FUORI CAMPO

di

Alessandro Varani



Un piccolo corridoio pieno di piante all'entrata di un piano-bar, con una luce al neon verdognola che sbuca da sotto specchi e fioriere creando un'atmosfera irreale, da acquario. Sulla sinistra la porta che dà sulla strada. A destra, quella che immette nella sala, da dove proviene il suono stanco di un pianoforte e un vociferare discontinuo, rotto ogni tanto da qualche stridula risata femminile. 
Tenerezza - detta TERRY - indossa un abito lungo di colore azzurro. Ha una trentina d'anni. Cammina su e giú in quel pezzetto di corridoio, meccanicamente, come una pantera in gabbia.
Lascia squillare a lungo il telefono cellulare che tiene in mano. Lo guarda. Si passa l'altra mano nei capelli. Quindi si decide a rispondere...


TERRY- (Con tono indolente). Pronto. (Pausa). Sí, ma dammi almeno il tempo di allontanarmi dalla sala... Come? ...Pronto? (Si sposta di qualche metro). Adesso ti sento... Mi senti? Pronto?! Sono all'entrata del locale... Qui c'è piú campo. (Pausa. Stizzita). No, che non posso venire! Te l'ho detto: mi sono già cambiata... No! (Pausa). Se cade la linea, amen: ti richiamo io dopo che ho finito... Ho capito... Sí, ti ho detto che ho capito! Ma adesso spiegami che cambia se ti chiamo tra un'ora. (Pausa). Ma sei forte: se ti dico che non posso venire...! (Pausa). Mi spieghi come faccio?! Inizio fra venti minuti! ...Mamma, non mi va di perdere anche il posto per quello stro...! (Pausa. Stizzita). Ah no: e come lo si deve chiamare secondo te, uno che gira per casa con l'accappatoio che gli si spalanca in mezzo alle gambe proprio davanti alle mie amiche. (Pausa). Si vedeva tutto, te lo assicuro... Certo, che lo faceva apposta le ultime volte... E invece lo sai. (Pausa). Ma si dà il caso che non ci abitava solo lui in quel cesso di appartamento... (Pausa). Ma che dici: se non vi siete mai fatti un amico... Ah-sí, Valter, Marina... E quanto sono durate queste amicizie? (Pausa). No, te lo dico io il perché: dopo un po' non lo sopporta piú nessuno. (Pausa). E tu sei stata l'unica, infatti... Alla fine, sí. Alla fine ti avrebbero fatta santa... se non fossi finita prima in qualche manicomio. (Pausa). Scusami, ma io dicevo per dire che... (Lunga pausa. Cambiando tono, ma trattenendosi). Che cosa hai fatto?! Ma allora sei scema! ...Il dottore ti dice una cosa e tu per dispetto ne fai un'altra...! Cosí sai a chi lo fai il dispetto?! ...Invece sí, proprio a me! (Pausa). Ah, brava: vedi che lo fai per ricattarmi..? (Stizzita). Ti ho lasciata sola due ore fa! (Pausa). Non mi sto a divertire, mamma: sto lavorando! La-vo-ra-ndo! Lo capisci o no?! (Pausa). Ma certo che mi piace cantare, ma non in un piano-bar del cazzo! (Si sente l'apertura della porta della sala. Terry si volta e si rivolge a qualcuno a bassa voce). Sí, cinque minuti e arrivo... (Al telefono). Scusa, era il direttore di sala... Ma non lo so se ha sentito...! E se ha sentito tanto meglio cosí, almeno mi buttano fuori e la facciamo finita! ...Che faccio? Niente, mi metto appresso a te tutto il giorno, a pregare che tuo marito ci faccia l'elemosina per campare...! Sai come sarebbe contento, con quel sorriso idiota, se sapesse che campiamo solo con quella miseria che è costretto a passarti. (Lunga pausa). Sí, va bene... Ok... Ma adesso giurami che finché non torno ti tieni lontana da quelle pasticche... No, me lo devi semplicemente giurare, come