LE MANI APERTE

di

Roberto Russo





Tre veli bianchi delimitano la scena. Sono veli oltre i quali nulla si scorge. La forma di ognuno dei tre veli è rettangolare tale da coprire del tutto la comune e le pareti di destra edi sinistra.
Nell’angolo a destra si scorgono carte da musica e scarpe maschili e femminili , disseminate, gettate lì alla rinfusa. Al centro della scena c’è uno sgabello di quelli che si utilizzano per le esecuzioni al pianoforte.
Entra un uomo, indossa un soprabito, si dirige verso lo sgabello, si sveste del soprabito, fa per poggiarlo sullo sgabello ma, ad un tratto, la sua attenzione sembra essere attratta da “qualcosa”, qualcosa che lo ha infastidito. L’uomo desiste dal poggiare il soprabito sullo sgabello e con stizza lo lancia verso destra. Si guarda attorno con aria circospetta, poi sorride e scuote il capo.


PAOLO I muri tengono orecchie e pure bocca....(recupera il soprabito, lo piega con cura)...ma non siete voi! (poggia il soprabito, ben piegato, a terra) Quelle, sono le pietre....le pietre delle case vecchie. (fa per dirigersi verso lo sgabello, si ferma di scatto. La sua espressione, il suo tono sono di rabbia a stento repressa) “Assassino!?” Io.....”assassino”!? (si siede) Gesù Gesù, e dopo tutto questo tempo.....!? E dopo tutto quello che c’è stato....?! (assume una posizione, come quella di chi si sta apprestando a suonare il piano, stende le mani, le dita si muovono, si diffondono alcuni accordi. Si ferma, aria svagata) A uso chançonnier...vanno di moda! Nunn’o ssapite? (stende ancora le mani, si diffonde un accordo, si ferma) E’ la storia di una casa, signori miei......dalla notte all’alba...(stende le mani, altro accordo, si ferma).....E in mezzo anni ed anni.....(l’aria sognante ed ispirata scompare, qualcosa ha di nuovo attratto la sua attenzione) “Assassino”?! (si alza, di scatto) Siete pietre di tufo, bucate.....chine ‘e vierme! (si ricompone, si siede, appare più calmo, quasi distaccato ed ironico) Ma per voi è normale! Dietro le porte.....dietro le tende....e se na porta steva appena appena aperta, nella senga si poteva sempre vedere un occhio che guardava, un orecchio che ascoltava.....Guardavate....ascoltavate....sempre con la stessa smorfia in faccia. “Che stai facendo, neh?!” (inizia a parlare imitando una serie di voci che discorrono fra loro)
“Hai visto lo speziale”?
“Ch’ha fatto?”
“Non lo sai? Tiene la carne!”
“E pe’ fforza....fa la borsa nera!”
“’O vero?!”
“E noi sempre con questa polvere di piselli!”
Una vera chiavica! Ci potevo attaccare le figurelle con la polvere di piselli! Quella era la guerra.....
(ritorna a parlare imitando una serie di voci)
“Uh Maronna! Ch’è stato?!”
“Si sono scassate le lastre!”
“E’ zompata una nave nel porto!”
“’O vero?! Io non ho sentito niente”
“Era carica di benzina! Andava in Africa!”
“Mò voglio proprio vedere che se magna ‘o speziale!”
“E che ce azzecca! Ma pecchè.....’o speziale se magna pure la benzina?!”
(ride fra sé)
Era bella questa casa, pure se ci stavate quasi tutti quanti....ci veniva poca gente, p’a verità...E per forza! Mammà sulla gente ci aveva le idee chiare:
“La gente parla!”
“La gente è cattiva!”
“Lo sai o no che certa gente, brutta gente, si vende i negri al mercato nero?”
E io, che ero guaglione, pensavo che le cose così dovevano andare: solo al mercato nero si potevano vendere i neri.
(trattiene la risata, si fa serio, si alza, muove alcuni passi all’interno della stanza) Io, mò qua sto e da qua non me ne vado....Ora che tutto è finito e tutto sta per cominciare....(verso un immaginario interlocutore) Mi pare giusto! E certo! Giusto e normale!
E mò che ridete a fare?! Normale.....nor-ma-le!
Gli spiriti che fanno paura, non si nascondono dietro le tende, non scivolano sui pavimenti di notte e non fanno rumori nel legno....gli spiriti, quelli veri, si nascondono negli occhi e quando è sera, scivolano nella memoria per metterci paura....
(si scuote dall’espressione intensa) Comunque, visto che mi aspettavate....volete la storia? Sempre la stessa? A un patto però: ....è mia....la storia!
(si guarda attorno, come se si attendesse qualche obiezione che non arriva. Soddisfatto si siede sullo sgabello)
C’era una volta....e ci sta ancora perché mò ci sto io....una villetta a San Giacomo dei Capri, sul Vomero. Niente di eccezionale....faceva parte della dote di mammà, era per la villeggiatura....Poi, successe che la dote s’arrepecchiaie e noi andammo in villeggiatura tutto l’anno! Si devono sempre vedere le cose dal lato migliore! Quello di mammà, per esempio, era la sua famiglia.....bella gente....i Marino! Mangiavano, bevevano, se ne fottevano e si arricchivano. Nell’altro secolo, erano sempre stati per i Borbone, ma pure sotto all’Italia sapevano “comme s’aveva ‘a fa”.
