NEUROTICA IN NEW YORK

di

Alessandro Varani


Una SPOGLIARELLISTA sul fondo del palcoscenico, vestita da cameriera - camicetta bianca e pantaloni neri - si spoglia ballando intorno a un asta metallica un pezzo gangsta-rap di 2PAC. Si lascia cadere i pantaloni - restando in tanga - e se li toglie lentamente... Poi si sbottona la camicetta restando a seno nudo...
Buio su di lei e luce su...
...GLORIA, quasi in proscenio, seduta nel parlatoio di un carcere. È una donna di circa trent’anni, vestita con una casacca e un paio di larghi pantaloni grigio-verdognoli da detenuta. Si rivolge a un’amica che si trova “dall’altra parte”. Mentre parla assume spesso atteggiamenti sguaiati.

Comunque, ti posso dire una cosa? ...Ogni volta che pisciava io praticamente c’avevo lo spray con la varechina... Io, ogni volta andavo... e prima che mi sedevo in bagno: varechina! perché mi fai schifo! (Pausa). Cacava...? Mica tirava la catena...! È stato un incubo vivere con quest’ebreo...! Poi - capirai - io su queste cose sono come una pazza...! (Pausa). Eh-no! aspetta... Aspetta, io c’ho la spugnetta della vasca sulla vasca... quella del lavandino sotto il lavandino... Poi c’ho tipo la bottiglia della varechina con sopra la spugnetta. Poi c’ho i guanti, quelli proprio per il bagno... Prima faccio il lavandino, la vasca... poi il bidè. Poi, dopo, quando li lavo - vabbe’ - la cosa s’è seccata. (Pausa). Certo, l’ho visto io. Le mie amiche, dentro gli hotel... sai che facevano...? Con uno straccio puliscono tutto...! Insomma, cioè, ti vai a fare il bidè dentro a un bidè che c’hai lavato con la spugnetta che hai passato sulla tazza?! (Pausa. Si autocompiace). Io con il bagno sono una pazza... Una pazza...! La vasca - dico - hai visto quando viene la schifezza, la sugna...? La sugna, quando ti ci lavi due o tre volte... Ecco: con l’acido muriatico diventa bianchissima. (Pausa). Splendida! Per me la pulizia del bagno è una cosa...! Io, non so... (Ridacchia soddisfatta). Io godo quando pulisco!


Forte flash di luce.


