LE LUPE
Dramma in un atto di
Antonio Sapienza
Personaggi:
La gnà Pina, di verghiana memoria;
la signora Siscorda, assassina del figlio;
la signorina Mavaffa, assassina della madre.
La vicenda sarà ambientata, verosimilmente, in una cella carceraria.
Sulla scena è stato ricostruito, sulla sinistra, l’interno di una cella di una
carcere femminile. E’ l’alba, luci adatte, dall’esterno di odono canti di
contadini e braccianti che vanno al lavoro. Dopo poco, una figura femminile – è
La Pina - si alza dalla cuccetta superiore di un letto a castello. Essa si
stiracchia le membra, poi lentamente scende e si pone dietro all’alta finestra
tendendo le braccia e serrando con le mani le sbarre. Un minuto, poi fine canti.
Dall’altro lettino si sporge una ragazza che sottovoce dialoga con la vicina di
letto: la prima è Mavaffa, la seconda è Siscorda.
Sis. - La vedi? Che ti dicevo? Sempre così, tutte le mattine.-
Mav.- - (seccata) Ma lasciami dormire…che m’importa della Pina?-
Sis.- Ehi, come sei suscettibile stamani…vabbè che con te non si può parlare
mai…sei scorbutica. Come si può stare insieme a voi due? Questa è una condanna
supplementare…belle compagne di cella. Ma io l’avevo detto alla superiora: Avevo
detto: con queste due io non ci voglio stare. Sono due matte!-
Mav.- (sbadigliando) Sei savia tu…ma va là, finiscila e lasciaci in pace…e
lascia in pace la Pina, non vedi come soffre? Quella, abituata alla libertà dei
campi, qui ci muore… o prima o dopo…e anche io…vivevo libera, in montagna… ora
sono tra queste quattro mura in compagnia di una matta e di una mezza matta!-
Sis.- Io sarei la mezza matta?-
Mav.- No tu sei tutta la matta! E ora basta. Fai il caffè!-
Sis.- Non tocca a me. Oggi tocca a lei (accenna disgustata alla Pina).-
Mav.- Pina, tocca a te di fare il caffè…allora? Ti nuovi o no?-
Pin.- (allontanandosi a fatica dalle sbarre) Già, tocca a me… (si reca presso un
fornelletto e prepara la bevanda, intanto canticchia la canzone dell’inizio
spettacolo).
Mav.- Pina, e piantala! Con questa lagna ci torturi!-
Pin.- (come se non avesse udito, continua a cantare e a preparare, poi, appena
il caffè sale, lentamente prende la caffettiera e la versa sulle due compagne)
Il caffè è servito!-
Mav.- Ahi! Scotta! Matta! Matta di una matta!-
Sis.- Ahia, pezzo di zoticona di una campagnola ignorante! Guarda come mi hai
scottato il braccio!-
Pin. – (avvicinandosi e guardando distrattamente) Oggi lesso!-
Sis.- Te lo do io il lesso e il tuo spirito di patate! (sta per lanciare una
ciabatta sulla compagna, ma viene fermata da Mavaffa).-
Mav.- Fermati scema, quella reagisce da selvaggia, ci vuoi mandare in punizione?
E tu cafona, almeno potesti scusarti.-
Pin.- Scusarmi? E di chè? Io l’ho fatto apposta! Ho chiuso le vostre boccacce…E
ora rifaccio il caffè…se ve ne state zitte e buone…(riprende a fare il caffè,
canticchiando. Poi quando il caffè sale, lo versa nelle tazzine e lo offre alle
compagne, versandone una tazza anche per lei.) Allora? Che ve ne pare? Oggi è
ottimo!-
Sis.- Certo, dopo il primo…-
Mav.- Buono, buono. Si vede che sei abituata a farlo con la moka. Io lo prendevo
solo al Bar…con la moka mi viene una schifezza…-
Sis.- Lo abbiamo capito già.-
Pin.- La signorina è stata abituata a vivere servita e riverita…-
Sis.- Già. Dio manda il pane a chi non ha denti…-
Mav.- Ahò, e che è? Che volete ricominciare? Guardate che non sono pane per i
vostri denti, io!-
Sis.- E non ti scaldare…-
Pin.- (avvicinandosi con aria di sfida) E che mi faresti se ricominciassi?-
Mav.- Farei quel che farei.-
Pin.- Mi faresti la bua? Oppure chiederesti aiuto al tuo ganzo per
accoltellarmi?-
Mav.- Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno! So sbrigarmela da me, so!
