FIABA D’AMORE

Commedia in tre parti di

Gianluca Arena


Conosci il tuo peggio. Offrimelo. Divertiti.

Personaggi:

Elena
Veronica
Serena (la stessa attrice interpreterà poi Letizia)
Marco

Sedie e tavolo. La scena sarà tendenzialmente vuota, in quanto sarà ambientata in luoghi diversi.

Sinossi:

Parte 1: Una amica di Elena, Serena, ha il sospetto che il marito, Marco, abbia un’amante. Marco nega le convinzioni della moglie, ma questa non cambia idea, pur non avendo prove certe. Marco quindi dice a Veronica, l’amante, quanto la moglie ha intuito, e ammette di temere che questa possa commettere una pazzia. Veronica non accetta la vigliaccheria di Marco e decide di terminare il suo rapporto con lui, pur ammettendo a Elena che il suo sentimento verso quell’uomo è sincero. Marco continua a cercare invano Veronica, ma una sera Serena lo istiga a confessare il tradimento puntandogli un coltello alla gola, non ottenendo però alcunché. Venuta a sapere del grave fatto, Veronica risponde alla chiamata di Marco, rivelandosi contraria alla decisione di mandare sua moglie dalla psicologa. Nonostante ciò, i due riprendono a frequentarsi. Una sera Serena coglie di sorpresa Marco e Veronica in una camera d’albergo, ma Veronica la colpisce più volte con un telefono, recandole un danno cerebrale. Veronica farà tre anni di carcere, mentre Marco, reputato innocente, aprirà un negozio di giardinaggio, occupandosi della precaria salute della moglie.
Parte 2: Dopo il carcere, Veronica torna da Marco per chiedere lavoro. Questo le offre un posto in negozio, e tra i due torna il desiderio. Marco però non può rinunciare a Serena, che si fa sempre più asfissiante, tanto che in Veronica nasce il sospetto che la ragazza lo stia facendo di proposito. Nonostante ciò, Veronica decide di farsi da parte e allontanarsi, accettando che l’amore con Marco non è destinato a buon fine. Marco sa che Serena non ha speranze di miglioramento e comprende che senza Veronica la sua esistenza è priva di senso. Tuttavia non avrà modi per raggiungerla.
Parte 3: Serena è deceduta. Dopo un anno dalla sua morte Marco conosce Letizia e i due si frequentano intimamente. Due anni dopo Veronica torna da Marco e cerca di attirarne l’attenzione. Marco teme che Veronica possa fare qualcosa di male e la denuncia per stalking. Veronica è offesa e fa in modo di rivelare a Letizia la verità del passato di Marco. Marco non resiste a Veronica, e riprende a frequentarla. Letizia si accorge del tradimento e abbandona Marco. Marco e Veronica per festeggiare vanno a Venezia e decidono per alcuni investimenti trasformando il negozio in un brand. L’investimento porta al successo: Marco e Veronica ora vivono insieme nel benessere, tuttavia, per ammortizzare le tasse, Marco intesta metà delle proprietà a Veronica. Letizia si presenta da Marco a chiedere lavoro e, cacciata dall’uomo, rivela a questo che Veronica lo tradisce con un altro. Marco chiede quindi a Veronica la verità, e questa non nasconde l’adulterio. Marco non accetta e, dopo aver minacciato Veronica, su suo consiglio assume psicofarmaci. A Venezia, in vacanza, i due si uccidono a vicenda ma non si sa con quali dinamiche. Elena scriverà l’articolo sul caso, e sarà proprio qui che conoscerà Letizia. Le due decidono di raccontarsi la storia per come la conoscono, per vedere di risolvere alcuni misteri rimasti aperti, ma capiscono che è impossibile. Tra le due tuttavia è nata una confidenza e decidono così di andare a fare due passi.

Parte I
1. Serena seduta in silenzio. Entra Elena sorseggiando un caffè.

Elena: Da dove cominciamo? Ma… Io direi… Dall’inizio. O almeno, da quello che considero l’inizio. Facciamo così: mettiamo insieme quel che sappiamo e vediamo che viene fuori. Quello che non c’è lasciamolo stare, e se non sarà la verità almeno sarà una sorta di… approssimazione? Almeno credo… Eh, sì, direi che non si possa fare altrimenti. E’ che certe cose spiegarle davvero… Che poi magari dipende quante volte la racconti viene sempre diversa… Sì, perché l’ho già raccontata da schifo a una mia collega che alla fine mi fa “ma perché questa storia ti prende tanto?” No, perché io di storie ne ascolto tutti i giorni. Vabbè, non facciamola lunga. Dunque… Io ai tempi lavoravo per un giornale locale. Conoscevo Serena dall’università, lei però trovò lavoro, lasciò gli studi, ma rimanemmo in contatto, e conobbe Marco, col quale poi andò a convivere. Io mi laureai, presi a lavorare, eccetera, eccetera… E con Serena, vabbè, niente di ché, avevo un buon rapporto. Insomma, un giorno, non ricordo quant’è che stavano insieme, lei e Marco si sposarono. E fin qui tutto ok. Almeno credo, perché già ci vedevamo molto poco. Fatto è che qualche tempo dopo venne nel niente e mi disse…

Serena: (Euforica, tesissima, tra voglia di urlare e piangere, entra e si siede) Sei una giornalista. Stai facendo il concorso per la polizia, no? Allora senti, ti devo parlare. Marco ha una. (Pausa, Elena non sa cosa rispondere) Sì, Marco ha una. Sono sicura. Non l’ho visto, dice che non capisce. Macché, fa finta di non capire. Ma quello sa bene cosa sta facendo. Marco, ha una. Non ho bisogno di vederlo, cazzo. Si capisce, si capisce. Che ci vorrebbe a dirlo? Niente. Continua a negare. Glie l’ho detto, continua a negare. E allora che devo fare, eh?

Elena: Mmm…

Serena: No, dimmelo, che devo fare?

Elena: Niente. Se non hai le prove che puoi fare?

Serena: Dice che non capisce. Capito? Mi prende anche per il culo.

Elena: Cosa ti fa pensare che abbia una?

Serena: Lo so.

Elena: Ma non hai le prove.

Serena: Quindi sto esagerando per te?

Elena: Non ho detto questo.

Serena: Secondo te sto esagerando?

Elena: Diciamo che starei attenta prima di dire una cosa del genere. Ma non ho mai avuto un marito, quindi…

Serena: Secondo te sbaglio se guardo nel suo cellulare?

Elena: Serena ma che stai dicendo? Togliti questa fissa. Parlaci e cerca di capire.

Serena: Continua a negare. L’hai capito o no? Che faccio? Lo seguo tutti i giorni per vedere dove va? E poi non saprei proprio come fare. Potresti seguirlo tu.

Elena: Sì, io… E’ già tanto se riesco a fare quel che faccio.

Serena: No, è serio.

Elena: Cosa?

Serena: Dimmi quanto vuoi.

Elena: Ma fai sul serio? No, Serena, non credo sia una buona idea.

Serena: E perché no? Tu saresti in grado, sei sempre dietro alle cose, no?

Elena: No.

Serena: Quanto vuoi?

Elena: Non se ne parla.

Serena: Dimmelo.

Elena: No, no, Serena, non mi mettere in mezzo.

Serena: (Pausa) Va bene… Hai ragione. E’ ridicolo che sia venuta qui. Lascia stare. Non volevo… Era… Vabbè…

Elena: Mi dispiace, Serena.

Serena: Dimenticati quanto ci siamo dette, ok? Scusami. Ci vediamo. Grazie lo stesso. (Esce)

Elena: Che altro potevo dirle? Forse avrei fatto meglio ad accettare? Ma anche riflettendoci, non credo che le cose sarebbero andate diversamente. E’ proprio vero che il destino spesso è deciso da un banale sì o no.


2. Veronica seduta. Entra Marco.

Veronica: Allora?

Marco: Senti, mia moglie sospetta di brutto. Anzi, no, lo sa.

Veronica: Glie l’hai detto?

Marco: L’ha capito da sé.

Veronica: Bravo, complimenti.

Marco: Sta’ zitta. Tanto doveva succedere. Ma non è di questo che sono preoccupato.

Veronica: E di cosa?

Marco: Per com’è fatta potrebbe compiere una pazzia.

Veronica: Ho capito…

Marco: Dove vai?

Veronica: Lasciamo stare.

Marco: Ma che lasciamo stare? Io ho prenotato l’albergo.

Veronica: (Ride) Ah, questa poi…

Marco: Ma cosa ridi? Mi chiedono lo stesso quaranta euro.

Veronica: (Tira fuori dei soldi, li getta sul tavolo) Va bene così?

Marco: Ma che discorsi fai? Te la prendi perché mi dispiace per mia moglie?

Veronica: Sei il solito uomo senza palle. (Esce)

Marco: Ascolta, mi sono spiegato male! Veronica, non volevo… Ma che vai davvero? Oh, Veronica!


3. Marco seduto. Entra Serena.

Marco: Ciao.

Serena: Dov’eri?

Marco: Dov’ero? Al lavoro, no?

Serena: Tutto bene?

Marco: Sì, sì, tutto bene.

Serena: E’ quasi pronto.

Marco: Bene, mi faccio una doccia. Oggi un caldo… (Esce)

Serena si alza. Sbircia nella tracolla di Marco. Tira fuori il suo cellulare.

Marco: (Rientrando) Oh.

Serena: Eh.

Marco: Ma che fai?

Serena: Niente.

Marco: Che hai lì? (Guarda nella borsa) Dammi il cellulare.

Serena: No.

Marco: Dammelo, stupida. (Fa per prenderlo, Serena si allontana) Dio Santo… (Serena fa per guardare, poi lascia il cellulare sul tavolo) Trovato niente? (Serena non risponde) Serena, io te lo dico: non può andare così.

Serena: Vuoi che sorrida?

Marco: Ascolta, a me questo tono non piace. Se è uno scherzo vorrei finisse presto.

Serena: Non funziona, Marco.

Marco: Eh?

Serena: Non funziona. La tua psicologia inversa stavolta ha fatto cilecca.

Marco: Ma cosa? Guarda Serena, ho passato una giornata…! Ma chi te l’ha messo in testa. Io vorrei sapere chi te l’ha messo in testa. Io vado a lavorare! Tutti i giorni. Oh, ma porca troia, è impossibile fare questa vita qui! Impossibile! Ma con chi credi di avere a che fare?

Serena: Va’ a farti la doccia, ne parliamo dopo.

Marco: No, senti, mangio fuori. Io così non posso stare.

Serena: Ti ho chiesto di parlarne.

Marco: Ma scherzi davvero? Parlarne? Ma di cosa? Ma perché ne dobbiamo parlare? Ma di cosa?

Serena: Ma perché alzi la voce?

Marco: Perché? Ma ti pare bello venire qui e sentirti trattato come uno stronzo? (Scrive al cellulare)

Serena: Io non ho fatto niente. Vorrei solo capire. A chi scrivi?

Marco: Ai ragazzi, qualcuno sarà fuori a quest’ora.

Serena: Senti, Marco…

Marco: Dimmi.

Serena: Marco io vorrei parlarne.

Marco: Ma di cosa?

Serena: C’è qualcun’altra?

Marco: No.

Serena: C’è qualcun’altra?

Marco: No! Ma è possibile? Una settimana intera che mi fai una testa così. Tanto con te è sempre così. Alla fine pensi sempre cosa pare a te.

Serena: Io non ce la faccio più, Marco…

Marco: Guarda, vado. Lasciamo perdere.

Serena: Marco…

Marco: Lasciamo perdere! (Esce)


4. Veronica e Elena.

Veronica: Insomma, in poche parole erano i quaranta euro il problema. I quaranta euro!

Elena: E che hai fatto?

Veronica: Che ho fatto? Sono venuta via, nel senso, no?

Elena: Quindi non lo vedrai più?

Veronica: No, ci siamo già rivisti.

Elena: Ah…

Veronica: Sì, perché poi mi ha chiamato, ci siamo visti, e niente.

Elena: Ho capito.

Veronica: Che c’è?

Elena: No, dico, ma tra voi due come… Cioè cosa ci vedi tu in lui?

Veronica: Ma niente. Mi piacciono le espressioni che fa a letto.

Elena: Ma lo ami?

Veronica: Come?

Elena: Lo ami?

Veronica: Ma ora… Non lo so, nel senso… Non è facile da dire.