Ci sono bacarozzi e topi in tutti gli appartamenti del centro, a New York... Io mi ricordo, tornavo alle quattro di notte... (Pausa). Chissà, le tubature sono vecchie... Insomma, tu lasci una briciola fuori e i bacarozzi e i topi vanno a festa! (Pausa). Non puoi lasciare niente - t’ho detto - neanche le briciole nel lavandino...! Solo se non c’è niente da mangiare non li trovi nell’appartamento. (Pausa). Certo che li ho uccisi! (Ci ripensa, dispiaciuta). Cinque topi...! Con le trappole. Un giorno compro un pacchetto di patatine... Lo lascio sulla mensola, vicino al lavandino... C’è questa mia amica che è una culturista... Questa con cui vivevo dopo essermene andata dalla casa di Joshua. E questa non mangia nemmeno carne, mangia solo questi frullati iperproteici. Cioè una culturista, no? ...Arrivo, dopo due giorni... vado a prendere questo pacchetto di patatine... vuoto, con un buco in mezzo. Dico: strano... Senti sister (Pausa. Ride). Sì, ci chiamavamo così come le suore... Comunque, in inglese suona meglio che in italiano... È tipo il fratello che si dicono i rappers... Allora, dico: senti sister, che ti sei mangiata le mie patatine? Le prende... Guarda - mi fa lei - e vedo tutta la busta rosicchiata. (Pausa). Entrava dentro, questo cazzo di topo...! Faceva una festa ogni sera con le mie patatine, e magari anche con i frullati di sister! ...C’era un buco così, da dove entrava. (Pausa). Lei va in vacanza due settimane. Compro una trappola con la molla... La metto là. Quella mattina, non mi ricordo se era venerdì o sabato... Era uno dei due giorni che lavoravo in discoteca... Apro la porta, entro... Poi guardo nell’angolo e vedo solo la trappola rivoltata... Che cosa vuol dire...? Io l’avevo lasciata girata... Proprio in quell’attimo vedo una coda che sbuca da sotto. È stato un incubo...! Abbiamo avuto cinque topi...! Poi uno - poverello - l’abbiamo preso con una trappola, quella con la colla... che non li ammazza. (Pausa). Piccolo così... L’abbiamo tolto con uno steccchino, cioè staccato da questa colla... Sì, non è una colla che ci muoiono... Agonizzano, lì... in attesa che tu arrivi e li ammazzi in qualche maniera. Allora lo prendo e - siccome non ho il coraggio di schiacciarlo con qualcosa - lo butto fuori, sul balconcino basso dove ci lasciavamo le scarpe da ginnastica... che dà su un cortile interno, così - dico - se ne va. (Pausa). La mattina mi alzo, vado a vedere... Trovo questo topo che dormiva nella mia scarpa... Mi ha fatto così pena, che gli ho buttato un pezzo di pane... A un certo punto, si è alzato, è sceso dalla scarpa e si è praticamente buttato di sotto dal balcone. (Pausa). Macché suicidato, il balcone era alto mezzo metro...! No, voleva scappare, forse. (Pausa). Hai presente...? stai facendo i piatti e vedi una cosa che passa. Lì per lì, non hai visto un topo, hai visto una cosa... Almeno così speri. (Pausa). Certo, la trappola in ferro li uccide sul colpo, gli spacca l’osso del collo. (Pausa). Sì, è una molla così che ti casca sopra... Ma la cosa pazzesca è che questa volta ho visto questa coda e ho preso subito una busta... L’ho raccolto con gli occhi semichiusi... e l’ho buttato con tutta la trappola. Dico pazzesca, perché non mi sarei mai aspettata di poterlo fare io, con le mie mani...! (Pausa). Loro - da come ho capito io - praticamente non hanno una vera spina dorsale... Per questo s’intrufolano dappertutto. Per loro, una fessura così... Dico: una fessura così...! ‘Sti cazzi di topi entrano. (Pausa). No, non hanno la spina dorsale... Non come la nostra... o non lo so, è molto snodabile. E comunque l’unica cosa è che gli deve rompere il collo, che li strozzi! (Pausa). Ma che ne so?! Era l’unica trappola che avevo trovato... Invece con quella con la colla puoi anche toglierlo e riutilizzarla.


Forte flash di luce.


Non lo so perché t’ho detto tutta questa storia dei topi... Ho perso il filo, parlando di quella merdaccia d’uomo con cui vivevo...! Quello, invece - come dicevo prima - la mattina usciva alle sette, lavorava in Borsa. Non hai idea di quello che mi combinava in bagno! (Pausa). Tutti capelli nella vasca...! Tu non sai lo stress nervoso che mi dava quella cosa! Odiavo lui e odiavo lei... Sì, la vasca...! Te l’ho detto: divento matta col bagno in quelle condizioni. Dovevo prendere un pezzo di carta bagnata perché i capelli si erano asciugati... Ogni mattina: prenderli, buttarli e lavare tutta la vasca! (Pausa). Tipo, un giorno mi alzo: pensa - Sei proprio una merda! - mi alzo: e che ti trovo?! (Con una faccia schifatissima). Uno scatarro! ...Tu ci ridi?! Uno scatarro così su una mattonella della doccia! Tu ci credi: usavo l’acido muriatico...! I proprietari del supermercato mi guardavano strano, tanto ne consumavo... Ho scoperto che esistono dei prodotti pazzeschi per pulire. L’acido - sì - lo mettevo dentro uno spray e poi lo spruzzavo su tutto!


Forte flash di luce.