(alzandosi come a voler accettare la sfida).-
Sis.- Ma state buone voi due! A chi la volete dare a intendere che sareste
capaci di accoltellarvi.-
Pin.- ( a Siscorda) Si, accoltellare te e i mortacci tuoi! Sta zitta tu!
Vigliacca d’un assassina!-
Sis.- Io assassina? Io sono la più innocente delle donne. Tu sei un’assassina,
anzi doppia. E anche lei è una doppia assassina! Non io, povera innocente chiusa
tra queste quattro mura insieme a delle feroci e pazze omicide…-
Mav.- Ma vedi a questa…(fa cenno alla Pina con la mano).-
Pin.- ( a Siscorda) Senti bene, bimbetta del cavolo, noi siamo delle assassine,
è vero! Ma tu sei la più feroce di tutti: tu hai ucciso un piccolo innocente:
Tuo figlio!-
Sis.- E tu? Tu chi hai ucciso? Non hai ucciso forse tua figlia e il suo ganzo,
tuo amante segreto? E lei (indica mavaffa) ? Lei non ha ucciso suo fratello e
sua madre? Sua madre! E venite a dire a me che sono una feroce assassina?-
Pin.- Si, io ho ucciso due persone, una della quali mia figlia, ma ella era
adulta, forte, ha saputo anche difendersi. Ma tu hai ucciso un piccolo esserino
di due anni appena, sul tuo letto da sposa, con la nostra stessa ferocia,- è
vero. Ma con una malvagità degna di una belva!-
Sis.- Io sono innocente! Sono state le “donne” che me l’hanno assassinato! Le
donne, le streghe che di notte scendono dai camini e uccidono i bambini ai quali
le madri vogliono più bene! E io volevo un bene dell’anima a mio figlio! Capito?
Un bene dell’anima! Era piccolo, dolce, delicato, con una pelle si seta, con
occhi di cielo, con capelli di angelo, con un sorriso da Dio. E le donne,
invidiose me lo hanno tolto al mio amore, dando la colpa a me! A me che sono
innocente come Cristo! A me condannata a vita in carcere, a marcire dentro
quattro mura…in vostra compagnia. Oh, me sfortunata, oh me addolorata, oh a me
vittima innocente! (si esalta)-
Mav.- Va bene, va bene, sei innocente come la maggior parte dei detenuti di
questo carcere. Ma ora calmati, facciamo colazione…-
Pin.- Ottima idea. Ho fame.-
Mangiano pane e bevono caffè.
Pin.- (come se parlasse a se stessa) Oggi debbo vedere il giudice…-
Sis.- Il giudice? E perché?-
Mav.- Per te, in tutto ciò che si fa, ci dev’essere un perché. Vedrà il giudice
per farsi una scopatina, sei contenta?-
Sis.- Sei sempre più volgare e sguaiata.-
Mav.- Cos’è? ti scandalizzi?-
Pin.- Debbo vedere il giudice per la semilibertà…-
Sis.- A te?-
Pin.- Già.-
Mav.- E come mai?-
Pin.- Sembra per buona condotta. Da anni non ammazzo più nessuno (ironica).-
Sis.- Si può avere la semilibertà? E quando?-
Mav.- Quando? Quando avrai i capelli bianchi, i seni sulle ginocchia e i
reumatismi nelle ossa.-
Sis.- Stronza!-
Pin.- Li otterrai dopo aver scontato metà della pena…cioè tra quindici anni, se
ti comporti bene, se dimostrerai che sei pentita, che sei un’altra persona,
diversa da quella che entrò qui, in questo dannato posto di merda.-
Sis.- Ma chi le decide tutte queste cose? –
Mav.- Il giudice per primo, poi la psicologa, l’assistente sociale, il prete…-
Pin.- …e i giornali: la famosa opinione pubblica, quelle che ti processa prima,
durante e dopo i fatti!-
Sis.- Bella prospettiva.-
Mav.- (a Pina) E tu non sei contenta?-
Pin.- E di che cosa dovrei essere contenta?-
Mav.- Ma di uscire da questo posto schifoso, no?-
Pin.- E per andare dove? Per fare che cosa? Per stare con chi?-
Sis.- Non hai nessuno con cui stare?-
Mav.- E piantala, non battere sul chiodo. Pina, ci dispiace, sai…-
Cambio di luci. Buio a sinistra, luce a destra del palco. Musica adatta.
