IL MONOLOGO INTERIORE

Atto unico di

Francesco Delle Donne



Entrano in scena correndo un uomo ed una donna che scappano in direzioni diverse per sfuggire alla presa di un terzo uomo che tenta di acciuffarli.
Il terzo uomo, lo chiameremo regista, non fa che afferrarne uno e poi piazzarlo al centro della scena, dopo di che prova a fare lo stesso con l’altra, mentre il primo ha già ripreso la fuga.
Dopo diverso tempo e fatica li agguanta finalmente assieme e li dirige al centro del palcoscenico faccia a faccia, costringendo i loro corpi uno di fronte all’altro e i loro occhi ancora sfuggenti a guardarsi.
Gli attori non guarderanno mai il regista direttamente, pur udendone la voce.

Regista: 
Bene, si parte! Avanti... forza!
Fatemi vedere. La voglio fatta per bene. Niente scuse.
Dovete sentirla dentro. La voglio sentita. Dovete farvi attraversare da quello che dite, da ogni parola. Il dialogo... ecco cosa conta: il dialogo!
(Recita le ultime battute con un certo fiatone dovuto alla corsa)
Allora ci siamo (batte le mani), fatemi vedere!

Lui: Di una cosa sono persuaso: il tempo è passato, mia cara, ma dobbiamo ritrovare la forza per cambiare e...
(Recita queste battute leggendo su pochi fogli che si è ritrovato addosso frugandosi ansiosamente nelle tasche: ma ogni parola è sforzata e detta con estrema difficoltà)

R.: No! no! no!, via questi maledetti copioni... (con un gesto violento della mano sbatte per terra i fogli che lui e lei(?) stringono con preoccupazione tra le mani)
Parola d’ordine: improvvisazione; dovete entrare nei personaggi, le parole verranno da sole, se ci crederete!
Avanti! Quando siete pronti. (con tono meccanico)

Uomo: Cambierò, vedrai che cambierò!

Donna: Ambarabacicciccocco

Uomo: Mi hai sentito, ti ho detto che sarò diverso, che cambierò!

Donna: Nella vecchia fattoria ia ia hooo...

R.: Sarò diverso? Questo dici ad una donna nelle sue condizioni?
Parlale, parlale!

Uomo: Ma ti giuro, amore. Parleremo, parleremo e parleremo...

Donna: La Marianna la va in campagna finché il sole tramonterà, tramonterà...

R.: Ma ho bisogno di parole nuove, di parole vere!
E di fatti!

Uomo: Ho un’idea: Se ti va facciamo un bambino, anzi no... due bambini, facciamo due bambini! 

Donna: Eh? Eh eh eh (ride): Hai bisogno di due bei figli?
E noi in offerta ti regaliamo tre nipoti e due bis nonni, una pentola anti-aderente e una maschera antigas con tanto di certificato di sana e robusta disperazione!

R.: Pensi davvero che io voglia questo da te? (da qui in poi fa come per sostituirsi all’attrice)
Guardami: sono infelice, ho trentacinque anni e mi sento un rottame come se ne avessi novanta.
Fammi sentire viva, voglio sentirmi viva: Ne ho ancora bisogno come un tempo:
Toccami...
Questo è il mio sudore, lo senti?
Queste sono le mie lacrime, le vedi?
E queste viscere, queste viscere le riconosci? Queste viscere sanno ancora amare...
Se solo tu te ne accorgessi.
Se solo tu non fossi così cieco, e gretto e finto!

Uomo: (non sa come rispondere e cerca di autoconvincersi): Si è vero... E’ proprio vero:
Sei ancora così bella: che bei denti che hai, ci sono ancora tutti e poi così... bianchi!

Donna: Omino bianco sbianca tutto: e i tuoi capi non li riconosci!

R.: Oh signore, questa poi... Ma non lo capisci? Canto filastrocche come una matta e blatero parole senza senso: Come le tue, come le tue di parole... idiota che non sei altro!

Uomo: Basta, basta, così mi farai impazzire... Ascolta, puoi anche non credermi ma io... io ti amo ancora, è un amore diverso, certo: un amore maturo, trasformato dal tempo in affetto! Succede a tutte le coppie prima o poi! A tutte...

R.: No, no, noooo! Non così, non così! Basta con i luoghi comuni.
Parole vere, dialoghi veri! Devi credere a ciò che dici!