Oh-sì, Mark...! l’amico di Joshua. Quello, sì che mi stava simpatico...! Una sera era venuto da Boston apposta per consolare l’amico - questo cretino di Joshua! - che prima aveva lasciato lui la sua ragazza... e adesso soffriva perché lei non lo voleva più nemmeno stare a sentire per telefono. (Pausa). Sì, allora questo Mark e Joshua fanno una scommessa... Mark lo fa sicuramente per tirare un po’ su la serata depressiva dell’amico. Gli fa: Mi faccio un block e tutta la strada dove abiti - la quindicesima - nudo, di notte, tornando dal pub! Mark era venuto con la bicicletta, mentre l’altro stava in moto. (Pausa). No, se l’era portata in treno. (Pausa. Ride). E lo fa...! Si fa tutto il giro del block nudo, pedalando come niente fosse, con l’amico dietro che lo segue con la moto... Mark era simpatico, mica era zozzo! (Pausa). Ah, e la sua camera? Ne vogliamo parlare...? Uno che guadagna quattromila dollari al mese...! Uno schifo! (Pausa). Comunque era uno che quando sono sbarcata a New York - con soli millecinquecento dollari - mi ha aiutata. (Pausa). Be’, calcola che lui non mi conosceva... Conoscevo suo fratello, che era il fidanzato di una mia amica... E m’ha tenuto a casa sua per due mesi...! Gli sono stata riconoscente finché ho potuto. (Pausa). Possibile che poi ogni santo giorno lo devi consolare quando torna da Wall Street?! col suo vestitino da yuppie?! E non fa nemmeno in tempo a sfilarsi la camicia, dopo essersi allentato la cravatta, che si butta sulla sua poltrona ergonomica in pelle marrone - che guai se qualcuno ci si mette seduto per sbaglio! - con due palle cinesi in una mano e il telecomando nell’altra! Per sbrigarsi ad accendere il televisore, dopo cinque minuti esatti di relax assoluto, che se fai un minimo rumore ti sbrana! (Pausa). Pensa, uno che per dormire nel buio pesto della stanza c’ha bisogno di mettersi quella specie di occhialetti neri che si usano in spiaggia...! T’ho detto tutto, mi pareva un morto...!


Buio. Un pezzo di musica techno degli Underworld ad alto volume. Finisce la musica. Penombra su Gloria. Attaccano le luci stroboscopiche. Sul fondo, la spogliarellista è adesso una CUBISTA che - con occhiali a forma di biscia e walkman - nel silenzio più assoluto, si scatena ballando sul suo cubo. Buio. Le luci risalgono lentamente su Gloria.


Ah, la sua ragazza rassomigliava tantissimo a te, di corpo e di viso... L’aveva lasciata perché lei viveva a Boston e lui a New York. (Pausa). C’entra, c’entra... perché siccome era ebreo, non gli andava di spendere i soldi... No, lei era cattolica, di origine irlandese. Prima, facevano una settimana per uno: a Boston e a New York... Ma a lui non gli andava troppo la cosa. (Pausa). Certo, un coglione...! Gli ebrei, in America, non sono come quelli in Italia. Io, alcune volte gliel’ho detto: Te metto il cianuro dentro al caffè! Gli ebrei, - lì - ti vogliono far passare le pene che hanno passato loro! Io li odio...! Si presenta un giorno, per incontrarla - dopo che lui l’aveva lasciata - con un anello di diamante... Lei l’ha preso in mano, l’ha osservato un po’ e poi gliel’ ha ridato. (Pausa). Sì, in America c’è questa cosa... che se due stanno insieme, l’uomo porta una sera al ristorante la futura moglie e lì - a un certo punto - lo vedi che si mette in ginocchio e le spara il suo bell’anello con il diamante! A New York tutte le donne sposate ce l’hanno, grande o piccolo. È una cosa... peculiare, che fanno loro. (Pausa). No-no, tutti: neri, bianchi, portoricani, cubani... Io, ogni tanto, mentre lavoravo al ristorante, vedevo questi che si buttavano in ginocchio per darle l’anello. Grande...! Grande...! Certe risate ci facevamo...! Oppure - tipo - in una bottiglia di champagne ci mettono l’anello. (Pausa). Ma no, scherzi?! Altro che lo ingoiano? (Ride. Pausa). Ti dico: fanno delle cose pazzesche...! Te lo ritrovi nella torta, magari... sulla ciliegina! (c.s.) Ne ho viste di ogni genere... Però, dipende... Ci sono diamanti da cento dollari e quelli da ventimila...! Io, ne ho visto uno una volta che era grosso come un osso di albicocca...! In una coppa di champagne... Lei, a bocca aperta... che dico adesso questa dalla contentezza sta’ a vedere che se lo infila in gola e ci si strozza...!


Rumore di una sirena della polizia.


