Il Marchese del Pesce

adattamento in due atti di 

Carlo Barbera
da un soggetto di Vincenzo Calvagno

Personaggi

Don Giovanni (Marchese del Pesce)
Battista: (suo cameriere personale)
Margherita (la moglie di Battista)
Padre Mansueto (Parroco)
Nuzza (nipote del Marchese)
L’onorevole La Gogna (padre di Nuzza)


L’autore a chi legge

L’atto unico “La Burla di don Giovanni” di Vincenzo Galvagno, mi è arrivato fra le mani per un purissimo caso, grazie al mio amico Giancarlo Forlese, che ne aveva fatto una traduzione, ma senza ingrandirlo eccessivamente, intitolandolo: “‘U scherzu di don Giuvanni”. Leggendolo e rileggendolo, mi sono reso conto che bisognava manipolarlo, diminuire il numero dei personaggi e renderlo un attimo più farsa che commedia, intrigandovi varie storie e facendo della scena della finta morte tutto un atto.
Così, dopo una paziente opera di adattamento, è nato “Il Marchese del Pesce”, che già nel titolo si presenta come una vera e propria burla linguistica. In esso si possono scorgere tutti gli ingredienti dei testi brillanti alla Dario Fo, uniti a quelli che sono i caratteri e le maschere del nostro teatro. Rigorosamente in dialetto, il “Marchese del Pesce” vuole ancora una volta affrontare il tema del denaro e del valore che esso assume all’interno di una società, quella siciliana dei primi del ‘900, molto simile alla nostra; un’era in piena trasformazione tecnologica e con costumi che mutano col mutare dei rapporti fra gli uomini. Il ruolo del nobile ricco viene visto come mediatore fra il viver gaudente, proprio di quella classe sociale, ed il moralismo, che si tramanda nella nostra gente di generazione in generazione.
Ci si pone dunque il problema dell’ipocrisia e della possibilità di scoprire quante persone realmente possano stimarti e volerti bene. Così, solo da morti si può scoprire la verità. Quindi, una finta morte diventa l’unico sistema per sapere se i nostri congiunti sono sinceri o ipocriti; se ci odiano o ci amano.
Chi di noi non morirebbe solo per un giorno al fine di vedere con chi ha realmente a che fare, per poi tornare e riscuotere tutti i conti? Ecco cosa succede al Marchese Giovanni del Pesce. Dunque, il copione si staglia tra una risata e l’altra, tra una battuta e l’altra fino a raggiungere un finale non certo lieto per tutti, ma fiducioso che la verità possa ancora trionfare e che i cattivi possano essere sempre costretti a pagare per i loro crimini. 
Il resto sono messaggi, frecciate, idee e sentimenti, come di solito accade nel mio teatro. Dico mio, perchè ho amato e amo questo testo come se non fosse un adattamento, ma una mia totale creazione.
Così, grazie all’amico Galvagno, che mi ha dato modo di realizzare un nuovo testo, fornendomi il materiale per creare qualcosa di nuovo rispetto al mio solito genere tragicomico..
Il copione è un impasto di comicità da battuta e da situazione, cercando di rendere il tutto godibile e spingere lo spettatore a leggere tra le righe senza bisogno di grandi sforzi. Scorre come un razzo e penetra senza problemi il lettore, così come spero che penetri gli spettatori.




A T T O P R I M O

La camera da letto di Don Giovanni, Marchese del Pesce. Uscio al centro ed ampia finestra laterale. Al levarsi della tela la scena è in penombra. Il Marchese dorme. Entra Battista. L’azione si svolge in Sicilia nei primi del ‘900.
***************

BATTISTA: Signor Marchese! Signor Marchese! (Fra se) Sta durmennu. Signor Marchese, sunnu ‘i deci. Ruspigghiativi, chì a sta ura ‘i cristiani battiati hannu fattu quattr’uri di travagghiu. (Ma il Marchese dorme) 
Bonu, va! E chi facemu? Iddu non voli capiri chi ‘a matina nn’avem’a
sbrigari a fari sti maliditti facenni. (Apre le imposte di colpo ed urla.
La scena si illuminerà a giorno) Signor Marchese!

MARCHESE: (Di soprassalto) Malidittu tu, io e tutta la nostra rispettiva ascendenza e discendenza! Che cosa vuoi? Mi fai dormiri, si o no?

BATTISTA: Sunnu ‘i deci.

MARCHESE: E allura? Se uno non ha impegni, la mattina, può dormire quanto gli pare e piace.

BATTISTA: S’’u diciti vui...

MARCHESE: E poi, come ti permetti di entrare in camera mia senza bussare?

BATTISTA: Scusati, voi mi avete ordinato che, la mattina, vi debbo svegliare.

MARCHESE: Appunto, bussando.

BATTISTA: Aviria ittari ‘a porta ‘nterra...Se avete il sonno come un masso...

MARCHESE: Tantu batti, finu chi ti sentu.

BATTISTA: Io mi scurdai di battiri. Hamu fattu sempri così...

MARCHESE: E se qui ci fosse stata una donna...

BATTISTA: Ma si vi dissi chi mi scurdai...

MARCHESE: Il guaio è che tu ti scordi troppo spesso, e la cosa non va assolutamente. Pertanto, ora sai che fai? Torni arreti e fai chiddu
che non hai fatto prima.

BATTISTA: E c’haiu a fari?

MARCHESE: Torni arreti, bussi ed entri solo dopo che io ti ho accordato il
mio permesso.

BATTISTA: Avem’a fari sti fissarii?

MARCHESE: Sissignore. Vai a chiudere le imposte.

BATTISTA: Comu diciti vui...(Al pubblico) Havi valia di giucari...(Va a chiudere le imposte) Fatto.

MARCHESE: Nesci fora.

BATTISTA: (Esce fuori) Fatto.

MARCHESE: ‘A porta.

BATTISTA: (Chiude la porta) Fatto.

MARCHESE: Ora bussa.

BATTISTA: (Bussando forte) Marchisi! Marchisi!

MARCHESE: Non così, cretino! Comincia piano, poi, quando vedi che io non ti rispondo, cominci a battere più forte.

BATTISTA: E si non mi rispunniti ‘u stissu?

MARCHESE: Non ti scantari, chì ti rispunnu.

BATTISTA: (Chiude la porta) Posso?

MARCHESE: Vai.

BATTISTA: (Bussando piano) Marchese! Signor Marchese! Sveglia, sono le dieci. (Il Marchese non risponde e Battista rincara la dose) Signor Marchese! (Il Marchese non risponde) Signor Marchese, si svegli!

MARCHESE: Entra pure, Battista.

BATTISTA: (Entrando) Voscenza benedica!

MARCHESE: Tuttu binidittu. Che ora è?

BATTISTA: (Aprendo le imposte) Le dieci.

MARCHESE: Oh Dio! Mi ‘nnurbasti! Battista le imposte vanno aperte piano piano. Tutta questa luce di colpo, può fare male.

BATTISTA: Scusate.
MARCHESE: Ecco, ora nni capemmu. Questa è la scena che deve avvenire fra un Marchese ed il suo cameriere personale, il quale...il quale, dal momento che si è comportato comu un gran maleducato, avrà la sua paga decurtata. Nni capemmu?

BATTISTA: No.

MARCHESE: Ti levu menza paga. Così ‘nsigni. Sei contento?

BATTISTA: Oh, contentissimo! Quasi quasi vi chiamo papà!

MARCHESE: E non stare li impalato: vieni ad aggiustarmi i cuscini.

BATTISTA: Subito, eccellenza. (Va a letto) Avete dormito bene, stanotte?

MARCHESE: Ma picchì mi fai sempri ‘a stissa dumanna? Come se non lo sapessi chi io, ‘a notti, non chiudu un occhiu... 

BATTISTA: Un occhiu...e l’autru?

MARCHESE: Bestia! Non chiudiri un occhiu significa chi unu non dormi.

BATTISTA: Infatti: unu non dormi e l’autru, si.

MARCHESE: E va ‘ffa ‘n...uhmm! Poi dici chi unu diventa maleducatu! Comunqui, io non durmia tutta ‘a nuttata. Va beni? Mi suggia cincu voti p’annari ‘o cessu.

BATTISTA: La sera beveta di meno.

MARCHESE: Non c’entra il bere, sono i miei reni, chi su’ lenti.

BATTISTA: Ma io chi v’haiu dittu? “Eccellenza, purtativi ‘u rinali”.

MARCHESE: Mi schifiu di teniri dda cosa sutta ‘o lettu.

BATTISTA: E allora, vi ripeto, la sera, bevete di meno.

MARCHESE: E torna...Ti ho detto che bevo poco. E poi, anche se volessi bere...Questi sono affari miei. Chi è, voscenza si disturba a sentirmi alzare?

BATTISTA: No. Tantu non vi sentu.

