LULU’

Racconto scenico in tre atti di

Giovanni Spagnoli



Personaggi:
Il Lettore
Carlo
Olga
Giulio
Arduini
Riccardo
Arturo


Anni ’50.


Atto primo
(A sipario chiuso il Narratore esce sul proscenio: in una mano ha un libro, nell’altra reca un leggio)
Narratore – Buona sera. (Posa il libro sul leggio e legge) Titolo: Lulù. Sottotitolo: un tenore in cerca di audizione. Carlo Zecchini non aveva una grande voce; non era, per intenderci, un Pavarotti o un Placido Domingo, ma nel genere cosiddetto lirico-leggero avrebbe potuto cavarsela con dignità. I buongustai della lirica l’avrebbero definito “tenore di grazia”, se solo avessero avuto modo di ascoltarlo. Purtroppo aveva un grave difetto: un conto corrente bancario esangue, benché sempre in rosso. Quasi tutto ciò che la moglie gli aveva portato in dote se n’era andato in lezioni di canto, di piano e corsi di perfezionamento. Anni e anni di sacrifici gli avevano consentito di conseguire un paio di diplomi, tanto eloquenti quanto inutili.
Correvano gli anni cinquanta del secolo scorso e allora, come oggi del resto, senza raccomandazioni molte carriere terminavano prima di cominciare. Certe ruote, si sa, girano soltanto se unte con olio extravergine di moneta corrente.
Poco pratico dell’ambiente, Carlo si era dato da fare come aveva potuto, ma ben presto era stato costretto a rendersi conto di non essere in grado di convincere i sovrintendenti teatrali ai quali si rivolgeva per ottenere un’audizione. Aveva il sospetto che in lui ci fosse qualcosa che non riusciva a spiegarsi, ma che induceva quei signori ad ascoltarlo con sopportazione, per poi chiamare gli uscieri e farlo accompagnare alla porta, come un fastidioso postulante. Una situazione intollerabile che a lungo andare avrebbe potuto condurlo verso l’abisso di una devastante crisi esistenziale.
A questo punto Giulio, suo amico fraterno, viaggiatore di commercio e quindi artista della parlantina, in pena per la sua pena, si era assunto l’onere di rappresentarlo presso i potenti della musica lirica. Conosceva persone che, a suo dire, non avrebbero potuto non dargli una mano; anzi, in qualche caso avrebbero dovuto, se memori di favori ricevuti in precedenza. Ma dopo alcuni mesi, il brillante commesso viaggiatore, deluso e sfiancato come un pugile che non sia riuscito a mettere a segno neppure un colpo in tutto l’incontro, era indeciso se continuare oppure sventolare bandiera bianca sulle macerie della sua fiducia in se stesso. Aveva bussato a porte, salito e disceso scale fino a consumarsi le suole delle scarpe, si era rivolto a amici e amici di amici, senza riuscire a stanare il solito maledetto ragno dal suo solito maledetto buco. Le conversazioni, quando avvenivano, terminavano invariabilmente con un allusivo sfregamento del pollice sull’indice. Eppure, malgrado tutto, non voleva dichiararsi vergognosamente sconfitto, almeno non prima di un ultimo, estremo tentativo.
Una sera si recò a casa del suo amico e protetto, con in mente una proposta alquanto delicata. Tanto delicata che quasi gli mancava il coraggio per esporla.
(Il Narratore raccoglie il leggio ed esce).

(Il sipario si apre sul soggiorno di un appartamento della piccola borghesia. Sul fondo, a sinistra la porta della cucina, a destra l’ingresso. Nella parete di destra la porta della camera da letto.
La radio trasmette un’opera lirica che Carlo segue canticchiando sottovoce. Campanello d’ingresso).
Carlo – Olga, hanno suonato.
Olga – (f.s.) Vuoi andare tu, caro? Non ho ancora finito in cucina.
(Carlo, seccato, va ad aprire e rientra con Giulio).
Carlo – (Indicando la radio) Otello…Mario Del Monaco.
Olga – (f.s.) Carlo, chi è?
Carlo – Giulio.
Olga – (f.s.) Ciao Giulio.
Giulio – (Verso la cucina) Ciao Olga.
(I due uomini siedono sul divano. Carlo è tutto preso dalla musica. Dopo un po’ Giulio si alza e va a spegnere la radio).
Carlo – Ma sei matto?
Giulio – Devo parlarti.
Carlo – Non puoi aspettare che sia finita? (Giulio non risponde) Si può sapere cos’hai?
Giulio – Devo parlarti.
Carlo – L’hai già detto.
Giulio – Seriamente.
Carlo – Va bene, ti ascolto. (Giulio cammina su e giù in silenzio) Devo indovinare o posso sperare in qualcosa di più?
Giulio – Non è facile.
Carlo – Mentre ci pensi, posso accendere la radio?
Giulio – Carlo… sono arrivato al capolinea.
Carlo – E secondo te, questa sarebbe una spiegazione?
Giulio – Sto cercando le parole adeguate.
Carlo – Per un tram, capolinea è una parola adeguata. Anche rimessa… per un tram.
Giulio – Non mi sei di molto aiuto.
Carlo – Posso darti un vocabolario, se vuoi.
Giulio – La nostra è un’amicizia di vecchia data, vero? Solida…
Carlo – (Sarcastico) Certe amicizie, come le mezze stagioni, non esistono più.
Giulio – Ti sono sempre stato vicino.
Carlo – Anch’io. Altrimenti che amicizia sarebbe?
Giulio – Ho cercato di aiutarti come potevo.
Carlo – Sono stato, ho cercato…Non ti viene in mente un verbo al presente?
Giulio – Mi ritiro.
Carlo – Comunque lo coniughi, questo è un brutto verbo.
Giulio – Per un amico si sopportano molte cose, ma anche la sopportazione ha un limite. Quel limite, io l’ho raggiunto. Anzi, superato.
Carlo – Beh, quando si superano certi limiti… Ma da che vuoi ritirarti?
Giulio – Dal nostro… come chiamarlo? Sodalizio? Ecco, mi ritiro dal nostro sodalizio. Ti restituisco, si fa per dire, la delega che mi hai rilasciato.
Carlo – (Dopo una pausa) Vuoi abbandonarmi anche tu?
Giulio – Non guardarmi con quella faccia, non sono il tuo carnefice. La verità è che sono stanco di parlare con gente che ti guarda ma non ti vede e nemmeno ti ascolta. E’ umiliante. Cerca di capirmi.
Carlo – Ci provo.
Giulio – Mi spiace.
Carlo – Conosci tante persone. Dicevi che avevi amicizie importanti…
Giulio – Non ho più amici. Li ho perduti quando ho cercato di coinvolgerli in questa faccenda. Nessuno se la sente di perorare cause perdute in partenza. Credimi Carlo, oggi come oggi è più facile traforare una montagna che aprire una fessura nel mondo della lirica.
Carlo – Cristo di Dio, ma cosa chiedo in fondo? Una semplice auduzione. Cinque minuti. Soltanto cinque minuti per essere ascoltato e poi, magari, buttato fuori. Ma così è inumano. Possibile che solo i ricchi abbiano diritto di cantare? E chi non è ricco?
Giulio – Si cerca un mecenate. Ma è una categoria fortemente in via di estinzione. Trovarne uno è come fare un buco in giardino e veder zampillare il petrolio. Una volta li chiamavano miracoli.
Carlo – Pare incredibile che in giro ci sia tanta gente col pelo sul cuore. E per colpa loro, io, che sono già poco, rischio di diventare nessuno.
Giulio – E’ la legge del più debole: subire o soccombere.
Carlo – Qualcuno, porco mondo, dovrebbe ribellarsi.
Giulio – Non è più di moda morire sulle barricate.
Carlo – (Avvilito) Ma si, forse hai ragione, non ne vale la pena. Però, quando vede far carriera gente che vale molto meno di me, vorrei avere il coraggio di sparare a qualcuno.
Giulio – Se può consolarti, ti dirò che molte di quelle carriere sono state costruite sulle basi di compromessi… vorrei dire ripugnanti, ma mi accontento di dire disonesti.
Carlo – Mi sai dire cosa ci si guadagna a essere onesti?
Giulio – Disonesti mica si nasce. Non è mai troppo tardi per diventarlo. Tu te la sentiresti?
Carlo – Di far cosa?
Giulio - Di corrompere qualcuno.
Carlo – E me lo chiedi? Sapessi come mi sento a essere trattato come un accattone, soltanto perché non posso elargire bustarelle.
Giulio – E se non fosse questione di denaro?
Carlo – Ma, scusa, non stiamo parlando di mazzette… di soldi che passano più o meno furtivamente da una mano all’altra?
Giulio – Quella è la strada maestra della corruzione, la più battuta, se vogliamo. Ma non è l’unica. Esistono anche viottoli, sentieri, chiamali come vuoi, meno agevoli, più fangosi…
Carlo – Fangosi?
Giulio – Fangosi, si. Fangosi è la parola giusta.
Carlo – Ma che stai dicendo?
Giulio – Voglio dire che qualcuno pur di far carriera… Lasciamo perdere.
Carlo – Come lasciamo perdere? Non lasciamo perdere per niente, invece. Che significa lasciamo perdere?
Giulio – Significa che è meglio se parliamo d’altro.
Carlo – Eh, no, caro Giulio. Prima di parlare d’altro dobbiamo esaurire l’argomento. Ti pare che ci siamo detti tutto? Ti pare d’avermi detto tutto ciò che ti frulla nella testa? Io penso di no. C’è un’altra strada? Bene. Non credi che dovrei essere io a decidere se percorrerla o no, visto che è del mio avvenire che stiamo parlando?
Giulio – Vedi, Carlo, in certi casi può aprire più porte una moglie compiacente, che un amico affezionato.
Carlo – Che storia sarebbe questa?
Giulio – Ognuno combatte con le armi che ha.
Carlo – La moglie non è un’arma.
Giulio – Non tutti la pensano nello stesso modo.
Carlo – Andiamo Giulio…
Giulio – Succede più spesso di quanto non si creda.
Carlo – (Indignato) Ma io…
Giulio – Tu sei tu.
Carlo – Mi vergognerei come un ladro.
Giulio – Chi l’ha detto che i ladri si vergognano? Per me è una calunnia messa in giro, per invidia, dagli onesti.
Carlo – (Dopo una pausa) Mi sai dire com’è che siamo arrivati a questo letamaio?
Giulio – Se lo sapessi, te lo direi.
Carlo – Te lo sei mai chiesto?
Giulio – Qualche volta, di sfuggita.
Carlo – La prendi con molta filosofia.
Giulio – Non ne faccio un dramma. In fondo è una questione di percentuali, come tante altre. Fino a quando la virtù, l’onestà e cose simili superano la percentuale del cinquanta per cento, costituiscono la normalità. Ma quando scendono al disotto, comincia a diventare normale il loro contrario.
Carlo – (Dopo una pausa) Tu lo faresti?