Elena: Mmm…

Veronica: Che c’è?

Elena: No, è che… Ha una moglie.

Veronica: Sì, diciamo che se non mi piacesse abbastanza forse a quest’ora avrei già lasciato stare.

Elena: Quindi cos’è una prova d’amore?

Veronica: Sicuramente di ottusità. E lui è così ottuso.

Elena: Perché?

Veronica: Gli ho detto: “lasciala stare tua moglie, non la vuoi più, vieni via, divorzia.” E niente, lui continua a fare il pappamolle. Addirittura gli dispiace che la moglie lo sappia. Ma tu che faresti?

Elena: Io?

Veronica: Ha paura di andare fino in fondo.

Elena: Vero…

Veronica: Eh?

Elena: Non è che poi magari questo… Come si chiama?

Veronica: Marco.

Elena: Non è che poi ti lascia?

Veronica: Come?

Elena: Quando fanno così è perché sanno già che torneranno indietro. Non sarebbe la prima volta che sento una storia del genere.

Veronica: E quindi che dovrei fare, scusa? Ammazzo la moglie? (Sorride) Ora devo andare. Grazie, scusami.

Elena: Trovati un altro.

Veronica: Cazzo, Elena, però così tombale no.

Elena: Vero, ha una moglie, non sta divorziando: secondo te non l’avrebbe già fatto se avesse voluto?

Veronica: Non ci tiene abbastanza?

Elena: Ma non è quello il punto. E’ che tu non te lo meriti.

Veronica: E quindi?

Elena: E quindi niente, lascialo perdere. Quello che se ne approfitta è lui, non te. Questo è un cretino e basta.

Veronica: (Pausa, controlla l’orologio) Vado. Ci penserò.

Elena: Fammi sapere. E non fare cazzate.

Veronica: Ciao. (Esce)

Elena: Devo dire la verità: questa faccenda mi divertiva. Sapevo di quanto morboso e contorto fosse un tale pensiero, eppure… trovarmi in mezzo e al contempo fuori da una questione del genere era come essere spettatrice in prima fila di uno spettacolo di fuochi d’artificio. Naturalmente nessuna delle due sapeva che ero in contatti stretti con l’altra. E cosa potevo farci io se non sperare che la cosa si risolvesse pacificamente? No, a ben pensarci, io non potevo proprio farci nulla.


5. Marco è seduto, compone un numero al cellulare, non risponde nessuno, butta giù, ricompone il numero, frenetico, impaziente, perde la calma. Da dietro, silenziosa, compare Serena con un coltello. Marco non la vede e continua a cercare di fare la telefonata. Serena gli punta il coltello alla gola.

Serena: Ora tu mi dici chi stai cercando di chiamare.

Marco: Ah, ma non eri…? (Sentendo il coltello alla gola) Oh, oh! Calma! Oh! Calma!

Serena: Chi stai chiamando?

Marco: Nessuno. Cazzo!

Serena: Ascolta, conto fino a tre. Dimmi chi stai chiamando. Uno…

Marco: Non sto chiamando nessuno.

Serena: Due…

Marco: Serena, è una chiamata di lavoro. Tieni, guarda!

Serena: Tre!

Marco: Va bene, va bene, te lo dico, butta giù il coltello, te lo dico…! Te lo dico…! (Il cellulare squilla)

Serena: (Senza spostarsi) Rispondi.

Marco: (Rispondendo) Pronto, Marcello? Ciao. Sì, tutto bene, tu? Sì, sì. Ti avevo mandato… Ah, l’hai ricevuta? Ok, va bene. Sì. Sì, sì, fai con calma, mi dici quando è pronto passo a prenderlo. Con calma. D’accordo. A casa tutto bene? Bene. Sì, sì. No, anche qui tutto bene. Allora ci aggiorniamo. Va bene? Vai! Grazie, sì, grazie. Ciao, ciao. Ciao, ciao. (Butta giù, silenzio, Serena lascia il coltello sul tavolo. Si alza, la guarda) Cazzo Serena, ma che cazzo fai?

Serena: Scusami…

Marco: Serena, dobbiamo fare qualcosa, così non possiamo andare avanti. Non possiamo, Serena. Dobbiamo sentire qualcuno? Vado a sentire qualcuno? Un mio collega conosce una psicologa molto brava.

Serena: Possiamo andare da chi ti pare…

Marco: Devi, Serena.

Serena: Che grande attore che sei…

Marco: Va bene, senti, devo… Faccio un paio di chiamate. Torno… Torno subito.

Serena: Sei un bugiardo. Un bugiardo!

Marco: Serena, basta!

Serena: Schifoso bugiardo!

Marco: Guardami! Guardami! Serena, guardami!

Serena: No!

Marco: (La blocca) Basta, Serena, basta. E’ finita. Adesso sentirò qualcuno che possa darti una mano. Basta, Serena. Basta.

Serena: Mi dispiace.

Marco: Lascia stare. E’ finita. Basta, Serena. E’ finita. Ti amo.

Serena: Anch’io ti amo. (Si baciano)


6. Veronica e Elena.

Veronica: Vuoi sapere com’è andata? L’ha mandata dalla psicologa. Ora, io voglio dire, no? Ma che c’era bisogno di arrivare a questo? Io non volevo arrivare a questo. Poveretta. E pensare che è tutta colpa mia.

Elena: Non lo so, Veronica. E’ che tra di loro le cose sono sicuramente molto acerbe.

Veronica: Ah, sì, sì. Questo è certo. Acerbe come lui. Ma comunque la metti, il fatto che lei vada dalla psicologa non è giusto. Poverina, ne rimarrà toccata a vita.

Elena: Almeno però ha ancora il suo Marco.

Veronica: Macché, è fisso a chiamarmi. Quando mi ha detto che gli ha puntato un coltello alla gola che dovevo fare? Quello ha rischiato di morire.

Elena: Ma non avevi chiuso con lui?

Veronica: Avrei voluto. Non mi sono fatta sentire per una settimana. Però no, no, non… Lo so, lo so, è tutto un controsenso, è difficile…

Elena: E sua moglie, scusa?

Veronica: Come?

Elena: Sua moglie?

Veronica: Poverina, non lo so, non me lo chiedere. Lo sai che m‘ha detto? Che sta insieme a lui solo per il suo stipendio. Ma quella lavora, gli ho detto io, non si è mai fatta mantenere.

Elena: Gli hai detto così?

Veronica: Sì, ma lui continuava a dire che il suo non è proprio un lavoro, ecc… Ho preferito lasciar perdere. Senti, parliamo d’altro, che qui mi sembra di essere io dalla psicologa. Ti immagini la psicologa con me? Quanto la faccio rimbecillire? Secondo te che disturbo mi trovano? (Sorride)

Elena: Già… (Sorride)

Veronica: Sarei la paziente dell’anno. (Sorride)

Elena: Eh, sì… (Sorride)

Veronica: Povera donna, non volevo andasse così. Spero davvero per lei. E comunque lui è un grande stronzo. Per carità, lui come io. (Elena non risponde) Ti va di fare due passi?


7. Elena seduta. Entra Serena.

Serena: Sono due volte che va al Rex Hotel. L’ho visto dalle sue mail. Camera doppia. Secondo te perché?

Elena: Ti sei messa a seguirlo?

Serena: Gli ho puntato un coltello alla gola.

Elena: Cosa?

Serena: Non ti ci mettere anche tu.

Elena: Sere, ma davvero o scherzi?

Serena: Volevo farlo parlare.

Elena: Non ci credo…

Serena: Non ha detto niente.

Elena: Sere, non puoi continuare così. Staccati da quell’uomo, vai via, non sei costretta a andare avanti.

Serena: Ha prenotato pure per stasera.

Elena: Vuoi sorprenderlo in albergo?

Serena: Che altro dovrei fare?

Elena: Ci sono altri mezzi. Cristo Santo, si può trovare un modo, no?

Serena: E quale? Me li trovi tu? Elena, siamo oneste: per te niente è una buona idea. Per te dovrei starmene qui a non fare niente.

Elena: Serena, non farlo.

Serena: Volevo salutarti, Elena.

Elena: Che vuoi fare?

Serena: Non lo so. Qualunque cosa dovesse succedere io stasera entro. Ho detto che lo faccio, e lo faccio.

Elena: Serena…

Serena: Sei una buona amica.

Elena: Serena, non farlo…

Serena: Ci vediamo. (Esce)

Elena: A volte mi chiedo se l’uomo non sia capace di prevedere inconsapevolmente il proprio destino.


8. Scena vuota. Entra Marco, si siede, come scioccato. Entra Veronica.

Marco: Ma che cazzo ti sei messa a fare?

Veronica: Non ci ho riflettuto.

Marco: Non ci ha riflettuto?

Veronica: E’ venuto nessuno?

Marco: No.

Veronica: Col casino che abbiamo fatto… Sono le una.

Marco: Cazzo, cazzo, cazzo Veronica però…!

Veronica: Io credo vada portata in ospedale.

Marco: Non si può portare in ospedale. Se lo sanno lo sai cosa rischi?

Veronica: Confesso io.

Marco: Come?

Veronica: Confesso io.

Marco: Vero, ma che cazzo dici? Ti mettono in galera.

Veronica: Del resto sono stata io, no?

Marco: Sì, questo è vero.

Veronica: Appunto. (Pausa) Sta ancora sanguinando.

Marco: Cazzo…

Veronica: Senti, io vado.

Marco: Veronica, io non ce la faccio…

Veronica: Chiamo un’ambulanza. (Esce)

Marco: Merda…


9. Elena entra. Stanchissima, assonnata, col caffè in mano. Squilla il cellulare.

Elena: (Rispondendo) Sì? Oh, ciao Cristina. Sì, ho fatto tardi ieri sera ma sono sveglia, dimmi… No, cosa? Ah, e dove? Ah. Al Rex Hotel? No…! Ma davvero? E che ci scrivo io? Senti, fammici pensare un attimo, vedo di… Ho capito, Cristina, ora così appena sveglia non… Ti richiamo in mattinata. Va bene, va bene. (Butta giù)


10. Elena si veste frettolosamente. Marco e Veronica entrano e si siedono in silenzio.  

Elena: (Vestendosi di fretta, a parte) Il giornale mi fece assistere all’interrogatorio di Veronica.

Marco: No, è che lei, è che…

Elena: (A parte) Ancora non ero in grado di capire quanto era successo.

Veronica: Sì, un telefono.

Elena: (A parte) Ero contenta di scrivere quell’articolo? No, anzi… Sotto sotto mi sentivo partecipe.

Marco: Sì, ha preso il telefono e l’ha…

Veronica: Sì.

Elena: (Marco e Veronica non la vedono né sentono) Eccomi, mi siedo qui? Grazie. (Si siede, taccuino e penna)

Marco: A che ore siamo andati in quell’albergo?

Veronica: Alle undici?

Marco: Sì, alle undici. Abbiamo cenato fuori. Eravamo a cena fuori.

Veronica: Può chiedere tutto alla portineria.

Marco: Abbiamo cenato al Callas Bistrot.

Veronica: E’ nuovo, è carino, si mangia bene.

Marco: E poi siamo andati in albergo. Solo che io… Non so come, è entrata e niente…

Veronica: Sì, eravamo a letto.

Marco: A letto, sì. No, non stavamo dormendo.

Veronica: Beh, facevamo… sesso.

Marco: Sì, sì, certo.

Veronica: E quando è entrata ho preso la prima cosa che ho potuto e l’ho colpita.

Marco: Io guardavo.

Veronica: Sì, è vero. Lui non ha fatto niente.

Marco: Io nemmeno mi sono accorto di niente che già sanguinava in terra.

Veronica: L’abbiamo soccorsa con del ghiaccio.

Marco: E poi abbiamo chiamato l’ambulanza.

Elena: Chiedetegli se era premeditato.

Veronica: Se era premeditato? E’ venuta lei, non poteva essere premeditato.

Elena: Allora credeva che fosse un malintenzionato?

Veronica: (Sorride) Un malintenzionato? Cioè un ladro, una cosa così…? No, non diciamo cavolate. Avevo paura, questo sì, ma ero perfettamente sicura che fosse lei. L’ho riconosciuta subito.

