L’ISOLA

Un monologo di

Roberto Morpurgo


NOTA: La scena rappresenta un’isola agli antipodi dello spettatore. Lo spettatore vede la scena buia perché la vede dal suo proprio punto di vista: ma per il protagonista in scena è pieno giorno, e anzi è un giorno di luce abbacinante. Via via che l’azione procede, la scena si illumina: per il protagonista si fa notte, e per lo spettatore giorno. Soltanto verso la fine si vedrà in ogni dettaglio l’angolo di isola nel quale si trova il protagonista.

Scena. Quasi tutta in ombra, effetto notte. Sulla quinta destra un tavolo piccolo e traballante di legno marcio, sul quale si distingue una lampada a olio di stile marinaro, spenta. Un uomo è seduto su una sedia traballante; tiene una penna e ha davanti un certo numero di fogli. Quando l’azione inizia, l’uomo sta osservando una pausa di meditazione, e legge silenziosamente. Dopo alcuni secondi, volta la testa leggermente verso il proscenio, così da lasciarla appena più in luce, e prende a leggere.


Uomo: Il sole scintillava all’orizzonte. Una barca a remi si avvicinava alla riva, ma a me sembrava che a bordo non ci fosse nessuno. (breve pausa) Precisai il mio sguardo fino a sentire l’abbacinante calore del sole, e chiusi gli occhi. (fa il gesto di schermirsi gli occhi con la mano, a visiera; potrebbe anche calzarsi in testa un cappellino a visiera).

Pausa. Mordicchia la penna, raccoglie un altro foglio da terra. Versa un po’ d’acqua dalla caraffa che gli sta di fronte. Scorre più fogli, quindi riprende a leggere.

Uomo: un uomo, quando li potei riaprire, sbarcava dalla piccola lancia, portando un cesto di frutta e nella mano destra un revolver ancora fumante. Quando riaprii gli i occhi…la stessa luce abbagliante…

Pausa. Inforca un paio di occhiali da sole. Carezza con le dita un piccolo registratore da tavolo. Dopo un po’ lo fa partire.

Registratore: il sole scintillava all’orizzonte. Una barca a remi si avv …(interrompe bruscamente la registrazione. La voce registrata è la sua, ma più lontana e incerta di quella naturale).

Uomo: sono certo di averlo sognato - infatti non si scorgono segni del suo passaggio. Nessuna impronta di scarpa né di piede umano, solo le orme di un…(breve pausa. Si gratta una caviglia. Accende una sigaretta, beve un sorso)…ma allora perché mi trovo ancora su quella spiaggia? (fa una correzione a penna sul foglio che sta leggendo. Accende il registratore, in scena si sente un lontanissimo e indecifrabile sciabordio) - su questa spiaggia…dove ho lasciato la mia barca? (fa partire la registrazione) 

Registratore: su questa spiaggia…dove ho lasciato la mia barca? (lo spegne bruscamente e con gesto stizzito, si raschia la gola, beve. Scorre altri fogli, come se dovesse scegliere quello da leggere, ma i suoi gesti devono dare l’idea di una scelta confusa, quasi affannosa e, al limite, casuale).

Uomo: perché il sole, fino a poco fa alto e splendente, ha ora quest’aria pallida e malaticcia, e sembra quasi voler precipitare nell’oceano come un aereo colpito a morte? 

Si alza dalla sedia e lentamente si inoltra nella zona buia della scena. Si sentono rumori di latta, ferraglie, come se frugasse fra rottami. I rumori devono rendere l’idea che l’uomo si muova del tutto a proprio agio fra oggetti che maneggia con sicurezza. Torna al tavolo con aria desolata. Siede, allunga una mano e afferra un binocolo finora rimasto in ombra. Guarda nel binocolo scrutando l’orizzonte verso il fondo della platea. Ripone il binocolo e sistema un altro foglio dinanzi a sé. Avvia il registratore.

Uomo: forse non ho dormito, ma osservo invece una scena malinconica …reale come un tramonto. (fa partire la registrazione)

Registratore: forse non ho dormito, ma osservo invece una scena malinconica…reale come un tramonto.

