisogno di nuotare, ci lasceranno sicuramente in un porto.
Zoltan – Tanto meglio, fatica in meno.
Simon – Non andrai lontano..
Andreas – Vorranno altri soldi?
Zoltan – Cosa? Il viaggio è fallito, con tutto il tempo che ci hanno fatto passare qui dentro, non avranno altri soldi da me.
Andreas – Li conosci, non si faranno molti scrupoli.
Zoltan – Sì, ma adesso basta… Comunque non succederà niente, saremo davvero liberi.
Simon – Sei un povero illuso, non sappiamo cosa ci aspetta.
Zoltan – Io lo so cosa mi aspetta. Questa libertà me la sono pagata e non mi frega un cazzo di quello che dici. Una volta sbarcati, vi lascio lì e vado per la mia strada. 
Simon – Ah sì, e dove vai?
Zoltan – Mi prendo un bel treno e me ne vado da mio zio. E tu invece? Che farai? Cercherai qualcun altro da ammazzare per rubargli il portafoglio? 
Simon – (Sorride) Quanto parli…ma chi te la dà la forza. Parole, discorsi, tu fai sempre tutto facile. Chi è tuo zio? Un miliardario, un politico… perché non ci porti con te allora? (Ironico) Ti prego sistemaci tu…
Andreas – Già, che vai a fare?
Simon – Gli porta la sua libertà e la mette in banca. Sveglia stupido, la libertà che dici di aver comprato nel paese dove andiamo non vale molto. 
Andreas – Che fa tuo zio, lavora già?
Zoltan – E’ là da dieci anni, allora era diverso, riuscì a partire partì con tutta la sua famiglia. Adesso fa il benzinaio, si è sistemato e saprà sistemare anche me. Dove vive c’è molto lavoro, per questo mi ha detto di partire. Non sono uno stupido, so quello che mi aspetta.
Andreas – Già, che vai a fare?
Simon – Gli porta la sua libertà e la mette in banca. Sveglia stupido, la libertà che dici di aver comprato nel paese dove andiamo non vale molto. 
Andreas – Che fa tuo zio, lavora già?
Zoltan – E’ là da dieci anni, allora era diverso, riuscì a partire partì con tutta la sua famiglia. Adesso fa il benzinaio, si è sistemato e saprà sistemare anche me. Dove vive c’è molto lavoro, per questo mi ha detto di partire. Non sono uno stupido, so quello che mi aspetta.
Andreas – Sei fortunato. Io dovrò subito trovare qualcosa da fare, un lavoro qualsiasi...
Simon – Non ti illudere, non ci sarà da scegliere.
Andreas – Potrei fare il muratore, sono un contadino, ma ho fatto anche il muratore, lo so fare… 
Simon – Ne conosco che sono finiti nei cantieri... sempre meglio che andare nei campi come schiavi...
Andreas – Non è mica detto che sia una scelta definitiva. Uno, dopo un po’ di tempo, può cominciare a guardarsi intorno, capire se c’è qualcosa di meglio..
Zoltan – Io voglio ricominciare a vivere. I miei parenti mi aiuteranno. Metterò un po’ di soldi da parte, poi troverò una casa come si deve, quindi mi sposerò. Mi farò regalare una grande televisione e così non sarò più ignorante, nessuno mi potrà più fregare.
Simon – Il problema è farsi rispettare. Se cadi in trappola, non ne esci: anche se trovi lavoro chi ti paga se vuole ti terrà sempre in pugno.