I giornali del primo’900 non la smettevano di raccontare quello che il commendator Marino faceva e non faceva....chi incontrava e che diceva....
Il commendator Marino, una domenica, stava mangiando con al sua famiglia, una moglie e dieci figli, sei maschi e quattro femmine. Quando si mangiava, dai Marino, se magnava.....” ’o vero”! Mò, che può essere una bistecca di vitello? Burro! ....E nu muorzo ‘e carne? Un pezzettino di burro....(netto) Due minuti: un pezzetto si ferma fra trachea ed esofago e il commendator Marino diventa una fotografia.
Ci aveva dieci figli, una moglie e una rendita che era pure difficile da contare, ma....spartiteve ricchezza e vi trovate la povertà....
(si alza, parla a voce alta come per farsi ascoltare da qualcuno)
Commendator Marino! Io lo so che mi sentite....voi m’avreste potuto capire....non per bontà, ma perché, come dicevate voi, “la vita è nu muorzo”! Come il pezzettino di carne...più o meno....
(si pone in ascolto, teso, poi si rilassa)
Eppure....io ancora non ho capito.....”chi”......ma in mezzo a voi, da qualche parte, ci sta chi veramente mi aspettava....e io sto qua per lui.
(si volta come a rispondere a una domanda)
“Leva l’occasione”!?
E allora ci sta pure mammà! Le frasi celebri! Ci potevi fare un libro con “leva l’occasione”....
“Sopporta figlio mio, e fai finta di niente....che po’...passa!”
(si siede, riprende a narrare)
E ci sta un’altra parte della storia....C’era una volta, e mò pure ci sta perché, se non l’avete capito, mò ci sto io......una villetta a San Giacomo dei Capri, sul Vomero. Mammà la portò in dote per lo sposalizio con il capitano Rocca....papà.
Rocca, come la pietra!
(si alza e cammina deciso, con grande energia)
Erano italiani, i Rocca, pure sotto i Borbone! Entravano e uscivano dalla galera, un giorno sì e l’altro pure! Nun tenevano na lira, erano militari nel cuore! Una risata per loro era na smorfia! E poi.....una guerra, la prima.....”chella grossa”....quella in Libia....e poi....l’Impero!
(con voce burbera)
“L’ommo è ommo”!
“La famiglia non si discute”!
“Le femmine hanno ‘a fa ‘a cazetta!”
Tre! Come i numeri della tombolella....Tre! All’inizio degli anni Trenta....uno dopo l’altro....tre figli! Due femmine, che non contano, e un maschio....Paolo....io.
(si ferma)
Uno comincia a nascondersi per gioco....sente dei passi che si accostano e si azzecca dietro le porte fino a quando i rumori non sono passati. E’ solo una pazziella finchè non tieni niente da nascondere...poi viene l’abitudine...e alla fine, quando qualcosa da nascondere la tieni, è una salvezza.
......E quando, la notte di nascosto, mi toccavo e mi strofinavo sul materasso “pancia ‘a sotto”....e sentivo na vertigine....un’aria calda di coperte....che si scioglieva: pioggia!
(colloquiale, modificando la voce)
“Paoletto, a mammà, tieni tredici anni, e ti fai ancora la pipì a letto!? Gesù Gesù....ho trovato le macchie bianche sul pigiama....a mammà....”
(distende le mani in avanti, chiude gli occhi, mentre si diffondono le note di un pianoforte. E’ un motivo ripetitivo ed infantile, sono le note di un esercizio di tecnica, l’uomo parla con dolcezza)
“A mammà”....non lo sapevi che il diavolo sa parlare con la stessa voce di Dio? La musica....”a mammà”, non veniva da quella “bell’anima” che ti pensavi tu, erano viscere....”a mammà”....il sangue bollente, era il desiderio che seduceva l’anima.
(si scuote, sorride, ritorna colloquiale)
“E si porta, a mammà, è una cosa bella, saper suonare il pianoforte!”. E allora esercizi, tecnica, per ore....perché è una cosa bella che un bravo ragazzo sia sensibile all’arte e alla voce dell’anima....e poi “si porta”.
(ride)
Tutto il resto non si portava! I bombardamenti? E chi li sentiva? Io suonavo e imparavo....
Era ovatta....per tutti i giorni....ovatta i mesi, gli anni....ovatta, per tutti i morti che pure urlavano dalla strada, ma noi non sentivamo: sul Vomero non si sente niente, il Vomero è lontano da tutto....
L’eruzione del Vesuvio del ’44, per esempio: da noi arrivò solo cenere.