l'ultima volta... Ok. E ora ti metti lí sul divano e cerchi di distrarti... Mettiti a leggere qualcosa... o accenditi il televisore, se ti va. Ma se ti chiama lui lasci la segreteria e non rispondi..! (Pausa). Perché no, e basta! (Pausa. Adirata). E allora cosa vuoi da me!? Guarda che per me non c'è problema: me ne vado io... Cosí la faccio finita: mi libero sia di te che di lui. (Pausa). Non mi pare proprio. Mi trattano benissimo qui... Anzi, al contrario, mi sa che tu ci provi gusto a farti trattare male dalla gente. (Pausa). Ah, ecco dove volevi arrivare... Adesso sí. Ah, lui ti ha detto cosí... E non potevi rispondere che qui non ci sono entraineuses..!?! Lo so, per lui non c'è differenza se una fa la puttana in un locale o ci canta soltanto... Per avere successo tanto prima o poi lo devi fare... Me lo ricordo bene quando me lo disse, sai: era il giorno che festeggiavo i miei diciott'anni. Ero entusiasta e gli avevo appena confidato che volevo cantare... Per lui è sempre tutto rapportato o ai soldi o al sesso... E allora adesso lo sai... Ma sotto-sotto anche a te non ti va giú quello che ho scelto di fare, dillo. (Pausa). No! che non ti dispiace. Altrimenti glielo avresti già fatto capire, oppure saresti venuta a vedermi cantare - non dico tanto - almeno una volta. (Si passa una mano agitata nei capelli. Pausa). Ma-sí, lasciamo stare, è meglio... Cosa? Non sento... (Si muove per cercare un punto dove ci sia campo). Non capisco. Ne riparliamo dopo... Va bene? (Pausa). Sí, ti sento, ma non mi arrivano bene tutte le parole... (Rivolta a qualcuno che gli fa cenno dalla quinta destra). Ma-sí, arrivo, arrivo... Sí, lo so: e digli altri due minuti per piacere, grazie. (Al telefono). Sì, adesso vado... (Pausa). Mi tartassano perché ormai è un mese che va avanti questa storia, mamma... mi stai chiamando ogni notte. (Lunga pausa). No, non dire bugie... Il cellulare me l'hai regalato perché tranquillizzava te. (Pausa). Non hanno ragione, lo so: ma è cosí... Si vede che per quello che mi pagano si permettono anche di essere stanchi. (Pausa. Sbuffa). Mamma, gliene può fregare di meno di quello che capita ai dipendenti. (Pausa). No, con gli artisti è peggio, hanno ancora meno pazienza mi pare... Sí, dimmi... (Pausa. Stupefatta). Che cosa?! ...Che significa, si è preso i quadri!? ...Tutti!? Cioè anche i miei?! ...Quelli in camera mia! ...Anche quello che avevo preso in Messico?! (Breve pausa. Con la voce rotta dai nervi). Io lo strozzo, questo bastardo! Tu lo sapevi quanto ci tengo a quei quadri, eppure glielo hai... glielo hai permesso lo stesso...! (Pausa). Cos'altro ha fatto?! ...Mi dici cosa ti ha fatto?! (Pausa). No, non ti preoccupare, ho ancora un po' di tempo. (Dà un'occhiata preoccupata al suo orologio da polso). Su, dimmi quello che ti ha detto... Ohi... Che fai? adesso ti metti a piangere...? Oh, mamma...? ...Mamma? ...Ma certo che io ti sto vicina. (Pausa). Uhm, era nervoso con me che ti ho messo contro di lui... Be', come al solito... Poi? ...Se l'è presa con te!? (Pausa. Trasalisce). COSA!? ...Oh, uno che ti mena me lo chiami solo nervoso!... Un criminale! ...Ma quale malato di cuore, mamma! Questo ti ci manda prima a te sottoterra, lo vuoi capire?! (Pausa). Proprio no, guarda... No, l'unico sistema è che lo denunci... Sí, lo denunci subito, domani mattina... Eccome, se non lo denunci... Va bene, allora se non lo fai tu lo faccio io! (Pausa). Ma