Donna: Non vedo più amore, non sento più amore... non provo più amore!
Non vedo, non sento... non parlo! (imita le tre famose scimmiette)

R.: Sono infelice, tu mi hai resa infelice. La tua assenza: le tue parole non dette, le tue promesse non mantenute! Ma peggio ancora le parole che dici senza capirle, senza sentirle... quelle sono le peggiori, quelle mi trafiggono come lame, mi fanno male dentro! E a poco a poco... a poco a poco mi uccidono!

Uomo: Quanto la fai lunga... (ma inizia ad essere colpito da quelle parole)
Dopo tutto abbiamo una bella casa e un conto in banca che ci assicura la vecchiaia!

R.: Vecchiaia?! Te la puoi tenere la tua vecchiaia!

Uomo: ...Non possiamo lamentarci della nostra vita...

R.: Ma quale vita, di quale diavolo di vita parli?

Donna: La vita dov’è? Dov’è la mia vita?
Signore, ha mica visto la mia vita per caso? Era qui un attimo fa...
Mi spiace. Di qui non passa più: le corse sono finite da un pezzo!

R.: Sola. Tutto il santo giorno in cucina a sognare ad occhi aperti e la sera quando torni a casa non mi degni neanche di uno sguardo! Non fosse per gli altri uomini... altri piccoli ometti come te che almeno i complimenti loro li sanno fare...

Donna: Non vedo più vita, non vedo 
Collirio riecco la vita, riecco!
Non sento più vita, non sento
Apparecchio risenti la vita, risenti!
Non vedo, non sento... non parlo!
Se non c’è vita fuori di te, non c’è vita dentro di te!
Ritrova la vita Berelli, e ritrovi la vita di un tempo!

Uomo: Ma di cosa parli? Quali apparecchi, quali altri uomini?
Che cosa hai fatto? 

R.: Che credevi, che tu fossi l’unico a potermi tradire?!

Uomo: Di cosa parli? Non ti basto io?
Eh, non ti basto io? (adesso è completamente coinvolto, rabbioso e disperato)

R.: Ma tu non esisti, tu non ci sei!
Non ci sei mai stato...

Uomo: Ma ti ho già detto che cambierò, te l’ho promesso...

R.: Cambiare? Ma io non voglio che tu cambi, io voglio te, non voglio un altro, io rivoglio te:
Ti aspetto da una vita! E da una vita aspetto che mi parli dicendomi la verità, la verità, la verità...

Uomo: Ma io sono qui, eccomi... come puoi non vedermi!

Donna: Non vedo non sento non parlo
R.: non vede, non sente, non parla... (scuote il capo, come se stesse per arrendersi)

Uomo: Clara, mi vedi?
Sono qui!
Mi senti, sono qui, 
Ti sto parlando, Clara ascoltami, ti prego.
Non te ne andare 
(lei è rannicchiata con le mani che le coprono la bocca, le orecchie e gli occhi per quanto le è possibile)

Pausa

Uomo: E va bene...
Ti sto parlando di me, di quanto sono stato inetto, di come ho fallito come uomo, mi ascolti adesso?!

Donna: Non vedo, non parlo... (scoprendosi le orecchie)
R.: Ma sente, forse adesso ti può ascoltare... (riacquistando speranza nel tono di voce) 

Uomo: Il cielo non mi perdona, la vita non mi perdona, e neanche io perdono me stesso!
Ma almeno tu, almeno tu perdonami...
Solo di questo ho bisogno... Così poco ti chiedo... così tanto.
Ma so che tu... tu ne sei capace. Sei sempre stata la più forte di noi, tu.

Pausa

Non cambierò, è vero.
Gli uomini non cambiano, ed io non posso cambiare.
Mentirei dicendoti che posso.
E non voglio più mentirti.
E’ vero.
Tu ti meriti altro da me.
Tu ti meriti il meglio.

Donna: Non parlo... (scoprendosi anche gli occhi)
R.: Ma ti sente e ti vede...

Uomo: Hai ragione:
Tu la devi ascoltare la vita, tu la devi guardare...
Perché Clara tu la vita ce l’hai dentro e la devi cacciare.
Perché tu sei la vita, Clara.
La mia vita.

Pausa (il regista indietreggia in diagonale come per lasciare la scena agli attori)

Donna: (scoprendosi la bocca, scrutandolo con sorpresa e incredulità) Allora sei tu? Sei tornato finalmente, amore mio?
Dove sei stato in tutto questo tempo? Pensavo di averti perso. 
(lo tocca con entrambe le mani ricalcandone i lineamenti)
Adesso si, adesso si...
Ti posso di nuovo ascoltare: dove si erano smarrite le tue parole in tutti questi anni? 
contro quali incuranti, piccole orecchie si erano ostinate? 
Ti posso guardare, si, ti vedo, ti vedo chiaramente e ritrovo i tuoi limpidi occhi di un tempo: dove s’erano nascosti in tutti questi anni, tra quanti sguardi non resi, da quali specchi velati? 
Ti posso parlare, finalmente ti posso parlare... 
Ma proprio ora è come se... mi venissero meno le parole... le parole giuste per dirti tutto quello... tutto quello che avrei sempre voluto e non...

