ISPIRAZIONI, in una serata forse speciale

commedia in due atti di

Renato Capitani




PERSONAGGI

ATTORE-AUTORE
FEDERICO, regista
COMICO
ALLIEVO-ATTORE
ISPIRAZIONE
REGISTA INTELLETTUALOIDE
ATTRICETTA
UOMO CINICO
FIORAIA
MARITO, attore
MOGLIE, attrice cantante
MIMO, con maschera bianca
BALLERINE 


SCENA PRIMA


Un attore-autore seduto ad un tavolo sta scrivendo. Più precisamente sta ultimando la scrittura di un testo. La scena è in penombra e riproduce un piccolo salotto, ammobiliato con pochi elementi non molto tradizionali ma abbastanza originali, tipici di una casa di artista. Musica introduttiva.


ATTORE-AUTORE : (scrive per qualche secondo, durante l’introduzione musicale. 
Poi pronuncia le ultime parole del testo a voce alta.) Punto. Buio. Ed eventualmente sipario. Uffa!… E così ho finito. (Dando un’occhiata al foglio appena finito) sì, questo finale mi piace proprio. Sobrio, non banale, e soprattutto… non scontato. (Continuando a guardare il foglio soddisfatto.) Direi anche abbastanza accattivante per il pubblico. (Tra sé, manifestando un certo fastidio) eh già, bisogna sempre accattivarselo questo benedetto pubblico!… Come direbbe il mio amico regista Federico: “E’ il pubblico che ci fa mangiare. E’ lui che ci paga!” (Riflettendo) già. Il pubblico. Questo signore padrone dalle mille facce e dai mille gusti, che, però, guarda caso, quando si tratta di spettacolo diventa un unico grande mostro divoratore, che bisogna saziare cercando di scegliere sempre i bocconcini giusti per non rischiare di essere a nostra volta divorati. (Si avvicina ad un telefono e forma un numero.) Pronto?… Federico?… Ciao, sono io. Ti disturbo?

Si illumina un’altra parte della scena, rimasta finora in penombra, e vediamo Federico, regista amico dell’attore-autore, intento a rispondere al suo telefonino. I due si parleranno in scena a poca distanza tra loro, ma illuminati in modo tale da dare l’impressione di essere in due ambienti completamente diversi.

FEDERICO : Bé, un po’ sì. Sto per iniziare le prove. Dimmi velocemente.

ATTORE-AUT. : Ah, già, il tuo show televisivo. Come va? Viene bene?

FEDERICO : (tradendo nervosismo) Sì, sì, va bene. Ma dimmi che vuoi, che ho fretta!

ATTORE-AUT. : (Soddisfatto) Ho finito la commedia musicale.

FEDERICO : (Non molto interessato) Ah sì? Bene. Allora hai cambiato il finale?

ATTORE-AUT. : Sì, certo. Come mi hai detto tu.

FEDERICO : E’ abbastanza accattivante?

ATTORE-AUT: : Penso di sì. Soprattutto non banale.

FEDERICO : (scocciato) Ecco, ci risiamo!… La tua solita preoccupazione di essere sempre originale. Ma non hai ancora capito che la banalità è la garanzia per il successo di uno spettacolo?… Più si cerca l’originalità più si rischia di isolarsi.

ATTORE-AUT. : (anche lui innervosito) Ma non hai ancora letto il mio finale, che già mi attacchi?

FEDERICO : Perché ti conosco!… Io ti ho chiesto di finire nel modo più scontato possibile e tu già mi parli di finale originale.

ATTORE-AUT. : Ogni tanto al pubblico piace anche essere sorpreso, non credi?

FEDERICO : (sempre più alterato) Ma chi te lo dice?!… Il pubblico che intendi tu sono quelle venti persone intellettualoidi da teatro off, che non interessano al mercato. Non fanno botteghino. Non fanno incassare nessuno. Al pubblico devi dare quello che si aspetta. La gente in questo momento vuole essere tranquillizzata, divertita. Non vuole essere né turbata né sorpresa. E’ chiaro?

ATTORE-AUT: : Ma prima di sentenziare, leggi il mio nuovo finale, potrebbe piacerti…

FEDERICO : Non deve piacere a me! Lo vuoi capire?… Deve piacere al pubblico! (Duro) scrivi il finale che ti ho suggerito io e portami il testo. I tuoi esperimenti di “originalità” non mi interessano. Voglio una commedia musicale uguale a tante altre. Anzi, se ci riesci, copiane una di successo, cambiando solo qualche particolare, così andiamo sul sicuro.

ATTORE-AUT : (scandalizzato dalle ultime parole del regista) Copiarne una di successo?!… Ma io sono un attore, un autore, non sono un plagiario né una copisteria!

FEDERICO : Peccato! Perché a quest’ora avresti già fatto quello che ti ho chiesto e non mi romperesti più le scatole!… Adesso lasciami andare che sono in ritardo. Ho le prove del mio show, te l’ho detto. Sarà anche un concentrato di banalità. Anzi, per farti contento, posso anche dirti che è una gigantesca cazzata. Ma alla gente piacerà ed io ne farò un sacco di puntate. Convertiti o i tuoi testi ti serviranno solo a riempire i cassetti o, nella migliore delle ipotesi, potranno piacere a qualche tuo amico. Stammi bene. (Interrompe la comunicazione al telefonino. Contemporaneamente si spegne la luce sull’Attore-autore, facendone sparire la figura, mentre Federico rimane illuminato.)


Lentamente si illumina tutta la scena e parte un balletto, tipico stile show televisivo, della massima banalità. Federico assiste a quest’ultimo seduto su una tipica sedia da regista. Alla fine del balletto interviene.

FEDERICO : Sì, bene, bene. Ma voglio facce più sorridenti. Il sorriso deve essere accattivante, non di circostanza. E quando vi voltate sculettate un po’ di più. Facce e culi, culi e facce, tutti uniti in un unico grande sorriso. (Battendo le mani) ballerine fuori, dentro il comico!

Escono le ballerine ed entra il comico, che prende una posizione centrale ed inizia il suo monologo.

COMICO : E Dio creò la donna!… Cioè… Dio per primo creò l’uomo. Così almeno dice la Bibbia. In effetti, la verità è che fu creata per prima la donna ma, come sempre, arrivò tardi all’appuntamento! E così fu notato per primo l’uomo. Eh, già, la donna!… Sapete cosa urlò Adamo appena gli fu tolta la costola per la creazione della donna?… “Porca Eva mignotta che male!!”… E su questo profondo concetto si fondò l’idea della coppia… ovvero il sesso!… (Pausa) tra amici: “com’è tua moglie a letto?” “Mah, chi ne dice bene, chi ne dice male…” e ancora: “Quando scopi tu ci parli con tuo marito?” “Certo. Se telefona!”… (Pausa) “Sai, ho una gran paura di rimanere incinta!” “Ma scusa, non mi hai detto che tuo marito si è fatto sterilizzare?” “Appunto!”… E ancora: “Cara, se tu fossi una mucca, io risparmierei i soldi del latte. Cara, pensa, se tu fossi una gallina, risparmierei i soldi della uova. Se tu fossi un albero, risparmierei i soldi della frutta… “Ma caro, se tu ce l’avessi più grosso, anch’io risparmierei tutti i tuoi amici!”… (Pausa) in macchina: “Micina, accendiamo un attimo la luce?” “No, micione, ti prego, rimaniamo al buio, è così romantico!” “Sì, micina, il buio sarà anche molto romantico. Però è mezz’ora che stai agitando la leva del cambio!”… (Rivolgendosi al regista, un po’ titubante) troppe parolacce, vero? Potrei risultare volgare…

FEDERICO : E perché mai?… NO, no, va bene così. Ottimo. La parolaccia è vitale, essenziale per un numero comico. Una battuta può anche non funzionare. Essere fuori tempo. Qualcuno potrebbe essere ancora più cretino della battuta stessa e rischiare addirittura di non capirla. La parolaccia invece è immediata, fa ridere subito, non bisogna pensarci sopra. E soprattutto è a portata di tutti. Funziona sempre. Ci sarà un motivo per cui prima,in passato, non si potevano dire parolacce in televisione e adesso invece sono tollerate, se non addirittura incoraggiate. No, no, non ti fare scrupoli!… Anzi, se vuoi, vacci ancora più pesante, che la gente ride.

COMICO : E i doppi sensi? Che ne dice?… Troppi riferimenti al sesso, forse…

FEDERICO : Ma no, non ti preoccupare!… Non capisco perché tu ti faccia tutti questi scrupoli!… Alla gente interessa sempre il sesso. In tutte la salse. Se poi ci può anche ridere sopra, ancora meglio. Sono finiti i tempi della censura, per fortuna! Quando la gente pensava esattamente le cose di oggi ma non poteva dirle. O, se le diceva, doveva mascherarle in mille modi. Ipocrisia bigotta e medievale!… Perbenismo preistorico. Per fortuna i tempi sono cambiati e finalmente “va fa ‘n culo” vuol dire proprio “va fa ‘n culo!” E mettere fuori le tette significa proprio mostrare apertamente ciò che da sempre tutti vogliono vedere. Perché negarglielo?

COMICO : (timidamente) Perché forse la curiosità nasce più dell’immaginazione, dall’inespresso…

FEDERICO : Eccone un altro!… Ma siete tutti uguali voi attori?! Sembra che ci guadagnate di più a fare i contorti, i cervellotici!… Siamo ancora alla morbosità delle caviglie semiscoperte degli anni trenta?!… Alle calze a rete delle ballerine delle riviste anni sessanta?… Vogliamo creare ancora battute per i bambini che frequentano gli asili delle suore?!

COMICO : (Sempre più timidamente) No… non dico questo. Ma… per esempio… in teatro esiste anche un umorismo più raffinato… di matrice pirandelliana… o… non so, se vogliamo… (prendendo coraggio) che si rifà alla comicità un po’ demenziale di Petrolini, di Campanile… al teatro dell’assurdo di Ionesco… ma comunque intelligente…

FEDERICO : (che ha ascoltato tutto con atteggiamento sbalordito) Intelligente?! (Urlando) ma chi se ne frega di essere intelligente!… Otto persone su dieci sono cretine e proprio io devo fare spettacoli per intelligenti?!… Questo è un pensiero “assurdo”, non il tuo teatro di Ionesco!… Bisogna essere pratici, realisti, non sognatori! Altrimenti si lavora per sé stessi non per il pubblico!