Elena: Quelle parole furono pronunciate con una freddezza spiazzante. E quelle parole, insieme a tutto il resto, costarono a Veronica sei anni di clausura. Marco invece fu considerato innocente. Un vero e proprio paradosso. Verso le una di notte di un ventisette aprile, Serena era stata colpita in testa più volte con un telefono in una camera d’albergo. Il danno fu permanente. Non sarebbe più tornata come prima. Io scrissi l’articolo ma lo feci firmare da un collega. Veronica uscì di carcere dopo tre anni per buona condotta.

Parte II
11. Elena seduta. Entra Veronica. Silenzio. Si guardano.

Elena: Ciao.

Veronica: Ciao.

Elena: (Pausa, imbarazzata) Vuoi…?

Veronica: Non ti scomodare. Fanno tutti così quando li rivedo. Lo capisco. Vado via subito. Stai bene?

Elena: Bene, sì.

Veronica: Immagino tu sappia tutto.

Elena: Sì, certo… Come non saperlo?

Veronica: Già… Mi fa piacere vederti bene.

Elena: Anche tu non stai male.

Veronica: Sono invecchiata?

Elena: No, non mi pare. Anzi mi sembri più giovanile.

Veronica: Non esagerare. Lavori ancora al giornale?

Elena: Sì, come sempre. Non è cambiato granché.

Veronica: Va bene. (Tira fuori un pezzo di giornale) Un certo Mariani Alessio. Lo conosci? E’ un tuo collega?

Elena: L’hanno trasferito l’anno scorso. Non è più qui.

Veronica: Ah, peccato. Avrei voluto parlargli di una cosa.

Elena: Cosa?

Veronica: L’articolo dice che è stato per legittima difesa. Da dove le ricavate le informazioni?

Elena: A volte i giornalisti fanno un po' cosa gli pare, si sa.

Veronica: Capisco…

Elena: Ma perché?

Veronica: Beh, ovvio, perché non è stata legittima difesa.

Elena: La giuria ha detto così.

Veronica: Sì, ma non l’ho detto io. E poi qui: “è stato un colpo secco”. No, no, l’ho colpita cinque volte.

Elena: E che cambia? Che ti devo…?

Veronica: Niente, ci tenevo che le cose venissero raccontate per come sono andate davvero.

Elena: Ma non aggraverebbe tutto?

Veronica: Ho capito, ma io non ho chiesto di alleggerirmi la pena, io ho chiesto di raccontare le cose per come sono andate. Voi giornalisti dovreste fare questo, no?

Elena: Mi dispiace, nel senso…

Veronica: Lascia stare. Tu non c’entri. Comunque se fosse che lo rivedi magari diglielo da parte mia.

Elena: Certo, riferirò.

Veronica: Ti ringrazio. Senti, conosci mica nessuno per un lavoro o ché?

Elena: Un lavoro? Il giornale riporta gli annunci, ma non me ne occupo io.

Veronica: Puoi farmi sapere?

Elena: Certo. Va bene.

Veronica: (Sorride) Buona giornata.

Elena: Anche a te. (Veronica esce)


12. Veronica si siede al tavolo con due calici. Estrae i ferri e inizia fare la maglia. Entra Marco.

Marco: Che fai? La Penelope?

Veronica: Oh…!

Si avvicinano. Si abbracciano.

Marco: Ciao.

Veronica: Come stai?

Marco: Tu piuttosto.

Veronica: Sì, non mi lamento.

Marco: Bene.

Veronica: Sì…

Marco: Sediamoci. Pago io.

Veronica: Non ti preoccupare.

Marco: No, no, pago io, davvero.

Veronica: Come state voi?

Marco: Sì, sì, stiamo…. Stiamo bene, sì. Ti sei messa a cucire?

Veronica: In carcere devi imparare a passare il tempo, e poi calma lo stress.

Marco: Eh, già…

Veronica: Eh, sì.

Marco: (Pausa) Va bene, senti…

Veronica: Se vuoi parto io, te l’ho chiesto io di vederci.

Marco: Sì.

Veronica: Ho bisogno di un lavoro.

Marco: Mmm…

Veronica: Non so a chi altri chiedere.

Marco: Ok… Non so…

Veronica: Conosci qualcuno?

Marco: Ti intendi di giardinaggio?

Veronica: Intendere è un parolone. Diciamo che qualcosa so.

Marco: Io e Serena abbiamo aperto un negozio di articoli di giardinaggio, con un angolo bar.

Veronica: Ah, carino.

Marco: Sì, è un’idea che ci è venuta in mente. Offriamo caffè e vendiamo piante.

Veronica: Sì, carino.

Marco: Niente, se vuoi… Però, te lo dico, senza pretese, nel senso…

Veronica: Niente assunzione?

Marco: Diciamo che non possiamo permetterci un vero e proprio dipendente…

Veronica: Va bene, va bene lo stesso.

Marco: Magari per un periodo, poi, nel senso... Finché non trovi di meglio, no?

Veronica: Cosa ti fa credere che voglia trovarlo?

Marco: Sì, hai ragione pure tu. (Pausa, si guardano, sorridono)

Veronica: (Prende dalla borsa l’articolo di giornale e una penna) Lo riconosci?

Marco: E’ il nostro articolo.

Veronica: (Scrivendo sull’articolo) No, è il mio numero. (Lascia l’articolo sul tavolo)

Marco: Non l’ho mai cancellato.

Veronica: E’ quello di lavoro.

Marco: Ah…

Veronica: A domattina allora? (Marco sorride) Che c’è?

Marco: Niente. Ti mando l’indirizzo.

Veronica: Va bene. (Si alza, fa per andare)

Marco: Veronica…

Veronica: Sì?

Marco: Sei disposta a cambiare nome?

Veronica: Come?

Marco: Sei disposta a cambiare nome?


13. Elena seduta. Entra Veronica.

Elena: Ah, ciao.

Veronica: Ho letto il tuo messaggio.

Elena: Hai parlato col mio collega?

Veronica: No, no. Anzi, ringrazialo da parte mia, ma ho già trovato.

Elena: Ah, davvero?

Veronica: Sì, è già una settimana.

Elena: Va bene. Sono contenta per te. Dove, se posso chiedere?

Veronica: Un negozietto di giardinaggio, niente di ché.

Elena: Certo. Va bene. In ogni caso, quando vuoi…

Veronica: Ci tenevo a ringraziarti di persona.

Elena: Ma di cosa?

Veronica: Niente. Sei una buona amica. (L’abbraccia) Ci vediamo. (Esce)


14. Elena a parte. Entra Serena, in carrozzina, si ferma, fissando il vuoto, inespressiva.

Elena: Non so perché non volle dirmi che il negozio in cui lavorava era quello di Marco e Serena. Forse temeva di sentirsi biasimata. Io onestamente cercavo di evitare di curiosare troppo. Eppure, più ci provavo e più i miei pensieri mi riportavano a quei due, anzi, a quei tre. Figuriamoci se non sapevo dove si trovava quel negozio. E così spesso, tornando a casa, o andando in redazione, allungavo il tragitto di proposito e passavo là davanti, magari, chissà, per cogliere qualche frammento di quel che accadeva fra loro. Li vedevo spesso da lontano mentre lavoravano, o parlavano, e Serena che passeggiava tra i fiori o stava zitta su un dondolo. Non saprei proprio dire cosa avessero in testa quelli là. A volte avrei desiderato entrare e chiedere, ma non era una buona idea, non so se mi spiego. Lo ammetto: in questa parentesi di storia la mia immaginazione prenderà per forza il sopravvento. Perché quando si hanno troppi buchi da tappare bisogna riempirli con qualcosa, no? Sì, dicono sia un difetto professionale di noi giornalisti. (Sospira) E’ vero. (Esce)

Entra Marco, siede accanto a Serena con un piatto di minestra.

Marco: Eccoci qua, su mangia, che tra mezzora si apre il negozio. (Serena sembra rifiutare) Su, Serena, non hai mangiato niente tutto il giorno. Lo so che non ti piace, ma hai sentito i dottori, no? Tra poco potrai fare tutto quello che ti pare. Forza. (Serena rifiuta) Vabbè… Serena, però non va bene così. Toh, guarda chi c’è?

Veronica: (Entrando) Ciao.

Marco: (Serena guarda Veronica) Hai visto Serena? C’è Bianca. Dai salutala. (Serena fa un breve cenno con la testa) E’ venuta a darci una mano anche oggi. Su, ora mangia la minestra. (Serena rifiuta) Dai, Serena, mangia, non puoi stare digiuna con questo caldo. (Prende il cucchiaino, lo porge sulla sua bocca, Serena si scosta) Dai! (Serena continua a rifiutare) Va bene, senti, magari qualche cucchiaiata. Fai tu, va bene? (Le porge il cucchiaino, Serena lo prende e mangia la minestra) Oggi faranno cinquanta gradi all’ombra.

Veronica: Dicono che nei prossimi giorni aumenterà.

Marco: Ancora? Ah, io non ne posso più. Non sopporto il caldo.

Veronica: Oggi che devo fare?

Marco: Sistema il giardino e vedi un attimo tu con le piante.

Veronica: Va bene.

Marco: Dai, Serena, poi andiamo a fare un giro nel giardino. In piedi, va bene?

Veronica: Vado a cambiarmi.

Marco: Ci vediamo dopo.

Veronica: A dopo.

Serena posa il cucchiaio sul piatto. Non si guardano. Silenzio.


15. Elena e Veronica.

Veronica: Passa le giornate a non fare niente. Poi la vengono a prendere, le fanno fare un giro mentre Marco lavora. A volte sembra agitata, altre no. La tratta troppo come fosse una bambina.

Elena: Forse perché è il suo modo di…

Veronica: Cosa?

Elena: Di approcciare.

Veronica: Non è una bambina. Quella capisce, Elena. Lo capisce come viene trattata.

Elena: Credi davvero? Il referto non dice così.

Veronica: Quindi va bene? E’ giusto così per te?

Elena: Non ho detto questo.

Veronica: Me ne frego di cosa dice il referto. Per me possono dire quello che gli pare. E’ umiliante.

Elena: Ah, se la metti in questo senso…

Veronica: E come devo metterla?

Elena: Non lo so.

Veronica: Secondo te che dovrei fare?

Elena: Non chiederlo a me. Non mi so muovere in certe cose.

Veronica: Perché no? Prima sapevi tutto, ora invece non sai più dirmi niente?

Elena: Veronica, ma ti pare che potrei davvero dirti qualcosa?

Veronica: La Elena che conoscevo mi direbbe di andare via.

Elena: Non lo so…

Veronica: No, lo so per certo, è così. Ma la Elena di ora sa già che inutile dirlo.

Elena: Senti, perché non ti prendi una pausa, magari. Il tempo di riflettere un po'.

Veronica: Ti pare che non ho riflettuto abbastanza. Sono stata tre anni in carcere, non un giorno.

Elena: Beh, allora Vero mi dispiace. Sei completamente sola. Non so come aiutarti.

Veronica: Hai già fatto troppo. Ti va di fare due passi?

Elena: Emh… Va bene.

Veronica: Mi preparo e andiamo.

Elena: In che senso ho già fatto troppo?

Veronica: Grazie per avermi ascoltata. (Esce)

Elena: A volte succede che se tu non trovi le notizie, sono loro a trovare te. Un po' come la storia di Maometto con la montagna. Ora, non che ci fosse molto da dire, ma anche stavolta provai come una sorta di divertimento di fronte a tutto questo. Speravo di riuscire a sopirlo subito. Ma perché avrei dovuto? Era come desiderare di sapere come sarebbe andata avanti questa storia, come si sarebbe conclusa. Sì, era uno spettacolino per me. E’ brutto a dirsi, è vero. Ma prendiamo queste parole con oggettività. In più c’era il fatto che potevo vedere tutto questo senza esserne per niente coinvolta, una faccenda che non mi riguardava… Non so come spiegarlo. Era una sensazione sublime. Come quando si osserva una tempesta da un luogo di riparo. Sì, una cosa così. Questa non è mia, l’ho presa da Kant. Kant, vero?

Veronica: (Rientrando) Allora andiamo?

Elena: Senti, una cosa sola volevo chiederti.

Veronica: Dimmi.

Elena: Puoi anche non rispondere, ma è per togliermi ogni dubbio.

Veronica: Su cosa?

Elena: Su quello che pensi.

Veronica: Cosa penso?

Elena: Tu credi che Serena lo stia facendo un po' apposta, vero?

Veronica: Elena, ma che dici?

