LO STAGNO

di

Marco Gobetti




Linda, una donna
Giuseppe, un uomo




Una panca di legno al centro. Sulla panca un giradischi: sul piatto è appoggiata una grande boccia.
Per terra filo di lana grigio a mucchi e gomitoli srotolati: in proscenio, un vestito a fiori.
Sul fondo è montata una tenda.
Un uomo e una donna: lui indossa una divisa da alpino, lei una sottoveste e ha i piedi scalzi.

LINDA - Toglile.
GIUSEPPE – Che cosa?
LINDA – Le scarpe.
GIUSEPPE - Non sono scarpe. Sono scarponi.
LINDA - Appunto. Non fa mica freddo.
GIUSEPPE - Non ci credo.
LINDA – A che cosa.
GIUSEPPE – Che non fa freddo. Che giorno facciamo?
LINDA – Che giorno è?
GIUSEPPE – Aaaa!!
LINDA – Perché urli?
GIUSEPPE – Così, per fare festa.
LINDA – Per divertirsi.
GIUSEPPE – Sì. Che giorno?
LINDA – Aaaa!!
GIUSEPPE – Bello eh? E’ divertente. Che giorno è?
LINDA – E’ sabato 1 febbraio 2003 (sabato 1 febbraio 2003 è la data della prima messa in scena ed è esemplificativa di come verrà detto sempre il giorno della replica in corso)
GIUSEPPE – E’ tanto.
LINDA – Giuseppeee!
GIUSEPPE – Perché?
LINDA – Aaaa!! Hai capito perché?
GIUSEPPE – Per divertirsi.
LINDA – Sì Giuseppe.
GIUSEPPE – Chi è?
LINDA - Sei tu!

Linda indossa il vestito a fiori.

GIUSEPPE - Palle. Io non sono Giuseppe. Io sono un alpino.
Dove sono i mobili?
LINDA – I mobili?
GIUSEPPE - Sì, perché la casa è vuota?
LINDA - E' vuota perché non abitano più qui.
GIUSEPPE – (indicando il giradischi con la boccia) E quella cos’è?
LINDA – Quella è la lampada-giradischi.
GIUSEPPE - La lampada giradischi?...
LINDA – Sì, l'hanno comprata. Dopo che sei partito. E il resto dei mobili è nella casa nuova. Tuo padre e tua madre hanno una casa nuova, adesso.
GIUSEPPE - Meglio. Tanto non voglio vederli.
LINDA - Perché?
GIUSEPPE - Perché no. Cos'è quel filo in terra?
LINDA - Il filo… E' che qui è tutto in disordine…
GIUSEPPE – Che cosa ci fai tu qua?
LINDA - Io devo mettere in ordine… Mi riconosci?

GIUSEPPE - Mi sembra.
LINDA - Ti sembra soltanto?
GIUSEPPE – C’è stata una guerra, in mezzo. E io l’ho vista.
LINDA – Non conta. Ci volevamo bene.
GIUSEPPE - Conta. Conta troppo. Io non so chi sei. Davvero. Cos'è quella roba?
LINDA - Una tenda.
GIUSEPPE – E a che cosa serve?
LINDA – A fare la festa.
GIUSEPPE – Qui?
LINDA – Sì, verranno tutti i tuoi amici e faremo una grande festa, balleremo e canteremo…
GIUSEPPE – Io non voglio fare festa.
LINDA – Ma dai! Ci divertiremo! L’ho fatta con due entrate, una davanti e una dietro, così poi ci entriamo tutti dentro e poi usciamo dall’altra e le giriamo intorno e cantiamo e balliamo, ogni tre giri ci passiamo dentro… e poi di nuovo intorno!
GIUSEPPE – Vuoi che facciamo gli indiani?
LINDA – La piuma non ti manca.
GIUSEPPE – E’ che manca agli altri.
LINDA – Sono tutti contenti che sei tornato.
GIUSEPPE - Palle! Sono tutte palle. Davvero. Perché c'è del filo in terra?
LINDA - E' filo. Filo di lana… E' filo di tua mamma. Tua mamma lavora a maglia, lo sai. E poi… Ordine. (Cominciando a raccogliere matasse di filo) Tua mamma mi ha detto di venire a fare un po' d'ordine. Devo togliere quello che rimane.

Giuseppe aziona la lampada-giradischi: la boccia gira e il disco suona un gracidare di rane.
Linda smette di fare ordine e lascia cadere a terra le matasse.
Poi va verso la panca, per avvicinarsi alla sorgente del suono: all'improvviso ricomincia a fare ordine freneticamente.

LINDA - Tutto quanto, bisogna togliere tutto. Tutto quel che resta. Ma prima faremo la festa e useremo anche il filo, sì! Ci faremo i festoni col filo!
GIUSEPPE - Qui bisognerebbe mettere, non togliere. E' troppo vuoto.
LINDA - No! Bisogna togliere tutto. C'è la casa nuova adesso! Puoi venire là. Così vedrai i tuoi… loro hanno così voglia di vederti!
GIUSEPPE – Io no. Non li voglio vedere.
LINDA - (cantando) Sotto l'albero del Piemonte
C'è una donna là che canta-a,
sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta…
GIUSEPPE - Palle.
LINDA - Canti con me, Giuseppe?
GIUSEPPE - Io non sono Giuseppe. Sono un alpino io.
LINDA - La cantavamo insieme, io te e mio nonno.
GIUSEPPE – Io non ho conosciuto tuo nonno.
LINDA – Cantavi con noi.
GIUSEPPE - Palle. Altre palle. Mai cantato io. Né con te né con un nonno.
LINDA – Non un nonno: il mio nonno.
GIUSEPPE – Né con te né con tuo nonno. Non c’era nessun nonno là intorno. Non canto!
LINDA – E la stalla?
GIUSEPPE - La stalla?
LINDA - Sì, nella stalla. Io, te e il nonno, lui ci raccontava la storia e poi cantavamo la canzone.
Sotto l'albero del Piemonte
C'è una donna là che canta-a…
GIUSEPPE – (interrompendola) Non voglio cantare! Non mi piace cantare. Non sono capace.
LINDA – Perché fai così, Giuseppe?
GIUSEPPE - Non sono Giuseppe. Sono un alpino. Conta che sono un alpino.
LINDA - Ma quale alpino?! La guerra è finita, mi sembra. Togliti quella divisa!

Giuseppe si china e stringe ancora più forte i legacci degli scarponi.

LINDA - E togliti quegli scarponi!
Sono tutti preoccupati, Giuseppe. Lo sai?
GIUSEPPE – Non ti piacciono i miei scarponi. Perché?
LINDA - Tua mamma piange tutto il giorno.
GIUSEPPE – Sono marroni. Scarponi marroni. Da neve. Non mi hanno mai fatto male, loro.
LINDA - Anche il papà sta male.
GIUSEPPE – Le scarpe da messa mi facevano male, loro sì.
LINDA - Il papà non mangia quasi più.
GIUSEPPE – Il papà non mangia più. E perché non mangia più?
LINDA - Perché è in pensiero per te, per questo non mangia più.
GIUSEPPE - Non mangia più. Sei sicura?
LINDA - Certo che sono sicura! Non mangia più.
GIUSEPPE - Non mangia più. Certo che è strano. Perché uno di solito dovrebbe mangiare. Non dico sempre, ma ogni tanto. Almeno ogni tanto dovrebbe mangiare. E lui non mangia più. E dimmi, la mamma. La mamma mangia, lei?
LINDA - No. Neanche più lei.
GIUSEPPE - Neanche lei. Nemmeno ogni tanto?
LINDA - No. Nemmeno ogni tanto.
GIUSEPPE - Nemmeno ogni tanto.

Pausa.

