MENAGE A TROIS?

di

Roberto Traverso

Liberamente ispirato a “Les enfants d’Edouard” di Marc-Gilbert Sauvajon


Personaggi:
Denise: 40 anni, una donna giovanile e piena di risorse madre di Walter, Martine e Bruno. 
Walter: 20 anni,  molto dandy e ciarliero, ha una passione per il design e l’arredamento d’interni. 
Bruno: 18 anni, irritante e distruttivo, passa il tempo stravaccato sul divano a giocare con la consolle tascabile Nintendo .
Martine: 22 anni, si è appena laureata in lingua e letteratura francese studiando a Parigi.
Duccio:  45 anni, cuoco toscano sanguigno e bizzarro. E’ il padre di Walter.
Michel:  43 anni, vive a Parigi ed è un rinomato sommelier. E’ un uomo distinto e timido.  E’ il padre di Martine.
ATTO PRIMO


Scena 1

Il soggiorno dei Brambilla, una casa d’epoca nel centro di Milano.  Mobili in stile, quadri, lampade, soprammobili, tutto è in perfetto ordine.  Sulla parete di fondo campeggia il ritratto del signor Brambilla, un dipinto a olio dall’aria seria e imponente.  Sul lato sinistro e destro si aprono rispettivamente due porte. All’alzarsi del sipario Walter, un giovanotto vestito in modo ricercato ed eccentrico con una vistosa cravatta a pois,  maneggia con cura una mazza da golf.  Dalla parte opposta della sala  Bruno, jeans e maglietta nera con la scritta “suicide”,  è stravaccato sul divano concentrato su una partita alla consolle Nintendo.  Walter sistema la pallina sull’apposito sostegno e impugna la mazza.


Walter – ( Legge a voce alta dal manuale del Golf) Completate la rotazione delle spalle, e mantenete le mani rilassate con una pressione leggera durante l’intero swing. (Prova a realizzare il gesto descritto con la mazza) Dovete assicurarvi di compiere un backswing intero per massimizzare il caricamento.  (Fa roteare la mazza in aria)

Una serie di beep e suoni elettronici provengono dalla parte opposta dov’è Bruno.

Walter –  (Leggendo) La pressione delle mani rilassate vi garantirà un buon rilascio del bastone per aumentare la velocità della testa attraverso l’impatto.  (Assesta un colpo a vuoto con la mazza)

Bruno –  Quando capirai che questo non è un campo da golf?

Walter  non risponde, sistema la  pallina sul sostegno.

Bruno – Dico a te. La vuoi smettere con quel coso?
Walter –  Non è un coso. Si chiama ferro 5. Per lanci da 150 a 200 metri. C’è scritto qui sul manuale.
Bruno – Finirai col fare male a qualcuno con quel gioco idiota.
Walter   – E’ uno sport.
Bruno  – Snob e per vecchi.
Walter – Non è affatto vero.  Il golf è uno sport di concentrazione, sviluppa la forza interiore. E poi è anche ecologico.
Bruno –   Non c’è nulla di più dannoso per l’ecosistema del golf.  Sai di quanta acqua ha bisogno quello che voi chiamate green?
Walter – Hai detto acqua, mica petrolio. Il golf ha bisogno di acqua per l’erba, è vero. Se questa è una colpa, allora cosa dovremmo dire del nuoto?
Bruno -  Si direbbe che sei un attivista di green peace.
Walter –  In comune abbiamo la passione per il green. (Impugna la mazza. Riprende  la lettura del manuale a voce alta) Per un buon tiro avete bisogno di una buona velocità della testa del bastone, quindi fate uno swing deciso, ma sempre sotto controllo. (Colpisce a vuoto)
Bruno – Dovresti essere internato. Giocare a golf in salotto.
Walter – Non sto giocando! Mi alleno alla precisione del tiro. E’ molto difficile fare un buon tiro. (Ripete a memoria la lezione) Si colpisce la palla con un angolo verticale …. Così … (solleva la mazza)
Bruno – Smettila! Mi fai perdere la concentrazione.
Walter – Pensa piuttosto a concentrarti sull’ esame  di maturità. Credi di passarlo standotene sul divano tutto il giorno?
Bruno – Non ho nessuna intenzione di passarlo. Gli esami non servono a niente.
Walter – Gli esami invece servono. Se passi, vuol dire che vali qualcosa.
Bruno – Io invece non ci credo. Se valgo qualcosa, non dipende dagli esami.
Walter – Allora, non avrai mai un futuro.
Bruno – Infatti non ce l’ho. Ho appena deciso di suicidarmi.
Walter – Non è una novità.  Decidi di suicidarti almeno una volta al mese.
Bruno – Perché, tu ce l’hai un futuro ?
Walter –  Se non ti dispiace, scrivo per una rivista di arredamento. Sono un designer per interni.
Bruno – Ti pagano?
Walter – Per il momento no, ma cosa c’entra? (Si concentra e tira una stoccata  alla pallina che finisce fuori scena)

Scena 2

Entra Martine, è vestita di pelle nera, tacchi vertiginosi, capelli bianco platino. Barcolla, strabuzza gli occhi e si tiene una mano alla testa.

Bruno – Sorellina, che ti è successo?
Martine – (Gli mostra la pallina da golf) Vous avez perdu cette balle de golf?
Walter – Ah, bene, l’hai trovata?
Martine - Quel jour qu'il est aujourd'hui?
Bruno – Potresti tradurre per favore?
Martine – Traduire? Pourquoi devrais-je traduire.  
Bruno – (Al fratello) Cosa le è successo? Perché parla francese?
Walter – Cosa ne so? Forse perché ha studiato a Parigi.
Bruno -  Sì, ma ora non è più a Parigi. (A Martine) – Perché parli francese?
Martine – Mais oui. Je parle français quand je veux.  
Walter – Invece dovresti parlare italiano.
Martine – Pourquoi?
Bruno –   Perché? Ad esempio perché io non so il francese.
Martine – Oh, il y va. Est si facile.
Bruno – Se vuoi comunicare con me, e con il resto del popolo italiano, forse è meglio che ti sforzi di parlare la lingua autoctona.
Martine – Pouah!
Walter –  (sottovoce, al fratello) Assecondala. Vedrai che si stanca.
Martine – Vous savez les nouvelles?
Walter –  Che novità?
Martine – N'essayez pas de deviner?
Walter – Aspetta … no, non indovino.
Martine – Faites-moi une question.

Walter e Bruno si guardano interrogativi

Martine – Allez, je suis en attente!
Bruno –  (Le mostra le dita) Quante sono?
Martine – Ugh, vous deux idiots. (Con superiorità) J'ai un travail. J'ai été emuché par McDonald’s.  
Walter – Un lavoro ?
Bruno– (con finto entusiasmo) Da MacDonald’s?
Martine – (Orgogliosa) Département de friture.
Bruno – Il problema sarà farsi capire, prova a dire fish and chips. Fish-and-chips (ripete scandendo ogni parola).
Martine –  Frites, Français, on dit, frites.  Le français a inventé ici.
Walter – In effetti, le hanno inventate loro.
Bruno – Loro chi? Di cosa state parlando?
Walter -  Ma sì, le patatine. Le hanno inventate a Parigi. Durante la Rivoluzione francese…
Bruno – Ma lei non è mica francese.
Martine – Oui il est. Je suis né à Paris.
Bruno –  Vabbé sei nata a Parigi, ma questo è successo più di vent’anni fa!
Walter – Però ha studiato a Parigi.
Bruno –  Cosa c’entra. Un master di sei mesi non può farla diventare francese.
Martine – Il "a été une expérience fantastique!
Bruno –  Che tragedia! Ed è capitata proprio a mia sorella.  
Martine –  Ugh! Odieux.
Walter –   Ha ragione, non essere inutilmente polemico. Un lavoro è sempre un lavoro, anche da McDonald’s.
Bruno - Immagina la faccia del responsabile delle risorse umane, quando gli racconterà la storia delle patatine e della rivoluzione francese. (Canta) Allons enfants de le patatiiin …
Martine – Il ya peu d'être ridicule. Ah, je dois vous avertir que j’ai aussi trouvé une chambre dans le centre. Je ne peux pas attendre pour dire à maman
Bruno – (A Walter) Cos’ha detto ?
Walter –  Si trasferisce. Ha trovato una stanza, in centro. Deve dirlo alla mamma.
Bruno – Che coincidenza anch’io avevo da dirle una cosa.
Walter – A proposito, pensavo anch’io di parlarle stamattina. Irene ha chiesto una risposta, altrimenti dovrà affittare la stanza a un altro.
Martine – Irene? Qui est Irène?  
Walter – Irene, è la mia collega. Le si è liberato un posto letto in casa sua.
Bruno –  Avete deciso tutti di andarvene?
Martine –  Un instant, je l'ai déjà parler avec moi maman.
Walter – A dire il vero è già da qualche giorno che volevo parlarle io.
Martine – Exactement, ce qui est vieux, prenez la file d'attente.
Bruno –  Niente da fare. La mamma ascolterà prima me.
Walter – E perché mai?
Bruno – Semplicemente perché il suicidio è qualcosa di più definitivo di un posto letto o di un lavoro da McDonald’s.
Walter  – Ancora con questa storia del suicidio? A furia di scherzare farai preoccupare sul serio nostra madre, ma per la tua sanità di mente.
Bruno – No, quello è un problema  che le stai già dando tu.
Martine – Voulez-vous vraiment de se suicider?
Bruno –  Cosa?
Walter – Chiede se fai sul serio col suicidio.
Bruno – Ho dei validi argomenti per farlo. Mi sono stufato di studiare, e poi a cosa serve? Visti gli esempi che ho davanti.
Martine – Que voulez-vous dire? Je me suis spécialisé en langue française.
Bruno – Appunto. Vedo a che cosa ti serve. Friggere patate.
Martine – Vous voulez arrêter d'être aussi.
Bruno – Si può sapere perché parli francese? Siamo in Italia, la lingua ufficiale è l’italiano. Io sono italiano, Walter è italiano, tu stessa, sebbene nata in Francia, sei italiana.
Martine – Ugh!
Walter – Ha ragione. Perché continui a parlare francese?

Martine rimane sulle sue. Walter e Bruno la infastidiscono.

Bruno – Hai preso qualche psicofarmaco?
Walter - Droga?
Bruno  – Cibi avariati?
Walter – Funghi velenosi?
Bruno – Ti hanno violentata?
Walter – Sei incinta?
Martine – (Preoccupata) Je suis malade?
Walter – Fai vedere la lingua? (Martine mostra la lingua) Hai un buco!
Bruno – E’ un piercing.  Che schifo!

Martine cerca di scacciarli via.

Walter – Siamo preoccupati per te.

Martine alza le spalle

Bruno  -  Visto che dobbiamo parlare alla mamma, perché non lo facciamo tutti e tre insieme?
Martine - Une réunion de famille.
Bruno – Una cosa?
Walter – Una riunione di famiglia non mi sembra una buona tattica.
Martine – Pourquoi?
Walter – E’ da stamattina che parla al telefono con il Barone Rosso.
Bruno – Quello del vino?
Walter - Sicuramente avrà in mente altre cose: budget, accordi, contratti. Non sarà disponibile ad ascoltarci.
Bruno –  (Si accorge che sta arrivando Denise) Deve aver finito. Sta uscendo dallo studio.
Walter – Io sparisco a nord (si nasconde dietro un mobile)
Bruno – Io mi defilo a sud (si nasconde dalla parte opposta dietro al divano)
Martine  -  (Rimane da sola) Débauché!

Scena 3

Entra Denise con una bottiglia di vino in mano. E’ vestita con un elegante  tailleur dall’aria professionale,  ma con qualche elemento civettuolo.

Denise – Adesso sarà sempre più difficile procurarsi una buona bottiglia di Bourgogne. (Si versa un bicchiere di vino e lo beve d’un sorso) Che annata!

Martine – Maman, nous voulions vous parler.
Denise – Vorremmo… chi?
Martine – Moi et mes frères.
Denise – Vedo solo te. Perché mi parli in francese?

Bruno e Walter escono dai rispettivi nascondigli.

Denise – Oddio, è un’imboscata. Una Réunion de famille!
Bruno – Anche lei parla francese! Ma allora è un’epidemia.
Walter –  (A Bruno) Idiota, la mamma è francese, ed è l’unica qui dentro autorizzata a usare la lingua d’oc e d’oïl… (a Bruno) Te lo spiego più tardi. (A Denise) Mamma, dobbiamo parlare del nostro futuro.
Denise – Immaginavo qualcosa del genere. Oggi mi sta crollando il mondo addosso.
Walter – Non vogliamo complicarti la vita.
Denise – Grazie per la gentilezza ma non credo che ormai possiate rimediare, è venticinque anni che faccio la mamma a tempo pieno e nei ritagli cerco di avere un’attività lavorativa.
Bruno –  Avresti preferito essere una mamma part time?
Denise – Venite al dunque.

Martine, Bruno e Walter parlano insieme sovrapponendosi, la madre cerca inutilmente di seguirli ascoltando ora l’ uno, ora l’altro.