Elena: Puoi anche non rispondere.

Veronica: Ho mai detto questo? Non potrei pensare una cosa del genere.

Elena: Ok…

Veronica: Era questa la domanda?

Elena: Non proprio, in realtà era un’altra.

Veronica: Cioè?

Elena: Lascia stare.

Veronica: No, dimmela…

Elena: Secondo te, e solo secondo te, davvero non ti ha riconosciuta?

Veronica: (Pausa) Fumo una sigaretta. Ti aspetto giù. Vuoi?

Elena: (Fa cenno di no, Veronica esce) Domandare è lecito, rispondere è cortesia.


16. Elena a parte. Entra Serena, passeggia tenendo un fiore in mano, poi si ferma, guarda nel vuoto.

Elena: Ciao. (Serena la guarda, non risponde) Come stai? Bella questa serra, vero? (Serena non risponde) Non mi riconosci? (Serena non la guarda, sembra presa da altre cose) Mi riconosci o no? Ehi, parlo a te. (Serena si ferma a guardarla, poi abbassa lo sguardo) Sono Elena. Ti ricordi di me? (Pausa, si inginocchia per entrare nel suo campo visivo) Ti ricordi o no? Sono Elena.

Marco: (Entrando improvvisamente) Vi conoscete?

Elena: No, mi faceva dei cenni e non capivo.

Marco: Va bene. Ha bisogno?

Elena: Stavo guardando le piante e quanto fosse carina questa serra.

Marco: Certo, faccia con comodo. Cerca qualcosa di preciso?

Elena: In realtà ero venuta qui per vedere, ma pensavo a quelle orchidee che avete esposte di là. Quelle nei vasetti colorati.

Marco: Purtroppo sono tutte messe da parte. Una cliente ce ne ha ordinate venti. Ma possiamo ordinarne altre se vuole. Erano per lei?

Elena: No, per un’amica, un compleanno.

Marco: Noi facciamo anche consegna se vuole. Bastano numero e indirizzo.

Elena: Volevo consegnarle personalmente. Va bene se lascio il mio?

Marco: Certo, che problema c’è? Sono carine, vero? E poi sono a buon prezzo.

Elena: Sì, credo che ne prenderò una anche per me.

Marco: Bene. L’aspetto di là allora.

Elena: Grazie.

Marco: Posso offrire un caffè?

Elena: Volentieri, arrivo. (Marco esce)

Elena si ferma, guarda Serena, che non ricambia lo sguardo, e arresa, esce. Serena è ancora immobile. Entra Veronica, con un piatto di minestra e una sedia. Fa sedere Serena e le si siede accanto.  

Veronica: Dai, mangia. (Serena inizia a mangiare) Brava. Hai fame, eh? (La guarda, silenzio, Serena continua a mangiare) Brava…! (Serena si ferma, con una espressione tesa) Beh, che succede? Vuoi bere? (Serena getta il cucchiaio) Oh, ma che fai? Ma che si fa così? Finisci di mangiare, forza.

Serena: Ma…r…co…

Veronica: No, Marco non c’è, è di là, sta’ lavorando. Lascialo un po' stare, Marco. Non lo vedi che è esaurito?

Serena: Ma…r…co…

Veronica: Sei proprio una bambina capricciosa. Forza, ora mangia, che tra poco vengono a prenderti.

Serena: Mar…

Veronica: No, devi mangiare! Marco ha detto che devi mangiare! Forza, Cristo Santo! (Prende il cucchiaio, cerca di farla mangiare) Pappa, pappa, dai… I pesci sono per la gatta. Dai! (Serena mangia) Le fiorentine per i Toscani, gli ossi per i cani, le bacche per gli uccellini, il latte per gli agnellini, il formaggio per i topolini, e la pappa buona per i bambini. Mangia tutto, mangia che ti conviene, fai la pappa, bimba, che ti fa bene! (Serena posa il cucchiaio) Hai finito, brava. (Un bacio sulla guancia, le sorride come si sorride a un bambino, poi esce)

Serena immobile con espressione accigliata sul volto.


17. Marco seduto a contare a voce alta alcune banconote. Entra Veronica.

Marco: (Indica una busta sul tavolo) Questi sono i tuoi.

Veronica: (Apre la busta) Mmm…

Marco: Che c’è?

Veronica: Senti, io così non ce la faccio.

Marco: Cioè? Troppo poco? (Veronica non risponde) Duecento a settimana è poco?

Veronica: Sì, Marco. Non lo vorrei dire ma è poco.

Marco: Mmm…

Veronica: Vorrei un aumento, almeno per questo mese.

Marco: Tu mi scanni. E come faccio a dartelo?

Veronica: Non lo so. Devo andare a sentire qualcun altro?

Marco: Ma scherzi?

Veronica: Marco, ti porto avanti la serra, ti porto avanti il bar. Serena non può fare niente, e tu a parte stare alla cassa, fare le ordinazioni e tre cazzate, cosa fai? Che sono io, una schiava?

Marco: Va bene. Parliamone. (Veronica si siede) Quanto vuoi?

Veronica: No, dimmelo tu.

Marco: No, dimmelo tu.

Veronica: No, Marco, davvero, scegli tu.

Marco: Vuoi duecento?

Veronica: Non chiedevo così tanto.

Marco: Trecento?

Veronica: No, è troppo.

Marco: Allora quattrocento?

Veronica: Mi prendi in giro?

Marco: Cinquecento? Mille? Sai che ti dico? Non me ne frega niente. Prendili tutti.

Veronica: Sei scemo?

Marco: Scemo, stronzo, coglione, chiamami come vuoi. (Le lancia i soldi)

Veronica: Marco!

Marco: Vieni qui!

Veronica: Stupido! Lasciami!

Marco: Ma sì. Chi se ne frega dei soldi. Quanto devo pagare per avere te?

Veronica: Oh! (Lo schiaffeggia) Ma che fai?

Marco: Sei una troia.

Veronica: Lasciami stare.

Marco: No.

Veronica: Lasciami stare.

Marco: Io non ti lascio.

Veronica: Marco, lasciami.

Marco: Ripetilo.

Veronica: Lasciami.

Marco: (La lascia) Vuoi andare? Vai.

Veronica: I soldi ti hanno dato alla testa.

Marco: I soldi? Cosa? Questi? Capirai. Sono solo una consolazione. Io non valgo più niente, Veronica. E poi questi non sono miei.

Veronica: Ah, no?

Marco: No, sono dell’invalidità di Serena.

Veronica: Mi paghi con l’invalidità di Serena?

Marco: Che dovrei fare? Con quel che si guadagna qui a malapena ci mangiamo.

Veronica: Marco, questo non lo sapevo. Io non posso più accettare.

Marco: Non sentirti in debito. Sono io che sono in debito.

Veronica: Che debito?

Marco: Dovevo esserci anch’io in carcere con te. Sarebbe stato meglio. Saremmo stati insieme. Stare qui è stato come l’inferno.

Veronica: Quei soldi dovrebbero essere spesi per le sue cure.

Marco: Ma quali cure! Ma che ci vuoi fare! Lei è la causa di tutto. Io non le avevo chiesto niente. Io non volevo questo. No, è palese: quei soldi servono per curare me, per risarcirmi della sua stupidità. (Si copre il volto)

Veronica: Marco… (Fa per raccogliere le banconote)

Marco: Lascia stare, raccolgo io. (Fa per alzarsi)

Veronica: No, stai fermo. (Lo tiene seduto)

Marco: Veronica.

Veronica: Ti voglio fermo. (Silenzio, gli si siede sopra, le braccia dietro il suo collo. Potrebbero andare avanti)

Serena: (Da fuori) Mar…co…

Marco: Hai sentito?

Serena: (Da fuori) Mar…co…!

Marco: Perché l’hanno portata prima? Cazzo, scusami. (Si alzano, Marco esce, Veronica resta sola)


18. Elena e Veronica.

Veronica: Non lo lascia un attimo. E’ diventata asfissiante. Anche due giorni fa, il negozio era chiuso per le feste, siamo andati a fare una passeggiata. Niente. Non c’è stato modo di respirare, nemmeno cinque minuti. Guarda, abbiamo fatto questa foto. (Le mostra una foto)

Elena: (Guardando la foto) E’ suo marito. E purtroppo credo che più andrà avanti, più peggiorerà.

Veronica: Sì, è la stessa cosa che penso io.

Elena: Quindi? Che vuoi fare?

Veronica: Credo che me ne andrò.

Elena: Davvero?

Veronica: Non lo so. Ci stavo pensando.

Elena: Puoi trovarti un altro lavoro.

Veronica: Ti pare? No, se resto qui mi sarebbe difficile rinunciare a lui. E anche fosse, lui lo permetterebbe? No, quello si rifarebbe vivo subito. Non finirebbe mai.

Elena: No so, se vuoi posso sentire qualcuno. Ho diverse persone che potrebbero darti una mano.

Veronica: (Pausa) Va bene, fammi sapere cosa trovi. Credo non ci sia altra scelta.

Elena: Va bene, ti contatto in settimana.

Veronica: D’accordo. Ti ringrazio ancora.

Elena: Vero?

Veronica: Sì?

Elena: Mi dispiace.

Veronica: Me la sono voluta. Non dispiacerti.


19. Veronica seduta, fa la maglia, che intanto è diventata una sciarpa. Piove. Entra Marco con due caffè.

Marco: Potresti sembrare un quadro.

Veronica: Oh, ciao…

Marco: Un caffè?

Veronica: Grazie. (Sorseggia)

Marco: Beh, almeno ogni tanto piove.

Veronica: Sì, ci voleva proprio. Il giardino era in secca. Credi che verrà qualcuno?

Marco: Mmm… Con questo tempo? No, non credo. Almeno ci riposiamo un po'.

Veronica: Già…

Marco: (Prende la sciarpa, la mette al collo) Bella, no?

Veronica: Come?

Marco: E’ bella.

Veronica: Non è finita.

Marco: Non mi hai risposto.

Veronica: Carina.

Marco: Ma c’è qualcosa che ti piace veramente?

Veronica: Che c’entra?

Marco: Per te è tutto carino. Secondo me in realtà non ti piace niente.

Veronica: No, non è vero.

Marco: No?

Veronica: Se una cosa è carina dico che è carina. Se una cosa è bella dico che è bella.

Marco: E cos’è bello per te?

Veronica: Non lo so. Intanto questa giornata di pioggia in cui posso rilassarmi con calma.

Marco: E poi?

Veronica: Boh, ora non mi viene in mente niente.

Marco: Il fatto che Serena ora non ci sia lo trovi bello?

Veronica: Mmm…

Marco: Che c’è?

Veronica: Vorrei trasferirmi. Ho già trovato lavoro da un’altra parte.

Marco: Ah, e dove?

Veronica: Non mi va di dirtelo. Me ne vado e basta.

Marco: E me lo dici ora?

Veronica: Quando avrei dovuto dirtelo?

Marco: Potevamo parlarne.

Veronica: No, non potevamo parlarne.

Marco: E che fai? Mi lasci qui?

Veronica: Che ti lascio qui? Sono io che me ne vado. Tu hai Serena, hai il tuo negozio.

Marco: E secondo te va bene così?

Veronica: E’ la tua vita, Marco. Io devo farmi la mia.

Marco: C’è qualcun altro?

Veronica: Come?

Marco: Ho chiesto se c’è qualcun altro.

Veronica: No, nessuno.

Marco: E’ la mia vita… (Si alza)

Veronica: Dove vai?

Marco: Faccio un giro fuori.

Veronica: Marco…

Marco: Cosa c’è? Non ti ho dato abbastanza?

Veronica: No, mi hai dato anche troppo… Ma siamo onesti: dove vogliamo andare?

Marco: (Si tocca il volto) E’ per Serena, vero?

Veronica: Non è colpa sua, Marco.

Marco: Ti è venuto a noia? Lo capisco. Posso provare…

Veronica: No, non è un fatto di noia. E tu più di così non puoi fare.

Marco: (Sospira) Non so cosa dire.

Veronica: Allora non dire niente. Mi piace questo silenzio. Paradossalmente, lo trovo davvero bello. (Sorride, pausa) Vado a sistemare di là. (Esce)

Marco: (Resta solo, fruga nella borsa di Veronica, estrae il cellulare, lo controlla, fa una telefonata, risponde) Chi sei? Come ti chiami? Come? Non importa dimmi chi sei… Pronto?