Tornando a Joshua... Le ultime volte io ci litigavo quasi ogni giorno, o meglio - la mattina presto - quando tornavo dal club e facevo casino apposta per svegliarlo. (Si rivolge a Joshua. Incazzata). Cosa!? ...Oh, tu in due anni non hai mai pulito il bagno! (Pausa). Ah-no, secondo lui lo puliva...! Quelle poche poche volte che s’è degnato di farlo... Sì, me ne può fregare di meno se lo pulisce con tutte le spugnette sue, lerce...! Questo era capace di fare delle cose schifose... Sai cosa gli ho visto fare una volta? Sai i pavimenti di New York? Quelli delle case in affitto...? Sopra c’è la schifezza così...! Gli cade un pezzo di pomodoro, prima di farsi anche lui uno di quei frullati disgustosi. Lui prende la spugnetta che usa per farci i piatti e pulisce per terra...! Ti ripeto: non su un pavimento normale, come ce l’hai a casa tua, in Italia. (Pausa). Sì, l’aspirapolvere...! Ma quale aspirapolvere?! Gli americani sono zozzi, non se la comprano perché costa troppo... quaranta dollari! (Pausa). Addirittura, alcune volte mi diceva: Te li faccio io i piatti... (a Joshua). Tu non fai niente!... Io mi nascondevo i guanti e le mie spugnette dentro la mia camera... Cose pazzesche...! Però quando vivi con questa gente lo fai. Eppoi - senti quanto sono stronza! - quest’imbecille, che è ebreo, non comprava la carta-igienica... Sì, la carta igienica. Alla fine, quando stavamo alla guerra dei Rose’s... Facevamo cose assurde...! Della serie, lui vedeva il televisore in camera da pranzo... Ecco, fatti conto che era piccola così... mentre io stavo nella mia stanzetta che era piccola così, la metà. Ognuno che invade il campo sonoro dell’altro con il volume del televisore a palla...! (Divertita). Un effetto! Lui, con quei cazzo di cartoni animati che fanno un casino della madonna...! E io, con Mtv...! (Ride. Pausa). Sai, quando passi da una giostra all’altra del luna-park e ci sono queste voci macabre e metalliche che t’inseguono...? Così. I vicini, incazzati neri! (Pausa). Eh, ti stavo dicendo della carta... Be’, il rotolo stava quasi alla fine e sapevo che non ce n’erano altri. Lui andava in ufficio e tornava tipo alle otto... o alle dieci, quando andava in palestra. Io toglievo tutta la carta che era rimasta, e andavo in giro con questo rotolo nascosto. Lui la notte arrivava... Senti che va al bagno e dopo un po’: Oh, SHIT! FUCK! (Ride). Alla fine... (c.s.) Alla fine, glien’ho fatte di cotte e di crude! (Pausa). No, lui pensava sempre: Sta per finire, Gloria la compra... Siccome la carta-igienica non la compravo, ma la portavo dal ristorante... Però mi stai sul cazzo, perché non te la compri?! Quindi la toglievo tutta... (Ride). Tipo, lui cominciava a cacare e giù: Shit! Fuck! (Pausa). Se mi conosci, la cosa brutta del mio carattere - che mi ha creato un sacco di problemi nella mia vita - è che non sono diplomatica...! Magari c’è in ballo una cosa importante, eppure è più forte di me: non posso dartela vinta! Prendevo sette in condotta a scuola...! Sì, sono impunita...! Lo so, una cosa è esserlo quando una c’ha ragione, ma io prendo pure le cause perse e le porto convinta fino alla fine...! (Sottovoce). Sono proprio una cacacazzi! (Pausa). Sì, alla fine - ti dico - c’erano delle sere che mi veniva voglia di prendere una cosa pesante e di spaccargliela dietro la testa mentre lui stava guardando quei cazzo di cartoni animati... su quella poltrona sbilenca!