GIUSEPPE - E dimmi, sono magri?
LINDA - Perché non vuoi vederli?! Fammi capire.
GIUSEPPE - Non voglio vederli perché certo puoi dirmelo tu.
LINDA - Che cosa?
GIUSEPPE - Voglio dire che tu certo l'hai capito.
LINDA - Che cosa ho capito?
GIUSEPPE – Quello che voglio che tu mi dica.
LINDA - Che cosa ti devo dire.
GIUSEPPE - Tu li hai visti. Tu me lo puoi dire.
LINDA - Che cos'è che ti posso dire?
GIUSEPPE - Puoi dirmi se sono magri.
LINDA - Perché fai così? Giuseppe!
GIUSEPPE - Ma dov'è 'sto Giuseppe? Perché parli con lui? "Ma nooo!!! Giuseppe sei tu!" Finiscila di contarmi palle. Tutte palle. Un mare di palle. Le palle di sempre. Anni di palle. Palle grosse e palle piccole. Solo palle. Ma tutte palle. Una vita di palle. Una palla.
Sono stufo.
Mamma e papà non li voglio vedere.
Loro no.
LINDA - E chi è che vuoi vedere?
GIUSEPPE - Io?
LINDA - Sì, tu. C'è qualcun altro qui?
GIUSEPPE - Ah, non lo so. Dimmelo tu se c'è qualcuno.
LINDA - Smettila!
GIUSEPPE – Sono già qui? Non avrai mica fatto venire qualcuno…
LINDA - Smettila!
GIUSEPPE – Non ho voglia di fare festa.
LINDA – Stai tranquillo, non c’è nessuno.
GIUSEPPE - Non voglio vedere nessuno, io.
LINDA - (urlando) Sta zitto!
GIUSEPPE - Perché ti arrabbi così? Che cosa ti ho fatto?
LINDA - Niente. A me niente.
GIUSEPPE - A te? Allora c'è qualcun'altro.
LINDA - Giuseppe…
GIUSEPPE - Li hai portati qui? Io li ho visti tutti. Perché li hai portati qui? Le facce che hanno poi!
LINDA – I tuoi amici? Guarda che non sono cambiati.
GIUSEPPPE – Non loro.
LINDA – E chi?
GIUSEPPE - I morti.
LINDA - Quali morti?
GIUSEPPE - I morti. E' pieno di morti in giro. Io ne ho visti tanti in guerra. Ma anche qui intorno…
LINDA - E ti pare che uno se li debba portare a casa?
GIUSEPPE - Non si sa mai.
LINDA - Giuseppe…
GIUSEPPE - Io non sono Giuseppe. Sono un alpino.
LINDA - Lo so, lo so, ma…
GIUSEPPE - Perché mi chiami Gius... Chi hai portato?
LINDA - Nessuno.
GIUSEPPE - Non voglio più vederli.
LINDA - Non c'è nessuno. (Giuseppe fa per parlare) E basta. Non c'è nessuno.
GIUSEPPE - Nessuno… Siamo in due, però.

LINDA - Perché non vuoi vedere nessuno?
GIUSEPPE - Non è colpa mia.
LINDA - Di chi è la colpa?
GIUSEPPE - Io ne ho già vista di gente.
LINDA - Dove?
GIUSEPPE - In guerra
LINDA - Che cosa c'entra?
GIUSEPPE - C'entra troppo. Ne ho già vista, di gente. Adesso basta.
LINDA - Basta per sempre? Mezzo sorriso basta per sempre? Tu sei mezzo sorriso. Ma mezzo ti resta. Dovrebbe bastare. E invece non vuoi. Vergogna.

GIUSEPPE - Se vuoi me li tolgo.
LINDA – Che cosa?
GIUSEPPE - Gli scarponi.
LINDA - Palle.
GIUSEPPE - Linda.
LINDA – Mi riconosci?!
GIUSEPPE - Linda linda.
LINDA - Giuseppe!
GIUSEPPE - Linda linda linda. Lililìnlinlìn. Dadadàdadà, lililìnlinlìn. Dalìn dalìn dalìn. Dalàn dalàn dalàn. Dà dà dà. Lan lan lan. Da da da da da da. Da da da da da da da da.
LINDA - Smettila! Lo sai che non mi piace.
GIUSEPPE – Do da dà do dà!
LINDA - Non ho ancora capito se ti sei completamente rincoglionito o se sei troppo furbo.
GIUSEPPE – Da da dà da dà!
LINDA - Forse la seconda. Troppo furbo.
GIUSEPPE – Aaaaaaa!
LINDA – Non urlare.
GIUSEPPE – Solo per fare festa!
LINDA – Non urlare!
GIUSEPPE – Da da dà. Ra ra rà, ta ra tà. Ra ta tà, ra ta tà ta tà ta, ratatatatà! Ratatatatà! (mimando una pistola con la mano) Pum pum. Pum.
LINDA - Nessuno t'ha obbligato.
GIUSEPPE - Tu dici nessuno?
LINDA - Nessuno. Potevi non partire. L'hanno fatto in tanti.
GIUSEPPE - Nessuno. Pum. I nessuno di prima. Pum pum. Siamo in due. Pum pum pum.
LINDA –Mezzo sorriso ti basta.
GIUSEPPE - Non basta.
LINDA - Non vuoi che ti basti.
GIUSEPPE - Pum pùm pum pum pùm pum.
LINDA - Cerchi una ragione?

Giuseppe soffia sulla pistola.

LINDA - Oppure l'hai persa, la ragione.
GIUSEPPE - E' una battuta?
LINDA - Oppure è solo la memoria che hai perso.
GIUSEPPE - Sei spiritosa.
LINDA - Oppure nessuna delle due.
GIUSEPPE - E pure bella. Il tempo non passa per te. Ti sembra giusto?
LINDA - No. Ma a te sembra giusto stare in quella divisa di merda e far bollire i piedi in quei marcioni marroni?
GIUSEPPE - Scarponi. Sono scarponi. Non marcioni marroni. Non mi piace marcioni. E' inadeguato.
LINDA - Rende l'idea, invece. Toglili.
GIUSEPPE - No. Se no puzzo.
LINDA - Non cambierà di molto.
GIUSEPPE - Chi?
LINDA - La situazione.
GIUSEPPE - Credevo Giuseppe.
LINDA - Giuseppe non c'è più.

Silenzio.

LINDA – Daì, andiamo a giocare! Vieni, entriamo nella tenda!
GIUSEPPE – Non voglio fare festa.
LINDA – (spingendolo verso la tenda) Dai!
GIUSEPPE – (sfuggendole) Non voglio giocare agli indiani. Ho visto fango. E in mezzo sangue. Fango incollato col sangue a facce spente. E mi basta.
LINDA – Forse è meglio che facciamo un po’ d’ordine.

GIUSEPPE - Loro sono un pezzo di me.
LINDA – E' per questo che li devi vedere!
GIUSEPPE - Chi?
LINDA - Tua madre e tuo padre.
GIUSEPPE - Gli scarponi sono un pezzo di me.
LINDA - Si sono già incollati?
GIUSEPPE - Mio padre e mia madre? Ma non erano solo magri?