Veronica: (Rientrando) Oh!

Marco: Eh!

Veronica: Ma che fai?  

Marco: Niente.

Veronica: Dammi il cellulare! Che fai?

Marco: Sta’ zitta. Chi è Elena? Non ci credo che non ci sia nessun’altro.

Veronica: Non c’è nessun’altro. E dammi il cellulare! (Prende il cellulare) Non ti fidi di me?

Marco: Non capisco perché te ne devi andare.

Veronica: Perché questa non è vita, Marco, non è vita! E tu stai pensando alla tua, ma non alla mia!

Marco: Io non penso alla tua? Sono sempre in pensiero per te! Ti ho anche dato da lavorare!

Veronica: Sì, ma non puoi più di questo.

Marco: No, non posso!

Veronica: E infatti io non te lo chiedo, Marco! Io non te lo chiedo, perché so che più di questo non puoi, e chiedertelo non sarebbe giusto! E’ tanto cattivo se me ne vado?

Marco: (Pausa, si siede) Sì, è cattivo.

Veronica: Preferisco passare da cattiva che da finta buona. (Esce portandosi borsa e maglia)


20. Serena seduta. Ha sul grembo un cuscino di fiori. Entra Marco col piatto di minestra. Si siede.

Marco: Posa quel cuscino. Dai, mangia. (Serena rifiuta) Serena…! (Serena rifiuta ancora) Dammi quel cuscino. Dove l’hai preso? (Serena non si muove) Non vuoi mangiare? Non importa. Fai come vuoi. Non me ne frega un cazzo. (Posa il piatto sul tavolo, sospira, pausa, poi Serena si avvicina al piatto e mangia) Ah, ora mangi? (Pausa) Immagino sarai soddisfatta. Bianca se n’è andata. E’ questo che volevi? Sì, è questo. Sai cosa penso, Serena? Penso che tu non sia così ingenua come vuoi dare a credere. Vero? No, tu capisci, capisci eccome quello che succede. Scommetto che sai anche che il vero nome di Bianca è Veronica, vero? Che stronzata, vero? (Serena si ferma, fa per dargli il cuscino di fiori) Perché me lo dai? Che ci faccio con questo? (Prende il cuscino, lo lascia sul tavolo) Allora, hai finito di mangiare? (Pausa, Serena getta il cucchiaio. Pausa, la guarda, poi, con un improvviso scatto di rabbia, prende il piatto e lo sbatte in terra, silenzio. Serena non si muove) Stronza! Stronza, maledetta! Io… (Serena si alza, gli passa il cuscino di fiori) Cosa ci faccio con questo? Perché me lo dai? (Serena esce lentamente) Attenta alle orchidee. Già devo chiamare… (Estrae un foglietto dalla tasca, compone un numero, risponde) Sì, parlo con Elena? Sono Marco del Caffè dei fiori, volevo dirti che sono arrivare le orchidee. (Si ferma, come intuendo qualcosa, ricontrolla il numero sul biglietto) Tu conosci Veronica? Dicevo se conosci Veronica… Pronto? Pronto? (Si alza, esce)


21. Elena seduta. Entra Marco con un vaso di orchidee.

Marco: (Bussando) Salve.

Elena: Oh, è lei… Lasci pure lì.

Marco: Ce ne sono altre due da portare.

Elena: Faccio da me, grazie, può andare.

Marco: Sei amica di Veronica, vero?

Elena: Devo lavorare.

Marco: Ho visto che vi siete sentite spesso ultimamente.

Elena: Mi spiace interromperla: devo lavorare.

Marco: Ho visto il suo numero tra le sue chiamate.

Elena: Cosa vuole?

Marco: Visto che siete così in contatto, di sicuro sa dov’è andata.

Elena: No, guardi, mi dispiace ma non vorrei essere messa nel mezzo.

Marco: Non la sto mettendo nel mezzo.

Elena: Non mi costringa a chiamare qualcuno. Se ne vada.

Marco: Va bene, senta, se fosse che vi risentite, per favore, le dica che sono disposto al divorzio. Va bene? Il mio numero ce l’ha, quindi… Beh, la ringrazio. (Esce)

Elena resta sola. Si siede. Poi, prende il cellulare, fa un numero.


22. Marco in piedi. Serena seduta con un cuscino di fiori. Silenzio. Piove.

Marco: Mi dispiace, Serena. Se comprendi queste parole spero che tu possa perdonarmi. Non ho molto da dire. Non sono mai stato il marito giusto per te. So che da qualche parte dentro di te comprenderai quello che dico. E’ giusto che tu sia arrabbiata. (Pausa) Veronica è una pazza. Ma io la amo, Serena. E ormai è tardi per chiedere scusa, si può solo andare avanti. Non voglio giustificarmi, va solo accettato per com’è. Mi dispiace davvero, ma piangere ora non avrebbe senso, e sarebbe da ipocriti. Preferisco che le cose procedano per come devono andare. Forse anche per te è la soluzione migliore.

Elena: (Entra con un ombrello, si ferma accanto a Marco) Veronica mi ha detto di accertarmi di una cosa.

Marco: Cosa?

Elena: Mi ha detto di dirle che sapeva che mi avrebbe contattato. Sapeva che aveva il mio numero. E sapeva che avrebbe guardato nel suo cellulare.

Marco: L’ha fatto apposta?

Elena: Diciamo di sì, diciamo di no.

Marco: In che senso?

Elena: Diciamo che se la fortuna l’avesse impedito a quest’ora non saremmo qui.

Marco: Di cosa deve accertarsi?

Elena: Mi ha detto di chiederle se è perfettamente sicuro di quanto sta facendo.

Marco: Perché me lo chiede?

Elena: Mi ha detto di dirle che se non lo è di tornare a casa, dare un bacio a sua moglie e per il bene suo e di tutti lasciar stare.

Marco: Perché me lo chiede?

Elena: Risponda e basta.

Marco: Secondo lei perché me lo chiede?

Elena: Io penso perché sa già come andrà a finire questa storia, e vuole assicurarsi che lo sappia pure lei.

Marco: Come andrà a finire?

Elena: La risposta la deve sapere lei, Marco, non io.

Marco: Ma che cazzo dice? Mi dica dov’è.

Elena: Quindi ha deciso di andare avanti?

Marco: Non ho motivo di tornare indietro.

Elena: Lo ripeto: vuole andare avanti?

Marco: Sì.

Elena: D’accordo. (Estrae un biglietto) Vorrei essere chiara su un fatto: è il mio criterio che Veronica ha chiesto, e secondo il mio criterio lei ama Veronica, come Veronica ama lei. Io non posso impedirvi di amarvi. Qualunque cosa possa succedere d’ora in avanti, io ho fatto solo da tramite. (Gli passa il biglietto, Marco lo afferra) E così Marco andò a riprendersi Veronica, e i due si promisero che sarebbero stati insieme per sempre. Per sempre avrebbero condiviso il loro amore, per sempre avrebbero condiviso il loro destino. O almeno così sarebbero andate le cose, se non fosse stato che…

Marco: (Legge il biglietto) “Segui il tuo cuore…?”

Elena: Mica me l’ha detto l’indirizzo. (Esce)

Parte III
23. Elena seduta col caffè. Entra Letizia come avesse appena pianto.

Elena: Ti sei ripresa?

Letizia: Sì, è che sapere tutte queste cose ora mi ha un po' spiazzata, ecco…

Elena: Te l’ho detto, è solo dedotto da quel che ho visto. Non so se è andata davvero così.

Letizia: Sì, sì, certo…

Elena: Beh, a questo punto dovrei passare la parola a te.

Letizia: Per quel poco che so.

Elena: Di certo non sarà inutile.

Letizia: Ma dimmi una cosa: l’indirizzo davvero non te l’aveva dato?

Elena: No, non me l’ha dato.

Letizia: Ancor più mi chiedo che senso ha avuto.

Elena: (Sbuffa) Mi chiedi cose che vanno al di là del mio comprendonio.

Letizia: E’ incredibile.

Elena: Sai che ti dico? Dovremmo evitare di preoccuparci di riempire i buchi. Pensiamo di raccontare quel che sappiamo, al massimo quel che possiamo intuire.

Letizia: Questa l’hai comprata là, vero? (Afferra la pianta)

Elena: Allora…?


24. Letizia in scena con la pianta in mano. Entra Marco.

Marco: Sì?

Letizia: Sì… Salve… Senta, posso chiedere a lei?

Marco: Certo. Il negozio però è chiuso.

Letizia: No, il cancello è aperto.

Marco: Come è aperto? Allora l’ho scordato. Sono le otto.

Letizia: Vabbè, se vuole lascio stare…

Marco: Sì, mi scusi, ma siamo chiusi ormai.

Letizia: Non può fare un’eccezione? Non so dove andare, è per un compleanno. Sono tutti chiusi.

Marco: (Spazientito) D’accordo. Questa?

Letizia: Sì.

Marco: Basta? Bene, mi segua. (Fa per uscire con la pianta)

Letizia: Non c’era una ragazza qui?

Marco: Come?

Letizia: Quella ragazza che vedevo sempre passeggiare, non era qui sempre con lei?

Marco: Parla di Serena?

Letizia: Qualcuno diceva che è sua moglie, qualcuno che è sua sorella.

Marco: Chi lo diceva?

Letizia: Lo diceva la gente nei dintorni.

Marco: E ora che dicono?

Letizia: Non lo so, sono tornata in città da poco.

Marco: Ah, davvero?

Letizia: Sì, ho lavorato fuori per un anno. Mi scusi, non volevo entrare nei suoi affari.

Marco: No, non è colpa sua.

Letizia: Va bene... Allora compro quella. Quanto le devo?

Marco: E’ andata via un anno fa ha detto?

Letizia: Sì, in realtà un anno e mezzo.

Marco: Oggi è il primo anniversario della sua morte.

Letizia: Cazzo, mi dispiace, non… (Marco fa cenno di non preoccuparsi) Lo dicevano che non stava bene.

Marco: Stava come doveva stare. Poteva andare solo in quella direzione.

Letizia: Ho capito. Mi spiace, davvero.

Marco: Come ha detto che si chiama?

Letizia: Letizia. L’ho detto?

Marco: Non ricordo. Abita qui nei dintorni?

Letizia: Sì, nel palazzo in fondo, laggiù.

Marco: Ah, sì, sì, Ho capito. Io mi chiamo Marco, ma dammi del tu.

Letizia: Piacere.

Marco: Piacere. (Si stringono la mano)

Letizia: (Pausa, si guardano) Sto facendo parecchio tardi…

Marco: Ah, sì, certo, sì, sì… La cassa è di là, devo riaccenderla. Faccio subito, aspetti qui. (Fa per uscire)

Letizia: Dammi del tu.

Marco: Eh? Ah, sì, sì…

Letizia: Quindi quella ragazza era sua sorella?

Marco: Secondo lei?

Letizia: Io ho sempre scommesso che fosse sua sorella.

Marco: Ci ha azzeccato.

Letizia resta ferma. Entra Elena.

Elena: Sì, questa cosa è vera: Serena morì che era settembre. E poi ricordo che spuntasti tu. Morì in settembre quindi… Saranno stati due anni che Veronica se n’era andata? Sì, più o meno. In confidenza: io non andai al funerale di Serena. Non volevo venisse fuori niente. Insomma, lasciai perdere. E così la verità di Serena venne seppellita con lei.

Marco: (Da fuori) Venga pure!

Letizia: Sì! (Esce)

Elena: Sulla sua tomba giacevano fiori finti e neanche tu, cara Letizia, sapesti più niente.


25. Veronica in scena. Entra Letizia. Si guardano.

Veronica: Buongiorno.

Letizia: Buongiorno.

Veronica: Lei lavora qui?

Letizia: Desidera?

Veronica: In realtà ero venuta per guardare. Ma non so, forse potrei comprare quelle… Carino il giardino.

Letizia: Vero? Sì, ci lavoriamo praticamente giorno e notte.

Veronica: Bene, mi fa piacere sia passato in buone mani. Non c’era un signore prima?

Letizia: Come?

Veronica: Un signore…

Letizia: Sì, se intende mio marito…

Veronica: No, intendevo quello che c’era prima.

Letizia: Sì, mio marito.

Veronica: Ah, suo marito…?

Letizia: Sì, diciamo che abbiamo intenzione. Non so se intende qualcuno prima, ma… Vuole che lo chiami?