Quando abbiamo litigato e io me ne sono andata, lui non mi ha ridato il deposito della cauzione. Seicento dollari, che ti assicuro mi facevano proprio comodo...! Lui dice: Guarda che il lease finisce tra un mese! E io gli ho risposto: Non me ne frega un cazzo! Me ne vado perché non ne posso più! Te l’ho ripetuto centinaia di volte: Devi pulire! Pulisci le tue cose! (Pausa). Tipo, arrivo a casa e nella cameretta da pranzo - quella in comune! - ci trovo tutte le sue cose sparpagliate... Era tornato dallo sci... Allora vai a quel paese! la merda te la tieni nella tua camera! Ma no nella camera in comune! (Pausa). Lo chiamo per due mesi, in cui rimanda sempre l’appuntamento per ridarmi questi benedetti seicento dollari...! Sul lavoro, alla fine, mi si faceva negare. Così lo faccio chiamare da una mia amica: Hello, speaks Joshua Zimmerman...? e la segretaria fa: Uhm, moment... Appena lo sento, metto il vivavoce e gli urlo: Joshua! e a lui gli prende un colpo... Allora! ...I soldi!? Lui aspetta qualche secondo in perfetto silenzio d’immobilità e me ribatte: No! I soldi non te li dò! ...Cosa hai detto!?
E lui: No!
E io: Perchè?! 
E lui: Perchè non te li dò!
Alché io faccio: Ok... ma sei un ebreo di merda! - cioè nel senso che sei un tirchio - Sei un ladro! Sei zozzo! ...Tu non sai che cosa non gli ho detto! (Pausa). Ebreo, no nel senso razzista... ma nel senso che sei viscido, ecco. (Pausa). Be’, nell’ultimo posto dove lavoravo... No il night-club, il ristorante... Be’, lì vicino c’era un after-hours... Una sera - dico - mi prendo dieci minuti... Era dalle undici di mattina che lavoravo... Mi vado a prendere un sandwich, poi torno... Ordino, vado giù al bagno. Su per le scale, mentre faccio ritorno, allento il passo... Joshua, che ride e scherza con questa biondina... Lui che appena mi ha visto è sbiancato... Perché aveva paura, certo! Lui è tutto educatino, si vergogna...! Insomma - hai capito - uno di quelli che sta zitto... Immaginati un coglione con la faccia tipo Tom Hanks...! Ricordo che mi diceva sempre che ero Aloud. (Pausa). Prima cosa gli dissi: You breaking my fucking balls!! E, come una pazza, comincio a insultarlo a voce alta.
A un certo punto, smetto. Lo guardo. Lui, mi fa: Tu lavori qui...?
E io, presa dall’incazzatura: Sì-certo-perché?!
Invece non lavoravo là.
E lui fa: Manager! Manager!
(Ride).
Manager! This girl! This girl!
E io, avvicinandomi ancora più minacciosa: So! ...So what u fuckin’ gonna do!
(Autocompiacendosi). Gli parlavo come una lesbica: So what u fuckin’ doing!
E gli ho fatto, davanti alla ragazza: Tu hai rubato i miei soldi!
A questo punto, lui - che non sa che rispondermi! - dice: Guarda, anch’io ho il tuo numero di telefono!
Quando m’ha detto così! Oh, ya?! ...And SO WHAT?!
Se mi vuoi spaventare... sai che ti rispondo? VAFFANCULO! BESTIA! EBREO DEL CAZZO! ...E me ne sono andata.
Dopo, tornano i miei amici che lavoravano in quel bar e mi riferiscono che tutti avevano pensato che fosse una litigata fra fidanzati...! Sì, perché avevamo continuato a litigare camminando... Io continuavo a insultarlo dalla porta mentre lui tornava al tavolo, dove stavano i suoi amici. E non è finita: dopo due ore aspetto che torni a casa.
Faccio il numero: Hallo!
Lui: ...Hello!
Joshua, so you have my number...! And so what!
E allora abbiamo continuato a dirci di tutto, al telefono...!
(Pausa. Sorride). Comunque, io a lui gli volevo bene... Era una persona che a suo tempo m’aveva detto: Gloria ti apro il conto in banca a nome mio... E m’ha aperto il conto. Non avevamo litigato mai su niente... Però quando io - per sette mesi - ti dico di pulire... E tu non pulisci...! Non ne potevo più! (Pausa). Gli ho detto: Tira la catena quando fai la cacca...! (Pausa). Be’, non lo faceva cento volte su cento... ma l’avrà fatto trenta volte! Oppure apri la finestra quando fai la cacca...! Per cortesia, pulisciti i tuoi capelli...! Non scatarrare sulle mattonelle...! Un’altra cosa: la tenda della doccia. Ti dico: l’acqua di New York io non l’ho mai bevuta, è piena di schifezze...! Si potrebbe, ma con un minimo di amor proprio non la si può bere. Così la tenda, dopo un po’ diventa tutta nera sul bordo... Cioè la puoi lavare, ma è meglio cambiarla perché ti costa un dollaro e novantanove... In un anno, io la cambiavo ogni mese, così quando ci siamo sparati di tutto io ghiel’ho rinfacciato: Non hai mai comprato nemmeno una tenda per la doccia!