GIUSEPPE - Perché mi guardi così? Chi è che si è incollato? Dimmelo! Non ho capito davvero. Sai, ne ho vista tanta di gente. Le facce ti restano in testa.
LINDA - Gli scarponi. Ti si sono già incollati ai piedi gli scarponi?
GIUSEPPE - Gli scarponi?
LINDA - Che cos'altro?
GIUSEPPE - C'è qualcos'altro? No. Scusa ma…
LINDA - Smettila.
GIUSEPPE - Allora non c'è nient'altro. Gli scarponi. Ci sono solo gli scarponi. Scarponi marroni. Ma non marcioni. Non marcioni marroni. Gli scarponi non si sono incollati.
A te non piacciono i miei scarponi! Per questo dici che si sono incollati. Sono scarpe da neve, loro. Questa è la sola verità. Ma non è vero.
LINDA - Che cosa?
GIUSEPPE - Quel che è vero… non conta.
LINDA - Giuseppe…
GIUSEPPE - Non sono Giuseppe. Non vero. Presumo.
LINDA – Che cosa presumi?
GIUSEPPE – Presumo… che nulla più conta. Non vero.
LINDA - Tu non stai bene.
GIUSEPPE – Presumo, io. E se non è vero, chi conta o che conta?
LINDA - Completamente no, ma abbastanza sì. Tu sei abbastanza rincoglionito.
GIUSEPPE - La scuola in città.
LINDA – Giuseppe!
GIUSEPPE – No. Non Giuseppe. Filosofia. Non Giuseppe. Terza ora del mercoledì. Tutto sul vero. Chi conta però?
LINDA – Ricordi la scuola, Giuseppe?
GIUSEPPE – Ricordi. Tutti ricordi. Tutti ricordano sempre. Facciamo qualcosa di nuovo, noi. Vammi a prendere qualcosa.
LINDA - Che cosa?
GIUSEPPE - Come, che cosa?
LINDA - Che cosa. Che cosa vuoi che vada a prenderti.
GIUSEPPE - Che cosa. Che cosa vuoi che ti dica. Io poi! Non lo so. Che cosa. Magari qualcosa per riempire. Hanno portato via i mobili. E' tutto un po' vuoto. Riempiamo un po'. Creiamo un arredamento. Che ne so… una sigaretta! Vammi a prendere una sigaretta.
LINDA - Per riempire?
GIUSEPPE - Potrebbe essere un buon inizio. Una sigaretta è pur sempre una sigaretta.
LINDA – E come faccio a prenderti la sigaretta?
GIUSEPPE - Devi uscire per prenderla.
LINDA – Giusto. Vieni che andiamo a giocare nella tenda...
GIUSEPPE - Non voglio fare festa.
LINDA - Stai tranquillo, la useremo per altro! Vedrai che serve. Servirà ad uscire, la tenda. La vuoi la sigaretta? Allora vieni che giochiamo con la tenda.
GIUSEPPE – Non voglio! Se non voglio, non voglio.

Linda accende il giradischi: parte la musica di “Sotto l’albero del Piemonte” e la boccia comincia a girare. Linda canta e costringe Giuseppe a ballare con lei intorno alla tenda: dopo qualche giro controvoglia, Giuseppe fugge e si nasconde. Linda lo cerca nella tenda senza successo, quindi spegne il giradischi: la musica cessa, ma la boccia continua a girare.


LINDA – Giuseppe! Vieni, l’ho spenta.
GIUSEPPE – (ricomparendo) E’ proprio bella. Però tu dicevi delle due entrate, una davanti e una di dietro: manca l’entrata di dietro.
LINDA – Non serve se non si fa festa. Serviva a passarci dentro cantando e ballando. Ma tu non vuoi. La useremo per uscire la tenda. Giochiamo che uscivamo dalla tenda. O forse hai cambiato idea: vuoi che facciamo la festa, Giuseppe?
Sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta-a,
sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta.
Tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva-a,
tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva…
Maritata non maritata
io la voglio far mia sposa-a,
maritata non maritata
io la voglio far mia sposa..
GIUSEPPE – Non canto. Non canto!
Sai, ti restano in testa le facce. Perché ha sempre una faccia, la testa. E una faccia attira altre facce. Ci sono passato, tornando, in città. Quella lì.
LINDA – La ricordi? Noi due in città? Ti ricordi di allora, Giuseppe?
GIUSEPPE - Gli altri ricordano sempre. Altri ricordi. Chiedilo a lui, a Giuseppe. E' un tuo amico? Fai bene a chiederlo a lui. Voglio una sigaretta. Vai. (Linda fa per andare) Ci sono passato tornando, in città. (Linda si ferma) Quella bella. Che non è più quella, però.

Linda guarda la boccia che gira.

LINDA - (porgendogli il gomitolo che stava arrotolando) Me lo reggi un attimo?

Giuseppe prende il gomitolo.
Linda si avvicina alla panca per osservare la boccia da vicino.

LINDA - Ti ricordi il nonno?
GIUSEPPE - No.
LINDA - Ti ricordi lo stagno?
GIUSEPPE - No.
LINDA - Ricordi che cosa facevamo ogni sera?
GIUSEPPE - No.
LINDA - Allora come hai fatto a tornare?
GIUSEPPE - (guardando il gomitolo) Altro grigio in città.
Io chinavo la testa e ridevo… nascosto
da tutti...
Vai a prendermi la sigaretta! T’ho detto di andare a prendermi una sigaretta! Una sigaretta.
LINDA – Ma davvero?
GIUSEPPE – Una sigaretta.
LINDA - Vado a prenderti la tua maledetta sigaretta.

Linda va verso la tenda. Giuseppe ferma la boccia.

GIUSEPPE - Io torno. (Linda si ferma) Nessuno mi guarda, però.
E cammino. (a Linda) Vuoi sapere come sono tornato? Ti sto raccontando come sono tornato. Ma tu adesso vai. Pensa all'arredamento. Chi ben comincia è a metà dell'opera. A metà. Basta una. Sigaretta. Io racconto ma tu vai. Io parlo tu cammina. Non senti se vai? Non importa. Sta tranquilla, il bello viene dopo. Arrivi per tempo, vedrai.
LINDA - Mezzo sorriso. Mezzo sorriso senza vergogna. Sprofonda. Non voglio ascoltare. Io so quel che sei. So quel che sono. So quel che siamo.
GIUSEPPE - La Trinità? Pensa un po'. Siamo noi. Che mistero che era! Vai. Tanto il bello viene dopo. Adesso è solo non vero.
LINDA - Tu sei completamente rincoglionito.
GIUSEPPE – Una! Sigaretta!

Linda entra nella tenda.

GIUSEPPE - Facciamo che sto tornando.
I portici.
Il passo pesante di scarpe da neve.
Io torno.
Imbottite. Marroni rigate
e un poco
solenni, sul grigio che pesto.
Sono morti a migliaia sul grigio.
A ognuno una scarpa per piede
e poca terra, ma proprio poca,
al confronto di quella pestata
là sotto a quel grigio
che maschera e scioglie ogni vero.
E' presunto.
Il vero è solo presunto.
Il vero non conta,
per questo sorrido nascosto,
la faccia a scavare lo sterno,
le mani piantate sui fianchi
mi guardo le scarpe da neve
che senza sto freddo
sono morte anche loro,
non vere. Ma sole
d'estate.
Sorrido di meno
le scarpe sono chiare
sul grigio che è sempre più bianco.
Alzare la testa?
Per cosa?
Guardare qualcuno?
E se ride anche lui?
Che gli dico?
Buongiorno?
Sta bene?
Perché mai sorride?
Mi copia?
E' cretino?
Paresi facciale?
O pensa anche lei
che il vero non conta?
Bastardo!
Basta già uno a pensarlo.
Si penta.
Incupisca.
Provi vergogna
e si batta la mano sul petto,
a scavarlo giù in fondo,
che esca materia sanguigna,
a fare un bel letto
rosso rosso,
il letto più amato di ogni faccia che ride,
nascosta, però.
E ora rida anche lei.
Ne ha diritto.
Ha sofferto.
Non le resta null'altro da fare.
Pianti la faccia nel petto.
E si guardi le scarpe.
Son nuove e pesanti.
Ma il grigio di sotto è lo stesso.
Non resta più niente.
Cammini veloce.
Nessuno la segue, signore.
Vada lontano.
Sono tanti a pensarla,
nessuno a vederla, signore.
Non parlo.
Lo dico a nessuno.
Lei fugga. Scompaia.
Non torni. Io sì. Lasci me.
Mi lasci tornare
A guardarmi le scarpe pesanti,
da inverno.
Non nevica ormai. Da mesi non nevica più.
E questa è la fine.
Per finta.
Sempre per finta.
Fa meglio del vero,
per finta.
Son giorni.
Passati.
Ma tanti.