Martine - Je vais vivre seul, j'ai obtenu un emploi chez McDonald's. Une chose stable, il semble. Département frites. Les puces qui ils disent, mais ils sont croquants. Vous savez la suite je vais avoir un vrai travail.Bien sûr, il attend un meilleur travail, mais j'ai besoin de l'expérience, sortir de ma coquille ... Je tranquillement aller à des entrevues dans les entreprises, les écoles, des cours spécialisés vont suivre, je n'ai aucune intention de faire la friteuse pour la vie.
Walter – Vado a vivere con Irene. Ma non è la mia fidanzata, è solo una collega. Condivisione utilitaristica: lei cerca qualcuno con cui spartire le spese dell’appartamento e io invece cerco un posto dove stare. Non posso più rimanere qui. In realtà sono ormai mesi che vengo a casa solo per cambiarmi e fare la doccia. Te ne sarai accorta. Certo per i primi tempi avrò ancora bisogno di un sostegno, ehm, economico.
Bruno – Vado a lavorare in Africa. Cioè, l’idea del suicidio è sempre stata una palla. Mi sono stufato di studiare, quello sì. Cosa ci vado a fare all’università se poi mi devo trovare un lavoro qualsiasi, da un McDonald’s qualsiasi? Tanto vale che anticipo i tempi e lo cerco subito un lavoro precario. Io ne ho trovato uno in Africa. Non è proprio un lavoro, è volontariato umanitario, ma almeno mi danno vitto e alloggio. Non sopporto più di fare il mantenuto.
Denise – Stop! Un momento. Se parlate tutti insieme non capisco più niente. Ricominciate uno alla volta. (Ci ripensa) Tu Martine pensi che un lavoro da McDonald’s ti renderà indipendente, e tu Walter che andare da quella tua amica, Irene, possa essere una svolta; mentre tu, piccolo boyscout  vorresti andare in Africa! (Li guarda con studiata tenerezza) Vivere da soli, guadagnare, farvi i cavoli vostri, insomma.  D’altronde è colpa mia. Sono io che vi ho cresciuto così.  
Martine – Je voudrais avoir ma propre vie.
Denise – Mi sembra  che tu ce l’abbia una vita tua. Da quando sei tornata da Parigi esci tutte le sere e rientri nel cuore della notte, quando rientri. Lasci in giro mutande e quant’altro, mi rivolgi la parola solo per chiedermi soldi. Del resto hai sempre fatto quello che ti pare da quando hai tredici anni.
Martine – C'est vrai, mais j'ai besoin de prendre des risques en personne, faire un plan, ont des idéaux.
Denise - (A Bruno)  Perché parla francese? (Bruno alza le spalle)
Walter – Mamma, siamo stufi di fare i mantenuti a vita. Abbiamo bisogno di rischiare sulla nostra pelle, costruirci un futuro.
Denise  - Da McDonald’s?
Walter – Da McDonald’s come in Africa. Il futuro non ha confini.
Bruno – In Africa non mangiano cheesburgher’s .
Walter – Hai un concetto limitato dell’Africa.  Credi che passino le serate tutti nudi intorno al fuoco ballando al ritmo dei tamburi? Hai detto che vuoi andare in Africa? Ti farà bene fare un giretto da quelle parti.
Bruno – Non vado a fare il turista e tantomeno a lavorare in un fastfood africano.
Denise – Smettetela di beccarvi. So benissimo a che cosa aspirate. La libertà. Vi ho educato alla francese.
Bruno – Libertè, fraternità, legalitè.
Martine – Egalité!
Walter - …Ignorante.
Bruno – Sì, sì, vabbé, sono tutte questioni di principio. E a che cosa è servito?
Denise -  L’unica libertà è quella di chi  sa di non esserlo.
Walter – (Ironico) Grazie mamma,  sei sempre così saggia.
Martine – Quel ennui!
Bruno – Suicido o Africa?
Walter –  Il nostro futuro da precari incombe.
Denise – Menomale che non volevate complicarmi la vita. Allora ve la complicherò io. (Si dispone a posa da disperazione) Siamo sull’orlo del disastro finanziario. (Si versa un altro bicchiere di vino e lo tracanna d’un fiato).
Martine – Qu'est-il arrivé?
Walter – Ci hai sempre abituati ad essere forti… Spartani! …fin da quando facevamo le vacanze in campeggio.
Bruno – Più che altro ora sappiamo che avremo una madre alcolizzata.
Denise – Il nostro cliente più importante, il Barone Van Des Frozen…
Walter, Bruno (insieme) – Il Barone Rosso?
Denise – Sì, lui, mi ha comunicato che non rinnoverà più il contratto. L’agenzia si reggeva solo su quello e poco altro. Per me è come una stilettata.
Walter – Questo in termini pratici cosa significa?
Denise –   Credo che sia un dolore acuto provocato da una lama che s’insinua nella carne…
Walter – No, dicevo da un punto di vista economico.
Denise - Non lo so. Ci devo pensare, ma non potremo più permetterci tante cose, a meno di …
Walter – A meno di?
Bruno - A meno di?
Martine – A mein quoi?
Denise – (Li fulmina con lo sguardo) Riconvertire l’attività. Anzi, azzerare tutto. Ricominciare d’accapo.
Walter – E cioè?
Denise –  Cambiare totalmente genere, settore, tipo di lavoro. In fondo, lasciatemelo dire, mi ero stufata di fare le pubbliche relazione a quel cafone del Barone.  Fa anche rima. Vorrei fare qualcosa di più concreto, fisico. Un lavoro che mi coinvolga completamente. Sono una donna giovane, attiva, piena di risorse. (Si dà un certo tono) Piacente.
Bruno –  Mamma, benvenuta nel mondo dei disoccupati!
Walter – Non demotivarla.
Bruno – Perché illuderla?
Martine – Il n'est pas nécessaire de faire des prédictions.
Denise –  Vedo che stai facendo progressi con la lingua.  (Martine alza le spalle)
Bruno  – Pare che tutto a un tratto si senta francese.
Walter – Tornando alla nostra situazione, cosa pensi di fare?
Denise –  Potrei tornare a dipingere, anche se quello che mi attira di più è il lavoro fisico, ma adesso non mi viene in mente nulla di preciso.  
Walter –   Certo, le idee non ti mancano, ma dovresti chiarirti almeno il settore. Che so, industriale, agricolo, terziario, terziario avanzato …
Denise – L’importante è trovare lo stimolo giusto.
Bruno –  A una certa età non è facile cambiare lavoro.
Denise – Ma non è il mio caso. Io sono impetuosa come una ventenne, tenace come una trentenne, e ho l’esperienza di una quarantenne.
Walter – Non pensavo di avere una madre così … prestante.
Denise –  (Mostrando il sedere) Chi dice il contrario non ha palpato i miei glutei.
Martine – Maman!
Denise  - E comunque per aprire un’attività contano solo i soldi.
Walter.-  Ha ragione. Non è l’età che conta, ma i soldi.
Martine – Et où en sommes-nous trouver l'argent?
Denise – Metteremo in vendita la casa.
Walter, Bruno e Martine – Eh?  
Denise – Viste le vostre aspirazioni alla libertà,  presto sarò da sola. Andrò a vivere in un monolocale. Farò la single. Ho sempre desiderato fare la single, ma non me la sono mai potuta permettere.
Martine – N'avez-vous pas nous voir dans un studio.
Bruno – Come farai con le tue piante?
Walter –   La casa l’hai già messa in vendita cinque o sei volte ma hai sempre cacciato via gli acquirenti.
Denise –  Non ho nessuna intenzione di venderla al primo venuto.
Bruno – E al secondo?
Denise – Non provate a smontarmi, questa volta ho deciso, e nessuno mi farà cambiare idea.

Esce

Scena 4

Bruno –  Che carattere… implacabile! Chi di noi avrà preso da lei?
Martine – Vous n'avez certainement pas
Walter – Mi sento in colpa. In fondo siamo stati noi a farle prendere la decisione.
Martine – Au lieu de cela vous fera du bien.
Walter - Una vita da single.
Bruno - In realtà lei è sempre stata single. Voglio dire, con figli, cioè noi, ma senza un uomo vero.
Martine – C'est le temps qu'il est un homme.
Walter – Sì, sono d’accordo, la soluzione è un uomo.
Bruno – E papà?
Martine – Papà! Morte et enterrée (Fa un gesto esplicito).
Walter – Da venticinque anni.

Si avvicinano tutti e tre al quadro che campeggia in mezzo alla parete.

Walter - Sarebbe l’ora di sbarazzarsene.
Bruno - A cominciare  dal quadro?
Martine – C'est terrible.
Bruno – Io ci sono affezionato.
Walter – Bè, in fondo anche a me non dispiace. Ma il punto non è il ritratto.
Bruno – Per la mamma ci vorrebbe qualcuno ...
Martine - Forte, audacieuse, brillant, appliqué, intelligent.
Walter – Come papà.
Walter – Un legionario, un falsario, un navigatore, un avventuriero, un diplomatico…
Martine - Un tombeur de femme!
Bruno – Chiunque con un padre così, avrebbe un complesso di inferiorità.
Walter – Sappiamo solo che è morto vent’anni fa.
Bruno -  Quando eravamo piccoli, non potevamo capire.
Walter – Poi quando siamo cresciuti, non c’è mai stato il tempo…
Bruno – Ogni volta che si toccava l’argomento,  veniva liquidato…
Martine – Dans l'école, j'ai dit une fois mon père était un criminel nazi. (Fa il saluto nazista) Donc, personne n'a dit rien de plus (esce).


Scena 5

Entra  Denise con un cactus in mano.

Denise -  Se mi date una mano imballiamo le piante.
Bruno – Le piante?
Denise – Ho dei problemi con il rampicante.
Walter – Che tipo di problemi?
Denise – Devo sradicarlo.
Walter – Perché?
Denise – Secondo te come faccio a imballarlo?
Walter – Mamma, non puoi sradicare un rampicante. Verrà via anche l’intonaco. Lo so, sono un designer…
Denise -  Quante storie, è una pianta come le altre, solo che si ostina a rimanere attaccata al muro.
Bruno – Lo dice la parola stessa. Ram-pi-can-te. Ha bisogno di arrampicarsi.
Denise – Si arrampicherà sul muro dell’altra casa. Questa è in vendita.

Denise posa il cactus per terra ed esce.

Bruno – E’ iniziato il trasloco!
Walter – Dal rampicante?

Denise rientra, indossa un paio di guanti gialli da giardinaggio e trascina un fascio d’edera.

Walter – Mamma, non trovi che Martine sia strana?
Denise – Perché?
Walter – Continua a parlare francese.
Denise – Non c’è nulla di strano a parlare francese.
Walter – Io credo che le sia successo qualcosa. Non è normale.
Denise – Le passerà. E’ passata anche a me, che sono francese.

Entra Martine, tutti la osservano e lei si sente osservata.

Martine - Que voulez-vous de moi?
Denise – Che bell’accento parigino che ti è venuto. Tu  te crois encore à Paris?! Ah, Paris !
Martine –  Maman, pourquoi ne pas vivre à Paris!

Martine e Denise si mettono a chiacchierare in francese a ruota libera. Dai loro discorsi emergono nomi di vie, monumenti e luoghi famosi di Parigi.

Walter –  (A Bruno) Era meglio non dirle niente. Ora sono capaci di parlare per ore.
Bruno – Non so, ma questa cosa del francese non mi piace per niente.
Denise –  (Interrompendo il dialogo con la figlia) Su, su, ragazzi, non vorrete farmi fare un trasloco da sola? Intanto che strappo via il rampicante, voi cominciate a smontare il salotto. (Esce)

Bruno e Martine si guardano disarmati, poi si chinano contemporaneamente per prendere il vaso con il cactus e  cozzano l’uno contro l’altro con la testa.

Bruno – Che botta! Ti sei fatta male? (Si tiene una mano sulla testa)

Martine barcolla, strabuzza gli occhi. Si tiene la testa tra le mani.

Walter – Che le è successo?
Bruno –   Le ho dato una botta in testa.
Walter –  Tu? E perché?
Bruno – Non l’ho fatto apposta.
Walter – Come va sorellina? (Martine non risponde.  Walter si rivolge a  Bruno) In testa dove?
Bruno -  Non so, dobbiamo esserci scontrati.  Ho sentito un colpo tremendo.
Martine – (Come se non fosse successo niente) Se dobbiamo smontare il salotto, facciamolo subito, perché stasera ho un appuntamento.
Walter – Ma tu parli italiano!
Bruno - …italiano…
Martine – Non trovare delle scuse.  Forza, dammi una mano.
Bruno – (A Denise) Hai sentito, parla italiano!
Denise –  (Entra con un altro fascio d’edera) Si capisce che parla italiano. Mi sembrate un po’ strani ragazzi. Vogliamo darci una mossa tutti quanti?
Walter – (Alla madre) Mamma, stai inutilmente precipitando le cose.  Mettere in vendita una casa non vuol dire averla già venduta.
Denise – Oggi verranno degli acquirenti. Praticamente l’affare è già concluso.
Walter – Hai già deciso un prezzo?
Denise – No, ma sarà un prezzo onesto.
Bruno – L’onestà non è mai la caratteristica di un prezzo.
Martine – Io la venderei cara.
Bruno – A quanto ne so invece la dai via gratis.

Martine cerca di dare una sberla a Bruno che scappa ghignando. Si rincorrono. Breve colluttazione.
 
Walter –   (Si guarda in giro) E da cosa cominceresti?
Denise – Dalle piante, è ovvio.
Walter – Ci sono tante cose da imballare, mamma. Le piante, a rigor di logica dovrebbero essere  le ultime.
Denise -  La logica non mi è mai piaciuta. Roba da geometri. Io ragiono in un altro modo. Penso prima alle cose che ritengo importanti. Le piante ad esempio. Domande?
Walter –  In realtà avevamo una cosa da chiederti.

Martine, Bruno e Walter fissano Denise che cerca di districare con un certo nervosismo  il fascio d’edera.

Denise –  Che aspettate? Sentiamo.
Walter – Prima di dedicarci al giardinaggio, volevamo che tu ci chiarissi una volta per tutte chi era nostro padre.
Denise – Adesso? Nel mezzo di un trasloco?
Bruno – Non siamo ancora in fase avanzata, per ora hai solo sradicato l’edera.
Walter – E poi, mamma, forse dovremmo aspettare di venderla la casa. Non ti pare logico?
Denise – Per favore non usare quella parola. Lo sai che mi irrita. Comunque ve l’ho detto  ho già degli acquirenti. (Non sono una che perde tempo.)
Martine – Benissimo, se abbiamo tempo… Possiamo parlare di papà.

