La vita scorre, vorticosa, dentro e fuori.

di

Alberto Patelli


Uscire per andare dove ? Restare per fare cosa ? Ad un certo punto mi si apre davanti questa specie di panorama strano nel quale la noia è l’elemento centrale ma la cornice è comunque quella che non mi va di far niente….insomma non capisco se la noia mi piaccia o no….penso: adesso telefono a qualcuno…ma poi, che gli dico...? cosa ho da raccontargli ? …e questa riflessione la farei anche se magari, proprio stamattina, mi fosse crollato il tetto della casa, il mio gatto avesse vinto un concorso di bellezza, la vicina avesse preso il sole nuda sul balcone pur avendo compiuto da poco settantadue anni e il postino che mi consegna giornalmente le bollette si fosse dato al sequestro di un’intera classe elementare nella scuola del paese dove risiedo. Cerco di scuotermi. Accendo il computer ma quello si impalla e rischia di farmi perdere il mio prezioso inutile tempo perché sembra di non volerne sapere di spallarsi…lo riavvio e me ne frego di tutte le modalità provvisorie che mi suggerisce per farsi passare la crisi. Niente, neanche il mio computer riesce a realizzare alcunché. Stacco la corrente per liberarmi da quelle manette informatiche. Vado alla finestra…sotto, sulla strada, passa qualche macchina …ma che giorno è ?..boh, forse sabato visto il poco traffico che c’è qui sotto…potrei andare al supermercato…ma che compro ? buttare soldi inutilmente solo per passare del tempo ?........e poi mi romperei le scatole ugualmente…una rapina al supermercato, questo sì sarebbe già più eccitante anche perché si tratterebbe in assoluto di una primizia per me...giuro, mai fatto rapine e, a considerare bene il fatto, la cosa sarebbe ancora più stimolante vista la mia totale mancanza di esperienza, …lascerebbe grande spazio all’incertezza per l’esito finale anche se già mi vedo in manette di fronte ad un panzone che fa il commissario di polizia. Scarto l’ipotesi rapina proponendomi comunque in futuro di acculturarmi sull’argomento che potrebbe tornarmi utile, chissà, anche in una avanzata terza età. D’altronde i nonnetti ladri godono di un maggior tasso di insospettabilità.
Mi sposto sul divano…la depressione mi assale: perché sono un essere così squallido, povero di spirito ? Invece di star qui ad annoiarmi potrei fare del bene agli altri, del volontariato. C’è gente che fa di tutto per aiutare gli altri e poi, si formano anche dei gruppi…tutte persone positive, ci si conosce, non si è mai soli e disperati col culo sul divano. I miei quadricipiti stanno per contrarsi e riprendere la posizione eretta quasi chiamati dalla ricerca di questo manipolo di eroici altruisti ma d’improvviso mi torna alla mente quella volta che passeggiavo con Buk, il mio cane, all’apice della collina del Parco delle Rimembranze a poco meno di un chilometro da qui.
Mi offrii di aiutare una anziana e nobile signora che spingeva una sedia a rotelle sulla quale era accomodato da anni il suo ultraottuagenario marito in uno stato soporifero permanente. La signora accettò e presi io il comando del mezzo con Buk che mi seguiva trotterellando. Il mio cane che non abbaia mai per pigrizia ma a cui piace scherzare, quella volta emise d’emblai uno strano ululato ed io, divertito ed incuriosito, mi voltai dimenticando completamente l’impegno che avevo e abbandonando la sedia a rotelle al suo destino proprio nel punto meno indicato, una discesa a precipizio. Evidentemente il veicolo aveva i mozzi fin troppo oleati e prese una velocità supersonica tale che a metà discesa chiunque l’avesse osservato non avrebbe potuto giurare di cosa diavolo si trattasse. Infine si schiantò contro una delle colonne di ingresso al Parco. Il senso di colpa mi perseguitò per anni e anche ora il ricordo mi strema pur consolato dalla convinzione che il marito della signora non si sia proprio accorto del suo velocissimo trapasso.