Linda esce dalla tenda, con una mano tiene una sigaretta.

GIUSEPPE - E' grigio in città.
Io vado a cacare in un bar.
Almeno fa caldo.
E mi prendo un caffè.
Così fumo e riparto
sul grigio di prima.
Mi pento.
Saluti!
Son vivo.
Chino la testa
e rido nascosto
mentre cammino.
(a Linda) Sono tornato. Hai visto che sono tornato? Sono passato in città…

Linda gli porge la sigaretta. Giuseppe la prende e la posa con cura sul bordo della panca, come se fosse accesa.

GIUSEPPE – Sai che… Non sei cambiata. Sei proprio tu.
LINDA - Conta qualcosa?
GIUSEPPE - Conta se è vero.
LINDA - (indicandogli la sigaretta e porgendogli un fiammifero) Vuoi accendere?
GIUSEPPE - Sei matta? Il fuoco non serve. Mica la accendo. Vuoi rovinare l'arredamento? Il fumo fa volume. Bisogna crearlo piano piano, l'arredamento.
Mi dici: vuoi accendere? E perché? Il fumo si può anche immaginare, il fumo della sigaretta. (Prendendo la sigaretta e mimando l’atto del fumare) Basta metterla in bocca al momento giusto. I fiammiferi sono inutili. Sempre. E comunque quella, la sigaretta, è già accesa di sicuro.
LINDA - Tua madre chiede di vederti.
GIUSEPPE - Di nuovo? Ma come fai a sentirla?
LINDA - Anche tuo padre.
GIUSEPPE - Fanno il coro? (mimando una pistola con la mano) Pum pum. Silenzio.
LINDA - Cattivo!
GIUSEPPE - Sono cambiati?
LINDA - Cambiati?
GIUSEPPE - Fisicamente.
LINDA - No.
GIUSEPPE - Allora non serve vederli.
LINDA - Li vuoi fare morire?
GIUSEPPE - Ratatatatà! Pum pum.
LINDA - Che cosa vuoi?

Silenzio.

LINDA - Perché sei tornato?
GIUSEPPE - Perché non sono morto.
LINDA - Hai voglia di ridere.
GIUSEPPE - Sì, tanta.
LINDA - Che cosa vuoi?
GIUSEPPE - Un bacio. Uno. Mi basta un bacio. Un bacio per chi torna. Come nei film.
LINDA - Un abbraccio.
GIUSEPPE - Un bacio!
LINDA - Mi fai paura.
GIUSEPPE - La paura. Quella lì. Tu non sai cos'è.
LINDA - Al massimo un abbraccio.

Giuseppe guarda Linda in silenzio, poi allarga le braccia e va verso di lei: Linda felice gli va incontro per abbracciarlo.

GIUSEPPE – (Unendo improvvisamente le braccia e mimando una mitragliatrice contro di lei) Ratatatatà! Pum pum.
LINDA - Bastardo!
GIUSEPPE - Il papà lo sa? Diglielo. Magari gli viene fame. Un figlio bastardo è una bella emozione. Voglio solo un bacio. Un bacio come i primi giorni.
LINDA - Tu stai fingendo! Ti ricordi tutto, tu.
GIUSEPPE - Quello che è vero, che conta. Ricordo quello che conta.
LINDA - Allora ti basta, quel mezzo sorriso che resta.
GIUSEPPE - Davanti alla scuola. Era bello andare a scuola. Era bello andare in città.
LINDA - Era più bello tornare in campagna. Erano belle le sere dal nonno.
GIUSEPPE - Davanti alla scuola. Che poi sbandavamo, a forza di baciarci, sbandavamo e finivamo sul tombino.
LINDA - Non era un tombino. Era una grata.
GIUSEPPE - La grata di sfiato. Locale caldaie. Seminterrato. L'aria calda che usciva. Era grigio, ma bello in città. La gonna. Ti si gonfiava la gonna!
LINDA - Non è vero, non si gonfiava la gonna.
GIUSEPPE - Però sentivi calore.
LINDA - Certo che sentivo calore.
GIUSEPPE – E' per quello che non smettevi più di baciarmi, vero Linda? Mi baci Linda? Un bacio. Solo uno.
LINDA - E poi? Te li togli gli scarponi?
GIUSEPPE - Scarponi. Brava. Scarponi. Sono scarponi, loro. Scarponi marroni. Da inverno. Scarpe da neve. Non sono scarpe da messa. Fan male da messa. Da neve. Scarpe da neve. Un poco rigate. Marroni. Scarponi marroni.
LINDA - Giuseppe.
GIUSEPPE - Dimmi.
LINDA - Se ti bacio te li togli gli scarponi?
GIUSEPPE - Non posso. Loro no. Non posso. Non voglio.
LINDA – Guardiamo un po’ quale tesoro hai là dentro.
GIUSEPPE - Quale tesoro?
LINDA - Vediamolo insieme quale tesoro. Che cosa ci sarà mai là dentro?
GIUSEPPE - Forse due piedi. Saranno così preziosi?
LINDA - I piedi. Sì. Anche i piedi. Ci sono anche i piedi.
GIUSEPPE - Al caldo. Quindi non li tolgo.
LINDA – Non fa freddo, Giuseppe!
GIUSEPPE - Lo sai che non c'entra.
Quante bestie ha ancora mio padre?
LINDA - Penso una ventina.
GIUSEPPE - Tori quanti?
LINDA - Nessuno. Tutte vacche da latte.
GIUSEPPE - Sta mollando.
LINDA - Non ce la fa più da solo. Sperava che tu tornassi.
GIUSEPPE - Per girare col tridente la merda ancora calda? E coprirla con la paglia, per far finta che scompaia? Non scompare. La merda non scompare. Mai. La togli a carrette, dopo due giorni. E il letamaio aumenta, il letamaio.
LINDA – C'è altro.
GIUSEPPE - Dove, nella stalla?
LINDA - Noi due, stretti sulla paglia, ad ascoltare i racconti del nonno, dopo il giorno passato in città, dopo i banchi di scuola e le caldarroste alla stazione e quei baci sempre più lunghi, sulla grata.
GIUSEPPE - Locale caldaie! Seminterrato. Dava sul marciapiede. Perché non restavamo lì? Perché tornavamo? C'è tutto quel grigio in città, forse a te non piaceva. E' per questo, Linda?
LINDA - Tornavamo per correre allo stagno. Lo sai quand’è che correvamo allo stagno.
GIUSEPPE – No. Non lo so.
LINDA – Dopo che ci aveva raccontato la storia.
GIUSEPPE - Quale storia?
LINDA – La storia che ci raccontava il nonno tutte le sere. A tutti e due piaceva sentirlo. Ti ricordi?
GIUSEPPE – No. Chi ricorda è sempre di troppo. Non conta.
LINDA - Ti ha sempre voluto bene lui. Ci ha insegnato a cantare.
GIUSEPPE - Non so cantare, io.
LINDA - Eppure cantavi nella stalla.
GIUSEPPE – No. Non cantavo.
LINDA - (cantando) Sotto l'albero del Piemonte
C'è una donna là che canta-a,
sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta…
GIUSEPPE - (interrompendola) Io non canto.
Un uomo che uccide non canta. Nessuno lo vuole capire. Non canta.
LINDA - Cantavamo, io te e il nonno. E poi ci guardava diritto negli occhi e cominciava a raccontare la storia. Nella stalla. E poi “andate!”, ci diceva, andate a sentirle cantare. Sempre. E d’estate “rubate il canto alle rane!” e noi via di corsa fino allo stagno a sentirle cantare a occhi chiusi. Quel canto ci entrava dentro. E così bastava solo più chiudere gli occhi e anche quando lo stagno era ghiacciato e nevicava forte, riuscivamo a sentirle, le rane. Dopo cena andavamo con il nonno nella stalla e cantavamo tutti assieme "Sotto l'albero del Piemonte" e la cantavamo tutta quanta e poi calava il silenzio e lui ci raccontava la storia e poi "andate!" e noi correvamo allo stagno e qualunque stagione fosse loro cantavano. Bastava chiudere gli occhi. E poi di corsa a dare al nonno la buona notte. Lui ci aspettava nella stalla. Sempre.
GIUSEPPE – Nessun nonno. Solo merda nella stalla. Non c'è altro nella stalla.
LINDA - Non è vero. C'era il nonno nella stalla. E poi la stalla è piena di cose belle…
GIUSEPPE – Quali?
LINDA - …
GIUSEPPE – Allora?
LINDA - …
GIUSEPPE - E' che gli argomenti finiscono sempre, prima o poi.
LINDA - Le rondini. I nidi delle rondini!
GIUSEPPE - Merda anche quella. Sono fatti di merda.
LINDA - Da bambino li rompevi col tridente.
GIUSEPPE - Ero già cattivo allora. Questo vuoi dire?
LINDA - Tu lo stai dicendo. Non io.
GIUSEPPE - Tu non sai la città.
LINDA - Tu credi solo di sapere. E' colpa tua.
GIUSEPPE - Non colpa. Voglia. Solo volere. E non potere. Non vero. Lo sai. Ci sono passato tornando, in città. Tutto grigio. Ma non solo grigio stavolta. Qualcosa nel grigio. Più sotto. Non c'erano grate e castagne fumanti. Merda ovunque c'era. C'è merda dappertutto. Non puzza neanche più tanta ce n'è. Tu non sai. Sai quanto tempo è passato? Non lo sai. Vero Linda che non lo sai?
LINDA - Io non voglio sapere. Non voglio parlare del tempo. Voglio che tu la smetta. Almeno adesso toglila. Togliti quella divisa di merda!
GIUSEPPE - Sì, di merda anche lei! Cominci a capire. Che bello.
LINDA - Almeno adesso toglili. Togli quegli scarponi di…
GIUSEPPE – Marroni! Scarponi marroni. Un poco rigati. Scarponi però.
LINDA - Togliti quella merda di dosso e corri nudo per la vigna e io ti farò la trappetta e giù uno sull'altro, le teste nella polvere.
GIUSEPPE - Tu sei polvere.

