La Deriva

di Maurizio Cardillo

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O Signore Signore proprio a me tutti questi dolori, cos’avrò fatto di male mica l’ho ammazzato io mio padre sarebbe morto anche se fossi stato lì a contargli i maleodoranti respiri giorno e notte. Dio mio qua se non trovo un medico crepo di sicuro.
Giuseppe Berto, Il Male Oscuro

 

 

Prologo

 

1.
Capitano, capitano, non ho più il timone! Ho paura che finiremo alla deriva! Disarma mozzo, disarma.

2.
L’animale era nascosto nel suo putrido angolo e mi ha assalito all’improvviso proprio quando io ero scoperto ero scoperto ero tutto di fuori ha sentito l’odore mi sono sbagliato mi sono messo sottovento e l’animale ha sentito il mio odore.

3.
Guarda che è normale la paura, la paura è buon segno, senza paura sarei finito, solo gli attori mediocri non hanno paura.

4.
Riesci a parlare? Abbiamo chiesto se c’è un medico in sala. Non ti preoccupare, abbiamo detto che hai avuto un malore. Sdraiati. Respira più lentamente. Ci sono tre medici in sala, stanno arrivando. C’è il direttore del teatro. Lo facciamo aspettare. Vedrai che non è un infarto. Ti faccio il numero di tua moglie? Cerca di stare fermo un momento. Chiamate quel cazzo di medico. Fate uscire tutti. Vedrai che non è niente. Cerca di respirare più lento. Ti apro la finestra. Dove cazzo è Sara. Deve dire che non ricominciamo. Ecco bravo, piangi.

 

Fine Prologo

 

 

5.
La volta che il famoso regista mi convocò per un colloquio nel suo teatro moderno e di moda io arrivai naturalmente puntualissimo, poiché una collega mi aveva avvertito della mania del regista per il rispetto degli orari, addirittura un’ossessione a sentire la collega, tanto che una leggerissima ansia mi fece arrivare in anticipo di qualche minuto, sicché nel percorrere gli ultimi passi verso quello che mi appariva come un incontro misterioso, mentre già scorgevo da lontano il campanello che di lì a poco avrei dovuto suonare, io rallentai il passo, dato che non mi sembrava granché bello arrivare prima dell’orario fissato, le 15, e così mi fermai qualche secondo, senza far nulla, in mezzo al marciapiede, con le mani ciondolanti lungo i fianchi, guardando dritto davanti a me, quasi immobile, e fu in quel momento che la segretaria del famosissimo regista mi superò, proveniente dalle mie spalle, trottando leggermente isterica, e con un sorriso esagerato mi disse salve, proseguendo poi verso il portone del teatro modernissimo e all’ultimo grido, e senza più guardarmi estrasse le chiavi da una tasca e aprì la porta, lasciandola socchiusa, sicché io ora ero indeciso sul da farsi, arrivare in anticipo o restare lì fermo, e forse, mi venne fatto di pensare, la cosa giusta da fare era un’altra, ovvero proseguire e non presentarmi affatto all’appuntamento col celebre regista, ma mentre così pensavo la mia mano aveva abbassato la maniglia della porta ed io ero entrato nel teatro alle 14:59 precise.