Indugio ancora sul divano…aderire ad un gruppo di volontariato potrebbe forse provocare ulteriori catastrofi al mio prossimo…lo farò, ma primo devo tutelare me e gli altri sottoscrivendo una pesante assicurazione…
Ma che ore sono? …lancio una stanca occhiata alla parete e, accanto all’orologio a pendolo, non posso fare a meno di ammirare ancora una volta la foto della splendida MAGIC CARROT, la cosa che avrebbe potuto cambiarmi la vita e che è invece rimasta solo un rimpianto. Questo magnifico apparecchio, risalente al mio periodo creativo e che registrai all’ufficio brevetti con una spesa di cui subisco ancora i mensili cascami, tagliava le carote a forma di soldatino sudista ferito riuscendo a trasformare un contorno in una forma d’arte. La sua importanza non fu colta dalle aziende di produzione che ne criticavano il peso per loro eccessivo, tre chili. Critica miope, è evidente; col passare degli anni sarei certo riuscito, usando nuovi materiali, a risparmiare almeno quattro etti senza contare che con piccole modifiche prive di costo si sarebbe potuto inserire un pulsante per dare la possibilità all’utente di scegliere tra, come detto, il taglio a forma di soldato sudista ferito e quello, forse più gratificante, di soldato nordista ferito ma alfine vincente. Niente, non sentirono ragioni e MAGIC CARROT non andò in produzione lasciando il mio conto corrente nelle abituali condizioni cioè lo stato d’ansia per una qualunque spesa imprevista dal meccanico o dal ferramenta. Ributto l’occhio sull’orologio cercando di non farmi ammaliare nuovamente dal fascino di MAGIC CARROT….Mio Dio, già l’una ! Non ho mai condiviso questa voglia del tempo di passare e, spesso, di passare rapidamente….in fin dei conti anche la noia avrebbe bisogno del suo tempo ! …Sono pazzo? Forse si, ma me ne frego e comunque ora devo pensare a mangiare qualcosa. Bisogna che passi all’azione…in fin dei conti da qui al frigo ci sono poco più di dieci passi…Con Fred siamo partiti stamani alle tre e mezza. Eravano svegli da oltre un’ora, ci siamo preparati la colazione scaldandoci il the e buttandoci dentro tutti i preparati che ci ha fornito il medico della spedizione. A queste quote- siamo ben oltre i 7500 metri- non si può trascurare niente, il minimo sbaglio può essere nefasto…il fisico umano ha bisogno di ogni più piccolo dettaglio, di ogni sostanza, per portare a termine imprese così estreme. Se Dio vuole saremo in cima all’Annapurna, uno dei quattordici ottomila del globo, non più tardi di mezzogiorno e comunque per l’ora di pranzo. Fred si è messo in testa di arrivare in vetta senza ossigeno ed io l’ho assecondato. Siamo stati quasi un mese al campo base per acclimatarci e abituare i nostri polmoni alla sofferenza ma ora ad oltre trenta gradi sotto lo zero e con la polvere di neve che ci colpisce a velocità inaudita tutto quel tempo sembra essere andato sprecato. Affondiamo nella neve fino alla cintola, ci aiutiamo con le poche forze rimaste, la mente in queste condizioni si annebbia e cresce a dismisura il rischio di finire in un crepaccio. Il cielo è sereno ma i cambiamenti in montagna sono repentini. Bisogna arrivare su quanto prima ma ogni passo è un autentico strazio. “Fred! Fred!, dove sei ?” Non vedo più il mio compagno….la paura mi assale…ma ecco, ecco che improvvisamente la sua sagoma riappare una ventina di metri avanti a me , alla mia destra, proprio sotto all’ultima parete di ghiaccio che ci separa dalla conquista dell’Annapurna. Fred si gira ma non riusciamo a parlare, ci capiamo a gesti, sappiamo ambedue che quell’ultima asperità, di un livello tecnico esagerato. si è rivelata fatale per molti scalatori…lo sguardo che ci