Nan

di

Mauro Eberspacher





Chi sa, spesso non conosce 
e lascia che vento, pioggia e polvere 
sconvolgano il filo dell’esperienza. 


Questo dialogo non ha tempo né luogo né vincoli di età o di aspetto; 
si dipana cercando il proprio tempo 
sotto una pioggia fitta, lieve ed implacabile di sentimenti, 
a tratti scompaginato da un vento teso e prepotente.


Chi sa può imparare qualcosa,
o limitarsi a sognare un’insonnia profumata di desiderio,
delirio di pietà per noi stessi
qui 
e ora.


Personaggi:

Lei
Lui


Lui: È per te.
Lei: Grazie, non dovevi.
Lui: Lo so.
Lei: Carino. Che c’è scritto? “Nan”? Che significa?
Lui: Sono le iniziali di una frase.
Lei: Però: enigmistico!
Lui: È importante, sai? Ho scoperto che non è vero.
Lei: Cosa ?
Lui: Cioè, non del tutto, ecco.
Lei: Ma che cosa ?
Lui: Ti ricordi, alla fine, quando quella diceva “L’amore non è un dono…” ?
Lei: Chi ?
Lui: Non ti ricordi? Un paio di settimane fa…
Lei: Quando? Ah, ho capito! Intendi, alla fine di quella commedia ?
Lui: Sì, quella che vedemmo insieme, che avevamo detto che c’erano tanto piaciute quelle battute, alla fine…
Lei: Ah, già, sì; non ricordo tutte le parole, ma…
Lui: “L’amore non è un dono…”
Lei: “Tu mi hai dato tanto…”
Lui: “…io pure…”
Lei: “…non avanza niente.”
Lui: (tace)
Lei: E allora ? Ah, sono queste le iniziali, Non Avanza Niente: “Nan”.
Lui: Non è vero. Non è vero per niente.
Lei: Guarda che non ti capisco.
Lui: Alla fine qualcosa avanza, eccome. Rimane qui (si tocca in mezzo al petto) infilata come una spina… No, è un male più sordo, come un livido, ma lento, costante… Più della presenza, fa sentire un’assenza, un vuoto di strana natura… e niente è più lo stesso.
Lei: (dopo una pausa) Mi dispiace.
Lui: Davvero ?
Lei: Sì, mi dispiace tanto. Per te.
Lui: Per me ?
Lei: Certo, perché non dovrebbe essere così ?
Lui: No, è che… No, davvero, sai? Io… Non so dire…
Lei: Cosa c’è ?
Lui: C’è che…Io ti guardo negli occhi e capisco, poi giro lo sguardo e non capisco più… È proprio vero che gli occhi parlano, se sai ascoltarli, se vuoi ascoltarli; io nei tuoi vedo un affetto vero, disponibile, senza barriere, ma senza… Ma che dico !
Lei: Senza… senza cosa ?
Lui: È meglio, se parlo. Se mi lasciassi condizionare dalla tua intelligenza, dalla tua capacità di capire, dal fatto che già sai… non parlerei. E se non parlassi con te adesso, non parlerei più, mai più con nessuno, ed allora sì che avrei paura che questo livido si trasformi in qualcosa di duro, inattaccabile, pericoloso, magari, a sua volta. Posso ? Puoi ascoltarmi ? Ne hai il tempo ? Io non lo so se la farò lunga o se basteranno due parole…
Lei: Parla, dimmi tutto.
