La Conquête du Mexique

di

Gabriele Illarietti

La divisione in scene non indica delle partizioni di messa in scena, ma di senso. Ogni scena indica un’unità di senso coerente e si caratterizza, quindi, per uno stesso tono e per un clima uniforme. I momenti di passaggio da una scena all’altra possono essere del tutto espliciti e privi d’artificio. La scena è spoglia, tranne piccole eccezioni indicate nel testo, con un fondo bianco su cui proiettare luci e immagini.


SCENA I

Luce pallida, il fondo è di un azzurrino rosa tipo alba; c’è un uomo, Padre Jeronimo, che sta apparecchiando un piccolo altare fatto di assi accostate e si prepara a dir messa.

Jeronimo:(spalle al pubblico, mormorando) purifica il mio cuore e le mie labbra, onnipotente Iddio, che con acceso carbone purificasti le labbra del profeta Isaia, e per la tua misericordia degnati di purificare me così.
(sempre mormorando) In Principium erat Verbum et Verbum erat apud Deum et Verbum erat Deus. Hoc erat in Principio apud Deum. Omnia per Ipsum facta sunt et sine Ipso factum est nihil, quod factum est. In Ipso Vita erat et Vita erat Lux hominum. Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis. Pax vobiscum; ite missa est.

Arriva un manipolo di soldati, ognuno dei quali regge un manichino (come di tela piena di paglia) a mo’ di prigioniero; prendono il prete e lo portano via con loro. L’altare fatto di assi accostate si disfa.
A seguito del manipolo c’è il Conquistador, che a lato della scena osserva distrattamente.

Conquistador: Pedro!

Uno dei soldati si ferma.

Pedro: sissignore!
Conquistador: chi è quell’uomo? è dei nostri.
Pedro: così pare.
Conquistador: liberalo e portalo qui.

Pedro va a prendere Padre Jeronimo e lo porta, in ceppi, davanti al Conquistador.

Conquistador: tu chi sei? e cosa ci fai tra i nostri prigionieri?
Jeronimo: Conquistador, sono stato catturato in battaglia mentre stavo recitando mattutino. sono padre Jeronimo, servo vostro e del Signore nostro Gesù Cristo.
Conquistador: e di che ordine saresti?
Jeronimo: dell’ordine dei supplicanti; Conquistador, sono vissuto tra queste genti son già molti anni e ne conosco gli idiomi e i costumi; potrei esserti d’aiuto, se mi prendi con te. Mangio poco e sono vecchio, ti libererai presto di me. Conquistador, sii saggio.
Pedro: dell’ordine dei mangiapane a tradimento…
Conquistador: Pedro, liberalo. Ci farà compagnia, se non altro.
Pedro:(togliendogli i ceppi) padre, sei fortunato.
Jeronimo: è la volontà del Signore, Pedro… tagliagole.
Pedro:(ebete) come?
Conquistador: chi non ti conosce, oggigiorno, nel Nuovo Mondo? e padre Jeronimo anche troppo bene.
Jeronimo: abbastanza, abbastanza.
Pedro:(estraendo il coltello) vuoi tenere la lingua al suo posto?
Conquistador:(quasi soprapensiero) riponi il coltello; tanto più che ha perso il filo. Padre Jeronimo è il nostro ospite, il nostro anfitrione, non puoi sgozzarlo nel salotto di casa sua (e così dicendo mostra agli altri la desolazione che li circonda).

La luce cresce. Si avvicinano da destra e da sinistra alcune donne che stanno seminando aiutandosi con delle corte zappe, canticchiano una nenia. Una di loro guarda verso i tre.

Conquistador: Pedro, offri qualcosa da mangiare a padre Jeronimo e trovagli un giaciglio, poi torna qui.
Pedro: vado! Venite padre, conosco qualcuno che sarebbe lieto di fare la vostra conoscenza…
Conquistador: vediamo di non inimicarci santa romana chiesa.
Jeronimo: calma, nobiluomini; accetterò una frugale colazione e poi si vedrà. Andiamo Pedro, conducimi alla mensa (e se ne va).
Pedro:(rincorrendolo, ma rivolto al Conquistador) è completamente pazzo, troppa vita nella foresta…
Conquistador: troppa dedizione al Signore.

Pedro saluta con un gesto il Conquistador che ricambia. La donna che ha osservato la scena riabbasso lo sguardo e si rimette al lavoro.

Conquistador: Malinche, dove sei?

La Malinche, la donna che ha osservato la scena, fa finta di niente e resta in disparte.

Conquistador:(senza alzare la voce) puttana india, vieni qui, dobbiamo parlare.
Malinche:(senza guardarlo si avvicina al centro) ultimamente ci sono molti puttanieri da queste parti.
Conquistador:(sempre in tono piano) puta, parliamone (la fa inginocchiare davanti a sé, spalle al pubblico; lei gli sbottona i pantaloni e inizia un lavoretto; la scena si oscura e resta illuminato solo il busto del Conquistador). Hai parlato con quelli di Tlaxcala?

La Malinche annuisce.

Conquistador: cosa dicono, accettano o no? Si può fare?

La Malinche annuisce come sopra.

Conquistador: e i tuoi ragazzini cosa dicono? Ci sono in giro i suoi uomini?