scambiamo potrebbe essere l’ultimo, silenzioso saluto. In cordata andrò io su per primo anche per la maggiore esperienza che ho. Non è il primo ottomila che conquisto ed è giusto che sia io a prendermi le maggiori responsabilità. Comincio ad arrampicare sopportando un dolore inaudito alle mani; so adesso di dover ricorrere, come ho fatto in passato, a forze al di fuori del mio essere…a qualcosa di soprannaturale che magicamente mi viene incontro quando mi trovo in condizioni così disperate…Sento le energie ormai allo stremo e una sensazione di imminente soffocamento ma la cima ormai è vicina, sembra quasi si possa toccare…pochi passi, pochi passi ancora ed eccomi, finalmente ci sono !!! Mi accascio distrutto ma felice e sento solo il mio fiato e lo scricchiolio del ghiaccio sotto i ramponi di Fred che sta arrivando…lentamente mi rialzo e apro il frigorifero. Mi risulta sempre più necessario pensare di scalare un ottomila per trovare la forza di farmi da mangiare…. Oddio, il frigo è quasi vuoto!… Il cibo è sufficiente a malapena per una persona. Mi giro a valle. Fred, sfinito, è appena sotto di me che affronta l’ultimo scalino; mi commuove pensare che non troverà il cibo vitale e non voglio che soffra ancora inutilmente…non esito e con una lacrimuccia, taglio la corda. Lo vedo diventare sempre più piccolo e finire velocemente in un canalone dove la neve presto lo ricoprirà .
Accendo la televisone, a quest’ora c’è sempre un programma con le ricette di cucina…tre cuochi si contendono un premio di duemila euro ma nessuno sarebbe capace di vincerlo solo con gli ingredienti a mia disposizione: un po’ di parmigiano, spaghetti e un panetto di burro….In questi casi non si può indugiare avventurandosi in cervellotiche ipotesi…ho deciso, mi preparerò spaghetti burro e parmigiano…gli applausi che provengono dallo schermo sembrano approvare la mia scelta ma poi spengo subito l’apparecchio per evitare raffronti coi piatti in concorso; la cosa potrebbe deprimermi ulteriormente. Metto su la pentola con l’acqua ma, inaspettato, suona il campanello. Sobbalzo per il termine “inaspettato”, lo uso raramente e mi fa paura. Chi sarà mai a quest’ora ? L’incertezza mi corrode, prendo tempo…vuoi vedere che mi hanno rintracciato, dopo interminabili ricerche sono riusciti a risalire al mio indirizzo ?...Ma sono passati più di quarant’anni da quando sono scappato dal collegio !...E poi,…che mi possono fare ? Sospendermi ? E chi se ne frega ! Parto spedito verso la porta, se sono loro gli dirò “bocciatemi pure, non farò ricorso”…ma un momento, ragiono: qui non si tratta della pagella, qui le cose possono essere molto più gravi. All’epoca ero un minorenne sotto la responsabilità del Direttore del collegio. Quell’uomo avrà passato le pene dell’inferno per la mia sparizione….lui e la sua famiglia saranno stati ridotti sul lastrico a causa della mia fuga…
….E l’indennizzo ricevuto dai miei genitori, perché non me ne hanno mai parlato ? Ma questo è un capitolo a parte, adesso è il Direttore ad incombere; di nuovo il trillo maledetto di quel campanello…è lui che, vendicativo, insiste…Ma che dico? …sarà morto di crepacuore e se non è stato il dolore a stroncarlo sarà stata l’età, avrà più di cent’anni ora…e allora saranno i parenti , gli eredi, tutti qui fuori con le forche per farmela pagare spillandomi pure quei pochi spicci che ho messo da parte…devo nascondermi….corro in camera da letto, potrei chiudermi nell’armadio, ma è banale, mi sposto velocemente nello sgabuzzino a fianco ma è troppo stretto, soffro di claustrofobia…idea ! esco sul terrazzino di dietro, salto giù, sono un paio di metri, ce la faccio, e… via! mi do alla macchia…eccomi, sto per spiccare il volo….ma perchè poi?...riflettendo, quei farabutti là fuori, ma soprattutto quella salma del Direttore mi avrebbe potuto trovare subito, a suo tempo, visto che scappai sì, ma per tornare a casa dai miei e dunque… la cosa fu architettata ad arte per farmi venire i sensi di colpa, per ricattarmi!