Lui: Va bene. Intanto, Emma non sa niente. Lo sai vero ? (Lei annuisce) Lo sai, lo sai, certo che lo sai. Ma sai anche che ha intuito la presenza di qualcosa di pericoloso fra me e lei. Così è diventata più affettuosa, non so quanto spinta semplicemente dalla paura di perdermi, o quanto piuttosto da quel meccanismo curioso che ci impedisce di sentire l’importanza di certe cose finché non ne sentiamo, od anche soltanto rischiamo di sentirne, la mancanza e solo allora le si rivaluta rendendole significative, interessanti; desiderabili, perfino. Che cosa buffa: è come se passassimo la vita dentro ad un piccolo mondo bellissimo e alla lunga ce ne dimenticassimo, finché un evento inaspettato non ci trae fuori e ce lo fa vedere dall’esterno: tutto quello che siamo e che abbiamo… Per poco che sia è sempre tanto; lo è solo per noi, naturalmente, che ci vediamo il nostro groviglio di sentimenti e di ricordi, anche se agli occhi di un altro non significa un granché…Scusa, sto andando fuori dal seminato.
Lei: Non preoccuparti, prosegui, ti ascolto.
Lui: Già, tu mi ascolti, mi guardi… Comunque, dicevo, questo non ha cambiato niente del mio rapporto con lei, diventato così difficile, sforzato… Chissà: forse, se avesse potuto concepire l’idea di riconquistarmi con le armi più antiche, se avesse cercato di mostrarsi femmina, al disotto o al disopra della compagnia ormai consolidata che ci facciamo… Chissà ! Da quando Renzo è andato via… Mi sa che lui qualcosa aveva capito.
Lei: Renzo ?
Lui: Già.
Lei: E come ? Tu non hai…
Lui: No, no, non ho mai fatto niente che potesse tradirmi… Né ho mai trascurato nulla nella mia prudenza… Però, forse, buttandola là come un’ipotesi fantascientifica, e magari pensava che fosse una battuta divertente, quando stavamo aspettando tutti insieme, all’aeroporto, si è girato verso Emma e le ha detto: “Oh, attenta a non fartelo scappare, eh? Anche lui mica è da buttare via! “ 
Lei: Ah, sì?! E secondo te…
Lui: No, non dico… Un attimo prima mi aveva detto una cosa analoga su di lei. Ma sai, in quel momento ho sentito un ghiacciolo formarmisi nella schiena ed ho evitato di guardarlo, perché gli occhi, parlano, te l’ho detto…E ho riso, poi, e gli ho dato una pacca sulla spalla “Piantala dài!”. (pausa) Pensa un po’: come se avesse detto una battuta.
Lei: Credi che abbia capito qualcosa?
Lui: Mah, che ne so! Povero Renzo!
Lei: Perché “povero”? Mica è andato in guerra, solo un po’ di tempo e poi torna, no?
Lui: Dicevo così in un accesso di egoismo. La verità è che sono molto contento per lui: non è da tutti ottenere un’offerta così importante a poco tempo dalla laurea. Certo che è lontano, però…
Lei: Ma il mondo è diventato piccolo, ormai: un aereo, un volo, e ci sei. Dovunque! (pausa) Non intendevi in quel senso, eh? Ma non eri tu quello contento, che tirava su Emma, che lo spingeva ad accettare…?
Lui: Eh, ma tra il dire e il fare…!
Lei: Ti manca?
Lui: Mi manca l’equilibrio che portava in casa. Da quando è partito sembra tutto scombinato… fuori sesto.
Lei: …la sua camera è vuota…
Lui: Ah, vuoi dire la nostalgia, il buco dell’assenza? Mah, sì, un po’. Ma già mi mancava il bambino esagitato quando lui, ormai grande, passava pomeriggi e sere con la schiena sui libri, oppure la sua compagnia quando a fare una passeggiata eravamo ormai in due e non più in tre perché con Mamma e Papà, sai che noia… No. Mi riferisco agli equilibri intimi, fatti di un fluire di emozioni e di pensieri che si stabilisce in una comunità così ristretta…
Lei: In una famiglia.
Lui: …una famiglia…
Lei: Perché esiti? La famiglia è importante! L’avessi io…
Lui: E questo è un altro dei grandi misteri. Come mai, cosa c’è che non funziona in te? Sei bella, intelligente, sensibile, hai un corpo incredibile, gli uomini si girano quando passi… Le occasioni non ti mancano, no? Uno che riassuma tutto quello che vuoi trovare in uomo, o che ci si avvicini abbastanza, dovresti trovarlo facilmente, no? (lei tace) Non è così? (lei tace) Non è stato così, vero?