6.
E fu quel minuto, quel minuto della mia vita regalato al regista dall’aura maledetta che mi rovinò.

7.
La prima volta fu una specie di confusione mentale, un mancamento del cervello, terzo atto, nel buio della quinta io aspetto di rientrare in scena e il mio cervello attraversa il confine, io lascio correre il cervello e lui attraversa il confine del sogno, io mi distraggo e lui scappa, non lo trovo più, si è buttato volontariamente nella confusione. In quinta mentre aspettavo di rientrare in scena, io pensai a mio padre: e ricordo che sorrisi, un sorriso di compassione mi arrivò alle labbra, compassione per me e per lui, io sorridevo di pietà e compassione verso quel padre che aveva cercato di piegarmi e poi si era chinato verso di me per curarmi, per curarmi dalle ferite che lui stesso mi aveva procurato, il padre collerico e violento, il padre degli schiaffi e del sarcasmo che poi divenne il padre grigio e docile della vecchiaia, il padre che chiedeva perdono, e io con la testa lo perdonavo sì ma il cuore non lo perdonava, il cuore parlava ancora al padre orco, pensavo, e siccome chi non perdona fa male a se stesso da qualche parte un male lo dovevo avere, da qualche parte si è nascosto un malanno, pensavo, in quel mondo irreale che è la quinta, dove non si è né attori né persone, in quel mondo di larve dove si sta nascosti, in quel confine dove si è pronti a lasciare se stessi per diventare altro, quel mondo popolato di ombre che si muovono piano e parlano sottovoce, che conduce al patibolo o al cielo aperto il mio cervello scherzò con se stesso immaginando che poco dopo, sul palco, avrebbe visto mio padre nel ruolo del fantasma, il mio cervello giocava con il fantasma del padre divertendosi come un matto, finché come in sogno sento i colleghi sul palco che finiscono la scena, esce la Regina, io mi sveglio, sento la musica, la musica del mio ingresso, ma il mio ingresso per cosa, cosa devo fare? È stato solo un momento, solo un momento. Un attimo di smarrimento. È entrato da quella porta. Per un momento io non ho saputo più cosa dovevo fare, dire, e subito dopo è cominciato.
[In dialogo con sua voce fuori campo] E se mi scordassi tutto? Se non sapessi più cosa dire? Se fossi completamente in balia del vuoto? Stai pensando, attento stai pensando, non devi pensare, se pensi ti può succedere davvero di dimenticare tutto, stai tranquillo, devi solo ascoltare come sai fare tu e poi reagire all’ascolto, non c’è nient’altro, fai un passo alla volta, di’ una frase alla volta e non pensare, lasciati andare, una cosa alla volta, una frase alla volta, non pensare, stai pensando, sto pensando che non devo pensare, smettila, ora devi dire salvatemi! stendetemi sul capo le vostre ali, custodi del cielo! ecco l’ho pensato e siccome l’ho pensato ora lo dimenticherò, ma cosa fai, parla, dì qualcosa, questa pausa è troppo lunga, troppo lunga, di’ qualcosa, qualunque cosa!

8.
Quando dunque la segretaria del famoso regista mi telefonò per dirmi che il signor Ei sarebbe stato lieto di potermi incontrare al più presto, chiedendomi però lei, personalmente e in via del tutto informale se per caso fossi già impegnato per la stagione successiva, io mollai tutto, mi abbandonai completamente al fascino del signor Ei e risposi senza riflettere che sì, avevo in effetti una tournée fissata per l’autunno e l’inverno seguenti, e per la fine della stagione ero già impegnato, come lei poteva ben comprendere, in una nuova produzione, ma che comunque avrei visto con il più grande piacere il signor Ei, anzi se me lo poteva passare un momento, ma la segretaria mi interruppe, affermando, più che chiedendo, domani alle 15 va bene, così disse, domani alle 15 va bene, con un’intonazione per nulla ascendente ma al contrario nettamente discendente, domani alle 15 va bene e non domani alle 15 va bene? al che io, dopo un attimo di esitazione durante il quale pensai per orgoglio di inventarmi un impegno che in realtà non avevo risposi in fretta benissimo, domani alle 15, e dopo averla salutata gentilmente riattaccai la cornetta.

9.
E vidi che il famoso regista aveva davvero un’aura ammaliatrice intorno a sé, mentre gli stringevo la mano mi stupì il suo sorriso e il suo modo di guardarmi, come se vedesse chiaramente il mio futuro, io scommetto che già sapeva che in quel preciso momento iniziava la mia deriva, aveva nello sguardo la stessa dolcezza di mio padre dopo avermi schiaffeggiato, ciao Giuseppe, mi disse, benvenuto, accomodati, ti rubo soltanto pochi minuti.

10.
Anche le fotografie avevano rivelato questo fatto con assoluta chiarezza, io lo sapevo ma per sicurezza ho sistemato quattro attori sulla mia scrivania vuota, per delicatezza non ti dico chi sono gli altri ma puoi star certo che sono i migliori con cui si possa fare teatro oggi in assoluto, li conosci benissimo, ci hai lavorato, ma ovviamente non ho potuto far altro che girare ad una ad una le loro facce finché non sei rimasto che tu e naturalmente io lo sapevo sin dall’inizio che tu sarai il mio Amleto, tu sei l’Amleto che voglio.

11.
E poi il signor Ei disse con un soffio di voce eh no, qui non si tratta di un’offerta di lavoro qualunque, questa non è un’offerta ma una vera e propria chiamata, sono certo che capisci la differenza, qui noi non perdiamo tempo con i morti, noi andiamo direttamente dal fantasma, e tu sarai il fantasma di Amleto, il fantasma di Amleto che dialoga con il padre fantasma, tu sei già quel fantasma anche se ancora non lo sai, Amleto padre è un fantasma e Amleto figlio è un fantasma, noi non facciamo come i morti che fanno finta di fare per davvero, noi facciamo per l’appunto come i fantasmi, che fanno veramente per finta, sono certo che afferri, io non posso assolutamente aspettare neppure un giorno, al massimo qualche ora, diciamo questa sera alle 21.