che cosa dovrei compatire?! ...No! quell' essere non lo considero piú mio padre..! Allora ascolta, te lo ridico per la centesima volta: per me è come se fosse già morto e seppellito! Chiaro?! (Pausa). Quale catenina?! ...La mia?! Mamma, mi stai dicendo che mi ha rubato dei gioielli?! ...Ah-no. Allora spiegati. (Pausa. Incuriosita). E che se ne fa del ciondolino con il mio primo dente da latte...? (Pausa). Quella era una scusa, mamma. Sicuramente te l'ha inventata perché vuole sapere dove tieni quel po' d'oro che ti è rimasto, per rivenderselo... non sarebbe la prima volta mi pare. (Pausa). Boh, si vede che avrà ripreso a scommettere, a giocare, che ne so... E nemmeno mi frega di saperlo. Cazzi suoi, mamma. Ce ne abbiamo già tanti noi che... Ma quale affetto. (Pausa). Sí, il ciondolino. Guarda che quello si voleva rivendere la collanina d'oro dove lo tieni attaccato il ciondolino, te lo ripeto... Be', ci credo che ti sei rifiutata di darglielo. Grazie a Dio, significa che ancora non ti si è bevuto del tutto il cervello, come vorrebbe lui... Come, ci hai provato ma poi alla fine se l'è preso! (Pausa). Strappato dal collo!? Eppoi è scappato. (Pausa). No, a me questo sembra schizzato! ...Ma che ne so: si farà di coca, in quelle bettole che frequenta. Dove ti ha fatto male? oltre al collo... (Pausa). Come il sangue!? Uh, Dio... No-no, domani andiamo al commissariato e vedrai... stavolta lo sistemiamo come si deve, capito!? (Pausa). Pronto? ...Pronto, mamma?! (E' caduta la linea. Terry guarda come incantata il telefonino che ha in mano. Infine compone rapidamente un numero. Con tono via via sempre piú dolce). Patrizio...? Ciao... Sí, sto al locale... Bene, abbastanza. (Pausa). Be', mi fa piacere che non te l'aspettavi... (Pausa. Scherzosa). Ah sí, allora significa che ti attaccherò il telefono in faccia piú spesso... se il gesto è servito a qualcosa. (Pausa. Tira fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. Poi si accuccia sui calcagni, appoggiandosi il telefonino fra le gambe. Prende l'accendino e si accende una sigaretta. Tira una boccata e butta fuori il fumo sbuffando lentamente. Rimette in tasca sigarette e accendino. Riprende il telefonino e continuerà a fumare parlando). Pronto?! ...Sí, adesso ti sento benissimo... mi sono spostata un po'. (Lunga pausa. Sbuffa un'altra boccata di fumo). Perché? ...Perché questo interessa a voi maschietti, no? (Pausa. Sorride fra sè). Okay, va bene, non ti chiamo piú cosí. Però confessami che dopo aver conquistato una donna non ti sei mai messo davanti allo specchio della tua palestra, o davanti a quello di casa, e sentito fiero come uno scimmione... Sí, a parte lo scimmione, sono sicura che tanti lo fanno... (Ironica). Certo, che dico sul serio. (Pausa. Sorride). Sto esagerando?... Va bene, basta. Tanto lo so che tu sei uno di quelli che lo fa ma non lo direbbe mai... Giuralo... Ah-àh, visto? (c.s.) Quale cassetta?... Ah-sí, scusami... No, ho potuto ascoltare solo la prima parte... Oh-sí, molto. Il primo pezzo poi è bellissimo... Ma di chi è?... No-dài, dimmelo... Non lo so, è difficile da indovinare... Non mi sembra di conoscerla. (Sdolcinata). Su... No, voglio che me lo dici subito... Sí, dimmi. (Pausa. Felicemente sorpresa). Oh, anch'io tesoro, tanto. Quanto sei carino quando me lo dici... Senti, scusa se all'inizio della telefonata stavo un po' cosí... Sí, per mia madre. Anzi, per mio