Veronica: Lasci stare.

Letizia: Vuole un caffè? Noi qui di solito offriamo un caffè ai clienti.

Veronica: Grazie, dovrei andare.

Letizia: Marco!

Marco: (Da fuori) Eh!

Letizia: Ce l’hai un caffè pronto per una cliente?

Marco: (Da fuori) Perché? C’è una cliente?

Letizia: Dai, Marco, un caffè, muoviti! (A Veronica) E’ in pausa.

Veronica: Ma lasci stare.

Letizia: No, no, deve darsi da fare.

Veronica: Vedo che ha preso le redini in mano.

Letizia: Se non ci fossi io, lui più che stare alla cassa e fare qualche ordinazione, non è che… Doveva vedere com’era ridotto questo posto un anno fa.

Veronica: Cosa non farebbero gli uomini senza una donna, vero?

Letizia: Se la mettiamo così…

Marco: (Entra portando un caffè) Eccomi, non ho messo zucchero, va bene? (Vede Veronica, si trattiene, nascondendo la sorpresa) Senza zucchero.

Veronica: (Facendo finta di niente) Sempre e unicamente senza zucchero. (Sorride)

Marco: Bene. (Sorride, le passa il caffè)

Letizia: Vi dispiace se finisco delle cose nella serra? Marco, pensaci tu alla signora, ok?

Marco: Sì, certo…

Letizia: Arrivederci.

Veronica: Arrivederci. (Letizia esce, pausa, sorseggia)

Marco: Che ci fai qui?

Veronica: Non perdi tempo, eh?

Marco: Ti ho chiesto cosa vuoi?

Veronica: Sono venuta a salutarti per l’anniversario della sua morte.

Marco: E’ un po' tardi. Sono tre anni ormai.

Veronica: Vedo che ti rincresce molto la sua scomparsa.

Marco: Mi dici che vuoi?

Veronica: Niente, ero tornata per chiederti… Non lo so… Non lo so…

Marco: Bene, meglio quindi… Se mi permetti, vorrei che tu non mettessi più piede qui. (Pausa) Mi hai capito.

Veronica: Sì, sì, certo ho capito… Ora hai la tua nuova mogliettina. Come si chiama?

Marco: Direi che non ti interessa.

Veronica: Sì, certo, va bene. (Si alza) Grazie per il caffè. Buone cose. (Esce)


26. Elena seduta. Entra Veronica.

Elena: Ah, ciao, siediti.

Veronica: Vorrei delle spiegazioni.

Elena: Sì, tutto quello che vuoi, ma siediti.

Veronica: (Si siede) Vorrei che tu mi spiegassi questa. (Estrae una lettera, la lascia sul tavolo)

Elena: Oh…

Veronica: So già che ne sei al corrente, quindi niente mezzi termini, vai al sodo, grazie. (Si siede)

Elena: Niente, è una segnalazione di stalking. Non succede niente.

Veronica: Ma stalking di ché? Che ho fatto?

Elena: Non lo so.

Veronica: Come non lo sai? Voglio dire, chi mi ha segnalato avrà un motivo, no?

Elena: Chi ti ha segnalato non ha alcuna certezza, per questo la polizia non fa niente.

Veronica: Cominciamo a dare nomi alle cose: chi mi ha segnalato è Marco.

Elena: Io, non l’ho detto e lì non è scritto.

Veronica. Non prendiamoci per il culo, Ele…

Elena: C’è l’anonimato.

Veronica: Ma vaffanculo tu e l’anonimato. Mi devo sentire accusata e neanche dovrei sapere da chi? Ma che cazzo d’amica sei?

Elena: Veronica…

Veronica: Eh?

Elena: Che intenzioni hai?

Veronica: Che intenzioni ho?

Elena: Perché sei tornata?

Veronica: Cos’è, un interrogatorio? Non posso tornare?

Elena: Non ho detto questo.

Veronica: E allora cosa vuoi dire?

Elena: Sto cercando di aiutarti.

Veronica: Vuoi sapere perché sono tornata? E va bene, era per rivederlo. Ok?

Elena: Solo rivederlo?

Veronica: Perché?

Elena: Non è che avevi in mente di tornare da lui?

Veronica: No, ma cosa dici?

Elena: Sto solo immaginando.

Veronica: Tutto questo solo perché mi sono fatta vedere una volta per salutarlo.

Elena: Va bene. In ogni caso, non preoccuparti, non succederà proprio niente e nessuno lo saprà. Chi ha fatto la segnalazione…

Veronica: Marco.

Elena: Chi ha fatto la segnalazione… Senti, prendi quella lettera e strappala.

Veronica: (Si alza, strappa la lettera, lascia i brandelli sul tavolo) Va bene così? (Esce)

Elena: Intendevo a casa.


27. Marco seduto a tentare goffamente di fare la maglia. Entra Letizia.

Letizia: E’ tornato il caldo. Sono le sette e mezzo. Che si fa, si inizia a chiudere?

Marco: Tra poco, sì…

Letizia: Finisco delle cose.

Marco: Fermati un po'. Sei sempre a lavorare.

Letizia: E’ che non so stare senza fare niente.

Marco: Beata te.

Letizia: Che hai?

Marco: Come?

Letizia: Che hai?

Marco: Niente. Sono stanco. Il caldo mi stanca subito.

Letizia: Mmm…

Marco: Cosa?

Letizia: Mi dici che hai? Oh…

Marco: Eh…

Letizia: Cosa c’è?

Marco: Ma nulla, Leti. Cosa c’è?

Letizia: Va bene…

Marco: E’ che ripensavo a mia sorella in questi giorni, e vabbè…

Letizia: Sì, capisco…

Marco: Scusami. (L’abbraccia, la bacia sulla testa) Basta per oggi, chiudiamo, andiamo a casa.

Letizia: Ci pensi tu alla serra?

Marco: Tu pensa al cancello.

Letizia: Adesso vado.

Marco: D’accordo. (Esce, lasciando la maglia sulla sedia)

Letizia resta seduta, stanca. Entra Veronica.

Veronica: Salve.

Letizia: Ah, è lei. Stiamo chiudendo, mi dispiace.

Veronica: E’ una cosa veloce. Non si preoccupi.

Letizia: Mi dica.

Veronica: Ho lasciato i miei ferri.

Letizia: Ferri?

Veronica: Sì. (Vede la maglia sulla sedia) Toh, che coincidenza. (Marco rientra) Anche a te curano lo stress?

Letizia: La signora dice che ha lasciato qui i suoi ferri.

Veronica: Tre anni fa. Li ho lasciati tre anni fa. E sono proprio questi. Grazie. (Prende la maglia, esce)

Marco: Vorrei tu non mi chiedessi niente.

Letizia: No?

Marco: No.

Letizia: Non posso chiederti chi è quella?

Marco: Non è nessuna. (Marco la guarda, Letizia esce)


28. Marco seduto. Entra Veronica.

Veronica: Quella ragazzina non ti ha ancora sposato. Dovrebbe ringraziarmi. La sto solo salvando.

Marco: Da chi?

Veronica: Da te.

Marco: Hai fatto un bel casino a farti rivedere…

Veronica: Casino io? Mi ha segnalata per stalking solo perché sono passata una volta.

Marco: Quello non era passare, quello era un “eccomi, sono tornata, e volevo tu lo sapessi.”

Veronica: Sapevi che con quella segnalazione avresti attirato la mia attenzione.

Marco: Potevi trovare altri modi.

Veronica: Quali? Quelli che ti avrebbero fatto comodo?

Marco: Non so se è meglio finirla per come è finita.

Veronica: Dimmi che vuoi tornare indietro, e me ne vado.

Marco: Abbiamo avuto tutto. Abbiamo preso quello che potevamo prendere. Cos’è che vuoi ora?

Veronica: Era la mia vita.

Marco: Avevi detto che non era la tua vita.

Veronica: Non so più qual è la mia vita.

Marco: Veronica, tu hai bisogno di qualcuno.

Veronica: (Pausa) Sei un bastardissimo stronzo.

Marco: Sei stata tu ad aver colpito Serena in albergo.

Veronica: Va bene, allora che resto a fare qui?

Marco: Io non sapevo potesse succedere quel che è successo.

Veronica: Non cercare di pulirti le mani con me.

Marco: Veronica…

Veronica: Rispondimi solo a questo…

Marco: Non urlare.

Veronica: Rispondimi e me ne vado: tu davvero sei così preso da quella là?

Marco: (Pausa) E’ tremendamente simile a Serena. E’ come se tramite lei riuscissi a chiederle scusa.

Veronica: Anche lei uno straccio per pulirsi le mani. (Tira fuori dei soldi)

Marco: Non voglio i tuoi soldi. Non andare.

Veronica: Mi dà fastidio la tua vigliaccheria.

Marco: Vorrei solo che sia lasciata stare.

Veronica: Non preoccuparti. Non accadrà niente.

Marco: Non andare, ti prego. Promettimi che qualunque cosa possa succedere, lei non ci andrà di mezzo.

Veronica: Non ha senso questa promessa.

Marco: Promettilo.

Veronica: Sei uno stronzo, un grande, bastardissimo stronzo. (Si stringono per mano)


29. Elena a parte. Una lettera è stata lasciata su una sedia.

Elena: (Nel frattempo Marco entra, cerca Letizia, non la trova, poi dopo poco vede la lettera, la apre e legge) “Caro Marco…” Anzi, no… “Marco, lasciarti questa mia può sembrare una soluzione un po' romantica, ma so che tanto non parleresti, e anche fosse, non credo sarei in grado di prendere questa decisione ammaliata dalle tue parole. E siccome mantengo la parola data, come tu mi hai chiesto continuo a non domandarti niente. Tuttavia anch’io credo di non doverti spiegazioni, ammesso che ce ne sia bisogno. Ti ringrazio per questi due anni insieme e per il lavoro che mi hai dato.” (Marco esce) Più o meno?

Letizia: (Entrando) C’erano parecchie parolacce in realtà. Ti pare che l’ho scritta così?

Elena: Vabbè, possiamo essere più soft?

Letizia: Mi dici che è successo dopo?

Elena: Lo vuoi sapere?

Letizia: Perché?

Elena: Festeggiarono a Venezia.

Letizia: A Venezia?

Elena: La prima volta a Venezia. Cinque giorni. Mettiti nei loro panni: la cosa si era risolta da sé.  


30. Veronica seduta a leggere. Indossa un abito nuovo. Sull’altra sedia una gruccia con una giacca appesa. Entra Marco con due calici di spumante, si siede, posa i calici sui tavoli. Indossa dei pantaloni da abito nuovi.

Marco: Ancora Moravia?

Veronica: No, è un altro.

Marco: Stavo pensando a quanto mi hai detto.

Veronica: Sul fatto degli investimenti?

Marco: Tu dici sia da fare?

Veronica: E sennò perché te l’ho detto?

Marco: Sì, hai ragione.

Veronica: Marco, io te l’ho detto, basta con quelle piantine, e tu bellino, lì, a far finta di essere il bravo venditore di begonie. Su, Marco… Tu di fiori non ne sai niente, e quel negozio… Davvero, intendi tenerlo in quelle condizioni? E poi ti ha sempre fatto schifo quel lavoro.

Marco: Pensi che mi facesse schifo?

Veronica: Marco, non è quella la vita che ti rappresenta.

Marco: E in quanto dovremmo vedere i risultati?

Veronica: Basta aprire un brand, e il gioco è fatto, avremo accesso a prestiti e tutto il resto. Il nome ce l’hai già: il Cafè du flore diventerà lo Chalet du flore. Perfetto.

Marco: Non vedo perché metterlo in francese.

Veronica: In francese fa sempre più impressione.

Marco: Mmm…

Veronica: E poi il fondo è tuo, no? Ecco, quindi nemmeno il suolo hai da pagare. Cosa ci rimetti? Tanto vale tentare. Poi, chiaro, il negozio è tuo, decidi tu.

Marco: No, sto chiedendo un consiglio a te.

Veronica: Io quel che penso te l’ho detto. La scelta è tua.

Marco: Vorrei decidessimo insieme.

Veronica: Marco, non mi dare responsabilità che non voglio.

Marco. (Sospira) Non lo so, io non ho mai pensato a queste cose.

Veronica: Dovresti cominciare a guardare le cose più in grande.

Marco: E come si fa?