12.
E poi si spensero le luci di sala alle nove precise io nel buio mi chiesi ci sei o non ci sei chi lo sa lo scopriremo tra un momento sento un grande dolore è la mia mente che si collega al corpo lassù in orbita nello spazio la navicella lentissima della mia mente si aggancia alla stazione spaziale l’aggancio riesce ora sono Messi che segna ed esulta sono la faccia che diventa rossa sono il sudore sono lo sperma, insomma sono qualcosa che scalcia e che esce, che esce da me fregandosene di me, così le parole fluiscono e il mio corpo si muove, salve siamo qua, mi dicono le parole e il corpo, ci lasci stare con lei per un po’, sta succedendo ora signore e lei signore non deve fare nulla, pensiamo a tutto noi, lei non lo sa ma in questo momento lei è Cristo che guarisce gli storpi, lei è una freccia intelligente e tranquilla dritta al centro del bersaglio, desidera altri esempi? no vero? ha capito no? non faccia niente e andrà tutto bene, proprio niente, come un fantasma, li sente vero questi applausi? grazie, noi dobbiamo andare, a domani.

13.
E invece io ebbi paura di quel niente. Io vile codardo malato disgraziato me ne andavo a spasso con un orco sulle spalle senza saperlo e quell’orco un giorno mi sussurrò nell’orecchio andiamo a vedere, andiamo a vedere che cosa c’è davvero sotto quel niente, va bene lasciarsi andare ma stai attento non fidarti stai in guardia il mondo è cattivo e tu sei piccolo sei debole è meglio controllare, e se poi sotto c’è qualcosa? e io andai a scoprire il mio niente, scostai il velo e quello si ammaccò lui sì che era delicato si stropicciò si macchiò e da quel momento non fu più il niente, fu il quasi niente, e il quasi niente è spaventoso, io ero sul trapezio e volteggiavo sul pavimento nudo e si capisce che avevo paura di cadere. I colleghi in scena parlavano ma io ero sordo, non sentivo più, non sapevo più ascoltare. Io ero l’unico attore parlante in un film muto, un incubo pieno di gente che parla in silenzio e fa gesti che io non capisco.

14.
Se lei mi guarda così io mi spavento ancora di più, cos’ha da guardarmi così, cosa c’è da capire, glielo dico io, non sono ipertiroideo, non sono epilettico, non mi sono fatto di coca, non sono in astinenza da barbiturici o alcol, ho un attacco di panico, lo vuole capire, soffro di disturbo di panico, che vuol dire come faccio a saperlo, lo so, mi dia qualcosa per farmi stare meglio subito, mi dia le benzodiazepine, mi faccia una flebo di Valium o di Tavor, dalla prossima volta adesso che l’ho capito me li porterò sempre dietro, e poi naturalmente sì, prenderò anche gli antidepressivi ma intanto lei mi rassicuri, mi dica che non sto correndo nessun rischio mortale, mi faccia sentire che è in grado di contenere la mia sofferenza, perché io soffro, mio padre era geloso di me, mi amava ma aveva paura che io gli volessi portare via mia madre cosa che tra l’altro era pure vera e quindi mi odiava e in più era fissato con l’ordine e la disciplina e adesso mi è capitato il regista pure lui fissato con l’ordine e la disciplina, devo andare da uno psichiatra vero? o va bene anche uno psicologo? cognitivo comportamentale va bene? mi scusi, mio padre però era pazzo perché era anche contro l’ordine e la disciplina, quando avevo 14 anni mi portava ai gruppi di autocoscienza di antipsichiatria ovvero riunioni di disagiati mentali come sono io adesso che dicevano che la colpa dei loro disturbi era degli psichiatri fascisti e forse avevano ragione mio padre però era avvocato non psichiatra, lei non è uno psichiatra vero? mi scusi, lui era fissato col sesso e anch’io lo sono mi scusi, però era anche molto simpatico per esempio una volta entrammo tutta la famiglia in una trattoria mamma papà e quattro figli tutti miopi e tutti con gli occhiali e ad un tavolo un tipo disse forte a sua moglie è arrivata la famiglia Quattrocchi e allora mio padre disse forte a mia madre guarda Eugenia c’è la famiglia degli Stronzi e il tipo si alzò e fecero a botte, secondo me lei mi inventa delle storie e io sto morendo veramente, ho le palpitazioni, perché non mi fa un elettrocardiogramma? Ho il cuore in gola, ho le palpitazioni, ho delle fitte terribili al cuore, sto morendo, non respiro, soffoco, non ho più saliva, dov’è la mia saliva, mi serve per lavorare! ha capito com’era mio padre? da bambino io gli dicevo per esempio oggi vado a giocare dal mio nuovo amico, Germano, e lui diceva Germano è un nome da fessi è meglio che non ci vai, e io ci rimanevo male, molto male, noi siamo siciliani e lei? mi scusi, in viaggio lui diceva a mia madre siamo arrivati a un bivio, Eugenia, non so più dove dobbiamo andare, secondo te da che parte è la strada, a destra o a sinistra? a destra diceva mia madre e lui andava a sinistra dicendo meno male che c’è la mamma che ci dice la strada, però era anche un bambino e quando in macchina passavamo sopra il Po lui diceva sempre Signori il Po! come un presentatore, lui andava matto per i cartelli segnaletici delle regioni, una volta siamo andati a mangiare in un ristorante che era proprio sul confine tra Toscana ed Emilia-Romagna e c’erano i cartelli e lui ha passato mezz’ora a saltare da una parte all’altra dicendo ora sono in Toscana e ora sono in Emilia-Romagna, ora sono in Emilia-Romagna e ora sono in Toscana e poi quando mia madre cucinava male lui tirava la tovaglia con tutti i piatti sopra, ha capito com’era mio padre? Le è piaciuto l’Amleto fino a qui? È normale parlare così tanto?