Martine si siede sul divano seguita da Walter e Bruno. Sulle loro teste campeggia il ritratto del signor Brambilla. Dopo un attimo di tensione Denise, suo malgrado, li raggiunge e siede in mezzo ai figli sul divano.

Denise – (Riferendosi al ritratto) Come sarebbe felice se fosse qui tra noi.
Martine –  (Si volta  a guardarlo) Era molto bello.
Denise – E’ sempre stato molto bello.
Bruno – Gli somiglio?
Denise – E’ normale che i figli somiglino al padre. Soprattutto tu, caro.
Walter – Bruno? Non mi pare.
Denise – E’ innegabile, gli stessi occhi, la stessa fronte.
Martine – Papà era un uomo d’affari?
Denise – Certo. Era negli affari. Eccome.
Walter – Che tipo di affari?
Denise – Sai, gli affari … (Si alza, innervosita)
Martine – Una volta ci hai detto che aveva un ufficio anche a Parigi.
Walter – Se è per questo uno anche a New York.
Bruno – Mi ricordo che mi hai raccontato che sei andata con lui in Africa..  
Martine –   Ci hai detto che era un grande viaggiatore, un tipo avventuroso.
Bruno – E’ vero che andava a cavallo?
Walter – Un uomo d’azione. Un grande sportivo.
Martine – (Si alza e raggiunge la madre) Ah, essere amata da un uomo del genere! Essere la moglie di un eroe.
Denise – Non esageriamo, piuttosto un gentleman. Walter gli somiglia molto.
Walter  – (Si alza e le raggiunge) Ma se hai appena detto che assomigliava a Bruno.
Denise –  (Confusa) Ho riflettuto.
Bruno –  (Si alza in piedi sul divano) Se sapeva andare a cavallo … (balza verso di loro) magari era un militare.
Walter – Uno stratega?
Martine – Un trafficante d’armi?
Bruno – E’ stato rapito dai guerrieri Masai?

Denise sotto le domande incalzanti dei ragazzi arretra leggermente, si lascia cadere su una poltrona e comincia a piangere.

Denise –  Non posso più aspettare. Siete grandi e avete il diritto di sapere. (Li guarda con circospezione). Però prima devo dirvi che  non è stato facile. So io le notti che ho passato a piangere. E le figuracce con le maestre. Gli escamotage con le altre mamme, i sotterfugi. Non so proprio come abbia fatto. A volte penso che avrei potuto fare l’attrice o l’illusionista, magari anche il clown. (Prende gusto al racconto) Mia nonna me lo diceva che avevo la stoffa per fare l’attrice, peccato che invece mi sia persa a fare altro. Vi ho mai raccontato di quella volta alla recita del liceo?
Martine – Mamma! Vieni al punto.
Denise – (Improvvisamente afflitta) Sono una bugiarda.

Martine, Walter e Bruno si guardano attoniti.

Denise – (Con grande imbarazzo) Per tutti questi anni vi ho raccontato solo delle fandonie. Vostro padre non è mai esistito. Cioè, non è uno, ma sono tre.

I figli si guardano esterrefatti, guardano la madre.

Walter – .. tre?

Denise – Uno ciascuno, è ovvio.
Bruno –  (Rompendo l’imbarazzo) Meno male. Ho avuto paura che dicessi che non sei nostra madre.
Martine – Meglio tre che nessuno.
Walter – Ora si capisce come mai i tuoi racconti su nostro padre erano così … sfuocati. Perché erano tre.
Bruno – E quello allora? (Pausa ad effetto) Chi è? (Indica il quadro)
Denise –  (Riprendendosi, con grande indifferenza) Un’occasione. L’ho trovato a Parigi, al mercatino delle pulci, aveva un aspetto così autorevole, familiare. Mi è sembrato che potesse essere un buon padre.
Martine – (Va ad abbracciare la madre che è rimasta seduta sulla poltrona) Ho sempre saputo che eri una donna piena di risorse.
Walter – (Si aggiunge all’abbraccio) Una madre eccezionale!
Bruno – (Li raggiunge) E a volte anche un padre.
Denise – (Si alza liberandosi dagli abbracci) Ah, non sapete che peso mi sono tolta. Adesso potrò ancora guardarvi negli occhi, senza vergognarmi.
Bruno –  Ti vergognavi? Non me ne sono mai accorto. In genere il tuo sguardo è di quelli che incenerisce.
Martine – Ma allora di chi sono figlia?
Walter – Voglio sapere tutto di lui.
Bruno – Anch’io, muoio dalla curiosità.
Denise – Non è facile.  Potete capirmi. Sono passati tanti anni.
Bruno – Poche storie mamma. Vuota il sacco.
Denise – Ti proibisco di parlarmi con quel tono!
Martine – Mamma, siamo tutti un po’ ansiosi.  
Walter – Bruno è uno zotico, ma in questo momento interpreta benissimo il nostro stato d’animo. Vuota il sacco mamma!
Denise – E va bene. Stasera mi volete proprio stendere. Non bastava il Barone Rosso e la vendita della casa, adesso devo anche tirare fuori gli scheletri dall’armadio.
Bruno – Li tieni nell’armadio? Povero papà.
Martine – Stai zitto!
Walter – Un po’ di rispetto per tuo padre.
Bruno – Ma se non so neanche chi è?
Denise – Poveri bambini miei. Non dev’essere facile scoprire che il proprio padre non è il proprio padre, ma solo un quadro. (Coglie la perplessità nei loro sguardi)  E’ meglio che vi spiego tutto dall’inizio. Sedetevi. (si siedono tutti e tre sul divano) Duccio è stato il primo. Allora era un promettente giovane cuoco e adesso so che fa lo chef in un ristorante chic. Non fa rima ma mi piace lo stesso. Era un uomo ricercato, alto, elegante. (Guarda Walter) Sì, ti assomigliava, portava anche lui sempre la cravatta.
Walter – E dove lo hai conosciuto?
Denise -  A Firenze, durante un catering aziendale.  Lui lo chiamava hatering, con la c aspirata, alla toscana. Era così ruspante.  La prima volta ci siamo baciati sotto il tavolo. Lo amavo troppo, è stato per quello che sono fuggita.
(Guarda Martine) Poi, dopo la fuga e la nascita di Walter, in una notte ad alto tasso etilico ho conosciuto Michel.  Mi ha letteralmente stregata con una bottiglia di Bourgogne. Quella sera sono stata anche male di stomaco. Ma ero follemente innamorata di lui,  quei suoi modi gentili, quel suo carattere riservato e ombroso, quei momenti inaspettati di gioia: era imprevedibile quando tirava il collo a una bottiglia di Château Haut-Brion.
Martine – E poi cosa è successo? Perché sono nata a Parigi?
Denise –  Ho pensato che era l’occasione per tornare alle mie origini. Così ho seguito Michel d’istinto e ci siamo trasferiti a Parigi, in Boulevard San Germain, dove sei nata tu. Ma prima abbiamo girato in lungo e in largo tutte le cantine d’Italia.
Martine – (Si alza) Ma insomma, papà era un alcolista o cosa?
Denise – Certo che no! Era un cultore del vitigno. Un sommelier. Aveva un grande talento. Credo che oggi sia considerato una specie di artista.
Martine – Quindi, non hai perso i contatti?
Denise – Mai più visto. Ma ogni tanto leggo su qualche rivista il suo nome. Michel, Michel… Tire-Bouchon.
Martine – (Perplessa) Cavatappi?
Denise - Era il suo soprannome.
Bruno – E io? Ora tocca a me. Chi era papà?
Denise –  Il tuo? Tuo padre l’ho conosciuto in un viaggio ferroviario sulla tratta Milano/Marsiglia. (Sorride) Si chiamava Alì, mi ha detto che veniva dall’Algeria, aveva un fisico robusto e atletico, un sorriso chiaro e una pelle d’ebano.
Bruno – Un uomo di colore? (Si alza raggiungendo la madre) Ma allora sono mulatto! Sono mulatto?
Denise – A dire il vero sei pallido come un morto. Hai fatto colazione stamattina? Dovresti mangiarti anche una banana, voi ragazzi non mangiate mai abbastanza frutta …
Bruno – Non divagare. Stavi dicendo di papà.
Denise – C’è poco da dire su tuo padre. Lo conoscevo appena.
Bruno – Bè, ma era mio padre. Com’è possibile che lo conoscessi appena?
Denise – Non fare l’ingenuo. E’ stato un rapporto, per così dire occasionale.  
Bruno – In che senso?
Denise – Beh, praticamente … una botta e via.
Walter – Mamma!
Denise - Sapevamo tutti e due che era solo un’avventura ferroviaria.  Ci siamo fatti un sacco di risate. Raccontava delle barzellette irresistibili. Ad esempio quella del negro ubriaco in una piscina di squali. La conoscete?
Martine – Mamma!
Denise (a Bruno) – La sai?
Bruno – No.
Denise – Un negro ubriaco si butta in una piscina con uno squalo. (Si blocca, poi scoppia a ridere) Oddio, non mi ricordo come va a finire.  Ma vi assicuro che faceva morire dal ridere. (Si ricompone) Adesso però si è fatto tardi e domani sarà una giornata campale.
Walter –  E il ritratto di papà? Cioè, quello finto. Cosa ne facciamo?
Denise – Non serve più. Possiamo anche buttarlo. (Ci pensa sù) Anzi, no. Lasciamolo ai nuovi inquilini, in fondo è di casa. E poi, dovrò abituarmi a fare delle rinunce, non potrò certo portarmi tutto nel monolocale. (Esce)


Scena  6

Bruno –  Ora mi è tutto chiaro. I suoi silenzi, la difficoltà a spiegare, l’imbarazzo per certe domande. Credo di averlo sempre saputo del quadro. Ma certo non avrei mai immaginato di avere un padre di colore.
Walter - Non farne una questione personale. Siamo tutti e tre nella stessa situazione.
Martine – A me quel quadro non è mai piaciuto.
Walter – Hai ragione, è veramente orrendo. Come abbiamo potuto tenercelo in salotto tutti questi anni. Ma ora … rien ne va plus…
Bruno –  (Lo guarda male per la frase in francese) Già. Meglio così.
Walter –  Sapete cosa vi dico? Siamo degli egoisti.
Martine – Perché?
Walter – E’ giusto rivendicare libertà e indipendenza, è giusto volere sapere la verità sul proprio padre. Va tutto bene, ma nostra madre non può ritirarsi a vita monacale in un monolocale.
Bruno - Fa anche rima.
Walter – Una donna piena di risorse, effervescente come lei. Dovrà rinunciare alle sue abitudini. I thé del pomeriggio, gli aperitivi, le partite a canasta, il giardinaggio. In un monolocale non c’è spazio per niente. Eppure sembra che il cambiamento per lei sia quasi una liberazione.
Bruno – Forse lo è. Ma in senso definitivo.
Walter – Vuoi dire che potrebbe esserle fatale?
Martine - L’inizio della fine. Povera mamma!
Bruno – Tu pensa alle sue manie di grandezza, comprimile in un monolocale e avrai una situazione esplosiva.
Martine – Depressione.
Walter – Malattia.
Bruno – Lenta agonia.
Martine – No, no. La vita da single non fa per lei. Dobbiamo aiutarla.
Walter – Hai ragione. E’ un periodo difficile per lei. Rimarrà sola, senza la casa in cui ha vissuto,  e anche senza più un marito da ricordare.
Bruno – Non ha mai avuto un marito da ricordare. Quello che aveva, era un quadro. Che ricordi vuoi che avesse? I ricordi di un quadro?
Walter – Comunque era qualcosa a cui aggrapparsi. Ora non ha più nessuno. Il marito, la casa, i figli ha perso tutto. Non vi sembra troppo in una volta sola?
Martine – Sapete di cosa ha bisogno la mamma?
Bruno – Un prestito?
Martine –  Un uomo.
Walter - In fondo, la mamma non ha mai avuto una vera relazione.
Bruno – Di sicuro almeno tre.
Walter – Ma quelle sono state avventure.
Martine - Dobbiamo trovarle un marito vero.
Bruno – Tre mariti, piuttosto. Vista la sua inclinazione.
Walter –  (Guarda il fratello come avesse avuto un’illuminazione) Geniale! E’ un’idea geniale.
Bruno - (guarda Martine senza capire) Geniale? Geniale, cosa? Che idea?
Walter –  Ma sì! Provate a riflettere. Perché ci ha raccontato solo ora dell’esistenza di questi uomini?
Martine – Si è sentita in colpa.
Walter – No. Perché vuole una chance.
Martine – Una chance?
Bruno  – In che senso, una chance?
Walter – Non credete agli eterni ritorni? All’amore circolare? Alle ossessioni ricorrenti?

Bruno e Martine lo guardano poco convinti

Walter – Dobbiamo studiare un modo per farli venire qui tutti e tre, e metterli l’uno di fronte all’altro. Una seconda chance, capite?
Martine – Una seconda chance? Non è una cattiva idea.
Bruno –  A me sembra pessima.
Walter -  La chiameremo la cena del déjà vu.
Martine  -  Déjà vu…   la cena dove scoprirà di essere ancora innamorata di uno di loro.
Walter – O di tutte e tre.
Bruno – Sarebbe troppo.  Vivere in un monolocale con tre uomini. Lo escluderei.
Martine – Non fare il disfattista.
Walter - L’idea è buona, va solo perfezionata.
Martine – Conoscerò mio padre. Eccitante!
Walter – In effetti anch’io vedrò in faccia il mio vecchio per la prima volta.
Bruno –  Dicono che prima o poi, per crescere ti devi liberare del padre. Qui invece i padri si moltiplicano.
Walter – Perché tu non sei curioso di conoscere il tuo?
Bruno – Non so se ho veramente voglia di avere un padre di colore.
Walter –  Smettila di essere razzista. Adesso dobbiamo pensare a nostra madre.
Martine - Credo che l’idea di Walter sia la migliore.
Bruno –  L’eterno ritorno? L’amore circolare? Le ossessioni ricorrenti?
Martine –  Sì. Invitiamoli tutti e tre a cena e vediamo cosa succede.
Walter – Ma come? (Riflette) Se tu fossi padre senza saperlo e ricevessi un invito da un figlio, che non sai di avere, accetteresti?
Martine – No.
Walter – Certo che no! E allora non potrà che essere nostra madre a invitarli.
A sua insaputa, naturalmente.