padre... Niente, ci continua a perseguitare... Eh, si fionda a casa quando io non ci sono... Senti, scusa, ma non mi va nemmeno di parlarne... Eh-sí, proprio oggi. (Pausa). E' quello che le ripeto ogni volta anch'io, ma pare che non ci sia niente da fare... No, lei la posso anche capire. Ma è lui che continua a trattarla male... Peggio, di quando stavano insieme... Secondo me ha ripreso anche a giocare... Non lo so... Veramente: non so piú che dirle ancora... Ci ho provato in tutte le maniere... Certo: che non deve vederlo piú. E lui dovrebbe semplicemente lasciarla in pace... Senti, io invece volevo chiederti un'altra cosa, prima che mi dimentico... Se quella casa di tuo fratello è ancora libera... Perché forse adesso m'interessa... Sí, stavo pensando che ci possiamo andare a stare insieme, se la tua proposta è ancora valida... Ancora non ho deciso: mi sto decidendo. (Pausa). Mah, diciamo allora che te lo faccio sapere entro la prossima settimana. Va bene? (Pausa). Eh-sí, che ti devo dire, mia madre si arrangerà... Insomma, oh: avrò diritto anch'io a una mia vita?! (Pausa). Sai, ora che ci penso, l'unica volta che sono stata lontana da casa seriamente fu quando scappai... Avevo appena finito gli esami di maturità... Sí, fu la prima volta che litigai con mio padre... Non a causa di mia madre, anzi lei nemmeno seppe perché litigammo... Sí, scappai per una decina di giorni, dopodiché mi rintracciarono a Rimini, a casa di una mia amica buddista. Mamma per telefono mi disse che mio padre aveva avuto un attacco di cuore per colpa mia, e cosí mi convinse a tornare a casa per chiedergli scusa. Figurati che già mi ero trovata da lavorare in un piano-bar. (Pausa). Beh, ricordo che una sera al mare ci prendemmo un'ubriacatura da pazze. Era la prima volta anche che mi ubriacavo. Prima di bere mi sentivo pesante, sola... Poi invece libera come un barbone, tutta la mia casa ero io e non pensavo a niente. Il resto era piccolo e lontano. Mi ricordo che mettemmo dei lenti che ballavamo avvinghiate, e ridevamo, e a un certo punto ci baciammo in bocca, cosí, perché eravamo curiose di sapere l'una dell'altra come baciavamo gli uomini. (Pausa). No, non l'abbiamo piú fatto... Niente, il giorno dopo sono tornata a casa. Ho pensato che dovevo difendere mia madre da quell'essere. (Lunga pausa). Sí, è vero: deve ancora accettare l'idea che si sono separati... Non credere che sia facile dopo tutti quegli anni assieme, con il tipo di rapporto che c'era fra loro... Si deve abituare mentalmente a vivere senza di lui. E' solo un'abitudine mentale, capisci? (Pausa). No, quello è impossibile. E' inutile, perché lui ci prova gusto a torturare le persone. (Lunga pausa. Prima perplessa, poi si arrabbia). No, perché me lo dici? ...E che c'entro io?! ...Eh?! ...No! non mi calmo per niente! perché allora capisco che neanche tu mi credi... Ah: adesso sono io che ce l'avrei con lui, senza motivo! Poverino, vero?! (Pausa). Ah, li ho fatti odiare io?! (Ride nervosamente. Pausa). Sicuro, in mezzo. Ma perché lei era succube, ci stava male, si rendeva conto che cosí non poteva continuare però non ce la faceva... Non l'ho condizionata! Io l'ho solo aiutata... Sí, aiutata. A liberarsi di uno che l'ha presa sempre per il culo... Possibile, tu ancora non hai capito niente?! ...Certo, che la metto su questo piano... non hai capito un cazzo! ...NO! non lasciamo stare! (Pausa. Sarcastica). No, tanto tu