Zoltan – No, non va così.
Simon – Sì, ti pagano come e quando gli pare; ti mettono in regola solo se gli conviene davvero e se non sei in regola non c’è casa che puoi comprare, né una donna che puoi sposare. Niente documenti e resti clandestino. Prega solo perché non ti buttino fuori a calci...
Andreas – All’inizio sarà difficile, ma io ho voglia di lavorare: le cose cominceranno ad andare meglio e allora sarà diverso. 
Simon – Che cosa pensi che succeda?
Andreas – Guadagnerò un po’ di soldi e poi farò venire mia moglie. Avremo una casa nostra e faremo dei figli, e loro staranno bene. Potranno studiare, avranno tutto quello che è necessario... poi, quando sarò vecchio, tornerò indietro, al mio paese, magari in aeroplano, e loro verranno a trovarmi. 
Zoltan – Perché vuoi tornare indietro?
Andreas – Vuoi lasciare tutto per sempre?
Zoltan - Mi voglio dimenticare di quello che sono stato, di questo viaggio e di tutto il resto.
Andreas – Vuoi dimenticarti anche del tuo paese?
Zoltan – E’ proprio quello che voglio scordarmi…negherò di esserci mai stato. Non lo racconterò ai miei figli…
Andreas – Non ci credo, non è possibile; dimenticare le proprie origini. Non puoi.
Simon – Cosa vuoi ricordare? 
Andreas – Il posto dove sei nato… 
Simon - Tutto quello di cui ho bisogno ce l’hai davanti. Non mi porto dietro altro.
Zoltan – Mi hanno sempre detto che non sarei stato buono a far niente…
Andreas – Ma i tuoi genitori, la tua famiglia?
Zoltan –Ci sono io, io e basta.
Andreas – Cosa risponderai a chi ti chiede da dove vieni?
Zoltan – Non voglio dare spiegazioni a nessuno. 
Simon – Non ce ne sarà bisogno, ce l’hai scritto in faccia da dove vieni.
Zoltan - Per tutta la vita ho dato ascolto agli altri: “La tua vita è questa, e questa sarà per sempre!!”
Simon – E’ vero…
Zoltan - Ora ho la possibilità di farli rimangiare ogni parola, di cambiare tutto.
Andreas - Non il tuo passato! 
Zoltan – Anche quello sarà diverso!
Andreas – E’ impossibile, ti porterai dietro quest’odore dovunque. 
Zoltan – Ma…
Andreas – Io non voglio dimenticare da dove vengo.
Zoltan – Perché?
Andreas – Perché non posso essere diverso da quello che sono. Quella è la mia terra. Persone che parlano la mia stessa lingua…
Zoltan – Chi te l’ha fatto fare allora di partire?
Andreas – La tua stessa fame. 
Zoltan- Ti porterai dietro anche quella?
Andreas – Per tutta la vita mio padre ha fatto fatica a sopravvivere. Io non voglio più stare come lui! Ma sono come lui, abbiamo la stessa storia, preghiamo lo stesso Dio… 
Simon – Intanto la tua storia e il tuo Dio ti hanno messo dentro un bel container! Io non so quello che ci succederà, ma so che non ho molte persone da tornare a ringraziare…
Andreas – Io so che tornerò, non so quando ma tornerò indietro…
Zoltan – E a far cosa!?
Andreas – A morirci!
Simon – Zitti!
Zoltan – Che c’è?
Simon – Un rumore, non avete sentito?