15.
Il regista stava nascosto per ore nel gabbiotto dei tecnici con i vetri oscurati senza dire quasi mai una parola, spesso addirittura non si faceva vedere per nulla, io suonavo il campanello del teatro, la segretaria mi apriva e mi accompagnava sul palcoscenico, diceva prego e chiudeva la porta, ed io entravo nella scena deserta e sapevo che dovevo iniziare a dire tutti i monologhi di Amleto nella giusta successione dall’inizio alla fine, senza interruzione, così come mi veniva, senza pensarci, con grande libertà ma assolutamente fermo, queste erano le istruzioni di Ei come mi erano state riferite uno dei primi giorni dalla segretaria, sapevo già tutto a memoria ma se per caso mi sbagliavo dovevo ricominciare daccapo, ogni volta daccapo, dalle 15 alle 22, pausa dalle 18 alle 18:30, riposo il lunedì.

16.
Centinaia di occhi su di me, ingresso al buio, sento gli occhi, devo riuscire a non pensare, a non pensare ma vedi stai pensando stai pensando sei al bivio l’ammaliatore o il condannato se non pensi li ammalierai se non li ammalierai sarai niente dissolto se ti fermi i loro occhi avidi ti condanneranno sarai schiavo del molteplice pan panico tutto tutto può succedermi tutto e precisamente può succedermi che, può succedermi che io divento tutto, divento tutto, cioè cioè mi dissolvo nel tutto non esisto più mi disgrego mi disaggrego mi scompongo vado in orbita vengo risucchiato non ho più nessun controllo divento tutto [in dialogo con sua voce fuori campo] cioè cioè cioè divento niente non sono non sono più niente ma non ancora morto magari! magari morto magari! è quel “può” il punto può può può succederti non ora aspetta aspetta di dissolverti di risucchiarti dentro il tutto ora non muori, ora fra poco muori ma non ora, non ora, è fra poco, ma fra poco quando? non ora non ora: fra poco, ma quando? pan infinito pan panico.

17.
Io a quel silenzio non riuscivo ad abituarmi, e un giorno pensai adesso ti sistemo io, tu mi lasci da solo ed ora anch’io ti lascio solo, così cominciai dapprima a sussurrare poi a dire il testo quasi in silenzio, soltanto articolando con le labbra, ma Ei naturalmente continuò a non dire nulla, finché arrivammo al silenzio assoluto, un silenzio di sette ore precise, con una pausa di mezz’ora per pisciare e fumare, molto molto bene disse Ei quel giorno.