ATTO SECONDO

Scena 1

Il soggiorno di casa Brambilla. Siamo in pieno trasloco. I mobili sono stati coperti con lenzuola e gli oggetti e i soprammobili imballati. Sulla parete è rimasto appeso solo il grande ritratto del signor Brambilla. Per la stanza, distribuiti un po’ dovunque, una serie di scatoloni.  

Entra Walter seguito da Bruno con una scala. Per tutto il tempo Bruno rimarrà con la scala sulla spalla, muovendola in modo rischioso.

Bruno -  Avevo appena ritrovato un padre e ora l’ho perso.
Walter – Ma, ne sei proprio sicuro? (Cerca di prendere la scala, ma Bruno non la lascia)
Bruno –  Sicurissimo. L’articolo parlava di una vittima di nome Alì. Un disastro ferroviario avvenuto venti anni fa. Mio padre si chiamava Alì e vendeva bibite su quel treno.
Walter – Mi spiace. (Prova inutilmente ad afferrare la scala, ma Bruno si muove all’ultimo momento) Ma infondo, non lo conoscevi nemmeno.
Bruno – Non potrò mai perdonarmi di non averlo conosciuto.     
Walter – Devi cercare di superare, non serve a niente abbattersi.
Bruno –  Ma io non sono abbattuto. Sono preoccupato per le conseguenze.
Walter – Le conseguenze di cosa?
Bruno – Sono orfano di un padre negro.
Walter – Hai paura dei pregiudizi degli altri?
Bruno – No, dei miei.
Walter – Non sarai mica razzista sul serio? (Bruno abbassa la testa) Oddio, sei razzista!
Bruno –   Cos’è che ci spinge ad essere razzisti? La disoccupazione? La tv? La mancanza di valori cristiani? La paura dell’uomo nero?
Walter -  Ma come puoi essere razzista, oltretutto, essendo suo figlio …
Bruno –  Lo so, la mia è una contraddizione insanabile.
Walter –  Smettila di essere paranoico e soprattutto smettila di essere razzista.
Bruno – Il presente è incerto per noi di colore e non vedo futuro.
Walter - Se non lo vedi, te lo dico io, almeno quello a breve termine: tra poco arriverà l’incaricato dell’agenzia con l’acquirente. Dobbiamo liberare il soggiorno e tutta la libreria. Senza contare che stasera saranno qui i nostri padri. Cioè, il mio e quello di Martine. (Bruno si rabbuia) Oh, dai, smettila, devi fartene una ragione.

Entra Martine.

Martine – Perché quella faccia? Che cosa gli è successo?
Walter – Suo padre non verrà.
Martine – Perché?
Bruno – Non ho più un padre. Anzi, non l’ho mai avuto.
Walter –  Un incidente.
Martine – Un incidente?
Walter –  Suo padre è morto in un disastro ferroviario.
Martine – Oh, che disgrazia!
Walter – E’ successo vent’anni fa.
Martine –  Ah, che spavento. Pensavo fosse successo oggi.
Bruno – Per me è come se fosse appena successo.  (Va alla libreria, posiziona la scala e ci sale sopra)
Martine – Venti anni fa? Ma non eri ancora nato.
Bruno – Non ho mai avuto un padre.
Martine - (A Walter) L’ha presa malissimo.
Walter – Speriamo che non degeneri, sarebbe capace di rovinare la cena di stasera! A proposito, che cosa mangiamo?
Martine - Hai fatto la spesa?
Walter – Io? Dovevi farla tu.
Martine – Ti sbagli. Toccava a Bruno.
Walter – Bruno!
Bruno – Avevo altro a cui pensare che fare la spesa.
Martine – Mi chiedo se abbiamo fatto bene a organizzare questa cena.  
Walter – La mamma ci ucciderà con le sue mani quando lo saprà.
Martine - Quando lo saprà, sarà troppo tardi.
Bruno – (Comincia ad oscillare sulla scala per attirare l'attenzione) Il vuoto mi attira. Ma non è solo la legge di gravità. (Si sporge platealmente)
Walter – Non fare lo stupido. Scendi da quella scala.
Bruno – Un’altra oscillazione ed è fatta. Ci vuole poco a farla finita
Martine – Da quell’altezza al massimo ti rompi un piede.
Walter - (Raggiunge Bruno) Visto che sei sulla scala, incomincia a passarmi i libri.
Bruno – No.
Walter – Dobbiamo svuotare la libreria. E in fretta, anche.
Bruno – Ho le vertigini.
Walter – E allora scendi.
Bruno – No.
Walter – Sei proprio un inetto
Bruno –  E tu cosa ti credi di essere, con quel cravattone!
Walter – Cravattone?
Bruno – Ti sei mai guardato allo specchio? Nessuno sano di mente porterebbe una cravatta con quei pois!
(Martine - (La guarda da vicino) Sono dei pois?)
Walter – Sono degli sferoidi. Il pois è morto. …come tuo padre!
Bruno – Lo sentite? Il pois è morto! Morte ai pois, evviva i pois!
Martine – Uffa che noia! Certe volte vorrei essere figlia unica.
Walter – Invece di declamare, ti decidi a passarmi i libri?
Bruno – (Prende alcuni volumi dalla libreria) Oggi prevale la mia parte distruttiva. (Comincia a gettare i libri in aria)
Walter – Cosa fai? Sei ammattito?

Martine si rifugia dietro al divano

Bruno - Via! Anche questo. Via! E quest’altro. Via!
Walter – Pensi di risolvere qualcosa facendo queste scenate?
Bruno – Perché tu hai una soluzione migliore? (riprende a lanciare libri)

Walter è colpito da un libro. Lo raccoglie e glielo tira a sua volta. Iniziano a colpirsi reciprocamente,  fino a quando un grosso libro finisce dietro al divano proprio dove si è nascosta Martine.

Martine riemerge da dietro al divano con il libro in mano: barcolla, strabuzza gli occhi.

Suona il campanello

Martine – Ils ont sonné. Quelqu'un va à la porte. (Esce)
Walter – Hai visto cosa hai fatto? Adesso ha ricominciato con il francese!
Bruno - Io non ho fatto niente.

Ancora il suono del campanello.

Denise – (Urlando dall’altra stanza) Dev’essere il maggiordomo.
Qualcuno vuole andare ad aprire?

Bruno – Da quando abbiamo un maggiordomo?
Walter – La mamma lo ha chiesto in prestito ai vicini, per il trasloco.  (A Bruno) Vai tu ad aprire. (Esce)
Bruno – Perché io? Sempre io, sempre io!  No, non apro.  (Scende dalla scala ed esce)

Il campanello continua a suonare.
Scena 2

Entra un uomo, Michel,  brizzolato, giovanile, vestito in modo elegante e ricercato. Ha un mazzolino di fiori in mano.

Michel – Excusez-moi, posso entrare? La porta era aperta.

Denise – (Fa capolino dall’altra stanza) Adesso sono da lei. Incominci pure.

Michel non capisce. Osserva incuriosito il grande ritratto rimasto appeso alla parete.

Denise – (dall’altra stanza)  Il metro ce l’ha?

Michel si guarda intorno.

Denise - (dall’altra stanza) Cominci a prendere le misure del soggiorno.

Michel non sa cosa fare. Rimane immobile.

Denise – Quanto è lungo?

Michel guarda sconsolato il soggiorno.

Denise – Fatto? Adesso prenda la larghezza.

Michel prova a muovere qualche passo verso la direzione della voce.   

Denise – (Entra Denise è vestita con una vestaglia a fiori che continua ad aprirsi e una retina per i capelli, ha in mano un metro di quelli rotondi da architetto. Senza degnare Michel di uno sguardo si dirige dall’altro lato della stanza) Ha preso le misure?
Michel – Veramente .. io
Denise – Tra poco arrivano quelli dell’agenzia. Forza, venga qui.  Prenda il metro. Si metta in linea. Lo tenga fermo. (Denise si sposta con il metro per andare altro capo della stanza, la vestaglia si apre. Si ferma e si sistema la vestaglia. Michel fa un passo indietro) Cosa fa? Indietreggia? Ma è capace di tenerlo con due mani? Dia qui. (prende i fiori che Michel ha ancora in mano e li butta nel cestino) Prenda nota … larghezza … lunghezza …. Stia fermo che la raggiungo. Adesso giri. Si fermi. Giri ancora. Dunque … ma sì, dovrebbe essere più largo che lungo. Sebbene sembri più lungo che largo. Adesso lei venga verso di me. (Michel indietreggia verso il centro contemporaneamente a Denise. Si trovano spalle contro spalle. Si girano. Per la prima volta Denise lo guarda in faccia. La vestaglia le si slaccia di nuovo)

Denise – Ma lei non è il maggiordomo? (Si chiude la vestaglia)
Michel – No.
Denise – E allora chi sarebbe?
Michel – Sono così cambiato che non mi riconosci?
Denise – Ci conosciamo?
Michel – Parigi, rue de la Cotenne …
Denise – (Lo valuta, poi improvvisamente lo riconosce) Parbleu! Sei tu?
Michel – Exactement!
Denise - Michel?
Michel -  Oui, Michel, in carne e ossa. Forse un po’ flambè, ma questi treni italiani sono dei veri forni. (Allarga le braccia e fa per abbracciare Denise)
Denise – (Ritraendosi) Oddio, devo essere impresentabile.
Michel – Sei bellissima. Con quell’aria da casalinga.
Denise – Casalinga? (Si rende conto di avere la retina in testa) Oh! (Toglie la retina e si allaccia la vestaglia)
Michel –  Sì, ma di classe.
Denise – (Lo guarda meglio) Sei proprio Michel, e non sei cambiato affatto. Sei quasi lo stesso.
Michel – Quasi?
Denise – Sì, solo un po’ brizzolato. Sembri un vero monsieur.
Michel – Tu invece sei uguale.
Denise – Non riesco a crederci, dopo tanti anni. Come hai fatto a trovarmi?
Michel – Mi hai mandato l’indirizzo.
Denise – Davvero? E quando? (Senza dargli il tempo di rispondere) Ma siediti, te ne stai lì impalato come un manichino.
Michel - (Si guarda attorno) Ci sono stati i ladri?
Denise - Stiamo facendo il trasloco.
Michel – Ah, è per questo …(Fa cenno allo scempio di libri sul pavimento)
Denise – Ho messo in vendita la casa.
Michel – E’ un peccato. E’ una casa che ti si adatta molto. Decadente, raffinata e caotica. Come te.
Denise – Dovrò adattarmi a vivere in un monolocale, invece.
Michel – Non ti vedo in un monolocale.
Denise – Lo so, è un pensiero anche per me. Ma devo farlo. (Prende un lungo sospiro) Aspetto degli acquirenti.  Dovrebbero essere già qui. (Lo fissa) Incredibile. Ma quanto tempo è passato?
Michel –  Sì, è passato tanto tempo. Allora eri come un Bordeaux Primaire, ma adesso, sei matura. Hai più corpo, più gradazione.
Denise – Una vecchia botte un po’ sfasciata, vuoi dire.
Michel – Vuoi scherzare? Una bottiglia di Bourgogne! …Sapore intenso e morbido, profumi di muschio e bouquet di bosco. (recupera il mazzolino di fiori, sta per porgerglielo …)
Walter – (Dall’altra stanza) Mamma! Sei andata ad aprire?
Denise –  (Si volta) Sì.
Walter – Chi era?
Denise – Nessuno. (Fa segno a Michel di non intervenire) Cioè, uno…
Bruno – Chi è venuto?
Denise –  … il maggiordomo (ridacchia)
Michel – Chi sono? I tuoi figli? Sei sposata? Io non so niente di te.
Denise – E io di te. Mi devi ancora dire come diavolo sei capitato qui.

Suona il campanello.

Denise – Oddio, dev’essere l’acquirente. (Fa per andare alla porta quando squilla il telefono)
Martine – (Dall’altra stanza) Le téléphone!
Denise –  (Si blocca, torna indietro, e va a rispondere al telefono rimanendo di spalle) Alò, chi è? … Pronto. Ma chi parla? (Pausa) Non capisco.

Suona ancora il campanello

Denise – (A Michel) Puoi andare ad aprire? Inizia a fargli vedere la casa.
Michel –  Oui! (Ironico) Sono o non sono il maggiordomo! (Va verso la porta sempre tenendo in mano il mazzolino di fiori)
Denise – (Al telefono) Algeri? (Pausa) Certo, io sono in Italia. Con chi parlo per favore?

Scena 3

Mentre Denise è al telefono entra un uomo (Duccio) anche lui con un mazzo di fiori in mano. Si guarda intorno, vede Denise, sta per andarle incontro ma Michel lo ferma con un gesto della mano.

Duccio –  La porta era aperta.

Il dialogo tra i due uomini avviene in contemporanea con la telefonata di Denise.

Michel – (Nascondendo il mazzolino di fiori dietro la schiena) La signora arriva subito. Mi ha detto di farle vedere la casa.
Duccio - Un domestico?
Michel – Un amico.
Duccio – Ah, un amico, certo, l’ho presa per un domestico, ah, ah, ah! Senza offese. Anch’io potrei definirmi un amico. Anche se di vecchia data. Lei è straniero?
Michel – Oui. Francese.