Lei: Lo sai.
Lui: Ci fossimo incontrati prima…
Lei: Forse non ci saremmo notati.
Lui: Parla per te! Io ti avrei notata, mi sarei girato…
Lei: …ti saresti beccato una sberla da Emma…
Lui: Può darsi. Ma visto che ne sarebbe valsa la pena, a qualche risultato importante avrebbe portato; forse sarebbero venuti alla luce un po’ prima alcuni dei problemi che invece sono scappati fuori più tardi… molto più tardi…
Lei: Troppo tardi.
Lui: (pausa) Io non sono l’uomo adatto a te.
Lei: In che senso?
Lui: Non sono libero.
Lei: Che intendi?
Lui: Sono sposato.
Lei: E poi?
Lui: Non ti basta?
Lei: Mi basterebbe se tu mi dicessi che non sei libero per me, che non hai sentimenti da dedicarmi; oppure che in testa hai solamente tua moglie o tuo figlio o… che ne so: la tua auto, il tuo cane, il calcio, la palestra… Se tu mi dicessi che non c’è spazio per me. Ma questo tu non l’hai mai detto. Perché?
Lui: Non … non saprei…
Lei: Davvero?
Lui: (pausa) Cosa t’aspetti di sentire?
Lei: (pausa) È pericoloso tutto questo.
Lui: Forse per te più che per me. Io un porto in cui rientrare ce l’ho.
Lei: Bel porto! Pieno di mareggiate e tempeste, con correnti insidiose e maligne…
Lui: Non parlare così, non è da te!
Lei: Come dovrei parlare? Lei ha te, ha tutto quello che vorrei io: perché dovrei parlare in un altro modo? Perché non vorresti mai sentirmi parlare con astio, con rancore, con odio?! Non esiste un concetto di odio più elementare e preciso: lei ha quello che spetta a me! E non dovrebbe! Tu ami…
Lui: Non dirlo!
Lei: (lentamente) Tu ami me. (pausa) Non esiste sensazione più grande e completa, credimi. Me lo dice il tuo sguardo, me lo ripete ogni volta che mi guardi. Io cerco di convincermi del contrario: “sono io che mi sto suggestionando, mi piacerebbe, non è così”… Altroché se gli occhi parlano! I tuoi, poi, sono dei chiacchieroni logorroici…
Lui: Chiacchieroni logorroici! (ride) Come t’è venuta in testa!
Lei: Ma sì: prima che tu dica una cosa io so dai tuoi occhi di che si tratta… No! Non dirlo! Me l’hanno già detto loro. Quanto dolore e quanta tristezza in questi laghi profondi e scuri, adesso. È per me tanta amarezza? Sì. Ancora prima che tu parlassi me l’ha confermato quel velo che li ha coperti appena appena… Tu non lo sai, ma quando ti viene in mente un’ironia, quando ti salta in mente un’associazione di mente assurda, strampalata, ed il tuo umorismo stralunato scappa fuori, io già rido, rido dentro, per il divertimento che le tue iridi mi ci riversano! E quanto spesso capita! Sia benedetto il cielo che t’ha dato il dono di capire com’è vitale giocare, cogliere la vita nel divertimento di un attimo…
Lui: Anche tu.
Lei: Sì, anch’io amo ridere, alleggerire l’animo con qualche stupidaggine.
Lui: Mi piace come ridi.
Lei: Dicono che ho una risata allegra! Perché: esistono risate tristi?
Lui: Non saprei, ma tu sei contagiosa, mi arrivi dritta allo stomaco…
Lei: …e ti faccio digerire meglio!
Lui: Come no? “Mi raccomando: tre volte al giorno dopo i pasti”.
Lei: (pausa) Quante volte?
Lui: (pausa) Chi era a dire che tutto questo è pericoloso?