18.
E poi un altro giorno la segretaria invece di richiudere la porta e andarsene entrò con me in scena e sottovoce mi disse lei non è a fuoco, lei è come nebbia in forma d’uomo, lei fa finta di essere normale e questo far finta aggrava la situazione, il suo trucco si indovina subito, lei è un impostore da strapazzo, tutt’al più possiamo darle un po’ di commiserazione, come la si dà ad uno che si presenta ad un colloquio di lavoro in pigiama, ma cosa crede, crede che non si veda, si vede benissimo, lei è stonato, noi le diamo la nota e lei non la prende, non la prende mai, o troppo alta o troppo bassa, provi, noi le diamo un fa e lei fa diesis, noi fa diesis e lei fa, le diciamo azzurro e lei diventa marrone, le diciamo giallo e ancora marrone, le diciamo provi il blu e lei fa il viola, lei è stonato, inappropriato, fuori luogo, lei è brutto, ma non quel brutto che tranquillizza perché è molto brutto, lei è quel brutto che si guarda un attimo, e poi si distoglie lo sguardo, buon lavoro.

19.
Sicché cominciai lentamente a capire che cosa volesse da me, lui voleva scarnificarmi, se mai ero stato nudo in scena ora la nudità non bastava, lui voleva proprio togliermi la pelle e vedere i tessuti i muscoli nudi il grasso le vene il sangue lui voleva vedere il mio cuore il mio fegato il mio cervello sanguinanti, questo per lui era un fantasma, il fantasma di Amleto era un essere con gli organi appesi fuori grondante sangue un oracolo che parla del padre e della vendetta.

20.
Ma non c’era sicuramente bisogno di essere Sigmund Freud per capire che avevamo cominciato un gioco al rialzo una partita d’azzardo, quanto più io mi spogliavo tanto più lui voleva che mi spogliassi, lui tanto più carnefice quanto più io soccombente senza fine senza fine ma si capisce che alla fine qualcosa doveva succedere.

21.
Io non volevo essere spellato vivo ma nello stesso tempo, ma nello stesso tempo… lo volevo da matti.

22.
[Accento siciliano] Figlio, figlio mio, ascoltami, io vorrei riposare ma tu mi ossessioni, io non riesco a dormire, tu mi rovini la testa, tu rovini la mia testa di morto con i tuoi pensieri.
Figlio, tu ti devi mettere tranquillo. Tu ti devi mettere tranquillo per forza. Tu ti devi mettere buono, lo capisci? ti devi mettere buono.
Ma com’è questa cosa? Com’è che ogni cinque minuti ti sento dire prima che è tutta colpa du padri, poi che vuoi abbracciare u padri, e padri miu unni sei, se solo padre ti potessi rivedere un’ultima volta, e lo sai padri che è tutta colpa tua, è colpa tua se la notte ho paura, se di giorno non riesco a respirare, se fumo, se bevo, se gli amici fanno i tuffi dalla scogliera e io no, se ogni giorno penso che mi sta venendo l’infarto, il tumore, l’ictus, il soffocamento, l’enfisema, se ho paura di dimenticarmi le battute, se guardo mia moglie di notte mentre dorme e dico questa chi è, è colpa tua padre perché da bambino mi hai distrutto la personalità a forza di schiaffi e sarcasmo, però un padre intelligente come te, allegro come te, generoso come te dove lo trovavo, è colpa tua di tutto però tu mi manchi lo stesso padre, peccato che sei morto sennò adesso ti farei vedere come sono diventato bravo e famoso… Ma com’è? Io non ne posso più, figlio. A me non me ne fotte una minchia che sei diventato bravo. Hai voluto diventare bravo? E tieniti la bravura, con gli applausi e con la paura. Basta che mi lasci in pace, perché io, altrimenti, non riesco a dormire. Tu mi svegli, lo capisci? mi svegli mentre mi godo la morte, e stai attento perché mi sto incazzando veramente, lasciami in pace prima che ti faccio qualche scherzo, tieniti quelle cose che hai, la nevrosi, la depressione, il disturbo d’ansia generalizzato, la depersonalizzazione, l’agorafobia e la claustrofobia, l’ipocondria e l’ansia anticipatoria e l’apatia, tienitele! Che io non riesco a dormire. Io qua non chiavo e non mangio, io non bevo vino e non cago, non mangio cioccolata, non mi faccio le seghe, non leggo la Gazzetta dello Sport e Dostoevskij, non ascolto Vivaldi e i Talking Heads, niente faccio, l’unica cosa che faccio è dormire e tu neanche quella mi fai fare, è come avere un rumore di fondo nelle orecchie, io le orecchie non ce le ho ma ti sento lo stesso, è inutile che mi chiedi come faccio che tanto è troppo difficile da spiegare, io ti sento! è come andare a letto con un camion fuori dalla finestra che tiene il motore acceso tutta la notte, io la notte non ce l’ho ma tu sei un camion per me, mettiti tranquillo, placati, rilassati, trova pace, fai quello che vuoi, vai in Ghana a fare il missionario, trova una meditazione che ti fa stare buona la testa, fai domanda e fatti prendere frate eremita sull’isola greca dei monaci, prenditi le benzodiazepine, gli antidepressivi, iniettati la morfina figlio e non mi scassare più le palle che non ho, fammi dormire, fammi morire bene e non mi chiamare più. Questo è il primo avvertimento e spero che sia pure l’ultimo.