Pausa

Perdonami. E’ anche mia la colpa, se questo tempo c’è stato trafugato via così da... dal silenzio.
Lui: Le fa segno di tacere con l’indice della mano destra mentre con il palmo della sinistra le carezza il viso.

R.: Si.

I due si abbracciano commossi e vanno via.

Sia gli attori che il regista si posizionano in tre punti luce differenti e recitano le frasi che seguono in maniera alternata non ricoprendo i ruoli precedenti bensì quelli delle diverse ‘anime’ del teatro.

R.: Adesso si che ci siamo.
E’ stata dura, ma... tutto è bene quel che finisce bene!
Certo, la stanchezza a tratti si fa sentire (si massaggia la schiena), ma in fondo...
ne vale pur la pena! E’ un mestiere che da soddisfazioni, questo.
Guarda l’orologio al polso.
Anche per oggi è finita.

pausa

Questo teatro ha più di mille attori.
Mille... ho detto mille? (ride)
Il palco è un tavolo rotondo, 
e, chi di qua, chi di la,
chi prima, chi dopo,
tutti ci vogliono giocare
al piccolo gioco delle loro parti:

La parte che uno si recita.
La parte che gli altri gli recitano.
La parte che non vorresti mai recitare.
Nel teatro che uno lavora...

Si, lavora... magari un giorno, forse...
Al momento ci mancano i fondi...

Gente, in platea sembra ci sia l’assessore!

Chissenefrega, 
sul palco ci sono i miei sogni.

Il teatro che uno ha di dentro. 
Il teatro che ci sta di fuori.
Il teatro che gli altri ti lasciano da recitare...
Se te lo lasciano, se a loro pare.

Questa sera si recita a soggetto.

La parte che non ti piace,
ma la devi recitare lo stesso.(lei)

Con parole che non conosci,
ma le devi ricordare lo stesso. (lui) 

Se vuoi avere abbastanza fiato 
per veleggiare sul mare del tempo, 
puntando l’isola dei tuoi primi sogni, 
quelli segnati nel centro del cuore... 

Senza rimpianti (lei)
Senza rimorsi. (lui)
Solo uno sguardo nobile e fiero
all’orizzonte dei tuoi desideri (lei) 

La parte che ti sta ‘a pennello’,
da farti male e farti uscire il sangue
a furia di provare e riprovare e riprovare...

Il teatro che uno si conquista 
a fatica, lottando strenuamente,
come un boxer all’ultima ripresa. 

Racimolando sul ring di ogni giorno 
il coraggio di affrontare il nemico
o, anche solo, il più intimo amico. 

E non smettere mai di ascoltare
E non temere mai di guardare 
E non esitare mai a parlare (lei)

Mai (lui)
Mai (lei)
Mai (R.)

La parte che non sai di avere 
e si recita ogni giorno tuo malgrado
negli sguardi della gente che ti guarda
e giudica perplessa il tuo reato.
Uno nessuna e centomila

Ma questa sera siamo andati sotto...
Altro che centomila,
forse neanche cento lire! 

Certo che è dura...(lui)
E come se è dura... (lei)

R.: Signori è la gavetta. 
Somiglia a quella cosa...
Quella che voi chiamate vita:
Da giovinetti è dura,
poi migliora.
Ma certo, poi migliora...

Quando sei vecchio 
puoi fare solo il vecchio.
Nient’altro ti lasciano da fare.

La piccola parte che ti resta dentro
perché sei tu che ce la fai restare,
imprigionata nella morsa dei ricordi:
Il bambino giocoso che è in te,
e che ogni giorno s’affaccia sbalordito,
col capo chino oltre lo sconfinato telo
per controllare che il pubblico
sia giunto.
Fa un giro vorticoso attorno al palco,
correndo come un folle oltre il sipario.
Tira la palla dei suoi sogni in alto
con la speranza che non torni più. 
E, incredulo, si accorge del miracolo:
Quegli occhi emozionati
e quelle mani 
che, di nascosto, 
risuonano nel buio.

Alleluia, lo spettacolo è riuscito,
e questo circo sembra venir giù!

Tiro la palla dei miei sogni al pubblico,
con la speranza che non smetta più.


Sipario