La Malinche annuisce la terza volta.

Conquistador:(pausa di un sospiro; la scena si rischiara) c’è l’esercito?
Malinche:(rialzandosi) no, solo degli osservatori, nella boscaglia, e qui in paese.
Conquistador:(riabbottonandosi) dammi qualche altra nuova, qualche notizia in più. (inizia ad andarsene) se è il caso, svegliami nel cuore della notte. (serio) Sai che abbiamo molto di cui parlare. (se ne va, facendole un cenno senza voltarsi).
Malinche:(gridando sguaiata) quando vuoi, Conquistador; finché non ci sarà da farsi male… (si allontana dalla parte opposta).


SCENA II

Sasha, K. e Bousha, vestiti di nero neutro; scena spoglia, illuminata da una luce tenue e diffusa.

Boushe: …oggi è martedì o mercoledì?
Sasha: non c’è nessuna possibilità di sbagliare, di sbagliarsi…
K.: di prendere strade errate, di ritornare sui propri passi o anche solo… di intraprendere qualcosa…
Bousha: di tenere la destra, di dormirci sopra, di assaggiare una buccia di limone, di andarsela a cercare… quando sapremo qualcosa?
K.: quando ci diranno qualcosa?!
Sasha: cosa pensate ci diranno?
Bousha:(in tono retorico) che non si può sbagliare, sbagliare strada, andarsela a cercare…
K.: neanche si trattasse di viabilità urbana… svolta a destra, a sinistra, senso obbligato, inversione di marcia…
Bousha: quanto ci vorrà?
Sasha: è come in conclave:
giorni o poche ore
come piaccia a nostro signore

rose d’autunno o tele di ragno
solitamente accade di maggio

rami verdi spezzati di vischio
spose giovani in vesti di pizzo

K.: ho sempre pensato ci volesse la monarchia. Ognuno fa quel che vuole, tutti servi di uno solo, invece di ciascuno servo di tutti, e quelle balle lì…
Sasha: si, ma… (si prepara per una tiritera)
Bousha:(interrompendolo allarmato) almeno ci sarà da mangiare credo… spero…
Sasha: non che ce ne sia bisogno, abbiamo fatto colazione mezz’ora fa.
K.: mezz’ora fa eravamo già qui, forse sono un paio d’ore.
Sasha: beh, anche fosse, ci vorrebbe un po’ di pazienza…
Bousha: ma se non ce ne fosse? …da mangiare intendo…
K.: se continuate così sembra come il Godot.
Sasha: siamo già in tre; non c’è da aspettare nessuno.
Bousha: e no, (mimando lo schioccare di una frusta) io sono il negriero.
K.: quello c’è già chi lo sa fare molto meglio…
Sasha: (spazientito) insomma, sapete che Beckett è vietato. E poi, siete impazziti a parlarne così, per strada?
Bousha: calma amico mio…
K.: non abbiamo mica allestito uno spettacolo… o abbiamo intenzione di farlo?
Sasha: qualcosa si dovrà pensare… per la festa facciamo sempre qualcosa.
K.: e non saremo da meno quest’anno; deve solo venirci l’idea giusta.
Bousha: ci vuole l’ispirazione!

Entrano intanto le lavandaie con i loro catini pieni di panni da lavare, come per attraversare la scena da una parte all’altra.

Prima lavandaia: buongiorno signor Sasha, signor K. buongiorno, signor Bousha…
Sasha, K. e Bousha:(in coro) buongiorno!
Seconda lavandaia:(allegra) dove andate? Venite a darci una mano?
Sasha e Bousha: ma, veramente…
K.:(avvicinandosi alla Terza lavandaia inizia a rovistare nel cesto) che c’è di bello qui? (tirando fuori delle mutande da uomo) Sasha sono le tue o quelle di Bousha?
Sasha: comunque l’idea non mi attira.
Bousha:(imbarazzato, come la Terza lavandaia) sono le mie (e gliele strappa di mano).
Prima lavandaia: non buttate per aria tutto, signori.
K.: che abbiamo qui? (estrae un reggiseno, rivolto ai suoi compari) questo vale la pena! (lo porta al naso e tira un profondo respiro)
Seconda lavandaia:(gioiosa) che stupidello…
Terza lavandaia: (facendo come per proteggere la sua cesta da altre incursioni) sfacciato!
Prima lavandaia:(sorridendo) si, si, sfacciatissimo.
K.:(indossando il reggiseno, rivolto a Sasha e Bousha) bye, bye! (e fa per seguire le donne).
Bousha: che fai, vai?
K.: si, si; non c’è tempo da perdere… al fiume! (e il gruppetto si mette in marcia senza Sasha e Bousha).
Bousha:(a Sasha) che si fa?
Sasha: ho altro di cui occuparmi; andiamo (e va via dalla parte opposta).
Bousha: ma dove? …mai che ci si possa divertire; farsi un bagno… che ne so… due spaghetti in compagnia (e intanto si incammina con calma a seguito di Sasha).


SCENA III

Sul fondo vengono proiettate le opere di Desiderio Hernandez. Al centro c’è il Messaggero dell’Imperatore in tutto il suo splendore dorato. Regge un lungo bastone, con il quale percuote il terreno mentre parla.