Sulla scena ci sono Pina, che indossa un lungo scialle nero e Mavaffa, anche lei
con lo scialle, ma con una parrucca, che fa la parte della figlia.
Pin.- Ed ora vattene a casa, subito!-
Mavaffa si guarda le unghie delle mani, sorride e non dà retta a Pina-
Pin.- Ehi, ti ho dato un ordine. Vai subito a casa!-
Mav.- E se non volessi. (provocatoria)-
Pin.- Ma che discorso mi stai facendo?
Figlia – Discorro con me stessa, va bene?-
Pin.- No, non va bene. Ti ho dato un ordine e tu lo devi eseguire. A casa, ti ho
detto!-
Figlia – E io ti dico e ripeto: a casa non ci vado.-
Pin.- Osi disubbidirmi?-
Figlia – (ironica) Chi io?-
Pin.- Tu, proprio tu. E non fare la furba, sai? Ti conosco, sei mia figlia. E
allora vai, ubbidisci a tua madre.-
Mav.- E perché dovrei andare, sentiamo? (con tono di sfida)-
Pin.- Perché? perché qui non hai nulla da fare…e io aspetto qualcuno.-
Mav.- Aspetti lui?-
Pin.- E se così fosse, a te cosa importa? Vai!-
Mav.- Se aspetti lui, lo aspetterai invano…-
Pin.- E tu che ne sai?-
Mav.- Io so che sarò io ad aspettare lui, qui! non tu! Tu hai chiuso con lui!-
Pin. Non ti permettere, sai? (si sta per scagliare contro la figlia, ma si
frena) Lui è ancora mio, mio! Capito?-
Figlia- Tuo? E’ da vedere…Ormai sei vecchia, lui ti ha scaricato, lo vuoi capire
o no? (Aggressiva) Adesso vuole me! Me, che sono carne fresca, giovane, odorosa,
prorompente, viva! Tu sei ormai carne morta, per lui. Fattene una ragione…se
puoi.-
Pin.- ( Scagliandosi contro la figlia) Cagna! cagna! Ti batterò come la cagna
che tu sei!-
Mav.- E provaci su?-
Pin.- Maledetta!!(ma inciampa e cade sul pavimento. Ansante, cerca d’alzarsi, ma
la figlia la colpisce con un calcio) Ahi! Maledetta! Maledetta. Ti ammazzo,
buttana!-
Figlia – (con distacco, commiserandola) Come? Come? Cos’hai detto? Mi ammazzi?
Forse lo farai strisciando sul pavimento? Leccami le scarpe!-
Pin.- (rialzandosi a fatica) Ti farò pentire di quello che hai detto!-
Figlia- Quando lo farai, fammelo sapere. ( le gira le spalle)-
Pina (si alza, tira fuori un coltello a serramanico, lo apre e si scaglia contro
la figlia che in quel momento s’era voltata di spalle, e la colpisce a morte)
Muori cagna! E aspetta all’inferno il tuo amante. (minacciosamente) Perché non
appena arriva, te lo spedisco sbudellato!-
Fine luci a destre. Luci a sinistra.
Pin.- ( con le mani ancora tra i capelli) Casa ci faccio fuori da qui! (poi con
un sussurro) Cosa ci faccio…e lui non c’è più…(passeggia sulla scena)-
Sis.- Come lo uccidesti?-
Mav.- E piantala! Perchè battere su quel chiodo?-
Sis.- Ma è sola curiosità di donna, e di compagna di sventura.-
Pin.- Lascia stare. Glielo dirò: Lo uccisi con un sol fendente, alla pancia.