Giulio – Io non ho moglie.
Carlo – Ma se l’avessi?
Giulio – Vuoi che ti dica quello che penso, o quello che vuoi sentirti dire?
Carlo – Che carogna che sei.
Giulio – Devi smetterla di credere che tutti quelli che ti sorpassano siano più veloci. La strada è in salita per tutti, ma qualcuno usufruisce di spinte che i giudici di gara non solo fanno finta di non vedere, ma addirittura incoraggiano.
Carlo – Allora, sai che ti dico?
Giulio – Lo so.
Carlo – Se le cose stanno così, è una corsa che non mi interessa più.
Giulio – Lo sapevo.
Carlo – Voglio continuare a guardarmi nello specchio. Senza sentirmi nauseato.
Giulio – Diritto sacrosanto.
Carlo – Basta, chiuso. Parliamo d’altro.
Giulio – Mi dispiace. Non dovevo parlartene.
Carlo – Non pensarci. Sono certo che l’hai fatto per amicizia.
(Pausa carica d’imbarazzo)
Carlo – Ma tu… conosci veramente qualcuno che ha messo la moglie nel letto di un altro per far carriera?
Giulio – Vuoi dei nomi? Guarda che è un elenco molto lungo.
Carlo – (Con fastidio) Cambiamo argomento.
(Altra pausa)
Carlo – Ancora una domanda. Sei sicuro che si potrebbe avere un’audizione se…
Giulio - Non avevamo detto di non parlarne più?
Carlo – D’accordo, non parliamone più.
Giulio – Vedo che insisti.
Carlo – E che vuol dire? La mia è una curiosità puramente accademica, intellettuale, che va oltre l’interesse personale, che in questo caso, fra l’altro, non esiste. Mi segui?
Giulio – Come no.
Carlo – Mi chiedo come sia possibile mettere in moto, senza guastarli, ingranaggi tanto delicati.
Giulio – Perché delicati?
Carlo – Perché sono l’essenza della vita più intima di una persona. Non si può giocare con i sentimenti.
Giulio – Quali sentimenti? La gelosia, per esempio?
Carlo – La gelosia, si. Ma anche la dignità, il rispetto per se stessi…
Giulio – Belle parole, che sono soltanto attacapanni morali. Cresci Carlo, e adeguati. La vita è una lotta alla quale non abbiamo chiesto di partecipare, ma una volta dentro dobbiamo cercare di cavarcela con il minor danno possibile.
Carlo – E’ roba tua questa?
Giulio – (Fa un gesto con le mani, come per dire “Lascia perdere”) Qual’era la domanda?
Carlo – M’è passata di mente. Ah, si: il meccanismo. Chi è che dà il primo colpo di manovella per metterlo in moto?
Giulio – Restiamo sempre sul piano accademico?
Carlo – Certamente.
Giulio – Prima di tutto bisogna sapere che gusti ha la persona da corrompere, se va a soldi oppure gli interessano le donne. Nel caso gli interessino le donne, le mogli degli altri generalmente…
Carlo – Perché proprio le mogli degli altri?
Giulio – Più sicure, meno impegni… Che ne so?
Carlo – Continua.
Giulio – In questo caso, la prima mossa la fa un amico del marito che conosca sia la moglie che il terzo uomo. Non è complicato. Dopo i primi approcci basta una telefonata.
Carlo – (Ammirato) Chi l’avrebbe mai detto? Una telefonata ed è fatta.
Giulio – Sempre che al marito interessi. 
Carlo – Insinui?
Giulio – Ti pare che io insinui?
Carlo – (Dopo una pausa) Ma mettiamo che… Si fa per dire, tanto per mantenere viva la conversazione. Se io dicessi “Sono d’accordo”, tu cosa faresti?
Giulio – Semplice, la telefonata di cui sopra.
Carlo – (Ride amaro) Eh, già! Una telefonata a quell’individuo che tu sai… Perché tu sai chi ci sarebbe all’altro telefono, vero?
Giulio – Ma che domande fai? Se telefono, vuoi che non sappia chi mi risponderà?
Carlo – Immagino sia una persona importante. Molto importante.
Giulio - Tanto importante da poter spalancare, non dico tutte le porte, ma certamente tutte quelle che potrebbero interessarti.
Carlo – A che prezzo?
Giulio – Dipende dai punti di vista. C’è chi la considera un’operazione commerciale come tante altre. Un semplice baratto: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me.
Carlo – Un baratto spregevole fra persone spregevoli.
Giulio – Succede tutti i giorni, Carlo. Per vincere un concorso, per ottenere una concessione, una licenza, per mandare avanti una pratica importante…
Carlo – Tu lo trovi giusto?
Giulio – Lo trovo profondamente ingiusto. Ma le regole del gioco le detta chi ha il potere. Agli altri, e noi facciamo parte degli altri, non resta che prendere o lasciare.
Carlo – Tu cosa mi consiglieresti, sempre nel caso ipotetico che?
Giulio – In casi come questi, nessuno è in grado di dare consigli. Saputo come stanno le cose, uno fa i suoi conti, valuta i pro e i contro e poi prende una decisione.
Olga – (Affacciandosi alla porta della cucina) Ti faccio un caffè, Giulio?
Giulio – Grazie, Olga, l’ho preso al bar.
Olga – Cos’è, vi state confessando?
Carlo – Giulio mi sta raccontando una storiella.
Olga – Divertente?
Carlo - Fin’ora ho riso poco. Vedremo come andrà a finire.
Olga – Poi la racconti anche a me?
Carlo – Solo se avrà un lieto fine.
Olga – (A Giulio) Avrà un lieto fine?
Giulio – Temo di no.
Carlo – Chi lo sa?
Olga – Quanto siete misteriosi! (Rientra in cucina).
Giulio – Hai intenzione di dirglielo?
Carlo – Perché no?
Giulio – E’ un tuo diritto.
Carlo – Secondo te, non dovrei?
Giulio – E il lieto fine?
Carlo – Ci stiamo arrivando, no? Quella persona di cui mi hai parlato, quella specie di passepartout che potrebbe aprire tutte le porte, esiste davvero o è soltanto una tua fantasia?
Giulio – (Dopo una pausa) Non è una fantasia. Si chiama Arduini e abita a Ravenna.
Carlo – Sarebbe lui il destinario dell’ipotetica telefonata?
Giulio – Questo è tutto. Ora ne sai quanto me.
Carlo – Dici? Per me, tu nei sai molto di più. E penso che a questo punto potresti anche smetterla con le reticenze.
Giulio – Va bene, facciamola finita. Il commendator Arduini, oltre a essere un ricco proprietario terriero, è un grande appassionato di musica lirica che finanzia molti spettacoli. Si dà del tu con diversi sovrintendenti teatrali. Capisci cosa voglio dire? Gli basta alzare un dito e come niente ti trovi scritturato.
Carlo – E non va a soldi.
Giulio – Ne ha già troppi per conto suo.
Carlo – Però va a donne.
Giulio – E’ una sua debolezza.
Carlo – E tu gli hai parlato di me.
Giulio – Ma non credere sia stato facile. Un mio conoscente mi ha mandato da un tale, che a sua volta mi ha mandato da un altro e poi da un altro ancora… E io sempre lì a sviolinare, inchinarmi, supplicare una grazia…
Carlo – Vuoi arrivare al dunque, per favore?
Giulio – Ha detto che è disposto ad ascoltarti.
Carlo – Questa è la buona notizia. E la cattiva?
Giulio – Prima vuole parlare con tua moglie.
Carlo – Soltanto parlare?
Giulio – E’ un eufemismo.
Carlo – Levami una curiosità: grugnisce o parla come noi?
Giulio – Non so che farci.
Carlo – Ma se nemmeno la conosce mia moglie!
Giulio – Però sa com’è.
Carlo – L’ha vista?
Giulio – Gliel’ho descritta io.
Carlo – Bravo!
Giulio – Oh, senti…
Carlo – E che gli hai detto?
Giulio – La verità. Che è giovane, bella… con tutte le sue cosine al posto giusto…
Carlo – Sei nauseante.
Giulio – Potevo dirgli che è vecchia e brutta?
Carlo – Potevi risparmiarti certi particolari.
Giulio – Ma se sono quelli che gli interessano!
Carlo – Gli hai detto almeno la voce che ho?
Giulio – Certamente.
Carlo – Meno male.
Giulio – Ma cosa credi che mi sia divertito? E’ stato penoso anche per me, sai.
Carlo – (Con fastidio) Ma si, ma si… Ti sei sacrificato per me. Hai fatto il tuo dovere.
Giulio – Ti prego di credere che non me ne vanto.
Carlo – E’ pazzesco!
Giulio – Ti capisco. Infatti gli ho detto che te ne avrei parlato, ma che ero certo che non se ne sarebbe fatto nulla. Ti conosco troppo bene per non sapere come l’avresti presa.
Carlo – C’è da farsi venire il voltastomaco. (Breve pausa) E poi?
Giulio -. E poi, cosa?
Carlo – Come vi siete lasciati?
Giulio – Mi ha dato il suo biglietto da visita e ha detto che caso mai…
Carlo – Caso mai un corno! Non crederà davvero che io sia disposto a mandare mia moglie a Ravenna per…
Giulio – (Con calma) Tua moglie non dovrebbe andare in alcun posto. Se la cosa potesse interessarti, si potrebbe combinare un incontro qui, in casa tua.
Carlo – Per favore, Giulio…
Giulio – Sai che sei pieno di contraddizioni? Mi solleciti, vuoi sapere tutto, mi accusi di essere reticente e poi fai l’offeso. Vuoi dirmi cosa pretendi da me?
Carlo – (Dopo una pausa) E poi?
Giulio – Ancora?
Carlo – Non vi siete detto altro?
Giulio – Che altro c’era da dire?
Carlo – (Ci pensa un po’, poi decide) Torno subito. (Esce e poco dopo rientra con Olga).
Olga – (A Giulio, inviperita) Nessuno ti ha mai dato quattro schiaffi?
Carlo – Olga, cerca di stare calma.
Olga – Non dirmi di stare calma. Sono furibonda invece. Ma ti rendi conto cos’è stato capace di propormi?
Giulio – Guarda Olga che hai capito male. Io non ho fatto alcuna proposta. Mi sono limitato a riferire ciò che mi è stato detto. Di mio non ho aggiunto nulla.
Carlo – Vogliamo ragionare senza perdere la testa?
Olga – Ma santiddio, di che dovremmo ragionare?
Carlo – Della questione posta da Giulio. Capisco che sia un argomento non proprio adatto a uno stomaco delicato come il tuo, ma non potremmo parlarne con calma, come si usa fra persone civili?
Olga – E sareste voi due le persone civili?
Carlo – Olga, discutere non significa dover essere d’accordo per forza. L’argomento è scabroso, sono io il primo a ammetterlo, ma non merita di creare malanimo fra di noi. Ne parliamo e poi, alla fine, nessuno ci impedisce di restare ciascuno della propria opinione.
