La realtà delle galassie è eterna
Opera teatrale di
Francesco BIGAZZI
Precisazione dell’autore: Essendo i personaggi di
questa commedia extraterrestri, tutti i ruoli sono sia maschili che femminili,
possono perciò essere interpretati sia da soli uomini, sia da sole donne, sia da
uomini e donne insieme.
Atto Unico
Personaggi in ordine d’apparizione: Attore del prologo, TEVINA, LITA, sacerdote,
pubblico della funzione religiosa, UTA, ELITA, pubblico del dibattito, guardia1,
guardia2, primo giudice, secondo giudice, terzo giudice, accusatore, difensore,
OBOLO, PETIGON, facchino1, facchino2, POFADA, il direttore della casa
discografica rivale, collaboratore1, collaboratore2, TUVAL, impiegato ufficio
brevetti, guardia carceraria1, carcerato1, carcerato2, carcerati, guardia
carceraria2 e direttore del carcere.
Prologo
In scena un attore vestito da extraterrestre, con antenne al posto delle
orecchie, narra il prologo.
Buio
Voce nel buio: “Uno dei sistemi nella nebulosa Rosetta, nella costellazione
dell’Unicorno, anno 8423 dell’era cristiana.”
Luce
Attore: “Le onde radio trasmesse dall’ignota civiltà, viaggiando alla velocità
della luce, hanno attraversato la galassia per giungere fino al nostro pianeta.
Se potessi avere dianzi a me i volti di questo antico popolo, troverei la forza,
guardandoli negli occhi, come guardo adesso voi fratelli miei, di dire: ‘Non vi
abbiamo dimenticato. Non comprendiamo il vostro linguaggio, ma udendo la sublime
musica, di cui ci fate dono, sappiamo per certo che siete esseri superiori,
incapaci di commettere le ingiustizie che ci accingiamo a rappresentare su
questo palcoscenico.’ Questa nostra umile rappresentazione vi narrerà l’inizio
di questa nuova era. La scena si svolge nel laboratorio di TEVINA e LITA, gli
inventori della radio.”
Buio
Scena I
In scena TEVINA e il suo assistente LITA nel loro laboratorio.
Luce
TEVINA: “Il canto del TRIBY blu per te LITA.”
LITA: “Lo ZAFIR pescatore ti canta la nuova luce TEVINA.”
TEVINA: “Il ceco TUN ci sorrida elargendoci i suoi favori in questa nuova luce,
perché da qualche tempo comincio a sentirmi come EPO all’assedio di Torre Rossa.
La speranza è una pianta che troppo spesso rinsecchisce prima di dare i suoi
frutti.”
LITA: “Amico mio non lasciare che il nero mantello del tempo buio diventi il tuo
abito preferito, e sorridi a questa nuova luce. Non ci corre dietro la premurosa
brama del guadagno, perciò concediamoci il lusso di qualche altro fallimento.
Sento che il successo è vicino, per tanto, senza ulteriori afflizioni,
dedichiamoci alla nostra cara opera, che ci attende paziente per essere
completata.”
TEVINA: “La ragione ti avanza a tal punto che ti esce dalle tasche… Bene, ora
basta con le cazzate, e mettiamoci a lavorare.”
(TEVINA e LITA si mettono a lavorare.)
TEVINA: “Niente. Ancora niente. Dove sbaglieremo? Forse cambiando… Se
cambiassimo la polarità, da polo positivo a polo negativo. Si così, ma,
proviamo.”
(Continuano a lavorare.)
LITA: “Io ho una fame da KIRZ, è quasi ora per la pappa! Non ne posso più, e poi
sembra tutto inutile.”
TEVINA: “Non scoraggiarti LITA, come farei a portare a termine l’impresa senza
di te. Ancora una prova soltanto.”
LITA: “Si come ieri! A forza di ultime prove abbiamo saltato la cena!”
TEVINA: “LITA sali sul generatore e pedala!”
LITA: “Ormai avrò fatto almeno due volte il giro del mondo a forza di pedalare.”
(TEVINA lavora alacremente sul tavolo del laboratorio, mentre LITA pedala.)
TEVINA: “Ecco, ora ci dovremmo essere. Adesso, metto in funzione l’apparecchio.”
(Dall’altoparlante della radio esce rumore di statica, TEVINA ruota la manopola
delle frequenze, e arrivato quasi a fondo scala, dall’altoparlante esce una
musica terrestre, MOZART, senza cantato. TEVINA e LITA fanno tutti e due un
salto all’indietro, poi TEVINA comincia a incupirsi.)
LITA: “Che tormento è mai questo per le mie povere antenne! Chi può esser così
matto da comporre una musica con note tanto alte! La musica dovrebbe essere un
piacere per le antenne, che roba è questa?! Dovremmo inventare una macchina per
modificare a nostro piacimento il volume delle note alte. Questa si che sarebbe
un invenzione utile, soprattutto in questo momento, ma forse è impossibile,
perciò la cosa più semplice da fare è questa. (LITA spenge la radio.) “Ma un
momento, se ascoltiamo musica significa che la nostra invenzione funziona
davvero! Non capisci TEVINA, ce l’abbiamo fatta! Non ci speravo più! Amico mio
fosti proprio tu a dirmi che presto avremmo ascoltato voci e musica trasmessi da
questi apparecchi. Questa musica e la prova che avevi ragione. Non è forse così
TEVINA?”
(Nel frattempo TEVINA sta pensando, con espressione molto seria.)
TEVINA: “Il tuo intelletto è dunque ceco?! ”
LITA: “In vero ha la vista più acuta del tuo… perchè?”
TEVINA: “Se sentiamo della musica, vuol dire che qualcuno ha già inventato
questo apparecchio e che per giunta ha pure trovato il modo di trasmettere la
musica!”
LITA: “Aah… Chissà se OBOLO ci avrà preparato le frittelle dolci.”
TEVINA: “Ma non sai pensare ad altro che alle frittelle! In un momento simile!
Ti sto dicendo che qualcuno ha già inventato il nostro apparecchio, precedendoci
di qualche mese! Ma ti rendi conto si o no!”
LITA: “Lo stomaco ha le sue esigenze, che la ragione non comprende.”
TEVINA: “Ora la galassia gira intorno alle frittelle dolci di OBOLO!”
LITA: “E perché no!? E se il fine ultimo della galassia fosse davvero mangiare
le frittelle dolci di OBOLO? Chi può dirlo?! Nessuno… Nessuno.”
TEVINA: “Se penso a tutta la fatica che abbiamo fatto, ai sacrifici, al denaro
speso, alle notti passate senza dormire, tutto inutile, ci hanno bruciato sul
tempo. Era meglio se accettavo il posto in banca.”
LITA: “Ma dai su non buttarti giù così, vedrai che ti prendono ancora in banca.
Su, su, andiamo a mangiare, che a tavola passano tutti i guai.”
TEVINA: “Secondo te, perché ho la sensazione che se ti strozzo mi sentirò molto
meglio?”