E mi dice, con quella sua voce da agnello: Ma io la volevo comprare...! Ma dove si compra...?
Ah, che fai?! mi prendi pure per il culo!? ...Io sto a New York da due anni e so dove si comprano e tu mi vuoi far credere che non lo sai?!
Capito? Non ha mai fatto un cazzo in quella casa...! Tu lo sai che cosa vuol dire - per sette mesi - ripetergli: Ti prego, ti raccogli i capelli la mattina? ...Io ti devo andare a raccogliere i capelli nella vasca!? Cioè, mi ci vado a mettere dentro e quelli mi si intorcinano sui piedi!? ...Mi fa schifo! (Pausa). Io cucinavo, a lui piaceva mangiare le mie cose e anche a me faceva piacere. Insomma, per un periodo siamo andati parecchio d’accordo... Gli ho voluto un sacco bene. Alla fine io gli ero riconoscente... Sono rimasta a New York grazie a lui... Perché io con millecinquecento dollari ci stavo due settimane in America... Gli devo molto alla fine... Adesso se lo rincontrassi... Sì, se lo rincontrassi... Ma comunque seicento dollari per me erano un mese di affitto...! Ci credi che non ho mai avuto più di cinquanta dollari in banca...? Vivevo giorno per giorno... Al ristorante, o al club, di notte... io ci andavo pure con la febbre a trentanove. Perché se non andavo non mangiavo... I primi tempi, al ristorante, sono andata a lavorare in certe condizioni... Perché non è che ti pagano comunque, vivi di mance. Tipo: rimanevo con due dollari... Tanto stasera vado a lavorare... Più, di una volta, mi è successo...! (Pausa). Hai visto che cos’era quell’appartamento?! ...Ok, la mia camera faceva schifo come dimensioni e tutto... C’avevo quel muro davanti alla finestra... Eppure alla fine mi ci trovavo. Per quanto piccola, io non ho mai invaso con le mie cose la camera in comune, quella da pranzo. Lui, sì!
(a Joshua). È vero che m’hai dato delle cose, però - insomma - hai rotto i coglioni...! Cazzo, oh! Anche io te n’ho date di cose!
Lui, comunque, c’aveva il terrore di me... In qualche modo se lo sentiva... Quando rientravo a casa, lui lo capiva subito se ero incazzata... Anche i primi tempi, io ero sempre incazzata...! Mi ricordo un sabato, al ristorante, una stronza di collegiale del cazzo m’aveva buttato in faccia un piatto di spaghetti, che per poco non l’ammazzo...! Mi era venuta una crisi di nervi... Mi ero messa a piangere e a urlare... Gli altri camerieri avevano cercato di calmarmi, e il direttore mi consigliò di andarmene a casa per quella sera... Stavo veramente di merda...! Non m’andava nemmeno di andare a casa... Poi, non lo so perchè - forse solo per sentire una voce familiare - avevo chiamato a casa, Joshua... Gli dissi per telefono tutto quello che m’era successo, e lui mi rispose di aspettarlo, che stava venendo a prendermi... Quella volta fu carino e mi tirò anche su di spirito, lo devo ammettere... Mi portò a mangiare al TriBeCa-Grill... Abbiamo girato tutta la notte per le strade, da un bar all’altro... (Ride, rivedendo la scena). Alla fine - ubriachi come due babbà! - mi ricordo siamo andati a ballare in un locale dove facevano solo reggae-muffin’. (Pausa). Te l’ho detto che gli volevo bene, comunque... Però questo non significa nulla, perché lui già il giorno dopo ricominciava a fare le sue solite cazzate, tipo quella dei capelli...! Allora, io prima portavo portavo i cappelli molto più lunghi di adesso... Be’, me li sono lavati, e quelli caduti li ho lasciati tutti spiaccicati per bene sulla vasca. Gliel’ho fatto per tre-quattro volte...! Cioè, capelli così lunghi...! Mettitici un po’ tu in quella vasca, con quei serpentacci neri!