Messaggero: oggi il raccolto viene reso al popolo. Il nostro sovrano nutre la nostra grande nazione ed è fatto re, come il Sole-Huitzilopochtli fa germogliare il mais e mostra all’aquila il serpente che insidia il suo nido. Ogni orfano è figlio del re ed egli guida i nostri guerrieri sotto il cielo per portare al Sole-Huitzilopochtli un sacrificio di sangue quale nessuno ha mai visto.

Il Messaggero si fa da parte. Arriva il Grande Sacerdote, che regge in mano un lungo pugnale sacrificale, seguito da una scorta di Guerrieri Leopardo e Guerrieri Aquila. Ogni guerriero regge in una mano una mazza e nell’altra un fantoccio (tipo di tela ripieno di paglia). Ad un gesto del Grande Sacerdote i guerrieri reagiscono deponendo a terra i fantocci e iniziando a percuoterli con le mazze (nel silenzio più totale risuonano solo i colpi, sferrati dapprima in modo concitato e poi sempre più con calma, quasi a seguire un ritmo). Poi il Grande Sacerdote viene avanti. I guerrieri ora battono un ritmo preciso, come quello di un cuore che pulsa.

Gran Sacerdote: (alzando le braccia e gli occhi al cielo) questo è il nostro cuore, Huitzilopochtli. Accettalo e donaci ancora una volta la vita. Con essa ti serviremo fino al tramonto del mondo.

I guerrieri accatastano i fantocci delle vittime, sotto gli occhi del Grande sacerdote e del Messaggero, poi tutti si allontanano. Terminano le proiezioni sul fondale.


SCENA IV

Luce leggermente dorata. Si sente la voce dell’Imperatore.

Imperatore: soli dopo soli, lune dopo lune.
Quel lontano ricordo… lontano nei tempi, è qui alle porte. Ha preso le onde per le sue piume azzurre, ha detto al mare di portarlo dal sole e già il fuoco ha illuminato la spiaggia e i popoli sono in rivolta.
Soli dopo soli, lune dopo lune.
Il mare ci porta una serpe piumata e muore dalla voglia di vedere cosa accadrà. La giustizia dal cielo ci chiede tributo di sangue. Ancora una volta muoviamo guerra per il cielo, ma a chi toccherà pagare il prezzo più alto?
Soli dopo soli, lune dopo lune.
Avanza nella foresta e torna verso casa. Monti e torrenti non sanno nulla di vecchie profezie. Perché a noi il dono di leggere le stelle? Non possiamo venire meno a quello che sappiamo essere il volere del cielo.
Soli dopo soli, lune dopo lune.
Si fa giorno per quanti vegliano e siamo in guerra con il mondo. Voglio un tributo di sangue perché sono dio Huitzilopoctli e chi verserà il suo sangue e vince starà al mio fianco per soli dopo soli, lune dopo lune.
E ci viene incontro e lo attendevamo. Si fa forte dei nostri nemici e ci porta sventura e noi sapevamo già tutto e sediamo ad aspettare.

Intanto inizia un suono di tamburi simile a quello precedentemente battuto dai guerrieri, in crescendo, fino a coprire le ultime parole dell’Imperatore. L’Imperatore si fa avanti. La scena si fa blu scuro e sul fondo piove una pioggia di fuoco. Arrivano i ballerini che rappresentano i periodi del calendario sacro e trascinano l’Imperatore in una danza frenetica finché egli non cade a terra davanti a tutti. Termina la pioggia di fuoco; la scena resta blu intenso, ma la luce cresce di intensità. I ballerini attorniano l’Imperatore. Cresce un rumore di acqua che bolle.

Imperatore: fiumi e torrenti trepidano d’attesa, ma chi è che aspettano?

Arrivano i guerrieri, il Gran Sacerdote e il Messaggero dell’Imperatore. Si sente una voce di donna che dice: “o figli miei, è giunta l’ora della vostra distruzione. O figli, dove vi porterò affinché non vi perdiate?”
Va a terminare il ribollire d’acqua. L’Imperatore si rialza attorniato dalla corte, che guarda a terra con reverenza. La luce si fa dorata e intensa sull’Imperatore.

Gran Sacerdote: o re, i segni sono molti e i tempi sono maturi.
Imperatore: partoriranno disgrazia.
Messaggero: ma tu, signore, cosa farai di noi? Il dio cosa vuole?
Imperatore: cosa posso fare io?
Gran Sacerdote: tu sei la nostra guida, tu nutri i nostri figli, tu offri al dio il sangue del nemico perché tu vinci in battaglia. Comanda alle stelle funeste di sparire dal cielo in nome di Huitzilopochtli e loro ti ascolteranno.
Imperatore: non si può lottare contro le profezie antiche. Dio Quetzalcoatl sta tornando e reclama ciò che gli spetta.
Messaggero: combattilo, o re. Il tuo popolo ti sosterrà. Non teme alcun nemico, il popolo, se sei tu a guidarlo. Scrollati di dosso il torpore dei sogni e muovi a battaglia prima che il potere sia messo in pericolo.
Imperatore: non c’è motivo di mettere fretta al destino.