Silenzio.

LINDA – Sotto l’albero del Piemonte
C’è una donna là che canta-a,
sotto l’albero del Piemonte
c’è una donna là che canta…

GIUSEPPE - Basta!

Pausa.

GIUSEPPE - E basta. Non serve. La palla e le rane.
LINDA - Cra cra cra…
GIUSEPPE - Smettila! Non sei capace.

Linda comincia a gracidare saltellandogli intorno.

LINDA - Cra cra cra… Cra cra cra…
GIUSEPPE - Rialzati.
Non sei mai stata capace.
LINDA - Non è vero, Giuseppe. E dai! Lo facevo come te. Abbiamo giocato tutti e due sulle rive dello stagno. E’ stata una bella notte. La più bella.
GIUSEPPE - La palla e le rane. (Incalzandola) Le rane cantano, la notte è lunga, la palla rotola giù dalla riva, le rane stan zitte, è la fine del gioco. Le rane stan zitte… è la fine del gioco.
LINDA - (incalzandolo) Sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta-a,
sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta.
Tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva-a,
tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva…
GIUSEPPE - Le rane stan zitte, la palla è perduta. E' la fine del gioco. Non canto. Non serve. Non sono capace a cantare.
LINDA - Ragiona, merda!
GIUSEPPE - Merda? Non mi avevi mai chiamato così. Baciami allora: potrebbe piacerti, merda! Ti piaceva sulla grata. Ora che hai un'altra concezione di me ti potrebbe piacere di più, merda! Prova! Tentare non nuoce. E can che abbaia non morde. Potrebbe essere dolce baciarmi, merda! Vieni e baciami. Bacia me merda! Ratatatatà! Pum pum pùm pum pùm.
LINDA - Sei un porco.
GIUSEPPE - Deciditi. Voglio sapere quello che sono: Giuseppe, una merda o un porco? Smettila di cambiare idea. Mi vuoi confondere? Io sono un alpino, in fondo. E gli alpini non hanno paura. Credi che mi faccia paura sapere chi sono? Ho visto di peggio. Ho lavato cucine. Mai un pianto, io. Neanche a sparare. Sempre con gioia. Finirà però.
LINDA - E' finita, Giuseppe!
GIUSEPPE - Non sono Giuseppe! Sono io. E basta che sono. Ti sembra poco che sono? Chi altro è se non sono? Vuoi che ti sparo? Ti sparo anche a te? Gli alpini non hanno paura. Sono forti gli alpini. Gli resta sempre la piuma, che poi è una penna, ma meglio non dirlo, meglio non dirlo al nemico, ti sembra?
LINDA - Sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta-a,
sotto l'albero del Piemonte
c'è una donna là che canta.
GIUSEPPE - Tanto non canto! Un uomo che uccide non canta. Non sono capace a cantare.
LINDA - (incalzandolo, mentre lui indietreggia) Tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva-a,
tanto ben che la canteva
che un bel re s'innamoreva…
GIUSEPPE - Un uomo che uccide non canta! Nessuno lo vuole capire.
LINDA - Maritata non maritata
io la voglio far mia sposa-a,
maritata non maritata…
GIUSEPPE - Non canta! Un uomo che uccide non canta. Non canta! Non canta. Un uomo che uccide non canta.
Si spoglia e si lava, poi fugge.
Non canta: ha vergogna.
Forse vorrebbe morire
ma il ruolo non spetta a lui vivo.
Non gli resta che tremare: la morte
è toccata ad un altro.
Un uomo che uccide non canta.

Giuseppe si rimette in bocca la sigaretta.

GIUSEPPE - La colpa gli scalda le gambe
e gli viene voglia
di andare a cacare
e piange
e riesce soltanto a pisciare.
Un uomo che uccide non canta.
Nessuno lo vuole capire.
Non canta. Fa finta.
LINDA – Ne hai uccisi tanti?
GIUSEPPE – Quanto basta.
LINDA – Allora non cantare.
Non te lo chiederò più.

Linda offre un fiammifero a Giuseppe, lui lo accende, poi lo spegne soffiando e continua a fumare la sigaretta spenta.

LINDA – “Negli ultimi tempi aveva smesso di venire nella stalla. Rimaneva in cucina a raccontare. Ti ricordi?

Erano giorni che lui non riusciva più a raccontare, ad appoggiare le mani sulle ginocchia e a raccontare. Ci provava ancora, faceva fatica, ma le mani arrivavano fin sopra alle ginocchia e poi scivolavano e doveva ricominciare da capo, senza avere avuto il tempo di raccontare.
Ti ricordi quel giorno, Giuseppe?

Lui si alzò dal divano e c'era la morte di fronte a lui, ad aspettare, a ridere e ad aspettare e anche la falce rideva, sdentata.
Ricordi?

Si alzò dal divano, prese, sul tavolo, la storia e uscì dietro casa per stenderla sul filo, che sgocciolassero tutte le parole, e la storia sgocciolava le parole lì sul filo, come se fossero tante lacrime, tante lacrime della storia. Non l’avevamo mai vista, l’avevamo sempre ascoltata la storia, non pensavo che fosse così.
E da come gocciolava, ci avrebbe messo un po’ per asciugare.
In casa la signora brutta aspettava
e noi nascosti nell'angolo a trattenere il respiro.
Ti ricordi?