Si fermano tutti e due  a guardare il quadro di Brambilla.

Duccio – E’ un ritratto. Di chi?
Michel – Non so. Del marito forse.
Duccio – Denise è sposata?
Michel – Deduco di sì.
Duccio - Lo deduce o lo sa?
Michel – Perché non  dovrebbe essere sposata?
Duccio – Il mondo è pieno di persone single. Io ad esempio.
Michel – Motivi fiscali?
Duccio – Perché me lo chiede?
Michel – Di solito sono problemi legati.
Duccio – A cosa? Non la seguo.
Michel – Sarà perché sono francese?
Duccio – Non credo.
Michel – Non crede che io sono francese?
Duccio – (Esausto) Non ci capiamo.
Michel - Forse mi sfugge qualche sfumatura della lingua. Le lexique. Les vocables. La syntaxe.
Duccio – Venga al dunque. Cosa vuole da me?
Michel – Le faccio vedere la casa?
Duccio – La casa? Perché?
Michel – Intanto che aspettiamo Denise.
Duccio – Non si senta in obbligo. Posso aspettare anche da solo.

Denise – (Al telefono) No, non ho fatto nessun telegramma. (Pausa) Neppure telefonato. A chi, poi? (Pausa)  Una mail? Si sbaglia di grosso. Non so neanche usare il computer.

Michel – (Riferendosi alla casa) E’ un tantino decadente, ma chic.  
Duccio –  (Riferendosi a Denise) Decadente? Ah, sì, è sempre stata originale. Avrebbe dovuto frequentarla qualche anno fa. Ha presente i figli dei fiori?
Michel – (Continuando nell’equivoco) Fiori? Ne ha sul davanti. E comunque anche la zona dietro … se vuoi trasformare...
Duccio –  Sì, sì, ha sempre avuto questa capacità di trasformarsi.  Davanti e di dietro ah, ah.
Michel – Posso dare un consiglio: provi a passarci una notte.  
Duccio – Ma le sembra il caso?
Michel – Perché no?
Duccio – Io non mi scandalizzo affatto,  ma un domestico dovrebbe contenersi.
Michel – Le ho detto che non sono un domestico!
Duccio – Si prende troppa libertà lo stesso

Denise – (Al telefono) Alì? E chi sarebbe? (Pausa) Mi spiace, io non conosco nessun …. Oddio! Ali? (Pausa) Sei proprio tu? (Pausa) Sì, sono Denise. (Pausa) Ma dai, Alì! E, comment ça va? Oh, oui! est délicieuse. Ah, est formidable … (la conversazione telefonica va avanti in francese)

Michel – (Lo guarda con un certo disappunto) E come è venuto a sapere dell’occasione? Tramite agenzia?
Duccio –  Ah, ah, ah, lei è una persona di spirito. Devo ammetterlo.
Michel – In Francia in genere si fa così.
Duccio – Davvero?
Michel – Ma sì, parbleu.  
Duccio - E funziona?
Michel – Perfettamente.
Duccio – Ah, i francesi!  Adoro i francesi.  Ah, ah, ah.

Denise – (Al telefono, riprende a parlare italiano) Cosa vuol dire che non vieni? (Pausa) In che senso? Dovevi venire? (Pausa) Io? (Pausa) No, io non faccio nessuna festa. Ma non ci penso nemmeno. Non avrei le energie. (…)

Michel - Passiamo al compromesso.
Duccio – Nessun compromesso. Io sono una persona senza mezze misure. Prendere o lasciare. Ah, ah, ah!
Michel – Ma ha idea di quanto valga?
Duccio –   Molto. Moltissimo. Anzi, credo che non sia per niente invecchiata.
Michel – Ma è d’epoca.
Duccio – Ah, ah, ah, d’epoca. Questa è bella. Uno strano modo di esprimersi, ma molto efficace. In effetti possiamo definirci tutti… d’epoca. Ah, ah, ah!

Denise – (Al telefono) Lo so. Anche per me il tempo passa. Passa per tutti e noi diventiamo vecchi. (Pausa) Dodici figli?  Però! (Pausa) Sì, anch’io ho dei figli. (Pausa) Nooo. (Pausa). Tre sono più che sufficienti.

Michel –  (Infastidito) Stabiliamo il prezzo?
Duccio – Adesso però esagera! Ma per chi mi ha preso?
Michel – Meglio chiarire subito il prezzo.
Duccio – Io sono chiarissimo. Del resto non credo affatto che Denise possa farlo per denaro.
Michel – Se non per denaro, perché darla via?
Duccio – Lei si esprime come un camionista. Ah, ah, ah. Mi fa morire. Ma dove le trova certe battute?
Michel – Parlare con lei è disarmante.  
Duccio – No, no, sono io ad essere impressionato dal suo straordinario senso dello humor. E’ sicuro di non essere il domestico? Ah, ah, ah

Denise -  (Al telefono) Ah, aspetta. Mi devi perdonare. E’ una stupidaggine, lo so. Una curiosità da nulla. Ma è da ieri che mi tormenta una cosa. La barzelletta, quella del negro ubriaco. Come finiva?

Michel – Venga al dunque.
Duccio – Cioè?
Michel – Non amo le trattative estenuanti.
Duccio – Anch’io. Anzi, vorrei che lei mi lasciasse in pace.
Michel – Allora, concludiamo?
Duccio – Finalmente l’ha capita!

Michel non accenna a muoversi. Si osservano.

Duccio – E’ ancora qua?
Michel – Ha detto che vuole concludere. Aspetto l’offerta.
Duccio – Si levi dai piedi, per favore.
Michel – Mi scusi?
Duccio – Non ha colto la sfumatura della lingua? Ho detto di togliersi dai piedi. Via, sciò!
Michel – Insomma, vuole comprarla o no?

Denise -  (Al telefono) Ah, sì, e poi?  Ah, ah!  Come?  Non sento più niente. Pronto, pronto !… Dev’essere caduta la linea ….


Michel - (Irritato) Davvero non vuole comprare?
Duccio - Mi sta infastidendo con la sua insistenza.
Michel – Cosa è venuto a fare allora?
Duccio – Si dà il caso che sia stato invitato.
Michel – Senta, lo dica con chiarezza che non vuole comprare.
Duccio – Ma lei è spudorato.
Michel – E lei è un millantatore, un …

Scena 4
.
Denise sente i due uomini discutere, riconosce Duccio dall’altra parte del soggiorno e soffoca un urlo.

Denise – …Duccio! Non ci posso credere.
Duccio –  (Le va incontro) Ah, ah, ah, Denise. Finalmente! (Le dona platealmente il mazzo di fiori)
Denise – Bellissimi! Grazie. (Michel guarda il suo misero mazzetto di fiori e lo getta nel cestino)  
Duccio – Simpatico il tuo domestico. Non me la dà a bere che è un tuo amico.
Denise – Ah, sì, il maggiordomo! (ride alludendo al suo equivoco) Ma cosa ci fai qui? Che sorpresa!
Duccio – Bugiarda! Non dirmi che ti sei dimenticata?
Denise – Dimenticata? Di cosa?
Duccio – Prima mi inviti e poi ti dimentichi?
Denise – Come avrei potuto invitarti. E’ da vent’anni che sei sparito.
Duccio – A parte il fatto che sei stata tu ad andartene.
Denise – Sciocchezze. Io tu, che importa.
Duccio – Ho ricevuto un messaggio.
Denise – Anche tu? E’ un complotto.
Duccio – Lo giuro sulla testa in cassetta del maiale. Ah, ah, ah.!
Denise – Sei il solito rigolo. Potresti farmi credere qualsiasi cosa.
Duccio – Sei una serpe, ma ti adoro.
Denise – Vieni qui. Fatti guardare. Sei diverso, ma sei lo stesso.
Duccio – Anche tu. Sei magnifica.
Denise – Proprio oggi che sono così impresentabile. Vi siete messi tutti d’accordo?
Duccio – Tutti, chi?
Denise – Non vi conoscete?
Michel – In generale possiamo dire di no.
Denise - Ah, scusate! Michel, lui è Duccio. La mia prima fiamma. Posso chiamarti così? Duccio, lui è Michel.
Michel – La seconda fiamma.
Duccio – Il maggiordomo?
Denise – (A Michel) Ti avevo detto che aspettavo uno dell’agenzia. Ma non è lui.
Michel – Ora capisco.
Duccio – Scusate, ma io invece non capisco.
Denise – Ho messo in vendita la casa, e oggi aspettavo il mio primo compratore.
Duccio – Lui?
Michel – No, no. Io non compro.
Duccio – Vende?
Denise – Ma cosa dici?
Michel – (A Duccio) Pensavo fosse lei a voler comprare.
Duccio – Ma allora tutto si spiega. Io parlavo di te  e lui della casa. Molto divertente. Mi voleva vendere l’appartamento e io pensavo parlasse di te. Ah, ah, ah, uno spasso, se ci avessi sentiti saresti morta dal ridere.
Michel – Piuttosto imbarazzante.
Duccio – Ho fatto la figura del grullo.
Michel – E io... une figure de idiot.
Duccio – Merito tuo, bellezza (Dà un pizzicotto sul sedere a Denise)
Denise – Duccio! Non sei cambiato per niente. (Si sistema la vestaglia)
Duccio – Sei superba. Con questa vestaglia … vedo-non-vedo, hai un’aria così erotica. Non avresti potuto invecchiare meglio.
Denise – Invecchiare?
Duccio - Si fa per dire, e poi gallina vecchia fa buon brodo! (Ride in modo plateale. L’abbraccia in modo caloroso) Finalmente hai messo un po’ di carne intorno al torsolo. (Ride allo stesso modo sguaiato di prima) Quando ti prendevo fra le braccia mi sembrava di stritolarti.
Denise – Ma avevo vent’anni!
Duccio – Eri magra come un fringuello in fricassea. (Ride ancora. Si accorge che Michel lo sta guardando e gli strizza l’occhio)
Martine – (Dall’altra stanza) Maman! Qui était-il au telephon?
Denise – Nessuno.
Martine –  (Dall’altra stanza) En attente d'un appel téléphonique.
Michel – Chi parla francese?
Denise – Sì, ehm, è Martine, mia figlia. Ha studiato a Parigi.




Scena 5

Bruno e Walter aprono la porta e rimangono sulla soglia a discutere.

Walter –  Hai visto la mia mazza da golf?
Bruno – Era sullo scaffale.
Walter – Quale scaffale?
Bruno –  Perché non guardi da solo?
Denise – (A Duccio e Michel) Non posso presentarvi così. In che situazione mi mettete!
Michel – Perché? Chi sono?
Denise – I miei figli.
Michel – Ah, bene. Così conosceremo il resto della famiglia.
Denise – Fingerete di essere gli acquirenti.
Michel – Gli acquirenti? Non capisco.
Denise – Ho le mie buone ragioni. Tu (a Duccio) farai il titolare dell’agenzia e tu (a Michel) il compratore.
Michel – No, il contrario, io sono quello dell’agenzia. Lui è quello che compra.
Denise – Fate quello che vi pare.
Duccio – Si capisce. Ormai sono entrato nella parte. Ah, ah.

Bruno e Walter intanto si sono diretti verso la libreria attraversando il soggiorno.

Denise - (Parla ad alta voce con intenzione) …e questo è il soggiorno. Come vedete è molto arioso. Molto luminoso.
Duccio – Fin troppo, io amo gli ambienti crepuscolari. Ah, ah (Accenna una risata, ma Denise lo fulmina con lo sguardo)

Bruno e Walter studiano di nascosto gli ospiti.

Walter – Sono loro?
Bruno – Molto probabile.
Walter - Chissà chi dei due è mio padre?

Si avvicinano  

Bruno – Mamma, perché non ci presenti ai signori?
Denise – (Imbarazzata) Certo, che sbadata. Le presentazioni. Dunque io sono Denise, ehm ..
Bruno – Questo lo sappiamo.
Denise – Volevo dire che loro sono … ehm
Michel –  (Interrompendola) Michel, agenzia immobiliare … Michel. Mi occupo io della vendita.
Duccio –  Come va? (Allunga la mano e Walter gliela stringe) Duccio. Io sono qui per la casa. Sarei interessato all’acquisto.
Walter – (Tradito dall’emozione) Ma lei è toscano!
Duccio – Sì, perché?
Walter – Ehm, sono contento che sia un toscano ad acquistare la nostra casa.
Duccio – Capisco. Anzi, non capisco, ah, ah, ah, comunque, vendere è sempre un trauma. Ma quando poi si hanno i soldi in tasca, passa tutto. Ah, ah, ah.
Denise -  (A Duccio e Michel) Adesso, se mi seguite, vi faccio vedere gli altri locali. (Attraversano il soggiorno e si dirigono verso la porta a destra) Da questa parte c’è la cucina.

Si fermano sulla soglia, senza entrare.

Duccio - E’ una cucina abitabile?
Denise - Volendo uno potrebbe abitarci.
Duccio – Dicevo in senso tecnico. Cioè, ampia, con finestra.
Denise - In effetti è una cucina grande. Ma io non ci abiterei mai. (Escono)

Intanto, Walter e Bruno sono alla ricerca della mazza da golf.