(si siede, accavalla le gambe)
.....Tendine a fiori, i quadri e le fotografie dei parenti, ai muri e sulle credenze....questi sono i ricordi di guerra di Paolo Rocca. Che cosa curiosa! Vivevo in mezzo ai ricordi degli altri e io non avevo ricordi....
(si alza di scatto, alterato)
T’aggio sentuto! E ti ho sentito bene! Pure se mischi la tua voce a quella degli altri! Gli altri morti sono come l’acqua che si butta dalla finestra quando piove.....non contano.
T’aggio sentuto! “Assassino”!? Quanto tempo mi vuoi fare aspettare? Si fa notte.
(più calmo)
Ce stesse ‘a ridere! Ma questa casa non era abituata alle risate.... “pareva brutto”.....erano meglio i mezzi sorrisi...le mezze lacrime...le mezze misure....Insomma, tutto quello che era “mezzo” era giusto! E io, suonavo!
La musica ci ha di bello che è muta e parla solo di te che suoni....e mi piaceva parlare di me.
(ritorna colloquiale, si siede, accavalla le gambe, si aggiusta con gesti misurati il vestito)
La musica classica...e certo! In un salotto che potevi fare?! Le tammurriate? Musica classica! Decorosa...accontentava tutti i parenti che quando suonavo facevano gli esperti, gli acculturati, pure se dopo dieci minuti già russavano!
“Papà, hai ragione, Chopin è quello che è! Ma.....ho sentito pure....Natalino Otto, lo conosci?”....”So’ canzunette?” ....”Però....sono belle!”
Mi piacevano pure “‘e canzunette”.....
Rabagliati, non tanto, mi pareva già vecchio....ma dalla radio arrivava pure la voce di Edith Piaf, quella era magia!
Sono crudeli le parole, e quelle di una canzone sono dolci, pure se dicono cose terribili!
(si alza, va verso la tenda di destra, prova a sbirciare, si ferma. Appare imbarazzato così come lo può essere chi è stato colto in castagna)
Che figlio di buona mamma! Pure se non ti vedo ti ho subito catalogato! E’ vero! Mi piacevano le canzoni per l’effetto che mi davano...”fisico”.....Mi facevano pensare ai ragazzini più belli che avevo conosciuto....figli di amici di famiglia....e io, che bello non sono mai stato, di questo mi facevo forte.... mi avvicinavo a loro, brutto e indifeso, e mi facevo prendere in giro senza reagire...Poi (sospira).......arrivavano le carezze........
(di colpo, alterato)
E che v’aspettavate!? Una madre che mi teneva dentro all’ovatta....un padre che si doveva tranquillizzare o sfuggire tutti i giorni, e con due sorelle....io! Un figlio ricchione!
(più calmo)
Ma in fondo, non è manco questo. Presto ho capito che l’altro sesso, per me, non era......”l’altro”.....ma era proprio il mio.....
(come in una specie di cantilena o di gioco infantile)
Checca lecca....lecca checca.....
(ride)
Mò ridono pure loro....non si scandalizzano più Anna e Mena....non si ricordano....
(con voce querula)
“Paoletto, lui è venuto?”
“Il tenente è arrivato? Noo! Io non esco! Se mi guarda mi faccio rossa!”
E io vi consigliavo, vi incoraggiavo...
E che v’aspettavate da uno che imparava l’amore dai sogni delle sorelle?
(si siede, sostenuto, serio)
Tu, per cortesia, ti devi fare un cofanetto di fatti tuoi! Prezzemolino in ogni minestra, pare! A quale pizzo ti sei nascosta, Anna?
(ostentando pazienza, come ripetendo cose già dette spesso)
Le tue amiche....Io le vedevo come a te:...sorelle....punto!
(ride)
Facciamo pure il caso...Se pure mi fossi fidanzato con una delle tue amiche...io 14 anni, lei 15, 13 o 16...Li conosci quei fidanzamenti “eterni”? Pieni di corna? “Se pure”...ora ci staremmo scazzando per le compagnie maschili...sai che coppia avessemo accocchiato?
(ride, si fa serio)
....Le sorelle si rispettano e non si desiderano. Non si desidera quello che ci assomiglia.
(Si alza, si stiracchia, poi si guarda lentamente attorno. La sua attenzione è attratta da qualcosa che si trova alle sue spalle. Prima di muoversi si guarda attorno, furtivo. Poi, si dirige verso destra, nell’angolo di destra dove si trovano, disseminate, carte, ritagli di giornali e, sotto i giornali, delle scarpe spaiate. Prende due paia di scarpe. Pone due scarpe da uomo, ben allineate e ben visibili, presso la tenda di destra e, sempre con gesti accurati, due scarpe da donna presso la tenda di sinistra. Si sofferma, soddisfatto, a controllare il proprio operato. Si siede)
“Mammà” (indica le scarpe femminili) e “papà” (indica le scarpe maschili). Ora l’uditorio è perfetto! “Sessualmente corretto”. E vi sembra poco?! Ci fecero un concilio sul sesso degli angeli!.....Che uno pensa: ammesso pure che lo tenevano....gli angeli, che se ne facevano del sesso?!