Io, lo sapete, ero contadina, anzi, per meglio dire bracciante e ci sapevo fare
con falce, coltelli e roncole.
Bracciante agricola, già, come dire una senza un mestiere preciso e senza fisso
lavoro. Lavoro stagionale, si dice adesso.
Chi aveva bisogno di te, ti chiamava, i patti erano già previsti, la paga pure,
e lavoravi finchè non finiva la semina, oppure il raccolto. Ma io ero
specializzata, se così si può dire, nella raccolta dall’albero: ero svelta nel
raccogliere olive e mandorle, meno per le arance e i limoni. Ed ero ben vista
dai padroni. Alcuni di loro mi portavano anche a letto…si fa per dire: mi
portavano nelle stalle o nei fienili: due botte e via…
Sis.- E lo conoscesti sul lavoro?
Pin.- Si, lo conobbi sul lavoro, era bracciante come me: stavamo mietendo il
grano, quando me lo vidi al fianco che mieteva e guardava me, guardava me e
mieteva…e mi sorrideva: con quel sorriso spavaldo, con quei capelli al vento,
coi muscoli che gli guizzavano da sotto la pelle, col sudore che gli scorreva
sulla schiena forte e abbronzata, sembrava un dio. E fu l’anima della mia vita e
la mia dannazione!
Ci prendemmo lo stesso giorno, a sera, tra gli sterpi dei campi e i sassi, come
due animali selvaggi in piena foia. E poi il giorno dopo e quello successivo e
ancora e ancora: ci prendevamo una, due, tre, a volte anche cinque volte…-
Mav.- Animali!-
Pin.- Peggio! Eravamo instancabili, insaziabili… io me lo baciavo tutto, dalla
testa ai piedi, e lui mi chiamava la sua lupa. Ed ero veramente affamata di lui,
sempre, come una lupa! (pausa).-
Sis.- E come fu che…-
Pin.- Come fu che si invaghì di mia figlia?-
Sis.- Già.-
Pin.- Ella ci incontrò dal ritorno dei campi, felici e soddisfatti come due
piccioncini, e avvicinandosi ci sorrise, anzi sorrise a lui, maliziosamente. E
da quel momento cominciò la mia tortura: la gelosia venne a trovarmi sui campi,
in casa, per strada, dappertutto. Perché, lo sapevo, egli era un donnaiolo e mia
figlia una troietta.
E non mi sbagliai. Mi dissero che li avevano visti al fiume. Questo bastò per
darmi certezza: non dormivo più. Ero paralizzata dalla gelosia! E, un giorno
egli rifiutò di fare l’amore con me.
Immaginatevi il mio furore!
Dovevo fare qualcosa! E affrontai la faccenda di petto, come si usa fare tra di
noi, gente popolana…-
Sis.- Una volta si diceva: delitto d’onore.-
Pin.- Una volta…-
Mav.- Ma, forse in questo caso più che di delitto d’onore si dovrebbe parlare di
delitti passionali.-
Sis.- Per tutti e due?-
Mav.- Sicuro.-
Pin.- E lo rifarei, sapete!-
Mav.- Così, a sangue freddo?-
Pin.- Anche se sono vecchia, quando ci penso il sangue mi bolle nelle vene, come
quando mi bolliva allora, sia quando lo amavo, sia quando lo uccisi.
Cosa ci farei io, adesso, lì fuori? -
Sis.- Hai ragione Pina, cosa ci faresti lì fuori tu. Poi, una come te deve avere
tutta la libertà, non solo la metà. Tu sei un animale che è nato libero e libero
deve morire…-
Mav.-…oppure in una gabbia in cattività.-
Pin.- … e in compagnia di tua pazze scatenate. (poi ride rumorosamente) Ah, ah.