SCENA V

Le lavandaie fanno il bucato. Arrivano Marij e la SSa. Marij indossa una camicetta bianca su un’ampia gonna azzurra. La SSa è una donna piuttosto corpulenta, dall’aria severa, mora, con i capelli raccolti sulla nuca; indossa una divisa militare femminile grigio-verde con bottoni e gradi dorati e un paio di medaglie, non di più; non indossa cappello e spesso, anche dove non indicato, regge in mano un frustino.

Marij: (isterica) siete completamente impazziti!
SSa: non iniziamo a mettere in discussione gli ordini! C’è da fare ancora molto altro.
Lavandaie:(in coro) 
le robe vecchie si mettono da parte, 
dei brandelli ne facciamo stracci,
stracci lavati, asciugati, stirati.

Gli stracci puliti vanno di là,
finché c’è spazio,
e gonne, cappotti e busti di una 
[volta.

Marij: (quasi a giustificarsi) stiamo imparando.
SSa: (un po’ sconsolata) lentamente… c’è luce abbastanza? (rivolta a tutti) luce, luce prego!
Marij: ti sembra possibile? Con tutto quello che succede… si può pensare anche a questo?
SSa: le mani al lavoro. Per pensare si usa il cervello.

Pausa nella discussione. Entrambe gironzolano a supervisionare il lavoro.

Marij: (come un’interiezione, soprappensiero, fermandosi un attimo) minchia.

Pausa, come sopra.

Marij: (tra sé, fino a ridursi senza fiato) rott’inculodimerdadiquellatroiabagasciaputtana!
SSa: (convinta) me ne frego, ecco cosa penso; non me ne frega niente.
Lavandaie: (in coro) shur padrun,
da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi,
fora li palanchi.

shur padrun,
da li beli braghi bianchi,
fora li palanchi
e andum a ca’!

Marij: c’è poco da fare… roba da impazzire. (alla SSa) Te ne vai? Pensi che sia possibile oggi trovare dei dolcettini, rimestando qua e là, da Danka o Varechka? Me ne servirebbero un po’ per la festa…
SSa: (andandosene) molto probabilmente qualcosa c’è, ma non dolcetti; (sogghignando) vitine, augelletti, qualche rotolo di fil di ferro… o dello spago… 
Prima lavandaia: mi piacerebbe del tulle azzurro o porporino, in alternativa.
Seconda lavandaia: delle foglioline di rame, sottili, e un bel sasso liscio di fiume…
Terza lavandaia: …senza macchia di catrame o altra impurità, piccolo, che stia in una manina o una borsetta da teatro…
Marij: (come sopra) rott’inculodimerdafigatroiadelcazzo! (pausa. Poi con calma a tutti) Esco un po’… c’è chi mi aspetta…
Prima lavandaia: i tuoi quattro cavalieri dell’apocalisse?
Terza lavandaia: (ironica) si, l’affamato, l’assetato…
Marij: (felicissima) …il piccolo Sasha e il principe Vassilij! (se ne va in un turbinio di vesti)
Seconda lavandaia: è andata, è completamente andata…
Terza lavandaia: non ci sta più con la testa… si è bevuta il cervello…
Prima lavandaia: (raccogliendo le sue cose e alzandosi) ragazze su, dobbiamo andare; smettete di chiacchierare per niente.
Terza lavandaia: siamo un po’ invidiosette… ecco tutto.
Seconda lavandaia: (alzandosi) si, andiamo o faremo tardi…
Prima lavandaia: (incamminandosi) forza, muovetevi!
Terza lavandaia: (trafelata) arrivo, arrivo!


SCENA VI

Buio completo. Nel silenzio si sentono i movimenti di tutti.

Conquistador: prete… stai dicendo le preghiere?
Jeronimo: non più, ho smesso. (dopo una breve pausa) Perché sei venuto da me a quest’ora, Conquistador, vuoi che ti confessi?
Conquistador: tu, piuttosto, perché giri per il campo al buio, da solo, senza motivo? Hai bevuto ancora?
Jeronimo: (accalorandosi sempre più) senza motivo lo dici tu; come ti permetti di inquisire me, tu che ti aggiri sperso nel tuo campo, che non sai riconoscere nemmeno la tua tenda, figuriamoci i nemici che sono lì nella foresta… o gli amici… se non sai quel che vuoi, cosa ci sei venuto a fare qui, in questo mondo da rifare, da fare daccapo? Vattene e lascia in pace chi lo sa.
Conquistador: sentiamo, perché sei qui? Cosa se ne fa questo nuovo mondo di te? (gridando beffardo) Ubriacone… spretato… 
Jeronimo: (serio) beh, mi ci ha mandato un dio che tu non conosci, Conquistador. Sono qui per… per…
Conquistador: (risentito e rancoroso) sei scappato anche tu; non sei meglio di me; non avevamo scelta e siamo scappati, via dalle nostre famiglie, via dagli ordini nobiliari ed ecclesiastici. Siamo venuti qua per metterci al disopra di tutti loro; siamo destinati ad un posto più importante…
Jeronimo: (interrompendolo sconfortato) …ad un carico più pesante, semmai. L’ho scelto io questo venire qua; nessun destino, nessun fato… (breve pausa) e non so più perché. Me ne sono dimenticato… e tu sai perché vuoi tutto, questo e quello, che è nelle tue mani?