COMICO : (tentando una difesa disperata) Ma il pubblico non è tutto uguale…

FEDERICO : (urlando, fuori di sé) Il pubblico che intendo io sì! E’ dimostrato!… Dal mercato, dai sondaggi, dalle statistiche!… (Alterandosi sempre di più) dall’audience!!… Parolacce e doppi sensi, capito?! Il resto sono chiacchiere!

Il comico non replica più ed esce visibilmente turbato. (Buio)




SCENA SECONDA


La luce si riaccende sull’Attore-autore, che vediamo da solo in scena, ancora con il ricevitore del telefono in mano. Il tempo sembra essersi fermato alla telefonata con Federico. Più precisamente alla sua interruzione. In effetti è così. Le scene precedenti devono dare l’impressione di essersi svolte in un’altra dimensione temporale.



ATTORE-AUT. : (commentando la telefonata appena interrotta) Come puoi essere diventato questo, Federico?!… Possibile che i soldi e la fama ti abbiano involgarito in questo modo?… Quando frequentavamo insieme la scuola di recitazione non erano questi i discorsi che facevi… erano altre le tue idee… erano altre le tue considerazioni…

Rientra Federico, vestito questa volta in modo molto giovanile. E’ un flashback degli anni in cui i due, da giovani, studiavano recitazione. Inizia un dialogo tra loro con il tipico tono di un ricordo immaginario.

FEDERICO : (leggendo un libro, si rivolge all’ attore-autore) Senti, senti che assurdità:”… perciò l’aspirante attore, per definirsi veramente tale, non deve solo rappresentare il suo personaggio, ma viverlo o addirittura essere il personaggio stesso, dimenticando la propria identità, il proprio pensiero, se vogliamo la propria anima, per diventare, essere tutt’uno con il personaggio che porta in scena…” Ma ti rendi conto? Dimenticare la propria identità, anzi, di più, la propria anima!

ATTORE-AUT. : Certo. Serve ad essere più realisti.

FEDERICO : Ma il vero attore deve controllare il suo personaggio, non deve annullarsi in lui!

ATTORE-AUT. : Esistono correnti di pensiero diverse…

FEDERICO : (dando l’impressione di non ascoltarlo) Rinunciare alla propria anima per animare un personaggio. Ma è un paradosso!… L’attore è prima sé stesso e poi il personaggio.

ATTORE-AUT. : Così si può rischiare di commettere un atto di presunzione, sovrapponendosi al personaggio e ridimensionando l’importanza dell’autore…

FEDERICO : Gli autori non scrivono solo per i personaggi, ma, si presuppone, anche per gli attori. Altrimenti quale sarebbe la differenza tra un grande attore ed uno mediocre che interpretano lo stesso personaggio?

ATTORE-AUT. : (sorridendo) Nella loro anima, pensi?

FEDERICO : Certo. Ne sono sicuro. (Gettando il libro in terra) non cederò mai la mia anima di attore a nessuno dei personaggi che interpreterò. Darò loro la vita, ma sarò sempre io a condurre il gioco. Tutti dovranno sempre sapere chi c’è dentro quel costume!

Si abbassa la luce e Federico esce di scena. Fine del flashback. Luce sull’Attore-autore che riprende a parlare da solo. 

ATTORE-AUT. : E adesso? Che ne hai fatto della tua anima?… Della tua onestà intellettuale?… il personaggio del regista quotato e famoso, del divo televisivo strapagato e futile è riuscito a divorarsela la tua anima, fino a fondersi completamente con la persona che eri, per farne un mostro di grossolanità e di vuoto?… L’immedesimazione che temevi tanto alla fine ti ha vinto?… la realtà ha superato ancora una volta la finzione e l’attore è stato schiacciato dalla macchina che lui stesso ha messo in moto e che pensava di controllare tranquillamente? (Afferra con un impeto di rabbia il testo che stava scrivendo all’inizio e comincia a stracciarlo, accompagnando il gesto con parole dure) no, caro amico mio!… Questa volta non sarò io a fornirti il carburante per la tua macchina infernale! (Continuando a strappare le pagine scritte in precedenza) la mia anima ed io, a differenza di te, abbiamo deciso di restare insieme e di fare lo stesso viaggio. Fosse anche senza destinazione!

Si sente bussare alla porta. Il rumore dei tocchi interrompe le sue parole, pronunciate in modo un po’ esaltato.

ATTORE-AUT. : (come se si fosse svegliato da un incubo) Chi è?… Chi è che bussa?

VOCE FUORI SCENA : Sono Alfredo, l’allievo che ha chiesto aiuto per il provino. Si ricorda?

ATTORE-AUT. : (scocciato) Quale aiuto?… Io non ho promesso aiuto a nessuno. Se ne vada!

VOCE FUORI SCENA : Mi scusi… ma… so che il suo amico attore Rodolfo Vanni, mio insegnante di recitazione, le ha telefonato per chiederle di darmi una mano per un provino e… mi ha detto che lei ha accettato… per questo mi sono permesso di venire. Anche l’ora è quella concordata…

ATTORE-AUT.- : Rodolfo Vanni!… L’avevo completamente rimosso! (Tra sé) stasera non è proprio il caso. (Alza la voce, sempre lasciando l’interlocutore fuori dalla porta) non può tornare un’altra volta?… Oggi non me la sento proprio di aiutare nessuno.

VOCE FUORI SCENA : Mi dispiace. Io rimanderei volentieri. Ma il provino è domattina…

ATTORE-AUT.- : (tra sé) Il provino! Uffa, che rottura! (Senza dire altro va alla porta e fa entrare l’allievo attore.)

ALLIEVO : (entrando) Buonasera. Mi scusi di nuovo. Mi dispiace…

ATTORE-AUT.- : (interrompendolo bruscamente) Sì, sì, buonasera. Però adesso la smetta di scusarsi e di dispiacersi, e mi dica che tipo di aiuto desidera da me.

ALLIEVO : (a disagio, ma nello stesso tempo soddisfatto) Come le avrà certamente già detto il suo amico attore si tratta di un provino su parte…

ATTORE-AUT. : (quasi non ascoltandolo) Ma perché vuole fare questo provino?

ALLIEVO : (sorpreso) Perché… perché è una buona opportunità per un attore…

ATTORE-AUT. : Attore?… Lei è già un attore?

ALLIEVO : Bé… sto studiando… lo diventerò…

ATTORE-AUT. : Lo diventerà?… E perché vuole diventare un attore?

ALLIEVO : (sempre più sorpreso ed imbarazzato) Non so… perché mi piace…

ATTORE-AUT. : Anche a me piace la formula uno, ma non per questo faccio il pilota!

ALLIEVO : (non sapendo cosa dire) E’ una passione… vorrei farlo come mestiere… sto studiando per questo…

ATTORE-AUT. : Uhmm… sta studiando per diventare attore. Bene. Ed è convinto che basti studiare, imparare a fare l’attore, per essere sicuri di farlo?

ALLIEVO : (spazientito) No… forse no. Ma intanto mi preparo. (Prende un copione che tiene in una borsa.) Comunque… a proposito del provino… vorrei farle vedere la parte che mi riguarda, così potremmo…

ATTORE-AUT. : (prende il copione dalle mani dell’allievo e lo appoggia sul tavolo, senza considerarlo minimamente.) Aspetti. Non sia insistente con questo provino. Prima chiarisca meglio la sua posizione. Lei intende fare questo provino. Poi farà un altro provino e poi ancora un altro. Una vita di provini. Non è così?

ALLIEVO : Prima o poi qualcuno potrebbe farmi lavorare…

ATTORE-AUT. : E perché mai? Solo perché ha studiato?… E di tutti i figli dei divi, gli amici dei politici, i frequentatori di festivi mondani, i frequentatori di letti, i ricchi pseudo-artisti autofinanziatori di spettacoli orrendi, che cosa ne facciamo? Li lasciamo per strada disoccupati?… Lei pretenderebbe di lavorare al posto loro solo perché ha studiato? E perché mai? Solo perché si sente o potrebbe essere bravo?… Bella pretesa!

ALLIEVO : (snervato) Io non pretendo nulla… vorrei solo fare un provino… ma ho capito che lei non alcuna intenzione di aiutarmi. Per cui la ringrazio lo stesso e me ne vado, arrivederci. (Fa per andare).

ATTORE- AUT. : Ma io la sto aiutando! Non se ne accorge?… La sto mettendo davanti alla sua realtà di aspirante attore. Scommetto che non esiterebbe nemmeno un secondo se le proponessero un contratto televisivo di qualsiasi tipo.
ALLIEVO : (fermandosi) Infatti. Perché dovrei?

ATTORE-AUT. : Perché le chiederebbero l’anima. Ha mai pensato alla sua anima?

ALLIEVO : (spaventato) Io vado. La saluto. Molto piacere di averla conosciuta. (Fa per uscire, ma viene trattenuto un’altra volta dall’attore-autore, che gli si para davanti.)

ATTORE-AUT. : (con atteggiamento da invasato) Prima di andarsene risponda alla mia domanda: ha mai pensato alla sua anima?

ALLIEVO : (disperato) Le prometto di pensarci. Ma adesso, la prego, mi faccia andare!

ATTORE-AUT. : (scostandosi) Vada, vada pure a fare il suo provino. Tanto… (l’allievo esce di corsa, dimenticando il suo copione sul tavolo. L’attore-autore lo nota.) Il copione! (Andando verso l’uscita, urla) il copione!! (L’allievo si è ormai allontanato. Lui torna indietro alzando le spalle.) Meglio così. Ti faranno improvvisare… non cambia nulla. Ormai tutti improvvisano. (Buio).




SCENA TERZA


La luce si riaccende sull’attore-autore che, seduto sconsolato su una sedia, sta scolando una bottiglia di una bevanda alcolica. E’ visibilmente ubriaco. Entra una donna dall’aria misteriosa ma al contempo dolce. E’ la sua ispirazione.