In realtà non c’è stato nessun rumore.

Andreas – Che rumore? 
Simon – Silenzio…ascoltate.
Zoltan – Io non sento niente.
Simon – Era un tonfo, come se ci fossimo fermati…(Si avvicina alla finestra, guarda in alto. Gli altri lo seguono) 
Andreas – Si, ho sentito qualcosa anch’io…
Zoltan – Cosa? Cosa? Io non sento niente…
Simon – Aiutatemi, prendete quella cassa!

Zoltan e Andreas prendono la cassa del cibo e l’avvicinano alla finestra. Simon sale sopra.

Zoltan – Che c’è? Senti qualcosa?

Simon fa cenno con la mano di aspettare.

Andreas – Fa sentire. (Sale sulla cassa)
Zoltan – Che c’è…? (Anche lui sale sulla cassa)

Tutti e tre si allungano per cercare di vedere.

Simon – Non si riesce a vedere, è troppo alta. 
Zoltan – Come? E il rumore di prima? (Cerca di allungarsi ancora)
Andreas – Niente… (Desiste e fa per scendere)

Simon si siede sulla cassa. Andreas scende e si allontana. Zoltan resta sopra e continua ad allungarsi.

Zoltan – No, non è possibile…aspettate…
Andreas – Ci siamo illusi…
Simon – Che puzza c’è qua dentro. Devo pisciare.
Zoltan - Si deve sentire qualcosa…
Andreas – Anch’io… sto male ...
Zoltan - Perché io non sento niente…

Andreas si appoggia alla parete.

Simon – E’ inutile. Siamo nella stiva di una nave…

Andraes inizia a vomitare. 

Zoltan - Siamo qui (urla) Siamo quiiiii….

Buio.

La luce torna, sale piano e scopre le sagome dei protagonisti: Simon è seduto sulla cassa,con la schiena appoggiata alla parete, Zoltan è sdraiato e abbraccia la sua valigia, Andreas è seduto sotto le tacche segnate per contare i giorni. Silenzio. L’attesa è ormai insopportabile. La scena deve dare una sensazione di caldo, quasi di soffocamento. Gradualmente ci avviciniamo all’esasperazione.

Zoltan si agita e parla nel sonno.

Zoltan - …No, non è possibile…che ci fai qua? 
Simon – Che gli piglia a quello?
Zoltan - … Perché sei tornato? Eri partito…stavi bene…
Andreas – Sta sognando. 
Simon – Fallo smettere…

Andreas si alza e scuote Zoltan. 

Andreas – Su…svegliati, svegliati…(Continua a scuoterlo) dai, alzati!

Zoltan si sveglia e reagisce di scatto. Si scosta da Andreas che cade all’indietro.

Zoltan – Lasciami, non voglio…
Andreas – Ehi, stai calmo…che ti prende?

Zoltan guarda Andreas, poi Simon. E’ spaesato. Torna in sé. E’ in affanno. Simon rimane immobile.

Simon – E’ meglio che ti calmi.
Zoltan – (Ansioso) Dove siamo?
Simon – Dove sempre.
Zoltan – (E’ al centro del palcoscenico, ancora in affanno, comincia ad agitarsi. Urla) Non ce la faccio più…mi manca l’aria, non ce la faccio più…
Andreas – (Lo prende per le braccia e lo scuote) Falla finita, smettila.
Zoltan – (Si divincola e si libera dalla stretta di Andreas) Voglio uscire, devo uscire di qua..

Simon si alza e lo blocca a terra.

Simon – Basta, basta… non possiamo uscire.
Zoltan – (Piangendo) Perché? Perché?

Zoltan continua a singhiozzare; pausa. Piano piano sembra calmarsi. Simon lo tiene ancora fermo. Pausa. Andreas si stacca dai due.

Simon – Perché siamo chiusi qua dentro…(Lascia andare Zoltan e si alza, ansimando) come merce da trasportare…(Si allontana) come schiavi…

Pausa. Buio. Lentamente torna la luce, cupa. Zoltan è disteso al centro del palco; Andreas in piedi, guarda fisso la finestra. Simon cerca nei contenitori del cibo se è rimasto qualcosa.

Simon – (Sbuffa) Non c’è più molto da mangiare, tra poco non avremo più cibo.
Andreas – Voglio vedere cosa c’è fuori di qui!
Simon – E lascia perdere quella finestra.

Andreas si volta verso Simon. Si siede sulla cassa, rassegnato.

Andreas – Che facciamo?
Simon – E’ finita.

Zoltan si sveglia. Alza la testa, come se sperasse di vedere che è già arrivato. Vede i suoi compagni di viaggio e la testa gli ricade indietro.

Zoltan – Ho fame.

Nessuno gli risponde.