Ora le due voci sembrano vicinissime.

Conquistador: (completamente invasato, pestando i piedi e sbraitando) non mi puoi fermare, prete, non tu!

Brevissima pausa, poi Padre Jeronimo si scaglia gridando contro il Conquistador. Rumori di lotta e grida, per qualche istante. Padre Jeronimo cade.

Conquistador: (calmo, un po’ con il fiato corto) non posso fermare me stesso, figuriamoci se puoi tu… e vincerò, perché è tutto ciò che posso fare.

Padre Jeronimo a terra piange in silenzio.


SCENA VII

C’è un’altalena sul lato destro, in diagonale di 45° rispetto al pubblico. Marij gironzola per la scena. Luce azzurra soffusa.

Marij:(in preda ad un’angoscia leggera, lieve, da innamorata che non sa cosa vuole) cosa gli dirò quando sarò da lui? Cosa mi domanderà? Gli dirò che non lo farò, se è lui a chiedermelo… ma non rinuncerò per lui… rinuncerò perché non voglio farlo… no, no, è solo per lui che non lo farò (gioca con l’altalena, sale, si da qualche spinta) non voglio perderlo… lui non mi lascerebbe comunque… mi amerebbe ancora, e più teneramente anche… (pausa) sono troppo sicura… non lo farò per lui, ma da me, lo farò da me. La smetterò! (scende di scatto dall’altalena, che era ferma già da un po’) basta! Non lo farò più… e me ne andrò via da lì e andrò da lui (si siede ai piedi dell’altalena e la abbraccia spasmodicamente); io gli voglio bene e anche lui me ne vuole… staremo così, abbracciati, e gli dirò che lo amo e faremo l’amore… (si è alzata e spinge con forza l’altalena e la riprende al volo) e io non ci penserò più e lui non mi chiederà più nulla e vivremo (gridando e scandendo con enfasi le sillabe) FE-LI-CI! Gli darò una mano in officina e terrò tutto in ordine… ma questo lo farei comunque (lascia l’altalena) e non conta… (tutta sovreccitata) ci amiamo e non può che andare così… perché devo continuare a pensarci?

Arrivano da sinistra Sasha e K., che porta Bousha “a cariola”.

Marij:(concitata, anche nei gesti) buongiorno Sasha… K.… buongiorno Bousha…
Sasha: buongiorno!
K.: buongiorno!
Bousha:(rivolto a Sasha e K.) buongiorno?

K. lascia Bousha, il quale inizia una corsetta sul posto.

Marij: Sasha, sapreste dirmi dove posso trovare il mio principe Vassilij?

L’altalena inizia a salire, per poi fermarsi a un paio di metri da terra.

K.: mi sembra sia in officina a quest’ora…
Sasha: si, sembra anche a me…

Intanto Bousha ha preso la rincorsa e si è aggrappato all’altalena a mezz’aria, come un trapezio.

Bousha:(oscillando paurosamente) No-o!
Sasha: è vero! Oggi andava al mare; c’erano le prove di galleggiamento.
Marij: ah, le prove di galleggiamento!
K.:(sospirando trasognato) le prove di galleggiamento…

Arriva da destra la SSa, in alta uniforme, con il frustino in mano, e viene a trovarsi praticamente sotto a Bousha, che è ancora appeso all’altalena.

SSa:(rivolta a Marij, in tono aggressivo, senza degnare Bousha di uno sguardo) cosa sta facendo?
Marij:(altrettanto aggressiva) chiacchieravo, no!?
SSa:(indicando Bousha con il frustino, senza mai guardarlo) Lui, cosa sta facendo!
K.:(stiracchiandosi fin sulle punte e iniziando a saltellare in giro a piedi uniti) si distende; fa i suoi esercizi per la schiena…
Sasha: si, sa… il lavoro, la casa… fare all’amore…
SSa: la casa? Fare l’amore?
Bousha:(sospirando) fare all’amore…
K.: certamente, non lo sa?
Sasha: paragrafo 77, comma 69…
Sasha e K.:(scattando sull’attenti) lavoro ed esercizio fisico onde essere pronti e reattivi alle stimolazioni del richiamo femmineo…
Sasha:(sempre sull’attenti) si consigliano: nuoto, esercizi alla sbarra e lavori in cucina…
K.: ma no, in fonderia, in fonderia!
Sasha:(rivolto alla SSa) si, insomma, non si ricorda?
SSa: certo che ricordo, fannulloni! Non fatevi ritrovare qui tra due minuti! (rivolta a Marij) su, venga! (gira sui tacchi e se ne va)
Bousha:(saltando giù dall’altalena, rivolto alla SSa) Arrivederci!! (e saluta con la mano sporgendosi in avanti con il tronco)
K.:(a Marij) verrete alla festa stasera?
Marij: certo, certo; (sorridendo) contiamo su di voi per divertirci…
Sasha:(rivolto a Marij) saluti Vassilij, se lo trova, e gli dica che aspettiamo anche lui… (rivolto ai suoi due compari) andiamo! (si volta e se ne va dalla parte opposta della SSa)
K.:(a Marij) saluti! (se ne va saltellando a piedi uniti)
Bousha:(a Marij) arrivederci! (fa un paio di ruote e piroette e se ne va anche lui)
Marij:(un po’ sconsolata) arrivederci, arrivederci! (li saluta con la mano e se ne va dietro alla SSa)


SCENA VIII

Fondo nero. Sopra una pedana di tre, quattro scalini c’è l’Imperatore nudo, in ginocchio, con le mani legate. Da una parte Padre Jeronimo legge da un libro, mentre dall’altra il Messaggero dell’Imperatore declama. Luce solo sull’Imperatore, su Padre Jeronimo e sul Messaggero, il resto in ombra.