Veronica: Uscire dai soliti schemi. Fare progetti. Comincia col vestiario.

Marco: (Pausa, da lontano una musica) Si divertono laggiù.

Veronica: E comunque il completo è perfetto.

Marco: Ci credo, con quel che l’ho pagato…

Veronica: Guardi troppo i soldi. Dovresti guardare i risultati.

Marco: Il risultato è che ho un abito ma sono ancora un fioraio.

Veronica: Sì, ma là fuori già ti vedono come un capo.

Marco: Dici?

Veronica: Ti do tempo un anno che a Venezia la prossima volta di abiti te ne compri dieci.

Marco: E tu?

Veronica. Io?

Marco: Tu non ne vuoi di abiti nuovi?

Veronica: Già quello che ho mi basta.

Marco: Io te ne comprerei quanti ne vuoi.

Veronica: Magari trovi un’altra e li regali a lei.

Marco: Ma smettila, stupida.

Veronica: Dovrei darlo per scontato?

Marco: Ma cosa dici?

Veronica: Non devi decidere per me. Io lo dico per te.

Marco: Abbiamo il battello tra quattro ore.

Veronica: Che? Pensi già al ritorno? E’ questo il tuo difetto: non ti godi mai niente.

Marco: Hai ragione. (Si alza) Vuoi ballare?

Veronica: Stupido, ma che so ballare io?

Marco: Dai, vieni.

Veronica: (Si alzano coi calici in mano, ballano lentamente) E quindi?

Marco: Sei meravigliosa.

Veronica: Mi dici cosa vuoi fare?

Marco: Vieni a vivere con me.

Veronica: Vorrei tu prendessi la cosa sul serio.

Marco: Perché? Non lo sembro?

Veronica: Sembri un tronco di legno con le gambe che tenta di ballare.

Marco: Mi vuoi più sciolto?

Veronica: Vorrei tu rispondessi.

Marco: A cosa?

Veronica: Smettila, scemo.

Marco: Ci stai o no?

Veronica: Non saprei.

Marco: Perché?

Veronica: Mi ci vedi a fare la vita della bella giardiniera?

Marco: Sembro uno che vuole farti fare la vita della bella giardiniera?

Veronica: A volte la tua testa è un mistero.

Marco: Non parlarmi come non sapessi già la risposta.

Veronica: Devi essere più convincente.

Marco: Facciamo che sarà una sorpresa?

Veronica: Come vuole il padrone.

Marco: Te l’ho detto che sei meravigliosa?

Veronica: Sì.

Marco: Non te l’ho detto abbastanza. Ancora spumante?

Veronica: Sì, ancora spumante. (Versano lo spumante)

Marco: A chi ci vuole male.

Veronica: (Fanno toccare i calici) A chi ci vuole male.


31. Marco in scena, vestito con l’abito. Elena e Letizia a parte.

Elena: Una mattina di agosto montarono le impalcature.

Letizia: Era giugno.

Elena: Agosto.

Letizia: Giugno.

Elena: Insomma a ottobre avevano già finito.

Letizia: Appunto, se hanno finito a ottobre ti pare che hanno iniziato a agosto? Figurati!

Elena: Fatto è che quel negozio diventò uno chalet di produzione e vendita di prodotti per l’ambiente. E ormai era palese che stavano insieme. Avevano deciso di fare le cose in grande, e sui giornali misero l’annuncio che cercavano dipendenti. Vabbè, queste cose le sai anche tu. Torna?

Letizia: Torna.

Elena: Insomma, le cose stavano cambiando. (Escono)

Veronica: (Entra con due calici di vino, si appoggia alla spalla di Marco, un bacio) Bello, vero?

Marco: Pensa che un domani tutto questo potrebbe essere tuo.

Veronica: Che dici?

Marco: Volevo fare cinquanta e cinquanta.

Veronica: Ma chi ti ha messo in testa questa cosa? Non di certo io.

Marco: No, sono io che lo voglio.

Veronica: Io no, e lo sai.

Marco: Ti dai un sacco da fare. Io non sarei in grado di fare quello che fai tu.

Veronica: Senti, ne parliamo un’altra volta. Hai pensato al rinfresco per l’inaugurazione?

Marco: Domattina alle nove sono qui.

Veronica: Bene. (Sorseggiano)

Marco: Com’è andata in agenzia?

Veronica: Ne abbiamo assunte tre.

Marco: Tre sole? Non dovevano essere quattro?

Veronica: Dobbiamo rimettere gli annunci sul giornale. L’agenzia era d’accordo.

Marco: Non è che sei un po' troppo selettiva?

Veronica: Prendi tutto troppo alla leggera. Assumere un dipendente non è uno scherzo.

Marco: Hai escluso quella giovane, vero?

Veronica: Già…

Marco: Sapevo che non ti piaceva.

Veronica: Ventisei anni, sposata. Come minimo ti resta incinta e la rivedi fra un anno. No, le succhia-stipendi ora non ci servono.

Marco: Se ti sentissero là fuori cosa direbbero?

Veronica: Vuoi sapere quanto me ne può fregare? E poi io non sono niente, sono solo una consulente.

Marco: Te l’ho detto: perché non dividiamo?

Veronica: Per favore, non me lo ripetere.

Marco: Secondo me l’hai esclusa perché è più giovane di te.

Veronica: Ma molto meno esperta.

Marco: Mi piacerebbe vederti più gelosa.

Veronica: Credi che non lo sia?

Marco: Lo sei?

Veronica: A modo mio.

Marco: Non è vero. Non sei gelosa un cazzo. Andassi con un’altra non te ne fregherebbe niente.

Veronica: Mettimi alla prova.

Marco: Sto bene così per ora, grazie.

Veronica: In ogni caso, con tutte le commesse che verranno qui, di occasioni ne avrai quante ne vuoi.

Marco: Questo è un negozio, non è un bordello.

Veronica: Questo è il tuo impero. E tu decidi. Trattalo come tale, e non innamorarti di nessuno. (Esce)

Marco resta solo.


32. Marco seduto. Entra Veronica. Sul tavolo una confezione regalo.

Veronica: Scusa il ritardo.

Marco: Ciao.

Veronica: Hai prenotato?

Marco: Sì, abbiamo il tavolo delle nove.

Veronica: Cos’è?

Marco: Senti, una cosa.

Veronica: Dimmi.

Marco: Mi ha chiamato il commercialista.

Veronica: Ah, che t’ha detto?

Marco: Tu lo sapevi?

Veronica: Cosa?

Marco. Avevi tenuto conto di tutte le tasse da pagare?

Veronica: Mmm…

Marco: Insomma, è tutto un pagare. Un branco di fatica per poca roba.

Veronica: Beh, funziona così. Che pensavi? Mi preparo o facciamo tardi.

Marco: Gli ho chiesto se dividendo le quote avremmo accesso a delle agevolazioni.

Veronica: E che ti ha detto?

Marco: Mi ha detto che sì, è così. Potremmo lavorarci.

Veronica: E quindi?

Marco: Niente, più di una volta mi hai detto che non vorresti, ma ti andrebbe di entrare in società?

Veronica: Cinquanta e cinquanta?

Marco: Sì.

Veronica: Non saprei…

Marco: Dice che almeno per i primi due anni avremmo dei vantaggi.

Veronica: Cinquanta e cinquanta…

Marco: Allora?

Veronica: E allora che? Io che posso fare?

Marco: Te la senti?

Veronica: Se ritieni che sono la persona adatta…

Marco: Non sei la persona adatta, sei l’unica che vorrei.

Veronica: Non esagerare.

Marco: Smettila Veronica, ormai è un anno che lavoriamo insieme.

Veronica: Decidi tu.

Marco: Appunto, decido io. Allora aprilo.

Veronica: Ah, è per me? (Apre la confezione) No! Ma sei scemo? (Sorride, estrae dei tacchi) Ma sei scemo?

Marco: Sì, sono scemo.

Veronica: Ma non dovevi. (Prova i tacchi) Oh, sono bellissimi!

Marco: Vestiti, andiamo.

Veronica: Mi sbrigo. (Esce)


33. Veronica e Elena.

Elena: Ma davvero?

Veronica: Questo è, che ci vuoi fare?

Elena: Ma Marco lo sa?

Veronica: Voi giornalisti fate sempre domande inutili.

Elena: Non sono più una giornalista.

Veronica: Lo sei nel sangue.

Elena: Ti ha messo in testa tutta quella roba…

Veronica: Mica glie l’ho chiesto io.

Elena: Vero…

Veronica: Eh…

Elena: Non dirmi che non lo volevi.

Veronica: Volontà e fortuna?

Elena: Sei sicura di quel che stai facendo?

Veronica: In che senso?

Elena: Non credi che se lo sapesse potrebbe farti qualcosa?

Veronica: Cosa?

Elena: Non lo so.

Veronica: Elena, credi che ne sia capace? Quello neanche sa come si gestiscono i soldi. Sto facendo tutto io.

Elena: E a parte i soldi?

Veronica: Cosa potrebbe fare? Ormai il cinquanta percento mi appartiene.

Elena: Ho capito…

Veronica: Ci tenevo a dirtelo, ma… Chiaramente, insomma…

Elena: Come non sapessi niente.

Veronica: Esatto.

Elena: Ma sì, perché no? In fondo certe faccende sono all’ordine del giorno.

Veronica: Uh, sapessi quante cose ci sarebbero da sapere su quel che nasconde la gente.

Elena: E’ proprio questo che apprezzo: la tua spontaneità.

Veronica: Ma quando arriva questo aperitivo?

Elena: Vado a chiedere?

Veronica: No, lascia stare. In fondo, che fretta ho? Fa strano sentirsi realizzati. Ti fa quasi credere che a questo mondo ci sia concesso di morire felicemente.

Elena: Un pensiero macabro.

Veronica: Dipende da come lo vedi.


34. Marco in piedi. Entra Letizia con un annuncio di giornale.

Letizia: Ciao.

Marco: Oh…

Letizia: Ho letto che state cercando una dipendente.

Marco: Sì, perché?

Letizia: Ho bisogno di lavorare.

Marco: Dai qua. (Prende l’annuncio e lo strappa) E ora levati dai coglioni.

Letizia: Ma…

Marco: Fuori dai coglioni.

Letizia: Non puoi vietarmi un colloquio.

Marco: Tu qui non ci metti piede. E ora vai o ti faccio uscire a pedate.

Letizia: Sei uno stronzo!

Marco: Stronzo io? Ma vattene affanculo, va’!

Letizia: Va bene, facciamo così: non mi rivedrai più. Però ti dico una cosa: stai attento a quella là.

Marco: Cos’hai detto?

Letizia: Guarda che in giro lo sanno tutti. Le piante tu ce le hai in testa, mica sul prato.

Marco: Cosa dici? Vattene via, vattene via, puttana! Vattene via! Stronza! (Letizia esce)


35. Marco seduto. Entra Veronica.  

Veronica: Che ore sono?

Marco: Tardi.

Veronica: Scusami. (Lo bacia sulla guancia)

Marco: Eri allo chalet?

Veronica: Devi vedere quanta gente è passata. Non ci sei stato oggi?

Marco: No, ho fatto altre cose.

Veronica: Beh, peccato. Passaci domani, vedrai che soddisfazione.

Marco: D’accordo.

Veronica: Che hai?

Marco: Niente, mi chiedevo…

Veronica: Cosa?

Marco: Che ultimamente sei sempre in ritardo e sono io puntuale. Ci hai fatto caso? Di solito era il contrario.

Veronica: Te l’ho detto: lo chalet era pieno.

Marco: Senti, dimmi un po'.

Veronica: Dimmi.

Marco: Devo sapere niente?

Veronica: Cioè?

Marco: Nel senso, devo sapere niente?

Veronica: Che devi sapere?

Marco: Boh, dimmelo tu.

Veronica: Ma che stai dicendo? Guarda che a me questi discorsi danno fastidio, non me li fare più.

Marco: Ti danno fastidio?

Veronica: E certo. Ti pare un bel discorso da fare?

Marco: (Tira fuori dei fogli) Allora spiegami perché ci sono queste transazioni sul tuo conto.

Veronica: Hai guardato nel mio conto?

Marco: Il tuo, il nostro conto.

Veronica: Che transazioni sono?

Marco: Mah, non lo so, tu ne sai qualcosa?

Veronica: Forse qualche spesa di troppo.

Marco: Qui c’è il pagamento di un albergo.