MARCHESE: ‘U sacciu. Stanotti runfavi comu un viteddu orfunu.

BATTISTA: Sugnu stancu!

MARCHESE: Di pittinari ‘i cani o di portarli all’acqua?

BATTISTA: Vui schirzati, ma stamatina ‘na sintistu ‘a cucca.

MARCHESE: ‘A cucca? Quali cucca?

BATTISTA: ‘A cucca.

MARCHESE: Ma tu ti sei messo in testa di farimi nesciri pazzu? E’ mai possibile che ogni mattina te ne spunti con una delle tue sciocchezze? Avanti, di quali cucca stai parrannu?

BATTISTA: No, non v’‘u dicu, picchì poi vi ‘ncazzati e finisci chi mi buscu
‘n’autra punizioni. E io non posso permettermi di travagghiari gratis.

MARCHESE: Allura, già sai chi è ‘na fissaria...

BATTISTA: No.

MARCHESE: Pertanto, parla: che cosa è sta cucca?

BATTISTA: Dunque, stamattina, di buonora, vinni e nni battiu ‘a porta ‘a cucca, dumannannu notizie sulla vostra salute, avendo saputo in giro che non vi sentivate bene.

MARCHESE: (Fa gli scongiuri) Un’altra ora di meno.

BATTISTA: In che senso?

MARCHESE: Ti levu ‘n’autra ura di paga.

BATTISTA: E picchì?

MARCHESE: Picchì fai ittatura.

BATTISTA: ‘U sapia. Io non nni fazzu ittatura.

MARCHESE: Però mi prendi in giro e non mi hai ancora spiegato chi è sta cucca.

BATTISTA: Aviti ragiuni. ‘A cucca è vostra niputi Nuzza.

MARCHESE: Mia nipote Nuzza, ‘a Cucca? E come ti permetti? Villano! Cafone!
Mascalzone! Chiedi immediatamente scusa o ti taglio la lingua!
Bastasu e maleducatu!

BATTISTA: Ma si siti vui stissu chi ‘a chiamati cucca, ora picchì vi ‘ncazzati?
Io mi sono attenuto al vostro modo di chiamarla: cucca.
MARCHESE: Intantu, è mia nipote ed io mi posso permettere di chiamarla cucca, carcarazza, ciaula...Dopotutto, idda mancia c’’i me’ soddi. Comunque, se non vuoi che ti tolga altre ore di paga, dimmi chi vulia ‘a cucca.

BATTISTA: Io non parru.

MARCHESE: (Apre il comodino e tira fuori la pistola) E io ti sparu.

BATTISTA: E io parru.

MARCHESE: (Sputandogli) Puh! Mi fai veniri ‘na partita di nervi...

BATTISTA: Sss! Non faciti cchiù vuci, chì scappa.

MARCHESE: Scappa?

BATTISTA: ‘U pappaiaddu.

MARCHESE: ‘U pappaiaddu? Quali pappaiaddu?

BATTISTA: Chiddu chi aviti sutta ‘u lettu.

MARCHESE: Sutta ‘u lettu io haiu un pappaiaddu? Un uccello? Oh Dio! Che
schifezza! Tiralo subito fuori.

BATTISTA: Sissignore. (Si abbassa sotto il letto e tira fuori un pappagallo di
quelli che si usano per i malati) Cca c’è ‘u pappaiaddu.

MARCHESE: Ah, chistu è ‘u pappaiaddu...E che ne dovrei fare?

BATTISTA: Al posto del rinale. Cca intra non si vidi nenti e così non vi schifiati.

MARCHESE: (Urlando) Ti ho detto che, la notte, mi alzo tutte le volte che voglio, e tu devi sopportare, se no, te ne vai! E ora, dimmi chi
vulia ‘a cucca!

BATTISTA: Chi mala iurnata chi brisciu oggi! Ma non mi putia stari mutu?

MARCHESE: Mutu? Tu devi riferire anche il respiro. Cunta.

BATTISTA: Allora, stamattina all’alba battiu ‘a porta vostra niputi Nuzza, ‘a cuc... Vostra niputi Nuzza, figlia dell’onorevole Carogna.

MARCHESE: La Gogna, quale corogna? La Gogna. Magari sarà un po' carogna, ma non sta a te dirlo: stai al tuo posto, bifolco! E cunta.

BATTISTA: Quannu iapria ‘a porta mi dumannau se il suo caro zio stava bonu e se aveva passato una nottata tranquilla.

MARCHESE: (Fa gli scongiuri) Supra è so’ carni! Tèh! E come mai era così interessata alla mia salute, a quell’ora?

BATTISTA: Ci aviunu dittu chi vui...

MARCHESE: Chi io?

BATTISTA: Chi vui...

MARCHESE: (Immaginando) Chi io?

BATTISTA: Chi vui...

MARCHESE: Parra, bruttu cuccu!

BATTISTA: Chi vui aviu murutu.

MARCHESE: (Fa ancora gli scongiuri) Tèh! Tèh! Tèh! E tu chi ci rispunnisti?

BATTISTA: Che non era vero e che voi dormivate beato comu un neonato c’’a
panza china di latte della mamma.

MARCHESE: Inveci, io non durmia.

BATTISTA: No, no, durmiu.

MARCHESE: E tu chi nni sai?

BATTISTA: Chi siccomu ‘a cuc...Nuzza ne vosi una prova, l’ho fatta salire in camera vostra.

MARCHESE: (Su tutte le furie) Comu? Tu facisti chianari ‘a cucca ‘nta me’ stanza, mentre che io dormivo? E come ti sei permesso? (Comincia a fare scongiuri e a tirare fuori amuleti) ‘U sai chi l’haiu pi malauguriu.

BATTISTA: Ma chi malauguriu? Vui durmiu così beddu! Vi sistimai ‘i cuperti,
‘i linzola...

MARCHESE: Ah, tu eri! E io, mentri mi sistimavi ‘u lettu, mi ‘nsunnava chi era ‘a bonanima ‘i me’ matri.

BATTISTA: Idda, vidennuvi dormiri di dda manera, pinsau ch’eru mortu. 
Quannu, tuttu ‘nta un corpu, facistu un rumuru di stomucu...
“Chistu è me’ ziu, e vivu” dissi vostra niputi Nuzza, “‘u ricanusciu”.
E se ne andò felice e contenta, raccumannannumi di non cuntarivi nenti. Ma io da servo fedele...

MARCHESE: Mi cuntasti tutti cosi. E io ti premio e non ti tolgo più la paga.
Ora vai a prendermi un cappuccino e du’ savoiardi.

BATTISTA: (Interdetto) Un cappuccinu e du’ savoiardi?

MARCHESE: Precisamente.

BATTISTA: Provvedo subito. (Esce)

MARCHESE: E brava a Nuzza, figlia di quel gran cornuto dell’onorevole carogna, chi havi vint’anni che campa con i miei soldi. Ci curpa me’ soru. Ci ‘u dissi: “Non t’’u pigghiari a ddu scanzafatichi”. Niente, se n’è fottuta del mio consiglio e se l’è sposato. L’onorevole! E come lo è
diventato? Con i voti chi io ci purtai.

MARGHERITA: (Da fuori) Si può?

MARCHESE: (Ringalluzzito) Un momento! (Si sistema e si spruzza del profumo)
Ma certo che si può.

MARGHERITA: (Entrando) Vi bacio le mani!

MARCHESE: (Le prende le mani) No, sono io che le bacio a te, creatura 
meravigliosa! (Le bacia le mani)

MARGHERITA: (Svincolandosi) Signor Marchese, ma che fate? 

MARCHESE: E che posso fare se irrompi così, di buonora, nella mia povera e
misera esistenza?

MARGHERITA: Ci dugnu ‘na sistimata ‘o lettu?

MARCHESE: No, gioia, dammi prima ‘na sistimata a mia. (Tenta di abbracciarla)

MARGHERITA: (Sta per cedere, ma poi ci ripensa e si svincola) No, Eccellenza,
non è possibile! Fra poco torna Battista

MARCHESE: Non ti scantari, chì Battista prima di trasiri deve bussare.

MARGHERITA: E se non bussa?

MARCHESE: Bussa, bussa, perchè gli ho detto che gli tolgo mezza giornata di 
paga. Ricordati: quando vuoi ridurre la gente all’obbedienza, la devi
colpire nel portafoglio. (Balzandole addosso) Ma ora veni cca, zuccuru
d’’a me’ vita! Bignè! Cassata!
MARGHERITA: Ma, Marchisi, a sta ura chi vurriu fari?

MARCHESE: Non si po’ cuntari: bisogna mettersi all’opera. Chi ci sunnu uri pi fari certi cosi? Si fanno e basta, e tutti l’uri sunnu boni. Vieni qua,
che ti voglio sfogliare come una margherita al primo mattino, tutta china di sirinu...(Mima la scena) M’ama...non m’ama...m’ama...non m’ama...
m’ama...non m’ama...(Bussano) Eh maledizione! Non c’è furtuna!
(Urlando) Un momento! Chi è? 