ISPIRAZIONE : (entrando in scena) Sei sicuro che questo sia l’unico modo per consolarti delle tue delusioni?

ATTORE-AUT. : (dando l’impressione di riconoscere il personaggio) Ah, eccoti di nuovo!

ISPIRAZIONE : MI riconosci?

ATTORE-AUT. : Certo. Sei la solita donna che mi appare ad ogni sbronza. Perciò vuol dire che sono già sbronzo! (Ride goffamente e beve).

ISPIRAZIONE : E sai anche chi sono?

ATTORE-AUT. : No. Ma non mi interessa. Potresti essere chiunque: una mia ex… una compagna di scuola… un’attrice… (fingendo paura) un fantasma venuto dall’oltretomba… o più semplicemente un’immagine, una creatura inesistente creata dalla mia fantasia bacata… che svanirà insieme ai fumi dell’alcol… come sempre.

ISPIRAZIONE : Non sei curioso di sapere veramente chi sono?

ATTORE- AUT. : No. Perché so che non esisti. Non sei reale. Te l’ho detto: te ne andrai insieme a questa. (Indica la bottiglia e beve di nuovo.) E’ già successo, no?

ISPIRAZIONE : (sempre più misteriosa) Eppure stasera sono diversa, non l’hai notato?

ATTORE-AUT. : (riflettendo) E’ vero. Stasera mi stai parlando. Non era mai successo prima. Mi apparivi, mi guardavi e non fiatavi. Basta. Poca confidenza. Mah… forse ho cambiato la marca delle mie bottiglie! (Ride).

ISPIRAZIONE : O forse ho deciso io di parlarti.

ATTORE-AUT. : Oh, davvero!… Ho anche l’immaginazione autonoma! Che genio! (Ride e beve. Poi, fintamente serio) oddio, sarai mica la morte?!… Sto morendo affogato nell’alcol come il più sfigato dei barboni!… Pensa che tragedia!… Oppure che colpo di teatro! (Ride).

ISPIRAZIONE : (fingendo di prendere sul serio le parole dell’uomo) No. Sono qualcosa di meno tragico, di più creativo della morte.

ATTORE-AUT. : (improvvisamente serio) Bé, finiamola con questo giochetto. Dimmi chi sei, prima che mi addormenti e ti cancelli dalla mia mente.

ISPIRAZIONE : Non ti preoccupare. Stasera non ti addormenterai. Anzi, grazie a me, passerai la più memorabile delle tue serate.

ATTORE-AUT. : (scocciato) Insomma vuoi dirmi chi sei?!

ISPIRAZIONE : Diciamo… che sono… la tua ispirazione.

ATTORE-AUT: : La mia ispirazione?!… Che arriva puntuale ogni volta che mi ubriaco?… (Ride divertito) ho l’ispirazione da sbornia! Sono proprio un grande artista! (Continua a ridere.)

ISPIRAZIONE : (proseguendo il suo discorso, indifferente alle parole di lui) E stasera ho deciso di parlarti perché, grazie a me, potrai dare finalmente voce ai tuoi pensieri più vivi, alle tue idee più autentiche. Scriverai qualcosa solo per te. Senza sottostare alla pressione di niente e di nessuno. Finalmente libero di dire e di scrivere ciò che vuoi, perché io t’ispirerò. Non ti piace l’idea?

ATTORE-AUT. : (tornando serio) E domani?... Quando mi sveglierò con la bocca impastata e la testa che mi scoppia? Cosa ne farò del mio testo “geniale”?

ISPIRAZIONE : Ciò che ne vorrai. Comunque, l’avrai scritto e questo non te lo toglierà più nessuno.

ATTORE-AUT. : (incuriosio) E’ una proposta interessante. Un gioco crudele ed intrigante insieme.

ISPIRAZIONE : Crudele?

ATTORE-AUT. : Sì. Perché forse domani non ci sarà nessun testo e scoprirò ancora una volta di avere sognato l’impossibile.

ISPIRAZIONE : Forse. Ma adesso è così. Preferisci che me ne vada?

ATTORE-AUT. : (riflette un attimo, poi risponde) No. Abbiamo detto che è un gioco… allora giochiamo. (Appoggia la bottiglia in terra, si alza, prende un blocco di fogli, una penna e si siede al tavolo.) Io sono pronto. Suggeriscimi qualcosa, o mia ispirazione!

ISPIRAZIONE : Qualcosa?... (Sorride) saranno tantissime le cose che ti suggerirò e che tu scriverai. Poi… ne farai quello che vuoi…

ATTORE-AUT. : (con l’atteggiamento soddisfatto del bambino che inizia un nuovo gioco, punta la penna sul foglio.) Cominciamo.

ISPIRAZIONE : (pensando) La prima idea che ti suggerisco… è la situazione che si potrebbe creare in un provino particolare…

ATTORE-AUT. : (incuriosito) Particolare?

ISPIRAZIONE : (sorridendo) Sì. Mi diverte molto immaginare l’incontro tra un regista intellettualoide, sofisticato, molto contorto ed un’attricetta, ignorante, grezza e anche… oca. Cosa potrebbero dirsi due personaggi così opposti e come si svolgerebbe il provino?

ATTORE-AUTORE : (coinvolto nel divertimento) Vediamo. (Comincia a scrivere.)

La scena si fa momentaneamente buia. Musica di sottofondo. L’Attore-autore in penombra,modificando con qualche elemento il suo abbigliamento, si trasforma nelle vesti del regista intellettualoide. Poi esce di scena. Nella scena seguente sarà lui ad interpretare questo personaggio.




SCENA QUARTA


Torna di nuovo la luce. Entra in scena una ragazza dall’aria spaesata e dall’abbigliamento molto eccentrico. E’ un’attricetta con aspetto non proprio intelligente. Sta masticando una gomma e parla con uno spiccato accento. Si guarda per un istante intorno, come se si trovasse per la prima volta in un ambiente non congeniale.

ATTRICETTA : (parlando con uno spiccato accento) E’ permesso?... Posso avanzare?... 
(Continua a guardarsi intorno con circospezione.)

REGISTA : (entrando) Venga, venga, non abbia paura!... (Parla in modo molto frenetico, nevrotico, non concedendosi quasi il tempo di respirare.) Capisco che per lei non è facile rimanere a proprio agio di fronte ad una personalità così spiccata come la mia. Ma come può notare da sola, anch’io sono fatto come gli altri. Nonostante tutta la mia popolarità e la mia fama, come vede, sono rimasto molto semplice e affabile con tutti. E’ vero che anche lei mi trova molto semplice e affabile?

ATTRICETTA : Sì, molto.

REGISTA : (sempre con parlata frenetica) Ecco, appunto, dicevo… non è da tutti incontrarmi, avere un appuntamento con me, potermi vedere e, soprattutto, poter sostenere un provino con me. Di solito s’incontrano diverse difficoltà. E’ vero che anche lei ha incontrato diverse difficoltà?

ATTRICETTA : (quasi inebetita dal parlare frenetico dell’altro) Sì, molte.

REGISTA : Ecco, appunto, meno male. Comunque ora non è il caso che si formalizzi. Si distenda e si concentri sulla prova che deve sostenere. E’ stanca, vuole sedersi?

ATTRICETTA : Sì molto… ehm, sì grazie. (Prende una sedia poi, senza accorgersi di quello che fa, la rovescia, mettendola con le gambe in fuori e si siede sulla punta di una di queste, in modo scomodissimo e goffo.)

REGISTA : Si sente più distesa ora? E’ comoda?

ATTRICETTA : (data la posizione, molto contratta) Sì… molto.

REGISTA : Bene, veniamo a noi. Lei ha già fatto qualche altra esperienza in teatro?

ATTRICETTA : Sì. Ho fatto dieci anni di accademia e… trecentodiciotto provini.

REGISTA : (sorpreso) Ah… ma scusi quanti anni ha lei?

ATTRICETTA : Ventuno.

REGISTA : Soltanto?

ATTRICETTA : Se vuole facciamo ventidue…

REGISTA : No, no, ventuno va benissimo. Dunque… innanzi tutto mi permetta di darle dei consigli. (Lei tira fuori velocemente dalla borsetta un piccolo taccuino, una penna e comincia a prendere degli appunti.) Per fare teatro ci vogliono principalmente due qualità: la volontà e l’umiltà.

ATTRICETTA : (scrivendo e ripetendo a pappagallo le parole del regista) La volontà e l’umiltà…

REGISTA : (solenne) Si ricordi, signorina, e lo tenga sempre presente: un uomo più è umile, più è grande!

ATTRICETTA : (sempre scrivendo e ripetendo) Più è umile, più è grande…

REGISTA : Immagino che lei avrà sentito che io sono una persona molto umile?

ATTRICETTA : Sì, molto.

REGISTA : (esaltato) Allora sono grande!... Mi fa piacere. (Rimane per un attimo con lo sguardo perso nel vuoto, a godersi la sua esaltazione. Lei lo osserva un po’ confusa. Poi, come risvegliato da un sogno) Dunque… che stavo dicendo?

ATTRICETTA : (rileggendo gli appunti e ripetendo come una scolaretta) Più è umile, più è grande…

REGISTA : Ah, ecco… stavo parlando delle qualità di un attore. (Sempre solenne) Un’altra qualità dell’attore è il sacrificio.

ATTRICETTA : (ripete scrivendo e scandendo la parola “sacrificio”) Il sa-cri-fi… (si blocca, dando l’impressione di non sapere come scriverla. Ripete) sa-cri-fisc-… (si blocca di nuovo. Ripete ancora) sa-cri-fisc-… eh già, ci vuole sc… (scrive questa volta sicura) sacrifiscio.

REGISTA :(indicando con fare misterioso il palcoscenico) Secondo lei cos’è questo?


ATTRICETTA : (sorpresa dalla domanda apparentemente banale, mette via nella borsa il taccuino e la penna, si alza, guarda in terra, temporeggiando, per paura di sbagliare la risposta. Poi molto timidamente) il… il… palco?...

REGISTA : (scandalizzato) No!