LITA: “Insomma io vado a tavola, tu stai pure qui a commiserarti.”
(LITA esce di scena.)
TEVINA: “Non solo hanno già inventato il ricevitore, ma anche il trasmettitore,
e già lo usano per trasmettere la musica. Quindi hanno già divulgato la notizia
della loro scoperta, ma se è così allora a breve dovrebbe uscire la notizia sul
giornale, forse anche oggi. Il nostro pianeta è uno sferoide perciò le onde
trasmesse da questi apparecchi non possono giungere dall’altra parte del pianeta
rispetto alla nostra posizione. Inoltre il segnale è così chiaro che la
trasmissione musicale di prova deve essere stata fatta da una città vicina. Farò
le mie ricerche, sono proprio curioso di sapere chi ci ha battuto per un
soffio.”
(TEVINA esce di scena.)
Buio
Scena II
Una settimana dopo. In scena TEVINA e il suo assistente LITA nel loro
laboratorio.
Luce
TEVINA: “E’ strano. E’ molto strano. E’ già passata una settimana e nessun
giornale ne parla, neanche quelli esteri. Insomma, possibile che una scoperta
simile passi del tutto inosservata, mentre qualcuno manda in onda una
trasmissione di musica. E’ impossibile, inconcepibile. Tu che ne pensi?”
(Rivolgendosi a LITA che alza le spalle.)
TEVINA: “Facciamo un’altra prova!”
(LITA si siede sul generatore elettrico e pedala, mentre TEVINA armeggia con
l’apparecchio. TEVINA accende la radio e ancora una volta esce musica classica
terrestre dall’altoparlante. Alla fine del brano musicale una voce, che parla
inglese, da alcune notizie sul brano appena ascoltato e annuncia il brano
successivo.)
LITA: “Che strano dialetto, non ci ho capito nulla. Chissà da dove trasmettono.”
TEVINA: “Ma che dialetto e dialetto, questa è una lingua straniera! Ho capito!
Si tratta di un’invenzione militare di una potenza nemica, che con questo
apparecchio può trasmettere direttamente gli ordini alle truppe sul fronte. Ma
ci pensi che immenso vantaggio avrebbero!”
LITA: “Ma perché trasmettere della musica così strana e così fastidiosa, tanto
da far dolere le mie povere antenne con le sue note così alte?”
TEVINA: “Già, perché? Forse ogni brano corrisponde ad un elenco di ordini
destinato ai vari reparti dell’esercito nemico. Ogni reparto ha un elenco di
brani e sa che ogni brano corrisponde ad un gruppo di ordini. Oppure stanno
sperimentando una nuova arma acustica per far impazzire i nostri soldati.”
LITA: “Ma sono cinque secoli che non ci sono più guerre sul nostro pianeta.”
TEVINA: “Appunto forse qualche nazione straniera si è stancata della pace, e
vuole menar un po’ le mani, per far rivivere i vecchi fasti militari.”
LITA: “Ma, spero proprio che non sia questa la spiegazione di questa musica
stridula!”
TEVINA: “Eppure una spiegazione ci deve pur essere!”
LITA: “Ci sarebbe anche un’altra ipotesi.”
TEVINA: “Impossibile… Quale?”
LITA: “Abitanti del pianeta PIETRE, che hanno inventato prima di noi questo
apparecchio…”
TEVINA: “Ma il pianeta PIETRE è completamente deserto, non si vedono città sulla
sua superficie.”
LITA: “E’ possibile che vivano nel sottosuolo, perché non sopportano la luce del
TAL.”
TEVINA: “Oppure potrebbero trasmettere da un pianeta ancora più lontano.”
LITA: “Stiamo facendo solo delle congetture e per di più sacrileghe. Ci sarà
certamente una spiegazione diversa, che al momento ci sfugge. Non so quale, ma
c’è di sicuro.”
TEVINA: “E se le sacre scritture si sbagliassero? Cosa ne sapevano i nostri
antenati della galassia?”
LITA: “Finiremo nei guai me lo sento.”
TEVINA: “Se la verità fosse questa, cioè che un popolo alieno sta trasmettendo
da un altro pianeta, sarebbe nostro dovere dire le cose come stanno, non pensi?”
LITA: “Certo in linea di principio hai ragione, ma i NUTUN preferiscono Dio alla
verità.”
TEVINA: “No, non tutti i NUTUN. Io preferisco la verità a Dio.”
LITA: “Io non so neppure se esiste la verità!”
TEVINA: ”Certo che esiste la verità. Se noi formuliamo tutte le possibili
ipotesi su un fenomeno e andiamo per esclusione, l’ultima che rimane, per quanto
inverosimile possa sembrarci, deve essere per forza la verità. Del resto abbiamo
potuto constatare noi stessi come scienziati nel nostro lavoro che spesso la
verità è inverosimile. Questo è certamente è un metodo infallibile per
determinare la verità.”
LITA: “Col TULPIR che è infallibile, perché non potremmo mai essere sicuri di
aver formulato davvero tutte le possibili ipotesi. Se ne lasciamo fuori anche
una sola, e quella guarda un po’ è proprio la verità, ecco che il tuo bel metodo
infallibile ha fallito.”
TEVINA: “Le frittelle dolci di OBOLO sono buone?”
LITA: “Si.”
TEVINA: “Quindi possiamo dire che l’affermazione: ‘Le frittelle dolci di OBOLO
sono buone.’ E’ la verità.”
LITA: “Mi hai convinto andiamo a mangiare.” (Breve pausa di LITA mentre si
avviano all’uscita di scena.) “Menomale che siamo soli e che nessuno ascolta le
nostre farneticazioni, perché altrimenti per noi sarebbero guai seri.”
TEVINA: “Le nostre non sono farneticazioni.”
LITA: “Sarà…”
(LITA e TEVINA escono di scena.)
Buio
Scena III
Al tempio, in scena fedeli seduti.
Luce
Entra il sacerdote che sale sul piedistallo davanti ai fedeli, e comincia la
predica.
Sacerdote: “TUPIR, NAGAZER, YAGAT, OMELOT, UGLOT, MIGOF, TIANAD, ROCHEN, e ITIUT
predicavano l’esistenza di un luogo orribile nel quale i malvagi, dopo morti,
venivano torturati dai demoni per l’eternità. Ma malvagi era loro stessi, falsi
profeti, ad incutere terrore nei NUTUN con tali orrende superstizioni. Questa
folle eresia non è sopravvissuta alla loro morte. Esiste, è vero, il mondo
nascosto dei demoni, ma nessun NUTUN vi potrà mai accedere. I demoni possono
nuocerci solo entrando nel nostro mondo. Avete mentito? Avete rubato? Avete
ingannato? Avete parlato male alle spalle degli altri? Avete creduto di essere
migliori degli altri? Non avete aiutato un parente malato? Non avete fatto
sacrifici? Non avete creduto alle sacre scritture? Ebbene io vi dico, che
qualsiasi cosa penserete, qualsiasi cosa direte, qualsiasi cosa farete, NUT vi
ha già salvato. Prima che voi nasceste, prima che fossero creati i NUTUN, prima
che iniziasse il tempo, Egli vi aveva già salvato! Egli vi ha sempre pensato
salvi, perché NUT vi ama, e il suo amore per voi è incondizionato, e non dovete
fare nulla per ottenerlo. Se negate l’esistenza di NUT fate torto ai NUTUN no a
Lui, perché nulla Lo offende. Il vostro potere non può nulla contro NUT, perché
anche esso deriva da Lui. Ma attenti a voi se fate del male, perché le leggi
della comunità, ispirate dalla Giustizia che è emanazione divina, vi puniranno!