BATTISTA: (Da fuori) Sono io.

MARGHERITA: Oh, matri di Diu!

MARCHESE: Vieni qua, ammucciti sutt‘o lettu. (Margherita esegue)

MARCHESE: (A Battista) Entra. 

BATTISTA: (Entra con in braccio Padre Mansueto ed una guantiera di biscotti) Eccellenza, vi ho portato il cappuccino ed i savoiardi. Truvai chistu; si vi aggrada, si no ‘u spidemu p’’a casa.

MANSUETO: Eccellenza, dicitici a st’animali di lassarimi annari!

MARCHESE: (Ridendo a crepapelle) Non pozzu parrari!

MANSUETO: Vui riditi? Vaddati chi io non mi divertu di propria.

MARCHESE: E io, si!

MANSUETO: Ma che significa tutto ciò? Mi fici veniri cca, dicennumi chi don Giuvanni, ‘u Marchisi, mi desiderava.

(Il Marchese continua a ridere a crepapelle)

MANSUETO: E chi faciti, ancora riditi?

MARCHESE: No, no, padre Mansueto, scusatemi...(A Battista) Bestia! Chistu, fra l’autru, non è mancu cappuccinu...(Attacca a ridere)

BATTISTA: Io fici chiddu chi mi dicistu vui...Ma vi ho detto che se non va bene, lo riportiùamo a casa.

MANSUETO: Dicitici di lassarimi!

MARCHESE: Lassilu.

BATTISTA: (Lo lascia cadere) Oh, pisava quanto un matrimonio malu fattu!

MANSUETO: (Dolorante) Aih! Aih! Mi rumpiu l’ossa, stu cretinu!

BATTISTA: Ma picchì vi rumpia l’ossa? Si mancu vi tuccai...

MANSUETO: Io non capisco. Ora viditi si è regolari chi si aggredisci un povero religioso chi sta p’’i fatti soi. Don Giovanni, volete spiegarmi cosa è accaduto?

MARCHESE: Ma certo, padre. Ci dissi a stu cretinu di purtarimi un cappuccinu e dei savoiardi per la colazione. E siccome è limitato di comprendonio, mi ha portato un prete e i biscotti.

MANSUETO: Ah, ora capisco. (A Battista) Deficiente!

BATTISTA: E chi è? Ora, tutti contra di mia! Mi avete ordinato un cappuccino? E io, non avendo trovato un vero frate cappuccino, vi purtai un parrinu. Ma si non vi va bene, me lo riporto indietro. (Afferra padre Mansueto per un braccio e fa per tirarlo via)

MANSUETO: Aih! Cretino, lassimi!

MARCHESE: Ribamminutu! Il cappuccino, sai cos’è?

BATTISTA: Un religioso.

MARCHESE: No. Il cappuccino latte e caffè.

BATTISTA: E unni ‘u trovu un cappuccinu iancu è niru?

MARCHESE: Ancora? Ti ho detto che per cappuccino si intende il latte e il caffè.

BATTISTA: E chiamatilu latti e cafè. (Va dal prete, si inginocchia e gli bacia la mano) Vossia mi scusa!

MANSUETO: T’aviria pigghiari a timpulati, come fa un padre di famiglia quando i figli fanno grosse marachelle. Ma siccome sei un povero cretino, idiota, imbecille, analfabeta, minorato mentale, interdetto, deficiente, toccato di testa, senza cervello...

BATTISTA: Mih! Sugnu tuttu chistu...

MANSUETO: Siccomu si tuttu schistu, e mi vosi limitari...ti scuso.

BATTISTA: (Baciandogli la mano con veemenza) Grazie! Grazie! 

MANSUETO: (Svincolandosi) E lassimi sta manu, anacefalo!

BATTISTA: Chistu, no! Cefulu non mi l’avit’a diri! Chiamatimi mirruzzu, lupu,
piscispada...

MARCHESE: E va beni, vossia ‘u pirduna. In funnu in funnu si tratta di un povero diavolo. E’ colpa mia, chè ormai dovrei conoscerlo. Siccomu
è ‘gnuranti comu ‘na signa, prende alla lettera tutto quello che gli
si dice.

MANSUETO: Va bene, lo perdono. Basta chi ora si leva davanti, che dovrei
parlarvi. Anzi, debbo dire che la sua ignoranza ed il suo errore mi
danno la possibilità di portare a termine un’incombenza.

MARCHESE: Battista, puoi andare.

BATTISTA: Con permesso. (Va da Mansueto, con aria dimessa, ma ironica) Patri, allura, mi pirdunastu? 

MANSUETO: (Urlando) Vatinni.

BATTISTA: Mi nni vaiu. (Esce)

MARCHESE: Parlate, padre: sugnu tuttu ‘ricchi.

MANSUETO: Signor Marchese, veramente vui siti sempri tuttu ricchi, ma deficiete di mano, o meglio, aviti i manu ‘ranni comu du pali, e forsi pi chistu non le entrate mai in tasca.

MARCHESE: A cosa vi riferite?

MANSUETO: La nostra chiesa sta cadendo a pezzi.

MARCHESE: Fatela riparare.

MANSUETO: Si, e cu quali soddi?

MARCHESE: Con i ricavati delle offerte.

MANSUETO: Quali offerte?

MARCHESE: Chiddi chi fannu i fedeli.

MANSUETO: Ho capito: “‘A madula t’alliffi e fai cannola: ‘u santu è di marmuru
è non suda”.

MARCHESE: ‘U santu sudiravi dopu chi mori: ricorderò la vostra chiesa nel mio testamento.

MANSUETO: E si campati cchiù di mia?

MARCHESE: Significa che chi verrà dopo di noi aggiusterà la chiesa.

MANSUETO: Ah, bel modo di ragionare! “Dopo di me il diluvio!”...

MARCHESE: No, dopo di me i soldi per la chiesa.

MANSUETO: E che differenza c’è ora o dopo?

MARCHESE: Molta differenza.

MANSUETO: Siete un’anima di denaro, un pricchiu.

MARCHESE: E vui siti mansuetu sulu di nomi. Ma riflettete: se io faccio una grossa donazione per la chiesa, che cosa si può pensare? Che sono ricco sfondato.

MANSUETO: Tanto, si sa già.

MARCHESE: Un conto è il sospetto, un altro è la certezza. Si sa che sto bene, ma non chi sugnu riccu.

MANSUETO: Va bene, Marchisi, nni capemmu. In fondo, non siete cambiato: siete il solito demonio, senza fidi e senza timuri di Diu. Ma, del resto, mi sono illuso. Voi non avete nessuna ragione di dare soldi alla chiesa, visto che ne siete sempre vissuto lontano; non vi siete cresimato; non vi maritati e coltivate relazioni non molto limpide.

MARCHESE: Ognunu si vaddassi ‘u so’ immu.

MANSUETO: Che volete dire?

MARCHESE: Voi lo sapete.

MANSUETO: Potreste avere un po’ di rispetto per l’abito che indosso.

MARCHESE: Vui parrati cchiù picca e io vi rispetterò.

MANSUETO: Con voi non c’è mai stato dialogo. Mi nni vaiu.

MARCHESE: E sperate di campari cchiù di mia.

MANSUETO: (Con aria truce) Non si scherza con queste cose: ride bene chi ride ultimo. (Esce)

MARCHESE: (Facendo gli scongiuri) Teh! The! Supra ‘e to’ carni!

MARGHERITA: Pozzu nesciri?
MARCHESE: Ma certo.

MARGHERITA: (Uscendo da sotto il letto) Siete stato scortese.

MARCHESE: Puru?

MARGHERITA: Scherzo: facistu benissimu.

MARCHESE: Brava, così mi piaci. (Abbracciandola) Io ti lascio tutto a tia.

MARGHERITA: E mi faciti ricca?

MARCHESE: Ricchissima!...

MANSUETO: (Da fuori) Marchese!

MARGHERITA: Sutta ‘o lettu?

MARCHESE: Sutta ‘o lettu. (Margherita esegue) Che c’è, padre? Accomodatevi.

MANSUETO: (Entra) Io non vi vogghiu fari ittatura, ma dovete capire che per
la morte non c’è età: po’ succediri in qualunque momento.

MARCHESE: Patruzzu, ‘u sacciu! (Scongiuri)

MANSUETO: Sapiti com’è, Marchisi? Certi cosi arrivunu così, all’improvvisu, 
senza avvertimento alcuno: zac...e tuttu finisci in benedizioni.
Pinsatici.

MARCHESE: Ma io sugnu ancora giovane...

MANSUETO: V’’u dissi, non c’è età...

MARCHESE: Io vivo nella modestia...