ATTRICETTA : (mortificata, tra sé a voce bassa) Lo sapevo che sbagliavo!...

REGISTA : (esaltato) E’ un altare!... Si ricordi, signorina, e lo tenga in mente fino al giorno della sua morte. (Lei annuisce, facendo però di lato con una mano il gesto delle corna e cercando di non farsi vedere.) L’attore non recita sul palcoscenico, ma s’immola sull’altare!

ATTRICETTA : (fissandolo incantata) Bello!

REGISTA : (a sua volta affascinato dalla propria frase e gratificato dal complimento di lei.) Grazie. (Rimane per un attimo in contemplazione di sé stesso, poi riprende) Ma continuiamo. Dunque… io non voglio sentire, ora, nulla di quello che lei ha preparato. Mi basta che lei mi dica bene una sola frase. Una frase che io ho tratto dal mio ultimo lavoro… cioè, capolavoro. Una frase enigmatica, piena di significato, di profondità… una frase che è l’emblema di tutta la mia opera… la chiave di volta di tutto lo spettacolo: “Che ne sai tu della vita?...” Sente che dolcezza, che musicalità, che armonia?... Ma, nello stesso tempo, sente che sofferenza, che inquietudine, che drammaticità… che pathos? (Lei annuisce in modo meccanico, dando l’ impressione di non capire.) Ecco, se lei riesce a dirmi perfettamente questa frase, dimostrandomi di essere capace di entrare nel suo significato pluridimensionale, vuol dire che è una vera attrice. Ascolti di nuovo: “Che ne sai tu della vita?...” Allora? E’ pronta? Vogliamo provare? (Lei inebetita dal parlare frenetico di lui, sta per intervenire, ma lui la blocca con un urlo) No!!... Per carità!... Non la dica subito!... Non la getti via!... Si concentri prima. Cerchi di riviverla intensamente. (Lei si siede sulla sedia, questa volta in modo normale. Si prende poi la testa tra le mani per dimostrare concentrazione.) Tragicamente. (Lei accentua il movimento precedente.) Con tutto il pathos di cui è imperniata. (Lei si stringe ancora di più nelle spalle, interpretando mimicamente la parola “pathos” come contrazione. Lui le sussurra ancora una volta la frase in un orecchio) “Che cosa ne sai tu della vita?...” Si sente pronta? E’ concentrata? (Lei annuisce? Scuotendo velocemente la testa, senza parlare.) Luci! (Si accende un solo riflettore su di lei, mentre si spengono le altre luci.) Musica! (Parte un sottofondo musicale molto intenso, solenne. Da questo momento lui parlerà con un tono misterioso, quasi inquietante.) Ecco, ora c’è l’atmosfera adatta. S’immagini di possedere la frase più importante di tutta l’opera. Sono due ore che aspetta il suo turno per entrare. Lei è consapevole di essere la svolta di tutto. Ormai gli spettatori non ce la fanno proprio più… sono due ore che non ci stanno capendo niente!... I meno pazienti tra loro sono aggrappati alle poltrone. Nel buio della platea si odono dei lamenti, simili a conati… è l’angoscia che serpeggia tra gli spettatori. Fissandosi l’un l’altro sofferenti,con gli occhi esterrefatti si domandano stravolti: “Ma che è?!”… Intanto una parola, quasi indecifrabile, sta imponendosi con la forza della disperazione: “Che palle!”… Ormai più nessuno riesce a trattenerla, ogni educato tentativo è reso vano. Ecco che la stessa parola si diffonde… contamina il pubblico… ormai tutte le
bocche sono uniformate all’unisono, pronte per il grande boato. Il suo volume aumenta, aumenta, aumenta sempre più, è incontenibile!...(Sempre più frenetico, esaltato, mentre la ragazza è rimasta finora immobile, imbambolata, seduta sulla sedia, con la testa tra le mani.) In questo momento lei entra! (Lei si alza con gli occhi sbarrati, incantata, come un automa.) Un silenzio tombale si diffonde in tutto il teatro. L’atmosfera è densa. (Lei mima la “densità” in modo goffo.) Agghiacciante. (Lei mima sempre in modo goffo, stringendo le spalle, come se sentisse freddo.) Lei è in possesso della frase che libererà il teatro da quel pubblico ignorante, meschino… pronto a colpire ignobilmente un capolavoro, un’opera d’arte… qualcosa che sta per soccombere per colpa di un pubblico ignorante… 

ATTRICETTA : (ripetendo, da invasata, con accanimento, verso il pubblico, le offese del regista.) Ignorante!

REGISTA : Gretto!

ATTRICETTA : Gretto!

REGISTA : Schifoso!

ATTRICETTA : (sempre più invasata) Schifoso! (In crescendo) Schifoso! Schifoso!

REGISTA : Lei è la liberatrice del mondo! ( Lei mima una posizione da “Superman”. Da questo momento mimerà in modo comicamente goffo tutte le frasi del regista.) La fatidica frase si gonfia nel suo petto. Percorre la gola. Attraversa l’ugola. Oltrepassa le orecchie. Esce dagli occhi. Rientra dal naso. Si gonfia, si gonfia sempre più… si gonfia, si gonfia… è pronta per esplodere… sta per esplodere… (urlando) esplode! (Ormai completamente stravolto) La dica!... Presto, la dica!

ATTRICETTA : (anche lei sconvolta dall’estrema tensione, rimane per un attimo in silenzio, smarrita. Poi ripete la frase scandendola in modo infantile, come una poesia natalizia, recitata da un bambino.) “Che ne sai tu della vita?... (Aspettando, preoccupata, la reazione del regista) eh?...

Lui la guarda dapprima schifato, con disprezzo. Poi, distrutto, comincia a singhiozzare ed esce di scena mesto, lentamente, trascinandosi. Da fuori si sente uno sparo di pistola.

ATTRICETTA : (rimane in silenzio per qualche secondo, impressionata dallo sparo. Poi, riprende il suo atteggiamento indifferente.) Ma che ne sapevi tu della vita, imbecille! (Esce ancheggiando). (Buio)




SCENA QUINTA


Si riaccende la luce sulla situazione Attore-autore e Ispirazione. Lui, chiaramente, nel frattempo si è spogliato delle vesti del personaggio precedente. Lo ritroviamo seduto al tavolo, mentre scrive.


ISPIRAZIONE : (ridendo) Secondo te, chi dei due è più assurdo?

ATTORE-AUT. : (anche lui ridendo) Mah… sono tutte e due vittime di uno stesso sistema.

ISPIRAZIONE : E’ possibile deformarsi in questo modo?... O abbiamo solo scherzato esagerando?

ATTORE-AUT. : Non lo so. Tu sei la mia ispirazione. Io eseguo.

ISPIRAZIONE : Ma io t’ispiro cose che tu hai già dentro. Ti aiuto solo a tirarle fuori…

ATTORE-AUT. : Su questo ho ancora dei dubbi. Ma è inutile soffermarsi sui dettagli. L’importante è creare, no?... Hai qualche altra idea?

ISPIRAZIONE : Certo. Stasera non mi mancano le idee.

ATTORE-AUT. : Ad esempio?

ISPIRAZIONE : Potremmo continuare con l’umorismo…

ATTORE-AUT. : Perché no?... Mi piacerebbe però scherzare su qualcosa di serio…

ISPIRAZIONE : Stile humour nero?

ATTORE-AUT. : (continuando) … Attaccare qualche sentimento importante…

ISPIRAZIONE : (con atteggiamento complice) Meglio: il tradimento dei sentimenti…

ATTORE-AUT. : Il tradimento in amore?

ISPIRAZIONE : No. Troppo scontato. Non vogliamo essere banali, no?

ATTORE-AUT. : (concentrandosi) Tradire… tradire…

ISPIRAZIONE : (come se continuasse il pensiero di lui) Tradire la fiducia degli altri, per esempio…

ATTORE-AUT. : (quasi all’unisono) … Per ottenere un proprio vantaggio, per esempio…

ISPIRAZIONE : (in modo intrigante continua l’idea dell’altro) … Approfittando delle persone ingenue, grazie ad un collaudato cinismo… ( con tono sensuale, come se imitasse un corteggiamento amoroso) io sono pronta… e tu?

ATTORE-AUT. : (attratto dal tono della complice, afferra con impeto la penna e comincia a scrivere.) Partiamo! (Le luci si abbassano lentamente).




SCENA SESTA


Cambio luci. L’Attore-autore si trasforma nel personaggio dell’”Uomo cinico” della scena, vestendosi completamente di nero. Intanto una donna, dall’aspetto e dall’abbigliamento molto semplice, entra, prendendo una posizione angolata sul palcoscenico. E’ una fioraia e sta vendendo dei fiori.


FIORAIA : (a voce alta) Fiori! Fiori! Comprate dei fiori!... Garofani, rose, gladioli!

UOMO : (avvicinandosi a lei in modo furtivo) Ha mai provato ad ammazzarsi?

FIORAIA : (stupita) Ma… si sente bene?

UOMO : Io sì, e lei?

FIORAIA : (ancora stupita) Certo.

UOMO : (con fredda decisione) Eppure non dovrebbe. Allora?... Risponda: ha mai provato ad ammazzarsi?

FIORAIA : (spazientita) Insomma, mi sta prendendo in giro?!... Vuole dei fiori o no?

UOMO : (sempre più sgarbato) Ma no. Che ci faccio con i suoi fiori?... Non sono nemmeno un gran che. Forza su, risponda: questo suicidio l’ha mai tentato o no?

FIORAIA : No!... Ma che razza di…

UOMO : (interrompendola bruscamente) Non faccia dei razzismo adesso!

FIORAIA : (scocciata) Senta, se crede di attaccare bottone in questo modo...


UOMO : (sempre interrompendola) Io non ho nessuna intenzione di attaccare bottone con lei. Le sembra questo il modo?!... Ho soltanto fatto una domanda per avere una risposta.

FIORAIA : (tra sé) Questo è completamente pazzo!... (Di nuovo a lui) per favore, mi lasci lavorare in pace e se ne vada. (Riprende a vendere a voce alta, ignorando l’uomo.) Fiori! Fiori! Guardate che bei fiori!