(spalanca le braccia)
All’inizio degli anni ’50 papà era uscito di scena, tecnicamente potremmo dire che era morto. In verità.... vivo fino in fondo non era mai stato....Comunque......all’inizio degli anni ’50 la rendita di famiglia era come la guerra: era finita e ci erano rimaste le macerie. E allora mammà mi mandò in collegio ad Avellino.....e là cominciai a capire meglio...
Erano discorsi “profondi” quelli dei miei compagni, tipo “’A facesse chesto e ‘a facesse chest’ato”, ma ci stava pure quello che diceva “Ce ‘o mettesse ccà e ce ‘o mettesse llà!”. Incontrai la poesia dei maschi!
(si alza, incuriosito, sorridente)
Perriccione Arturo! Ma niente niente ci stai pure tu? “Perriccione”....quella, la sfottitura, era troppo facile! Bastava storpiarti un po’ il nome e diventavi....”Perricchione”! Un mito! Ogni mattina tenevi il braccio sempre più indolenzito e occhiaie sempre più profonde!
(si volta di scatto, con la stessa espressione di sorpresa)
Maiorino Oscar! Senza di te il collegio dei frati di Montevergine non sarebbe stato lo stesso!....... Maiorino!......Io non l’avevo mai vista e tu mi spiegasti com’era “quella”...” ‘a pucchiacca” come dicevi tu. Dicevi che l’avevi vista, che l’avevi assaggiata, ma secondo me l’avevi solo spiata dal buco di qualche serratura....tua madre, tua sorella o qualche serva. E allora mi sembra di vederti: ti sfreghi con forza il braccio con la mano, ma forte assaje, e mi mostri un impasto scuro di peli e palline di sporcizia....(stende il braccio) “Rocca! ‘A fessa è accussì!”.
(ritrae piano il braccio)
Noi leggiamo libri, immaginiamo, e poi arriva un Maiorino Oscar e ci spiega quello che veramente sentiamo....schifo! Tutte mi facevano schifo! Cameriere, inservienti....tutte quelle che secondo l’occhio clinico di qualcuno “ci stavano”.
(alterato, si volta verso le tende)
Certo! La racconto tutta! E mica sono come te che ti nascondi!? Mi facevano schifo non perché ero “puro”.....ma perché, alla fine, si disprezza quello che non si vuole! E’ facile!
E come poteva essere diverso?! Qua, proprio qua, comme a mmò! Papà....e gli zii....un bicchierino di rosolio e i pettegolezzi, parlando solo di quelle femmine “là”. Parole antiche, dette a bassa voce....poesia: (si muove come in una danza) ...”bagascia”....”chiarchiòsa”....”gnastra”....”landra”...”lòcena”,,,” ‘ntrocchia”...”perchia”....”pubbreca”....”puntunera”...”quatterana”.....”spitalèra”............”sfocachiùrme”....et in finis....”zoccola”! Voce di popolo!
(si ferma, ride tra sé, torna serio)
Siamo capaci di tradirci per tutta una vita....senza svelare e senza spiegare.....e le parole non dette sono tumori.
(si siede)
E così, Paolo Rocca si ammalò seriamente in collegio e proprio in quella camerata dalle pareti gialle, i letti bene allineati, ascoltò una musica....una uguale alle vostre voci. Non era una musica reale....Immaginava la musica! “Il diavolo parla con la voce di Dio” e tutto quello che Paolo veramente era iniziava a prendere forma....il primo giorno della Creazione! Fiat lux!
(resta un attimo incantato ma, poi, come preso da un improvviso pensiero si alza, agitato)
Vi pare strano? Proprio a voi che avete superato la soglia e che pure l’avete provata vi pare strano?! Paura! Avevo paura di me.
(con furia si reca alla tenda di sinistra, si ferma, resta a guardare il velo e poi con un solo gesto, deciso, strappa via la tenda. Resta a fissare il muro spoglio. Nessuno vi si nascondeva, raccoglie il velo da terra e lo getta in un angolo)
“Mammà! Voglio tornare....qui...non puoi capire, ma è meglio se torno. Ho bisogno di calma”.
(Si siede)
E tornai. La retta al collegio era alta, e mammà si fece i suoi conti....che bella invenzione ‘o burzellino ‘e mammà! Quando ero piccolo mi pareva il sacchetto magico: io chiedevo e il borsellino di mammà mi accontentava e adesso, che era quasi vuoto, mi esaudiva una volta di più!
“Starai più calmo a casa, a mammà, sei stato pure malato....!”.
(si appoggia con le mani allo sgabello, da seduto. Assumendo una posa di grande rilassamento)
A casa...più puro, senza cattivi pensieri...e più calmo.
(si alza con leggerezza, avanza piano, sereno, tendendo un braccio in avanti come a voler richiamare a sé un ricordo)
E fu proprio a casa, qui vicino...fra le montagnole, mentre intorno si iniziavano a costruire palazzi che...con calma....con purezza.....di cattivo non ebbi più soltanto i pensieri....Come ti chiamavi? Non me lo ricordo più....Eri uno studente, o forse un muratore....ci dicemmo poco o niente e da allora ti penso come bocca...mani....carezze....