23.
Sono ancora agitato vero? Me lo dica se sono strano. Centotrenta ottantacinque non è normale io di solito ho centodieci settantacinque, Perché dice che è normale? Preferisco che mi dica tutto. Davvero. Secondo lei, sinceramente, ero strano prima quando facevo Amleto? Cioè ero sicuramente strano, ma voglio dire, si vedeva? Sinceramente. Perché io mi sentivo come in quei sogni dove sei nudo e tutti lo sanno ma tutti fanno finta di niente. Era orribile, chiuda la porta per favore, io non ero là a fare Amleto veramente, io stavo solo sognando e tutto era strano, la cosa era viva da sola, che io ci fossi o no era lo stesso, la cosa andava avanti da sola, era orribile, orribile, mi fa paura raccontarlo, l’unico che non era strano era il fantasma del padre di Amleto, ovvero era strano anche lui ma in un modo diverso, una parte del mio cervello lo sentiva parlare con la voce di mio padre, il fantasma parlava di vendetta e io accanto e sopra la sua voce sentivo pure mio padre che mi parlava quand’ero bambino e mi diceva ora andiamo a messa se fai il tuo dovere e guardi sempre l’altare e guardi sempre il prete e non ti giri neanche una volta l’angelo custode ti vede e mentre siamo in chiesa va a comprare le paste quelle buone e quando torniamo a casa te le fa trovare a tavola, però devi fare il tuo dovere, l’ossessione del dovere, secondo lei si può essere fascisti buoni? mi scusi, quando tornavo a casa con il giornale sotto braccio a diciassette anni mi diceva Lotta Continua? E riposatevi almeno cinque minuti! Al mare in Sicilia a Capo Peloro da bambino mentre nuotavamo mi ripeteva in continuazione qui si incontrano lo Ionio e il Tirreno, e io ora ho una gamba nello Ionio e una nel Tirreno, una gamba nel Tirreno e una nel mar Ionio, e poi ci portava sempre in vacanza in Germania e quando arrivava negli alberghi chiedeva sempre al portiere se parlava latino, sprachen sie lateinisch? ave, unam noctem cuniculum quinque habes? e una volta il proprietario di un albergo si è entusiasmato e ci ha invitato tutti a bere nella sua tavernetta tedesca e lui e mio padre hanno parlato in latino tutta la sera sbronzandosi in latino, lei lo sa il latino? mi scusi, è vero che uno dei sintomi dell’ictus è che sei in una stanza, ti alzi, vai in un’altra stanza e quando arrivi non ti ricordi perché ci sei andato? È vero che volendo potrei andare a Milano a fare la mappatura genetica per vedere se ho il gene dell’Alzheimer? I capillari nelle gambe sono irreversibili? È vero che il livello di albumina nel sangue può essere indicativo del tumore alla prostata? [Sottovoce, mentre la scena va a buio] La pressione bassa in generale è meglio ma può avere in casi estremi un’influenza nefasta sulla prognosi della maculopatia retinica? perché io a volte ho la vista annebbiata, per esempio quando mi alzo velocemente e dopo per qualche giorno vedo linee ondulate…

24.
[In dialogo con sua voce fuori campo] È tutta colpa tua lo sai lo sai che nel mondo vige la legge d’attrazione e se pensi all’infarto arriva l’infarto, è l’effetto nocebo, tu sei uno specialista dell’effetto nocebo, te l’hanno detto tutti che è meglio pensare positivo ma tu niente, se pensi infarto arriva l’infarto, se dentro di te dici non voglio l’infarto la legge d’attrazione che governa il mondo non capisce non voglio, capisce solo infarto, non si dice mai per nessun motivo non voglio l’infarto, questa è la prima lezione è la lezione di base, la legge d’attrazione è ottusa, capisce solo se dici il mio cuore è perfetto, ho il cuore perfetto di un bambino, chiudi gli occhi rilassati e vedi la luce dell’amore universale che ti avvolge, sta entrando dal primo chakra, respira e pensa cuore perfetto, non pensare niente panico, la legge non capisce la parola niente, capisce solo panico, vuoi il panico ed eccoti servito, gambe rigide, bocca secca, cuore a mille, oppressione al petto, respiro corto, dolore al braccio sinistro, incapacità di parlare, devi pensare sono sereno e in pace col mondo perché dal primo chakra sulla testa entra l’onda rosa e bianca dell’amore che mi rende perfettamente impassibile e colmo d’amore, perché perché non ti affidi alla legge d’attrazione, aspetta… sei cattivo, aspetta lo sto dicendo, non sono cattivo… non lo vuoi tutto questo amore che ti offriamo, aspetta… chiudi gli occhi e respira… vaffanculo.