Lui non riusciva più ad appoggiare le mani sulle ginocchia, ad appoggiare e a raccontare. Non riusciva più. Aspettavamo da giorni ormai, ma non lo faceva più.
La storia sgocciolava appesa tra la casa e la betulla, a lungo, perché lui non strizzava mai niente.
E noi a trattenere il respiro
e lei ad aspettare
e lui era come se non avesse capito niente.
Ti ricordi?

Prima di rientrare oltrepassò il cortile; non era mai più riuscito ad attraversare il cortile, con le gambe molli che aveva; ma quel giorno oltrepassò il cortile, e l'erba medica e passò in mezzo ai salici, oltre la bialera. Rientrò nella cascina vecchia, salì, poi scese e poi segnò col ritmo del passo tutti i cortili lì attorno, ti ricordi? Senza cantare le uova stavolta, senza gridare che "è tornato maggio!", perché maggio era ancora lontano.
Lo aveva fatto una volta, puoi dirlo che lo aveva fatto, bello e giovane com'era, a bere le uova nei cortili e a seguire la fisa che andava non ci voleva niente.
Ma quelli erano altri maggi
e adesso, tra la casa e la betulla, stava piovendo la storia e doveva fare in fretta, prima che finisse.
Prima che la storia smettesse di piovere rientrò in casa,
e noi nell'angolo a trattenere il respiro,
e lei a ghignare e aspettare
e lui che si sedeva di nuovo sul divano.
Ti ricordi?

E a me che sembrava un incantesimo. Già, ma tu non ricordi. Quando la storia finisce di gocciolare le sue lacrime uno non ricorda più.
Finite le gocce è finita, nessuno la può ricordare.
E allora te lo dico io, te lo dico io, muso senza vergogna cos'è successo, visto che non lo ricordi.
Lui si sedette al suo posto
E lei che aspettava
e noi nell'angolo a guardare e a tremare.
Poi lui si guardò le ginocchia, ti ricordi Giuseppe? E guardò la morte negli occhi: "Ho fatto il bucato”.
E alzò quelle sue mani grandi
e noi a aspettare, stavolta
e lei, per un attimo, a tremare.
Ricordi?

Restarono un attimo in aria, le mani, in aria, un eterno,
e caddero in basso le mani, in basso, a riempire le tasche. Ricordi?”
GIUSEPPE – No.
LINDA - Certo. Non puoi ricordare. Finite le gocce la storia è finita, nessuno la può ricordare.
GIUSEPPE - Io ho visto altri morti.
LINDA - E' tutto vero quello che ti ho detto.
GIUSEPPE - Non conta. Tu hai visto altri morti?
LINDA - Tu hai sempre voglia di ridere.
GIUSEPPE - Sempre. Cerco il singhiozzo.
LINDA - Tu lo sai cos'ho visto. E’ che non sai quel che cerchi. Non ti prende mai la vergogna.
GIUSEPPE - Il problema è un altro.
LINDA - Fosse solo uno, il problema.
GIUSEPPE - Una sigaretta ce l'abbiamo.
LINDA - E chissà quanto dura. Sempre accesa?
GIUSEPPE - Ti preoccupi? Finita questa ne troviamo un'altra.
LINDA - Non sono preoccupata. Io non fumo. Ma tu, aspiri?
GIUSEPPE - Aspiro ed espiro, come tutti. L'importante è non farla spegnere.
LINDA - La sigaretta.
GIUSEPPE - La sigaretta.
LINDA - Senza fuoco.
GIUSEPPE - Senza fuoco. I fiammiferi sono inutili. L'hai visto anche tu. Finisce sempre che li devi spegnere. Il fuoco fa fumo. Il fumo è un pericolo.
LINDA - Per l'arredamento.
GIUSEPPE - Esatto. Non c'è fumo senza arrosto: il fumo ingombra. Badare ai volumi. Riempire con criterio. Sempre con criterio.
LINDA - Forse hai gli scarponi legati troppo stretto.
GIUSEPPE - E' inutile che ci provi. Tanto non li tolgo.
LINDA - Se li togli ti dò un bacio.

Silenzio.

LINDA – Allora?
GIUSEPPE - Non cedo. Gli scarponi non li tolgo.
LINDA - Testone.
GIUSEPPE - Penso all'arredamento io. Avete portato via tutto. Una sigaretta ce l'abbiamo. Il più è fatto. Ora restano i dettagli. Vogliamo portare del cibo?
LINDA - Sempre per riempire?
GIUSEPPE - Sì, bisogna riempire. Sempre badando ai volumi. Vai a prendere del cibo. Portami un piatto fumante. La sigaretta c'è già.
LINDA - Giuseppe, tu sei di più. Sei più che rincoglionito.
GIUSEPPE - Un piatto. Fumante. Io voglio roba che fumi. Voglio vedere del fumo. Una sigaretta c’è già. Portami un piatto fumante.
LINDA - Poi però ti togli gli scarponi.

GIUSEPPE – E tu mi dai un bacio.
LINDA – No.
GIUSEPPE - Vai a prendere il cibo. Gli scarponi non li tolgo. Un piatto. Fumante. Gli scarponi no. Fa freddo. Un piatto fumante. Perché non vuoi capirlo? Non li tolgo. Vai. Un piatto fumante. Lo vogliamo creare quest'arredamento?

Linda entra nella tenda.
Giuseppe ricomincia a fumare per finta.
Linda esce dalla tenda con un piatto pieno di fango.

LINDA – Baccano di versi pensati
Di sogni già fatti
di corpi già amati
dagli avi di carta
coi volti previsti
da leggi di tempi scontati e precisi.
Profumo di marcio.
Fa niente. C’è vento: poi passa.
GIUSEPPE - Già qui? Facciamo la poesia? Già qui? Porti cibo o porti versi? Come mai sei già qui? (indicando il piatto) Non fuma. Lo voglio fumante. Non è un piatto fumante.
LINDA – Fumerà. Basterà guardarlo al momento giusto. Anche la tua sigaretta ha fumato per finta.
GIUSEPPE - Di nuovo colpa mia. Devo uscire per fumare davvero?

Giuseppe fa per entrare nella tenda.

LINDA – No. Nella tenda non si fuma adesso.
GIUSEPPE - E quando si fuma?
LINDA – Al momento giusto. Fumeremo insieme. Era stesa là fuori la storia. L’hai vista anche tu. Il nonno l’ha guardata in faccia, la morte. “Ho fatto il bucato”, le ha detto. L’hai sentito anche tu. E poi cos’abbiamo fatto? Non puoi non ricordarlo. Un pochino è stata anche colpa tua.
GIUSEPPE – Non accetto colpe. Colpevole mi dà noia. Perché sei già qui?
LINDA - (indicando il piatto) Era già pronto.
GIUSEPPE - Vuole dire che qualcuno ci pensa. C'è chi pensa all'arredo. Fa sempre piacere. Cos’è?
LINDA – Minestrone.
GIUSEPPE - Non lo mangio il minestrone. Non ho fame. Almeno fossero frattaglie.
LINDA – (impastando il fango nel piatto) Se vuoi te le preparo.
GIUSEPPE - Non le mangio le frattaglie. Non ho fame.
LINDA - Non ti piacciono più le frattaglie?!
GIUSEPPE - Certo che mi piacciono. E pure tanto. Che cosa c'entra? A te piacciono le violette. Almeno: mi pare ti piacessero le violette. Ti piacciono ancora le violette?

Linda annusa il fango nel piatto.