becchi sempre il momento piú adatto! Ci vai a caccia! (Lunga pausa. Annuisce e si calma). Va bene: ma secondo te perché era occupato? vediamo se ci arrivi... Ma che bravo... Mi ha chiamata perché appena sono uscita è venuto lui, e si è portato via tutti i quadri... Sí, esattamente... Poi ha combinato altri casini, lo stronzo... Capisci? che io a lei gliel'avevo detto... Che prima o poi l'avrebbe picchiata... Sí, picchiata...! Non lo so, non l'ho vista, se stavo qua! (Pausa). Sí, ma con questo telefonino mi sta mandando al manicomio... (Con la voce strozzata). Non ci riesco piú a vivere...! E' un'angoscia. Oggi mi ha regalato un'altra coppia di batterie di riserva, capisci? ...Calcola che quasi tutto quello che guadagno qui se ne va per pagare le bollette del telefono... No, soprattutto quella di casa. Praticamente appena esco lei mi chiama... Il resto lo sai: se trova il telefonino chiuso poi mi va in crisi, le viene l'ansia, si sente sola, si sente male, si deve prendere i calmanti... Hai capito che regalo mi ha fatto mio padre?! ...No, perché secondo te chi me l'ha ridotta cosí? Eh? (Pausa). Come? (Lunga pausa. Sdolcinata). No, era caduta la linea e avevo approfittato un momento per sentire te, perché non ce la facevo più... E tu mi dici certe cose. (Pausa). Ma-sí, sí... No, è che una alla fine si stanca di stare sempre a capire gli altri, a ripetere che li scusa quando sbagliano, eccetera... No, non fraintendere... No, non è cosí... No, però uno pretende che la persona con cui sta insieme gli stia vicina in un certo modo e sia disposta non dico a capire, ma almeno a saperti ascoltare. Sbaglio? (Pausa). Ma no, tu lo fai, altrimenti... Altrimenti non penso che starei ancora qui, punto. (Pausa). Chiaro, che deve essere reciproco... (Pausa). Ah-sí. (Sarcastica). Se ti senti trattato cosí mi dispiace, ma sai... non è colpa mia se tu non hai problemi di questa gravità. Se vuoi te ne passo volentieri qualcuno, cosí finalmente sarò io a coccolarti... Va bene?! (Pausa. Adirata). No, non faccio per niente la spiritosa! Sei tu, che ce la stai mettendo tutta per farmi incazzare! ...No, tu smettila... No, non te lo dico. (c.s.). Non te lo dico e basta...! Per favore, Patrizio. Guarda che attacco... Sí, che lo faccio. (Pausa. Pigia il pulsante che interrompe la linea). Attaccato. (Si autocompiace). Visto? ...Cosí impari a fare lo stronzetto. Stronzo... Come la maggior parte degli uomini... Egoisti... Approfittatori... Bambocci... Effeminati... Impalestrati... Finti... e cornuti. Bene. (Pausa. Riflette). Finti... (Risquilla il telefonino. Lo lascia squillare a lungo... poi risponde tutto di un fiato). Sei un finto! Non sei capace di un gesto vero e nemmeno di una parola giusta. Ecco, che sei! Anche se fosse vero che ho fatto odiare quell'uomo a mia madre, non mi avresti detto cosí, me lo avresti fatto capire per aiutarmi... (Pausa. Imbarazzata). Eh...? Sí, certo che mi sento bene, mamma... No, ce l'avevo con... Guarda, non appena è caduta la linea mi ha chiamata Patrizio e... (Pausa). Ma lo so, che non lo odi... Ma neanch'io. Mi è semplicemente indifferente, quando se ne sta per i cavoli suoi. (Pausa). Mamma lui è tra i pochissimi che ha questo numero e mi sa ancora per poco, se continua cosí. (Pausa). Dipende dalle solite cose che già conosci. (Pausa). Anche da quello, sí. (Lunga pausa. Fa un gesto con la mano come per dire: "Che palle!"). Che ti dico: sarà