Forte flash di luce.


Poi, sempre... dico sempre, scorreggiava davanti a me! Ti rendi conto?! Un animale...! No, non voglio fare la puritana... perché io rutto, per esempio... anche davanti alla gente... Che sicuramente anche quello farà schifo, ma almeno non c’è la puzza...! Ma quello è un vizio che c’hanno in molti, là, in America... Anche Mark - l’amico di Joshua di cui ti parlavo - la prima volta che l’ho visto... La mattina che ci siamo presentati, mentre guardava la televisione scorreggiava come un cammello...! Te lo giuro...! Sí, davanti a me, come niente fosse...! Stava sulla poltrona... Lo conoscevo da cinque minuti...! Mentre rideva, seguendo la trasmissione, ogni tanto si sollevava sui braccioli della poltrona e mollava una di queste sue scorregge in casa mia...! Ti dico: erano cose tremende...! E io: Figlio di puttana! - facevo dentro di me, incazzata nera! - Almeno alzati e apri la finestra! E lui: niente! (Pausa). No... Sì, però era simpatico... Ci stava quasi per nascere una storia... Ma, secondo me, Joshua era geloso... Ti spiego, siccome quel periodo anch’io c’avevo una coppia di amici miei come ospiti che dormivano nella mia cameretta, io m’ero spostata nella camera da pranzo, sul divano-letto da una piazza e mezza... Arriva Mark, ma non c’era posto... Sì, in teoria in camera di Joshua... Ma lui non riusciva a dormire con qualcuno vicino, te l’ho già detta la storia degli occhialetti, eccetera... Io dormivo in salotto, quindi si trattava di farci stare insieme lì, io e Mark, nel divano letto da una piazza e mezza... Invece, niente, s’è sacrificato lui e ha mandato Mark nel suo letto...! Forse perché conosceva l’amico e sapeva che dormivo senza le mutande... Quei giorni c’è mancato poco che ci facesse anche usare la sua poltrona-relax...! (Ride). Ti dico, con quegli occhialetti neri del cazzo, le pasticchette vicino per addormentarsi, dovevi vederlo: pareva mia nonna...! (c.s.) Sì, gli occhialetti neri... A proposito di neri, io a New York sono stata solo con neri... Nigger...! Only very-very-nigger! (Pausa). Non lo so, è più forte di me... (Allusiva). Eppoi, quando hai provato il nero... (Ride) non lo lasci più! Te lo dico io... No, quale pericolo...?! No, prima li facevo lavare... Quelli occasionali, se volevano fare con me, due preservativi, please! (Pausa). Sì, due... perché una volta con uno mi si è rotto... Eh, m’aveva rivoltata come un pedalino...! Sul serio, incredibile...! Non m’era mai capitato... Sentivo di essere solo una passera in fiamme che svolazzava sotto e sopra le sue palle possenti...! A un certo punto, non c’ho capito più niente... Venivo a raffica! Mi sentivo come intrippata...! Completamente aperta...! C’hai in mente mezz’ora dopo che hai calato...? La mattina dopo c’avevo certi lividi così grossi...! E mica mi potevo sedere...?!


Buio. “Medley: Jean Pierre/” di Miles Davis. La spogliarellista si muove sulla pedana luminosa. Buio.
Forte flash di luce.


Però, quando sono andata a vivere con quella culturista... Sì, diciamo amica... Insomma, quando sono andata a vivere con quella conoscente... sono stata anche peggio. Praticamente stavo sempre sola... Lei lavorava a Los Angeles dieci mesi all’anno. Quel periodo, avevo bisogno di soldi... così ho ceduto alla proposta di quella specie d’impresario schifoso del club dove facevo la cubista. C’aveva uno sguardo che ti pareva di stare in prigione, nei suoi occhi. (Pausa). Sì, era una proposta di lavoro - diciamo così - part-time. (Pausa). Se adesso penso che ero venuta a New York con l’idea di entrare in qualche compagnia di danza contemporanea... Altro che Lucinda Childs o Twila Tharp! (Pausa). Sicuro, facevo sempre le lezioni...! Tutte quelle che mi potevo permettere... Sì, di audizioni anche, ne ho fatte parecchie... Ho lavorato con due coreografi giovani... Uno, di origine portoricana... l’altro, di origine italiana. Ti facevi un culo così, provando anche otto ore al giorno, per quattro dollari del cazzo...! Mavaffanculo! Eppoi non mi piacevano neanche tanto le cose che facevano. (Pausa). Sì, tipo una spogliarellista... No, rimani in tanga... Balli come una stronza sul bancone o al tavolo di uno di quei coglioni che tu devi fare arrapare, senza che loro possano toccarti perché è vietato... Tu ti avvicini, gli balli a un centimetro e se ti va un po’ gli passi le mani sul volto, nei capelli... Vedessi come godono quando li spettini o gli sfili la cravatta, i coglioni...! A quel punto è quasi fatta, ti strusci ancora più vicina... Non so, per esempio ti pieghi in avanti sbattendogliela in faccia, oppure ti siedi sopra le sue gambe e gli fai: Prendiamo da bere? ...Quello facevo. (Pausa). Be’, sì, che è capitato... Con qualche cliente che mi piaceva, mi eccitava... Solo quelli negri, ovvio...! Quando capitava quello giusto... se poi me lo chiedeva, gli davo un appuntamento per dopo, fuori dal locale... Ma doveva tenerlo segreto... Chiaro, mi facevo pagare...! (Pausa). Io preferivo ballare sul bancone... Ma guadagnavi molto di più se un cliente ti richiedeva al tavolo, perciò dovevi subito scendere... prima che ci si buttasse qualcun’altra...!