Spegne il registratore e con rabbia lo scaglia nella zona buia. Siede e appunta qualcosa a penna.

Uomo: riprendiamo. Quando ho registrato queste parole? La luce è flebile, una voce appena udita all’orizzonte: sulla sabbia intorno ai miei piedi distinguo ancora le tracce dei proiettili. (sottolinea a penna le parole che si accinge a leggere) Sembrano buche scavate da piccolissime talpe. (breve pausa) Sem-bra-no bu-che sca-va-te da pic-co-lis-si-me tal-pe.

Pausa. Si volta. Dal fondo della quinta sinistra traluce un lucore lontano, che pur senza illuminare la scena, ne incrina flebilmente l’oscurità. Il chiarore deve sorgere dall’alto e in alto arrestarsi, senza lambire il suolo. Scrive qualche parola.

Uomo: alle mie spalle, se mi volto, vedo la foresta vergine. Una figura d’uomo si avvicina in lontananza, e ben presto…(si interrompe. Si alza, va a cercare qualcosa, torna con il registratore. Lo accende.)

Uomo: una figura d’uomo si avvicina in lontananza…(avvia la registrazione, ma il registratore non funziona più. Lo mette da parte, e traccia un segno con la penna) No, non in lontananza. Una figura d’uomo si avvicina, e ben presto - se non accadrà qualcosa nel frattempo - mi sarà di fronte.

Breve pausa. Tira un sospiro di soddisfazione. Svita il tappo da una bottiglia di whisky, beve un sorso a canna e accende una sigaretta. Prova a far ripartire il registratore, ma non funziona, esce una voce gracchiante. Lo getta oltre il boccascena, in platea: si sente un rumore come di sasso che cade nell’acqua.

Uomo: no, non si avvicina. Si avvicinava. E’ già successo. Oppure no, non è ancora successo? Allora si avvicinerà, e ben presto - se non sarà accaduto qualcosa nel frattempo - mi sarà di fronte.

Pausa: scruta l’orizzonte, si guarda alle spalle. Cominciano a intravedersi ombre e profili di oggetti, strane arborescenze che giungono quasi sino al proscenio. In particolare, si vedono alcune canne pendere dal limite del proscenio verso la platea. Si alza e va a sistemare una canna da pesca fissata verso la quinta sinistra. Tira su il filo, osserva l’amo: vuoto. Lo rigetta verso il pubblico e torna a sedersi.

Uomo (legge): santa vergine! Sole che declina è sole che cammina…E’ l’alba? E’ invece un nuovo tramonto? Salvatemi…non ho più bottiglie…(senza leggere) …non ho più fogli…tutti i fogli, scritti, e tutte le bottiglie, vuote…(capovolge una bottiglia e la fa gocciolare)

Pausa. Rilegge silenziosamente l’ultimo foglio. Lo accartoccia, lo getta per terra. Raduna qualche foglio accartocciato ai piedi della sedia. Si sente il rumore del vento fra fronde che non si vedono. Strani sibili, come di liane, traversano lo spazio sonoro sopra e alle spalle dell’uomo. Cambia spesso foglio, alcuni li straccia, altri li mette da parte. Scruta il cielo, si guarda intorno di quando in quando. Il lucore che traspariva dalla quinta sinistra si diffonde gradatamente, ma non giunge sino al suo tavolo. Anche la parete contro la quale è appoggiato il tavolo è in pieno oscurità.

Uomo: quanto durerò? Quando finirà questa dolorosa apparenza di vita e di avventura? Possiedo un bicchiere: chi me lo ha dato? La barca che vidi attraccare deve aver salpato - durante la notte? Quale notte? La mia? La sua?

Pausa. Sciabordio, dapprima flebile, cresce in intensità. Il lucore comincia a trapelare anche dalla quinta di fondo.

Uomo: qualcuno sogna al mio posto. E’ già successo, ma non posso dire di ricordarmene. Aspetto che succeda. All’orizzonte prima o poi si staglierà un profilo di nave…sì, prima o poi una nave uscirà finalmente dalla gran bottiglia del mondo…forse dagli stessi antipodi…è già in viaggio, sì…

Pausa. Va a sistemare un’altra canna, al cui amo è appeso un frammento vegetale, o un piccolo relitto.