MANSUETO: Puru i modesti...

MARCHESE: E i ricchi?

MANSUETO: O ricchi o poviri, tutti dda strada avem’a fari.

MARCHESE: Patri Mansuetu, vi dissi che nel mio testamento ci sarà una quota per sistemare la vostra chiesa. Prima di allora, po’ cascari sana sana, non vi dugnu ‘na lira. E ora, se volete scusarmi, m’haiu a vestiri. 
(Gli va a chiudere la porta in faccia) 

MANSUETO: (Da fuori) Pitocchi! Pitocchi!

MARCHESE: (Scongiuri) Teh! Teh! (Va al letto) Margherituzza, nesci fora.

MARGHERITA: (Uscendo) Esco. Eccomi qua. Io vi vulia diri ‘na cosa.

MARCHESE: Parla.

MARGHERITA: Veramenti ci vuliti lassari soddi p’’a chiesa?

MARCHESE: Io? Ma chi niscisti pazza?

MARGHERITA: No, è ‘u parrinu chi nisciu pazzu. Chistu si nni veni tinchiti
tinchiti e vi cerca i soddi...Non ha un minimo di ritegno. 

MARCHESE: Ma se io sono sempre stato un mangiapreti...

MARGHERITA: C’è un motivu si ‘u parrinu vinni a parlarvi.

MARCHESE: E qual’è stu motivu?

MARGHERITA: Vostru cugnatu l’onorevuli misi in giru ‘a vuci chi vui siti malatu gravi di cori e pronto per la morte.

MARCHESE: Comu? Comu? Comu? Malato grave? Ma se io scoppio di salute...

MARGHERITA: Eccellenza, si dici chistu in paese. E stamatina vinni vostra niputi Nuzza...

MARCHESE: Si, lo so, lo so, me l’ha detto Battista.

MARGHERITA: Battista, quel cretino! Pi forza ‘a vosi fari trasiri cca intra, 
mentri vui durmiu. Ci dissi di non farla entrare, chè voi non lo
sopportate, ma iddu, nenti, ‘ntistau. 

MARCHESE: Dice che le voleva dare la prova che ero vivo.

MARGHERITA: Ma quale prova? Idda, appena battiu ‘a porta e visti chi
tutto era tranquillo, se ne stava andando. Ma siccomu me’ maritu è
cretinu, truvau ‘u sistema di trasiri ‘nta vostra stanza, per la curiosità
di vidiri si durmiu oppuru eru svigghiu.

MARCHESE: E poi m’’u rinfacciau.

MARGHERITA: Cretinu! 

MARCHESE: Va bene, ma ora veniamo a noi due. Io capisco che in questi anni
tu mi hai dato...si, insomma, tu sei stata per me quasi come una moglie.
Anche se io ti ho messa in condizione di godere di tutte quelle cose, che fanno parte del matrimonio, anzi, direi che sono forse la parte migliore, e che un marito cretino come Battista non è in grado di dare.

Margerita: E ddocu vi sbagghiati, picchì Battista è babbu, e, comu tutti i babbi, è eccessivamente attivo.

MARCHESE: Ah! Non lo sapevo. Comunque, io non mi sono ancora sposato e non credo che mai mi sposerò. Ma un figghiu ‘u vogghiu: un figghiu, che possa dare continuità al nome della mia famiglia ed ereditare le mie fortune, e tu sai che sono tante.

MARGHERITA: Certo che lo so.

MARCHESE: Onestamente, debbo dirti che mi darebbe fastidio, fra cent’anni,
dover lasciare tutto a mia nipote e all’onorevole La Gogna. Già, perchè
io sono sicuro chi chiddu mori dopu di mia. Io so pure che tuo marito da piccolo ha avuto l’orchite e non può generare...

MARGHERITA: E cu v’’u dissi?

MARCHESE: Lo so.

MARGHERITA: Pi chistu dopu tanti anni di matrimoniu non avemu figghi. 
E ddu cretinu mi dugna ‘a curpa a mia.

MARCHESE: Battista non sa nulla.

MARGHERITA: Per cui, vui mi dati un figghiu...Ma, scusate, questo bambino sarà figlio di Battista...voglio dire, porterà il suo cognome...

MARCHESE: Ma io potrei adottarlo...Capisti?

MARGHERITA: No.

MARCHESE: Dapprima si aggiungerebbe il mio cognome a quello del padre e poi chiddu s’’u liviria. Magari, quannu è ‘ranni ci spiegamu ogni cosa.
Per ora pinsamu a farlu.

MARGHERITA: Un momento. Chi mi garantisce tutto questo?

MARCHESE: Il testamento, che io ho già cambiato.

MARGHERITA: Prima voglio leggerlo.

MARCHESE: Sei la mia amante per i soldi o perchè mi ami?

MARGHERITA: Questo non c’entra: cca si sta parrannu di fari un figghiu.

MARCHESE: Va bene. (Va a prendere il testamento) Leggi.

MARGHERITA: (Dopo averlo letto) Scusatemi, ma mi viene sempre difficile credere che dentro un nobile possa nascondersi un galantuomo.
Aviti ragiuni, arrivau ‘u mumentu di farlu stu figghiu.

(Bussano)

MARCHESE: (Stufo) E comu? (Urlando) Chi è?

BATTISTA: (Da fuori) Battista.

MARCHESE: (A Margherita) Non c’è furtuna! Sistema ‘u lettu. (A Battista) Entra pure.

BATTISTA: (Entra con la colazione) Eccomi...(Vedendo Margherita) Ah, tu cca si? Ti ho cercata dappertutto. Ci l’ebbi riscaldari io ‘u latti ‘o Marchisi.

MARCHESE: Ma idda mi sta facennu ‘u lettu.

BATTISTA: Ma chi ci facistu ‘o parrinu?

MARCHESE: (Sorbendo il latte) Picchì?

BATTISTA: E’ uscito dalla porta, gridando e mannannuvi malanova.

MARGHERITA: ‘O Marchisi?

BATTISTA: Sissignore. “Pitocchi! Pitocchi!” Così dicia: che i vostri soldi debbono diventare tutti pitocchi. E poi ha aggiunto: “Iddu pensa di moriri dopu di mia, ma io sugnu sicuru chi ‘u signuri stu piaciri non ci ‘u faravi passari. Iddu muriravi prima di mia e io aggiustu a chiesa”.

MARCHESE: (Facendo gli scongiuri) Teh! Ittaturi! Teh! A iddu e a tia, chi ripeti sti cosi!

BATTISTA: A mia? Anzi, chi vi vegnu e cuntu...

MARCHESE: E io n’’e vogghiu sapiri...anzi, ‘i vogghiu sapiri: cunta, cunta...

BATTISTA: Vi ho raccontato tutto.

MARCHESE: Va beni, vacci a dari ‘na strigghiata ‘o cavaddu.

BATTISTA: Vaiu. (A Margherita) E tu, sbrigiti, capisti?

MARGHERITA: Fammi finiri ‘a stanza d’’u Marchisi e scinnu.

(Battista esce)

MARCHESE: Tutti contro di me! Teh! Ittaturi! Aspettano la mia morte, comu si 
avissi cent’anni o fussi malatu gravi! Ma io ci fazzu rumpiri ‘i denti!
‘I vogghiu ‘ncastrari a tutti...Ci vogghiu dimostrari quantu sunnu tinti e come non meritano un centesimo...E come fare? Certu chi non si po’ leggiri ‘nta testa d’’i cristiani...Arriva chidda e dumanna si muriu ‘u ziu...’U parrinu veni e cerca soddi...

MARGHERITA: Marchese, idea!

MARCHESE: Idea?

MARGHERITA: Marchisi, vi finciti mortu e così dal letto potete ascoltare tutti
i loro discorsi. E ‘nto cchiù megghiu vi suggiti e ci faciti...

MARCHESE: E ci fazzu pigghiari un corpu? Benissimo, mi piace! (Va a baciarla)
Brava! Creatura meravigliosa! Brava! Stavota ‘i futtu a tutti! E così
vedremo cu ridi, cu cianci...Ah! Vogghiu vidiri ‘a facci di me’ niputi
Nuzza e di so’ patri! Curri, Margherita, chiama a to’ maritu.

MARGHERITA: Curru! (Esce)

MARCHESE: Eh, maliditti! Ora vi sistemu io! Arriva il momento, nella vita di un 
uomo, in cui deve capire chi lo ama e chi lo prende solo in giro.

BATTISTA: (Entrando con Margherita) Signor Marchese, chi fu?

MARCHESE: Ascolta, Battista, mi è venuta un’idea, e per realizzarla ho
bisogno del vostro aiuto. Ora ‘u me’ lettu hav’a divintari cadalettu.

BATTISTA: Fora di cca! ‘U cadalettu è chiddu unni mettunu ‘i morti.

MARGHERITA: Proprio così.