Lei: Quante volte, rispondi.
Lui: Tre. Dieci. Quarantadue, settantaquattro, millenovecentocinquantacinque…
Lei: Solamente?
Lui: No, di più.
Lei: Un pochino?
Lui: Anche di poco, ma: di più.
Lei: Che strano, adesso non mi viene da ridere.
Lui: Solo perché ti sei distratta.
Lei: Mmm?
Lui: A guardarmi: non devo essere un granché, adesso.
Lei: Ma se stai benissimo!
Lui: Mai quanto te!
Lei: Sono spettinata.
Lui: Lo sei sempre, con i capelli che hai non potresti riuscirci neanche…
Lei: Sono strabica.
Lui: Chi non lo è un po’?
Lei: Poetico, sai? Bravo, molto poetico. Shakespeare c’avrebbe fatto una commedia sui miei occhi!
Lui: Io ci costruirei una vita.
Lei: (superando la commozione) Povere ciglia mie! Sostenere tutto questo peso!
Lui: E poi le tue mani…
Lei: Sono piccole!
Lui: Sono morbide, e sensibili. Le sento ancora intrecciate alle mie. Sempre.
Lei: Sempre? (lui tace) Anche quando…
Lui: Non dirlo, non serve.
Lei: Anche quando non sono le mie?
Lui: (pausa) Anche allora.
Lei: (pausa) …e…e poi non ho equilibrio!
Lui: Ma se balli benissimo! Hai fatto danza per tanti anni, la fai ancora!
Lei: A quest’ora avrei dovuto essere più brava della Fracci, no? Macché: la verità è che sono brava, faccio la mia figura, ma solo perché ho tanto tantissimo esercizio alle spalle.
Lui: Tantissimo?
Lei: Tantissimissimo!
Lui: Bene. A questo non so che rispondere, non me n’ero mai accorto; tutte le volte che abbiamo ballato…
Lei: Tutte le volte?
Lui: Sì, insomma, mi eri sempre sembrata bravissima.
Lei: Ma quando abbiamo mai ballato noi due?
Lui: Eh, sapessi! Un milione di volte, e nelle situazioni più estreme! 
Lei: Ma che dici…?
Lui: Non ricordi quel valzer a Salisburgo…
Lei: Salisburgo?
Lui: Ma sì, al ricevimento del console del Paraguay… 
Lei: …del Paraguay?
Lui: …che era tutto preso dall’idea di Francesco Giuseppe e di Sissi e così aveva organizzato un Gran Ballo e noi siamo stati tanto bravi che tutti si sono fermati e l’orchestra suonava solo per noi…
Lei: …solo per noi… 
Lui: … e giravamo, giravamo… Ma non ce ne accorgevamo mica, sai, perché io ero preso a guardare i tuoi occhi e tu i miei e ce l’hanno detto dopo che avevamo fatto un figurone!
Lei: Ma tu sogni!
Lui: Oh! Vedi che non finisci mai di conoscermi? 
Lei: Sei matto davvero.
Lui: No! Sognare di ballare con te, non è follia. Tutt’al più… un pio desiderio!
Lei: E non hai sognato altro?
Lui: Mmm, vediamo: un viaggio avventuroso di quelli con tende, cammelli…
Lei: E nessun baratto con i cammellieri?
Lui: Spiacente, mi offrivano troppo poco per te.
Lei: Vediamo, fino a dove s’è spinta la trattativa?
Lui: Tutto il deserto. Tutto il mare. (pausa) Tutto il mondo.
Lei: Non devi dirmi queste cose.
Lui: Perché? Perché ti fa male?
Lei: Lo sai. 
Lui: E a me non ha fatto male svegliarmi tutte le mattine senza te vicina? In mezzo alle notti ritrovarmi sveglio con l’idea folle, questa sì, di telefonarti, solo per sentire il tuo respiro dall’altra parte di un telefono. Per sapere che c’eri.
Lei: Lo sapevi.