Olga – Ma tu mi credi davvero tanto cretina da non capire dove volete andare a parare?
Carlo – E tu credi che io sarei disposto a giocarmi la famiglia per la carriera?
Olga – (Con amarezza) Temo proprio di si.
Carlo – Ma è assurdo!
Olga – Se accettasi, me l’impediresti?
Carlo – Non ho mai pensato che avresti accettato.
Olga – Perché allora me ne hai parlato? Soltanto per mettermi al corrente dei vostri squallidi raggiri? O non hai piuttosto voluto saggiare l’acqua con l’alluce prima di buttarti? Capisci almeno il male che mi hai fatto?
Carlo – Sei ingiusta. Se c’è una persona al mondo che non vorrei far soffrire, sei tu.
Olga – Non è male come battuta. Ma intempestiva e poco credibile.
Carlo – Vuoi sentirmi dire che mi vergogno?
Olga – Non è necessario. Ne parleremo quando saremo soli. (Esce).
Carlo – (Dopo qualche attimo di silenzio) Non ha tutti i torti.
Giulio – Siamo entrambi reduci della medesima bastonatura. (Pausa) Però io non ho intenzione di mettermi in un angolo a leccarmi le ferite. Sento che siamo sulla strada giusta.
Carlo – Per l’amor di Dio, Giulio. Lasciamo le cose come stanno e non parliamone più.
Giulio – (Quasi fra sé) C’è qualcosa che inceppa il meccanismo, ma cosa?... Magari sostituendo un ingranaggio… Uno dei tre… Non il marito e neppure l’altro… Resta la moglie. Vediamo… Gli ho parlato di lei, però non la conosce. Quindi, non conoscendola, potrebbe essere un’altra. Lui cosa ne sa? Arriva, “Piacere, piacere…” Mica ce l’ha scritto in fronte come si chiama.
Carlo – (Interessato) Va’ avanti.
Giulio – (Non gli bada) Tanto, questa o quella per lui pari sono.
Carlo – Rigoletto, atto primo, scena prima. Sei grande, Giulio!
Giulio – Stai calmo. Per ora è solo un abbozzo di progetto.
Carlo – Non resta che perfezionarlo. Perfezioniamolo.
Giulio – Dove la troviamo una che per una notte sia disposta a far la parte di una moglie fedifraga?
Carlo – Ce ne saranno mille.
Giulio – Dimmene una.
Carlo – In questo campo sei tu l’esperto. Un’attrice?
Giulio – Andrebbe bene se la recita non prevedesse un finale con consumazione incorporata. Non è facile, non è facile…(Si illumina) Una professionista del sesso!
Carlo – Una battona?
Giulio – Ci siamo quasi. Meglio sarebbe una libera professionista: niente papponi, niente mezzani…Però, dovremmo convincerla a lavorare fuori di casa per una notte intera. Costerà un po’, ma è più sicura.
Carlo – E dove dovrebbe lavorare?
Giulio – Dove dove! Qui, no?
Carlo – Vorrai scherzare. E mia moglie?
Giulio – Non pretenderai che torni da quello là per dargli un altro indirizzo! E poi, quale indirizzo, quello di una prostituta?
Carlo – Olga non accetterà mai.
Giulio – Dobbiamo convincerla.
Carlo – Impossibile.
Giulio – E’ l’unica possibilità che abbiamo e a lei non costa nulla. Forza, va’ a chiamare tua moglie.
Carlo – Glielo dici tu?
Giulio – Glielo dico io.
(Carlo esce e rientra tenendo per mano Olga recalcitrante)
Carlo – Siediti Olga e ascolta Giulio. Ha avuto una grande idea.
Olga – (A Giulio, beffarda) Non ti faranno male tutte queste idee?
Carlo – (A Giulio) Avanti, tocca a te.
Giulio – Dunque, la scena è la stessa, però…
Olga – (Si alza e fa per andarsene) E’ la commedia che non mi piace, non la scena.
Carlo – Vuoi ascoltare? La scena è la stessa, i personaggi sono cambiati.
Olga – Tu ci sei?
Carlo – Certamente.
Olga – (Indica Giulio) Lui c’è?
Carlo – C’è anche lui, ma…
Olga – E’ l’altro che manca?
Carlo – Come può mancare, se è il personaggio principale?
Olga – Allora, cos’è cambiato?
Carlo – Se non mi lasci parlare… Non ci sei più tu.
Olga – Senti, senti…Fate tutto da soli, voi tre? Si paga il biglietto per venirvi a vedere?
Carlo – Ma cosa vai a pensare? Questa è la grande idea di Giulio: lui, l’altro, non ti conosce. Quindi che differenza può fare se al posto tuo c’è un’altra? Mi segui?
Olga – Continua.
Carlo – Gli facciamo credere che tu sia l’altra… Cioè, che l’altra sei tu… Insomma, che l’altra sia mia moglie.
Olga – Una specie di controfigura.
Carlo – Esattamente. Come al cinema quando devono girare scene scabrose e ti fanno vedere la protagonista solo dal collo in giu.
Olga – Qui, in casa mia?
Carlo – Olga, non dire sempre no. In fondo, cosa ci rimetti? Si tratta solo di un paio d’ore, mica di tutta la vita.
Olga – E chi sarebbe l’attrice che dovrebbe interpretare la mia parte?
Giulio – (Sollecitato da un cenno di Carlo) Ecco, avremmo pensato… a una professionista. Non un’attrice vera. Una… diaciamo così…
Carlo – Che importanza ha chi è? Una qualsiasi. Deve solo fargli credere d’essere mia moglie.
Olga – (A Carlo) Sinceramente, non ti fai un po’ schifo?
Carlo – Ti prego Olga. Sai quanto ci tenga. Pensa che questa potrebbe essere la mia unica grande occasione.
(Olga cammina su e giù per la stanza, l’espressione corrucciata, il mento fra due dita. Carlo e Giulio la guardano in silenzio, trattenendo il respiro. Finalmente, Olga si ferma davanti a Carlo).
Olga – Bene. Visto che per te sembra questione di vita o di morte, accetterò di sottopormi a questa umiliazione. Ma prega Dio che tutto si risolva per il meglio. In caso contrario, domani inizierò le pratiche per la separazione. Ci siamo capiti?
Carlo – Grazie Olga, sei un tesoro. (Tenta di abbracciarla, ma lei gli si nega).
Olga - (Riprende ad andare su e giù) Dunque, ricapitoliamo. (A Carlo) Tu farai la parte del becco contento, e ti assicuro che non troverai mai un’altra parte più adatta al tuo temperamento. (A Giulio) Tu farai la parte del ruffiano, che è poi quella che ti riesce meglio. L’altra farà la parte di una moglie un po’ puttana, in vena di facili scappatelle. Fin qui ci siamo. E io, che parte dovrei interpretare? (Ci pensa un po’, poi a Carlo) Che ne dici, mi ci vedresti nella parte di padrona di una di quelle case? Una maitresse, insomma. Cosa volete che vi dica? Sarà l’atmosfera, sarete voi due… mi sento già in parte.
(Olga esce impettita come una regina. Carlo e Giulio restano seduti, uno di fronte all’altro, evitando di guardarsi. Mentre si chiude il sipario).

Fine del primo atto






Atto secondo
(A sipario chiuso entra il Narratore, come nel primo atto).
Narratore – Il giorno dopo e per diversi giorni, Giulio ebbe il suo bel da fare per cercare di reperire colei che avrebbe dovuto interpretare la parte di Olga. Non che a Forlì mancassero le professioniste dell’amore, c’erano ma al momento non erano disponibili. Una si era provvisoriamente sistemata e si faceva mantenere da un ricco commerciante più geloso di Otello. Un’altra si era presa il cosiddetto mal francese e per il momento era passata nella categoria delle intoccabili. Un’altra ancora aveva una lista d’attesa più lunga di quella di una compagnia aerea. In breve, l’unica disponibile risultò una bella e spavalda artigiana del sesso, di nome Lulù (nome d’arte naturalmente). Ma c’era un problema.
Qualche settimana prima, durante i festeggiamenti del Santo patrono, Lulù si era recata ad assistere alla sfilata dei carri allegorici, inguainata in un abitino che più che coprire, metteva in risalto le sue rotondità, seguita da un codazzo di giovinastri dalle occhiaie violacee. I commenti salaci della folla sembravano divertirla, ma a una frase sprezzante di Olga aveva reagito con violenza. Olga aveva ribattuto con astio e il duello a base di male parole era andato avanti per un pezzo, contrappuntato dagli sghignazzi dei presenti. Fino a che Carlo aveva trascinato via Olga ormai sull’orlo di una crisi di nervi. Comprensibile quindi che Olga rifiutasse decisamente di ricevere in casa sua “quella sgualdrina” che l’aveva pubblicamente umiliata. Ma Giulio e Carlo, ancora una volta coalizzati, erano riusciti a farle ingoiare anche quel rospo. Sotto la cenere comunque la brace continuava a mandare sinistri bagliori.
Si giunse così alla sera in cui Carlo doveva incontrare il non disinteressato mecenate).
(Si apre il sipario. Carlo, gasato come un liceale al primo appuntamento, sta dando gli ultimi tocchi alla scena. Olga, seduta su una poltrona, sfoglia distrattamente una rivista).
Carlo – (Guardandosi attorno) Sembra tutto a posto. Guarda anche tu se manca qualcosa.
Olga – I cuscini li hai controllati?
Carlo – Quali cuscini?
Olga – Quelli del divano.
Carlo – Perché, cos’hanno?
Olga – Sei sicuro che siano soffici? E se non li trovasse di suo gradimento? Anche il posteriore ha i suoi diritti.
Carlo – (Si batte una mano sulla fronte) Gli spartiti! (Prende alcuni spartiti da un cassetto e li mette in bella mostra sul tavolino, davanti al divano) Sono indeciso. Non so se iniziare con “Una furtiva lacrima”, o con “Ah, non mi ridestar”. Tu cosa mi consigli?
Olga – Vuoi proprio saperlo?
Carlo – Lasciamo perdere, stasera non sei in vena. (Fra sé) Se conoscessi i suoi gusti…
Olga – (Ironica) Perché, non li conosci?
Carlo – (Non raccoglie) L’unica è lasciarlo decidere da solo. Gli spartiti sono lì, sarà lui a dirmi cosa preferisce ascoltare.
Olga – Sai cosa mi piace in te?
Carlo – Sono certo che stai per dirmelo.
Olga – La tua perspicacia. Ma credi davvero che venga per ascoltarti? Non capisci che viene esclusivamente per me…Cioè, per l’altra che deve credere che sia io… Ma cosa sto dicendo? Mi sembra di recitare in una commedia degli equivoci.
Carlo – Il motivo per cui viene non ha importanza. L’importante è che venga e mi ascolti. Poi faccia quello che vuole.
