NICOLE

Due tempi di

Giovanni Spagnoli



Personaggi:

Nicole 
Guido 
Teresa
Dott. Vanetti
Un cameriere

Tempo presente. Scena unica.



Primo tempo
(L’azione si svolge in due stanze d’albergo comunicanti. Lo spettatore ne vedrà una sola, quella di Guido; l’altra, quella di Nicole, si presume a destra. La parete divisoria è formata da una quinta che lascia aperto uno spazio, sul fondo, che permette il passaggio fra le due stanze. La porta del bagno comune è sul fondo, tra le due stanze. La porta d’ingresso, anch’essa sul fondo, è a sinistra. La stanza di Guido è arredata con un letto, uno scrittoio, un tavolino basso davanti a due poltrone, un armadio con un’anta a specchiera, una radio, un registratore.
E’ mattina. La stanza è in penombra, ma poco a poco sarà in piena luce. Guido e Nicole dormono nello stesso letto).
Nicole – (Assonnata) Perché ti muovi?
Guido – Ho una gamba indolenzita.
Nicole – Io invece sto così bene.
Guido – Non lo metto in dubbio, però questa è l’ultima volta che dormi nel mio letto.
Nicole – Ti ho dato fastidio?
Guido – Non più delle altre volte. Abbastanza comunque per farmi desiderare di
dormire da solo.
Nicole – Egoista.
Guido – Io, per riposarmi, ho bisogno di un letto tutto per me e di silenzio assoluto. Tu
oltretutto russi.
Nicole – Non è vero.
Guido – Come fai a dirlo?
Nicole – La mia compagna di stanza, in collegio, non me l’ha mai detto.
Guido – Avrà il sonno pesante.
Nicole – Dici che russo perché non mi vuoi nel tuo letto.
Guido – E’ un motivo in più.
Nicole – Ma perché non mi vuoi? Ho fatto qualcosa di male?
Guido – Non pensarci. La colpa è mia. Non dovevo permettertelo fin da principio.
Nicole – E se non fossi capace di dormire da sola?
Guido – La notte scorsa sei stata di là e hai dormito.
Nicole – Ma così male! Non vedevo l’ora che fosse mattina.
Guido – Storie.
Nicole – Sei ingiusto. Mi hai tenuta lontano dieci anni e adesso non vuoi
ricompensarmi.
Guido – Farti dormire nel tuo letto non è una punizione.
Nicole – Che ne sai tu? Per me lo è
Guido – Comunque, non devi venire nel mio letto. Non sei più una bambina.
Nicole – E le altre volte, allora?
Guido – Le altre volte sbagliavo.
Nicole – Però, sbagliavi così bene. (Guido si muove) Che fai? Ti alzi?
Guido – Ci provo.
Nicole – Come ti senti?
Guido – Uhm… Così così.
Nicole – Ti fa ancora male il braccio?
Guido – Lo sento pieno di formiche.
Nicole – (Gli mette una mano sulla fronte) E la febbre?
Guido – Mah…
Nicole – Non muoverti. (Si alza, prende il termometro dallo scrittoio e glielo infila
sotto un braccio) Vuoi un caffè?
Guido – Lascia stare il caffè e smettila di girare su e giù. Non sei ammalata anche
tu? Allora torna a letto.
Nicole – Non ho più un letto. Non ricordi che mi hai appena sfrattata?
Guido – Di là ce n’è uno ancora intatto.
Nicole – E poi, chi lo cura il mio paparino?
Guido – Non sono poi così grave.
Nicole – Lo dici tu. Sei così magro, mi fai una pena…
Guido – Ti ringrazio, ma ti assicuro che il tuo interessamento è eccessivo.
Nicole – Va a finire che è male anche che una figlia si preoccupi del prprio padre
ammalato.
Guido – Faresti bene a risparmiare la tua sollecitudine per quando sarò decrepito.
(Si alza con fatica).
Nicole – (Gli mette una vestaglia sulle spalle) Tu non diventerai mai decrepito. Resterai
sempre così: un maturo signore che affronta con dignità le stagioni della vita.
Guido – (Con un sospiro, sedendo su una poltrona) Un privilegio, bambina mia, che mi
guarderei bene dal rifiutare.
Nicole – In ogni caso, potrai sempre contare su di me.
Guido – La tua generosità mi lusinga.
Nicole – Non mi credi?
Guido – Imparerai anche tu a non prendere per oro colato promesse tanto impegnative.
Formulate poi in circostanze del tutto occasionali.
Nicole – Vedi? Mi giudichi senza conoscermi. Non te ne faccio una colpa. Come puoi
conoscermi, se in dieci anni questa è la prima volta che stiamo veramente