Walter –  (Impugna la mazza da Golf) Quello con la cravatta di sicuro era mio padre.
Bruno – L’hai riconosciuto dalla cravatta?
Walter – No, dall’accento. Hai sentito che splendido accento toscano? (Pausa sognante) Dici che avrà capito che io sono suo figlio?
Bruno –  Mi sembrava più interessato alla casa (lo dice con la c aspirata) .
Walter – Certo è strano.
Bruno – Cosa?
Walter – Hanno ricevuto un invito a cena dalla mamma, perché dovrebbero essere interessati all’acquisto della casa? (Prepara la pallina sul supporto)
Bruno – Infatti non lo sono. La mamma non sa che noi sappiamo. E loro non sanno che la mamma non sa, ma noi sappiamo. Mi gira la testa.
Walter – E se stessimo al gioco anche noi?
Bruno  – A che gioco giochiamo?
Walter – Al gioco dell’agenzia immobiliare. (Tira una stoccata e lancia la pallina)
Denise – (Rientrando con gli ospiti) La lavanderia è una vera comodità.
Duccio – (Vede Walter che impugna la mazza da Golf) Bello sport, anche se non ho mai capito dove finiscono tutte quelle palline. Ah, ah, ah.
Walter – In effetti se ne perdono molte, tranne quelle che vanno in buca.
Duccio – Giusta osservazione. Posso vedere? (Prende  la mazza dalle mani di Walter) E come si fa?
Walter – S'impugna così (Gli mostra la posizione) E poi si fa roteare in questo modo (Duccio prova a sua volta)

Entra Martine, vede Duccio con la mazza in mano e si spaventa.

Martine – Ah!
Denise – (Si spaventa della reazione di Martine) Ah!
Duccio  - Oh, scusate. E’ tua figlia?
Denise – Martine?
Martine – Mamma!
Michel – Anchantè (Fa il baciamano)
Martine – Oh, elle est française!
Michel – Di Parigi.
Martine – Ensuite, nous pouvons parler en français. Personne ici ne me fait jamais de parler français.
Denise – Dai, adesso basta con questo francese. Chissà che idee si faranno.
Michel –  Ma parla benissimo francese!
Duccio – Io invece solo toscano, ah, ah, ah! (Ride come al solito da solo)
Denise – I signori sono qui per la casa. Ma vanno via subito. (Lancia un’occhiata a tutti e due)
Martine – Toscanò?
Duccio – Di Firenze.
Martine – (A Duccio) Elle est?
Duccio – L’acquirente.
Martine – (A Michel) Et elle.. ?
Michel – L’agente.
Martine – Maman, je vais vous montrer le reste de la maison à la Chambre.
Denise – No, no, no. I signori vanno via subito. Tanto hanno visto quello che dovevano vedere. Non è così?
Duccio – Certamente.
Michel – Sicuro. Dobbiamo proprio andare.
Martine –   Vous ne voulez pas rester pour boire un aperitive? Je viens de préparer un Pernot
Duccio – (Facendole il verso) Un Pernot? Perché, no. Fa anche rima. Un Pernot è quello che ci vuole.  
Martine – Bien!

Denise è visibilmente contrariata

Walter – (A Denise) Non fare la rigida.
Denise – Non sono dell’umore giusto.
Walter – Prima di tutto vai a darti una sistemata. Ti sei guardata allo specchio? Sembri la donna delle pulizie. (Denise è interdetta)
Martine - Chose faite, alors, rendez-vous pour la Pernot ! (Prende una bottiglia e dei bicchieri)  
Walter – Dai, mamma, cosa aspetti?
Denise –  (Sorride forzatamente) Bene, allora vado a cambiarmi.  Ma non vorrei approfittare troppo dei signori, visto che devono andare via subito. (Lancia una doppia occhiata ai due ed esce)

Duccio e Michel camminano ciascuno verso il lato opposto della stanza.  Poi, tornano sui loro passi e si ritrovano uno di fronte all’altro, senza sapere che fare.

Walter – (Rompendo l’imbarazzo) E così volete acquistare.
Duccio – Stiamo valutando l’idea.
Michel – Già.
Walter – (A Duccio) E ci verrà a vivere da solo?
Duccio – Meglio solo che male accompagnato, ah, ah, ah. (Dà una violenta pacca sulle spalle a Michel che tossisce, sorpreso)
Walter – (A Martine) Perché si spacciano per compratori?
Martine  – C'est la faute de maman!
Walter – Sì,  la mamma sta complicando le cose. Dobbiamo chiarire subito l’equivoco.  Ci parlo io.

Scena 6

Martine porta i bicchieri con l’aperitivo seguita da Walter e si dirigono da Michel e Duccio che stanno guardando il ritratto di Brambilla.

Michel –  (Prende il bicchiere) Ci chiedevamo del quadro.
Walter – Quale quadro?
Duccio – (Anche lui con il bicchiere in mano) Quello. (indica il grande ritratto)
Walter – Papà? Cioè, no. Lo era. Adesso non lo è più.
Michel – E’ … morto?
Walter – E’ stato superato.
Duccio – Ah, questa è bella. Siete una famiglia originale. Mi diverto un mondo.

Vengono raggiunti da Bruno che per tutto il tempo è rimasto in disparte covando qualcosa.

Bruno – (Guardando in faccia prima l’uno e poi l’altro ospite con animosità) A che gioco giochiamo?
Duccio – Prego?
Walter –  (Avvicinandosi) Aspetta, calmo Bruno. Stai calmo (Lo trattiene)
Bruno – (Senza ascoltarlo) Togliamogli la maschera.
Michel  – Maschera?
Martine – Brunò!
Bruno – (Spinge via la sorella) E’ inutile fingere. Sappiamo chi siete.
Duccio – (Divertito) Perbacco. Che gioco è?
Bruno – (Con enfasi) Il gioco dei padri e dei figli
Michel – Parbleu.
Walter – Aspetta, lascia parlare me.
Bruno – Non ne posso più di tutte questa sceneggiata. Diciamoglielo e basta!
Walter - Sì, è venuto il momento di dirvelo.
Michel – Ma che cosa precisamente?
Duccio – Non capisco, ma è sempre più divertente.
Martine – Nous avons invité trois d'entre nous.
Michel –  Siete stati voi a mandare l’invito?
Bruno –  Sì, te l’ha detto adesso, no? La mamma non c’entra con questa faccenda.
Duccio – Ma perché?
Martine – Ce fut une surprise.
Michel – La sorpresa è riuscita perfettamente.
Duccio – Sì, questa giornata è una continua sorpresa.
Bruno – E non è ancora finita.
Michel – Cos’altro possiamo aspettarci?
Duccio – Ormai non mi sorprendo più di niente
Bruno – Aspetta e vedrai.


Walter – Ti presento tua figlia Martine!

Michel, colto all’improvviso, sputa il liquore che stava bevendo e inizia a tossire.

Duccio – (Gli dà una pacca sulle spalle) Ma non vedi che scherzano?
Walter – Non è uno scherzo. Lui è davvero suo padre.
Michel - (Sconvolto) Padre?
Martine – Mon père, pour être exact
Duccio – Ah, ah, che colpo di scena!
Martine – Il n'y a pas de quoi rire.
Duccio – Ma perché continua a parlare in francese?
Walter – E’ nata a Parigi. E lui è suo padre.
Michel – Mi serve dell’altro Pernot (si versa il liquore), mi serve una sedia (si siede)  mi serve anche un calmante... (Beve tutto d’un fiato) Ma non ho mai avuto figli io!
Martine – En fait, c'est une préoccupation qui a pris ma mère.
Michel – Tu veux dire ... Vous ne voulez pas de dire que quand je suis parti a été …
Duccio – (A Walter) Prego, traduci.
Walter – Ma sì, è chiaro, era incinta, aspettava un bambino. Anzi, una bambina.
Duccio – Lei è incinta? (Indica Martine)
Michel – (Stordito) No!
Walter – Ma no! Sua madre.
Duccio – Denise è incinta?
Walter – Cosa capisci? Stiamo parlando di Denis da giovane.
Michel -  (A Martine) E quanti anni hai?
Martine – Vingt-deux.
Michel – (Disperato) Ventidue anni! E me lo dite solo adesso!
Bruno – Anche noi l’abbiamo saputo la settimana scorsa.
Michel – (Molto nervoso) Una figlia! Una figlia di ventidue anni! Sono… Non saprei esattamente dire coso sono?
Martine – (Con dolcezza) Mon père
Michel – Padre!... (si alza) Ecco la parola giusta! Sono tuo padre! (Si accascia sul divano) Di colpo mi sento vecchio. (Francese)
Martine – Mais je me sens comme une petit fille.
Bruno – (Prende il fratello da parte) Dobbiamo fare qualcosa.
Walter – Potresti imparare il francese.
Bruno – Mai. Invece io un'idea ce l'avrei. (Prende la mazza che era rimasta appoggiata al divano)
Walter – Cosa vuoi fare con quella?
Bruno –  Darle una botta in testa. Un’altra botta rimetterà tutto a posto.

Intanto Duccio, dopo essersi bevuto d’un fiato il Pernot, sta cercando di andarsene alla chetichella.

Walter – (Accorgendosene) Se la sta svignando. (A Duccio) Va via?
Duccio –   Bè, a questo punto toglierei il disturbo.
Martine – Et pourquoi?
Duccio – Non vorrei sciupare questo momento così importante. La scoperta di essere padre. L’aver ritrovato una figlia.  Insomma …
Walter – C’è una cosa che deve sapere.
Duccio – Sul serio?
Walter – Una cosa che riguarda noi due.
Duccio – Io e … te?
Bruno  – (A Walter) Glielo dici tu?

Walter esita.

Martine – Il est votre fils.
Bruno –   Adesso viene il bello.
Duccio – (Nel panico) Come? Cos’ha detto? Non capisco il francese.
Bruno – Traduco io, anche se non so il francese. E’ tuo figlio. Adesso hai capito?
Walter – Stavo per dirtelo, papà.
Duccio –  (Apre la bocca e boccheggia come un pesce fuori dall’acqua) Figlio? Vuoi dire … con Denise? Lei la mamma e io il padre?
Bruno – Di solito funziona così.
Duccio – (Indietreggiando) No, no. No.
Martine– (Avanzando senza pietà) Oui il est.
Duccio – (Indietreggia fino al divano) Non era nei miei programmi essere padre.  (Si slaccia la cravatta) Non so se sono in grado. Mi prendete alla sprovvista. Denise non mi ha mai detto nulla.
Michel – Si è comportata allo stesso modo con me.
Duccio – Non mi capacito. Troppe emozioni in un giorno solo.  
Walter – Dobbiamo darci del tu? Chiamarci per nome? O ti chiamo papà?
Duccio – Aspetta, papà, no. Non sono ancora pronto.
Martine – (A Michel) Me n'est pas non plus de vous appeler papa. Vous êtes un homme et une femme que je suis. C'est embarrassant.
Michel – Anch’io mi sento imbarazzato.
Martine - Fondamentalement, nous ne savons pas du tout.
Michel – Parli benissimo francese.
Martine – Oui. (Sorride)

(Michel e Martine si appartano a parlare)

Bruno – Patetici.  Sono contento di non avere un padre.
Duccio – Tutta questa storia però non ha ne capo ne coda.
Michel – Mi associo.
Duccio – In poche parole, perché diavolo siamo qui?
Michel –  (Riemergendo) Già, me lo chiedo anch’io. Che cosa c’è sotto?
Bruno – E’ cominciato tutto quando abbiamo scoperto che nostro padre non era un quadro.
Walter – La mamma, sconvolta per la notizia del barone rosso ha deciso di darla via.
Bruno – (ridendo sotto i baffi) La casa.
Walter  – E abbiamo saputo di voi.
Martine – Deux plus deux ..
Bruno – … quattro. Senza contare che voi siete solo due, perchè il terzo … è morto.
Michel – Morto?
Bruno – Mio padre.
Duccio – Volete essere meno enigmatici?
Martine – Vous n'avez jamais été marié?
Duccio – Eh?
Walter – Sei sposato ?
Martine – (A Michel) Et vous?
Michel – Chi, io?
Walter –  Bene. Che occasione migliore allora di una cena del déjà vu.
Bruno – Non ci va che la mamma rimanga sola.
Martine – Il doit y avoir des pères qui n'existent pas
Duccio – (Terrorizzato) Mi scade il disco orario tra quarantacinque minuti. (Si avvia verso l’ingresso)
Michel – Mi dai un passaggio?
Duccio – Io vado a Firenze.
Michel – Firenze va benissimo!
Martine – Ne restez pas pour le dîner?
Duccio – Non vorrei che le diner fosse indigesta a causa mia.
Michel – Denise, era molto contrariata dal nostro arrivo.
Duccio – Sì, è tutto piuttosto imbarazzante.
Walter – Volevamo parlarne stasera, tutti insieme.
Martine – Le dîner du déjà vu.
Michel – Sarà per un’altra volta.
Duccio – Sì. Meglio rimandare.
Bruno – Diciamo, altri vent’anni?
Walter – Avete fatto un viaggio lunghissimo per venire fin qui. Ci sarà stato pure un motivo che vi ha spinto? Non vale la pena di capirlo?
Martine - Pour moi, pour nous, il serait très important. (Li guarda supplichevole) S'il vous plaît.
Bruno – Io mi associo. Ci piacerebbe rimaneste.
Michel – (Sospira) E va bene. Rimango.
Walter – E tu, papi?
Duccio – So che me ne pentirò, ma sta bene anche per me. Basta che non mi chiami papi.
Martine – Maintenant, nous devons convaincre nos mères.
Michel – Perché non è convinta?
Walter – La mamma è allo scuro di tutto.
Duccio – E  chi dovrebbe dirglielo?
Martine – Vous.
Duccio – Non se ne parla nemmeno.
Walter – (A Martine) Ha ragione, tu sei la persona più indicata.
Martine – Je? Vous êtes le plus diplomatique.
Walter – Neanche per idea. Bruno, piuttosto, che è il più piccolo. Con lui la mamma è più tollerante.
Bruno – Nel senso che mi tollera, ma solo quando sto zitto. (Esce)
Duccio – E’ di cattivo umore?
Walter – E’ una lunga storia. Suo padre non verrà.
Duccio – Ah, che peccato, poteva essere una bella occasione per conoscerci tutti quanti. Una bella riunione di famiglia. Ah, ah, ah!
Michel – E’ morto.
Duccio – (Frena la risata) Ah, uhm. Condoglianze
Michel – Prima del déjà vu  , vorrei rinfrescarmi. Qualcuno mi accompagna nella mia camera?
Duccio – Ottima idea. Da che parte si va?
Bruno – Da questa parte.
Walter – E’ meglio che ci vada io. Saresti capace di sistemarli in camera con la mamma.(Escono)
Martine – Maintenant  la partie difficile. Convaincre maman.
Bruno – (La colpisce alla testa con la mazza da golf). Come hai detto?