Penombra su Gloria e luce sulla stessa spogliarellista-cubista - vestita da cameriera come nello spogliarello - che adesso è una DANZATRICE che esegue un pezzo di danza contemporanea su musica di Philip Glass.

Nessuno si sente straniero a New York... È come una mignotta: accetta tutti... Assurdo. Certi, stanno lì da cinque anni... Se li senti, parlano l’inglese peggio di te che magari l’hai parlato l’ultima volta dieci anni fa, quando andavi a scuola...! Sì, una città che ti accetta... ma che ti lascia anche spaventosamente sola... Io, una volta mi sentivo a pezzi... Non è che potessi spendere cento dollari per stare un’ora al telefono con te, voglio dire con una vera amica, no? ...Così ho fatto uno di questi numeri dove parli in tutte le lingue con una persona amica, fra virgolette ...Si chiamava “Friendly words”. (Pausa). Beh-sì, l’ho fatto più di una volta... Quando mi sentivo abbastanza sola. (Pausa). Sì, quella dall’altra parte ti parla nella tua lingua... Nei limiti del possibile, ti dà qualche consiglio, ti allevia quel senso di solitudine opprimente, capisci...? Tutto lì. (Pausa). Se ce la fai da sola, ovviamente... Altrimenti cazzi tuoi, ti butti di sotto dal terrazzo... Stai sicura che nessuno - lì - si ferma per nessuno!

Forte flash di luce.

Come è successo quella notte, vuoi sapere...? Non lo so neanch’io bene... Mi ricordo vagamente che... Niente, prima ci siamo risentiti per telefono. Lui aveva detto che m’avrebbe portato quei soldi al ristorante dove ero tornata a lavorare... E lì, è successo quello che è successo! (Commossa). In un attimo - per colpa di un ebreo del cazzo! - ho perso tutto: il lavoro, la libertà! (Pausa). Non c’avevo nemmeno un dollaro, quella stronza m’aveva cacciata di casa...! Per questo l’avevo tartassato al telefono... Sai quando tieni-tieni e alla fine scoppi...?! Quando m’ha buttato in faccia quei seicento dollari e s’è messo a ridere dicendo che facevo la puttana in un topless-bar...! A voce alta, davanti a tutti! ...Si voleva vendicare, lo stronzo! Mentre li raccoglievo e lui m’insultava, non c’ho più visto...! Non lo so come, ho preso il coltello che stava sul tavolo e gliel’ho piantato nel collo! ...Sì, una coltellata sola - secca! - gli ha reciso la carotide. (Lunga pausa). New York mi ha sfinita, ma è una città che... mi piaceva. Io, in Italia, non mi sono mai sentita così a casa mia come a New York...! (Ripensando. In sottofondo, “You’re under arrest/Then there were none” di Miles Davis). Cazzo, tutta quella città mi affascinava come un mostro! (Pausa). Intendi, adesso? Qui? ...Ti posso solo rispondere che non ci riesco a immaginare i prossimi anni. È spaventosa l’idea di quanti ne mancano... Milioni... Pensare che ero partita con quella di ballare in qualche compagnia importante, perché qui non c’è niente! La danza contemporanea - da noi - fa schifo! (Pausa. Farà spesso di no con la testa fino alla fine). Vuoi proprio sapere quello che non va? Tutto! In particolare? Per esempio, che detesto mangiare insieme alle altre...! Non ho mai sopportato quell’orrida sinfonia di rumoretti boccali...! Mi piaceva mangiare da sola, in fretta magari... Mi è sempre stato sulle palle aspettare che gli altri finiscono di mangiare...! Io mi alzo e me ne vado...! Anzi, mi alzavo e me ne andavo. (Pausa). Sì, te lo giuro... Non ci penso... altrimenti mi verrebbe il panico...! Al massimo, penso alla prossima settimana... Non vado mai più in là di qualche giorno.

Buio.