Lui: Può darsi, può darsi di no, può darsi che non lo sapessi abbastanza. Può anche darsi che i tuoi silenzi mi abbiano riempito d’angoscia, che quest’angoscia abbia riempito il silenzio con un tumulto d’idee, che quest’ultime abbiano cominciato a litigare fra di loro fino a confondersi in un guazzabuglio senza forma… Da cui emergevi sempre tu, sempre tu… Perché non rispondevi alle mie telefonate? Perché? (lei tace) Diciamo che lo so già, ma che vorrei sentirtelo dire. Dài.
Lei: (pausa) Ma se già lo sai…
Lui: Non lo so finché non lo dici.
Lei: Che cambia?
Lui: Finché pensi le campane suonano solo in testa, ma se parli i rintocchi percorrono la terra…
Lei: …sfiorano le montagne
Lui: …carezzano le onde
Lei: …volano sulle nuvole
Lui: …ti piombano in testa. Come un macigno.
Lei: Non potrebbe essere meno grave?
Lui: Scusa, ma in questo caso non saprei. No. Mi sembra più facile il contrario.
Lei: (pausa) Quindi tu vuoi che dica…
Lui: Non ti preoccupare per me, non ho paura.
Lei: Tu no .
Lui: Ne ho per te, è chiaro, ma non posso più permettermi di sopportare l’incertezza; ed anche per te è meglio che tutto sia chiaro dalla mia parte; cosa diventerebbe tutto questo se venisse guastato da una mia cattiva interpretazione?... No, davvero, non è più tempo di reticenze. Per favore.
Lei: Allora, visto che proprio devo…
Lui: Devi solo quello che vuoi.
Lei: Ma se non voglio…
Lui: Scusa, no, non ce la faccio… 
Lei: Ma dove vai?
Lui: …non riesco a sopportare questa distanza… 
Lei: Aspetta.
Lui: Tu, mi parli di una volontà diversa dalla mia su qualcosa che ci dovrebbe legare così strettamente, così… insieme, una cosa sola… Io non riesco ad immaginare una distinzione tra te e me. Leggi nei miei occhi? E che ci vedi adesso? Cosa ho in mente, ora? Ci vedi qualcosa di distinto da te? Adesso, di sicuro. Prima no, eri in me, io in te, ma ora… Mi hai staccato, allontanato…
Lei: …diviso, lacerato, stracciato, distrutto…
Lui: …no, aspetta…
Lei: …sparpagliato, disperso, confuso, evaporato…
Lui: No, ti prego, non così…
Lei: (pausa) Non sai cosa vuol dire sentirsi arrivata finalmente a destinazione e scoprire che non puoi rimanere perché… solo perché è tardi e quel che doveva succedere è successo. Come puoi immaginare il dolore, lacerante, come un parto, che ho dovuto sopportare per non rispondere alle tue telefonate, ai tuoi messaggi? Ed ogni volta era una nuova ferita, più profonda e velenosa della prima, ogni volta era una caduta più giù in un baratro senza fondo… Finché… finché non ho più sentito la caduta e non sapevo più in che direzione cadevo…
Lui: E continuavi a non rispondermi…
Lei: …e continuavo a morirne…
Lui: …e non sapevo più chi ero…
Lei: …né dove mi trovavo…
Lui: …né cosa pensare…
Lei: …né cosa provare, qui dentro…
Lui: (pausa) Potevi dirmelo, semplicemente.
Lei: E tu potevi capirlo, semplicemente.
Lui: (pausa) Non ci siamo riusciti, eh?
Lei: A cosa?
Lui: Ad evitare di farci del male.
Lei: Già: “facciamoci del bene” avevi detto. Ti ricordi?
Lui: Come fosse ora. Sedevamo su quella panchina…
Lei: …davanti al panorama notturno della città…
Lui: …tu mi tenevi la mano…
Lei: …intrecciata alla mia…
Lui: …sulla tua gamba…
Lei: …sul mio grembo…
Lui: Davvero?