BATTISTA: E cu’ muriu?

MARCHESE: Nuddu: mi finciu mortu io.

BATTISTA: Vi finciti mortu?

MARCHESE: Sissignore. Tu vai subito a chiamare a don Mansuetu, a me’ niputi ‘a cucca e a so’ patri. Tu, Margherita, corri ad avvertire il resto del personale. Bisogna che nessuno si tradisca. Attenzione: versione ufficiale dovrà essere che il Marchese ha avuto un collasso. 
Mi raccomando: ogni cosa a suo posto, deve sembrare una morte in
piena regola. Ora, Battista, vai a prendere il mio frac...

BATTISTA: Ma, eccellenza...

MARCHESE: Avit’a cianciri, ma forti.

BATTISTA: Ma non muriti piddaveru...

MARCHESE: Ma no; se ti dico chi mi finciu...deve essere una morte truccata.

BATTISTA: Certu, saria bellu, d’un latu: tanti ‘nvitati...tantu manciari...

MARGHERITA: Oh, Madonna mia! E unni ti truvai così cretinu! Chi dispirazioni!
Chi dispirazioni!

MARCHESE: Non vi sciarriati. Tuo marito è una brava persona: un pocu sbintatu, ma è onesto, lavoratore e, soprattutto, ha un grande rispetto per me. Certo, è molto curioso, ma chistu ci ‘u putemu pirdunari.
Ma ora, sbrighiamoci. Forza, ‘u frac...(Battista esce e rientra col frac)
Margerita, il cerone, chiddu chi usu io pi cannalivari. (Margerita esce
e rientra col cerone) Deve sembrare tutto vero: puru ‘u culuri d’’a facci e d’’i manu.

BATTISTA: Marchisi, vi ‘iutu a mittirivvi ‘u frac?

MARGHERITA: Davanti a mia s’hav’a spugghiari?

MARCHESE: Aspittati...Vogghiu fari ‘na prova di ciancitina. Assittativi ai due 
lati del letto. (Eseguono) Forza, cianciti a nota longa.

MARGHERITA: Oh don Giuvanni! Don Giuvanni beddu!

BATTISTA: Cori ‘ranni! Cori ginirusu!

MARCHESE: Sta battuta mi piaci!

MARGHERITA: E comu facemu ora senza di vui?!

MARCHESE: Basta, basta, basta, mi cunvincistu: bravi siti a cianciri.
Benissimo, ora andate a fare quello che vi ho detto, mentre io mi preparo.

(I due escono, mentre il Marchese comincia a spogliarsi e cala la tela)


FINE DEL PRIMO ATTO



A T T O S E C O N D O

La medesima scena del primo atto: in scena il Marchese vestito in frac e Margherita. Sono passate poche ore.
******************

MARCHESE: Si non fussi cumminatu di sta manera, ti ittiria manu.

MARGHERITA: Stativi calmu e ricurdativi chi siti mortu.

MARCHESE: Sono un fantasma: il tuo incubo.

MARGHERITA: Eppuru, non pariti tantu bruttu vistutu di mortu.

MARCHESE: Ca quali vistutu di mortu? Margherita, questo è un abito da sera.

MARGHERITA: E siete credibile con quest’abito da sera?

MARCHESE: Margherituzza, ora ti dicu ‘na cosa. Di solito i poveracci si fannu
un sulu vistitu niru, quannu si maritunu, e ci servi per tutte le occasioni importanti della vita, cadaletto compreso. Noi ricchi, no. 
E poi, che cosa c’è di meglio che presentarsi all’altro mondo in frac? Scusa, quann’è chi arrivi unni San Petru fai ‘n’autra figura rispetto a cu’ ci va vistutu cu l’abitu d’’a festa. (Fa le corna) Ma siccomu io ancora sugnu vivu e non haiu intenzioni di moriri... 

BATTISTA: (Di corsa) Marchisi, prestu, curcativi, chì arrivau ‘u primu.

MARCHESE: Cui?

BATTISTA: Patri Mansuetu.

MARCHESE: Prestu, vallu a pigghiari e portulu cca. (Battista esce) E tu, cianci, forza, cianci. (Si corica come un morto, mentre Margherita si siede accanto al letto)

MARGHERITA: Marchisi! Marchiseddu! Anima di sta casa!

BATTISTA: (Entrando con padre Mansueto) Cca è, trasiti! 

MARGHERITA: Comu campamu senza ‘i vui, Marchisi?!

BATTISTA: ‘U lassammu ‘nto so’ lettu: non appimu ‘u curaggiu di purtarlu sutta.

MANSUETO: Avete fatto benissimo.

MARGHERITA: Patri, comu facemu ora? Comu putemu campari senza di iddu?
Nni lassau suli, poviri e pazzi!

BATTISTA: (Abbracciandola) E bonu, non fari così!

MARGHERITA: E comu haiu a fari!

MANSUETO: Eh, ti capisco! Ti capisco!

MARGHERITA: No, vossia non mi po’ capiri! Per me...

MANSUETO: (Ammiccante) Lo capisco, per te è una perdita più grande che per gli altri! Ma che vuoi fare! Devi rassegnarti, cara!

MARGHERITA: E comu fazzu?

MANSUETO: Col tempo. Ma com’è stato?

MARGHERITA: Du’ uri arreti era tantu beddu, allegru. Mi mannau a chiamari
e mi dissi di farici priparari ‘a pasta ‘ncaciata pi menziornu.

BATTISTA: Quantu ci piacia! Ciu vulia ‘i mulanciani, ‘a tuma...E poi nni raccumannava sempri di mittiricci focu supra e focu sutta.

MARGHERITA: E io ci ‘a fici priparari! 

BATTISTA: Dopu chi vui vi nn’annastu, mi ha chiamato. ‘U tempu chi chianai
supra, ‘u visti mortu!

MANSUETO: (Sono tutti e tre girati di spalle) Il nostro paesino non sarà più lo stesso. 

MARGHERITA: Senza ‘u Marchisi saravi un martorio!

MANSUETO: Ora non esageriamo...Certo, sentiremo la sua mancanza, ma...
Vi dispiace lasciarmi solo con lui?

(Giovanni fa cenno di no, ma non è visto)

MARGHERITA: Fate pure, padre. 

BATTISTA: E non vi scantati?

MANSUETO: Il solito cretino! Io ha visto centinaia di cadaviri...Gli devo dare
la benedizione.

MARGHERITA: Niscemu. Patri, nui semu cca fora; se vi serve qualche cosa...

(Escono e chiudono la porta)
MANSUETO: (Parlando col morto) Eccoti qua! Chi si biddittu! Con lo stesso
abito delle tue scorribande nei bordelli della città. Povera Margherita!
Vegogna! Del resto, che fine poteva fare uno come te! Non cridivi
chi putia succediri...Solo poche ore fa eri qui, baldanzoso, ed ora
si ddocu ittatu. E la cosa più bella, sai qual’è? Che io aggiusterò la
mia chiesa e tu sarai già morto. Ed è con grande piacere che userò
il tuo denaro. Forse, da prete non dovrei dirlo, ma la gente come
te non dovrebbe esistere; quelli che distruggono il denaro soltanto
in bivacchi e divertimenti; in orgie e sbornie; quelli che non pensano
mai al prossimo. Tu in paradiso non ci andrai, ne sono certo: eri
troppo vizioso e corrotto. Che ti ho detto, Marchese dei miei stivali?
Ti ricordi? Ride bene chi ride ultimo. Ed ora rido io, ma riderò ancora
di più quando andrò ad incassarmi i soldi per aggiustare la mia chiesa. (Giovanni fa cenni di disapprovazione) E così, almeno il tuo
denaro verrà usato per una causa giusta. (Si inginocchia) Signore,
perdonami se ho detto tante cattiverie, ma non riesco a trattenermi
nel vedere come un tale nobile baldanzoso perda ogni forza difronte
all’unica realtà giusta della vita: la morte. (Bussano) Avanti!

(Entrano Battista, Margherita, La Gogna e Nuzza)

NUZZA: (Si precipita sul letto) Zio! Zio Giovanni! (Lo abbraccia) 

MARGHERITA: Aviti ragiuni, signurina! Ciancitilu! Ciancitilu!

BATTISTA: Era ‘u patri di tutti!

NUZZA: Ma allora era vero quello che avevo sentito dire! Stamattina dormiva
così placido! 

MARGHERITA: Era vero, signorina!

BATTISTA: Nui non sapiumu nenti, ma era malatu da oltre un anno. E viveva come se stesse in salute; voleva dimostrare di essere sano.

LA GOGNA: Il cuore!

BATTISTA: E già, propriu chiddu!

MARGHERITA: Sissignore, il cuore, picchì l’avia troppu ‘ranni e non poteva
contenere tutto quell’amore, così si spaccau!

LA GOGNA: (Ironico) E già! Troppo amore!