(abbassa lentamente il braccio mentre lo sguardo è ancora perso, lontano. Si siede e torna disinvolto)
Ora, se i Rocca, uno qualsiasi dei Rocca.....il capitano, o il tenente, o anche il colonnello avesse avuto la disgrazia di vedere il suo discendente appoggiato ad una piccola montagnola, carponi, mentre un altro giovanotto proprio alle sue spalle....
(gira lo sguardo attorno, ironico)
Si pensano che non li sento....Quelli rabbrividiscono anche da morti al solo pensiero....embè...delle due l’una: o spedivano Paolo Rocca a spaccare pietre....oppure...una bella stella rosa sulla casacca e vai così! Dachau...Auschwitz...Rocca di tutto il mondo e di tutte le epoche!
(riprende a narrare, disinvolto)
Piansi un po’, questo sì, ma più per l’emozione che per la colpa. E poi.....”quello” non si fece più vedere e allora, con un po’ di sforzo, mi tornò il senso del peccato.
(si inginocchia)
Signore, ti chiedo perdono! Ti giuro che mai....! Mai...! (si ferma, titubante) Diciamo che non capiterà. E poi, Signore mio, come si dice? “Cosa fatta, capo ha....men”.
(si alza, piano, come se gli fosse balenata all’improvviso una grande idea)
Ma in fondo in fondo....chi è che sa? Paolo e.....chi altro? “Quello” passò come un sogno! ( si illumina) Solo un sogno!
(si volta di scatto, colloquiale)
Confessarlo a voi? Mi avreste perdonato tutto tranne la confessione che scarica il peccatore e turba il confessore....Anna, l’ignoranza rende felici!
(con passo calmo raccoglie le due paia di scarpe e le rigetta nell’angolo di destra. Alza la mano destra ponendosi la sinistra sul petto)
Spero, promitto e iuro reggono l’infinito futuro, ma.....soprattutto “iuro”!
(in crescendo di tono, ufficiale, squillante)
In primis: razionalità atque controllo saranno miei fari!
In secundis! Non solum educatio sed etiam traditio partoriranno la regola del buon senso!
Et in finis! (il tono cala, abbassa la mano, la battuta che segue sarà ironica).....Che tutto ciò sarrà insania....follia.
(alza ancora la mano) Iuro!
(abbassa la voce che diventa quasi un bisbiglìo sinistro)
Voi che abitate, ombre, questa casa abbandonata e oggi mi vedete tornare per l’ultimo confronto. Voi non scansate le verità, perché in vita avete attraversato tutte le ipocrisie e ogni falsità.....A volte ci lusinghiamo che il dolore non ci segua...e che sia solo un’appendice dei posti dove è nato...e allora: abbandonarli per guarire! Disperderlo in ambienti nuovi, più grandi! Acqua che evapora.....Ma il dolore, è il nocciolo di una ciliegia.
(si schiarisce la voce, con passo deciso si reca allo sgabello. Si ferma, si inchina, si siede. Stende le mani come ad impostare un accordo e la musica si diffonde).
Il signor maestro di musica, su discreta insistenza di Paolo, si fa portavoce presso la madre: “Un così gran talento musicale, signora mia! Sarebbe un peccato sprecarlo! Milano è la sede adatta....ottimi maestri....perfezionamenti”.
Mammà resiste un po’, ma poi dice di sì e apre il borsellino....
(la musica continua a diffondersi, dolce ed appassionata, ma Paolo non mima più un’esecuzione. Ora si immerge in un ricordo sereno).
Io voglio ringraziarti, piccola donna, contadina innamorata....la sera prima che partissi, scendevi da i Camaldoli e cantavi. Io ti ascoltavo dalla mia stanza, la valigia era già pronta sul letto....voglio ringraziarti per il tuo canto antico che nessuno ha potuto insegnarti perché era la tua anima che passava sotto ogni finestra e restava sempre fedele alla sua armonia....durò poco quel tuo passaggio, qualche momento, ma per tutta la notte ogni dolore, ogni colpa sembrava avesse messo fiori e gemme....c’era solo perdono e fiducia nel futuro....(la musica smette)
Le speranze della notte sono foglie che la luce del giorno accartoccia.
(Si alza, fa cenno ad un immaginario uditorio di restare in silenzio, si avvicina con passo felpato e cauto alla tenda di destra. Finge indifferenza e poi con gesto repentino strappa il secondo velo. Nessuno dietro la tenda. Paolo raccoglie il velo.)
Prima o poi t’aggia acchiappà....
(appallottola il velo, lo lancia nell’angolo di destra)
E vi ho sentito! Ho capito! Tutta la storia fino alla fine!
(si siede, accavalla le gambe, mondano Tono lieve, superficiale)
Paolo Rocca venne accolto dalla grande città...(si ferma, titubante) Mò “accolto”!....Diciamo che Milano lo inghiottì. Paolo in sole dodici ore di viaggio passava dal Vomero dove niente si sentiva al boom economico.