Jeronimo e il Messaggero: Il Conquistador oltrepassa la foresta e con l’aiuto delle popolazioni asservite raggiunge la capitale. L’Imperatore gli si assoggetta senza opporre alcuna resistenza e viene imprigionato e ucciso nel suo stesso palazzo.

Inizia una musica di tamburo; una luce dorata si diffonde per tutta la scena. Arrivano i ballerini che rappresentano il calendario sacro e danzano attorno alla pedana in modo molto disordinato. Arriva il Conquistador reggendo una foglia di palma e brandendo la spada. Padre Jeronimo gli va incontro, si fa dare la spada e lo benedice, poi si volta verso l’Imperatore e benedice anche lui, quindi si mette in disparte a osservare. Il Conquistador sale lentamente i gradini della piccola pedana e altrettanto lentamente, in modo del tutto impassibile, schiaccia a terra l’Imperatore con la foglia di palma, poi se ne va a passo deciso; l’Imperatore non oppone resistenza e quasi fa per ricoprirsi della foglia di palma. La danza si fa sempre più ordinata e coesa. L’Imperatore, un gesto per volta, si alza, mentre il Messaggero sottolinea il tutto percuotendo il terreno con il suo lungo bastone. Quando l’Imperatore si rizza in piedi del tutto il Messaggero da l’ultimo colpo, la musica finisce e i ballerini si prostrano a terra. L’Imperatore scende dalla pedana sempre incatenato e se ne va tra il pubblico in silenzio. Gli altri se ne vanno dalla parte opposta. Da ultimo Padre Jeronimo, ormai solo, osserva interdetto il libro e la spada che ha in mano, poi alza gli occhi al cielo.

Jeronimo:(mormorando) abbi pietà, Signore, di quanti non hanno saputo raccontare ciò che hanno visto (e se ne va).
SCENA IX


Sasha e K. ubriachi. K. ritto in piedi, fermo; Sasha gli passeggia attorno gesticolando. Parlano contemporaneamente, uno sull’altro.



Sasha: c’era nera, bianca e blu, ma non rossa; rossa sarebbe stata improponibile, sarebbe stata una bestemmia, come un’abiura di Giovanna d’Arco; sarebbe stata forse anche più spiacevole e se nessuno avesse detto niente sarebbe stato ingenuo e un bel po’ ridicolo. Per essere matura avrebbe dovuto essere rosa confetto tenue; se ci fossimo accorti l’avremmo dovuta cercare noi stessi... in questa improbabile ipotesi, i noi fantomatici saremmo andati là e avremmo detto così è cosà, colà è così, costì è così, così è così e poi a far festa... 

K.: che bello stormo di corvi nel cielo di quell’aprile, di quei vent’anni, e allora sapevo dove ero e che sarei stato riguardoso, come quel rosso là... non è il terribile a spaventare, ma stupisce che ce ne si stupisca. Resta sempre ancora così niente che ci si dovrebbe pensare a farne qualcosa; come i caribù in estinzione si sono fatti fuori tutto e muoiono affamati... non c’è mai stata bontà a sufficienza, non siamo mai stati buoni con noi stessi, ma ci sono sempre piaciuti tanto gli stormi di corvi, anche se sono cornacchie da noi in nord Italia. 



Ora le battute sono alternate.

Sasha: te l’avevo detto, K., di procurare qualcosa... ora cosa gli diamo, pane e acqua?
K.:(rivolto a Bousha che non c’è) Bousha, va’ a prendere qualcosa subito subito, appena si riprende.

E ora nuovamente vengono pronunciate una sull’altra.




Sasha: il giorno dopo saremmo tornati là e avremmo detto di qui è di là, di su è di giù, di giù di giù... di giù di giù di giù e il mondo sarebbe stato diverso e sicuramente migliore... ebbene noi non lo vogliamo e non faremo neanche la fatica di dire “io” e “chi mi ama mi segua”, non perché siamo in molti, ma piuttosto perché c’è poco spazio da perdere e l’inquadratura è ristretta, il campo troppo corto... (continua a passeggiare senza fare caso a quello che K. sta dicendo)

K.: mangiano frutta secca e semi rinsecchiti o anche nuovi, ma così gialli e verdi e bruni da mettere solo in imbarazzo. Non c’è da elargire le proprie grazie, prego, troppo frettolosamente; doni rari e proteiformi ci guardano di continuo, ci donano il loro sguardo ammiccante e lusinghiero, ma... “deponi la tua vanità, deponila ti dico”, i vecchi buoni consigli dei profeti andrebbero almeno ascoltati, se non cercati nel deserto, giacché non sappiamo neppure dove sia il deserto, né da quando... 