Ringraziate dunque NUT, cittadini, per la sua infinità saggezza e ricambiate il
Suo amore col vostro, onorandolo con sacrifici e opere buone. Andate la
cerimonia è finita.”
(I fedeli escono di scena seguiti dal sacerdote.)
Buio
Scena IV
La scena si svolge in una piazza della città. C’è un pubblico che assiste ad un
dibattito con un conduttore, UTA, e vari ospiti fra cui TEVINA e LITA, ELITA.
Luce
UTA: “Quindi, se ho capito bene, lei sostiene che questa strana musica e queste
voci incomprensibili provengano da un altro sistema Talare.”
TEVINA: “Esatto. Sul nostro pianeta nessuno parla una lingua simile, e nessuno
ha composto la musica che viene trasmessa dall’apparecchio che ho inventato.
Inoltre ritengo che gli esseri che hanno composto tali melodie siano dotati di
antenne molto meno sensibili delle nostre. Questo spiegherebbe le note così
alte.”
UTA: “Sta dicendo che potrebbero appartenere ad una specie diversa dalla
nostra?”
TEVINA: “E’ possibile, non lo posso escludere.”
UTA: “Ma questo è contrario alle sacre scritture. Il Grande Sacerdote OPANUT II,
proprio nell’ultima lettera ai fedeli ha stabilito che la galassia è
completamente disabitata, e che NUT l’ha creata solo per i NUTUN, che sono stati
creati dal Supremo a sua immagine e somiglianza. Affermare come fa lei, che
esista una specie diversa dalla nostra nella galassia equivale a negare i testi
sacri. Non teme le conseguenze delle sue affermazioni?”
TEVINA: “Mi assumo la piena responsabilità delle mie affermazioni.”
UTA: “Si rende conto che rischia il carcere per blasfemia?”
TEVINA: “Me ne rendo conto perfettamente.”
UTA: “Guardi dia retta a un persona che a visto molti più inverni di lei.
Ritratti tutto subito, altrimenti passerà dei veri guai, in fondo a lei cosa
gliene viene, nulla. No guardi davvero ci rifletta bene, perché rovinarsi la
vita. Lei è uno scienziato rispettato dalla comunità, non butti via tutto così,
e poi per cosa? Sono solo congetture, e lei lo sa meglio di me. Davvero pensa
che nella galassia possano esserci altre civiltà?”
TEVINA: “Pensare di essere l’unica civiltà nella galassia è come pensare di
essere l’unico pesce nel mare.”
UTA: “Bel pensiero davvero, ma dia retta a me ritratti. EH?”
TEVINA: “No. La mia coscienza mi impone di affermare la verità.”
UTA: “Quale verità? E la sa solo lei la verità fra tutti i NUTUN?”
TEVINA: “Nessuno aveva mai inventato la radio prima di me.”
UTA: “Lei ha sempre la risposta pronta, ho già capito. Il suo assistente non
parla molto.” (Rivolto a Lita) “Lei che idea si è fatto?”
LITA: “Questa musica, se pur fastidiosa, ha in se qualcosa... Qualcosa che non
so spiegare. Qualcosa di grande, di sublime che mi commuove. Per me non è opera
di comuni mortali, deve essere opera di entità superiori.”
UTA: “Si va bene, ci mancavano le entità superiori. Certo che voi due non vi
fate mancare nulla. Si ma in fondo perché no, i legislatori ci fanno credere di
tutto, che ormai possiamo pure credere alle entità superiori. Ma insomma. E
perché lo farebbero poi? Voglio dire, gli piace comporre musica assordante e
hanno piacere di ascoltarla?”
LITA: “Sono fermamente convinto che vogliano comunicare con noi, e che avendo un
linguaggio troppo complesso per le nostre menti primitive, usino la musica per
parlarci. La musica è un linguaggio universale.”
ELITA: “Mi scusi, e come sarebbero fatti questi esseri superiori?”
LITA: “Ma io non li ho mai visti.”
ELITA: “Mi scusi, ma se non li ha mai visti come fa a dire esistono? Scusate a
me sembra totalmente assurdo, non trovate?” (Rivolto agli altri ospiti.)
TEVINA: “Mi scusi, ma lei come fa a dire che NUT esiste se non l’ha mai visto?”
(Mormorio generale di disapprovazione della piazza e degli ospiti.)
UTA: “No guardi mi dispiace, ma adesso le devo chiedere di lasciare questo
pubblico dibattito, perché non posso consentire, che lei offenda la sensibilità
degli altri ospiti, del pubblico, e anche la mia. Su vada, vada.”
TEVINA: “La verità offende gli sciocchi.” (Altro mormorio di disapprovazione del
pubblico. TEVINA si alza ed esce di scena.)
UTA: “Sono rammaricato signori, ma mai avrei pensato che uno scienziato stimato
come lo era, almeno fino a stasera, il professor TEVINA potesse giungere a
tanto.” (Rivolto a Lita) “Mi dispiace ma devo chiedere anche a lei di lasciare
il dibattito.”
LITA: “Ma io… Ma io…”
UTA: “E dai su, vada, vada, da bravo.”
LITA: “Scusate…” (LITA esce di scena sconsolato.)
Buio
Scena V
LITA siede sulla poltrona del salotto della comune, è solo e pensa a voce alta
con un libro in mano.
Luce
LITA: “…E se invece questi esseri non fossero Dei come li crediamo, ma semplici
mortali come noi. Forse la galassia è popolata da migliaia di popoli diversi.
No, è certamente il demonio che mi tenta con pensieri sacrileghi. NUT ha creato
i NUTUN a sua immagine e somiglianza, e ha creato le stelle della galassia per
far sospirare gli amanti, perché ha un’indole romantica. La galassia è
disabitata, e l’ultimo giorno della Storia NUT la distruggerà perché il suo
compito sarà finalmente esaurito. Alcuni eretici che sono oggi in carcere
sostenevano che la galassia è un fenomeno naturale, ma questo è impossibile.