25.
Così arrivò la sera della prima ed io proprio quella sera fui per la prima volta in ritardo, l’appuntamento era alle 18 ed io mi attardai a casa con la testa vuota a non far nulla, e poi quando uscii alle 17:50 ormai era tardi per recuperare, in fretta calcolai che probabilità avevo di contenere il ritardo è l’ora di punta non ci avevo pensato la macchina è esclusa meglio a piedi, faceva freddo ma arrivai bagnato di sudore freddo alle 18:21 e suonai il famoso campanello ma non mi aprì nessuno, nessuno rispose suonai ancora silenzio era tutto spento si nascondevano dentro lui e la segretaria con le luci spente sicuramente mi stavano guardando dalla finestra degli uffici in silenzio apritemi gridai! sapendo che non l’avrebbero fatto, dissi ad alta voce mi dispiace essere arrivato in ritardo, tornerò tra mezz’ora, e andai al bar là vicino, ogni mezz’ora tornai al campanello e poi al bar, ed ogni mezz’ora chiedevo con grande gentilezza al barista un bicchiere di rosso, alle 20:30 buttai giù d’un sorso il quinto calice di Teroldego Rotaliano del cazzo e pensai se non mi aprono adesso chiamo i carabinieri e in effetti il teatro era aperto ma già c’era un bel numero di spettatori nell’ingresso ed io detestavo farmi vedere prima dello spettacolo e l’entrata artisti era sempre sbarrata così alle 20:47 mi decisi a farmi largo tra gli spettatori, guardando in basso come i criminali che si nascondono il volto con le mani ammanettate, e lui era lì nel mio camerino seduto al buio di fronte agli specchi, quasi svenni quando accesi la luce, lui mi guardò sorridendo senza dirmi nulla io urlai come un pazzo sono qui da due ore e mezza e cominciai veloce a cambiarmi, lui disse con calma per essere esatti sei qui da due ore e ventotto minuti, erano già le 20:49 e in quel teatro nessuno spettacolo era mai iniziato in ritardo, mancavano dunque undici minuti, intanto lui mi guardava fisso nello specchio e quando fui in mutande lui disse c’è una cosa che devi sapere tu hai già vinto, comunque vada questa sera tu hai già vinto, quando vedrai il male in scena sappi che sei fortunato, molti aspettano per anni questo male che può anche non arrivare mai, e invece tu lo incontrerai, perché tu hai vinto, per il ritardo faremo i conti domani.

26.
E poi io ero in camerino con il famoso regista e urlavo sei tu che mi hai portato fin qui, tu mi hai portato oltre, di là, oltre, e adesso devo solo fare un passo indietro, un passo indietro ma non so come fare, dimmelo, dimmelo, dimmelo, e il famoso regista mi ignorò e disse alla segretaria guardandola nello specchio i fantasmi non hanno paura, non hanno paura e non arrivano mai in ritardo, dovrò cercare un altro attore, un attore puntuale, e senza panico disse lei, e io dissi va bene bastardi, sarò puntuale e prenderò quaranta gocce di En tutte le sere e poi mi farò curare, e poi per alcune sere andò tutto bene, tutto bene, fino a quella sera.