Zoltan –Anch’io non ho più niente. Che facciamo?
Simon – Dormi!
Andreas – (Tra sé, con lo sguardo perso nel vuoto) Non ci faranno morire qua…
Zoltan – Ho fatto un sogno. 
Andreas – Cosa…?
Zoltan – Un sogno…
Simon - Eri fuori di qui?
Zoltan – No. C’era un amico. Non ricordo nemmeno il nome. Eravamo in fila davanti ad un cantiere; ci siamo stati tutto il giorno. Il freddo. Non so perché, il capo cantiere chiamava due per volta. Ci siamo seduti per pochi minuti. Era il nostro turno. Abbiamo aperto la porta dell’ufficio. Una piazza deserta. Il mio amico si è voltato verso di me, ha scosso la testa e ha cominciato a correre. Io l’ho inseguito, senza riuscire a raggiungerlo. Poi il porto, il mare. Una nave in lontananza. Sempre più piccola. E di nuovo il mare. Mi sono addormentato. Per giorni, per settimane. Un’onda. Ero fradicio. Il mio amico accanto a me. L’ho chiamato. Era morto. 

Pausa. Buio. Lentamente torna la luce, illuminando soltanto il contenitore con il cibo. Andreas, disperato, fruga furtivamente cercando avanzi. Mangia voracemente quel poco che trova. Zoltan e Simon stanno dormendo. Si svegliano all’improvviso. 

Zoltan – Che fai?

Andreas non risponde, rimane voltato, continua a mangiare.

Simon – (Accorgendosi che Andreas sta mangiando). Bastardo.

Zoltan si alza di scatto e si lancia verso Andreas. Si alza anche Simon. Zoltan afferra Andreas per le spalle e lo spinge in terra. Zoltan fruga nel contenitore. Arriva anche Simon. Osserva il contenitore, poi Andreas.

Zoltan – Non c’è più niente, hai finito tutto.

Zoltan si scaglia contro Andreas, vuol picchiarlo. Andreas cerca di proteggersi.

Andreas – Non è vero, non c’era niente, non ho mangiato niente.

Simon tenta di fermare Zoltan, che continua a colpire Andreas.

Simon –Basta, fermati.

Simon riesce a bloccare Zoltan, lo butta a terra. 

Zoltan – Non abbiamo più cibo, moriremo qui dentro, tutto per colpa sua.
Andreas – Per colpa mia? Cosa pensi che abbia mangiato? Ti ho detto che non c’era più niente.
Zoltan – C’era abbastanza per andare avanti ancora un po’.
Simon – Che importa ormai? Volevi prolungare la tua agonia? Quanto pensi che potremo resistere ancora? 
Zoltan – Non lo so, ma io non ho fatto tanta fatica per morire qua in mezzo al mare. (Pausa, placa la sua rabbia e sprona i compagni) Dobbiamo resistere, dobbiamo resistere. 

Pausa. Zoltan si rivolge a Simon, lo raggiunge, gli prende la testa tra le mani.

Zoltan – Gliela facciamo pagare, ci hanno fatto marcire qua dentro, ma noi gliela faremo pagare, dovranno renderci i nostri soldi. Tu non vuoi crepare così?

Simon non risponde, allora si rivolge a Andreas, gli va incontro.

Zoltan – E tu? Non dovevi far venire tua moglie? Tutte quelle storie… Tua padre, la tua terra, non li rivedrai più? (Si distacca da Andreas e si rivolge a tutti e due i compagni) Mi ascoltate? Mi volete ascoltare?
Simon – Ti ascolto! Non dovevo ascoltare chi mi diceva che dovevo scappare, la vita mi ha insegnato che chi si fida se lo trova al culo; meglio scappare che finire in prigione. Va bene, ho pensato che avrei fatto fortuna, ho seguito un sogno. Ma io non avevo mai sognato. Non volevo essere diverso, non volevo essere migliore, perché avrei dovuto esserlo. Per una volta che ho voluto provare, a cambiare, a partire; per questo mio unico errore ora la pago cara. Ma dove pensavo di arrivare? Va fan culo, va fan culo, perché cazzo ho deciso di entrare qua dentro…Mi avevano detto che laggiù la libertà me la sarei potuta comprare, l'avrei potuta rubare. Ma che cazzo avevo in testa? Lo dovevo capire. E’ una trappola… la libertà.
Zoltan - No, non è possibile! Dovremo pur essere arrivati da qualche parte. Un porto qualsiasi, un cazzo di terra ferma! Questa nave non può stare sempre in mezzo al mare (Zoltan guarda gli altri due).
Andreas – Ci hanno abbandonati
Zoltan – No, non è possibile, perché lo hanno fatto?
Simon – Perché non dovevano farlo?
Zoltan - No, non vi seguirò, io non sono morto, (Si lancia verso il proscenio, poi si ferma come se si fosse scontrato contro una parete del container, inizia a urlare) Non sono morto! Aprite, aprite (Battendo con le mani su una parete immaginaria)…sono qui…