Come può la galassia essere un fenomeno naturale e sussistere nel nulla, è
impossibile. (Fuori comincia a tuonare e a piovere.) I fenomeni naturali come ad
esempio un temporale per sussistere necessitano di un ambiente naturale, perché
piova ci vuole una atmosfera, niente atmosfera niente pioggia. Mentre intorno
alla galassia non c’è nulla, quindi non può essere un fenomeno naturale. Se per
assurdo esistesse qualcosa di naturale oltre la galassia questo qualcosa avrebbe
a sua volta bisogno di un ambiente naturale, e così via all’infinito. Sarebbe
come la storia dell’anfora contenuta in un’altra anfora più grande, contenuta a
sua volta in un anfora ancora più grande e così via. Seguendo questo sentiero
per eretici si arriverebbe a pensare che la natura è infinita, eterna e origine
di tutte le cose, ma questi sono attributi che solo NUT possiede. Fantasie da
temporale! La galassia è sospesa nel nulla e questo fatto è incontrovertibile.”
(Entrano guardia1 e guardia2)
Guardia1: “Siete voi il cittadino LITA?”
LITA: “Chi pretende di saperlo?”
Guardia2: “Rispondete alla domanda senza fare tante storie! Siamo la forza
pubblica!”
LITA: “Si, sono io.”
Guardia1: “La comunità vi dichiara in arresto per il reato di blasfemia, ci
segua!”
(LITA è scortato dalle guardie dietro le quinte.)
Buio
Scena VI
La scena si svolge in un’aula di tribunale, dove vengono processati TEVINA e
LITA per blasfemia. Dietro i tre giudici al centro della scena campeggia la
scritta “NUT lo vuole”. In scena TEVINA, LITA, primo giudice, secondo giudice,
terzo giudice, accusatore, difensore, cancelliere, usciere, guardia1 e guardia2.
Luce
Primo giudice: “Imputato TEVINA alzatevi, questa corte vi accusa di gravi
crimini contro la comunità, cosa avete da dire a vostra discolpa?”
TEVINA: “Se è reato dire la verità, allora sono colpevole. Se è reato essere uno
scienziato allora sono colpevole. Se è un reato non credere che la religione sia
la verità allora sono colpevole. Io e il mio assistente LITA abbiamo inventato
un apparecchio in grado di ricevere suoni trasmessi da trasmettitori,
trasmettitori che non sono stati ancora inventati, per quanto ne so, sul nostro
pianeta. Quando in un futuro non lontano riusciremo a trasmettere, oltre che a
ricevere, saremo in grado di comunicare da un continente all’altro
istantaneamente. L’essenza di questa invenzione ci spingerà ad essere tutti
fratelli, tutti uniti in un solo grande popolo. Come può essere dunque opera del
demonio questa invenzione, se avrà su di noi un effetto così buono. Non appena
l’apparecchio cominciò a funzionare ricevemmo della musica. Questa musica non
l’ho composta ne io ne il mio assistente. Nessuno è in grado di trasmettere sul
nostro pianeta. Questi sono fatti, signori giudici, non certo mie opinioni
personali, o del mio assistente. L’interpretazione di questi fatti che
successivamente abbiamo dato io e il mio assistente sono semplici congetture
personali, fatte peraltro in assoluta buona fede. Se queste congetture hanno
offeso la sensibilità della comunità dei fedeli, io e il mio assistente facciamo
qui ed adesso pubblica ammenda. Signori giudici vi prego di credere che non
volevamo offendere nessuno. Se pensare o persino fantasticare è un reato allora
si, siamo colpevoli. Perciò signori giudici se pensate che diciamo la verità e
siamo in buona fede, e che, dal vostro punto di vista, abbiamo solo esagerato
con la fantasia, allora siate clementi. Grazie signori giudici per aver avuto la
pazienza di ascoltarmi. Ho concluso.”
Primo giudice: “I ringraziamenti sono superflui imputato TEVINA, la corte e qui
per giudicarvi e per garantire i vostri diritti. Imputato LITA alzatevi, cosa
volete dire per discolparvi? Parlate è vostro diritto.”
LITA: “La realtà delle galassie è eterna. Voglio dire che non abbiamo bisogno di
morire per appartenere ad una realtà eterna, perché questa realtà, nella quale
viviamo ogni giorno della nostra vita, è già eterna. Come scienziato mi rendo
perfettamente conto che la nostra galassia è destinata a vivere molto più a
lungo dei NUTUN, e che se è stata creata da un Dio, egli non vorrà distruggerla
solo perché ci saremo estinti. Dio non potrebbe mai distruggere una cosa così
bella come una galassia, che certamente non contiene solo noi, ma chissà quante
altre civiltà, e chissà quanti culti diversi ci saranno oltre il nostro e
altrettanto legittimi. Perciò la nostra galassia continuerà ad esistere anche
dopo la nostra estinzione, che è inevitabile. Dico la nostra galassia, perché,
anche se non ne ho le prove, sono convinto che ci sono infinite galassie che
formano un Cosmo eterno.”
Primo giudice: “Avreste fatto molto meglio a non esercitare il vostro diritto di
replica imputato LITA. Sedetevi.”
Secondo giudice: “Inaudito! Vergogna!”
Terzo giudice: “Cosa ci tocca ascoltare! Alla vostra morte cesserete di esistere
tutti e due. Il paradiso è solo per le persone timorate di NUT! Vergogna!”
Secondo giudice: “Inaudito! Vergogna!”
Primo giudice: “Udita la replica degli imputati, questa corte ascolterà le tesi
finali della difesa e dell’accusa. La parola alla difesa.”
Difensore: “Di cosa si accusano i miei assistiti, di essere onesti? Onesti
perché non appena fatta la loro scoperta, l’hanno rivelata al mondo. Di essere
ingenui? Ingenui perché non hanno valutato la portata delle loro affermazioni,
fatte peraltro in assoluta buona fede. O ancora di essere dei sognatori? Si,
loro hanno sognato ad occhi aperti, credendo che semplici rumori provenienti
dallo spazio, di evidente origine naturale, fossero niente meno che musica
composta da popoli alieni. Ma allora, illustrissimi giudici noi dovremmo
arrestare tutti gli onesti, gli ingenui, e i sognatori di questo mondo! Gli
imputati hanno creduto veramente alle loro inverosimili fantasie, e forse ci
credono ancora, ma basterà dimostrare loro che hanno torto, e, sapendoli io
capaci di ammettere i loro errori, certamente si ricrederanno. Ma l’accusa ormai
ha deciso di fare di loro un esempio per la comunità, e determinata in questa
sua risoluzione, non mitigherà i suoi giudizi e le sue accuse con il tiepido
vento della serenità d’animo necessaria a giudicare questo increscioso caso.
Riflettendo su questo, illustri giudici, vi invito a non farvi fuorviare
dall’arringa infuocata dell’accusa, che seguirà questa nostra pacata
riflessione. Considerate dunque gli imputati non come loschi eretici che tramano
nell’ombra, ma come bambini pasticcioni, che hanno commesso una marachella, a
causa appunto della loro infantile incoscienza. Pertanto la difesa osa chiedere
alla corte la piena assoluzione degli imputati. Grazie, illustri giudici, ho
finito.”
Primo giudice: “La parola all’accusa.”