Lei: Eh?
Lui: Davvero me la tenevi lì?
Lei: Non te n’eri accorto?
Lui: Porca miseria, no! Se me ne fossi accorto pensi che sarei riuscito a starmene buono e tranquillo?
Lei: Perché? Che cosa pensavi di fare?
Lui: T’avrei carezzata per un po’, poi sarei risalito prima sul ventre, avrei sfiorato il seno e ci sarei rimasto, poco. Poi, con un movimento rapido e naturale, la mano sarebbe scivolata sulla schiena, t’avrebbe stretta a me e t’avrei baciata… Ecco cosa. Non dici nulla?
Lei: Bello!
Lui: Chissà com’è baciarti.
Lei: È stato meglio così.
Lui: Beh, a questo punto sono così confuso che potrei anche darti ragione.
Lei: Va bene così.
Lui: (pausa) Lasciamelo dire: la nostra castità è stata più erotica e scandalosa che se avessimo fatto l’amore.
Lei: Secondo te non l’abbiamo fatto?
Lui: Ed è stato molto peggio, perché non abbiamo fatto altro che caricarci di desiderio senza sfogarlo mai.
Lei: Parla per te!
Lui: Perché, tu…?
Lei: Non te lo direi mai.
Lui: Con chi?
Lei: Non te lo dico.
Lui: E dài, dimmelo!
Lei: Io a te non l’ho chiesto.
Lui: (pausa) Ah, già, hai ragione. Ancora una volta hai ragione tu.
Lei: E allora?
Lui: Allora, allora… Non resta che separarci, credo.
Lei: Sì, s’è fatto tardi.
Lui: Mi aspettano a casa.
Lei: Ho promesso al nipotino di raccontargli una favola prima di dormire.
Lui: Potresti raccontargli questa.
Lei: Quando sarà più grande. Ma dev’essere cresciuto parecchio, però.
Lui: (pausa) Me la dai la tua mano?
Lei: Potresti non restituirmela…
Lui: No, ci faccio un giro poi te la riporto, giuro!
Lei: Stupido.
Lui: Cretina.
Lei: Scemo.
Lui: Deficiente.
Lei: Imbecille.
Lui: (tace) 
Lei: No!
Lui: Amore mio.
Lei: L’hai detto!
Lui: Cos’altro ho detto finora?
Lei: Lo sai che hai fatto?
Lui: T’ho detto addio.
Lei: E se ci rincontreremo?
Lui: Ci saluteremo, magari con una battuta spiritosa.
Lei: E io riderò…
Lui: Meglio di no .
Lei: Perché?
Lui: Potrei non resistere.
Lei: Giusto. Sì. Allora sarò compìta e timida come una scolaretta.
Lui: Oddio, certo che oggi le scolarette…
Lei: Che schifo: sbirci le ragazzine, adesso?
Lui: No, che c’entra, ma se un’adolescente va in giro con il culo di fuori e ti sbatte le tette, anzi il reggiseno, sotto il naso, mica puoi far finta di non accorgertene.
Lei: Certo che non te ne devi accorgere!
Lui: Perché, gelosa?
Lei: Io?
Lui: Tu.
Lei: (pausa, poi scoppia a ridere) 
Lui: (aspetta che lei finisca, poi) Grazie.
Lei: Grazie a te.
Lui: Potevo essere molto più sfortunato.
Lei: In fin dei conti… penso proprio di sì. S’è sciolto?
Lui: Cosa.
Lei: Quel coso brutto freddo e peloso che avevi nel petto?
Lui: Cosa? Ah, sì, molto meglio ora dottore, la ringrazio.
Lei: Non mi devi ringraziare.
Lui: (pausa) “L’amore non è un dono…”
Lei: “tu mi hai dato tanto…”
Lui: “io pure…”
Lei: “non avanza niente”.
Lui: …non è vero.
Lei: Ricominci?
Lui: No, è che… l’amore ti cambia.
Lei: (pausa) Profondamente.


FINE