Olga – C’è un punto che ancora non è stato chiarito e sul quale non intendo discutere: la nostra camera da letto. Nessuno deve azzardarsi a metterci il naso. Quella porta deve restare chiusa. Chiaro? Le loro porcherie vadano a farle dove vogliono, ma non nella mia camera da letto.
Carlo – Possibile che tu debba sempre vedere il male dappertutto?
Olga – Sarà perché sono stata educata dalle suore orsoline.
Carlo – Ragiona, Olga. Che bisogno hanno di andare di là? Quando vedremo che le cose si metteranno in una certa maniera, ce la fileremo all’inglese e li lascieremo soli. Qui c’è il divano, ci sono le poltrone… E poi non è detto che arrivino subito al dunque.
Olga – Comincio a sospettare che tu abbia fatto voto di povertà mentale. Oppure ti si è inceppato il motorino della fantasia? Sforzati di immaginare cosa accadrà qui, in casa nostra, questa sera, con la tua e la mia complicità.
Carlo – Cos’è, tutt’a un tratto ti si sono scatenati i rimorsi? Se vuoi ritirarti, padronisima di farlo, ma non pensare di convincermi a lasciar perdere.
Olga – La verità è che non so se ridere o piangere. Vorrei ridere, ma mi viene da piangere.
(Campanello d’ingresso. Carlo va ad aprire e rientra seguito da Giulio e Lulù).
Carlo – Com’è che avete tardato tanto? Qualcosa non va?
Giulio – Tranquillo, tutto a posto.
Lulù – (A Olga) E’ strano il mondo, vero? Sembra tanto grande, eppure ci imbattiamo sempre nelle stesse persone.
Olga – Purtroppo ci capitano sempre tra i piedi quelle che non vorremmo incontrare.
Carlo – Olga, per favore…
Lulù – Se la signora non gradisce la mia presenza, non ha che dirlo e io tolgo subito il disturbo.
Olga – Fosse dipeso da me, non sarebbe nemmeno venuta.
Giulio – Andiamo signore, un po’ di fair play, cercate di rispettare l’armistizio. (A Lulù) Sei qui per lavorare, non per sfogare i tuoi rancori. Certa di contenerti.
Carlo – Anche tu, Olga, cerca di contenerti. Continua a leggere e lasciaci lavorare.
Lulù – Come sarebbe a dire? Non penserete che possa fare il mio lavoro con una che mi guarda con la puzza sotto il naso.
Olga – Dovrei tapparmelo?
Giulio – Volete, per favore, rinfoderare gli artigli?
Carlo – Un po’ di controllo, su, andiamo.
Giulio – Vediamo di non trasformare tutto in una volgare piazzata.
Lulù – Se lei resta, me ne vado.
Olga – Da non credere! La signorina dimentica che questa è la mia casa?
Lulù – (Fa l’atto di andarsene) Arrivederci e grazie.
Giulio – Fermati Lulù, calmati. Non è il caso di prendere ogni parola per un’offesa. Siamo tutti un po’ tesi, è naturale, ma cerchiamo di ragionare, invece di farci venire una crisi isterica ogni cinque minuti.
Carlo – Attenta Olga, se mi esasperi non rispondo più delle mie azioni.
Giulio – (Fa sedere Lulù lontano da Olga, poi prende Carlo in disparte) Ti rendi conto che al festival di San Scemo noi due prenderemmo il primo premio ex equo? Abbiamo pensato a tutto, tranne la sistemazione di tua moglie. E’ evidente che qui non può stare.
Carlo – Quando fa così, la ucciderei.
Giulio – Se vogliamo combinare qualcosa dobbiamo separarle. Ma come?
Carlo – E se la chiudessi in cantina?
Giulio – Ma tu sai dire soltanto cretinate?
Carlo – Sono stanco di tutti i suoi no.
Giulio – (Si avvicina a Olga) Mi spiace Olga, questa è una situazione che non avevamo previsto.
Olga – Non so che farci.
Giulio – Capisco che per te stare qui è una sofferenza.
Olga – Ma che anima pietosa che sei! Comunque, hai ragione, devo andarmene da questa casa… per sempre.
Carlo – Se devi decidere, fallo alla svelta. Noi abbiamo altro da fare.
Olga – (Con amarezza) Come sei cambiato. E non siamo che agli inizi.
Lulù – Allora, cosa facciamo? Deve durare molto questo vorrei ma non posso?
Giulio – Non potresti andare per un paio d’ore a casa di qualche tua amica?
Olga – E cosa le racconto? Che sono stata costretta ad andarmene da casa mia per lasciare il posto a quella lì?
Giulio – (Dopo una pausa, indicando Lulù) Non ti resta che andare a casa sua.
Olga – Ma tu sei pazzo, o cosa?
Giulio – Non vedo altra soluzione.
Carlo – Siamo in liquidazione, Olga. Devi accontentarti dei fondi di magazzino. Questa è l’unica proposta che c’è rimasto. Prendere o lasciare.
Olga – Non posso crederci. Avresti il coraggio di mettermi alla porta, come il sacco della spazzatura?
Carlo – Vuoi spiegarmi che male sarebbe star fuori di casa per qualche ora? Non ti va di andare a casa di Lulù? Bene. Vai a fare una passeggiata, vai al cinema, vai dove ti pare, ma per la miseria!, lasciaci lavorare.
Lulù – Sapete che vi dico? Ne ho fin sopra i capelli delle vostre chiacchiere, perciò me ne vado. La prossima volta decidete prima cosa fare. (Si avvia).
Giulio – (La rincorre) Lulù, tesoro, ma che ti prende? Non puoi andartene. Che figura ci faresti fare?
Lulù – Voi continuate a trastullarvi con le parole, se vi piace, io vado a guadagnarmi il pane da qualche altra parte.
Giulio – Non essere sciocca. Avrai il tuo compenso anche se non si dovesse combinare nulla. Perciò, siediti e sopporta. Quanto a te, Olga, se i tuoi pregiudizi contano più della tua comprensione, non fai torto solo a tuo marito, ma anche alla tua intelligenza. Di me puoi pensare ciò che vuoi, ma ti prego di credere che ti ho sempre considerata una donna straordinaria. E ci terrei che restassimo amici anche dopo stasera, comunque vadano le cose. Se ciò che stiamo facendo ti sembra ignobile, ragione di più per non partecipare nemmeno con la presenza. Ti pare? Non devi sacrificarti per la causa, ti chiediamo soltanto di guardare da un’altra parte per un po’ di tempo.
Carlo – Ma poi, che sacrificio sarebbe, con tutto quello che c’è in ballo? Olga, ti supplico, te lo chiedo come l’ultimo desiderio di un condannato a morte: fa’ come dice Giulio. Da quanto tempo inseguo la mia grande occasione? Tu lo sai perché mi sei sempre stata vicina e mi hai sostenuto. Ora che finalmente sembra arrivato il momento, che fai? Voresti metterti di traverso?
Olga – (Sarcastica, a Carlo) Per l’amor di Dio! Come potrei sopportare un rimorso così grande per tutta la vita? (Prende il soprabito e un foulard e si prepara a uscire) Voglio darti un consiglio: quando ti arresteranno per sfruttamento della prostituzione, invoca la seminfermità mentale e citami come testimone.
Giulio – (Sottovoce a Lulù) Svelta, dammi la chiave di casa tua. (Lulù esegue).
Olga – (A Lulù) Se intanto che sono a casa sua dovesse arrivare qualche cliente, farò del mio meglio, ma non so se sarò all’altezza. Non ho la sua esperienza.
Lulù – Non si preoccupi, molti dei miei clienti sono al limite del coma sessuale, sono certa che non noteranno alcuna differenza fra me e lei. Piuttosto, nel caso volesse farsi un caffè…
Olga – La ringrazio, ma penso di non aver bisogno di eccitanti. Sarà già tanto se il mio stomaco, dopo quello che ho ingoiato stasera, tollererà un bicchiere d’acqua. (A Giulio) Vogliamo andare? ( A Carlo, indicando la camera da letto) Ci siamo capiti?
(Olga e Giulio escono).
Lulù – Cos’ha voluto dire? Che c’è di là?
Carlo – La camera da letto.
Lulù – E con ciò?
Carlo – Una sua fissazione. Per lei è come un santuario privato.
Lulù – La capisco, anch’io la penso come lei.
Carlo – E come fai a lavorare?
Lulù – Non hai mai fatto l’amore su un divano?
Carlo – (Per uscire dall’imbarazzo) Vuoi bere qualcosa?
Lulù – Più tardi. Per ora sento il bisogno di una sigaretta. (Si guarda attorno) Non c’è un posacere in questa casa?
Carlo – Preferirei che non fumassi. Mia moglie non fuma.
Lulù – Lei potrà anche non fumare, ma io che c’entro?
Carlo – Dimentichi che per stasera sei tu mia moglie?
Lulù – Io non ho le sue virtù.
Carlo – Non è questione di virtù. Il fumo è micidiale per la voce.
Lulù – La sua o la tua?
Carlo – La mia, naturalmente.
Lulù – (Rassegnata) Vada per il bere, allora. Posso avere un cognac?
Carlo – Certamente. (Va al mobile bar, versa il cognac in un bicchiere e glielo porta).
Lulù – Tu non bevi?
Carlo – Quasi mai. E comunque non stasera.
Lulù – Sempre per la voce?
Carlo – Già.
Lulù – Posso farti una domanda? Uno per cantare deve privarsi di tutto?
Carlo – Di tutto no, di molte cose si. La gola è uno strumento musicale molto delicato, basta poco per rovinarlo.
Lulù – Ogni mestiere comporta dei sacrifici. Prendi me, per esempio. Lo so che bere mi fa male, ma se non bevessi mi sai dire dove troverei la forza per tirare avanti?
Carlo – Strano. Credevo ti piacesse la vita che fai.
Lulù – Fare marchette non è una vocazione. Ci vuole un coraggio da leone e uno stomaco d’acciaio. E per certi clienti non bastano. Allora, butto giù qualcosa di forte e lo schifo si attenua fino al prossimo cliente.
Carlo – Stasera però dovresti controllarti.
Lulù – Se non bevo, come faccio a controllarmi? Guarda le mie mani. Vedi come tremano? E sai come si chiama questa? Fifa blù.
Carlo – Ma che stai dicendo?
Lulù – Padrone di crederci o no, ma stasera ho come l’impressione di essermi presentata a una festa con il vestito sbagliato. Non mi sento a mio agio. E’ la prima volta che faccio la moglie, capisci? Nel triangolo lui, lei e l’altra, io sono sempre stata l’altra, mai lei.
Carlo – Vuoi spiegarmi dove sta il problema?
Lulù – Temo di non essere abbastanza credibile. Una moglie, metti pure una moglie come tu e Giulio ve la siete inventata, dovrà pur avere un minimo di decoro, un residuo di reputazione da difendere, per non dare subito l’impressione di essere una baldracca. Io non ho mai avuto una reputazione da difendere come moglie. Caso mai come amante. Ma la reputazione di un’amante, sai dove sta? Nel fare quelle cose che una moglie non sa o non vuol fare con il marito. Per questo i mariti vengono da me. Non hai idea delle richieste che mi sento fare. (Gli allunga il bicchiere) Dammene un altro, per favore.