Accusatore: “Onesto? Ingenuo? Sognatore?! No illustri giudici. Oggi in questa
aula di tribunale siamo innanzi ad un vero e proprio complotto, ordito
dall’imputato TEVINA, al solo fine di discreditare le sacre scritture. Questo
“onesto ingenuo sognatore” vorrebbe farci credere che fantomatici esseri, che
nessuno ha mai visto, neppure gli imputati!, abbiano deciso di contattare
proprio lui, che lo abbiano scelto fra milioni di NUTUN, e perché mai?! Ma
certo, perché lui è migliore di noi, onesti cittadini timorati di NUT. Ricordo
infatti alla corte che nel corso di questo processo l’imputato TEVINA ha più
volte asserito con incredibile impudenza di avere una mente più aperta della
nostra, e che noi, prima o poi, dovremo giungere inevitabilmente alle sue stesse
farneticanti conclusioni. No illustri giudici, non occorre scomodare i demoni
per venire a capo di questa vergognosa vicenda. Io accuso l’imputato TEVINA di
aver ordito da solo tutto questo spregevole inganno ai danni della nostra
comunità. Lo accuso di aver fatto tutto ciò per la sua ignobile superbia. Lui ha
composto la musica. Lui ha inventato il grottesco linguaggio, che non
ingannerebbe neppure un bambino per la sua ridicola semplicità! Lui ha inventato
il diabolico ordigno per registrare parole senza senso e musica, per ingannarci
tutti, farci perdere la nostra sacra fede e portarci alla perdizione. Egli
voleva dannarci tutti solo per vanagloria. La prova di quanto ho appena asserito
è l’imputato LITA, prima, e spero ultima, vittima di questa orribile eresia, che
noi abbiamo il dovere di stroncare sul nascere. LITA infatti, per la sua debole
mente, fu corrotto dall’eretico veleno con il quale l’imputato TEVINA unse
abilmente le sue antenne. Pertanto l’accusa chiede il massimo della pena per
l’imputato TEVINA, mentre si sente di consigliare sommessamente a questa sacra
corte di considerare lo stato mentale dell’imputato LITA. Grazie illustri
giudici, ho finito.”
Primo giudice: “Udite le tesi finali della difesa e dell’accusa la corte si
consulta per emettere la sentenza definitiva.”
(I tre giudici confabulano tra loro.)
Primo giudice: “Mi sembra che ci sia poco da dire, ci troviamo di fronte due
blasfemi confessi. Due persone che hanno perso la fede. E’ nostro dovere
infliggere loro il massimo della pena prevista dal codice penale.”
Secondo giudice: “Ed è anche troppo poco per quanto mi riguarda. La pena di
morte ci vuole, la pena di morte. Ecco l’ho detto.”
Primo giudice: “Ed io farò finta di non aver sentito uno dei miei colleghi
bestemmiare. La vita dei NUTUN appartiene solo a NUT. Sono barbarie avvenute
solo nell’antichità, quando il popolo dei NUTUN era ancora giovane. Ma non
scambiate la mia indulgenza per debolezza nei vostri confronti collega, perché
non tollererò ulteriori bestemmie.”
Secondo giudice: “La prego di perdonarmi non accadrà mai più.”
Primo giudice: “Scuse accettate, e non parliamone più. Ora, secondo l’accusa per
quanto riguarda l’imputato LITA ci troviamo di fronte ad un caso di plagio, uno
di voi due trova che questa circostanza possa costituire un attenuante?”
Terzo giudice: “Se l’imputato LITA non si fosse rovinato con le sue mani forse,
ma dopo la sua dichiarazione di eresia, che ha avuto l’impudenza di fare in
questa sacra aula di giustizia, non ci sono più circostanze attenuanti che
reggano.”
Primo giudice: “Sono d’accordo. Pertanto vi chiedo ora, onorati colleghi, di
emettere la vostra sentenza.”
Secondo giudice: “Il massimo della pena.”
Terzo giudice: “Il massimo della pena.”
Primo giudice: “Il massimo della pena, come al solito. Il foglio della sentenza
del resto lo avevo già scritto ieri per far prima. (Rivolto all’aula.) Visti gli
articoli del codice penale previsti per il caso in questione, i tre giudici
nominati dal Sacro Concilio qui presenti, riconosciuti colpevoli gli imputati
dei reati di blasfemia, truffa aggravata ai danni della comunità, superbia e
vanagloria, condannano l’imputato TEVINA a 30 rotazioni di lavori forzati, e
condannano l’imputato LITA a 30 rotazioni di lavori forzati. Inoltre questa
corte ordina che tutti i macchinari del laboratorio dell’imputato TEVINA, e
tutti i documenti relativi a tali macchinari vengano distrutti. NUT lo vuole.”
Buio
Scena VII
La scena si svolge nella comune dove vivevano TEVINA e LITA. In scena OBOLO,
PETIGON, facchino1, facchino2.
Luce
(Bussano alla porta della comune)
OBOLO: “Vengo, vengo. Che avranno da bussare a questa maniera, ho solo due
povere vecchie gambe io.”
(Obolo apre la porta ed entrano tre personaggi.)
PETIGON: “Buon TAL cittadino, mi presento, sono PETIGON l’ufficiale giudiziario
che ha il compito di sequestrare le attrezzature tecniche del laboratorio di
certi TEVINA e LITA, lei sa dove è il laboratorio buon NUTUN?”
OBOLO: “Certo che lo so, non sono mica rimbambito.”
PETIGON: “Ma certo si vede che lei è un NUTUN ancora attivo. Sarebbe così
gentile da scortarci fino al laboratorio?”
OBOLO: “No grazie.”
PETIGON: “Come no grazie, mica è un favore che facciamo noi a lei, semmai
sarebbe un favore che lei fa a noi. Sarebbe così se non facessimo parte della
forza pubblica, ma siccome ne facciamo parte, lei ha il dovere di portarci al
laboratorio, non so se mi spiego.”
OBOLO: “Certo che si fa capire caro giovane della forza pubblica, ammesso che
lei ne faccia veramente parte, io non la conosco, non l’ho mai vista prima, che
ne se di chi è lei.”
(PETIGON mostra un foglio a OBOLO, che tira fuori gli occhiali e comincia a
leggere.)
PETIGON: “Tutto a posto? Sa non è che ho tutto il TAL per compiere questo
sequestro, ne avrei altri due dopo.”
OBOLO: “Ma che diranno TEVINA e LITA. NO, no, dobbiamo aspettare loro.”
PETIGON: “Le ho già detto che non ho tutto il TAL da passare in sua compagnia, e
poi mica vorrà attendere trenta rotazioni.”
OBOLO: “Come trenta rotazioni?! Ora sono fuori ma dovrebbero tornare, fra poco
si mangia.”
PETIGON: “Guardi buon NUTUN, forse lei non ha letto bene il foglio, ed
evidentemente non è a conoscenza del fatto che i due scienziati sono stati
processati e condannati a trenta rotazioni di lavori forzati e i giudici hanno
pure dato ordine di sequestrare i macchinari del loro laboratorio.”