Arriva Bousha, molto ubriaco anche lui, ascoltando una radiolina e cambiando spesso frequenza.

Bousha: è completamente andato… è andato e basta…
K.: anche lui? ha fatto solo bene.
Bousha: …e ha detto che non ha più bisogno di niente.
Sasha: beh, anch’io… forse.

C’è una pausa (dieci secondi) in cui si sente solo la radio fissa su una stazione; poi Bousha ricomincia a cambiare spesso frequenza e ci sono alcuni commenti su quello che si sente alla radio, ma pochi e a mezza voce; l’importante è che si continui a cambiare stazione; il tutto dura non più di sei minuti. Al termine arrivano le lavandaie, molto contente e spensierate. Sono tutti molto rilassati; solo K. va a vomitare un po’ in disparte.

Prima lavandaia: oh, carissimi… che bella festa che ci avete organizzato, signori!
Seconda lavandaia: si, si, proprio bella… grazie.
Sasha: grazie a voi, signore, delle… leccornie che ci avete offerto…
Prima lavandaia: proprio un bello spettacolo…
Bousha: solo un paio di scene… tanto per movimentare un po’ il tutto…
Terza lavandaia: ma non era Beckett, vero?
Sasha:(come per modestia) no… no… sapete che…
Bousha: …a noi Samuel Beckett non interessa poi tanto…
Prima lavandaia: è così bello Beckett, o era Brecht? Non ricordo più bene…
K.:(ad alta voce, quasi come un’invocazione) Beckett, Beckett!
Terza lavandaia: sapete della signorina Marij e di Vassilij?
Bousha: che meraviglia! È molto bello…

Tutti annuiscono contenti, tranne K., ma solo perché vomita ancora un po’.

Seconda lavandaia: abbiamo qui un po’ di avanzi della cena di stasera… magari gradite uno spuntino più tardi…
Sasha: voi ve ne andate già?
Bousha: così presto?
Prima lavandaia:(in tono rassegnato) assolutamente. Domani lavoriamo tutte quante e sapete che c’è chi ci controlla…
Sasha: capisco… (Bousha da di gomito a Sasha come per incoraggiarlo) forse potremmo accompagnarvi un po’… è così buio stanotte…

Le lavandaie si scambiano un sorriso di intesa e iniziano ad incamminarsi. La Seconda lavandaia va a prendere K. e lo porta via con sé.

Prima lavandaia: buona notte, signori; a domani.
Terza lavandaia: buona notte.
Sasha e Bousha:(scambiandosi un bel sorriso tra loro) buona notte! (poi seguono le donne)


SCENA X

Scena molto buia, a lume di candela. Al centro ci sono Padre Jeronimo, che regge un candelabro, Pedro, che giocherella con una grossa moneta d’oro tintinnante (ha anche appeso alla vita un sacchetto che tintinna continuamente), il Conquistador. Restano illuminati solo loro, soprattutto i volti, mentre tutto il resto è nell’ombra più fitta possibile. Parlano tutti a mezza voce, tranne dove espressamente indicato.

Pedro:(in tono euforico, non riuscendo a trattenere un gran sorriso) e chi ha più bisogno del Cippango? Abbiamo l’oro dei re del nuovo mondo… siamo noi i re del nuovo mondo!
Jeronimo:(sconfortato) questa Atlantide ci sommergerà, da suoi re che siamo… e allora ci sarà poco di cui gioire…
Conquistador:(interrompendolo, un po’ concitato) prete, prete mio, mio prete! (afferrando Padre Jeronimo per i gomiti e scuotendolo con forza, con un gran sorriso) Credi in me e benedicimi! (pausa, poi rivolto a Pedro) Pedro, è tutto nostro?
Pedro: si, Conquistador!
Conquistador: e noi non avevamo niente!
Jeronimo:(secco, scettico) non hai ancora niente e ti stupisci…
Conquistador:(trattenendosi dall’urlare di gioia) io posso toccare tutto questo…
Pedro: possiedo quello che mi sono preso, Padre!
Jeronimo:(come sopra) Pedro, contentati di quello, perché non avrai altro.
Pedro:(smettendo di giocherellare con la moneta, ad alta voce, scocciato, più che adirato) Prete…
Conquistador:(dando di gomito a Pedro) Ssch! (poi nuovamente a mezza voce, lentamente) quanto abbiamo dato, noi, per avere così tanto…
Jeronimo:(sempre nello stesso tono, chinando la testa. Non la rialzerà più) smettila di credere in una tua rivincita; oramai te la sei giocata. Forse, se fossi rimasto agli ordini del viceré… avresti avuto la tua vita, se mai qualcuno ce l’ha; qualcosa di tuo… invece hai scelto la Storia; e lei ti ha preso, senza esitare…
Conquistador:(amareggiato) Jeronimo, lasciami un po’ in pace; non ti levare come la nottola di Minerva al tramonto, ad inquietare gli illusi... agli ipocriti concedigli questa notte, te ne prego! Pedro, portalo via e va’ a divertirti anche tu.
Pedro:(efficiente) agli ordini. (prendendo Padre Jeronimo per un braccio) Andiamo a berci qualcosa Padre, offro io!
Conquistador:(prendendo un pezzo di candela dal candelabro) lasciatemi questo… e la tua borraccia di acquavite, Pedro!
Pedro:(sfilandosi la tracolla della capiente borraccia e porgendola al Conquistador) Buona notte! (poi si allontana con Padre Jeronimo)

Il Conquistador, senza guardarli mentre se ne vanno, sistema a terra la candela e inizia a tirare una lunga sorsata dalla borraccia di Pedro; poi si siede nel cerchio di luce della candela a bere con calma.