Il 1960...il maestro a cui era stato tanto raccomandato abitava al centro, via Cordusio, e costava caro....”E ch’ammo ‘a fa! Ci arrangiamo!” un piccolo appartamento dalle parti del Naviglio e un pensiero: era come gli altri, nu “terrone” tale e quale agli altri. E ogni sera tornava la colpa, quella che si allevava da anni.
“Su su, non fare così Paolo! I desideri sono sabbia nel secchiello....tu premi con le mani, con i pugni...e scompariranno! Attento agli sguardi! Fai la sentinella alle tue parole! E se ti dirai qualche bugia, l’anima, prima o poi ti crederà”.
“Oggi, per esempio, sei stato bravo....hai resistito. Ripeti insieme a me: libera nos a malo............libera nos a malo. Fìssati un termine: un mese.....o almeno.....ventotto giorni”.
(sale con i piedi sullo sgabello, si aggiusta il vestito, si schiarisce la voce e parla con un sorriso accattivante dipinto sul viso)
Lezione numero uno!
“Caro ragazzo, è tutta la storia della tua famiglia che ti parla, le tue tradizioni....” (il sorriso si spegne, scende veloce dalla sedia, si pone in ascolto, poi, duro) Vi avevo detto che la storia è mia, o no?! E allora....nessuna interruzione!
(sale di nuovo sullo sgabello, tono sorridente)
...Dicevo: sono le tue tradizioni che ti parlano ed hanno scelto la tua coscienza per impartirti una buona lezione di savoir vivre....Abbi, prima di tutto, un rapporto attento con le tentazioni...anche quando si sta smettendo di fumare c’è un limite alle privazioni...non posso certro consigliarti di cedere sempre un po’ prima del ermine previsto, ma....per quanto siano terribili le punizioni che ci infliggiamo...ci sono sempre le attenuanti generiche.
(sorride, resta immobile per qualche secondo in questa posa, poi scende dallo sgabello. Il sorriso è scomparso, pulisce con le mani, con gesti lievi, la seduta dello sgabello. Si siede)
E andò proprio così, ma senza sorrisi..ho conosciuto altri uomini a Milano, uomini silenziosi, amicizie, non passioni, perché la passione urla ma l’amicizia non ha bisogno di parole....si avvicinavano i discreti visitatori, e poi...il soprabito sollevato dall’attaccapanni....la porta che si apriva.....un saluto veloce.
(si alza, va al centro dello spazio)
Anna, ti giuro che non me lo perdono, oggi come allora....non ho provato dolore quando ho saputo che eri morta....avevo dolore solo per me, per gli altri, anche per una sorella, non c’era spazio. Sei stata....una comprimaria molto amata.
(riacquista il tono disinvolto, si siede al centro dello spazio)
Quando erano bambini, Paolo correva nel giardino a sedersi e fingeva di avere pigliato qualche piccolo insetto....
(alza le mani unite a conca)
“Che schifo! Paolo!”
“Fatti i fatti tuoi, è mio!”
(guarda all’interno della conca, richiude subito)
“Ma non ti faceva schifo? E mò ti vieni a sedere vicino a me?!”
(apre piano le mani, con un sorriso)
Guarda, guarda Anna cosa ti sei persa: tuo fratello che fa la maschera al Lirico di Milano....”Signore, biglietto prego!”.....Tornando la sara dalle lezioni, si guarda nelle vetrine dei negozi....
“E quello? Che ci sta a fare dentro il mio cappotto? Nooo! La mia anima è meglio! Non ci ha brufoli, né occhiali....La mia anima è sicuramente alta, snella, bruna.....e ci ha pure gli occhi verdi....ed è pura....hai capito, Anna? E’ pura....così come volevano mamma e papà...........che mò non ci sono più.....Anna! Ti sei alzata....non ti vedo più!”
(si alza a fatica)
Per un anno Paolo non cadde in tentazione, studiò e lavorò.....ma la natura nunn’a può fa fessa.....(si siede)....E quella si vendicò con gli incubi, e musica di carne! Nei sogni le note che schizzavano dalla cassa armonica diventavano muscoli da accarezzare...chiavi di violino.....sessi pronti all’uso....
(stende le mani in avanti, le dita si articolano in vari accordi, si diffonde lieve una musica)
Piano....meglio la musica suonata in sordina, musica che è silenzio, per curare le ferite dei sogni....
(si alza, e mentre la musica è ancora presente riprende le scarpe che si trovavano nell’angolo di destra e ne pone due maschili nell’angolo di destra e altre due femminili sotto quella di sinistra. Si siede, sorride, guarda soddisfatto alternativamente le due ”composizioni” appena realizzate. Si nasconde il viso fra le mani e ride)
Dio mio, cara contessa, voi non vi rendete conto! Il maestro di Milano vi parlò in maniera così entusiasta di me che non poteste fare a meno di ascoltarmi....”Ero bravo?” Certamente, ma voi non è che ve ne intendeste un granchè....Entrai per la prima volta nella vostra casa come si va in una di quelle sale dove si scommette sui cavalli: si gioca....e dopo un po’ non sai più uscirne perché il gioco ti ha preso.. Voi mi prendeste, non in “quel senso” ovviamente....Io venni digerito dal vostro ambiente.