OBOLO: “Ma che mi dice! Due cari ragazzi, così educati. No, non ci posso proprio
credere.”
PETIGON: “Certo, certo, ci fa strada per il laboratorio o devo chiamare le
guardie?”
OBOLO: “E accidenti che modi. Prendersela con un povero vecchio per niente.
Prego, prego, da questa parte vi faccio strada.”
(OBOLO, PETIGON, facchino1 e facchino2 escono di scena.)
Buio
Scena VIII
La scena si svolge nel laboratorio di TEVINA e LITA. In scena OBOLO, PETIGON,
facchino1, facchino2.
Luce
OBOLO: “Ecco questo è il laboratorio dei ragazzi.”
PETIGON: “Bene, mi raccomando non faccia scendere nessuno fino a quando non
avremo finito.”
OBOLO: “Certo, certo.”
PETIGON: “Non ho più bisogno di lei buon NUTUN, la ringrazio per la
collaborazione, vada pure, vada, vada.”
OBOLO: “Si figuri, se avesse ancora bisogno di me io sono in cucina, sono anche
il cuoco della comune.”
PETIGON: “Bene, a dopo.”
OBOLO: “Quando penso a quei due bravi ragazzi, così gentili, mai una noia, e
adesso invece… Ma la vita è strana, non si può mai sapere cosa ti accadrà da un
momento all’altro. Una volta un mio amico…”
PETIGON: “Un’altra volta, un’altra volta, ora vada, ci vediamo più tardi.”
OBOLO: “Vado, vado, allora a dopo.”
(OBOLO esce di scena.)
PETIGON: “Allora NUTUN portate via tutto, compresi seggiole, tavoli e mobili
vari. Cominciate pure.”
Facchino1: “Bene capo.”
Facchino2: “Agli ordini capo.”
(Nel maneggiare l’apparecchio, improvvisamente si accende la radio che trasmette
musica classica terrestre, i due facchini balzano indietro sconcertati.)
Facchino2: “Che magia è mai questa!”
Facchino1: “Le mie povere antenne!”
PETIGON: “Che avete combinato!”
Facchino2: “Noi nulla! Questo coso fa tutto da solo, deve essere una stregoneria
di quei due maghi di cui parlava il vecchio.”
PETIGON: “La magia non esiste per legge! Fate meno storie scansafatiche e
portate via la roba, ma fate attenzione ha non rompere nulla, o ve la vedrete
con me.”
Facchino1: “Bene capo.”
Facchino2: “Certo capo.”
(Portando via la radio, il cavo si stacca dal generatore, e la radio si spenge.)
Facchino1: “Ora sto meglio.”
Facchino2: “E la chiamano musica! Dove andremo a finire mi domando io.”
(PETIGON si rivolge al pubblico, non facendosi ascoltare dai facchini, che
intanto escono di scena.)
PETIGON: “Allora qualcosa di vero c’era, i due eretici hanno inventato davvero
qualcosa che funziona. E chissà che il vecchio PETIGON non ci possa fare un po’
di soldi.”
(PETIGON esce di scena sfregandosi le mani.)
Buio
Scena IX
La scena si svolge nell’ufficio del titolare di una casa discografica. In scena
POFADA, che è il titolare della casa discografica, e PETIGON.
Luce
POFADA: “In tutta la mia carriera, durata più di quaranta rotazioni, non ho mai
conosciuto un compositore così prolifico. Devo dire che la quantità di spartiti
che lei ci ha già portato, oltre ad essere impressionante, ci basta già per
almeno cinque rotazioni. Mi dice almeno come fa?”
PETIGON: “Ogni artista ha i suoi segreti.”
POFADA: “Eppure mi sembra proprio impossibile che un solo compositore possa
riuscire a produrre una simile mole di brani, e per di più di generi così
diversi fra loro.”
PETIGON: “La musica è tutta la mia vita.”
POFADA: “Si certo capisco, almeno quando lei non va nei locali pubblici a bere e
ballare. In effetti pare che lei esca tutte le sere, e la mattina dorma fino a
tardi. Sa i collaboratori domestici hanno il vizio di parlare.”
PETIGON: “Spero che non mi abbia fatto spiare!”
POFADA: “I discografici hanno i loro segreti. Il problema vede non è che io la
faccio controllare, ma che lo facciamo le case discografiche rivali, che ha
causa sua sono in guai seri, le loro vendite sono in calo.”
PETIGON: “E che posso farci io. Ma guarda se un grande compositore come me
invece di essere onorato con una statua dalla cittadinanza, debba essere invece
sorvegliato. Non è giusto!”
POFADA: “Tante cose non sono giuste su questo pianeta. Mi domando se lei non si
sentirebbe più tranquillo a condividere il suo segreto con altri, per esempio
con me che ho a cuore i suoi interessi, del resto lei ha già guadagnato più di
quanto potrà mai spendere in tutta la sua vita. La nostra è una società ancora
troppo austera. Che se ne farà di tutti questi soldi?”
PETIGON: “Scusi, ma si occupi di quel che la riguarda!”
POFADA: “Sono il suo editore unico, perciò questo suo segreto mi riguarda
eccome, e poi si ricordi che i segreti non rimangono a lungo tali, e che le case
discografiche rivali non si fermeranno sino a quando non lo avranno scoperto.”
PETIGON: “Bene, immagino che non abbia altro di importante da riferirmi, le
auguro un BUONTAL!”
(PETIGON esce di scena, mentre POFADA rimane seduto sulla sua poltrona a
pensare.)
Buio
Scena X
La scena si svolge nell’ufficio di una delle case discografiche rivali. In scena
il direttore, collaboratore1, collaboratore2.
Luce
Direttore: “Ho organizzato questa riunione per mettervi al corrente degli ultimi
sviluppi della vicenda PETIGON. Come sapete da quando questo sedicente
compositore ha cominciato ha pubblicare la sua musica le nostre vendite sono
crollate. Come saprete fino a pochi cicli fa il signor PETIGON faceva
l’ufficiale giudiziario. Poi improvvisamente a poche rotazioni dalla pensione,
senza motivo apparente, il signor PETIGON scopre di avere un talento eccezionale
per la musica, senza aver mai fatto prima alcuna scuola di musica, ne aver mai
suonato uno strumento. Per farla breve ho assunto un investigatore privato per
far spiare il signor PETIGON, che dovrebbe essere qui a momenti.”
Collaboratore1: “Eccellente idea direttore.”
Collaboratore2: “Se PETIGON è un compositore io sono LUGOR il distruttore!”
(Suona la comunicazione interna, il direttore schiaccia un pulsante.)
Direttore: “Si?!”
Voce fuori scena: “E’ arrivato il signor TUVAL, dice di avere un appuntamento
con lei.”
Direttore: “Lo faccia passare.”
(TUVAL, l’investigatore privato entra con un vistoso fascicolo sotto braccio.)
TUVAL: “BUONTAL a tutti.”