NUZZA: E’ vero!

MARGHERITA: Quant’era beddu!

NUZZA: Eh si! Beddu! Beddu!

MARGHERITA: Quant’era bonu!

NUZZA: Tutto cuore!

MARGHERITA: Quant’era eleganti!

LA GOGNA: Un pavuni!

NUZZA: (Rimproverandolo) Papà!

BATTISTA: (Come per farsi sentire dal Marchese) ‘A signurina è daveru dispiaciuta, mi pari.

LA GOGNA: Già! Ed anche tu lo sei, vero?

BATTISTA: Assai.

LA GOGNA: Immagino, perchè, appena si aprirà il testamento e si scoprirà
che Nuzza è erede di tutto il suo patrimonio, tu tornerai in campagna
a ‘ddivari porci: quello è il tuo posto naturale.

BATTISTA: (Piangendo) Megghiu è, ammenu i porci non mi trattunu mali!

NUZZA: Ma, papà, cosa dici? Non lo fare piangere.

LA GOGNA: Piangere, piangere, oggi non si deve piangere: oggi, figlia mia,
è giorno fortunato per la nostra famiglia! Cu iddu mortu significa
che potrò costruirmi una nuova vita. (Guarda il Marchese) Miserabile!
Pricchiu! Taccagnu!

NUZZA: Ti prego, papà! (A Mansueto) Padre, l’avete benedetto?

MANSUETO: Si, figliola, per questo mi sono fatto lasciare solo con lui: per
concentrarmi e benedirlo. Ci mannai tanti benedizioni e ci dissi tanti
requem aeterna! Ci volevamo tanto bene!

MARGHERITA: (Sottovoce) ‘Mbrugghiuni!

MANSUETO: Ero stato qui due ore fa e ci eravamo lasciati ridendo è scherzando.

BATTISTA: (Sottovoce) Parasacchi! 

MANSUETO: Vostro zio era un grande peccatore, una pecorella smarrita, ed aveva bisogno di una guida spirituale. Ma lui si era sempre rifiutato di avvicinarsi alla fede.
LA GOGNA: E ora è stinnicchiatu cca, prontu pi fari i vermi. E i so’ soddi
mi manciu io, alla faccia sua.

NUZZA: Papà, ti prego!

BATTISTA: Onorevole Carogna, vi preghiamo!

LA GOGNA: La Gogna, ti ho detto che mi chiamo La Gogna.

BATTISTA: Il Marchese per noi è stato un padre.

LA GOGNA: Soprattutto per tua moglie.

BATTISTA: ‘U sacciu, pi idda fu cchiù chi un patri.

MARGHERITA: Che volete dire?

NUZZA: Niente, non vuole dire niente. Papà, non è giusto che tu dica queste cose. Lo zio aveva i suoi difetti. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Giusto, don Mansueto?

MANSUETO: Lo dice il signore.

NUZZA: Ma l’avissur’a diri puru i parrini. E io non v’’u staiu sintennu diri.

MANSUETO: Chi è senza peccato scagli la prima pietra.

LA GOGNA: Ma finitela! Piuttosto, Battista, vai a prendere una bottiglia del 
miglior vino e facciamo un brindisi!

BATTISTA: Onorevuli, non vi scurdati chi fustu elettu con i voti del Marchese
e che avete sempre mangiato coi suoi soldi.

LA GOGNA: E bravu a Battista! Scattristi macari tu?

MARGHERITA: (A Battista) Lassa perdiri.

BATTISTA: No. Ora parru. Sono al servizio della famiglia di quannu avia i quasuni curti. Iddu pi mia fu un patri veramenti. Sapete cosa sono io? Un trovatello. Sapiti comu mi chiamu? Battista Vattelappesca, un nome e un cognome che mi diedero in ospedale. Dda ‘i ‘nfirmeri si divertunu
a ‘nvintari nomi per i poveri disgraziati figli di nessuno.

MANSUETO: E’ inutili chi cunti ‘a storia d’’a to’ vita.

BATTISTA: Mutu vui, chi mancu comu cappuccinu fustu bonu. 

MARCHESE: (Sottovoce) ‘A ‘chiappiti chista.
BATTISTA: (All’onorevole) Vui dicistu chi scattria? Io ha statu sempri scattru, ma siccomu capia chi ‘nta stu munnu è cchiù convenienti fari ‘u babbu, io ho preferito farlo.

MARCHESE: (C.S.) Cu tia poi nni facemu ‘i cunti.

BATTISTA: E sapete perchè? Picchì ‘i scattri comu a vui prima o poi venunu svintati. Mentri i babbi comu a mia si fannu scopriri quannu ci cunveni. A stu puntu pensu chi fra mia è vui ‘u babbu siti propriu vui, caro onorevole.

LA GOGNA: Non ho capito questo discorso dove va a parare.

BATTISTA: Lo scoprirete al momento giusto. Nella vita ci sono medicine che vanno bevute fino in fondo. Ma quannu ‘a midicina si pigghia tutta fa effettu.

LA GOGNA: E’ ovvio che il tuo è soltanto il delirio di chi sa che dovrà
passare dalle stelle alle stalle.

BATTISTA: Staremo a vedere.

NUZZA: Non è giustu sciarriarisi davanti al letto di morte dello zio.

LA GOGNA: Ma cosa vuoi? Tu zio mi ha sempre odiato ed io gli ho sempre
ricambiato l’odio. Fra me è lui non c’è mai stato un rapporto sereno.

NUZZA: Però i soddi t’’i pigghiavi.

LA GOGNA: Mi toccavano.

NUZZA: E perchè?

LA GOGNA: Tu non sai. Quando io ho sposato tua madre, lei era malata e
Giovanni mi promise che mi avrebbe mantenuto a vita, anche se la
sorella fosse morta. Lei se ne andò dandoti alla luce.

NUZZA: E lui ha sempre tenuto fede al suo impegno.

LA GOGNA: Si, ma ddi quattru soddi me li buttava in faccia come un’elemosina.

MARGHERITA: E non facia bonu? Un uomo vero si deve saper mantenere da
solo e non succhiare il sangue o crearsi la rendita con un matrimonio
d’interesse.

LA GOGNA: Questo strozzino, chi ora è stinnicchiatu supra ‘o lettu, mi disse
che il giorno in cui mi sarei risposato, non avrei più visto un centesimo.
MARCHESE: Era giustu.

MANSUETO: Chi ha parlato?

BATTISTA: Io.

LA GOGNA: E tu che ne sai? Un uomo sente il bisogno di avere accanto una compagna...

MANSUETO: Megghiu sulu chi mal’accumpagnatu.

MARCHESE: Ddocu v’’a ‘mpoggiu.

LA GOGNA: E no, questa è la voce di Giovanni.

MANSUETO: Ma che cosa dite? Chiddu mortu è.

NUZZA: ‘A sintia puru io.

BATTISTA: Io parrai.

NUZZA: No, no, quella non è la tua voce.

MARGHERITA: Ma chi vuliti diri, chi c’è ‘u spiritu di sua eccellenza? Matri bedda, mi tremunu ‘i iammi! Staiu murennu!

LA GOGNA: Ma quali spiritu? Semu sicuri chi chistu è mortu? Non è chi
nni pigghia pi fissa...

BATTISTA: Ma certu chi è mortu!

MANSUETO: Faciticci ‘a prova d’accenni. Così vi renderete conto una volta
per tutte.

LA GOGNA: Ci ‘a fazzu, picchì chistu saria capaci di qualunque cosa.
(Accende un fiammifero e glielo mette davanti alla bocca. Giovanni
trattiene il fiato)

MARGHERITA: (Piano a Battista) Stavota mori piddaveru...

BATTISTA: Non ti scantari, ci ‘a fa...

LA GOGNA: (Spegnendo il fiammifero) Mortu è.

(Mansueto guerderà Battista)

MARCHESE: Ietta sangu, cretinu!

MARGHERITA: ‘N’autra vota...

BATTISTA: Io parrai.

MANSUETO: No, no, no, no, io ti stavo guardando: mutu eri.

LA GOGNA: A meno che non sia ventriloquo.

BATTISTA: Io? Quannu mai sti cosi...(A Mansueto) A vossia ci manca ‘a vista.

MANSUETO: Non mi manca nenti.

NUZZA: Ma non vi vergognate di dubitare anche della morte? Papà, potresti
evitare di essere così...Povero zio! Chi pena chi mi fa! Quantu beni mi
fici! Che uomo buono! Generoso!

MANSUETO: Nuzza, buono, non lo so, ma ginirusu...Lascia perdere...

NUZZA: Con me lo è stato. 

MANSUETO: E con me, no.

BATTISTA: Ma vossia non ci circava soldi personali, ma soltanto per la chiesa. 

MANSUETO: Certamente, i preti chiedono soltanto per la chiesa.