….il sudore mi imperla la fronte e gli occhi mi si iniettano di sangue…maledetti bastardi vi sistemo io!! …con pochi balzi sono in soffitta e prendo il vecchio fucile a canne mozze col quale nonno andava a caccia a fine ottocento, mi precipito giù per le scale e in un baleno spalanco la porta per impallinarli tutti ma.... nessuno, non c’è nessuno ; d’altronde è passato un quarto d’ora dal primo squillo, ripasseranno più tardi…faccio per rientrare ma ehi, un momento, cos’è quell’involucro sulla soglia del cancelletto di ingresso? Criminali ! Un pacco bomba! Vigliacchi, vogliono farmi fuori senza farsi vedere in faccia! Mi chiudo dentro. Le mura mi proteggeranno dallo scoppio. Sono al sicuro ma la cosa non mi rasserena, non sono un pusillanime io, ho una coscienza e so che quella bomba potrebbe fare un massacro lì fuori. Mi butto sul telefono, devo chiamare gli artificieri ma… prima che arrivino potrebbe essere troppo tardi! Mi sacrificherò, almeno mi sentirò utile a qualcosa. Esco armato di una canna di bambù - che può servirmi per strappare a distanza di sicurezza, per modo di dire, l’innesco della bomba - e di un binocolo per leggere sul timer dell’ordigno quanto manca all’ora X. Mentre mi avvicino penso alla mia vita, a quello che è stato e a ciò che avrebbe potuto essere… se non faccio un bilancio ora, quando lo faccio ? La tensione è al diapason quando mi accorgo che il pacco bomba contiene i nuovi elenchi del telefono che, effettivamente, quest’anno non mi erano stati ancora consegnati. Pure stavolta l’ho scampata bella !
Rientro, l’acqua sul fuoco bolle da tempo. Butto gli spaghetti, devo fare attenzione al tempo di cottura, non posso distrarmi. Che suonino pure, io non mi muovo. Gli spaghetti li voglio al dente !...Nel frattempo non spreco niente e col vapore che fuoriesce dalla pentola faccio dei suffumigi preventivi per i raffreddori che a breve, vista la stagione, potrebbero minacciarmi. Alè, è pronto. Metto in tavola e addento la prima forchettata. “Ciancicagnocchi”, si ciancicagnocchi, così mi chiamavano quei squallidi mocciosi in prima elementare, i miei compagni…compagni del cavolo!...mi prendevano in giro a mensa per il mio modo di masticare….”ciancicagnocchi”, dicevano, “con quei denti pesti tutto come una gomma americana” e a me gli occhi mi si riempivano di lacrime e stringevo forte i pugni e li inseguivo con la maestra che mi inseguiva e io che gli tiravo addosso la minestra e poi per punizione due giri di corsa e quando rientravo gli promettevo le botte ai miei compagni e li inseguivo in ogni direzione e poi mi veniva il fiatone, come adesso, solo a ripensarci. Mi alzo da tavola, so già che digerirò male. “Non si suda dopo mangiato”, mamma me lo diceva sempre, figuriamoci se mi vedesse ora che ho sudato mentre mangiavo… Vado verso il divano, mi siedo, mi rialzo e vado alla finestra. Guardo giù…il traffico è aumentato ed io ho un lungo pomeriggio davanti…le cose si complicano dentro e fuori casa. Me ne vado a letto, farò il riposino della controra. Disteso, mi copro con un plaid e, prima di buttare giù la testa sul cuscino, lancio ancora un’ occhiata veloce e guardinga alla finestra. Lì fuori la vita scorre vorticosa, lo stress percorre le vie, si insinua nei vicoli, bussa alle porte. Mi assopisco con un ghigno. Non mi farò contagiare dalla schizofrenia del nostro tempo….