Ah. Pazze! Siamo tutte e tre delle pazze…-
Sis.- …scatenate…(ridendo anch’ella)-
Mav.- No! (gridato) No, io non ci sto a fare la finta pazza come voi. Non ci
sto, no, proprio no!-
Pin.- Finte pazze? Ma che dici: noi siamo pazze fino al midollo. Sole delle
pazze possono aver fatto ciò che abbiamo fatto noi…-
Mav.- Voi, non io! Io ho fatto solo giustizia.-
Sis.- Uccidendo tua madre e tuo fratello? Bella giustizia, sai. Ma va là!-
Mav.- Io ho fatto giustizia di comportamenti scandalosi! Io ho difeso l’onore di
mio padre!-
Sis.- Stronza…(disgustata, poi sottovoce) tu volevi trombare con tuo padre:
puttana!-
Mav.- No, no mai! Mai!-
Buio a sinistra luce a destra. Musica adatta.
La Pina era già in posa: fa la parte della madre di Mavaffa. Indossa una
parrucca.
Mav. (andandole incontro con veemenza) Tu che madre sei per me? Eh, dillo,
dimmelo, fallo sapere a tutti che madre sei!-
Madre – Ma cosa ti prende? Che ti succede?-
Mav.- Mi succede che mi prende la voglia di spifferare tutto a tuo marito, al
mio povero babbo.-
Madre- Tutto cosa? (tranquilla)-
Mav.- Tutto, tutto quello che tu sai bene che dovrebbe sapere: della tua
tresca!-
Madre- Tresca? Ma di che cosa parli? Sei in te?-
Mav.- Sono in me, eccome! Tu sei una debosciata, una ninfomane, un’adultera
e…e…un’incestuosa! Ecco cosa sei!-
Madre- E tu sei o pazza o rincitrullita! Ma di cosa vai parlando mocciosa!-
Mav.- Parlo del rapporto incestuoso che hai con mio fratello, nonchè tuo figlio!
E non provare a negarlo perché ne ho le prove.-
Madre- Ora so che sei veramente pazza. Io avrei avuto…con …mio figlio? Mio
figlio! Mio figlio di appena nove anni? Pazza, pazza di una figlia scellerata.-
Mav.- Tu sei madre scellerata e snaturata. Ti ho visto sai? Ti ho visto mentre
gli facevi il bagno, mentre lo accarezzavi, estatica in viso, mentre te lo
sbaciucchiavi tutto. Non negare sai? Non provarci! E tuo marito, poveretto, che
ha la massima stima e fiducia in te. Traditrice perversa!-
Madre- (con rassegnazione) Sei pazza da legare: io stavo aiutando il tuo
fratellino a cospargersi il corpo di pomata antiallergica, e nel frattempo
scherzavamo per non farlo sentire depresso a causa della grave allergia alla
pelle in tutto il corpo. Pazza di una figlia, come hai potuto…-
Mav.- No! Io ti ho visto benissimo: lo accarezzavi nelle parti intime con
evidente piacere: socchiudevi anche gli occhi e avevi le labbra socchiuse di
piacere…e anche lui, il fratellino, aveva il pene dritto. Non puoi negare.-
Madre- Tu non sei madre e non puoi capire il piacere che prova una madre ad
accarezzare la propria creatura: ma è un piacere spirituale, affettivo, senza la
morbosità che ci trovi tu. Perché tu sei la pervertita. Si, il pene era dritto,
ma perché è evidente che al bambino le carezze provocavano una reazione simile:
anche se lui non ne capiva il perché. Lui, lui è ancora senza malizia.-
Mav.- Ma tu sei piana di malizia: te ne approfittavi!.-
Madre- Io non davo peso alla situazione, che era del tutto innocente…-
Mav.- (ridendo istericamente) Era innocente…ma che sfacciata!-
Madre- Taci, non una parola in più: vipera! (la schiaffeggia)-
Mav.- Non mi toccare puttana!-
Madre- Io ti insegno a vivere sporcacciona. (altro schiaffo)-
Mav.- (aggirandosi per la stanza come un’ossessa, prende un coltello e si
scaglia contro la madre, colpendola a morte. La donna resta riversa per terra)
Giustizia è fatta. Ed ora tocca al tuo…ragazzino vizioso! (esce velocemente
dalla stanza come a voler accoltellare il fratello che sta nell’altra camera,
poi ritorna nel cono di luce, poi come ipnotizzata) Giustizia è fatta. Papà, ti
ho salvato l’onore!-
Fine scena. Luce a sinistra. Mavaffa è stesa sul letto.