pure sensibile, non lo metto in dubbio. (Pausa). Sí, ma come puoi dirlo, se non lo conosci... Lo conosco poco pure io... Sí, anche a me mi pare un po' diverso dagli altri, ma non lo so, non mi fido lo stesso... Ancora? Non insistere con questa storia, per piacere. (Pausa. Stizzita). E si vede che ancora non lo trovo! Non è colpa mia, ti assicuro. (Pausa. Indifferente). A chi ti fa pensare...? (Pausa). Non saprei, non lo conosco... Lo sai che non seguo le telenovelas... Sí, ma ti rendi conto: mi stai dicendo che è come un personaggio di una telenovela... Non lo so se esistono!... Sí, sarà pure il tipo di uomo che ogni donna sogna... ma l'hanno costruito sui sondaggi di qualche rivista femminile, mamma. (Pausa). Sí, ma che c'entra con Patrizio!... Eh, faccio per dire. (Lunga pausa). Sí, ma mi pare che quel pezzente di mio padre - se non sbaglio - ti faceva venire abbondantemente... Invece io con lui no, capisci? Il problema è anche lí... Lo so, perché dalla mia cameretta si sentiva tutto. Vi sentivo di notte. Voi pensavate che mi fossi già addormentata. (Pausa). A quest'età non penso sia tanto una questione di pazienza o di tempi, visto che stiamo insieme da quattro mesi. (Pausa). Lo so, ignorante quanto vuoi, anche un po' rozzo, ma con Franco funzionava e non solo sotto quel punto di vista. Lui mi sentiva, senza troppe pippe mentali. La sua semplicità mi risolveva, mi aiutava... Era molto simile a Massimo, certo... E si vede che a me mi ci vuole quel tipo. (Dalla porta destra, tenuta aperta dal direttore che non si vede e non si sente - ma che le si rivolge in modo brusco - irrompe uno svociato canto maschile che si accompagna al pianoforte, con un'insipida batteria elettronica in sottofondo). Guardi, sto parlando con mia madre, che si sente male. (Pausa. Ascolta la lamentela del direttore). Neanche colpa mia, abbia pazienza, vengo subito. (c.s.). Sí, lo so che Mario non dovrebbe cantare, arrivo subito... Se intanto lui suonasse qualcosa senza cantare, come gli avevo detto. (c.s.). Sí, lo so che non è una sala da concerto... Arrivo subito, certo... cinque minuti. (Il direttore chiude sbattendo la porta). Grazie. (Al telefono). Hai sentito, no? Devo chiudere. (Lunga Pausa). Ma che stai dicendo, mamma!? Quello ti ha picchiata. (Pausa). Che hai fatto? ...Su: dimmi quello che hai fatto... Lo capisco dal tono. (Ascolta a bocca aperta). Che hai combinato?! ...Come, l'hai fatto entrare!?... No, non lo voglio sapere perché è tornato! Domani tanto lo denunciamo... In che senso, si è rimesso la fede?! ...Perché?! (Pausa. Sbuffa esausta). Va bene, mi dici tutto dopo, a casa. (Pausa. Attonita). Baciati?! Voi due... vi siete baciati. (Pausa. Incredula. Con la voce rotta dai nervi, sul punto di piangere). Cosa avete fatto?! L'amore?!... Hai fatto sesso con quel testa di cazzo, vorrai dire!?... Io vi odio!... Capisci? TI ODIO! Sei una stupida, oca!... OCA!... NON SEI UNA DONNA! SEI UN'OCA!... STAI ZITTA, ALMENO!... (Pausa. Calmandosi a mano a mano che racconta la sua storia). Tu non sai chi è quell'essere che chiami tuo marito... E sai perché lo chiamo cosí e non piú pa-pà, da quella volta che scappai di casa? ...No? Allora adesso te lo dico io chi è tuo marito, visto che non lo conosci bene. Ti ricordi quando stavo con Massimo, dieci anni fa... Sí? Bene. Ti ricordi come si imbestialí quella sera che lo venne a sapere... quando gli dissi che era piú grande di