Andreas si alza e lentamente va verso il proscenio; si ferma. Simon rimane seduto e volge lo sguardo altrove.

Zoltan - Aprite, vi prego…(Scivolando in ginocchio) ma che vi costa…per favore aprite (Continuando a chiamare soccorso)
Andreas - (Con una mano inizia a battere sulla parete e ad invocare aiuto) Aprite, siamo qui dentro. Fateci uscire. Liberateci…
Zoltan –Aiutatemi, dobbiamo forzare la porta, aiutatemi, aiutatemi...

Zoltan si alza e si sposta verso l’immaginaria porta del container, cerca di aprirla ma non può farcela.

Simon – E’ inutile, è tutto inutile. (Pausa) Siamo morti...

Dopo un estremo tentativo di forzare la porta, Zoltan scivola a terra, esausto.

Andreas – Bastardi, assassini.... perché?
Simon – Ci hanno fregato, non siamo mai partiti.

La luce cala lentamente. Buio. Cambio luce: tre diversi fari puntano su i tre protagonisti in tre diverse sequenze a cui affidiamo una soluzione finale, con un tono sospeso.
La luce torna a salire. Andreas è solo al centro della scena e una forte luce punta su di lui, gli altri personaggi non si vedono. Risponde a domande come fosse sottoposto ad un interrogatorio.

Andreas – Vi ho detto che non lo so, mi dovete credere...
ho perso il conto dei giorni...un mese, sarà stato un mese... forse di più abbiamo pagato, sì, abbiamo pagato tutto...
ci hanno chiuso nel container e ci hanno detto di aspettare... ce ne saremmo accorti quando saremo arrivati...
mi dovete credere...
non ci aspettava nessuno, eravamo soli... 
no, non avevamo niente, nessuno ci aveva chiesto di portare niente... 
voi ci sareste rimasti in un posto come questo?
perché me lo chiedete ancora?
non lavoriamo per nessuno, ce ne volevamo solo andare...
no, non sapevamo niente…
non ci interessava dove eravamo diretti, l’importante era andare
ma ve ne rendete conto?

Zoltan interrompe Andreas. Spunta da dietro di lui, come se si fosse improvvisamente svegliato. 

Zoltan – Basta, basta. 

Si alza e passa accanto al suo compagno, la luce si sposta da Andreas a lui che cammina fino all’estremità sinistra del proscenio.

Zoltan - E’ stato un bene vedere la morte in faccia. Mi ha fatto capire che avevano fatto di me un morto vivente. Non ero niente, ero uno schiavo, come dicono loro. Non voglio più sentir parlare di questo paese. Mi sono portato dietro un odore e una storia che non si dimentica, ma nessuno si ricorderà di noi. Nonostante tutto, non è cambiato niente. Ma ve ne rendete conto?

Simon entra, passa accanto a Zoltan: la luce si sposta su di lui, che raggiunge l’estremità destra del proscenio. 

Simon - Davvero, sembra incredibile (Rivolgendosi ai compagni di viaggio) Ma mi dovete credere, arriveremo. (Di nuovo tra sé) A questo punto non ci resta che illuderci. Prima di partire io sapevo quel che sarebbe successo. Ma non potevo immaginare. Tre persone, chiuse in gabbia. Senza luce, né acqua… una specie di cesso che fa vomitare e l’aria irrespirabile. Tutti lo sanno, eppure siamo invisibili... Dimenticati... infilati qua dentro e spariti nel nulla… ma ve ne rendete conto?

SIPARIO