Martine - (barcolla, strabuzza gli occhi) Cazzo, che botta!

Bruno strizza l’occhio al pubblico
ATTO TERZO

Il soggiorno è stato riordinato, ma è ancora più spoglio. La scena è in penombra.
Entra Denise. E’ vestita con un abito elegante rosso fuoco con una profonda scollatura.
Martine, si tiene la testa seduta sul divano.

Scena 1

Denise – Meno male che sei qui. (Si siede, vede bottiglia e bicchieri e si versa un Pernot) Se ne sono andati?
Martine – Come?
Denise – Quelli dell’agenzia. Non  venderò certo la casa ai primi venuti.
Martine – Mamma, devo dirti una cosa.
Denise –  (Tracanna il bicchiere) Sei incinta?
Martine – Certo che no! Ma non pensate ad altro in questa casa?
Denise –  Le disgrazie arrivano sempre in coppia.
Denise – (Martine la guarda timorosa) Allora, cosa aspetti? Sono una madre comprensiva e aperta.
Martine – Siamo stati noi.
Denise – A far che?
Martine - Pensavamo di farti una sorpresa.
Denise - Ma di cosa parli?
Martine –  Li abbiamo invitati tutti e tre. I nostri padri, intendo.
Denise –  Eh? (Incredula, poi capisce) Ah, allora siete stati voi. Vigliacchi. Tradimento! E’ per questo.
Martine – Mamma!
Denise – Non avvicinarti.
Martine – Mamma!
Denise – Non me lo sarei mai aspettata da voi. Come avete potuto farmi una cosa del genere?
Martine – Mamma!
Denise – Ma non sai dire altro che mamma? (Martine sta per dire qualcosa, ma Denise la precede) Adesso capisco la telefonata di Alì da Algeri. E capisco la baldanza di Duccio e i giri di parole di Michel.
Martine – Scusa, hai detto Ali? Ma non era morto?
Denise –  Mi è sembrato piuttosto vivo, direi. Almeno lui ha un po’ di cervello e non verrà. Ma quegli altri due potevano starsene a casa.
Martine – Bruno è convinto che suo padre sia morto.
Denise –  Invece sta benissimo. Il più lontano possibile, per fortuna. Ad Algeri.  (Guarda Martine)  Si può sapere perché li avete invitati?
Martine – Lo abbiamo fatto per te.
Denise – Le cose peggiori si fanno sempre in nome dell’altruismo.
Martine - Vogliamo che ti sposi.
Denise – Ma non dire sciocchezze! Non l’ho fatto vent’anni fa, non vedo perché dovrei farlo ora.
Martine – Per la semplice ragione che la vita è meglio in due.
Denise – E chi l’ha detto? Non ho nessuna intenzione per i prossimi anni di avere un maschio di mezza età che gira per casa in mutande dicendo cosa devo e cosa non devo fare. Preferisco essere libera. Alzarmi la mattina, e decidere la mia giornata. Libertà! Rimanere a letto tutto il giorno a leggere un libro. Libertà! Passare il pomeriggio in un negozio di scarpe. Libertà! Andare a casa di un’amica e parlare con lei tutta la notte. Libertà! Mangiare un gelato a pranzo e uno a cena. Libertà! Capisci? Non dover rendere conto a nessuno. Lo imparerai a tue spese cosa vuol dire avere il laccio al collo. Non c’è nulla che valga più della libertà.
Martine –  Si vede che non soffri di solitudine.
Denise – Mi dici cosa mi serve avere un marito alla mia età? Figli, mi sembra di averne già abbastanza.  L’amore? Non ha certo bisogno del matrimonio, e poi, alla mia età se ho bisogno di fare un po’ di ginnastica vado in palestra. Un marito sarebbe solo una bocca in più da sfamare. No, il matrimonio non fa per me. Conosci il proverbio?

Scena 2

Entrano Bruno e Walter

Bruno –  Meglio soli o male accompagnati? (Si atteggia da attore shakespeariano) Questo è il dilemma.
Denise – Per me non è affatto un dilemma. Meglio sola. So cosa voglio.
Walter – Un monolocale?
Denise –  E secondo voi, invece dovrei sposarmi?
Martine – Ci sono i pro e i contro.
Bruno – Sorellina! Parlez-vous italien? Oh, mais c'est fantastique!

Martine gli fa una linguaccia.

Walter – Tanto per cominciare non dovresti più vendere la casa. Michel e Duccio mi sembrano economicamente solidi.
Martine - E non sono affatto male.  
Bruno –  (Riferendosi alla madre) Anche tu non sei da buttare.
Walter – Un tentativo, potresti almeno farlo.
Martine  – E dai, mamma, non vorrai diventare una zitellona!
Denise – Sono senza parole. E’ già così difficile arrivare alla fine della giornata e poi una si sente dire certe cose.  (si accascia sul divano).
Martine – Ti senti bene?
Denise - Lasciatemi respirare. (Scivola lentamente a terra) Mi manca l’aria.
Walter – Apro la finestra?
Martine – Vuoi le tue pillole?
Denise – Non voglio nessuna pillola. Dov'è il mio Pernot? (Prende il bicchiere di Pernot e lo beve tutto d’un fiato) Forse avete ragione. I miei cactus non starebbero mai in un monolocale. Sarebbe un delitto dovermi separare dalle mie amate euphorbie.  Ma sposarmi … non vedo perché? E poi sono due. Ci avete pensato?
Martine – Non essere rigida.
Walter – Promettici solo di essere razionale.
Bruno – Sei l’unica tra noi che può farlo.
Denise – Sono stata razionale tutta la vita, lasciatemi almeno l’illusione di poter fare ancora una follia.
Walter – Ovviamente non potrai sposarli tutti e due.  Dovrai sceglierne uno.
Denise – Non dicevo una follia in quel senso. E poi, che si facciano avanti loro,  se proprio vogliono sposarmi. L’uomo è cacciatore.
Walter –   Sono contrario alla caccia.
Bruno - Quei due non sceglieranno mai.
Denise – Allora scegliete voi. Vi lascio ampia libertà. In fondo ho fatto tutto da sola negandovi di avere un padre. Adesso vi do la possibilità di scegliere voi mio marito.
Martine – Noi, no. Non possiamo.
Walter – La situazione è troppo squilibrata.
Bruno – Perché non tiriamo a sorte?
Walter - Possiamo rimandare la discussione a tavola? Avrei già una certa fame.
Denise – A me invece è passata.
Martine – (Alla madre) E’ solo una cena.
Denise – E va bene. Ma non costringetemi a prendere decisioni affrettate.
Bruno – Io non posso partecipare.
Denise – Perché?
Bruno – Sono in lutto.
Denise – Oddio, chi è morto?
Bruno – Mio padre.
Martine –  (Alla madre) Ci siamo scordati di dirglielo.
Denise – (Gli va incontro abbracciandolo) Falso allarme. Alì, tuo padre, è vivo.  
Bruno – Come? (La guarda incredulo) Ho letto dell’incidente su Wikipedia.
Denise – Puoi avere letto quello che vuoi, ma io gli ho parlato. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata stamattina. Era su di giri. Irrefrenabile, come al solito. A proposito, sapete come finisce la barzelletta del negro con gli squali?
Martine – Mamma! Ti sembra il caso?
Denise – Tu non conosci Alì. E’ un uomo simpaticissimo.
Bruno –  (Riprendendosi dallo shock) Ma allora è vivo!
Denise –  Per essere vivo è vivo. Anche se con tutti quei figli non so come fa.
Bruno –  Figli? Allora ho degli altri fratelli!
Denise – Fratelli, sorelle, cugini, zii, mi sa che siete piuttosto numerosi in famiglia.
Bruno –    Ma tu sei la sola. Vero? La mia unica mamma.
Denise –  (Lo allontana) Adesso basta con i sentimentalismi, dobbiamo pensare agli ospiti.
Martine – A proposito. Non abbiamo fatto la spesa.
Denise – Fatemi guardare cosa c'è in cucina. In una casa c’è sempre qualcosa con cui rimediare una cena. (Esce)
Walter – Al limite potremmo ordinare un Kebab.

Bruno lo guardano malissimo.

Walter – Vabbé, scherzavo, allora una pizza.


Scena 3

Duccio – (Entrando in soggiorno. E’ vestito in modo elegante con una vistosa cravatta a pois) Pizza? Non facciamoci riconoscere. In Italia quando non si sa cosa mangiare si pensa subito alla pizza. Un po’ di rispetto per la complessità della cucina italiana, un po’ di curiosità, di fantasia.
Bruno – Ci vorrebbe anche un po’ di rispetto per l’estetica. Non lo sa che i pois sono morti? (Riferendosi alla sua enorme cravatta a pois)
Duccio – Come?
Walter – Lascia stare, è una cosa tra noi due. Il problema è che non abbiamo fatto la spesa.
Duccio – Ci inventeremo qualcosa. In una tipica casa italiana non mancano mai gli ingredienti principali come olio, farina, passata di pomodoro.
Walter – Si, ma la mamma non è certo una tipica massaia italiana.
Michel – (Entrando. E’ vestito in smoking) Se conosco Denise, so che il vino non mancherà.
Duccio – Se c’è il vino allora siamo già a metà dell’opera, ah, ah, ah.
Martine  - A me basta un panino e una coca.
Michel – Non approvo.
Martine – Oh, papà! Neppure in caso di emergenza?
Michel -  Propongo una cena francese!
Martine – Diner à la Française. Oh, oui!

Bruno prende la mazza da Golf e minaccia la sorella che lo sfugge. Si affrontano studiandosi  reciprocamente.  La situazione  si trasforma in  una vera e propria sfida: da una parte Martine e dall’altra Bruno, in mezzo,  Walter come arbitro.


Martine – (Con la mano sul cuore) France!
Bruno –  (Anche lui con la mano sul cuore) Italia!

Walter fischia l’inizio della partita

Martine  - Fromage
Bruno - Formaggio
Martine – Baguette
Bruno – Pane
Martine – Croissants
Bruno – Cornetto
Martine – Noisette
Bruno – (Esita) Caffè macchiato.
Martine – Moutarde
Bruno -  Senape
Martine – Gâteau
Bruno – Gatto
Martine –  Ah, ah, ah, ci sei cascato! Gâteau vuol dire torta. Ignorante!
Bruno – Ignoranti siete voi francesi che non sapete distinguere un gatto da una torta.
Walter – Finitela di fare i bambini. Stiamo decidendo per la cena di stasera.

Bruno depone la mazza, ma tiene d’occhio Martine.

Duccio – Io propenderei per qualcosa di italiano. Una cosa semplice. Sappiamo tutti che la cucina francese ha bisogno di  salsine, farciture e dolcetti.
Walter –  (Partecipando) Salsine, farciture e dolcetti.
Duccio – C'è l'eco?
Michel – (Irritato) La cucina francese non parla allo stomaco ma alla mente.

Martine fa il tifo per suo padre, Walter per il suo.

Walter – Infatti il mio stomaco, che ci sente benissimo, preferisce la pizza.
Duccio – (A Michel) Se permetti è il mio mestiere.
Michel – Ah, sì? Anche il mio.
Duccio – Senti, senti. Ma di preciso di cosa ti occupi?
Michel – Vino. Sono sommelier.
Duccio – Perbacco! Io sono nella ristorazione.
Michel – Mondieu! Che coincidenza. E precisamente?
Duccio – Sono cuoco in un ristorante.
Michel –  Allora abbiamo interessi complementari.
Duccio – Mettiamo subito le cose in chiaro. In quanto a vino io detesto la barrique.
Michel - Non c’è niente di peggio di una barrique fuori luogo.
Duccio – Mi compiaccio, di solito i francesi sono snob, arroganti e presuntuosi.
Michel –  Convengo. Di solito gli italiani sono sbruffoni, cafoni e ignoranti.
Duccio – Per fortuna non hai quell’aria da cascamorto di certi francesi.
Michel – Meno male che non sei burino come la maggior parte degli italiani
Duccio – Nonostante voi non usiate il bidet, ammetto che qualcosa di mangiabile ci sia nella cucina francese
Michel – Nonostante avete la sconveniente abitudine di sciacquare le parti basse nel bidet, ammetto che in quanto a vini siete per lo meno concorrenziali
Duccio - Tanto genio, tante risorse ma il risultato finale della cucina francese è qualcosa di pesante, e quando non è pesante è di una ricercatezza esagerata. Pensa al fois gras  
Michel – Ci sto pensando e mi viene l’acquolina in bocca. E ti dirò di più, penso anche a un bel sufflet
Duccio – Io invece penso agli gnocchi, oppure alle tagliatelle alla bolognese.
Michel – La ratatuille, piuttosto
Duccio – I salt’imbocca alla romana.
Michel – I voulevat con la fondue.
Duccio – La pappa di pomodoro
Michel -  La béchamel
Bruno – Mentre voi state pensando io quasi quasi ordino un menù completo da Mac Donald’s. E’ di cattivo gusto, ma almeno mi risolve il problema.
Walter – Per me va bene. Un big mac al doppio formaggio.
Bruno – E patatine. Tante patatine fritte per tutti!
Martine – Fritte. In francese si dice fritte!
Duccio – Mi ribello all'idea del fast food. Ingredienti scadenti, e dozzinali, gusto superficiale, appiattimento delle tradizioni culturali, sfruttamento del territorio, massificazione alimentare, deragliamento ambientale, conformismo estetico, appiattimento ideologico.
Un hamburger è un concentrato esplosivo di nefandezze, ma allo stesso tempo ha il gusto proibito dell’illecito e del sovversivo. Mangiare con le mani è pura regressione.  
Michel – Sono esterrefatto dalla lucidità del tuo ragionamento. La formula dell’odiato panino attira e respinge. Bisognerebbe farla propria, reinventarla d’ambleu.
Duccio – Dovessi pensare a un vero hamburger italiano lo farei bello grosso e succulento, Ah, ah, ah.  Carne toscana di prima scelta, pancetta affumicata, lattuga e cetriolini sottaceto, senape, maionese e patatine fritte.
Martine – Wau!
Michel – Se posso dire la mia, vedrei bene una versione francese, magari con qualche salsa sfiziosa.
Duccio – Qualcosa del tipo manzo wag-yu condito con un ketchup di more e ribes nero?
Walter – Sei un genio, papà.
Michel – Ci abbinerei sicuramente del sakè, vino di mele frizzante, o un boujolè fresco al profumo di mirtilli.
Denise –  (Entra platealmente) Sarebbe un successo. Scusate, ma ho sentito ogni dettaglio e mi è venuta l’acquolina in bocca.
Bruno –  Sì, va bene, ma adesso cosa si mangia?
Walter – Hamburgher!
Martine – Hamburger!
Bruno – Hamburger!
Denise – Uno al formaggio.
Michel – Un big Mac anche per me.
Duccio – Io senza il ketchup.
Bruno - Patatine fritte?
Duccio – Fritte, naturalmente.
Martine – Fritte! Français, on dit…


Scena 4

Bruno si avvicina di soppiatto e dà una botta in testa a Martine.