me. Molto piú grande, che aveva la sua stessa età... Io lo amavo come una pazza, ti ricordi? ...Entrambi li amavo. A tavola, lui mi prese a schiaffi, e se la prese pure con te che l'ostacolavi mentre io scappavo. Lo vedo come fosse adesso: lui che dalla rabbia ti afferra per i capelli e ti butta per terra... Ti ricordi poi quello che fece per farci lasciare? ...Sí, andò a parlare con la moglie di Massimo... Sí, vado avanti, aspetta. Se te l'ho voluto ricordare è perché c'è un motivo... Tu lo sai come sono stata dopo averlo lasciato, no?... Circa sei mesi dopo, non so come, riuscii a dare quella maturità. Avevo da poco finito gli orali, e stavo facendo un po' di shopping con Elisabetta a via del Corso, prima di partire per le vacanze. Te lo ricordi, no?... Io non me lo dimenticherò piú invece. Lo incontrai tutt'abbronzato, abbracciato con una... (Fredda). Pa-pà... Con la sua amante. Paparuccio... Te l'aspettavi?... Sí...? E sapevi che aveva la mia stessa età? (Pausa. Cinica). Ecco, questo non lo sapevi, visto? (Lunga pausa). Su, piangi adesso, ti fa bene... Piangi... Tu non sai quanto ci ho pianto io. Ci ho pianto dentro io. Tutta sola... Lacrime che sono diventate pietre tanto erano dure... che alla fine ti si bloccano in gola e non riesci piú nemmeno a urlare. (Lunga pausa. Querula). No, ti sbagli, io non ci riesco a parlare come qualcuno che non sono... Io non sono qualcun'altra, come vi sarebbe piaciuto... (Con le lacrime agli occhi pigia il tasto che interrompe la comunicazione. Parlerà fra sè, ogni tanto rivolta al telefonino che ha in mano) ...E se lo fossi stata veramente - sta' tranquilla - non sarei tornata... (Pausa. Piangendo). Magari fossi qualcun'altra...! Qualcuna che non potesse piú sentirvi...! (Lunga pausa. Cerca di calmarsi) ...Sto meglio. (Pausa. Si schiarisce la voce). Mi sento proprio meglio... Molto meglio, adesso, mamma. E tu...? Lo sospettavi, ma l'hai sempre sopportato... Mi sa che non ti senti meglio... Sí, giovane come sua figlia. Della stessa età di sua figlia... (Resta per un po' immobile, in silenzio. Si asciuga con una mano le lacrime sul volto. Poi compone un numero. Cambia mano e orecchio al telefonino. Si schiarisce la voce di nuovo e attende in linea). Sarà difficile... (La porta della sala si apre e rimane cosí, tenuta aperta da qualcuno. Si sente l'attacco della musica di NEW YORK-NEW YORK ad alto volume, arrangiata per pianoforte e batteria elettronica. Al telefono). Sí, buonasera, sono un'utente e vorrei sapere se è possibile staccare la linea di questo telefonino dal quale la sto chiamando... COME? Parli piú forte, per favore... NON SENTO... No, l'apparecchio va bene... Non mi serve piú perché sto partendo per andare a vivere all'estero... Sí, lo so che ci sono anche dei modelli internazionali, la ringrazio, ma io volevo staccare questo numero e basta. (Pausa). Sí, il numero è: 0330/39-57-31. (Pausa). Sí, allora domani mattina passerò lí a firmare la rinuncia, grazie... Arrivederci. 

Continua la musica di NEW YORK-NEW YORK cantata dalla voce mediocre di Mario. Terry getta il telefonino. S'incammina rapida verso la porta che immette nella sala ed entra, cioè esce dalla quinta. Buio. Poi subito occhio di bue fisso sul fondale del palcoscenico. Terry raggiunge il cerchio di luce entrando da sinistra con un microfono in mano. E canta, canta con passione e con la sua bella voce la canzone fino alla fine. 

Buio.