UOMO : (per niente scoraggiato, fingendo un tono amichevole) Eh già, quando la realtà è troppo dura si fa di tutto per dimenticarla. La capisco, sa.

FIORAIA : (incuriosita, nonostante tutto) Di quale realtà sta parlando?

UOMO : (soddisfatto di essere riuscito ad interessarla) Della sua! E di chi se no?… Non mi dica che è contenta di come vive!

FIORAIA : (aggressiva) E a lei cosa gliene importa?!

UOMO : Se non m’importasse non le avrei fatto questa domanda.

FIORAIA : (cercando una logica nell’assurdità) Le sembra logico chiedere ad una persona che non conosce, se ha mai tentato il suicidio?

UOMO : Se una persona è nelle sue condizioni, sì.

FIORAIA : E cioè?

UOMO : (con tono più gentile) Ora le spiego. Che cosa faceva lei ieri a quest’ora?

FIORAIA : (sempre più incuriosita) Vendevo fiori…

UOMO : L’altro ieri?

FIORAIA : Vendevo fiori…

UOMO : Cosa farà domani alla stessa ora?

FIORAIA : (irritata) Venderò fiori! Ma cosa dovrei fare?

UOMO : E fra un mese venderà fiori. Fra un anno venderà fiori. Un mese fa, un anno fa vendeva fiori!

FIORAIA : E’ il mio lavoro, cosa dovrei fare?

UOMO : (brusco) Ammazzarsi!

FIORAIA : (sbalordita) Perché vendo fiori?

UOMO : No. Perché ha una vita senza significato. Per cosa vive lei, per vendere fiori?

FIORAIA : (sempre più a disagio) Non… non faccio mica solo questo…

UOMO : A no? E cosa fa di speciale? Sentiamo.

FIORAIA : Ma cosa gliene importa a lei?... Adesso mi sta proprio seccando!

UOMO : (sempre più incalzante) Lo vede? Non vuole rispondere perché ha paura. Glielo dico io che cosa fa lei, oltre a vendere fiori: niente di niente, squallore completo!... Mi dica un po’… ha forse un marito? Una famiglia?

FIORAIA : No, ma…

UOMO : Ma niente!... Lei non ha un marito perché è brutta, è racchia! (Tira fuori dalla tasca uno specchietto e lo mette quasi in faccia alla donna per farla specchiare.) Nessuno la vorrà mai!

FIORAIA : (scansando lo specchietto sconvolta) Come si permette!...

UOMO : (non lasciandole il tempo di continuare) Ho la libertà di permettermi di dire ciò che voglio! E quello che voglio dire è la pura verità!... Ma, mi dica ancora: ha forse un fidanzato, un uomo anche brutto ed insignificante, che le viene dietro, che le fa un minimo di corte?...

FIORAIA : (completamente confusa) Veramente…

UOMO : (sempre aggredendola, con parlata veloce) Glielo dico io: no! Nessuno se la fila a lei!

FIORAIA : (con un groppo alla gola) Come fa a dire questo?!

UOMO : Lo dico perché lo so. E so anche che lei è completamente sola. Non ha nessuno che pensi a lei, né padre, né madre, né altri. Vive facendo questo lavoro di merda. Ha ormai trentacinque anni ed è ancora zitella. E se non si ammazza prima, arriverà ad ottant’anni ancora così.

FIORAIA : (con voce ormai rotta dal pianto) Chi è lei?... Lei… lei è un mostro, un demonio…

UOMO : No. Sono soltanto bene informato.

FIORAIA : (sempre piangendo) Si può sapere… perché mi tratta così?... Cosa le ho fatto?... Non capisco…

UOMO : Sì, sì, lo so che non capisce. Tra le altre cose, lei è anche idiota.

FIORAIA : (distrutta, con un filo di voce) Perché… mi parla così… che cosa le ho fatto?

UOMO : Perché le voglio essere utile. Lei deve ammettere che tutto ciò che ho detto è vero. Sta vivendo in modo squallido. Senza obbiettivi, mete, né possibilità. Che cosa vive a fare?... Molta gente, come lei, si ostina a portare avanti una vita che diventa ogni giorno più pesante e malinconica. Ma perché non si ammazza?... Con un gesto riscatterebbe tutta una vita!

FIORAIA : (allibita) Lei è pazzo… è pazzo!

UOMO : Non sono pazzo, mi creda. Ora le chiarisco il mio pensiero e capirà. (Prende una sedia e con molta calma fa accomodare la donna, che gli ubbidisce, senza contestare.) Esiste molta gente come lei, ad esempio, che non ha nessun motivo particolare per vivere. Intendo dire, che non ha interessi nella vita, né possedimenti, né attività, né persone che giustifichino il suo attaccamento terreno. Nessuno la conosce né la stima, perché non ha fatto e non farà mai nulla di esemplare. Vive per inerzia, ubbidendo semplicemente ad un istinto di conservazione e basta. Naturalmente, dopo anni di vita simile, muore sconosciuta, nell’indifferenza di tutti. Se invece, ad un certo punto, decidesse di farla finita con un bel suicidio, di quelli che fanno parlare le persone, la televisione, i giornali, tutti insomma. Diventerebbe improvvisamente importante. Tutti si prenderebbero a cuore il suo caso. Tutti la compiangerebbero e avrebbero pietà di lei. In poche parole, farebbe successo, riscattando una vita incolore. (Fa un inchino al pubblico, come per attirare un applauso.)

FIORAIA : (completamente stravolta dal delirante discorso dell’uomo) Cosa importa se muoio?

UOMO : E a chi importa se vive?

FIORAIA : Ma io vivo!

UOMO : Per questi fiori? (Comincia a devastarle i fiori.)

FIORAIA : (alzandosi di scatto dalla sedia, urla disperata) Ma cosa fa?! Stia fermo! Aiuto! Aiuto!... (Cerca di salvare i suoi fiori dalla furia devastatrice dell’uomo, ma invano.)

UOMO : (dopo aver distrutto e sparso i fiori ovunque.) Ecco fatto. (Pulendosi le mani con un fazzoletto) mi dica, ora, perché dovrebbe continuare a vivere.

FIORAIA : (distrutta, cerca di recuperare qualche fiore.) I miei fiori!... I miei fiori… (piangendo) sono rovinata!... Sono rovinata…

UOMO : (cerca di consolarla, prendendola per le spalle.) Su, su, non se la prenda così… non si sente più libera adesso?

FIORAIA : (ritrovando per un attimo lucidità e coraggio) Io… io la denuncio!... La denuncio!

UOMO : Invece di ringraziarmi?!... Ora non ha più impedimenti per uccidersi. Non capisce che quei fiori erano le sue catene?... Non esiti a raggiungere il successo, si sbrighi! Si butti nel fiume ora che è disperata! Poi non troverà più il coraggio!

FIORAIA : (continuando a guardare i fiori ridotti a pezzi, crolla in un pianto disperato.) Mio Dio! Mio Dio!... I miei fiori!...

UOMO : (spingendola verso l’uscita, dove dovrebbe trovarsi un ipotetico fiume.) Si sbrighi! Si sbrighi!... Lasci perdere quei fiori, sono morti!... Vada, corra verso il fiume!... Il successo l’aspetta! (la fioraia inebetita dalla disperazione e plagiata dalle parole di lui, si lascia spingere ed esce di scena. Lui continua, in scena, anche a distanza, a guidare i movimenti della donna.) Brava, brava, così… ora monti sull’argine… brava… non esiti!... Chiuda gli occhi… brava, così… un lungo respiro… non esiti!... Ecco, brava… pronta?... (Urlando) Si butti giù! (Fuori scena si ode un urlo, poi un tuffo. Breve silenzio.) Uffa, che fatica!... Anche questa è andata. Ogni volta è più difficile!... Ora, una telefonata e archiviamo anche questo caso. (Si siede sulla sedia dove prima si era seduta la fioraia, prende il telefonino dalla tasca della giacca e forma un numero.) Pronto? Parlo con il Comune?... Mi può passare il sindaco, per favore? Sono dell’agenzia di pompe funebri. (Rispondendo ad una domanda dell’interlocutore) sì, certo, siamo noi, i soliti. Sì, sì… aspetto. Grazie. (Dopo una breve pausa.) Buongiorno, signor sindaco! Come sta?... Bene, bene. Vengo subito al dunque. So che si è verificato poco fa un caso di suicidio… sì, una povera fioraia stanca di un’esistenza inutile… cosa vuole, purtroppo al giorno d’oggi con questa depressione è sempre 
più frequente. Le sto telefonando perché ho saputo che la povera donna non aveva nessuno che si occupasse di lei. (Pausa. L’altro dice qualcosa.) No, no, glielo assicuro. Siamo sempre molto informati, lei lo sa, signor sindaco. Dovendo provvedere il Comune ai suoi funerali… eh, già, è la prassi… abbiamo pensato che potesse essere ancora utile la nostra collaborazione. (Ascolta per un attimo l’altro.) Certo, certo, solerti ed economici come sempre. Grazie, grazie della fiducia, signor sindaco. Ci vediamo presto… come in che senso?... No, no, dicevo così per dire. Arrivederci. Nel senso migliore del termine, naturalmente. Buon lavoro… grazie… grazie. (Interrompe la telefonata e si rimette il telefonino in tasca. Poi si alza dalla sedia e si rivolge al pubblico.) Fare i becchini è sempre più difficile! I cliente bisogna procurarseli da soli!... Una volta c’erano le guerre che fornivano il materiale, ma oggi niente. Succede tutto all’estero. Importazione zero. Sì, c’è un po’ di prodotto interno… cose da poco… un morto ammazzato ogni tanto… qualche incidente… qualche drogato per strada… poca roba. (Estrae dalla tasca un’agendina.) Vediamo ora a chi tocca… vediamo… vediamo… (leggendo le pagine dell’agendina) ah ecco!... Lazzaro De Fallitis. (Pensando) De Fallitis… De Fallitis… questo è un cognome abbastanza comune. Deve essere quel tipo che ha già tentato il suicidio tre volte. Sono sempre riusciti a salvarlo. Ah, sì, adesso ricordo, il disoccupato!... Meno male, un caso abbastanza facile!... Non ci vorrà molto a convincerlo. Sempre che qualcuno non intervenga anche questa volta a salvarlo. Proseguiamo, va, al lavoro!... (Uscendo di scena) dunque, questo tipo abita in via… (Buio.)