Veronica: Mmm…

Marco: Dimmi la verità: stai andando con un altro?

Veronica: Ma io?

Marco: Senti, non ho voglia di tirarla per le lunghe. C’è qualcun altro, vero?

Veronica: E se ti dicessi sì cosa mi diresti?

Marco: Che sei una puttana.

Veronica: Bene, allora è sì.

Marco: Come…?

Veronica: Sì, ho un altro.

Marco: Ma come hai un altro…?!

Veronica: Che c’è? Pensavi ti avrei detto di no?

Marco: Ma come hai un altro…?!

Veronica: Sì, ho un altro.

Marco: E chi è?

Veronica: No, questo non te lo dico.

Marco: Ma vaffanculo. Con tutto quel che ho fatto per te, spendi pure i soldi del nostro conto?

Veronica: Che ti devo dire? La metà è mia. Li spendo come voglio.

Marco: Ma vaffanculo. Ma… Io ti ammazzo! Io ti stacco la testa. Io ammazzo te e lui!

Veronica: Bada a cosa fai, Marco. Bada a cosa fai. E assicurati di farlo bene, perché se mi rialzo tu sei rovinato.

Marco: Sono io a rovinare te!

Veronica: Il cinquanta per cento è in testa a me. Pensa bene a quel che fai, Marco. Non mi sfidare, o ti faccio perdere anche il diritto sull’aria che respiri.

Marco: Perché mi hai fatto questo? Ma tu sei una puttana, una stronza.

Veronica: Amore, sarò pure puttana, ma è proprio per questo che ti sono sempre piaciuta, no? Su, ora non rompere i coglioni. E dammi retta: se ti dà tanto fastidio, cercati due troiette, io non te lo vieto. I soldi se vuoi te li do io. (Esce)


36. Veronica e Elena.

Elena: Ma come? Glie l’hai detto così?

Veronica: Che dovevo fare? Portarla alle lunghe per cosa? Tanto l’avrebbe saputo comunque.

Elena: Vero, ma a questo punto non ti conviene venire via?

Veronica: Venire via?

Elena: State in casa insieme.

Veronica: Ho capito, ma quella casa è mia.

Elena: Ah…

Veronica: Sì, sempre per quel discorso delle tasse.

Elena: Quindi, fammi capire, non hai intenzione di lasciarlo perdere?

Veronica: Certo. Semmai è lui che non vuole lasciar perdere me.

Elena: Mi sembra impossibile.

Veronica: Vedessi che faccia ha fatto. Dovevi esserci. (Ride)

Elena: E a Venezia?

Veronica: Cosa?

Elena: Hai detto che avevate prenotato.

Veronica: Certo.

Elena: Che fate? Ci andate?

Veronica: Perché non dovremmo? Io ci voglio andare.

Elena: E che fa lui? Ci viene?

Veronica: E che dobbiamo fare? Ormai come è andata è andata. Lui farà il suo e io farò il mio. Che poi se non me l’avesse chiesto io mica gli avrei detto niente.

Elena: Non ti sembra di scherzare un po' troppo col fuoco?

Veronica: Ancora con questo discorso… Elena, quello parla, ma gli conviene soltanto. Può fare la vita che vuole e nessuno gli chiede niente. Cosa potrebbe succedere?

Elena: Non lo so, Veronica, io fossi in te starei attenta.

Veronica: Va bene, senti, le ramanzine magari a un’altra volta. Devo andare. Ci vediamo.

Elena: Veronica…

Veronica: Eh…

Elena: Buone vacanze. (Esce) In quel momento mi tornò in mente la storia di quell’uomo che cercò di governare un cavallo pazzo e che quando arrivò il giorno che pensava di esserci riuscito quello lo disarcionò e lui cadde e morì. Mai sentita? Ecco, mi sentivo un po' come quell’uomo con quel cavallo. La differenza è che quell’uomo almeno ebbe un motivo per illudersi.


37. Veronica seduta. Posa i ferri. Guarda la sciarpa che appena finita. Entra Marco.

Veronica: L’ho finita.

Marco: Senti, devo parlarti.

Veronica: Ho già preparato le valigie. Anche le tue.

Marco: Sì, non mi importa niente ora della vacanza.

Veronica: Ah-ah…

Marco: Mi ascolti?

Veronica: Sentiamo.

Marco: Vorrei tu firmassi questo. (Lascia un foglio sul tavolo)

Veronica: E cos’è?

Marco: Serve per cessare a me tutte le proprietà.

Veronica: Fammi capire: vorresti che firmassi un foglio del genere?

Marco: Certo.

Veronica: No, no, mi dispiace, io non cedo niente.

Marco: Quelle proprietà erano mie.

Veronica: Sei stato tu a voler dividere.

Marco: Che c’entra? E’ stato per convenzione a entrambi.

Veronica: Quando hai avuto bisogno ti sono stata utile però. Ora vorresti scartarmi così? (Riprende la maglia)

Marco: Ascoltami…! (Le strappa la maglia di mano, la sbatte sul tavolo) Tu adesso mi stai facendo incazzare.

Veronica: E che vuoi fare? Vuoi minacciarmi?

Marco: (Si siede accanto a lei, prende uno dei ferri, glie lo punta alla gola) Sì, esattamente.

Veronica: Vuoi che firmi sotto minaccia? Non vale niente.

Marco: Cosa devo fare allora?

Veronica: Si vede proprio che non ne sai un cazzo di affari.

Marco: Cosa vuoi?

Veronica: Comprale.

Marco: Le mie stesse proprietà?

Veronica: Non sono tue.

Marco: Te le ho date io!

Veronica: Appunto.

Marco: Era a questo che volevi arrivare.

Veronica: Ricordati che mi devi tre anni di galera.

Marco: Sei andata in galera per colpa tua.

Veronica: Sono andata in galera perché sei un coglione. Neanche hai avuto le palle di venire con me, perché tu non hai le palle di andare fino in fondo. Pure l’infermità di tua moglie hai sfruttato. E a chi dovrei chiedere risarcimento, eh? Come me la rifaccio una vita? E vorresti farmi paura con un ferro da cucire? Neanche sei in grado di minacciare con idee originali. Pure in questo prendi spunto da tua moglie.

Marco: Ci fosse stata mia moglie a quest’ora non sarei qui con te.

Veronica: Poveretta, quanto l’hai rifiutata quella donna. Addirittura dalla psicologa l’hai mandata. La verità è che tu non sei questo granché, sei solo un gran disperato.

Marco: Bene, allora cos’ho da perdere? In galera o qui che differenza fa?

Veronica: Tu che vuoi finirla così? No, tu vuoi solo vedermi impaurita. Ma rinuncia, non mi ci vedrai. (Marco abbassa il ferro, lo lascia, si siede, pausa, poi) Un bel modo di finire il tuo sogno di uomo realizzato. E ora, se mi permetti, voglio provare questa sciarpa. (Si prova la sciarpa)

Marco: In cosa ho mancato? Perché lo fai? E’ per farmi un dispetto? E come faccio a andare avanti così? Cosa dovrei fare con te?

Veronica: Ah, sì, giusto. (Estrae una scatolina dalla borsa, la lascia sul tavolo)

Marco: (Apre la scatolina) Ma sei scema? Cosa sono? Dove le hai prese?

Veronica: Ti faranno stare meglio, se ci tieni alla tua sanità mentale.

Marco: Tu vuoi vedermi impazzire.

Veronica: La pazzia è come la morte: uno non ci crede finché non si rivela.

Marco: Ma che vuol dire? Io devo riavere i miei soldi.

Veronica: Già, dimentico sempre che parlare con te di queste cose è come parlare ad una scimmia.

Marco: Perché lo hai fatto? Troia! Questo è un dispetto!

Veronica: Il dispetto sarebbe ritrovarsi dalla psicologa per uno come te, sapendo che nel frattempo uno come te è là fuori a spassarsela.

Marco: Lo fai per lei? E’ per Serena? Cos’è?

Veronica: Una festa che è finita. (Gli mette la sciarpa al collo) Tienila. E’ tua. (Esce)

Marco: (Solo, la scatolina di pillole sul tavolo) Immagino sarai soddisfatta. Lo sei? Già, Letizia se n’è andata. E’ questo che volevi? Sì, è questo. Sai cosa penso? Penso che tu non mi hai mai voluto. Hai solo voluto rovinarmi la vita. Non sei mai stata così innamorata come vuoi dare a credere. Vero? No, tu non lo sei mai stata. L’avevo intuito, sai? Non sei poi così brava a nasconderti, sai? No. Quando voglio trovarti ti trovo. Ti trovo eccome. Sai che ti dico? Non me ne frega un cazzo, non me ne frega un cazzo, se vuoi che le prenda? Le prendo. (Apre la scatolina) Le prendo! (Ingoia una pillola) Le prendo! (Ride, ingoia un’altra pillola) Guarda, sono abbastanza sciolto? No? Allora un’altra! (Un’altra pillola, inizia a ballare) Ti piace? Guarda! Le prendo, cazzo! Le prendo! Sì, le prendo! Sono scioltissimo! (Continua a ballare)


38. Marco seduto. Entra Veronica, si siede, scrive al telefono.

Marco: Tutto bene?

Veronica: Sì, sì…

Marco: E come va con lui?

Veronica: Sì, bene…

Marco: Mi fa piacere.

Veronica: Senti, non rompere.

Marco: Chi ha voglia?

Veronica: Appunto, allora fai il tuo.

Marco: Ho solo chiesto. (Silenzio, Veronica continua a scrivere al telefono. Si alza, le avvolge il collo con la sciarpa, tira, cadono, la soffoca. Veronica muore. Poi si alza, la guarda, poi assume degli psicofarmaci direttamente dalla scatolina, poi si siede, si accascia, muore)

Letizia: (Entrando con Elena) No, non può essere andata così. Secondo me è stata lei.

Elena: Sì, e come?

Letizia: Come li spieghi i segni di strangolamento su di lui? E come spieghi gli psicofarmaci in lei? (Marco e Veronica si rimettono a sedere e mimano la scena seguendo quanto dice Letizia) No, è andata così: lei si è alzata e l’ha strangolato sulla sedia. Poi si è disperata e ha assunto gli psicofarmaci.

Elena: Sì, ma ti scordi il cellulare di lei. Perché doveva avere il cellulare? E i segni sul collo? (Marco e Veronica, come prima, si rimettono a sedere e mimano la scena secondo quanto dice Elena) No, ti dico a cos’ho pensato. Se mettiamo che lei ha ucciso lui, ok? Allora lui la stava strangolando, poi lei si è liberata, si è voltata e ha strangolato lui. Poi, quando ha finito, si è disperata e ha assunto gli psicofarmaci.

Letizia: Sì, ma lui non l’hanno trovato a sedere?

Elena: Così hanno detto.

Letizia: Allora così non è possibile che lui sia tornato a sedere. Ti torna?

Elena: Sì, e lei non aveva motivo di strangolarlo.

Letizia: E questo chi lo dice? Magari lo ha risistemato lei.

Elena: E per quale motivo? Che fa? Prima lo rimette sulla sedia e poi si ammazza?

Letizia: Aspetta, e se fosse che… (Marco e Veronica tornano a sedere) No, pensavo un’altra cosa, niente. (Marco e Veronica sbuffano e tornano come prima)

Elena: Potremmo farci mille versioni.

Letizia: Sembra quasi una fiaba scadente.

Elena: Senti, proviamole tutte.

Veronica: Ma che proviamole tutte. Scusate, eh! Dai, ragazze, su! Siamo morti, ok? Lui a sedere lì, e io a terra qui! Va bene? Dai! Oh! (Marco e Veronica si accasciamo morti)

Elena: In effetti non è poi così importante. E’ un caso strano. Dal tuo sguardo intuisco molte domande.

Letizia: Sinceramente, non saprei da quale partire.

Elena: Non sforzarti troppo. Dimmi un po': ma davvero gli hai detto che le piante ce le aveva in testa?

Letizia: Forse avrei fatto meglio a non farlo?

Elena: Non incolparti. Potevano succedere o non succedere mille cose. Fatto è che è andata in questo modo.

Letizia: Comunque sì, gli ho detto così.

Elena: E’ carina. Dovremmo ricordarla per qualcuno là fuori. Ti va di fare due passi?

Letizia: D’accordo. (Esce con Elena. Marco e Veronica restano accasciati in silenzio)

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