Mav.- No, non volevo farmi mio padre, anche se era un bell’uomo e tutte le mie
compagne lo trovavano “fico” . No, non era così. Una per desiderare un uomo,
questi le deve far “sangue”. E a me non ne faceva…anche se nel bagno, una volta
lo sorpresi nudo e mi turbai nell’animo. Ma poi, non mi successe più. Ero
moralmente sana, io! Ma, poi, lui non capì, mai! il mio gesto. Mi disse: hai
fatto malissimo. Dovevi parlarne con me.(poi alle altre) Disse che lui sapeva
della malattia di mio fratello e della cura che doveva fare…e di mia madre…e che
era assurdo pensare al male.
Egli amava mia madre follemente, e non si accorgeva di nulla. Di nulla! Era, ed
è, ancora con gli occhi chiusi: pensa sempre alla buona fede di quella lì…-
Sis.- …che era tua madre, infine…-
Pin.- …e tuo fratellino…-
Mav.- …e complici nell’incesto.-
Pin.- Ma ne sei sicura?-
Mav.- Sicura! Come è sicura la morte!-
Sis.- E’ disgustoso! Come si può, così, a sangue freddo, uccidere anche il
fratellino…-
Mav.- Ma come osi parlarmi così? Tu, che hai ucciso il tuo figlioletto
innocentissimo, quello si, a sangue freddo!-
Sis.- Vi ho già detto che io non l’ho ucciso! (poi calmissima) Sono state le
donne che me lo hanno ucciso, come vi dissi, sono state le donne, le donne.-
Pin.- Veramente sappiamo che tu hai accusato i tuoi vicini di casa di quel
delitto.-
Sis.- Si, sono state loro, ma erano le donne travestite da vicine…una
addirittura da medico… me lo hanno ucciso a tradimento, mentre accompagnavo
l’altro mio figlio allo scuolabus…in un attimo…appena rincaso ed entro nella
stanza da letto, vedo il mio piccolo che giaceva sul lettone senza vita,
accartocciato come un feto, viola in faccia, senza più respiro né anima. Ed io
lo chiamavo, lo accarezzavo lo scaldavo col mio alito di bestia ferita; poi
finalmente ho gridata, come una belva ho gridato. Ho gridato l’aiuto e il mio
dolore. E sono venute le donne, le donne a darmi aiuto: ci pensate loro, le
assassine! E le ho cacciate via. Ho preso un coltellaccio e le ho cacciate via.
Ma esse mi hanno mandato un’ambulanza e poi i poliziotti. Ad arrestarmi! Capite
ad arrestare me. Me la madre addolorata. Me la madre afflitta, me la madre
dolente! Come Maria vergine, di fronte alla croce, con suo figlio appeso, sono
stata afferrata e sbattuta in prigione! E, purtroppo, sono giudicata male anche
da voi, mannaggia a me! Da voi, che non mi credete; che pensate anche voi che io
l’abbia potuto uccidere! Vigliacche! Vi divertite con me, lo so. (poi con
tristezza) Ma io uscirò da qui, andrò al cimitero, tutti i giorni, andrò a
portare fiori freschi al mio bambino. E gli parlerò, gli dirò: figlio diletto,
vedi cos’è la giustizia degli uomini? Ti hanno scannato come un agnellino e
hanno incarcerato me, per impedirmi di onorarti, di amarti, di servirti.
Com’è ingiusta la vita, tesserino mio. Com’è ingiusta!
Ora tu devi aspettarmi lassù, insieme al Bambinello, aspettami con pazienza che
un giorno o l’altro verrò anch’io lassù, per restare sempre con te, insieme,
sempre insieme: tu, io e il Bambin Gesù.-
Tutte le tre donne rimangono immobili per un minuto, mentre partirà una musica
accorata. Quando essa termina, le donne si metteranno a letto, sdraiate o
sedute.