Uomo: eccone un altro. E poi un altro. E un altro ancora. Da quanti giorni raccolgo relitti? Da dove vengono? Dalla mia barca? Non avevo una barca. Mi hanno ferito…sì e no: non era mia, la barca. Ecco un altro clandestino (raccoglie una conchiglia o un ramoscello. Comincia a vedersi il suolo su cui cammina: è sabbia, sabbia bianchissima, punteggiata da alghe e relitti informi).

Uomo: ma se arriverà di notte, come farò a riconoscerla? E soprattutto: come faranno, loro, a vedermi? Ecco una domanda molto appropriata. Ho fame, anzi ho sete (versa una piccola dose di acqua nel bicchiere, la guarda contro la luce del sole). Come sei bella. Non distrarmi. Devo finire. (torna a raccogliere e leggere i suoi fogli; si sofferma su uno, quasi declamando).

Uomo: la sabbia che come ho detto mi circonda, si riempie di segni. Non orme: né altre minacce. Le ombre della sera si sfrangiano e si confondono al corpo informe degli Ahuauate obesi. Cariche di frutti, le palme da dattero mi nutriranno per l’inverno.

Pausa.

Fra non molto sarà notte. E’ estate. Parlo…(cancella l’ultima parola)…scrivo per coloro per i quali in questo momento è giorno ed è inverno. (non legge più) Buffone! Vanità delle vanità…naufraghi che scrivono…d’altra parte…nella mia condizione…cos’altro c’era nella bisaccia scampata al naufragio? Quale naufragio. Una penna, un quaderno vuoto, uno mezzo pieno…alcune bottiglie, alcune d’acqua, altre di whisky…un binocolo, una lente di ingrandimento…un sestante? Mai sentito. Un paio di occhiali da sole - e se fossi presbite? (pausa breve) Un righello, un tirabouchon…qualche scatola di carne secca…cioè, secca quando fu inscatolata…ora è fossile…Una bilancia: è quel che mi ci vorrebbe…(scandisce le prossime parole per rimarcarne le rime) misurare è pesare, quando non si ha più, niente da mangiare…(fruga nella sacca, trova un altro registratore: lo estrae, incredulo, poi lo fa scattare)

Registratore 2 (canta con una voce che non è la sua): come sei bello, come sei magro, come un fuscello, piccolo negro…(l’uomo appoggia all’orecchio il registratore) come sei alto, come una liana, come sei basso, come una tana…

Uomo: qualcuno deve aver registrato queste parole…molto poetiche, in verità…addirittura: qualcuno deve avermele dedicate. Non può essere stato che…non posso essere stato che…io! Io? Favole. Vediamo. (riaccende il registratore 2)

Registratore 2 (con voce di donna sensuale): come sei bello, come sei magro, come un fuscello, piccolo negro…(come prima, avvicina all’orecchio il registratore) come sei alto, come una liana, come sei basso, come una tana…(breve pausa)

Uomo: ben presto sarà notte. Più ricordi. Più immagini. Fame. Sete. Fottere: una piccola cavità nella roccia. Andrà più che bene. Ci si arrangia. Come si può. (breve pausa; prende un foglio)

Uomo (legge): è, di nuovo, giorno. Un giorno qualunque, uno di questi infiniti giorni grigiazzurri. Il Sole batte le vie del cielo e senza sosta illumina gli illusi, alla cui schiera io stesso appartengo. (smette di leggere, e dice) chi può aver paragonato il Sole a una battona di periferia? Di certo un'altra stella. (riprende a leggere) Ho finito l’acqua, e il sale non mi disseta (smette di leggere e dice) Allora l’acqua era già finita? Finita prima di finire? Ce n’è ancora un sorso. Scorte invisibili. Mi ero sbagliato. C’è l’Oceano: tutta l’acqua del mondo. Si sa, tutti sanno, io stesso non lo dimentico: l’Oceano è il meno salato dei laghi salati…perché dico lago?…è tanto più vasto quanto meno salato…Chi fotte la Terra, chi beve l’Oceano…