MARGHERITA: Sua Eccellenza c’’a chiesa non ci annava d’accordu...

MANSUETO: Lo so, era un uomo che non rispettava nè Dio nè il prossimo.
Ha trascorso la sua vita nel vizio e nel divertimento; nelle orgie
e nel riso. Il riso è proprio del demonio.

BATTISTA: Non sapia chi ‘u diavulu mancia risu.

MARGHERITA: Di qualche cosa si deve nutrire.

LA GOGNA: Basta, adesso con quest’ironia. Bisogna cominciare a pensare alla parte più antipatica della questione: la tumulazione. (Il Marchese fa le corna) E poi, dobbiamo avvertire il Notaio per l’apertura della successione.

MARCHESE: E dda ti mancia a tia.

LA GOGNA: Basta, Battista! 

BATTISTA: Ma io non parrai, stavota.

MARGHERITA: Comu, non parrasti?

NUZZA: Finiamola. Battista, bisogna chiamare il becchino. (Piangendo)
Non crediate che per me sia una cosa semplice, ma è necessario che
le spoglie mortali di zio Giovanni vadano nella cappella di famiglia,
e con tutti gli onori.

MARGHERITA: Coraggio, signorina, non pianga! Venga di la, si riposi un
po’; si pigghia ‘na tazza ‘i cafè...

LA GOGNA: Lo prendo anch’io il caffè, così, nel frattempo preparo un
comunicato stampa da dare ai giornali. Dopotutto era un uomo
famoso.

BATTISTA: Pigghiava tanti voti...

LA GOGNA: Padre, venite?

MANSUETO: Vengo.

NUZZA: Resta con lui, Battista.

MARGHERITA: Certu, ‘i morti non si lassunu suli.

(Escono tutti tranne Battista)

MARCHESE: Chiudi ‘a porta.

BATTISTA: Subito. (Va a chiudere la porta)

MARCHESE: (Alzandosi, va ad accendersi una sigaretta) S’’a ‘mmuccaru.

BATTISTA: Però non avit’a parrari.

MARCHESE: Non haiu a parrari? Ora veni ‘u bellu, quannu parru.

BATTISTA: Cca stavota finisci a frischi e pitita...

MARCHESE: No, finisci a mazzati...chi ci dugnu io a iddi.

BATTISTA: Vui chi aviti intenzioni di fari?

MARCHESE: Ora vidi. Intantu cerca di stari tranquillu e pensa che io ho un piano perfetto. Ci fazzu veniri un corpu a ddi du’ disgraziati d’’u
parrinu e di me’ cugnatu. Chi nni sai quantu mi nni dissi ‘u parrinu
quannu ristau sulu cu mia?

BATTISTA: E ‘a binidizioni?

MARCHESE: ‘A binidizioni? Si non m’avissi cridutu mortu, pensu chi scippava
puru bastunati.

BATTISTA: Ma vostra niputi a cucca, mischinedda, in funnu non è poi tantu
cucca comu vui pinsau.

MARCHESE: Chidda chi facisti trasiri ‘nta me’ stanza per la curiosità di vidiri
si durmia o no?

BATTISTA: M’avit’a scusari, ma la curiosità è uomo.

MARCHESE: Io sapevo che fosse donna. Comunque, hai ragiuni, in funnu, Nuzza non è poi tantu tinta. Anzi, mi sembra che sia veramente contrisa. Ma veniamo a te. Chi è sta storia chi fai ‘u babbu?

BATTISTA: E si mi fannu ‘ncazzari...

MARCHESE: Allura, m’ha pigghiatu in giru puru a mia...

BATTISTA: Scusati, Marchisi. (Si siede sul suo letto)

MARCHESE: E che fai, ora?

BATTISTA: Chi è stu fattu ‘i me’ mugghieri?

MARCHESE:(Imbarazzato) Niente, niente, tutta malignità. Siccome io per Margherita ha sempre avuto un occhio di riguardo, particolarmente picchì è to’ mugghieri...e poi, ‘a picciotta s’’u merita...

BATTISTA: Ho capito.

(Si sentoro rumori) 

BATTISTA: Cca sunnu...Prestu, curcativi.

MARCHESE: Teni cca ‘a sigaretta...Tantu ancora picca ‘nn’haiu. (Si corica)

NUZZA: (Entrando) Zio!

BATTISTA: Sempri cca è.

NUZZA: ‘U sacciu...(Gli si avvicina) Ma fa puzza di fumu...

BATTISTA: No, sugnu io chi fumu.

MANSUETO: E da quando?

BATTISTA: Il forte dolore per la morte del Marchese mi fici ‘nsignare a fumari! 

LA GOGNA: Battista, ora vai a chiamare il becchino e gli dici di venire
immediatamente qui e di portare il tabuto. Prima ‘u sistimamu e megghiu
è a stu speci ‘i cristianu.

NUZZA: Una cassa di rovere per lo zio.

LA GOGNA: Rovere? Ma sei pazza? Tu hai idea di quanto costi una cassa di
rovere? Senti, Battista, dicci di purtari ‘na cascia di tavuli d’abitu.

MARGHERITA: Tavuli d’abitu? P’’u Marchisi?

MANSUETO: Ma non siamo ridicoli: l’onorevole ha ragione. Che cos’è tutto questo paganesimo? Una volta seppellito, o tavuli d’abitu o di rovere,
sempre lo stesso è.

MARCHESE: (Alzandosi dal letto definitivamente) E no, ddocu vi sbagghiati!

(Un momento di confusione generale. Qualcuno tenta di scappare; qualche altro urla al fantasma, qualche altro al miracolo)

MARCHESE: Niente di tutto quello che state dicendo: nè miracolo nè fantasma
nè niente. State calmi.

MANSUETO: (Gettandogli addosso acqua benedetta) Vate retro, Satana!

MARCHESE: Non facemu sceni, patri Mansuetu. Voi lo sapete benissimo che
il diavolo non c’entra in questa cosa. ‘U sapiti troppu bonu chi io
sugnu vivu e vegetu e chi haiu ‘u cori forti comu un cavaddu.

LA GOGNA: Allura, eri tu, chi parravi?

MARCHESE: No, era Battista chi facia ‘u ventrilucu. Chiddu non sapi mancu chi voli diri sta parola.

LA GOGNA: Vergogna, ci hai beffati tutti.

BATTISTA: No, non tutti, picchì io ‘u sapia.

NUZZA: Tu lo sapevi?

BATTISTA: E allura picchì ci dissi a vostru patri chi, alla fini, ‘u scattru
era propriu io?

MARGHERITA: E anch’io lo sapevo.

LA GOGNA: Figuriamoci se tu non lo sapevi...

NUZZA: Che significa, dunque, tutto questo, zio Giovanni?

LA GOGNA: Mascalzone, vigliacco...Se avessi una pistola, ti sparerei io e
ti faria schirzari pi l’urtima vota.

MARCHESE: (Prende la pistola e gliela da) Eccoti servito.

LA GOGNA: (La prende e gliela punta) Ti sparo!

BATTISTA: Marchisi, siti pazzu?

MANSUETO: Onorevole, non faccia pazzie!

NUZZA: Papà!

MARCHESE: Non vi scantati, scarica è.

(Margherita gliela strappa di mano e nel frattempo parte un colpo. Panico generale)

MARGHERITA: Menu mali chi era scarica...

LA GOGNA: Mi avresti mandato in galera!

MARCHESE: Vadda chi facci! E io, chi mi nn’annava ‘o campusantu?

LA GOGNA: Peggio per te!

MANSUETO: Vi siete preso gioco di tutti, Marchese. Non è corretto.

LA GOGNA: Come in una commedia.

MARCHESE: Bravu, una commedia!

NUZZA: Ma perchè tutto ciò? In nome di Dio, zio! Dammi una spiegazione, o
sarò costretta a dar ragione a mio padre.

MARCHESE: Perchè? E me lo chiedi? Cosa c’è di meglio di una finta morte per scoprire quanta gente ti ama veramente? Ora so che Margherita ci tiene
alla mia vita, se no non avrebbe strappato la pistola di mano a tuo padre, il quale stava pinsannu di spararimi veramenti.

MANSUETO: Io vado via: ogni bel gioco dura poco.

MARCHESE: No, vui ristati cca e mi scutati.

MANSUETO: Con questa ennesima beffa, l’anima ve la siete già giocata. 
E ciò che conta è proprio quella, il resto sono cose terrene di poca importanza.

MARCHESE: Come i soldi, vero? Compresi quelli per aggiustare la chiesa, che
io vi ho negato, e per i quali mi dastu dda sorta di binidizioni.
E allora vi dico che siete un finto prete, interessato e puru ittaturi!
E se non state zitto su quanto è accaduto in questa stanza, continuo e dico altro. Ma non soltanto a loro, lo dirò in giro.