Carlo – (Esegue) Ora però dovresti smettere di bere.
Lulù – Te l’ho detto, mi aiuta ad allentare la tensione.
Carlo – Speriamo bene.
Lulù – Di che ti preoccupi? Non sarò virtuosa come tua moglie, ma ho anch’io i miei principi. Quando prendo un impegno vado fino in fondo, senza ripensamenti. Se quell’individuo che deve venire, e che sembra ti stia tanto a cuore, non è di legno, puoi star certo che quando se ne andrà gli sembrerà di camminare dentro una bolla d’aria.
Carlo – Mi basterebbe che mi ascoltasse.
Lulù – (Alza le spalle e beve) Io però per mio marito l’avrei fatto.
Carlo – Fatto cosa?
Lulù – (Con un gesto delle mani) Questo. Non avrei avuto bisogno che un’altra lo facesse per me.
Carlo – Certo che per te non sarebbe stato un sacrificio.
Lulù – Non dico per il mestiere che faccio. Io credo che se due si amano veramente dovrebbero aiutarsi a vicenda. Perché dovrei tirarmi indietro quando mio marito ha bisogno di me?
Carlo – Ti dispiace se parliamo d’altro?
Lulù – (Dopo una pausa) L’hai mai tradita?
Carlo – Ma che razza di domande fai?
Lulù – Ti costa tanto dire un si o un no?
Carlo – Va bene, no, non l’ho mai tradita.
Lulù – Nemmeno con il pensiero?
Carlo – Nemmeno. Contenta?
Lulù – Non sei sincero. Io penso che ti sia mancata l’occasione.
Carlo – Padrona di pensarla come vuoi, purché sia finita qui.
(Breve pausa).
Lulù – E se una che conosci bene ti dicesse di essere innamorata di te, cosa faresti?
Carlo – (Infastidito) Che ne so cosa farei? Per saperlo dovrei avere la tua fantasia.
Lulù – Metti che sia la verità. Metti che ti dicesse “Sono innamorata di te fin da quando portavo le treccine e tu i pantaloni corti”.
Carlo – Ma che ti salta in mente?
Lulù – Tu non te ne sei mai accorto perché avevi altro per la testa… E forse anche perché ci è mancata l’occasione per parlarne. Ma questa è una serata speciale, se non altro perché in tanti anni è la prima volta che siamo soli. Per giunta su un divano, in intimità.
Carlo – No, aspetta un momento…
Lulù – (Beve, poi gli allunga il bicchiere) Un altro e ti commuoverò fino alle lacrime con la pietosa storia di Lulù innamorata senza speranza.
Carlo – Ma non è possibile!
Lulù – (Melodrammatica) La donna perduta rivela il suo amore al giovine signore e per tutta risposta si ha un incredulo “Ma non è possibile”! Morale: alle puttane non è consentito avere un cuore.
Carlo – Ragiona Lulù, come potevo pensare che tu…
Lulù – Ora lo sai.
Carlo – (Si alza agitato) Certo che lo so, me l’hai appena detto.
Lulù – Non pensavo di sconvolgerti.
Carlo – Non sono sconvolto.
Lulù – Si, invece. E non ne vedo il motivo.
Carlo – Proprio stasera doveva venirti in mente?
Lulù – Per una volta che ho l’occasione di fare la moglie innamorata, voglio farla come si deve. Non togliermi questa soddisfazione.
Carlo – Ma tu stai recitando, o cosa?
Lulù – Cerco di fare del mio meglio. Capisci che, in ogni caso, non conoscendo la parte sono costretta a improvvisare? Vieni qui, siediti. (Carlo le siede accanto) Vediamo. Come si comporta una moglie innamorata del proprio marito? Così? (Lo bacia) Oppure così? (Lo bacia con più trasporto e questa volta Carlo ricambia il bacio).
(Campanello d’ingresso. Carlo si scioglie in fretta dall’abbraccio, va ad aprire e rientra con Giulio).
Carlo – Come l’ha presa?
Giulio – Certamente non bene. (Nota l’imbarazzo dei due) Cos’è successo?
Carlo – Dove? Qui?
Giulio – Qui, si.
Carlo – Perché?
Giulio – Avete certe facce…(A Lulù) Tu poi, con quel rossetto sbafato intorno alle labbra, sembri proprio quella che sei.
Lulù – (Ha uno scatto d’ira) Perché, chi sono? Dimmelo tu chi sono. Un’appestata? Una fogna?
Giulio – Ma che ti prende? Quale fogna? Stai dando i numeri? Ho solo detto che hai il rossetto tutto sbafato.
Lulù – (Rabbiosa, con un fazzoletto si pulisce le labbra) Va bene così? Ora sono come le altre, o ti faccio ancora schifo?
Giulio – (A Carlo) Ma cos’ho detto? Ti pare che l’abbia offesa? Ho solo fatto un’osservazione. Se non si può più parlare, ditemelo.
Lulù – Ma va in malora!
Carlo – (Siede accanto a Lulù e le circonda le spalle con un braccio) Giulio non intendeva insultarti. Siamo amici, no? Quando si parla fra amici può anche scappare la cretinata, ma ciò che conta è l’intenzione. Una frase, inopportuna quanto vuoi, non può guastare un’amicizia. Non sei d’accordo?
Giulio – (A Lulù) Disponibilissimo a chiederti scusa. Ma non vedo il motivo per cui te la debba prendere tanto.
Carlo – (Carezzevole) Può darsi che tu ritenga sbagliato ciò che stiamo facendo…
Giulio – Ti ci metti anche tu, ora? (Carlo gli fa cenno di tacere).
Carlo - …ma ormai sei in ballo e non ti resta che ballare insieme a noi. Non fare così Lulù, non posso vederti con le lacrime agli occhi. Quello che m’hai detto prima è molto importante per me, credimi.
Giulio – Si può sapere…
Carlo – (A Giulio) Vuoi piantarla, per favore? (A Lulù) A questo punto, i nostri sentimenti vanno messi da parte, altrimenti rischiamo di rovinare tutto. Questo lo capisci, vero?
Giulio – Giuro che se qualcuno ci ascoltasse, ci prenderebbe per imbecilli. (Va a sedersi in disparte).
Carlo – Forse se ne avessimo parlato prima… Ma ora, sinceramente, cos’è che possiamo fare? Rimescolare le carte e tentare di costruirci un altro futuro, infischiandoci di tutto e di tutti? Vedi bene che non è possibile, almeno non stasera. Su, fa’ la brava, vai di là e rimettiti in ordine. Domani decideremo con calma cosa fare.
(Lulù si alza e di corsa va nel bagno).
Giulio – Posso sapere cos’è che vi siete detti mentre ero fuori?
Carlo – Lascia perdere. Sciocchezze.
Giulio – Non avrà per caso intenzione di ritirarsi, spero.
Carlo – Ti pare che sarebbe restata, se avesse voluto ritirarsi? Ha bevuto un paio di bicchieri e si è intenerita, tutto qui. In fondo è una sentimentale.
Giulio – Cosa c’entrano i sentimenti? Stasera deve fare il suo lavoro e basta. Se ha bisogno di una spalla su cui piangere, domani andrò a consolarla. Ma qui, stasera, deve dare il meglio di sé.
Carlo – (Impaziente di chiudere l’argomento) Ma si, ma si… Vedrai che quando sarà il momento non ci deluderà.
Giulio – Se lo dici tu…
Carlo – E mia moglie?
Giulio – Meglio non parlarne.
Carlo – Mi dispiace di averla trattata in quel modo.
Giulio – Non pensarci. Ora devi concentrarti sul programma della serata. Ti voglio in forma. Voce e grinta. Devi fare un figurone. (Alludendo a Lulù) Ma che cavolo starà combinando?
Carlo – Che ne so? Si starà rifacendo il trucco.
Giulio – Non l’ho mai vista così.
Carlo – Così, come?
Giulio – Non è naturale, troppo sensibile… Non è da lei.
Lulù – (Appare sulla porta del bagno) Ladys and gentleman… Ecco a voi Lulù!
Giulio – (Canticchia, dall’opera Manon Lescaut) Donna non vidi mai, simil a quella…
Lulù – (Si mette in posa) Posso andare?
Giulio – Sei stupenda. (A Carlo) Non ti pare?
Carlo – (Non sa dove posare gli occhi) Certo, certo… E’ come dici tu.
Giulio – (A Lulù) Se stasera ti comporti bene, domani ti mando due dozzine di rose scarlatte.
Lulù – Grazie, sei gentile.
Giulio – Una gentilezza che mi sgorga dal più profondo del cuore.
Lulù – Alt! Proibito barare. Tu non ce l’hai il cuore.
Giulio – (A Carlo) Curiosa metamorfosi. Un’adorabile sirena che tutt’a un tratto si trasforma in perfida vipera.
(Campanello d’ingresso)
Giulio – (Guarda l’orologio) E’ il commendatore. 
Carlo – Vai tu ad aprire, io sono troppo emozionato.
(Giulio va ad aprire e rientra con Arduini).
Lulù e Carlo – Buona sera.
Giulio – (Presenta) Il commendatore Arduini… Carlo Zecchini.
Arduini – Baritono?
Carlo – No, tenore.
Arduini – (Non ha occhi che per Lulù) L’affascinante padrona di casa?
Lulù – (Pudica, gli allunga una mano) Piacere, Olga.
Arduini – (Con un perfetto baciamano) La prego di credere che il piacere è tutto mio.
Giulio – Vuole accomodarsi, commendatore?
(Arduini e Lulù siedono sul divano).
Arduini – (A Lulù) E’ strano, ho l’impressione di averla già conosciuta.
Lulù - Impossibile. Faccio una vita molto ritirata, sa. Non esco quasi mai di casa.
Arduini – Eppure…
Giulio – Desidera bere qualcosa, commendatore?
Arduini – (Non gli bada) Sa cos’è che mi fa pensare d’averla conosciuta? Non il viso o gli occhi, che pure sono molto belli. (Le prende una mano e l’annusa) Il profumo della sua pelle. Inconfondibile. (Ci pensa qualche attimo cercando di ricordare, poi assume un’aria professionale) Allora, vogliamo sentirlo questo tenore?
Carlo – Quando vuole, commendatore.
Arduini – (Sfogliando gli spartiti) Dunque… dunque…
Lulù – (Si alza) Vuole scusarmi?
Arduini - Se ne va?
Lulù – Solo un minuto, torno subito. (Mentre Carlo e Arduini continuano a sfogliare gli spartiti, prende Giulio in disparte) Lo conosco, lo conosco!
Giulio – Non dirmelo.
Lulù – Invece te lo dico. Lo conosco.
Giulio – E’ un tuo cliente?
Lulù – E’ venuto a casa mia due o tre volte.