Denise – Ma cosa fai!
Bruno – Non ti preoccupare, mamma, è a fin di bene.
Martine –  (Strabuzza gli occhi, vacilla)  Mamá, quisiera que te casaras con un verdadero hombre. ( Mamma, vorrei che sposassi un uomo vero)
Denise -   Ti ha fatta male, tesoro?
Martine – Me siento muy bien (Mi sento benissimo) Sólo que de repente tengo un enorme deseo de bailar el flamenco (Solo che tutto a un tratto ho una voglia tremenda di ballare il flamenco)
Denise – Ma dai!
Martine – Ven a bailar?  (Vieni a ballare?)

Martine si lancia in uno scatenato flamenco.

Denise – Perché adesso ce l’hai con lo spagnolo?
Martine –  Español, frances… ¿cuál es la diferencia? (que diferencia hace?) (Spagnolo, francese … che differenza fa?)
Bruno –  Sembrerebbe spagnolo
Denise – Insomma, si può sapere cosa sta succedendo?
Bruno – Niente, le è entrato lo spagnolo.  E’ l’altra lingua che ha studiato all’università.
Denise - E' grave? (Intanto Martine sta danzando il flamenco)
Walter –   Un'altra botta e torna a posto. (Fa per prendere la mazza ma Denise lo ferma)
Denise –   Aspetta. In fondo non c'è nulla di male a parlare spagnolo.  (Si mette anche lei a ballare il flamenco)

Scena 5

Intanto, dall’altra parte della sala …

Duccio – Ah, ah, ah, sei oltre. Hai una mente raffinata. Lo devo ammettere. Che ne diresti di un brindisi?
Michel – Stapperei una delle mie, se non ti dispiace. E’ un Dom Pérignon Enothèque 1983.
Duccio – Vai con l’artiglieria pesante!
Michel - Una rarità. (lo stappa con emozione. Fa per versarlo a Duccio)
Duccio – No, no, prima alla padrona di casa.
Michel – E’ solo un assaggio di valutazione …
Duccio – Ah, se è così. Volentieri. (Gli versa il vino. Duccio annusa, ci mette dentro la lingua, fa delle strane smorfie, lo degusta sciacquandosi la bocca, sputa per terra)
Michel – (Inorridito) Sa di tappo?
Duccio – E’ sublime. Dammene ancora un goccio.
Michel – (Gli versa dell’altro champagne) Ora che siamo soli, volevo chiederti come è successo. (Duccio lo guarda interrogativo) Voglio dire tra voi, tu e Denise. E’ stata lei a lasciarti, o sei stato tu?
Duccio – E’ stata lei.
Michel – Ah!
Duccio – O sono stato io?
Michel – Appunto.
Duccio – Ha importanza?
Michel – Con me è stata lei. Io l’amavo troppo. E’ stata la prima donna che ho avuto. Era bellissima.
Duccio – Era uno schianto. Ne ho avute di donne, ma nessuna come lei. E ancora adesso dà dei punti a quelle più giovani.  Anche se, ad essere sincero non la sposerei mai.
Michel – Posso parlarti sinceramente? (Gli versa dell’altro Champagne)
Duccio – Come a un fratello (Sorseggia)
Michel – Anch’io non la sposerei.
Duccio – Dovremmo essere chiari, non possiamo illuderla. E’ una donna fantastica.
Michel – Devo confessarti una cosa.
Duccio – E’ la giornata giusta. Confessa, confessa. Ah, ah, ah.
Michel - Per me è stata la prima, ma anche l’ultima
Duccio – (Vuota il bicchiere) Voto di castità?
Michel – No, ho scoperto che avevo altri interessi.
Duccio – Vuoi dire … quegli interessi?
Michel – Avevo una madre molto virile.
Duccio – Ma allora tu saresti ..
Michel –  Gay (Beve la coppa di Champagne tutto d’un fiato)
Duccio – Sei un culattone? Un busone? Un finocchio? Ah, ah, ah! Ora si che capisco tutto.
Michel – Ti prego non ridere.
Duccio – Rido, rido, invece. Ah, ah, ah. Lasciami ridere. Ah, ah, ah!
Michel – Mi stai umiliando.
Duccio – Ma no, cosa capisci. Non farei mai una cosa del genere. Ma è troppo spassoso. (Lo guarda) Non l’hai capito?
Michel – (Stizzito) No. E spero che faccia ridere anche me.
Duccio -  Sono gay anch’io. Ah, ah, ah! Non lo trovi divertente?
Michel - Anche tu? Bè, si è divertente. In effetti … fa venire da ridere. (Ridono)
Ma non hai detto che hai avuto molte donne?
Duccio – A dire il vero me ne sono accorto tardi. Ero insoddisfatto. E loro forse lo erano ancora di più di me. Ah, ah, ah. Capisci cosa intendo? (Si versa lui da bere e scola il bicchiere)
Michel –   Posso dirti tutto? (Si versa da bere)
Duccio – Devi farlo. Siamo dello stesso partito politico. Ah, ah, ah!
Michel – Sì, abbiamo scoperto di avere molte cose in comune.
Duccio – Un lavoro complementare …
Michel – La stessa inclinazione …
Duccio – Come sei velato. Hai tatto. Sensibilità. Ah, ah, ah è tutto molto divertente
Michel –  E tu come sei schietto, deciso, virile. (Vuota il bicchiere) Credo di essermi innamorato di te.
Duccio –  (Serissimo) Fa ancora più ridere. (Poi non ce la fa e scoppia in una risata) Ah, ah, ah …
Michel – (Gli mette dolcemente una mano sulle labbra) Aspetta. Non rovinare questo momento. (Versa da bere nelle coppe) Al nostro incontro.

Brindano guardandosi negli occhi, poi si prendono per mano.

Nel frattempo Bruno è  rimasto sul divano a guardare Martine ballare il flamenco, Denise, invece, si è liberata dal vortice della danza appena in tempo per sentire le ultime battute tra Duccio e Michel

Duccio – E ora cosa diremo a Denise?

Denise – Non c’è bisogno di spiegazioni. Sono contenta per voi. E soprattutto per me. Non sapete da che imbarazzo mi avete tolta. Non avrei saputo come dirvelo. Io non ho nessuna intenzione di sposarmi né tantomeno sposare uno di voi due.

Duccio e Michel approvano.

Entra Walter con le ordinazioni da MacDonald’s e distribuisce le vivande. Si mettono tutti a mangiare di gusto.  

Denise – (Addentando un panino) Del resto il matrimonio è una trappola per anime candide. E qui di candido non mi sembra ci sia rimasto più nessuno. Archivierei quindi l’idea del matrimonio.  E poi, a quarant’anni suonati ho capito una cosa: non è l’amore che m’interessa, ma il business . (Si riempie un bicchiere di Champagne). Ma prima il brindisi! (alza la coppa) Al mio vecchio marito, il signor Brambilla (indica con un gesto il quadro) Anche se era solo un quadro ha fatto per anni la sua parte e devo dire che è stato in fin dei conti un buon padre. (Beve un sorso di Champagne, poi alza ancora la coppa)  … ai miei figli. Sono tre figli di puttana, ma mi vogliono bene. Credo che non li deluderò. (A Martine) Come si brinda in spagnolo?
Martine – ¡Salud!
Denise – ¡Salud! (Beve un altro sorso) Infine voglio brindare ai miei due pretendenti. Lo so, sono ormai una vecchia gallina e il ruolo della sposina mi stava stretto, ma anche a voi quello di galli non vi si addice. (Beve tutto d’un fiato). E adesso la proposta. Vi propongo di mollare tutto e metterci insieme. (Legge perplessità nei loro sguardi) Intendo dire dal punto di vista commerciale
Duccio – Non sei una donna, sei un vortice imprevedibile.
Michel –  Ci spieghi cosa vuoi fare di preciso?
Denise –  Secondo voi cosa potrei  proporre a un cuoco e a un sommelier?
Bruno – Un’agenzia immobiliare?
Denise – Un ristorante. Io ci metto la casa e l’organizzazione, voi due l’estro e la genialità. E’ una ricetta esplosiva.
Duccio – Rischieremmo di avere successo. Con tutte le baggianate che si vedono in giro.
Walter – La mamma ha sempre delle idee geniali.
Duccio –    Che tipo di ristorante hai in mente?
Denise - Un ristorante che non sia fast e non sia slow che non sia chic nè pop…
Michel –  Qualcosa di francese, allora?
Denise – Anche, ma non solo …
Martine – Un restaurante español, olè! (Accenna passi di flamenco coinvolgendo Duccio).
Duccio -  (Divertito) Martine  è una furia scatenata. Ha del fuoco nelle vene. Denise –  E’ tutta sua madre.
Michel – Ma sarà un ristorante spagnolo o francese?
Denise – Né l’uno né l’altro. La nostra forza sarà la mescolanza di culture e con un pizzico di follia.
Walter – In onore di questa serata lo chiameremo “Dejavù”.
Denise – Poetico, ma ci vuole qualcosa di più prosaico
Bruno –  Cosa ne dici di “Non ci resta che mangiare”.
Denise –  Troppo prosaico
Martine – Bésame mucho
Denise – Troppo passionale. Ci vorrebbe qualcosa di unico.
Bruno -  (Interrompendo la discussione) Scusa mamma, ma io non ci sarò nel tuo ristorante. Sono l’unico che non ha trovato ancora le sue radici… Vado in Africa.
Denise – Mi sembra una buona idea. Però prima farai l’esame di maturità.
Bruno – Che cosa mi serve in Africa la maturità?
Denise – Essere maturi serve sempre, anche in Africa.
Bruno – Ma mamma …
Denise – E poi abbiamo bisogno di te nel nuovo ristorante.
Bruno – Ma io non ho mai lavorato in un ristorante.
Denise -  Anch’io non l’ho mai fatto, ma la sfida mi eccita.
Duccio – Brava, ci vuole grinta e pelo … sullo stomaco, ah, ah, ah
Michel –  E poi hai le physique du rôle per fare l’imprenditrice
Denise –  Manca però l’essenziale. Senza un cuoco e un sommelier che ristorante è? Fa anche rima. Allora? Sto aspettando una vostra risposta.
Michel –  L’idea mi stuzzica. Se Duccio è d’accordo io ci sto.
Duccio –   A questo punto non posso certo tirarmi indietro. Praticamente mi avete incastrato,
Denise – Un cuoco, un sommelier e una manager. Menage a trois, ecco il nome per il ristorante!
Duccio – Mi sa che per quel genere di cose, viste le nostre (guarda Michel) ehm, inclinazioni,  manca l’elemento essenziale, ah, ah, ah!


Suona il campanello

Martine – Quien toca la puerta? (Quien es?)
Walter –  (Guarda Bruno) Chi va ad aprire?
Bruno – Io non aspetto nessuno.
Denise – Insomma vi decidete ad andare alla porta?
Martine – Uf, siempre tengo que ir yo! (Uffa, sempre io devo andare!)  (esce)
Duccio – Cosa ha detto?
Walter – E chi lo sa?
Michel – Chi può essere a quest’ora?
Duccio – Sarà il maggiordomo, ah, ah, ah!
Martine - (Fuori scena) Mamà!
Denise –  (A Martine) Cosa c’è, cara?
Martine –  (Fuori scena) Ven aquí. (Vieni qui)
Denise – Scusate (Esce)

Rimangono tutti in silenzio. Solo il rumore della consolle nintendo con cui sta giocando Bruno.

Denise e Martine si fermano sulla soglia della porta e guardano Bruno.

Bruno – Perché guardate me?
Denise – Ragazzi adesso basta giocare. Chi è arrivato?
Martine  - E 'viene un invitado importante (E’ arrivato un ospite importante)
Walter – Fisico robusto… sorriso chiaro … pelle d’ebano!
Denise – Alì?
Bruno –  (Salta dal divano e corre verso l’ingresso) Papà!

Bruno esce seguito da Walter e Martine

Denise –   Alì, che tesoro! (andando verso l’ingresso) Alì, Alì, come finiva quella barzelletta?

Si sente una voce in arabo.
Tutti ridono fuori scena.

Duccio e Michel si guardano perplessi

Duccio – Io non l’ho capita.

Fine

25.07.11