Pin.- Ma che caldo che fa oggi…-
Mav.- Già, c’è un caldo boia.-
Pin.- (a Discorda) E tu non ne senti caldo?-
Sis.- (con un fil di voce) Lo senti, lo sento…-
Pin.- Sai, io non credo che tu abbia ucciso tuo figlio.-
Sis.- Grazie, grazie tante, sei una vera amica.-
Mav.- Io, io voglio essere sincera, ho ancora qualche dubbio…-
Sis.- Ti capisco.-
Mav.- Ecco, come si fa ad accusarti di una cosa che avresti fatto, senza un
testimone che ti abbia visto? Insomma di una tale cosa assurda, da sembrare
impossibile! E, invece, i giudici ci hanno creduto e ti hanno condannato! Non si
condanna una persona senza avere neanche uno straccio di prova. Che indizi hanno
trovato? Cosa hanno trovato di vero? Qualcosa dev’esserci stata sennò non ti
davano trent’anni!-
Sis.- Niente. Non hanno trovato nulla.-
Pin.- E lei non ha confessato.-
Sis.- E cosa dovevo confessare?-
Mav.- Ma, accidenti dico io: potevi difenderti con le unghie e i denti, no?-
Sis.- Prova a difenderti tu da una accusa assurda, quando tu stessa sei stata
vittima della violenza? Non è stato mio figlio ad essere assassinato? Non sono
io la madre dolorosa? E come potevo supporre che i giudici pensassero a me, come
colpevole dell’omicidio? Me! Capite? Me, la madre!-
Mav.- …mah…(dubbiosa, si volta di spalle) -
Pin.- Hanno puntato sulla sua debolezza psichica…-
Sis.- E’ vero! Ma se tutte le donne, le madri che allevano figlioli
piagnucolosi, li dovessero uccidere per farli tacere, allora le galere non
basterebbero per contenerle tutte.-
Mav.- Piangeva? Ah.-
Sis.- Si, piangeva, ed io ero un poco esaurita. Tutte quelle notti insonni che
il bimbo mi procurava, mi stressavano. Avrei voluto dormire una sola notte per
otto ore filate. Ma che dico? Solo quattro ore di filato. Ma la creaturina era
implacabile. Ogni ora si lamentava e piangeva come un ossesso. Aveva qualcosa?
Chissà, forse aveva disturbi che noi non capivamo. Ma anche la pediatra diceva
che il bimbo era sano…certo era isterico. Isterico come la madre. Lo confesso
ero isterica in quei mesi. Ma tra questo e il delitto ce ne corre, eccome!
Guardate, a chi non è venuta l’idea di far tacere il proprio figlio, magari
usando le maniere forti? E anche io l’ho avuta…ma non l’ho mai praticata. Certo
qualche buffetto, qualche scossone per scuoterlo, qualche volta, magari sono
stata brusca nel metterlo a letto. Ma niente di più. E quel giorno ero
particolarmente sensibile, tremavo tutta per una notte ancora di veglia, i nervi
l’avevo a pezzi. Figuratevi che non riuscii nemmeno a preparate la colazione al
grande che doveva uscire per andare a scuola. La mano che doveva reggere il
coltello per spalmare il burro sul pane, era malferma, mi trema fino al polso.
Ma superai tutto. Accompagnai mio figlio alla fermata dello scuolabus e rientrai
in casa.
E lo trovai lì, riverso sul letto…era già morto…oppure no? Forse era ancora
vivo, forse piangeva ancora, forse voleva conforto da una madre nevrastenica,
forse…chissà…(ponendosi le mani in faccia) forse gridai… a lui…o per chiedere
aiuto? Non ricordo perché gridai, non ricordo…ah se potessi ricordare.