SCENA SETTIMA


Torna la luce sull’Attore-autore, che nel frattempo si è cambiato di costume, e sull’Ispirazione. La posizione è la solita: lui al tavolo che scrive, lei accanto.


ISPIRAZIONE : Ci siamo andati un po’ pesanti, non credi?

ATTORE-AUT: : Umorismo nero. Di solito funziona.

ISPIRAZIONE : Già. Chissà perché alla gente piace tanto ridere sulla rappresentazione delle sventure?

ATTORE-AUT. : Perché pensa che le sventure siano sempre un problema degli altri.

ISPIRAZIONE : La commedia diventa dramma!

ATTORE-AUT: : Non è forse questo il teatro?... Il riso non è figlio del pianto e viceversa?

ISPIRAZIONE : (ironica) Ma allora vuoi anche filosofeggiare!

ATTORE-AUT. : No, faccio solo alcune considerazioni. E adesso?

ISPIRAZIONE : Adesso ci prendiamo una piccola pausa. Come ogni testo che si rispetti, è previsto un intervallo.

ATTORE-AUT: : (galvanizzato) Cosa scriveremo nella seconda parte?

ISPIRAZIONE : Ho ancora tante idee… e tu tante cose da dire.

ATTORE-AUT. : (sconsolato) le ascolterà mai nessuno?

ISPIRAZIONE : Che l’importa!... Intanto diamogli vita. Poi… chissà… (Prende due bicchieri, la bottiglia abbandonata in precedenza da lui e riempie i due bicchieri, offrendogliene uno.) Brindiamo?

ATTORE-AUT. : (prende il bicchiere e lo solleva) Alla nostra creatura?

ISPIRAZIONE : (alzando il bicchiere a sua volta) Alla nostra creatura!

Incrociano i bicchieri e bevono. (Buio.)






FINE DEL PRIMO ATTO


S E C O N D O A T T O



SCENA OTTAVA


La scena si riapre sul regista Federico che sta osservando, sempre seduto sulla sedia da regista, una prova del suo show, più precisamente un dialogo tra un uomo ed una donna, seduti l’uno di fronte all’altra. Sono due attori che interpretano i personaggi di un marito e di una moglie.


MOGLIE : Se ti ho tradito con un uomo più giovane è perché volevo provare delle sensazioni che con te non provo più.

MARITO : Certo. Perché un matrimonio, secondo te, è fatto di sensazioni, di emozioni epidermiche, di impulsi, non di stabilità, di vero amore, di affetto, se preferisci… di maturità. Ecco, sì di maturità. Questa è ciò che veramente ti manca: la maturità.

MOGLIE : E basta con questa maturità!... Mi hai esasperato con la tua maturità!... Tu confondi la maturità con la noia, la routine, l’appiattimento, il grigiore di una vita sempre uguale. Questa non si chiama maturità ma sepoltura!... Sei noioso!... Sei morto!

MARITO : Eh già, perché per te vivere vuol dire comportarsi come una sedicenne cretina. Innamorarsi del primo coglione con un paio di muscoli che incontri e che gioca a fare il trasgressivo con le donne sposate. Una madre di famiglia che si mette a fare la seduttrice, solo perché non riesce ad accettare ancora le rughe sulla faccia e il seno sulla pancia. Se io sono noioso, tu sei patetica!

MOGLIE : (fuori di sé) Mummia!

MARITO : (anche lui fuori di sé) Lolita con la cellulite!... Cellolita!

MOGLIE : (furiosa) Invertebrato!

MARITO : (senza più controllo) Mignotta!

FEDERICO : (si alza di scatto, interrompendo la prova) Stop! Stop!... Ma non potete passare così velocemente alle offese!... Non siete credibili.

ATTRICE : Ma… la situazione mi sembrava già incandescente…

ATTORE : Il ritmo del dialogo ci sembrava già buono…


FEDERICO : Ecco, lo vedete?!... Parlate come due attori. La situazione, il ritmo… queste sono caratteristiche da teatro non da reality show.

ATTORE : Ma noi siamo degli attori.

FEDERICO : Lo so. Ma dovete sembrare due persone normali, comuni. Come quelle che s’incontrano tutti i giorni uscendo di casa. I vicini della porta accanto, insomma. Che sembrano innocui, inoffensivi. Monotoni, se vogliamo. Ma che poi davanti alle telecamere si scatenano, tirando fuori la loro anima nera. E’ questo che interessa veramente alla gente: vedere delle persone uguali a tante altre, in cui tutti si riconoscono, vivere davanti alle telecamere un momento esaltante, fatto di mediocrità, di squallore, di degradazione, che improvvisamente assume valore solo perché è in televisione.

ATTRICE : (timidamente) E’ ciò che abbiamo cercato di fare…

FEDERICO : Solo a parole. Perché si vede da lontano un miglio che siete due attori. Troppo studiati, calcolati… tecnici. Così se ne accorge anche il pubblico e siamo fritti. Siete finti!

ATTORE : (scocciato) Ma per forza siamo finti!... Dobbiamo seguire un copione imbecille!... Che pretende la realtà da situazioni ripetitive e ipersfruttate, che non hanno un minimo di originalità, ma pretendono di essere credibili. Per questo siamo arrivati subito alle offese. Tutto il resto è indicibile.

FEDERICO : Eccone un altro con il culto dell’originalità!... (Alzando la voce) lo volete capire o no che qui non vogliamo essere originali?!... Se vi chiedo di spacciarvi per marito cornuto e per moglie cornificatrice fatelo e basta!... Non dovete recitare una parte, ma sembrare due persone vere!... Ce la fate ad essere, eccezionalmente, due persone vere?

ATTORE : (anche lui alzando la voce) Se crede che due persone vere riescano a svolgere meglio il suo compitino realista, perché non se le cerca per strada anziché nelle agenzie per attori? (Rivolgendosi poi all’attrice) Io me ne vado, tu fa come vuoi. (Se ne va nervosamente.)

FEDERICO : (urlando in direzione dell’uscita) Accademico!


Il regista riprende il suo posto sulla sedia, visibilmente alterato. La donna rimane al suo posto, molto imbarazzata. Dopo un breve silenzio, cerca di riprendere l’attenzione del regista.


ATTRICE : Mi scusi, maestro… ma io cosa dovrei fare?...


FEDERICO : (riprendendosi lentamente dall’arrabbiatura) Come?... Lei è ancora qui?

ATTRICE : Mah… io veramente… preferirei continuare…

FEDERICO : Senza marito?... Mi faccia almeno cercare un altro attore.

ATTRICE : Nell’attesa… potrei farle sentire quella canzone di cui le avevo parlato…

FEDERICO : (sorpreso) Perché?... Lei sa anche cantare?

ATTRICE : Bé… Forse lei non se lo ricorda… Ma al provino, io mi sono presentata come cantante… poi, lei, non so per quale motivo, ha deciso di farmi fare la finta moglie nel numero reality del suo show…

FEDERICO : (un po’ a disagio) Ah sì?... Boh… forse mi sono confuso con un’altra… ne ho viste tante di persone in quel provino. (Colto da un pensiero improvviso) mi scusi, ma da chi è stata raccomandata lei?

ATTRICE : (titubante) Dal… dottor Finzi.

FEDERICO : Ah già… Il sottosegretario dell’onorevole Guidi.

ATTRICE : No. Veramente… il dottor Finzi è il sottosegretario dell’onorevole Spadi…

FEDERICO : Spadi?... (Sorpreso) ne è sicura? (Lei annuisce.) Ecco perché ho sbagliato, ho confuso le raccomandazioni! (Preoccupato, tra sé) Oddio!... E la raccomandata dell’onorevole Guidi dove l’ho mandata a cantare?!... (Guardandola un po’ perplesso) e perché non me l’ha detto subito che lei non è un’attrice ma una cantante?

ATTRICE : Trattandosi di un reality pensavo di cavarmela…

FEDERICO : (non molto convinto) Certo, certo, va bene… visto che è qui… mi faccia sentire questa canzone…

ATTRICE : (contentissima) Grazie, maestro. (rivolgendosi ad un ipotetico tecnico del suono non visibile) per favore, la base della canzone “Gratitudine”.

FEDERICO : (sorpreso) Ah, vedo che si era già organizzata!

ATTRICE : (sorridendo) Bè… non bisogna mai farsi trovare impreparati nelle occasioni giuste. (Rivolgendosi sempre all’invisibile tecnico del suono) Prego.

Parte la base della canzone “Gratitudine” e la donna comincia a cantare. Nel testo della canzone si mette in evidenza particolarmente, in modo ironico, come fare per ingraziarsi l’aiuto dei potenti e fare carriera. Finita la canzone interviene Federico.
FEDERICO : Bella. Bella ed educativa.

ATTRICE : (soddisfatta) Le è piaciuta davvero, maestro?

FEDERICO : Certo. Scommetto che le parole le ha scritte lei.

ATTRICE : Non proprio. Io ho dato alcune indicazioni tratte dalle mie esperienze… un mio amico musicista ha poi scritto la canzone.

FEDERICO : Bravo. Bravo anche l’amico musicista.

ATTRICE : Allora… posso contare su di lei per una mia… diciamo… maggiore valorizzazione?

FEDERICO : Certo, certo. Noi qui valorizziamo tutte le persone come lei. Stia tranquilla.

ATTRICE : (visibilmente contenta) Grazie, grazie di cuore, maestro. Allora… ci rivedremo presto…

FEDERICO : (distrattamente) Sì, sì, presto, molto presto. Arrivederci.


La donna esce saltando dalla gioia. Federico, colto da un pensiero, prende il suo cellulare e forma un numero. Entra in scena l’Attore-autore, dalla parte opposta rispetto all’altro personaggio. Risponde alla telefonata dal suo telefono. I due, come nella telefonata precedente, sono distanti e illuminati diversamente.