LINDA - Sì.
GIUSEPPE - Quanto?
LINDA - Tanto.
GIUSEPPE - Già. Tanto. Ti piacciono tanto. Le violette.
E forse che te le mangi le violette?
LINDA – Giuseppe!
GIUSEPPE – No, non le mangi. Allora fatti gli affari tuoi. Non ho fame. Non mangio.
LINDA - Sai perché ti piacciono tanto le frattaglie in umido?
GIUSEPPE - E' la prima di una lunga serie di domande o siamo arrivati alla fine?
LINDA - Giuseppe…
GIUSEPPE - Corte marziale o fucilazione diretta? Spara allora! Spara frattaglie. Dimmi delle frattaglie. Parla di pezzi di carne. Parla del sugo speziato. Riempi la bocca di sangue. Che sarà mai? Uno sparo. Pum! Uno sparo.
LINDA - Uno solo.
GIUSEPPE - Uno. Basta uno.
LINDA - Un solo sparo.
GIUSEPPE - Basta uno, a volte.
LINDA - E dove ti sparo? Ti sparo in bocca? Pensi che basti? Pensi che basti a tacere? Un supplizio per chi non si ferma? Frattaglie. Sono solo frattaglie.
LINDA - Il rumore dei grilli è lontano. E si perde. Sei tu.
Il canto del gallo fa ridere in sogno. Ogni mattina. Sei tu.
Il grano battuto. Un gran polverone. Mi spacca i polmoni. Ma non può fare male: lo sento. Sei tu.
Un carro pieno di fieno corre su un cielo sempre più nero e forse è perduto; ma piove che il carro è appena arrivato in cascina e il fieno si salva. Sei tu.
Tu che non vuoi mai fermarti. Tu che condanni chi scappa. E non perdoni chi resta. Sono solo frattaglie. Col vino. Sanno di marcio, col vino.
Il marcio più buono che esista. Il marcio che non te ne accorgi. Fumava e rideva. Fumava davvero, lui. “Non te ne accorgi” e poi serio, un'altra boccata. Non era per finta. E tu lo ascoltavi, mio nonno, “non te ne accorgi”, un'altra boccata, e rideva di nuovo... Eccome se lo ascoltavi. Fumava davvero. Non era per finta lui. Ma quella notte, quella là, perché siamo andati allo stagno?
GIUSEPPE – Era una sera come tutte le altre.
LINDA – No! C'era stata la morte, dal nonno.
GIUSEPPE – (incalzandola) La testa dell'oca che rotola in terra. Il corpo dell'oca che corre a zig zag e scompare dietro ai maiali. Chi è? Non lo so. Forse cerca altre teste. O forse sei tu.
Otto conigli appena nati. Li mangia tutti la mamma. Chi è? Non lo so. Forse ha capito che sono parenti. O forse sei tu.
Dimmi se sono, se siamo o se siete. Scompari nella peschiera piuttosto. Fai stare zitte le rane. Non voglio sentirle cantare!
LINDA – Cra cra cra.
GIUSEPPE - Smettila. Non lo sai fare.
LINDA - Cra cra cra cra.
GIUSEPPE - Non era così!
LINDA - Cra cra cra cra. Cra cra cra cra.
GIUSEPPE - Il ritmo almeno. A tempo. Devi andare a tempo.
LINDA - Cra cra cra cra cra cra…
GIUSEPPE - E poi ti devi decidere: sei una rana o tante rane?
LINDA - Cra cra cra…
GIUSEPPE - Facciamo che tu sei a riva. E io sono al centro. Tu sei dieci rane. E io nove. Nove più un rospo. Così siamo pari. Proviamo.

Giuseppe inizia a gracidare.

GIUSEPPE e LINDA - Cra cra cra cra. Cra cra cra cra.

Linda fatica sempre di più a gracidare, come se le mancasse il fiato.

Il gracidare di Linda diventa pian piano lo spasmo di chi sta soffocando: Giuseppe smette di gracidare e riprende a fumare per finta.

Silenzio.

GIUSEPPE - Ci pesca qualcuno?
LINDA – Le rane cantano, la notte è lunga, la palla rotola giù dalla riva, le rane stan zitte, è la fine del gioco. Perché mi hai lasciato là?
GIUSEPPE – Era ora di andare. Che ci facevo? La divisa aspettava. Le rane non le avrei più sentite. Mai.
LINDA - E la palla?
GIUSEPPE - Non c'era.
LINDA - Io l'ho vista. L'hai vista anche tu. Rotolava giù dalla riva. Chi l'ha tirata? C'era qualcuno?
GIUSEPPE - Nessuno. Non c'era nessuno.

LINDA – Guarda che cos’hai negli scarponi.
GIUSEPPE –Il nonno è rimasto o è scappato?
LINDA - Guarda che cos’hai negli scarponi.
GIUSEPPE - Il nonno è rimasto o è scappato?
LINDA - E' morto. Lo sai.
GIUSEPPE - Sì. Lo so. E' vero. Conta che è vero. Ma lui è morto davvero?
LINDA – E’ morto la sera prima che tu partissi.
GIUSEPPE – Un altro. E’ che non riesco più a contarli.
LINDA - Guarda che cos’hai negli scarponi.
GIUSEPPE - Io ho visto altri morti.
LINDA - Tu hai voluto scappare. E ora non vuoi vedere. Non vuoi vedere che cosa resta.
GIUSEPPE - Hai voglia di scherzare.
LINDA – Guarda che cos'hai in quegli scarponi?
GIUSEPPE - Lo sai quand'è che gli scarponi non si incollano più? Quando il sudore è già duro. C'è sudore qui dentro. Sudore già duro.
LINDA - C'è altro.
GIUSEPPE - Cos'altro c'è?
LINDA - Non saprai mai quello che c'è.
GIUSEPPE - Me lo dirai.
LINDA - Toglili.
GIUSEPPE - Non li tolgo.
LINDA - Nemmeno se ti dò un bacio?
GIUSEPPE - Sì! Dammi un bacio. A me che sono tornato. Un bacio come allora.
LINDA – Togliti gli scarponi.
GIUSEPPE - Sulla grata. Locale caldaie. Era bello.
LINDA – Toglili.
GIUSEPPE - No.
LINDA – Togliti quegli scarponi!
GIUSEPPE – No.
LINDA – Toglili!
GIUSEPPE – No! Un alpino non mostra i suoi piedi. Ha vergogna. Ma ho una divisa io. Io non mi caco sotto. Io ho una dignità da difendere. Io faccio cacare sotto gli altri. Sono un lassativo, io. Come vuoi che faccia a farti vedere i piedi? Le divise segano l'aria. Bucano la terra, loro. Hanno sempre la precedenza, loro. Perché loro scavalcano gli incroci.
LINDA - Palle. Tutte palle. Mi stai contando palle. Se non ti togli gli scarponi chiamo papà e mamma.
GIUSEPPE - Chiama chi vuoi. Non me ne frega niente.
LINDA - Ma se prima non volevi vederli!
GIUSEPPE - Facevo finta. Io so come si fa.
LINDA – Lo so che lo sai.
GIUSEPPE – (togliendosi la giacca della divisa) Io ho visto morti.
LINDA –Ma va!
GIUSEPPE – Morti sulla neve. LINDA - C'era chi tremava!
GIUSEPPE - Morti sotto il sole. LINDA - C'era chi sudava!
GIUSEPPE - Morti zuppi d'acqua. LINDA - Uno si asciugava!
GIUSEPPE - Morti fra le pietre. LINDA - Uno si spaccava!
GIUSEPPE - Morti nelle case. LINDA - Uno che imbiancava!
GIUSEPPE - Morti là sui ponti. LINDA - Uno che saltava!
GIUSEPPE - Morti tra le piante. LINDA - Uno che potava!
GIUSEPPE - Morti giù nei fossi. LINDA - Uno che beveva!
GIUSEPPE - Morti senza mani. LINDA - Chi giocava a carte!
GIUSEPPE - Morti senza piedi. LINDA - Chi ballava il twist!
GIUSEPPE - Morti mezzi nudi. LINDA - Chi fotografava!
GIUSEPPE - Morti ben coperti. LINDA - Tutti a nascondino!
GIUSEPPE - Morti senza braccia. LINDA - Su lanciamo il peso!
GIUSEPPE - Morti a braccia aperte. LINDA - Venite adoremus!
GIUSEPPE - Morti arrotolati. LINDA - Pronti da affettare!
GIUSEPPE - Morti ben distesi. LINDA - Belli da schiacciare!
GIUSEPPE - Morti traforati. LINDA - Utili a scolare!
GIUSEPPE - Morti addormentati. LINDA - Ninna nanna ninna-o…
GIUSEPPE - Morti consumati. LINDA - E un ometto li pelò…
GIUSEPPE - Morti ancora caldi. LINDA - Ninna nanna ninna-o…
GIUSEPPE - Morti divorati. LINDA - E un omon se li mangiò!
GIUSEPPE - Morti impacchettati. LINDA - Fiocchi e candeline!
GIUSEPPE - Morti scoppiettanti. LINDA - Fiera di paese!
GIUSEPPE - Ho visto morti. Intorno niente. Aria pesante e vento arrabbiato.
LINDA - Solo silenzio.
GIUSEPPE - Vivi ogni tanto.
LINDA – Qualcuno sparava.
GIUSEPPE - Qualcuno infilzava.
LINDA - Qualcuno guardava.
GIUSEPPE - Nessuno rideva.
LINDA - Qualcuno piangeva.
GIUSEPPE - Nessuno correva.
LINDA - Qualcuno fumava.
GIUSEPPE - Nessuno cantava.