Ad un tratto mi trovai accanto al letto con il bimbetto morto senza sapere
perché…anzi, il perché lo conosco: sono state le donne, le streghe, le maghe…che
me lo hanno ucciso…le maghe…(sempre più lentamente) le streghe…le donne…che lo
hanno…ucciso…-
Pin.- Calmati ora, su, calmati.-
Mav.- Le donne? Sarà…le maghe, le streghe, Biancaneve…-
Pin.- Oggi sei particolarmente pungente, anzi velenosa…bella mia.-
Mav.- (ironica) Veramente?-
Pina.- Cerca di piantala!-
Mav.- E se non ne avessi voglia?-
Pin.- Non cimentarmi! Sai che ti strozzerei come un topolino.-
Mav.- La pianto, la pianto…tanto, con voi due…-
Pin.- (a Sis.) E allora? Ti sei calmata?-
Sis.- Si, si sono calma…come sempre…anche di fronte ai giudici ero calma; e
anche di fronte ai periti ero calma…Pina, io impazzisco!!-
Pin.- E io con te… e lei con noi! Perché siamo tutte e tre della stessa razza.-
Sis.- Che razza?-
Pin.- Quella delle belve. Siamo delle lupe - Noi! E per le belve c’è la gabbia…
o le abbattono!-
Sis.- Che vuoi dire? Che ci mandano al patibolo? No, no, in questo paese non c’è
la pena di morte. Eppoi me lo avrebbero detto al Tribunale…no, non è possibile.
Oppure…oppure intendi dire che…-
Mav.-… che ci lasciano marcire in cella, fino alla morte.-
Sis.- Ma se a Pina stanno per dare la semilibertà?-
Mav.- Ma ancora non gliel’hanno data…-
Sis.- Gliela daranno, ne sono sicura.-
Mav.- E lei non l’accetterà, sono sicura.-
Sis.- Pina, l’accetterai?-
Pin.- Lo avete detto voi stesse che per me la semilibertà non significa nulla. E
io non l’accetterò. Farò qualche cazzata, mi toglieranno la buona condotta… ed è
fatta!-
Sis – La dessero a me, saprei cosa fare.-
Mav.- Si, uccidere anche l’altro tuo figlio.-
Pin.- Minchia, ma sei proprio una vipera!-
Sis.- Lasciala parlare, poveretta. Sai, se la dessero a lei la semilibertà,
andrebbe direttamente al letto del padre.-
Mav.- Carogna io ti ammazzo! (sta per scagliarsi, fermata da Pina).-
Pin.- Sapete cosa vi dico? Io mi sono stufata di questi continui battibecchi. E
dato che debbo rinunziare alla buona condotta, vi accoppo tutte e due e fine
della discussione e dei problemi.(strattona Mavaffa)-
Mav.- Ferma con le mani! Non credere di farmi paura. Io sono giovane e forte e
sportiva, mentre tu sei vecchia decrepita inflaccidita da anni di questa vita -
puttana.-
Pin.- (fraintendendo) A chi hai detto puttana? A me? Troia di una debosciata
incestuosa!-
Mav.- Cagna! Ti farò mangiare queste parole. Saranno le ultime che la tua bocca
di fogna avrà pronunziato! (si scaglia contro Pina, tirando fuori dalla tasca un
coltellino ricavato da un cucchiaio, e la colpisce al ventre)-
Pin.- (accasciandosi e premendosi l’addome) Ahia! Lo sapevo che eri un’assassina
- nata per uccidere.-
Mav.- (guardandola con disprezzo) Ecco la lupa! Una lupa morente. Ah,ah, ah.
(ride perversamente)-
Sis.- L’hai uccisa! (sbalordita) L’hai uccisa veramente!-
Mav.- E cosa credevi che scherzassi? Vuoi provocarmi anche tu? Vuoi anche tu la
tua dose di coltello nel ventre? Non hai che da dire una sola parola – una sola!
(si avvicina minacciosa)-
Pin.- Chiamate il superiore, sto morendo.-
Mav.- Te lo chiamo, te lo chiamo,(beffarda) ma ti ho solo fatto un graffio alla
pancia. Non ti esce neppure sangue (ma non si muove e incrocia le braccia).-
Pin.- (mostrando la mano insanguinata) E questo cos’è? Acqua per lavare la tua
animaccia da lupa selvaggia?-
Mav.- (dandolo un calcio) Cagna!-
Sis.- (correndo verso lo sportellino della cella) Aiuto, aiuto! Superiore
aiuto!-
Mav.- Lurida di una lupa snaturata! (la colpisce alle spalle, ripetutamente)-
Pina, nel frattempo, faticosamente, si alza e prende di spalle Mavaffa,
stringendole il collo.
Intanto che una musica drammatica parte, la scena lentamente si fa buia.
Fine.