insieme?
Guido – Per fortuna! La prima volta che decidiamo di passare una vacanza insieme,
guarda cosa va a capitare. A letto, ammalati tutti e due. Bella vacanza davvero!
Nicole – Questa per me è più d’una vacanza, è l’inizio di una nuova vita. Mi sembra di
essere venuta al mondo nel momento che ho cominciato a stare con te.
Guido – Segregata qua dentro, isolata da tutti? Bel divertimento!
Nicole – Chi ha voglia di vedere gente? Mi basti tu. Non avrei mai sperato di poterti
stare tanto vicina per curarti.
Guido – Hai improvvisamente scoperto di avere la vocazione dell’infermiera?
Nicole – Dì piuttosto della suora di clausura. No, di clausura no: non potrei starti
vicino. Ma della suora, si. In questi giorni sono così felice che mi sembra di
essere più vicina a Dio. Non credi che sia la felicità ad avvicinarci a Dio?
Guido – Può darsi. Se è così che la pensi…
Nicole – Posso farti una domanda? Sono sicura che tu non preghi mai. Non ne hai
bisogno?
Guido – E tu ne hai bisogno?
Nicole – Aspetta, devo pensarci un attimo prima di risponderti e dirti come la penso.
Vorrei che mi capissi, tu che studi tanto e scrivi sui giornali, e sei così colto e
intelligente. (Dopo una breve pausa) Quando ero in collegio facevo questo
ragionamento: si deve pregare, è giusto pregare, però non è giusto che Dio si 
faccia pregare. Fra persone, uno che ci debba qualcosa, se si fa pregare non ci
sembra gentile. E nota che quello, spesso, non sa che la cosa che gli
chiediamo ci è necessaria. Mentre Dio, le nostre necessità le conosce meglio
di noi, perché è stato lui a crearci con i bisogni che abbiamo. Non è così?
Perciò, se da un lato è giusto che noi preghiamo… Mi ascolti?
Guido – Ti ascolto, ma non eccitarti.
Nicole - Non mi eccito.
Guido – Si che ti ecciti. E ti agiti e mi stanchi.
Nicole – Ti dicevo, da un lato… Dall’altro, invece, pregare è quasi un’offesa quindi,
secondo me, non si dovrebbe pregare.
Guido – Conclusione?
Nicole – Tu come fai? Ossia, come faresti?
Guido – Se devo essere sincero, è un problema che non mi sono ancora posto.
Nicole – Vuoi che ti dica come faccio io? Dico venti volte, cento volte, “Vi ringrazio
per avermi dato questo, questo e questo”, come se lo avessi già avuto, mentre
lo devo ancora ricevere.
Guido – E se poi non ricevi quello che desideri?
Nicole – Pace. Si vede che non lo meritavo.
Guido – Devo ammettere che almeno in questo sei abbastanza giudiziosa.
Nicole – Mica solo in questo. Quando mi conoscerai meglio… Per adesso siamo ancora
due estranei.
Guido – E il vincolo di sangue dove lo metti?
Nicole – Sciocchezze.
Guido – Ritiro quello che ho detto sul tuo essere giudiziosa.
Nicole – Ho fatto un conto, sai. Da quando avevo nove anni a oggi, noi due siamo stati
insieme non più di cinquecento ore, più o meno venti giorni. Più estranei di
così…
Guido – Adesso sei tutta tua madre.
Nicole – Anche lei ti considerava un estraneo?
Guido – Non proprio. Ma spesso si lamentava del poco tempo che passavamo insieme.
Nicole – Comunque, io assomiglio a te. Abbiamo le stesse mani, guarda. (Misura le sue
mani con quelle di Guido) E gli stessi piedi. (Glieli insinua tra i suoi) Non è
fantastico? I tuoi però sono magri. Sei tutto magro, sembri un bambino. Io
invece sono grassa come una vecchia maestra. Senti che fianchi. (Glieli fa
palpare) Non sembrano i fianchi di una grassa maestra prossima alla
pensione?
Guido – Nicole, mi fai girare la testa con le tue chiacchiere.
Nicole – Non sono le mie chiacchiere, è la tua debolezza.Tu lavori troppo e mangi
troppo poco, per forza ti ammali. Sempre in viaggio, pasti in chissà quali
ristoranti… Ma se mi tieni con te, ci penserò io a rimpolparti come si deve.
Guido – Fino a prova contraria, dovrei essere io a pensare al tuo benessere. Non credi
debbano essere questi i rapporti tra padre e figlia?
Nicole – (Lo abbraccia e lo carezza piano sul capo) Ma tu sei ammalato.