(si alza, sicuro di sé, quasi provocatorio)
E questo non ve l’aspettavate! Rocca....Marino.....vivi, morti e moribondi.....e pure tu che non ti fai riconoscere e che sei il peggiore! “Nel bel mondo” io! Tengo titoli o no, per prendermi la casa e tutta la vita mia!?
(si volta, sorridente)
Contessa.....e come potrei dimenticarvi? Voi avete segnato la mia vita. Mi prendeste a benvolere e mi facevate vedere....mi “esponevate” ai vostri ospiti....una medaglia al vostro buon cuore, un ninnolo ma....con eleganza. Ho amato la vostra leggerezza, il mondo che nasceva fuori era un’altra cosa. E voi, contessa, eravate l’ombra di qualche epoca lontana. Mi faceva impazzire il fatto che tutto quello che era spiacevole da dire, nel vostro salotto, non era ignorato, perché ignorare stanca, era....sfiorato! La mano che rimuove la polvere dai mobili.....così.
(si siede, narra)
La contessa Lidia Bartolo e il di lei marito, conte ovviamente, protessero l’arte di Paolo Rocca. Un colpo di fortuna....addio al Naviglio e alla mascherina del Lirico.
(si mette le mani sulla bocca come a voler trattenere una risata, ha un’espressione assolutamente incredula)
Come avete detto, signora contessa? “Nel senso di....?” Sistemarmi?! Appunto! “Nel senso....di?” No, no, un attimo....non ho mai detto che la signorina Claudia non mi piace....questo no...per carità! Ma....forse non ve ne rendete conto, contessa, non è possibile....!
(atteggiamento imbarazzato di chi cerca di opporre degli argomenti)
Perché, per esempio....ecco: il nome della signorina è troppo importante per me! (scandendo) “La vera nobiltà...è...quella del cuore”!? Non lo metto in dubbio, ne abbiamo parlato tante volte, ma......(deciso)....E’ ricca! E’ troppo ricca! E io, invece.....conoscete le mie condizioni...non vorrei dare l’impressione.....quando poi l’impressione è forte, diventa certezza, ed è sconveniente......(scandisce, basito) “Io ho....talento da vendere......”!? Non è la stessa cosa! Scusate ma....(trasale)....Sposarla?! (allibito, fra sé) Sposarla!
(si alza, fa un mezzo giro attorno allo sgabello tormentandosi le mani) Non lo feci, contessa, ma vi avrei dovuto rispondere che, quasi quasi, mi sarebbe piaciuto di più vostro marito....pure se era nu poco attempato.....ma non mi avreste creduto (con voce caricaturale) “La boutade di un giovane artista!”
(fra sé) Però, facciamo che.....questa signorina Claudia....così...sulo pe’ parlà....facciamo che io con l’aiuto di Claudia....e poi.....passa nu poco ‘e tiempo.....e lei mi risolve la situazione....se mi nasconde può essere che non si vede....e non ci penso.....
(deciso, si risiede, è dignitoso e sorridente)
Contessa Bartolo, voi avete colto nel segno! Erano mesi che speravo senza osare dichiararmi! Se le mie condizioni economiche non costituiscono ostacolo agli occhi della signoria e a quelli del mondo...
(si ferma, la sua voce intensa, in sottofondo, registrata)
VOCE REG. ....Claudia più Paolo.....uno più uno, uguale.....Paolo....”Ma chi è?! Che vuole?!” E che te ne importa! Uno più uno, uguale.....
PAOLO (deciso, sorridente) E’ un onore per me! La sposerò!
(resta ancora sorridente, come in una foto. Poi si prende il capo fra le mani e si alza)
E’ questo che volevi dirmi? Dall’arco delle porte all’intonaco vecchio, alle piastrelle di bagno e cucina....è questo che volevi dirmi? “Assassino”! Volevo che mi facesse diventare “sano e normale”, così come mi avevate insegnato voi....
(a voce alta, vagando per lo spazio)
Mena....quando dopo le nozze mi venisti vicino, eri commossa, mi stringesti forte la mano: “Grazie per aver salvato la famiglia!”
Mena.....era: “Grazie per averci portato i soldi ‘e chesta ricca scema....pecchè mò che mammà è morta ce puzzammo ‘e famme”. Questo mi volevi dire, Mena?
(si ferma, secco, narrante)
Napoli, dopo il dopoguerra.....segnorine non ce ne stavano più, e nemmeno gli americani....stavano alzando i palazzi....Fuorigrotta, il Vomero senza più montagnole....San Giacomo dei Capri non era più una campagna. Paolo e Claudia ci tornano per il viaggio di nozze, in questa casa....vuota, come ora....
Napoli, dopo il dopoguerra, era diversa ma era sempre la stessa.....né angeli, né diavoli....il bene che è feroce ed il male che è innocente....