Giulio – E ti ha riconosciuta?
Lulù – Ha riconosciuto l’odore della mia pelle.
Giulio – Vorrai scherzare!
Lulù – Ti pare il momento di scherzare?
Giulio – Ma com’è possibile?
Lulù – Che ne so? Sarà un incrocio fra un maiale e un cane da caccia. Mi annusa le mani e dice che hanno un odore inconfondibile.
Giulio – E tu lascialo annusare.
Lulù – Ho paura.
Giulio – Di che? Tu sei Olga e qui c’è tuo marito. Se cerca di collegare il tuo odore con quello di Lulù, tu ti indigni e gli fai capire che se continua a insultarti lo mandi in bianco. Vedrai che questo lo convincerà a lasciar perdere. Ora torna da lui e stai tranquilla.
(Lulù torna a sedere accanto a Arduini).
Carlo – Questa, allora?
Arduini – (Ne ha piene le scatole) Si, si, quella. Purché ci sbrighiamo.
Carlo – (Invitandolo) Se vuole accomodarsi…
Arduini – Dove?
Carlo – Il pianoforte è nell’altra stanza.
Arduini – E con ciò? E’ lei che deve cantare, non io.
Giulio – (Tira Carlo per la giacca) Vieni, ti sentirà anche da qui.
(Giulio e Carlo vanno nella stanza accanto. Poco dopo si sente Carlo che canta accompagnandosi col pianoforte. Arduini tenta qualche approccio con Lulù, la quale un po’ lo incoraggia e un po’ lo respinge. Terminato il canto, Carlo e Giulio rientrano. Mentre Carlo resta in disparte, giulio si avvicina a Arduini).
Giulio – Allora, commendatore, come le sembra?
Arduini – Non è una voce eccezionale… Né migliore né peggiore di tante altre.
Giulio – Pensa di poter fare qualcosa?
Arduini – (Più a Lulù che a Giulio) Dipende.
Giulio – Non potrebbe essere un po’ meno diplomatico?
Arduini – (Si alza, prende Giulio sottobraccio, si allontanano dal divano) Parliamoci chiaro. Quello, per me, è un cane. Però, se voglio, tra un mese lo faccio debuttare.
Giulio – Dio sia lodato.
Arduini – Ho detto se voglio. Quindi vediamo di capirci. Se la serata finisce qui, cane è e cane resta.
Giulio – Ma che dice, commendatore? La serata è appena cominciata.
Arduini – Punto primo: qua dentro siamo troppi.
Giulio – Ancora per poco. Non dubiti, è tutto calcolato.
Arduini – Punto secondo: non s’era detto che la signora sarebbe stata d’accordo?
Giulio – Certamente.
Arduini – Com’è allora che dimostra il contrario?
Giulio – Andiamo commendatore, non è da lei arrendersi al primo assalto. Lei m’insegna che le donne sono fortezze che prima di capitolare vogliono essere assediate, circuite, lusingate. I preliminari li hanno inventati loro per evitare che tutto si risolva in un assalto alla baionetta che mortificherebbe la loro vanità. Ancora un poco di pazienza.
Arduini – Ne ho avuto anche troppa. Ho subito in silenzio lo strazio di suo marito, ora cosa pretende, che le faccia la corte?
Giulio – Ma no, ma no, vorrà salvare le apparenze. Lasci fare a me. Lei intanto vada a parlare con il marito, gli faccia magari qualche complimento, tanto per tenerlo buono. In fondo, cosa le costa, se lo farà debuttare? (Lo sospinge verso Carlo) Vada, vada, alla signora penso io.
(Arduini si avvicina a Carlo e iniziano a parlare sottovoce. Giulio siede accanto a Lulù).
Giulio – Il commendatore ha l’impressione che tu voglia fare la preziosa.
Lulù – Gli è piaciuto Carlo?
Giulio – Questo non ha importanza. Ora tutto dipende da te.
Lulù – Vada a quel paese.
Giulio – Se è una battuta, non ho capito dove ci sia da ridere.
Lulù – Prendila come vuoi. Io la penso così.
Giulio – Lulù, tesoro, questo non è un taxi. Non puoi scendere quando ti fa comodo.
Lulù – (Ironica) No?
Giulio – No, porca miseria! Non puoi farci la carognata di lasciarci nella merda proprio adesso. Cos’è che non va?
Lulù – Non me la sento.
Giulio – Come non te la senti? Fosse la prima volta che lo vedi, potrei anche capirti. Ma è un cliente che hai già sperimentato, no?
Lulù – Non è per lui. In fondo non è peggiore di tanti altri. E’… che non sono nel giusto stato d’animo, ecco.
Giulio – Ma di quale stato d’animo parli? Stasera hai bisogno di un particolare stato d’animo per fare quello che fai normalmente un giorno si e un altro pure? Non farmi ridere.
Lulù – Come Lulù non avrei alcun problema. E’ come moglie di Carlo che non me la sento.
Giulio – Ma sei impazzita? Mica sei sua moglie.
Lulù – Vorrei mettermi a urlare. Ogni donna lo fa, è capace di farlo. Perché io no? Me lo sai dire perché io no?
Giulio – Ascolta Lulù, non credi che certi problemi vadano discussi nella sede giusta e con le giuste persone?
Lulù – E’ inutile. Se non capisci non capisci.
Giulio – E dillo che sei innamorata di Carlo. Credi che non l’abbia capito? E’ da quando siete rimasti soli che mi tieni sulla graticola. Prima si, poi no, poi ma. Cristo!, deciditi e finiamola. Una cosa però faresti bene a farti entrare in quella zucca balzana che chiami testa: se stasera il commendatore va in bianco, chi ci rimette è Carlo. E non sono tanto sicuro che se gli fai uno scherzo del genere, non ti maledica ogni volta che ti incontrerà.
Lulù – Quanto sei odioso.
Giulio – Se lo ami…
Lulù – (Amara) Se lo amo?
Giulio – Dimostraglielo, dagli una prova del tuo amore. Fa’ quello che per lui nessuna donna ha mai fatto, nemmeno sua moglie. Ha messo il suo avvenire nelle tue mani, se glielo distruggi, credi davvero che vorrà amarti?
Lulù – (Resta un po’ a testa bassa, poi si alza) Commendatore?
Arduini – Si?
Lulù – Le dispiace seguirmi?
Arduini – Dove?
Lulù – (Lo prende sottobraccio) Si fidi. Vedrà che non se ne pentirà. (Lo pilota verso la camera da letto).
Carlo – No, un momento!
(Lulù conduce Arduini nella camera da letto e chiude la porta).
Giulio – Bel colpo! Hai visto con che grazia ha risolto la situazione? La bacerei.
Carlo – Cosa ti ha detto?
Giulio – Lulù? Ma niente, lascia perdere. Tu piuttosto cosa le hai fatto credere? Guarda che lei pensa di essere innamorata di te e crede che tu sia innamorato di lei. Spero non le avrai fatto delle promesse che sai bene di non poter mantenere. (Nota il turbamento di Carlo) Ma che hai? (Carlo si dirige a grandi passi verso la camera da letto) Germati!
Carlo – Finiamola con queste buffonate. (Spalanca la porta della camera da letto) Fuori! Se ne vada! Esca da questa casa e non si faccia più vedere. Lei, lei, dico a lei. Per le sue porcherie cerchi qualcun’altra. Mia moglie non si tocca, chiaro?
Giulio – (Trasecola) Sua moglie?!
Arduini – (Appare sulla soglia, indaffarato a rivestirsi) Ma che razza di commedia è mai questa?
Carlo – E’ una commedia con un finale a sorpresa. Se a lei non piace, non me ne importa un fico secco. Piace tanto a me e a mia moglie. Vero cara?
Lulù – (Raggiante, alle spalle di Arduini) E’ magnifica, tesoro!
Arduini – Questo è un affronto che pagherà molto caro, glielo garantisco. Può metterci una croce sulla sua carriera. Con quello straccio di voce e senza di me non otterrà una scrittura nemmeno nel più sgangherato teatro di provincia.
Giulio – La prego, commendatore…
Arduini – Lei… lei…Ringrazi il cielo che sono disarmato. (Esce sbattendo la porta).
(Carlo e Lulù, teneramente abbracciati, formano un delizioso quadretto. Mentre il siparista chiude lentamente il sipario)

Fine del secondo atto



Atto terzo
(Stanza multi-uso in casa di Lulù. Un divano, una toilette, un tavolino davanti al divano, un paio di poltrone, un mobile-bar con sopra una radio e alcune bottiglie di liquori. La dislocazione delle porte è la stessa delle scene precedenti, tranne quella d’ingresso che è a vista sul fondo.
Entrano Olga e Giulio)
Giulio – Non ci vorrà molto tempo, vedrai. Verrò a prenderti quando la tua casa sarà libera.
Olga – Dubito che quella sia ancora casa mia. In ogni caso, penso di ritornarci soltanto per fare le valigie.
Giulio – Mi spiace che tu la prenda in questo modo.
Olga – Oh, sono certa che per questo non perderai l’appetito. Sei un uomo pieno di risorse tu. Hai la testa sempre piena di idee.
Giulio – Vuoi che per forza mi senta in colpa?
Olga – (Sarcastica) In colpa? Perché in colpa? Dovresti essere orgoglioso, invece. Tu sei un ingegnere. Ma che dico ingegnere? Architetto! Soltanto un architetto può progettare un castello di stramberie come quello di stasera. Sei bravo, lasciatelo dire, bravo davvero. Meriti un applauso. (Glielo concede).
Giulio – Senti Olga…
Olga – (Furente) Cacciata di casa per far posto a una svergognata! Mi sai dire che male ho fatto per meritarmi questo?
Giulio – Non fare così. Cerca di ragionare.
Olga – Lasciami in pace. Vattene.
Giulio – Non posso lasciarti in queste condizioni.
Olga – Che altro vuoi da me, il bacio della buonanotte?
Giulio – Vorrei vederti più tranquilla.
Olga – Tranquilla in un bordello?
Giulio – Questo non è un bordello.
Olga – Ah, no? E cos’è? Una casa d’appuntamenti? Una casa di piacere? Ti chiedo scusa, sono soltanto un’apprendista e certe differenze mi sfuggono. Col tempo imparerò anche il mestiere, ma per il momento devi avere pazienza.
Giulio – Vuoi dirmi che senso ha tormentarsi in questo modo?
Olga – E che dovrei fare, riderci sopra?
Giulio – (Dopo una pausa) Olga…
Olga – Che altro c’è?
Giulio – Dovrei andare.
Olga – (Rassegnata) Va’, va’.
Giulio – Tornerò a prenderti fra un paio d’ore al massimo.