ATTORE-AUT. : Pronto?

FEDERICO : Ciao, sono io. Scusa se prima sono stato un po’ brusco con te. Ma andavo proprio di fretta. Sai, le prove..

ATTORE-AUT. : E mi hai chiamato solo per scusarti?... Non è da te.

FEDERICO : (a disagio) No… che c’entra… questa è la prime ragione…

ATTORE-AUT. : (molto diretto) E la seconda?... T’ informo che il testo che mi avevi chiesto l’ho distrutto, finale compreso.

FEDERICO : No… non ti preoccupare… non ti telefono per questo. Ho avuto un’altra idea… forse anche più congeniale alle tue capacità.

ATTORE-AUT. : (sempre con antipatica ironia) Caspita! Allora dev’essere proprio un colpo di genio!

FEDERICO : (fingendo d’ignorare l’ironia dell’altro) Non proprio. Non ha l’originalità che desideri tu, ma…

ATTORE-AUT. : … Ma alla gente piacerà. Non è così?

FEDERICO : (un po’ stizzito) Si tratta di un numero reality da inserire nel mio show. Una lite tra un marito ed una moglie per una questione di corna. Mi serve un attore capace di fingere di non essere un attore. Uno vero, insomma. Talmente bravo a recitare, cioè, da sembrare una persona comune.

ATTORE-AUT. : Una truffa, in poche parole.

FEDERICO : (perdendo la pazienza) Ma cosa credi che tutti gli altri programmi pseudoreali siano fatti sul serio con persone vere?... E tutto ciò che succede, pensi che sia veramente casuale?... Alla gente piace crederlo e noi gli regaliamo questa illusione.

ATTORE-AUT. : (sempre più diretto) Dimmi una cosa sola. Questa volta però sforzati con tutte le tue forze di essere sincero al massimo. Lo so che per te ormai è diventato quasi impossibile. Ma te lo chiedo solo in nome della nostra vecchia amicizia. Hai pensato subito a me?... Sono veramente io la tua prima scelta o soltanto un ripiego?

FEDERICO : (molto imbarazzato) Ma no… che c’entra… avevo in mente una rosa di attori, tra cui te…

ATTORE-AUT. : (duro) Sono una sostituzione per un’emergenza, vero?... (Passano alcuni secondi e l’altro non risponde. Insistendo) sono un’emergenza? (L’alto, sempre più a disagio, continua a non rispondere.) Va bene, ho capito. Buona serata, Federico, e… in bocca al lupo per la tua trasmissione. (Interrompe la telefonata.)

La luce su Federico si spegne, mentre lui esce di scena sconsolato.




SCENA NONA


L’Attore-autore riprende il suo posto al tavolo. Rientra in scena l’Ispirazione.

ISPIRAZIONE : (rientrando) Hai deciso di trattare male tutti stasera?

ATTORE-AUT : No. Solo i boriosi e i falsi.

ISPIRAZIONE : Quel povero allievo che è venuto a chiederti aiuto prima, non era né un borioso né un falso e tu l’hai massacrato.


ATTORE-AUT. : Può darsi, invece, che io l’abbia aiutato lo stesso. L’ho scoraggiato solo per disilluderlo. Così, non perderà più tempo con studi e provini, ma concentrerà i suoi sforzi alla ricerca delle amicizie giuste.

ISPIRAZIONE : Così potrebbe rischiare di diventare uno dei tanti comicaroli televisivi, vuoti e grossolani.

ATTORE-AUT. : E allora? Non è questa la tendenza?... Non è questo che piace alla gente, come direbbe Federico?

ISPIRAZIONE : Fare il distruttivo non ti porta in nessuna direzione. O almeno, io non sono qui per questo.

ATTORE-AUT. : (prendendo penna e fogli) Vogliamo continuare il nostro lavoro, allora?

ISPIRAZIONE : Bravo, così mi piaci. A questo punto direi di non scherzare più. E’ necessario un momento lirico.

ATTORE-AUT. : Necessario?

ISPIRAZIONE : Non vorrai mica scrivere un testo eccessivamente pungente?!... La poesia è il sale della vita, e il teatro rappresenta la vita. Questo è ciò che pensi, no?

ATTORE-AUT. : (sorridendo) Ormai ho capito che quando parli così, hai già pronto qualcos’altro.

ISPIRAZIONE : (stuzzicandolo) Può darsi…

ATTORE-AUT. : Su, parla, cos’è?

ISPIRAZIONE : Una lettera a te stesso.

ATTORE-AUT. : (divertito) Adesso mi scrivo anche da solo? 

ISPIRAZIONE : Perché no?... Non ti piace il simbolismo?

ATTORE-AUT. : (scherzando) Devo mettere anche il mio indirizzo?

ISPIRAZIONE : Non serve. Esce dal tuo cuore ed entra in quello di una donna.

ATTORE-AUT. : Allora… è una lettera d’amore?

ISPIRAZIONE : Non ti va di parlare d’amore?

ATTORE-AUT. : Mi fa sempre un certo effetto.

ISPIRAZIONE : (suadente) Abbandonati dunque e… seguimi. 


SCENA DECIMA


A differenza delle altre volte, L’Attore-autore non si sposta, ma rimane fermo, seduto al tavolo a scrivere e contemporaneamente a recitare ciò che scrive (praticamente una lettera-monologo), con L’Ispirazione seduta al suo fianco. Avviene solo un cambio di luce.


Caro me stesso,
ho riflettuto a lungo prima di scriverti, perché essendo l’altra parte di me stesso ti conosco bene, come tu del resto conosci bene me, e perciò so che potresti reagire in modo impulsivo e mandarmi al diavolo, come hai fatto spesso. Ma so anche che quando ti sforzi di capirmi, diventi più tenero, più mansueto, allora risulta più facile trovare un accordo e diventa anche più semplice convivere. Ma, purtroppo, succede ancora raramente. Ad ogni modo ci voglio provare, perché devi sapere che questa volta è successo qualcosa di speciale e non puoi più fare finta di niente, come spesso hai fatto in passato. Se tu riuscissi finalmente ad ascoltarmi e, soprattutto, a capirmi, può darsi che finalmente, una buona volta per tutte, riusciremo a trovare la nostra difficile conciliazione. (Pausa).
Caro me stesso, ho fatto un sogno e te lo voglio raccontare. Mi trovavo in un grande prato, con tanti alberi, bellissimo. Il terreno era pieno di foglie. Foglie gialle, rosse, marroni. Foglie cadute dagli alberi, sicuramente in autunno. Il sole era autunnale. La luce chiara, l’aria tiepida. Tutto contribuiva a rendere l’atmosfera dolce, serena, rilassante. Con me c’era una donna. La mia donna. Colei che amo. E questa presenza rendeva tutto più fantastico, magico, irreale. Lei mi sorrideva, dolce e calda, in perfetta simbiosi con me e con l’aria che respiravamo. Un raggio di sole attraversava i suoi capelli illuminandoli e dando loro un colore simile a quello delle foglie, tanto da sembrare in perfetta comunione con l’immagine del paesaggio. Mi ascoltava attenta, quasi rapita, mentre io le mostravo alcune foglie che avevo appena raccolto. Mi preoccupavo che lei imparasse a distinguere quelle che andavano raccolte, da quelle che invece andavano lasciate sul prato. Non so perché io facessi questo, ma lei mi ascoltava con molta attenzione convinta che ciò che le dicevo fosse molto importante. Ma in quel momento non era rilevante quello che stava succedendo. D’altronde si trattava di un sogno, e anche tu sai che nei sogni non è tutto comprensibile. L’importante, però, era quell’atmosfera di pace e di serenità, quel sapore di antiche sensazioni già vissute. Quella nostalgia tipica dei ricordi cari, che io stavo vivendo, felice, insieme alla mia donna. Il resto del mondo mi sembrava lontano, quasi inesistente, e non m’interessava più niente, se non ciò che stavo provando e vivendo in quel momento. Tutto era bellezza: i colori della natura, la forma degli alberi, il chiarore del cielo. E poi gli occhi vivaci e sorridenti di lei, quel suo sguardo, le bianche mani che stringevano con delicatezza le foglie che le consegnavo, con l’attenzione di chi ha paura di rovinare qualcosa di molto delicato, di prezioso. Ecco, sì, è questo che volevo farti capire: tutto mi sembrava molto prezioso. Qualcosa che non avrei voluto assolutamente perdere. Neanche per un solo istante. (Pausa). Ed è a questo punto che ho pensato a te. L’altra parte di me stesso. Colui che spesso mi ha fatto paura e che sovente non ho saputo controllare, frenare come avrei dovuto, per non causare il mio male o quello di qualcun altro. Ora non ti temo più. Non sono sicuro di averti preso completamente le misure. Forse non ci riuscirò mai. Però, sono sicuro di essere più forte di te, oppure, può darsi che ti sia indebolito tu. Sta di fatto che comunque, ora, mi considero superiore a te e perciò, da superiore, sento di poterti confessare le mie sicurezze. Delle insicurezze non te ne parlo, 
perché ne sai molto più di me. Ti assicuro soltanto che, da superiore, non ti permetterò più di crearti delle priorità sbagliate, di dare importanza a ciò che non dovrebbe averne e di trascurare ciò che merita più attenzione. Quante ingiustizie hai commesso! Quante parole non hai detto, che avresti dovuto dire, e quante invece avresti dovuto risparmiarti. La nostra vita è stata piena di frasi inespresse, di gesti che non mi hai permesso di fare. Di gesti che non sono riuscito ad impedirti. Sarebbe bastato un passo avanti o uno indietro e tutto sarebbe stato diverso. Invece quante volte, prevalendo su di me, forte della tua arroganza, ti trovavi nel posto sbagliato o in quello giusto arrivavi quando ormai era troppo tardi. Quanti tempi hai sbagliato!... Quanto tempo hai sprecato!... Quante occasioni hai perduto!... Hai dato troppo a chi non ti dava niente e poi, ferito, arrabbiato, pretendevi tutto da chi già ti dava molto. Eh sì… è stato duro lottare con la tua impulsività, il tuo orgoglio, i tuoi silenzi, credimi. Spesso hai cercato di annientarmi, perché la mia voce ti dava fastidio. E avresti voluto ignorarmi. Ma poi, alla fine, sempre, fortunatamente, riuscivo a liberarmi dal bavaglio che mi avevi imposto sulla bocca, ad uscire dall’angolo in cui mi avevi costretto e riuscivo a parlare al tuo cuore. Al nostro cuore. Puntualmente tornavamo ad abbracciarci e finalmente una mesta malinconia s’impadroniva di noi. E allora insieme avremmo voluto tornare indietro , rifare tutto, rivivere certi momenti, ritrovare alcune persone nello stesso posto. Se avessimo potuto farlo, avremmo riempito di toppe la nostra vita. La divisione tra noi è sempre stato il nostro problema più grande. Se ora potessimo voltarci indietro e guardare insieme, quante cose mi piacerebbe farti rivedere. Potrei dire finalmente le parole che non mi hai mai permesso di dire. Sono sicuro che riuscirei a vincere la tua ostinazione e la mia forza vincerebbe la tua debolezza. Ora sì che mi staresti ad ascoltare. Ma, purtroppo, la vita quasi mai offre le stesse possibilità. (Pausa). Perciò, caro me stesso, adesso vorrei che anche tu entrassi nel mio sogno e camminassi con passo sicuro in quel prato pieno di foglie cadute e respirassi l’aria limpida, ascoltando allegro il fruscio dei tuoi passi. Libero, sereno, come me. E poi ti farei incontrare la mia donna. Il mio amore. Ti farei conoscere il suo sorriso, ascoltare la sua voce, assaporare la delicatezza delle sue labbra. La dolcezza del suo cuore. Sono certo che neanche tu avresti il coraggio di trattarla male. Mi chiederesti, invece, di proteggerla da te, di amarla, di fare di tutto per non perderla. Di non deluderla mai e di metterla sempre davanti a tutto. Di avere molta cura, insomma, di questo amore. Infine, sconvolgente se detto da te… le chiederesti d’invecchiare insieme a te. Lei, allora, ti mostrerebbe le foglie che io le ho scelto e t’insegnerebbe a distinguerle, come le ho insegnato io. Tu l’ascolteresti con la stessa attenzione con cui lei ha ascoltato me. E il suo amore saprebbe farti capire molte cose. Io, intanto, vi guarderei sereno, seduto in terra, in mezzo a tutte quelle foglie, e mi godrei, felice, la dolce pace della nostra riconciliazione. Mentre il mondo continuerebbe a girare intorno al nostro prato e, forse, nemmeno si accorgerebbe di noi. Me questo, in fondo, non ci dispiacerebbe affatto. (Pausa).
Caro me stesso, ora che ti ho confidato il mio sogno, spero che tu ne tenga conto e possa aiutarmi a realizzarlo. Siamo nati insieme, abbiamo vissuto tutta la vita insieme e… dovremo continuare a viverla insieme, nel bene e nel male. Perciò, nonostante tutto, ti voglio bene. E te ne vorrò sempre e comunque.