LINDA - Cra cra cra…
GIUSEPPE - Basta.
LINDA - E la palla?
GIUSEPPE – (indicando la boccia del giradischi) Abbiamo una palla! Guarda la palla, Linda.
LINDA - La palla è ferma.

La boccia del giradischi della lampada comincia a girare.

GIUSEPPE - Che cosa vedi sulla palla, Linda?
LINDA - La palla è ferma.
GIUSEPPE - Tocca la palla, Linda.
LINDA - No, la palla è ferma.
GIUSEPPE - E' tutto vuoto, abbiamo solo la palla. Non basta una palla.
LINDA - La palla è ferma.
GIUSEPPE - Non c'era.
LINDA – Giù dalla riva.
GIUSEPPE - Giù dalla riva. Non c'è.
LINDA - Giù dalla riva. L'ho vista.
GIUSEPPE - Ha tanti colori?
LINDA - Tantissimi.
GIUSEPPE - Allora basta poco a vederla.
LINDA - Sì.
GIUSEPPE - E cosa si vede?
LINDA - Dove?
GIUSEPPE - Lì. Sulla palla.
LINDA - I banchi.
GIUSEPPE - I banchi.
LINDA - Sì. I banchi.
GIUSEPPE - Di scuola.
LINDA - No. Del mercato.
GIUSEPPE - I teloni.
LINDA - La gente che guarda.
GIUSEPPE - La gente. Che gente?
LINDA - Il paese. La gente del paese.
GIUSEPPE - Si muove?
LINDA - Cammina.
GIUSEPPE - E' veloce?
LINDA - Sì.
GIUSEPPE - Allora corre.
LINDA - Sì… scappa.
GIUSEPPE - In collina.
LINDA - Non in collina. In città.
GIUSEPPE - Sì. Però suda. E' vestita la gente?
LINDA - Nudi e non nudi. Ora camminano. Tutti si guardano.
GIUSEPPE - Scegline uno.
LINDA - Non voglio.
GIUSEPPE - Fallo.
LINDA - Non voglio.
GIUSEPPE - Guardalo in faccia anche tu.
LINDA - Non voglio.
GIUSEPPE – (urlando) Fallo!

Linda estrae di tasca un fiammifero acceso e si avvicina alla lampada.

LINDA - Adesso la vedo così bene!
GIUSEPPE - Che cosa?
LINDA - La palla.
GIUSEPPE - Corrile dietro! Corrile dietro!!

Linda avvicina troppo il cerino alla boccia, che esplode.
Contemporaneamente si sente un rumore fortissimo di un tonfo nell’acqua.
Giuseppe si toglie le mani dagli occhi.
Linda raccoglie il gomitolo più grande e lo va a posare sulla base della lampada, al posto della boccia esplosa.

LINDA - (indicando il gomitolo) Per finta.
GIUSEPPE - Lo stagno com’è ora?
LINDA – E’ vuoto.
GIUSEPPE - Senza rane?
LINDA - Senza rane.
GIUSEPPE - Bastava chiudere gli occhi.
LINDA – E le sentivamo cantare.
GIUSEPPE - Ma volere sembrare loro!
LINDA - Noi eravamo già loro.
GIUSEPPE - Bastava già.
LINDA - Poi è arrivata la palla.
GIUSEPPE - Giù dalla riva. La palla di chi la vede. La palla a colori. La palla che sa fottere.
LINDA - Era bella però! Perché non correrle dietro?
GIUSEPPE – Perché non scappare?
LINDA - Tu hai provato la guerra.
GIUSEPPE - Non c'entra. Sono miserie. Ognuno ha una miseria da portare.
LINDA - Qualcosa per soffrire? Per finta o per davvero?
GIUSEPPE - Non serve.
LINDA - Ma resta qualcosa?
GIUSEPPE - Solo qualcuno.
LINDA - Ma sempre?
GIUSEPPE – Ora li voglio vedere, mamma e papà.
LINDA – Non vogliono loro. Non più. Nessuno ti vuole vedere.
GIUSEPPE – Portami nella stalla. Voglio vedere le mucche.
LINDA – C’è solo più paglia.
GIUSEPPE – Andiamo in città. La grata di sfiato. Locale caldaie. Che poi ci baciavamo. Era bello.
LINDA - Niente città. Solo più merda in città. Merda e macerie.
GIUSEPPE - Cra.
LINDA - Cra.
GIUSEPPE - Cra.

Linda all’improvviso bacia Giuseppe.
Giuseppe si ritrae agitatissimo.
Giuseppe si toglie in fretta gli scarponi, Linda corre eccitatissima a prendere il piatto e gli si avvicina e gli disegna sul viso una croce con il fango.
Poi segna allo stesso modo il proprio viso con il fango.
Quindi segna gli scarponi.
Poi prende uno scarpone, ci fruga dentro e ne estrae un foglietto di carta.
Quindi indica a Giuseppe l’altro scarpone.
Giuseppe fruga nello scarpone, ne estrae un foglio di carta e legge.

GIUSEPPE – Linda Granero, contadina, scivolata sul fango rincorrendo una palla, mentre giocava sulla riva di uno stagno, morta affogata il giorno ... (verrà detta ogni volta una data a caso)
LINDA - (urlando, a coprire le parole di Giuseppe) Aaaaaa!!!

Linda lascia cadere a terra il suo foglio di carta.

LINDA – Giuseppe Bosco, alpino, colpito da un cecchino mentre si fumava una sigaretta di notte, morto in guerra il giorno… (verrà detta ogni volta una data a caso)
GIUSEPPE - (urlando, a coprire le parole di Linda) Aaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!

Silenzio.

LINDA – Perché urli?
GIUSEPPE - Per fare festa.

Silenzio.

GIUSEPPE – E tu perché urli?
LINDA - Così, per divertirsi.
GIUSEPPE – Che giorno è?
LINDA – E’ sabato 1 febbraio 2003 (sabato 1 febbraio 2003 è la data della prima messa in scena ed è esemplificativa di come verrà detto sempre il giorno della replica in corso)

Parte la musica di “Sotto l’albero del Piemonte”
Giuseppe entra nella tenda.
Linda si sfila il vestito a fiori ed entra anche lei.
Cala il buio e dalla sommità della tenda filtra verso l’alto una luce sempre più forte. Contemporaneamente si leva un filo di fumo.
Dalla sommità della tenda luce e fumo in crescendo, poi buio e silenzio.