(Giulio esce. Olga rimane qualche attimo soprapensiero, poi, curiosa e indolente, si aggira per la stanza. Tocca e osserva i soprammobili; annusa flaconi di profumi, se ne versa alcune gocce su un polso e ne aspira la fraganza. Accende la radio, che trasmette musica soft, sfoglia qualche rivista… Lentamente si lascia prendere dall’atmosfera languida che la circonda. Si toglie il soprabito e il foulard, siede davanti allo specchio, si scioglie i capelli con gesti stanchi e trasognati. Si alza, accende un abat-jour e spegne la luce centrale. Ora la stanza è in penombra. Olga si distende sul divano, abbandonandosi a un malinconico, struggente torpore. Dalla porta d’ingresso, lasciata sbadatamente socchiusa da Giulio, entrano Arturo e Riccardo: hanno bevuto e sono alticci).
Arturo – Si può?
Olga – (Con un salto) Chi è?
Riccardo – Indovina…
Arturo – Due pellegrini che cercano conforto.
Olga – Dio mio! Come siete entrati?
Arturo – (A Riccardo) Come siamo entrati?
Riccardo – (Esce e rientra) Così. La porta era aperta.
Olga – Chi siete?
Arturo – Io sono Riccardo, e tu?
Riccardo – No, tu sei Arturo. Io sono Riccardo. Ma cos’è questo buio?
Olga – (Cerca di falsare la voce) La luce mi dà fastidio. Ho un gran mal di testa. (Arraffa il foulard e se lo annoda in modo che le copra quasi tutto il volto).
Riccardo – Ah, cominciamo bene.
Arturo – Se vuoi la mia opinione, ti dirò che come preludio è veramente uno schifo.
Olga – Dio che mal di testa!
Riccardo – (Si aggira per la stanza inciampando nei mobili) Se ricordo bene… (Trova una bottiglia di cognac, riempie un bicchiere e va a porgerlo a Olga) Questo per l’emicrania è un rimedio infallibile.
Olga – (Lo respinge) No, no… Non bevo.
Riccardo – Non bevi? (A Arturo) Sei sicuro che non abbiamo sbagliato porta?
Olga – Me se vi dico che sto male!
Arturo – Certo che sei ben strana. Nemmeno la voce sembra la tua.
Olga – Mi fa male la gola.
Arturo – Pure! E poi, che altro hai?
Olga – Per favore, lasciatemi sola. Mi spiace per voi, ma siete capitati in una serata no.
Riccardo – (Le mette a forza il bicchiere fra le mani) Questo ti farà sentire meglio. Fai come me, guarda. (Si riempie un bicchiere e ne trangugia il contenuto. Olga lo imita ed è presa da un accesso di tosse) Sei fantastica. Sai che reciti bene la parte dell’astemia? E brava la nostra Lulù. Un altro goccetto, madame? (Olga fa cenno disperatamente di no) Via Lulù, sii buona, non lasciarmi bere da solo. Chi non beve in compagnia è un ladro e una spia. (A Arturo) Dico bene, amico?
Arturo – Parole sante!
Riccardo – (Versa un altro bicchiere, che Olga ingoia meccanicamente) E vai!
Olga – (Quasi soffocata) Sto morendo!
Arturo – Risposta sbagliata. Stanotte devi essere viva e pimpante.
Olga – Che intenzioni avete?
Arturo – Chiederci di suggerirti la parte non è da te, colomba.
Riccardo – Abbiamo in mente un programmino…
Arturo – Tu rimettiti in forma, al resto pensiamo noi.
Riccardo – Titolo della serata: Kamasutra, variazioni sul tema.
Olga – Ma voi siete pazzi.
Arturo – In effetti, sani di mente non siamo mai stati.
Riccardo – Però non ce ne vantiamo.
Arturo – T’è passato questo famoso mal di testa?
Olga – Mi è aumentato.
Riccardo – (Riempie di nuovo il bicchiere di Olga) Devi mandare il motore al massimo, se vuoi dare il meglio di te stessa.
Arturo – Come l’altra sera.
Olga – Quale altra sera?
Arturo – La settimana scorsa. Non ricordi?
Riccardo – Una furia scatenata, eri perfetta. (Gli allunga il bicchiere).
Olga – (Lo allontana) Mi viene da vomitare.
Riccardo – (A Arturo) Questa non è Lulù. (A Olga) Sarai mica sua sorella? La Lulù che conosciamo noi beve come un lavandino.
Lulù – (Si fa vento con le mani) Qui dentro fa un caldo terribile.
Riccardo – Sei sulla strada giusta. Dovresti cominciare a spogliarti.
Arturo – E togliti quel foulard, ti invecchia. (Allunga una mano verso Olga).
Olga – No, il foulard no!
Riccardo – Non vorrai tenerlo anche dopo, spero.
Arturo – Sarebbe un’idea. Tutta nuda, col volto coperto come un’araba. L’odalisca di Ingres non gli farebbe nemmeno un baffo.
Olga – (Si porta le mani alla testa) Dio mio, gira tutto!
Arturo – Vedi? E’ ora che tu vada a letto. E siccome anche noi abbiamo bisogno di un letto, sai che facciamo? Ci andiamo tutti e tre.
Olga – Dove?
Arturo – Che domanda! Nel letto che è più a portata di mano, cioè il tuo.
Olga – In tre?
Arturo – In tre. Un’ammucchiata biblica, una rovente grigliata del sesso…
Olga – E io che vi credevo persone per bene. Siete dei depravati. 
Arturo – Un filosofo, di cui non ricordo il nome, ha detto “Dopo i vent’anni ognuno ha diritto di scegliersi i propri vizi”.
Riccardo – (Va verso Olga) Andiamo Lulù, siamo amici, no?
Olga – Se ti avvicini, mi metto a urlare.
Riccardo – Ma che ti prende? Nessuno vuol farti del male.
Arturo – Quella non ha mal di testa, è tutta matta.
Olga – (Va a sedersi all’altro capo della stanza) Ora che mi ci fate pensare, non eravate in tre la settimana scorsa?
Riccardo – In tre?
Olga – Con voi non c’era anche quel vostro amico… il tenore. Come si chiama?
Riccardo – Carlo? Carlo Zecchini qui? (Ride) Non ce lo vedo proprio.
Olga – Eppure… Magari è stata un’altra volta.
Riccardo – Ma nemmeno per sogno! Rientra in te Lulù. Carlo qui? Con quella moglie?
Olga – Perché, cos’ha sua moglie?
Riccardo – Se solo avesse il sospetto che ti conosca, lo evirerebbe.
Olga – Non la facevo così gelosa.
Arturo – Gelosa è un eufemismo. Quella è un cataplasma, una mignatta. E lui, poveretto, è un martire del matrimonio. Quando morirà, sulla sua tomba dovrebbero scrivere “Qui giace Carlo Zecchini, finalmente libero”.
Riccardo – Certe mogli hanno l’istinto dei rapaci. Una volta addocchiata la preda, gli piantano addosso gli artigli e l’unica libertà che gli lasciano è quella di respirare.
Arturo – Non è certamente il mio caso. Io esco quando voglio e vado dove mi pare, senza dover rendere conto a nessuno. E se a mia moglie non va bene, può sempre fare la valigia e tornare dalla sua mammina. Primus libertas, deinde tutto il resto.
Olga – Siete incredibili! Ma di quale libertà parlate? La libertà di pagare una prostituta perché vi accolga nel suo letto, di nascosto come malfattori? Che bugia avete raccontato questa sera alle vostre mogli, che andavate a giocare a bigliardo?
Riccardo – Questi non sono affari tuoi.
Olga – E loro sono tanto cretine da credervi? Oppure sono troppo innamorate per…(Si porta le mani alla gola) Madonna santa!... (Corre nel bagno).
Riccardo – Mancava solo che vomitasse.
Arturo – Vorrei sapere che bisogno aveva di fare tutti quei discorsi senza senso. E poi quella voce… L’hai sentita, no?
Riccardo – Io ne ho le tasche piene.
Arturo – E io no?
Riccardo – Una serata cominciata male e finita peggio.
Arturo – In vacca, è finita in vacca.
Riccardo – Non sono ancora le dieci. Andiamo da qualche altra parte?
Arturo – D’accordo, ma dove?
Riccardo – Un paio di puntate alla roulette del Circolo?
Arturo – Con la fortuna che abbiamo stasera, sarà grassa se non restiamo in mutande.
Riccardo – (Alludendo a Lulù) Non l’ho mai vista così.
Arturo – E’ come le altre, gli dai un dito e ti prendono tutto il braccio. Ti lasci andare a qualche confidenza e si arrogano il diritto di farti la morale.
Riccardo – Se le puttane si mettono a ragionare come mogli, mi chiedo dove andremo a finire.
Arturo – (A voce alta verso il bagno) Lulù, noi ce ne andiamo.
Riccardo – (c.s.) Guarda che diciamo sul serio.
(Visto che Lulù non risponde, alzano le spalle e si avviano verso l’uscita. Sulla porta si imbattono in Arduini che sta per bussare).
Arturo – (Invitandolo a entrare) Prego.
Arduini – Non vorrei…
Arturo – Non si preoccupi, noi ce ne andiamo.
Riccardo – Ci siamo divertiti abbastanza.
Arturo – E’ tutta sua. E intonsa.
Riccardo – Vuole un consiglio? Non la faccia parlare. Stasera è matta come un cavallo.
Arturo – Non voleva convincerci che invece di venire da lei, avremmo fatto meglio a restare a casa con le nostre mogli?
Arduini – Allora, me ne vado anch’io.
Riccardo – Ma no, perché? Può darsi che con lei si comporti bene. A noi ha fatto una brutta impressione.
Arturo – Con quel foulard che le copriva quasi tutta la faccia, mi sembrava di parlare con una mummia egiziana.
Arduini – E… (Con le mani fa un gesto significativo).
Arturo – Scherza? Lei da una parte e noi dall’altra.
Riccardo – Seduti con le spalle al muro e le mani sulle ginocchia. Come a una veglia funebre.
Arduini – Adesso dov’è?
Riccardo – Nel bagno a vomitare.
Arduini – Ma che bella notizia!
Arturo – (A Riccardo) Andiamo?
Riccardo – (A Arduini) Buona fortuna.
(Arturo e Riccardo escono. Arduini non sa cosa fare. Olga rientra mentre è ancora sulla porta, indeciso).
Olga – Santo cielo! E lei chi è?
Arduini – Ero in città…ho pensato…
Olga – Ha pensato male.
Arduini – Le chiedo scusa, credevo che… Non si ricorda di me?
Olga – Ci conosciamo?
Arduini – Ci siamo incontrati poche volte, però…(Controlla su un taccuino) Eppure, l’indirizzo è questo.
Olga – (Ora si sente più sicura. Accende la luce centrale e si toglie il foulard) Se ne va da solo, o preferisce che chiami la polizia?
Arduini – Non s’arrabbi, me ne vado. Dovrò farci l’abitudine. Non mi era mai capitato di essere messo alla porta senza tanti complimenti, due volte nella stessa serata. (Si avvia, poi si gira) Davvero non si ricorda di me?
Olga – Vuole che glielo metta per iscritto?
Arduini – Ma lei non è…
Olga – Uffa!