Collaboratore2: “BUONTAL.”
Collaboratore1: “BUONTAL.”
Direttore: “BUONTAL, si sieda pure TUVAL.”
TUVAL: “Grazie ma preferirei rimanere in piedi.”
Direttore: “Come vuole.”
(TUVAL si avvicina alla scrivania e appoggia il fascicolo.)
TUVAL: “All’inizio i nostri sforzi sembrarono vani. Abbiamo osservato l’intera
giornata del soggetto, il quale in effetti non lavorava mai. All’inizio del TAL
il soggetto dorme ancora. Si alza dal letto solo all’ora del terzo pasto,
mangia, si lava, si veste, poi prende uno spartito fra tanti che tieni chiusi a
chiave in un mobile nella sala di lettura. Esce per andare alla casa
discografica POFADA dove rimane per non più di due tempi, dopo va al parco a
passeggiare fino all’ora del quarto pasto. Poi mangia in ristoranti costosi del
centro, e da lì va diretto alla prima sala da ballo che trova nelle vicinanze
del ristorante dove a mangiato. Balla tutta la notte, ed è sempre l’ultimo ad
uscire dal locale.”
Direttore: “Vada al dunque TUVAL.”
Collaboratore2: “Scusate, ma si potrebbe rubare gli spartiti che tiene in casa.”
Direttore: “Ci avevo già pensato, ma così non sapremmo mai come ha fatto.”
TUVAL: “Precisamente, come dicevo per tre cicli la vita del soggetto è stata
ripetitiva, ma non ci siamo scoraggiati, infatti un giorno si è recato in
campagna in una villetta che ha nei pressi del Bosco Vecchio, una casetta mezza
diroccata, che ha tutta l’aria di essere inagibile. In quel luogo solitario
proprio davanti ai miei occhi è accaduto qualcosa di incredibile, il soggetto si
è avvicinato con familiarità ad uno strano apparecchio, ha girato una manopola e
da quel congegno, istantaneamente a cominciato a provenire una musica
stranissima, con le note altissime, tanto da farmi dolere le antenne. Come se
nulla fosse il soggetto, che evidentemente era abituato a quella musica, si è
seduto a scrivere su uno spartito che ha estratto dalla tasca. Il soggetto ha
continuato a scrivere per tre cicli ininterrottamente, poi è uscito dalla
villetta e si è incamminato verso la stazione del treno. Nei giorni seguenti
sino ad oggi la sua vita si è svolta come al solito. Ma la cosa più interessante
è che gli spartiti su cui aveva scritto in campagna, una volta tornato a casa in
città, li ha riposti nel mobile, insieme agli altri.”
Collaboratore1: “Accidenti TUVAL lei ha fatto centro!”
Collaboratore2: “Congratulazioni davvero TUVAL.”
TUVAL: “Vi ringrazio signori. Bene ora mi dica lei direttore cosa vuole che
faccia.”
Direttore: “Nulla. I suoi servigi non ci occorrono più. Lasci pure il fascicolo
sulla scrivania. Aspetto la sua parcella. La ringrazio, può andare, a NUT
TUVAL.”
TUVAL: “Come preferisce direttore. Signori a NUT.”
Collaboratore1: “A NUT.”
Collaboratore2: “A NUT.”
(TUVAL esce di scena.)
Collaboratore1: “Che ha in mente direttore?”
Direttore: “Ci introdurremo nella villetta di campagna di PETIGON buio tempo e
ruberemo lo strano apparecchio.”
Collaboratore2: “Ma se lo useremo sapranno che siamo stati noi a rubarlo.
Direttore: “Proprio per questo lo distruggeremo. Però per questo lavoretto ho
bisogno di voi due, ci state?”
Collaboratore1: “Certo direttore.”
Collaboratore2: “Siamo con lei direttore.”
Buio
Scena XI
La scena si svolge nell’ufficio brevetti. In scena l’impiegato dell’ufficio
brevetti.
Luce
Impiegato: “Ancora dieci tempi e poi vado a casa. Se conto fino a diecimila
forse faccio passare un tempo, se conto dieci volte diecimila è già tempo di
tornare a casa. Uno, due, tre, quattro..”
(Entra in scena TUVAL con un fascicolo in mano.)
TUVAL: “BUONTAL, è l’ufficio brevetti?”
Impiegato: “BUONTAL, si è l’ufficio brevetti, desidera?”
TUVAL: “Devo brevettare una mia invenzione.”
Impiegato: “Ha il certificato rosso?
TUVAL: “Si.”
Impiegato: “Ha il certificato blu?”
TUVAL: “Si, ho anche il certificato verde, quello giallo, quello arancione,
quello marrone, e quello grigio perché non si sa mai.”
Impiegato: “C’è poco da far gli spiritosi, questo è un ufficio pubblico.”
TUVAL: “Non era mia intenzione.”
Impiegato: “Meglio così, ha due ritratti a matita che la ritraggono, di formato
un MIK per mezzo MIK?”
TUVAL: “Si li ho.”
Impiegato: “Perfetto, mi faccia vedere.”
(TUVAL porge il fascicolo all’impiegato.)
Impiegato: “Si c’è tutto... Diffusore sonoro, cosa è un diffusore sonoro?”
TUVAL: “E’ un apparecchio di mia invenzione, che suona musica in continuazione.”
Impiegato: “Un grammofono?”
TUVAL: “No, non è un grammofono, e un diffusore sonoro.”
Impiegato: “Ma si mettono i cilindri per sentire la musica?”
TUVAL: “No, non occorrono cilindri, è questa la straordinaria novità.”
Impiegato: “Ma allora come fa a funzionare?”
TUVAL: “E’ complicato da spiegare.”
Impiegato: “Intende dire che non sono in grado di capire la sua invenzione?”
TUVAL: “Non mi permetterei mai di fare una simile insinuazione, se vuole le
spiego tutto nei minimi particolari, ma ci vorranno molti tempi.”
Impiegato: “No, non mi interessa, grazie. Volevo solo capire che cosa è questo
coso.”
TUVAL: “Ma glielo detto, serve ad ascoltare la musica, si attacca ad un
generatore di corrente elettrica, e va avanti finche non lo si spenge.”
Impiegato: “Si certo, certo. Vada, vada pure. Leggerà la notizia della
pubblicazione del suo brevetto sul ‘Foglio ufficiale dei brevetti’, a NUT.”
TUVAL: “A NUT.”
(TUVAL esce di scena. L’impiegato rimane ad esaminare il fascicolo.)
Buio
Scena XII
La scena si svolge in prigione, nella mensa del carcere. In scena TEVINA, LITA,
e altri carcerati.
Luce
LITA: “Il tempo non passa mai in prigione.”
TEVINA: “Ovvio ma vero purtroppo. Mi sembra di essere sempre vissuto in carcere.
Quanto manca ancora alla fine della pena?”
LITA: “Un TAL in meno di quando melo hai chiesto ieri.”