SCENA UNDICESIMA


Cambio luce. L’Attore-autore appoggia il foglio della lettera appena scritta sul tavolo e raggiunge il centro del palcoscenico. Entra un mimo vestito di nero e con la maschera bianca. Rappresenta l’Amore e mimerà simbolicamente, supportato da un sottofondo musicale, tutti i tipi d’amore nominati dall’Attore-autore.


ATTORE-AUT. : Amore, amore, amore. Quanti amori esistono. E quanti tipi di amore: (Il mimo inizia a mimare, cambiando ad ogni cambio di “amore”.) Amore corrisposto, rifiutato, passionale, tormentato, possessivo, esplosivo, mite, cocente, fecondo, cerebrale, spirituale, maniacale, carnale, visivo, olfattivo, sano, malato, impulsivo, riflessivo, nevrotico, movimentato, immobile, vivace, monotono, impetuoso, irriverente, geloso, aperto, sadico, masochista, generoso, avaro, calcolatore, agitato, tranquillo, lento, veloce, cinico, gentile, rude, delicato, pratico, superficiale, interessato, romantico.

Dopo l’ultimo amore nominato ed impersonato dal mimo, quello romantico, entrano dei personaggi con altre maschere bianche che fanno un balletto sul tema dell’amore, ballando su un motivo musicale romantico . Alla fine buio.




SCENA DODICESIMA


La luce si riaccende di nuovo sull’Attore-autore, che nel frattempo è tornato al tavolo, rimanendo in piedi, e l’Ispirazione, vicina a lui. Riprende il loro dialogo.


ISPIRAZIONE : Hai visto… A parlare d’amore si diventa sinceri e romantici.

ATTORE-AUT. : Vuoi dire che è la mancanza d’amore a rendere il mondo cinico e ipocrita?

ISPIRAZIONE : Non lo dico io. L’hai detto tu.

ATTORE-AUT. : (continuando il gioco) Ma sei tu che l’hai ispirato.

ISPIRAZIONE : (divertita dalla sfida dialettica) Io ti ho solo strappato una mezza confessione…

ATTORE-AUT: : (anche lui divertito) E chi ti dice che sono stato sincero?... Sono un attore, non dimenticartelo. Gli attori spesso confondono la loro immaginazione con la realtà.

ISPIRAZIONE : (incuriosita) Intendi dire che finora hai mentito?

ATTORE-AUT. : Abbiamo mentito. Non sei la mia ispirazione?

ISPIRAZIONE : (guardando il pubblico) Allora abbiamo imbrogliato tutti?

ATTORE-AUT. : Il pubblico ha la sua anima. Può giudicare da solo.

ISPIRAZIONE : Come? T’interessa ancora cosa pensa il pubblico?

ATTORE-AUT: . (sorridendo) Non mi lascio trasportare dalla tua provocazione. Sai benissimo che senza pubblico non esisterebbe il teatro. Ma, per favore, adesso fermiamoci. Mi sento stanco, non ce la faccio a continuare. (Sbadiglia) casomai riprendiamo domani.

ISPIRAZIONE : Domani?... Non ci sarà domani.

ATTORE-AUT. : (sorpreso) Vuoi dire che domani non tornerai?

ISPIRAZIONE : (si avvicina a lui e gli fa una carezza sul viso.) Domani non ci saremo più né io né te…

ATTORE-AUT. : (sempre più sorpreso) Non capisco…

ISPIRAZIONE : Stiamo partendo, amico mio… ce ne andiamo per sempre.

ATTORE-AUT: : (spaventato) Ma… allora… sei veramente la morte!...

ISPIRAZIONE : (lo prende delicatamente per le spalle e lo aiuta a sedersi.) No. Non ti ho mentito. Sono proprio la tua ispirazione. Tutto quello che hai scritto esiste veramente. Tutto ciò che abbiamo fatto succedere è accaduto veramente.

ATTORE-AUT. : (seduto) E’ per questo che stasera hai deciso di parlarmi!... E’ la mia ultima sera…

ISPIRAZIONE : Dovevi andartene da artista, come hai sempre cercato di vivere. Potevo abbandonarti proprio io?

ATTORE-AUT. : (triste) Hai avuto pietà di me?

ISPIRAZIONE : (lo accarezza di nuovo dolcemente) No, questa non si chiama pietà. Ti ho riportato la tua libertà. L’avevi un po’ trascurata, non credi?

ATTORE-AUT. : E dovevo proprio morire per riaverla?

ISPIRAZIONE : (sorridendo) La morte è una creatura che si muove per conto suo. Non c’entra con la vita. Viene e se ne va senza considerarci. Appartiene a tutti e a nessuno. Ne siamo consapevoli solo quando riguarda gli altri. Quando si presenta a ciascuno di noi, quasi non la riconosciamo. Anzi, il più delle volte ci sorprende, perché non è mai uguale a sé stessa. L’importante è che la morte, quando arriva, ci trovi vivi.

ATTORE-AUT. : (più tranquillo) E’ questo il tuo regalo?... Volevi che morissi da vivo? (Lei gli sorride e annuisce.) E… dimmi… come morirò?

ISPIRAZIONE : Nel modo più bello: dormendo tra i tuoi sogni. Infarto per eccesso di alcol, diranno. Ma che importanza ha. Adesso, chiudi gli occhi ed abbandonati… ti accompagnerò io. (Lui esegue, seduto con la sedia attaccata al tavolo e con il capo appoggiato su questo, vicino al copione appena scritto, lei intanto continua a parlargli con tono delicato, accarezzandogli la testa.) Spegni la tua mente e vola via. Viaggia verso quel mondo che hai sempre desiderato. Lì troverai tutti i personaggi cha hai amato. I personaggi dei tuoi spettacoli. Li hai amati perché loro hanno sempre parlato alla tua anima. E le anime si capiscono, perché non usano solo le parole. Sarai felice in mezzo a loro, perché, in fondo, anche tu hai cercato di essere un personaggio e… chissà, che non sia anche tu l’invenzione di qualche scrittore…

Comincia a cantare una specie di ninna nanna, un pezzo molto dolce e melodico, che riprende nel testo le stesse cose dette nella battuta precedente. Alla fine della canzone si sente bussare alla porta. E’ l’allievo attore che è tornato a riprendere il suo copione.


ALLIEVO : (parlando da fuori) Permesso?... Sono di nuovo io. Sono venuto a riprendermi il copione… l’ho dimenticato sul tavolo. (Entra e vede l’Attore-autore seduto, con la testa appoggiata sul tavolo. L’Ispirazione gli sta accanto, ma è invisibile per l’allievo.) La porta era aperta così… oh… (abbassando la voce) si è addormentato!...

L’Ispirazione con mossa repentina, unisce velocemente i fogli scritti dall’Attore-autore, formando un copione, poi sostituisce il copione dimenticato dall’allievo sul tavolo, con quello appena formato da lei. L’allievo muovendosi delicatamente per non svegliare l’uomo, prende il copione scambiato senza accorgersene e si allontana lentamente, con passi felpati. L’ispirazione dà un bacio sulla testa dell’Attore-autore, getta in terra il copione dell’allievo e lo segue , uscendo dietro di lui. (Buio.)


FINE