Pausa. Va a controllare le canne da pesca. Estrae un pesce dall’amo e lo infilza a un piccolo spiedo. Accende un focherello aiutandosi con i fogli accartocciati in precedenza, e con qualche ramoscello. Il chiarore diurno comincia a diffondersi dettagliatamente sulla scena: lui perciò vede sempre meno. Avvicina gli oggetti agli occhi, scruta con fatica in lontananza, e esamina meticolosamente i relitti ai suoi piedi. Torna al tavolo mentre il pesce comincia a cuocere, e accende la lampada a olio. Legge.

Uomo: Il sale non mi disseta, e la borraccia è vuota. L’acqua che sorprendentemente si tinge di azzurro, fino a poco fa era verde. (a voce) errore: la borraccia è ancora mezza piena. Autonomia: una notte. E il colore?! Solo il mondo ha colore: né il cielo, né il mare. Apparenti impurità. (Riprende a leggere) Chiamano Oceano questa distesa ipotetica, benché io non veda che una lente pallida amorevolmente abbracciata alla Terra. Lievemente convessa. (tossisce) La mia postazione attuale è una palafitta di terra - esistono? - costruita credo di recente su un ramo colossale. (a voce) Quando? Quando vivevo su una palafitta? Tempo addietro. Nego tutto. Non ho mai vissuto, in alcun luogo, prima d’ora. Non ho mai svergognato nessuno. Il quaderno? Era del comandante. E’ dunque lui ad aver scritto…Riprendiamo. Devo finire prima che scenda la sera. Non vedo un accidente, all’ombra di queste ciclopiche foglie. Proverò a ricordare le prossime parole - quante volte devo averle lette! Che le abbia copiate? (legge) Qui posso vivere, possiedo un binocolo - non l’ho dimenticato! - le cui lenti convesse ripetono il mare come in uno specchio.

Pausa. Guarda nel binocolo. Siede con le gambe penzoloni sul limitare del proscenio, come un burattino. A voce:

Uomo: come può una lente ripetere il mare? Mistero. Il cielo è forse il suo specchio? E viceversa. Potrei dunque avvistare la nave dapprima in cielo, quindi sul mare? Probabilità. Una nave discesa dal cielo: per me! Favole, restiamo coi piedi per terra (ciondola i piedi nel vuoto). Alziamoci. Torniamo al lavoro (si alza molto lentamente, passando svogliatamente in rassegna le canne e controllando il pesce sul fuoco). Un romanzo. Un romanzo va sempre portato a termine, chiunque sia il protagonista. Nessun protagonista. Non esiste. Esiste solo l’autore: e nemmeno. Basta con le chiacchiere. Riprendiamo. (legge)

Uomo: non ho forse trascorso queste ultime notti grazie a una tanica scampata al naufragio? (a voce, alzati gli occhi dal foglio) Sul naufragio ci sono poche notizie. Integrare. Narrare con precisione tipicamente marinaresca (riprende a leggere, sempre più a fatica per la luce che sta scemando) Passerò le prossime notti in compagnia di un pappagallo…(smette di leggere, alza gli occhi)…perché proprio marinaresca? Sul naufragio grava anzi il sospetto dell’invenzione…bah, è però una finzione piuttosto verosimile…(riprende a leggere)…silenzioso come il sole è questo paesaggio verde, frusciante di voci inesplicabili, inaudite…(a voce) Questo è vero. E’ ben misterioso che il sole sia così silenzioso. Ora che si accinge a scomparire, lo ricordo con precisione: la sua maestosa passeggiata nel cielo non produceva alcun suono…come farebbe una nave fantasma…Non divaghiamo (riprende a leggere) annotta a ogni nuvola, annotta a ogni nuvola…a cosa mi servirà più il mio binocolo?

Pausa. Prende il binocolo e lo osserva con attenzione. Pulisce le lenti con un lembo della camicia. Osserva in lontananza, verso il fondo della platea.