SCENA XI

Inizia ad albeggiare, il fondo si schiarisce e un gallo canta. Il Conquistador spegne la candela, ma non molla la borraccia. Compare sul fondo, alle sue spalle, la Malinche.

Malinche:(glaciale) hai visto le conseguenze delle tue azioni? (pausa) …senza un briciolo di… possibilità… di magnificenza…

Il Conquistador si volta con calma a guardarla con indifferenza. La Malinche gli si avvicina lentamente e quando è a un paio di passi di distanza si ferma, turandosi il naso.

Malinche:(un po’ beffarda) Conquistador, ti sei preso la sbornia?! Te la sei presa da solo, come un pezzente lungo i moli del porto, nella merda, tra i topi; e ti piace, o se ti piace!
Conquistador:(senza reazioni brusche, completamente ubriaco, mettendosi in ginocchio rivolto alla Malinche, spalle al pubblico, ancora con la borraccia in mano) mi piace eccome, puta; e mi gongolo, mi giro, mi rigiro nel fango (buttandosi per terra si rotola sul posto ricoprendosi di terra), grufolo (fa il verso del maiale e intanto le si avvicina a gattoni), do fuori di matto, puta, do fuori di matto, da matto, di matto, puta!
Malinche:(spaventata, si copre la bocca con le mani per trattenersi dall’urlare; poi, con un filo di voce, disperata) alzati! (pausa; poi, in un crescendo di tono e di volume, dal disperato all’imperativo) Alzati, alzati, alzati, alzati! Per dio alzati, dove sei, dove credi di essere, pezzente?! (intanto lo ha messo in piedi) Sei ai piedi del tempio di Huitzilopochtli, del sole e della luna! Sei un cane, una bestia, (isterica) sparisci! (inizia a spintonarlo, per spingerlo indietro fuori dallo spazio di scena) sei un verme, un cane bastardo; fai schifo al mondo, vattene!
Conquistador:(che fino adesso ha subito ebete; gridandole contro, ma senza la forza di opporle resistenza) troia, che vuoi? Ma cosa vuoi, puta? Guardati! (le sputa addosso) fai schifo come me, più di me, e sei una lurida puttana!

Pausa. Il Conquistador ansima un po’ a occhi bassi, mentre la Malinche ha smesso di spingerlo e lo fissa calma.

Malinche:(in tono pacato) vieni via ti dico, vieni via (lo prende per un polso e lo porta via uscendo dal fronte della scena, tra il pubblico; il Conquistador barcolla evidentemente ubriaco, ma calmo).

SCENA XII

Si radunano poco a poco in scena quante più persone possibili che attorniano la SSa in un brusio generale (curioso, impaziente, scocciato), che fa da sottofondo al tutto. Tutti vestiti di nero neutro, tranne la SSa, Marij e le lavandaie. Si sente in lontananza anche un altoparlante che avverte di un imminente attacco aereo e poi una sirena d’allarme, di cui nessuno si cura, come già in precedenza dell’altoparlante. In prima fila ci sono Sasha, K., Bousha e Marij. Davanti a loro c’è la SSa che dopo un po’ inizia a parlare a tutti, andando su e giù di due o tre passi nello spazio restante, sempre più concitata, magari oppressa, gesticolando con il suo frustino.

SSa:(all’inizio con tono da ramanzina infinita) perché non c’è la minima possibilità che facciate qualcosa, di riuscire a farvi fare qualcosa? Che c’è, che avete? Mostratevi collaborativi; almeno datemi una mano! Se non ci fossero che casi d’emergenza, so che vi dareste da fare, che potrei contare su di voi; ma signori! Così come si fa, dico io, come si fa?! (pausa, poi infervorata) quando la vostra nazione, la vostra patria, vi chiama, voi prendete e andate in barca al fiume, come giovani innamorati. Che vi succede? Che c’è? Non potete sentire il cuore battervi nel petto al pensiero della vostra… della vostra piccolezza, piccineria? (un po’ schifata) siete come invalidi, gli invalidi del mondo, signori! (montando retorica e accalorata) ma ci sarà di che darvi da fare, o se ci sarà! Altro che “non beviamo, non fumiamo a buon mercato…”. (ormai sguaiata) C’è un’etica, una gioia… ve ne darò a sazietà, e se non basta, ancora, ancora e ancora! Finchè da soli ne vorrete e io sarò lì per voi, per voi, (in pianto isterico) per voi, per voi, per voi………

Tutti sono tra il divertito, l’attonito e lo scandalizzato. Sasha e Marij cercano di calmarla, finché K. e Bousha non la portano via praticamente a forza, seguiti da tutti.