27.
[In dialogo con sua voce fuori campo] Essere sta arrivando o non essere Dio mio arriva stai calmo questo è il problema non ce la faccio se sia più nobile all’animo non articolo ho la bocca secca sopportare gli oltraggi concentrati su quello che dici non pensare i sassi guarda un punto i dardi dell’iniqua fortuna molla le gambe respira la sai la sai o prender l’armi contro un mare di triboli ho la bocca secca ho il cuore che parte e combattendo disperderli. Morire: dormire se mi fermo che succede faccio finta di svenire faccio finta di svenire nulla più concentrati solo su quello che dici non pensare ascolta la musica e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio articola si vede si vede respira dai dai che sei il più grande e alle infinite miserie sei un genio naturale retaggio della carne questa non è una crisi di panico è solo molta paura è soluzione da accogliere a mani giunte ma perché mi succede perché. Morire dormire sognare forse ma qui è l’ostacolo non ce la faccio perché quali sogni possano assalirci dai ora cosa c’è, c’è in quel sonno di morte devi dire in quel sonno di morte in quel sonno di morte non so più niente faccio finta di svenire.

28.
Io quella volta scappai, nessuno più sapeva dove fossi finito, al momento del mio ingresso in scena io non c’ero, ero scappato, più tardi immaginai le espressioni dei colleghi, le frasi concitate in quinta sottovoce, io non ci sono, il re dice e tu Amleto, caro parente e figlio mio ma lo dice all’aria, si è reso conto per tempo che io non ci sono ma non sa come fare, come in un film comico dice la battuta avvicinandosi alla quinta, come se io fossi nascosto, scruta nella semioscurità, in quinta vede tutta la compagnia impazzita che si agita, lui si inventa qualcosa e continua a parlare ma non potrà andare avanti a lungo senza Amleto, ecco ora non sa più cosa dire, sul palco c’è un silenzio mortale, imbarazzo, comincia il mormorio del pubblico, esce la Regina, confabula con Ofelia che dalla quinta le faceva gesti folli, ora parlano con il direttore di scena, il direttore di scena fa accendere le luci di sala, il mormorio degli spettatori diventa baccano, decidono chi fa l’annuncio, è Ofelia, un attimo d’attenzione per cortesia, il pubblico tace di colpo, il signor Giuseppe si è sentito male, ricomincia il brusio, vi preghiamo di pazientare qualche minuto, speriamo di poter riprendere lo spettacolo in breve tempo, baccano, mi cercano mi cercano dappertutto ma io non ci sono. Io sono scappato.

29.
Le nove meno cinque. Il direttore di scena mi dà i cinque minuti, grazie io dico, ma ho già capito che sto per essere sommerso, ho capito che questa volta è diversa da tutte le altre, la carne del mio corpo si è trasformata in legno, il mondo si è trasformato in una trappola, sono chiuso dentro me stesso e non so come fare ad uscire, soffoco, esco dal camerino, scendo le scale, dall’alto delle scale vedo il palcoscenico gigantesco, mi sento piccolissimo, mi muovo lentamente e come in sogno, l’unica possibilità è bloccare il meccanismo, chi è di scena, penso di dire al direttore di scena di aspettare, penso di bloccare la procedura, l’ingranaggio, spegnimento delle luci di servizio, il patibolo, spegnimento delle luci di sala, apertura del sipario, ma penso soltanto e lo spettacolo comincia, è cominciato, tra pochissimo tocca a me, io sono Amleto, mi giro e risalgo le scale, risalgo al piano dei camerini, dall’interfono sento la voce dei colleghi, manca pochissimo, una pagina di copione, Amleto non deve andare in camerino, passo davanti al mio camerino, la porta è spalancata, mi vedo nello specchio ma quella non è la mia faccia, quello è qualcuno che fa me che faccio Amleto, vado oltre, vedo una porta di servizio, con la maniglia rossa, antipanico penso, sento la voce del re, è iniziata la mia scena, spingo la maniglia e mi getto nel buio di un corridoio.

30.
[Accento siciliano] Figlio, figlio mio addio addio addio ricordati di me, ricordati di me e lasciami in pace, io sono morto e non posso tornare, avanti, mettiti le scarpe e prendi la strada, una strada qualunque basta che cammini, avanti, prendi quella fotografia dove io sono bambino e guardami, e perdonami, perdonami e lasciami andare, ti prego figlio mio lasciami andare, e quando posso vengo io a trovarti, tu non cercarmi più, addio caro figlio, addio, attento che ora devi rispondere al fantasma, dì la battuta, che vuol dire non la so, la sai la sai, ciao, addio, il fuoco della lucciola si fa più scialbo, l’alba è prossima, addio, ricordati di me e lasciami in pace…

 

 

Epilogo

 

31.
O voi eserciti del cielo! o terra! e tu, inferno, se debbo aggiungere anche te! O mio cuore abbi forza, e voi miei nervi non invecchiate di colpo ma tenetemi saldo. Ricordarmi di te? Oh sì, povero spettro, finché avrà un posto la memoria in questo globo demente.