Arduini – Quei due che se ne sono appena andati…
Olga – Avevano sbagliato indirizzo, come lei.
Arduini – (Si avvia, poi si ferma di nuovo) Non abita qui quella signorina…
Olga – Ha traslocato.
Arduini – Questo spiega tutto. (Pausa) Che lei sappia, ha per caso sposato un tenore?
Olga – Quale tenore?
Arduini – Uno alto, bruno… Ma no, non può essere. La prego di scusarmi. Buona sera.
Olga – (Ha un sospetto) Senta… se vuole fermarsi qualche minuto…sembra molto stanco.
Arduini – Effettivamente, per me è stata una serata faticosa.
Olga – (Lo fa entrare e chiude la porta) Mi spiace d’averla trattata male. Evidentemente lei non sapeva che la signorina Lulù non abita più qui.
Arduini – La colpa è anche mia. Appena l’ho vista dovevo immaginare che lei non ha nulla a che fare con l’altra. Lei è una signora distinta, ha classe. Permette? (Le prende una mano, gliela bacia e nello stesso tempo l’annusa) Eh, già… Sono mortificato, mi creda.
Olga – Non pensiamoci più. Un banale malinteso dovuto a un improvviso trasloco. (Lo fa sedere sul divano e gli siede accanto) Ha detto che qualcuno stasera l’ha messo alla porta?
Arduini – Più esattamente, sono stato cacciato in malo modo.
Olga – Come mai?
Arduini – Non vorrei annoiarla col racconto delle mie peripezie.
Olga – Se le raccontassi le mie la farei inorridire. Dunque?
Arduini – Un tale, quel tenore che le dicevo, mi ha invitato a casa sua per chiedermi di aiutarlo a farlo entrare nel mondo della lirica. Ci sono andato e sa cos’ha fatto? Invece di ringraziarmi, tutt’a un tratto ha cominciato a insultarmi e mi ha sbattuto fuori.
Olga – Non capisco. Se l’aveva invitato, che ragioni aveva di comportarsi in quel modo? Lei era lì per aiutarlo, no?
Arduini – E l’avrei aiutato, se le cose fossero andate com’era stato concordato. Anche se, mi creda, come tenore è veramente una frana.
Olga – Canta così male?
Arduini – In ogni caso, ora il teatro se lo può scordare. Mi dispiace per sua moglie, ma lui con me ha chiuso.
Olga – Mi lasci indovinare: tutto è successo a causa di sua moglie.
Arduini – Certo che è successo a causa di sua moglie.
Olga – Lei avrà fatto delle avances… Magari sarà andato un po’ sul pesante…
Arduini – Non lo nego, ma era stato tutto predisposto.
Olga – La signora si sarà offesa…
Arduini – Offesa? Ma se m’aveva perfino portato nella sua camera da letto.
Olga – (Gelida) Come ha detto, scusi?
Arduini – Prego?
Olga – Dov’è che l’ha portato?
Arduini – Nella sua camera da letto. Più chiaro di così…E’ stato il marito che a questo punto ha cominciato a dare di matto. Anzi, la moglie sembrava più sorpresa di me.
Olga – (Si alza furente e cammina su e giù stringendo i pugni) Nella camera da letto! L’ha fatto andare nella camera da letto!
Arduini – Non capisco. E dove se no? Non crede che per certe cose, la camera da letto sia il luogo, diciamo così, deputato?
Olga – Non quella!
Arduini – Perché non quella? Cos’ha di speciale?
Olga – Ma non era stato detto… Voglio dire, se il marito era d’accordo, perché poi se l’è presa tanto?
Arduini – Cosa vuole che le dica? Altro è parlar di corna, altro è sentirsele crescere sulla fronte. Probabilmente aveva preteso troppo dalla propria gelosia. Che si è scatenata quando… (Olga va verso la porta) Dove va?
Olga – Voglio tornare a casa.
Arduini – Quale casa?
Olga – La mia.
Arduini – La sua? E questa?
Olga – Questa non è la mia casa. (Con il pianto nella voce) E forse non ho più una casa veramente mia.
Arduini – Si può sapere di cosa sta parlando?
Olga – Non ha ancora capito che è stato preso in giro? Cosa ci vuole per aprirle gli occhi, un intervento chirurgico?
Arduini – E da chi sarei stato preso in giro?
Olga – Lei si crede un grand’uomo, vero? Potente, intoccabile. Tanto intoccabile che non può nemmeno immaginare che qualcuno possa prenderla per i fondelli e farla muovere come un burattino.
Arduini – Ma che sta dicendo?
Olga – E mai un dubbio. Solo la certezza di volare più alto della media degli uomini.
Arduini – Guardi signora che se intende riferirsi a quanto è accaduto stasera…
Olga – Sentiamo, cos’è accaduto stasera? Secondo lei come sono andate le cose esattamente?
Arduini – Me lo dica lei, visto che sembra saperne tanto più di me.
Olga – Ne so quanto basta per farmi quattro risate su una storia squallida e nemmeno tanto originale di cui lei è stato involontariamente, glielo concedo, ridicolo protagonista. La moglie tradisce il marito consenziente con il grande uomo. Il quale grande uomo, per sdebitarsi, spalancherà al marito le porte di una favolosa carriera. Ma c’è un ma. Come può il grand’uomo essere certo che la pietanza che gli viene servita sia genuina e non un surrogato?
Arduini – Un momento…Quella non era sua moglie?
Olga – Apra il paracadute, sta scendendo velocemente verso terra.
Arduini – Ma se non era sua moglie…Vi siete scambiate i ruoli! Lo ammetto, ci sono caduto come un cretinetti qualsiasi. (Dopo una pausa) Però, per dirla con le sue parole, c’è un ma. Ed è un ma pesante come un macigno. Si, cara signora, pesante come un macigno. Se l’altra non è sua moglie, ma colei che a fil di logica dovrebbe trovarsi qui, mi sa dire come mai suo marito se l’è presa tanto?
Olga – E’ questo che mi rende furibonda. Giuro che se l’avessi fra le mani…
Arduini – Si calmi piuttosto, e cerchi di ragionare. Non vede che ormai la commedia è finita? Ognuno ha recitato la propria parte come meglio ha potuto e il siparista aspetta solo il segnale del direttore di scena per chiudere il sipario. A noi tocca recitare il finale. E siccome non si tratta di una tragedia, ma di una commedia, il finale, come si conviene, deve essere lieto.
Olga – Questo lo pensa lei.
Arduini – Lo penso perché sarebbe il finale più logico. Cosa ci fa lei qui?
Olga – Come che ci faccio? Aspetto che…
Arduini – Naturalmente. Ma intanto, chi le impedisce di prendere, come si dice, la palla al balzo?
Olga – Non dica sciocchezze.
Arduini – Quando sono entrato qui, due uomini stavano uscendo.
Olga – Che c’entra? Erano entrati perché credevano di trovare Lulù.
Arduini – E non l’hanno trovata?
Olga – Senta lei. Se s’è messo in testa qualche idea sbagliata, farebbe bene a togliersela subito, perché qui non c’è nessuna Lulù. Qui ci sono io e basta. E se pensa di approfittare della situazione…
Arduini – No, cara signora. Lei sta rovesciando i termini della questione. Non sono io che dovrei approfittare della situazione.
Olga – E chi dovrebbe essere? Io?
Arduini – Perché no? La scena, l’atmosfera, una parte insolita e divertente…
Olga – Ma mi faccia il piacere…
Arduini – (Alludendo a Riccardo e Arturo) Quei due non l’hanno forse presa per Lulù? Lei deve aver recitato alla perfezione. A teatro si direbbe che è entrata nella parte come un guanto.
Olga – Che altro potevo fare? Sono amici di mio marito, ho dovuto fingere.
Arduini – Lasci che le dica che se l’è cavata egregiamente. Però sono certo che un po’ di curiosità, data la situazione…Questa stanza… In compagnia du due uomini il cui desiderio di lei gli si legge in faccia… Davvero non ha pensato, anche per un solo momento, “Cosa ci rimetto? In fondo mi credono un’altra”.
Olga – Se mi conoscesse, saprebbe che non gioco mai con la mia dignità.
Arduini – Quale dignità? La sua o quella di Lulù? Entrando in questa ha lasciato la sua dignità fuori della porta. Lei è entrata in questa stanza come un’attrice su un palcoscenico. E quando si entra in scena, il prima e il dopo non contano più. Ciò che conta è quello che accade attimo per attimo, ora, qui. E’ entrata in un mondo in cui le parole e i fatti non hanno lo stesso valore che nel mondo reale. Si vive facendo finta di vivere. Un mondo affascinante in cui si è sinceri solo se si è bugiardi. Non vorrà dirmi che a questo mondo lei non è stata tentata di dargli un’occhiata un po’ più da vicino.Oppure, ha avuto paura?
Olga – La paura non c’entra. Quel mondo che dice lei non m’interessa. Mi basta il mio.
Arduini – Allora ci torni. Su, vada, cosa aspetta? Ma non abbia fretta di arrivare, il suo letto potrebbe essere ancora occupato.
Olga – La smetta.
Arduini – La scenata che m’ha fatto suo marito, era la scenata di un uomo geloso. Che ora se la sta spassando con una donna che non è sua moglie, fregandosene della casa, della moglie e della dignità. E lei che fa? Si piange addosso?
Olga – Lei di me s’è fatto un’idea sbagliata. Non sono quella che crede.
Arduini – Ma non è nemmeno quella che credeva d’essere. Nessuno di noi è più quello di ieri, e domani non saremo quelli di oggi. Il destino questa sera ha giocato con le nostre vite. Ha imbrogliato i fili delle nostre esistenze e ora sta a guardare sghignazzando, per vedere se saremo capaci di riprendere i capi. Cerchiamo di non imbrogliare la matassa più di quanto lo sia già. (Olga si avvicina alla porta) Non faccia la sciocchezza di andarsene, potrebbe pentirsi amaramente quando sarebbe tardi per rimediare. Torni con i piedi per terra, resti. E suo marito si chiederà per tutta la vita come abbia potuto far carriera, dopo il disastro che ha combinato stasera. Non è quello che volevate entrambi?
(Olga e Arduini restano immobili, lei con una mano sulla maniglia della porta. Da dietro le quinte entra il Narratore).
Narratore – (Mentre parla si chiude lentamente il sipario) A questo punto, per non passare da guardoni, ci ritiriamo in buon ordine, lasciando i protagonisti di questa storia (A proposito, è tutta vera, tranne i nomi) alle prese con i loro dubbi e, se ne hanno, con le loro certezze. Ci basti sapere che Carlo Zecchini fece una discreta carriera come interprete di operette, seguito e guidato da Giulio, suo manager, e da Olga, fedele e devota consorte. Lulù qualche anno dopo convolò a giuste nozze con un ricco commerciante di vini bolognese, in abito bianco, confetti e Ave Maria di Schubert. E, come si suol dire, vissero tutti felici e contenti.

Fine