TEVINA: “Non siamo neppure a metà. Come è triste vivere in carcere.”
LITA: “Hai i suoi lati positivi.”
TEVINA: “Per esempio?”
LITA: “Vitto e alloggio sono gratis, non devi lottare per mettere insieme i
pasti, non hai grossi pensieri. Il lavoro è duro, ma non è che devi farlo bene,
mica ti possono mettere in carcere se lo fai male. E poi fra un po’ danno alla
radio il mio programma preferito.”
TEVINA: “Te lo immagini se andassimo in giro a dire che l’abbiamo inventata noi
la radio.”
LITA: “Non so se esiste un posto peggiore di questo, ma non voglio scoprirlo,
perché peggio di così si muore.”
TEVINA: “Ma come non hai appena detto che la prigione non è poi così male?”
LITA: “Si fa per dire.”
(Entra in scena una guardia.)
Guardia carceraria1: “Allora NUTUN è il momento della radio. Vi spetta un tempo
intero.”
(La guardia accende la radio e si mette a sedere vicino hai carcerati.)
Voce fuori scena: “Interrompiamo la normale programmazione per darvi una notizia
sconcertante che ci è appena arrivata in redazione, sembra che nella zona dei
grandi boschi siano stati avvistati centinaia di aerei sconosciuti, che
viaggiano ad una velocità di molto superiore a quella dei nostri aerei. Vi
ricordo che i NUTUN volano solo da due anni. Ecco mi arrivano altre notizie, che
vi do subito. Sembra che nella valle di NIFIR siano scesi sulla superficie
alcuni di questi aerei di ferro, e che strani esseri, dall’aspetto mostruoso,
privi cioè di antenne, siano usciti dai veicoli e avanzano con aria minacciosa,
imbracciando quelle che hanno tutta l’aria di essere delle armi! Questi esseri
non sono NUTUN, e sicuramente provengono da un altro pianeta. Ci giungono
continuamente nuove notizie, sembra che ci siano già dei morti fra i NU…”
(La guardia, che si era alzata incredula, ha spento la radio.)
Carcerato1: “No! Perché hai spento!”
Guardia carceraria1: “Il tempo della radio è scaduto!”
Carcerato2: “Ma come, non ci spettava un tempo intero? Riaccendi per favore.”
Guardia carceraria1: “Basta! Silenzio! La radio per oggi non si ascolta più!”
Lita: “Non è giusto! E i nostri diritti! Tu non sei il direttore, chi ha deciso
che la radio venisse spenta?”
Guardia carceraria1: “L’ho deciso io, e basta, tornate a lavorare!”
Carcerato1: “A lavorare?! E la nostra pausa? Non è giusto!”
(Entra in scena un’altra guardia.)
Guardia carceraria2: “Che cosa è questo trambusto? Silenzio! Sono qui il
carcerato LITA e il carcerato TEVINA?”
LITA: “Si.”
TEVINA: “Si.”
Guardia carceraria2: “Bene, il direttore vuole vedervi, seguitemi.”
(TEVINA, LITA e la guardia escono di scena, mentre i carcerati continuano a
mugugnare.)
Buio
Scena XIII
La scena si svolge in prigione, nell’ufficio del direttore del carcere. In scena
il direttore del carcere, guardia carceraria2, LITA e TEVINA.
Luce
Direttore del carcere: “Nella sua grande misericordia il Sacro Concilio vi ha
concesso la grazia, domani alla prima luce sarete rilasciati. Potete andare.”
LITA: “Non è che si potrebbe sapere la motivazione della grazia?”
Direttore del carcere: “Non c’è. Guardia accompagni i detenuti nella loro
cella.”
Guardia carceraria2: “Subito direttore. Andiamo non avete sentito il direttore
poche storie, andiamo.”
(LITA e TEVINA escono di scena, seguiti dalla guardia. Il direttore rimane in
scena.)
Scena XIV
La scena si svolge il giorno dopo fuori della prigione. In scena OBOLO che
aspetta la liberazione di LITA e TEVINA.
Luce
OBOLO: “Non vedo il tempo in cui potrò rivedere i ragazzi. Sono qui che era
ancora buio, di solito li liberano allo spuntare della prima luce. Eccoli che
escono!”
(Entrano in scena LITA e TEVINA.)
TEVINA: “BUONTAL OBOLO!”
LITA: “BUONTAL OBOLO!”
OBOLO: “E’ il migliore dei TAL che ho vissuto ragazzi!”
(I tre si abbracciano e si danno pacche sulle spalle, OBOLO è commosso.)
TEVINA: “Ma come hai saputo che ci liberavano proprio questo TAL?”
OBOLO: “Era scritto sul TRIBY della sera in una delle ultime pagine. E’ la
notizia più bella che abbia mai letto in vita mia!”
LITA: “Come stanno alla comune.”
OBOLO: “Tutti bene, ho detto che vi avrebbero liberato oggi, sono ansiosi di
rivedervi.”
TEVINA: “Ma ieri alla radio abbiamo sentito dell’invasione come sta andando? Ci
sono morti?”
LITA: “I nostri che fanno?”
OBOLO: “Io la trasmissione di ieri non l’ho sentita purtroppo, ma mi sarebbe
piaciuto parecchio ascoltarla, ho fatto proprio un errore!”
TEVINA: “Ma allora?!”
LITA: “E’ la guerra? Siamo in guerra con gli alieni?”
OBOLO: “Un gran trambusto in effetti è proprio successo, la gente si è riversata
per le strade, tutti urlavano come pazzi, sembrava la fine del mondo. E’ la fine
si, ma della trasmissione. Il Sacro Concilio dopo il finimondo di ieri, ne ha
decretato la cancellazione. Mi ha detto, chi ha ascoltato tutta la trasmissione,
che alla fine i conduttori hanno serenamente annunciato che si trattava solo di
uno scherzo, è già ma lo pagheranno caro questo scherzetto. Il Sacro Concilio
non ha il senso dell’umorismo, si parla già di un processo, pare che abbiano già
arrestato i conduttori e gli autori della trasmissione.”
TEVINA: “Ne sappiamo bene noi qualcosa del senso dell’umorismo del Sacro
Concilio, vero LITA?”
LITA: “Lo puoi dir forte!”
OBOLO: “Ma non parliamo di queste cose. Per voi il buio è finito, e ora splende
una radiosa luce. Come diceva sempre il mio maestro: ‘Tutto è bene ciò che
finisce bene!’”
TEVINA: “E’ proprio vero!”
LITA: “Che ne direste allora di festeggiare con un buon pasto a base di
frittelle dolci?! Sono quattordici rotazioni che mi sogno le frittelle dolci di
OBOLO!”
TEVINA: “Questa si che è proprio una grande idea LITA! Un buon boccale di sidro
di pomi e rideremo dei nostri guai passati!”
OBOLO: “Evviva!”
LITA: “Che aspettiamo allora?! La vita comincia adesso!”
(TEVINA, LITA e OBOLO escono di scena.)
Buio
Luce
Saluti