Uomo (esclamando con inattesa vivacità ma con voce in parte finta, come se recitasse): eccola! Eccola! Una nave all’orizzonte!! (depone il binocolo) Non dovrei insospettirmi per il fatto di intravedere qualcosa soltanto adesso, soltanto al buio? Forse. Ma pazienza. La realtà è la realtà. Riproviamo. (inforca il binocolo) Ecco la prova del nove: eccola!, eccola, al di là dell’oceano, al di là di ogni dubbio! (depone il binocolo. Breve pausa, cambia umore e tono di voce) Adesso ricordo. Eravamo in due, e uno di noi deve aver pensato qualcosa dell’altro. Vediamo. La nave sta arrivando. Devo sbrigarmi. (riprende a leggere)

Uomo: non mi ricordo di te, ma voglio crederti. La nave era grande: non potrei certo ricordare ogni membro dell’equipaggio. Prendi pure tutto - il baule è fradicio, ma è certamente tuo. Tu sei il capitano. Preferisci che ti chiami comandante? Tu conosci la differenza…io, umile mozzo…dici che la divisa…- hai detto qualcosa?

Pausa. Controlla il pesce, che è cotto. Lo annusa, senza voglia, e lo ripone accanto allo spiedo.

Uomo: non ho fame. Passa l’appetito, a pensare troppo. E a leggere vien voglia di continuare a leggere. Ingordigia, nient’altro che ingordigia (legge da un foglio) Con chi parli, straniero? Mi hai sparato questa mattina, io dormivo: e nessun altro al tuo posto avrebbe mancato il bersaglio. (a voce, abbassando il foglio) Potrebbe essere una soluzione. Anzi, la soluzione. Un tentato omicidio. Anzi, un mancato omicidio. Fra naufraghi. (riprende a leggere) Ero l’unico uomo sull’isola (a voce) A parte te, ovviamente.

Pausa. Si accosta al pesce cotto, lo riattacca all’amo e lo immerge nello spazio antistante il boccascena.

Uomo: eccone un altro. Vanno e vengono, come le onde. Per uno destinato a…ma lasciamo perdere. E’ ormai notte. L’unico uomo sull’isola!

Pausa. Torna al tavolo. Riassetta i vari oggetti dispersi sul tavolo e per terra. La luce investe ora tutta la scena: disseminati intorno all’uomo relitti informi e fogli, radici di alberi, frammenti vegetali. Appare una specie di lama contorta - potrebbe anche sembrare una coda di aereo precipitato - conficcata nella sabbia verso la quinta di fondo. Prende un foglio e legge.

Uomo: sono l’unico uomo, almeno sull’isola. Il sole scintillava all’orizzonte. Una barca a remi si avvicinerà alla riva, ma io so che a bordo non ci sarà nessuno. (smette di leggere, a voce). Al solito. Scambiato il futuro con il passato. La barca si è già avvicinata. L’uomo è già sbarcato. Tutto è già successo. Tuttavia…

Pausa breve. Stancamente solleva il foglio e fa il gesto di leggere (l’oscurità gli impedisce di vedere le parole: questo si deve intendere in un modo o nell’altro).

Uomo: …tuttavia, quando la chiglia della piccola barca striscerà sui gusci dei granchi che finora mi hanno nutrito…(smette di leggere, a voce e testa bassa)…quante volte avrò letto queste parole? Non si può nemmeno dire che io le conosca a memoria. Ma forse sono nate con me, e con me moriranno. Nessuno mi crederebbe, se raccontassi che ho letto i suoi fogli nel buio della notte più nera (lentamente riprende il foglio)…che finora mi hanno nutrito, la sabbia dei miei antenati si tingerà di rosso, e io chiuderò gli occhi.

L’uomo è vinto dal sonno. La scena è illuminata da un chiarore sfavillante: brancolando nel suo buio, l’uomo raggiunge a tastoni una radice di Ahuauate, si corica in un letto di frasche e alghe, e si addormenta. Rumore di eliche in lontananza. Sciabordio di crescente intensità. La luce comincia a scemare. Rapidamente, torna il buio iniziale. Il rombo dell’aeroplano si allontana sino a svanire.