Paolo, era “na cassaforte”....tutti gli istinti inzerrati e la combinazione buttata in fondo a qualche cassetto. Ma Napoli, pure la Napoli di dopo del dopoguerra, è sempre troppo aperta....cosce che si spalancano fino al mare.....
(cambia tono, quasi si inginocchia, è intenerito)
Claudia....ti guardavo e non mi sembravi vera...non mi sembravi nemmeno una persona, eri....un “modo”! Una “maniera”......e quando ho fatto l’amore volevo solo nascondere almeno un pezzo di me dentro di te....mi sarei nascosto del tutto, te lo giuro! Non per il piacere, ma solo per non tornare più quello che sapevo, da sempre, di essere.....
(si alza, a fatica)
E ti ho scaricato dentro tutta la minuzzaglia di una vita stitica, emotivamente stitica.
(si siede, pensieroso)
Ma per quanto la natura sia stata ben istruita da anni di recite....come un’attrice a corto di memoria non dà più le battute, ma tace.....così io non sapevo cosa dirti per consolarti quando a letto piangevi piano, girata dall’altra parte....
(si alza, con forza)
E allora l’ho detestata! Non era riuscita a salvarmi! Non ero come mi volevate (tono più dolce) E tu, Claudia, scolorivi senza saperlo, con questa sanguisuga attaccata al collo, scolorivi come una tinta accesa che svampa nella penombra....
(si siede, con difficoltà stende le mani davanti a sé, come a voler impostare un accordo, ne escono fuori suoni distorti, disarmonici)
Non mi riusciva più. Ritornammo a Milano, ubriachi e nauseati dalla malinconia.
(abbassa la mani, sorride sorpreso, si alza piano, incredulo)
Avrai un figlio?! Cioè.....avremo....un figlio?!
(si volta di spalle, alza le braccia la cielo in segno di trionfo)
Bene! Paolo, ora ci sei! Padre e uomo!
(si volta, colloquiale, ottimista)
Un padre è sempre virile! Papà Rocca si faceva la barba, si metteva il dopobarba, e odorava di maschio!
(muore il sorriso, si appoggia affranto allo sgabello)
Un figlio di due estranei.......e per lui, quando nacque, solo una pietà infinita.
(si siede, si accomoda il vestito, è molto dignitoso e serio, calmo)
E la storia è questa....manca ancora qualche particolare che tu conosci benissimo, perché si è svolto qui, sotto i tuoi occhi....Paolo, Claudia e il loro figlio appena nato sono tornati nella casa paterna per respirare l’aria della famiglia...Claudia è rifiorita, aveva ciò che cercava, molto al di là di Paolo...
Sono tornati a Napoli per pochi giorni e proprio stamattina sono andati alla stazione di piazza Garibaldi. Paolo ha aiutato Claudia a salire gli scalini di metallo. Sul predellino la donna, con il figlio in braccio, gli ha sorriso....sapeva: Paolo non tornerà né da lei, né dal bambino. Il treno è partito....Paolo salutava con la mano.
(si alza, vaga per lo spazio)
“Assassino?!” “Io!?” Sei già in ritardo, tutti gli altri li ho visti in questa vecchia casa di tufo...ho visto tutti quelli che mi hanno indicato una strada che non era la mia. E io li ho accontentati per anni perché.....volevo fare parte anch’io di una storia....la storia di famiglia....i valori di famiglia....
(più forte, in crescendo)
V’aggio dato nu figlio! Nu Rocca! La razza continua! Non tengo più debiti!
(si guarda attorno, rabbia compressa)
E tu......che bisbigli dietro le tende....(si avvicina piano verso la comune chiusa dalla terza ed ultima tenda)...negli angoli nascosti....
(con gesto fulmineo strappa l’ultimo velo e davanti a lui, grande, gelido, si materializza uno specchio, la sua immagine riflessa. Paolo parla allo specchio)
“Assassino”......mi dicevi, e la tua voce copriva quella delle pietre e dei fantasmi di tanti anni....”Assassino” di tutto il mio tempo, di ogni passione e desiderio....”Assassino” del mio corpo e dell’anima per troppo tempo....
(si volta, torna allo sgabello e si siede. Ora è tranquillo.)
Mammà, lo sai? Ieri sera mi sono avvicinato al vecchio pianoforte, quello che mi aveva capito sin dall’inizio...”odio”....Mammà, era odio, pigliavo a pugni la tastiera! Così sono uscite le prime note.....Odio per chi mi aveva schiacciato...e per me, che non avevo avuto il coraggio di essere quello che sentivo....ma poi, l’odio è sparito, e mentre suonavo, dopo tanto tempo, ho rivisto le mie mani....le mani-strumento.....le mani-carezze.....Oggi il silenzio di questa casa non è più un’accusa, e oggi ricomincio, mammà....I pugni chiusi .....so’ diventati mani aperte.....
(stende le mani in avanti e si diffondono le note del Concerto n°3 di Rachmaninov)


FINE