MANSUETO: Mi state ricattando?

MARCHESE: E perchè no? Caru patri, ‘i soddi, le cose terrene, mi pari chi
cuntunu puru pi vui. E vi dico questo, perchè a voi non interessa
assolutamente aggiustare la chiesa per la chiesa, ma soltanto per
avere la soddisfazione di fare una bella figura davanti a tuttu ‘u
paisi. E allora, sappiate che io questa soddisfazione non ve la do.
Non ho mai scritto in un testamento che avrei lasciato soldi per la
vostra chiesa. 

MANSUETO: Bugiardo! Burlone!

MARCHESE: Si, buguardo e burlone. Aviti ragiuni, vui, uomo di chiesa e di
immensa virtù. Se vorrò contribuire lo farò solo a condizione che voi
non ci siate più, picchì stu piaciri non v’’u fazzu passari.

MANSUETO: E allura, haiu a moriri?

MARCHESE: No, basta che vi trasferiscano.

MANSUETO: Stati friscu: io di cca non mi movu.

MARCHESE: Stati friscu vui, picchì io soddi p’’a chiesa non nni nesciu.
E tu, onorevuli carogna, da oggi in poi smetterai di campare con i
miei soldi. Farai da solo, se sarai capace, si no ti nni vai supra i
scaluni d’’a chiesa ‘i don Mansuetu e cercherai l’elemosina.

LA GOGNA: Mi hai sempre odiato.

MARCHESE: Se ti avessi odiato non ti avrei dato mia sorella, povira figghia!
L’hai fatta morire prima dei suoi giorni.

NUZZA: Ma, ziu, chi stai dicennu?

BATTISTA: Veru è.

NUZZA: E tu chi nni sai?

BATTISTA: Io havi tant’anni chi frequentu sta casa, signurina, e sacciu tanti
cosi. Viditi, fincennumi babbu, certi voti parraunu davanti a mia.
Ma di sta bucca non ha nisciutu mai ‘na parola, mancu cu me’ mugghieri.

MARCHESE: Sincerità per sincerità. Mia sorella, qualche settimana prima di morire, è venuta qui, da me.

LA GOGNA: Adelina? Qui? Da te? E pi fari chi?

MARCHESE: Pi fari chi? Adelina aveva il cuore grande come una casa, e pi
chistu muriu prima d’’u tempu. E’ venuta a dirmi che sapeva della tua tresca con la segretaria...

NUZZA: Quale segretaria?

MARCHESE: Quali segretaria...quali segretaria...Cara nipote, mi sto convincendo sempre di più che le apparenze spesso non ingannano e che l’abito faccia il monaco, (A padre Mansueto) non ‘u parrinu. Tutti credevano
che fra lei e tuo padre ci fosse qualcosa, e aviunu ragiuni.

LA GOGNA: E allura, sincerità per sincerità, parramu di tia e di Margherita?

BATTISTA: Chi vuliti diri?

LA GOGNA: Non fari ‘u cadutu d’’a naca, Battista.

MARGHERITA: E’ inutile che fate insinuazioni supra di mia e d’’u Marchisi, tanto sono tutte invenzioni.

LA GOGNA: (A Padre Mansueto) Si non ci fussi ‘u segretu d’’a cunfissioni, ah?
Ni nni fariumu risati.

NUZZA: Papà, ma che dici?

LA GOGNA: Niente, non ho più niente da dire.

BATTISTA: Ora, parrati.

MARCHESE: Ma ti metti cu iddu? Io ho sempre voluto bene a Margherita in considerazione del fatto chi è to’ mugghieri. E tu lo sai.

BATTISTA: E chistu è veru.

NUZZA: Insomma, zio, voglio sapere cosa è venuta a fare mia madre qui.

MARCHESE: Tua madre sapeva tutto, ma era una donna di gran cuore.
Conosceva il marito e sapeva che non sarebbe mai stato capace di cavarsela da solo. Così mi fece giurare che, dopo la sua morte, avrei provveduto io a mantenerlo. A condizione, però, che non si fosse mai risposato.

LA GOGNA: Difatti, ho tenuto fede al mio impegno.

MARCHESE: Ipocrita! Havi vint’nni chi ti manci ‘i me’ soddi cu dda speci
di ‘nnamurata!

LA GOGNA: L’importante è che sia scapolo.

MARCHESE: Va bene. Ma dal momento che i soldi sono miei e non ho preso
con tua moglie alcun impegno scritto; dal momento che sono passati vent’anni e non mi va più di mantenere te e lei, da oggi in poi la cassa si chiude. In quanto a te, Nuzza, ho potuto appurare, dal quel finto cadaletto, che mi vuoi bene sul serio. Dunque, sei sempre la mia nipotina prediletta...

LA GOGNA: L’unica chi hai...

MARCHESE: Taci, carogna! Nuzza, tu sempre avrai il mio appoggio economico e morale, ma a condizione che venga a vivere con me e lasci quel tuo padre libero di rifarsi una vita.

LA GOGNA: Ma io non mi vogghiu rifari nenti...

MARCHESE: Come, mi rinfacciavi che ti ho imposto di non risposarti...
Te la puoi prendere la segretaria, che ti tieni come amante da tanto
tempo. Ma, tornu e replicu, t’’a manteni c’’i to’ soddi. Battista...

BATTISTA: Eccellenza?

MARCHESE: Allora, Nuzza, che decidi?

NUZZA: (Guardando il padre con disprezzo) Capisco di essere stata anch’io
un impedimento alla felicità di mio padre. Per cui, resto con te, zio.

LA GOGNA: Nuzza...(Fa per afferrarla, ma Nuzza si rifugia presso Giovanni)

MARCHESE: (A Battista) Accompagna i signori.

BATTISTA: Prego, signori.

LA GOGNA: Non finisce qui.

MANSUETO: Ma amuninni, onorevuli: ancora ci dati cuntu?

(Escono tutti e tre)

MARCHESE: Margherita, accompagna Nuzza in camera sua e provvedi con lo
chauffer per andare a prendere le sue cose a casa.

MARGHERITA: Sissignore. (Esce con Nuzza)

MARCHESE: Insomma, me’ cugnatu è ‘na carogna, e chistu si sapia; me’ niputi mi voli beni, e bisogna che pensi pure per lei...va bene, farò una piccola modifica al testamento...Ah, mi ero dimenticato d’’u fintu babbu.

BATTISTA: (Entrando) Cca sugnu.

MARCHESE: Bravu! Nni futtisti a tutti.

BATTISTA: In buona fede, Marchese.

MARCHESE: In buona fede, ah?

BATTISTA: Eppuru, stava pinsannu chi ci saria di fari ‘na giucata ‘a riffa.

MARCHESE: ‘Na giucata?

BATTISTA: Certu, 31 e 47: mortu chi parra c’’u vivu. Mi giocu 5 liri e pigghiu
2.500 liri, si nesciunu.

MARCHESE: Si nesciunu...e si non nesciunu?

BATTISTA: E si non nesciunu...

MARCHESE: Sai chi facemu? T’’i dugnu io 2.500 liri, come ringraziamento per
tutto quello che hai fatto e che farai per me.

BATTISTA: Picca haiu fattu, e in quanto a quello che farò...

MARCHESE: Sarà molto, t’’u dicu io.

BATTISTA: Va bene, vi ringrazio. Ora vaiu e ci ‘u dicu subitu a Margherita.

MARCHESE: No, no, lassa stari, ci ‘u dicu io a Margherita. Anzi, valla a chiamari e dicci di veniri a sistimari stu lettu.

BATTISTA: Vaiu, vaiu. (Esce)

MARCHESE: (Si toglie la giacca, prende carta e penna e scrive) 
Io sottoscritto Giovanni Basile, Marchese del Pesce, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali lascio a mia nipote Giuseppa, detta Nuzza, la casa di contrada Casazza con quanto è dentro contenuto, più una rendita annua a vita di £ 50.000, che saranno adeguate annualmente con un aumento di £ 1.000. Lascio il resto dei miei averi a Margherita Polito, a condizione che partorisca un figlio maschio e venga da me adottato, aggiunga il mio cognome a quello di suo padre e, dopo la mia morte, elimini questo secondo e si faccia chiamare Giovanni Basile, Marchese del pesce. Lascio alla parrocchia di San Giovanni Battista un contributo di £ 12.000 per la sistemazione del sagrato e dell’altare maggiore. Tale somma potrà essere utilizzata a condizione che non ci sia padre Mansueto. In caso contrario, tale somma andrà a vantaggio della nominata Margherita Polito. Nomino esecutore testamentario il mio fidatissimo amico Notaio Antonio Merlo di S.Agata di Militello.

MARGHERITA: (Entrando) Marchese, mi cercavate?

MARCHESE: ‘U tistamentu è fattu. Ora pensiamo al resto.


(Buio. Cala la tela)

FINE