Guido – (Si libera dell’abbraccio) Voglio sperare che sia una condizione temporanea. E
poi, adesso, lo sei anche tu.
Nicole – (Battendosi una mano sulla fronte) Il termometro! (Gli sfila il termometro e
lo osserva) Trentasette e quattro. (Scuote il termometro) Adesso proviamo la
mia. (Si siede, si solleva la camicia e si mette il termometro all’inguine).
Guido – Ma che fai?
Nicole – Mi misuro la temperatura.
Guido – Ma vai di là, perbacco!
Nicole – Perché, che c’è?
Guido – C’è che certe funzioni vanno fatte con un minimo di discrezione.
Nicole – Ti sei offeso?
Guido – Macchè offeso. Vorrei solo sapere cosa ti hanno insegnato in quel collegio.
Nicole – Mi dispiace.
Guido – Vai nella tua camera. E misurati la temperatura distesa sul letto.
Nicole – Lasciami qui.
Guido – Ho detto vai di là. Ubbidisci.
Nicole – Vado, vado. Però non essere arrabbiato.
Guido – Non sono arrabbiato, ma vai di là. (Nicole posa il termometro sul comodino e 
va nella sua stanza. Guido resta qualche tempo assorto, poi prende dal tavolino
alcune carte, le sfoglia, accende il registratore e detta) “Quando sia necessario
comprendere i simboli individuali dei nostri sogni, come animali, veicoli,
edifici, montagne, fiumi, alberi e così via, è quasi imposibile fare delle
generalizzazioni, in quanto le nostre esperienze particolari sono molto diverse.
Freud tentò di costruire la teoria di un simbolismo onirico universale basata…”
Nicole – (Dalla sua stanza) Papà, parli con qualcuno?
Guido – (Spegne il registratore) Sto lavorando. Detto degli appunti al registratore.
(Riaccende il registratore) “…sul concetto che i sogni hanno origine
soprattutto da un livello da un livello della mente formatosi nella prima
fanciullezza, quando tutti gli esseri umani sono preoccupati per le medesime
esperienze fondamentali che riguardano il corpo e le sue funzioni, nonché
l’apprendimento a interagire con genitori e fratelli. Così abbiamo la ben nota
tendenza propria degli psicoanalisti a interpretare…”
Nicole – (Sulla porta del bagno) Scusa, devo fare pipì. (Entra e lascia la porta socchiusa
sicchè si ode distintamente il rumore dello sciacquone. Esce e rientra nella sua
stanza).
Guido – (Traffica con il registratore per cancellare i rumori estranei, poi riprende dal
punto in cui è stato interrotto) “…gli oggetti lunghi e sottili come simboli
fallici, le aperture come simboli anali o vaginali, gli spazi chiusi come simboli
del ventre materno, i personaggi maschili e gli animali feroci come simboli del
padre, le creature femminili e gli animali graziosi come simboli della madre,
gli insetti e i piccoli animali come simboli dei fratelli, le frutta arrotondate
come simboli di mammelle e così via. Oggi , che la moderna ricerca ha
invalidato il concetto che i sogni derivano primariamente da esperienze
infantili, l’intera teoria freudiana del simbolismo univarsale viene messa da
parte”.
Nicole – (Dalla sua stanza) Papà.
Guido – (Spegne il registratore) Che c’è ancora?
Nicole – (c.s.) Avevi promesso di raccontarmi la storia della tua vita.
Guido – Adesso?
Nicole – (Entra nella stanza) Io ti voglio conoscere. Voglio sapere tutto di te.
Guido – La storia della mia vita non ha nulla di particolare. Possiamo parlarne un altro
giorno.
Nicole – Preferisci stare con il registratore?
Guido – Non è di grande compagnia, però mi serve per il mio lavoro.
Nicole – Ma se sei in vacanza!
Guido – Dal giornale sono in vacanza. Quando ho tempo faccio delle traduzioni per un
editore.
Nicole – E’ più importante di me il tuo lavoro?
Guido – (Condiscendente) Avanti, cos’è che vuoi sapere?
Nicole – Voglio sapere se eri più contento prima, o se sei più contento adesso..
Guido – Dipende da cosa intendi per prima.
Nicole – Prima… prima di incontrarmi. Ci sono state molte donne nella tua vita?
Guido – Ma che razza di domande fai?
Nicole – Sai cos’ho notato? Non hai nemmeno una fotografia.
Guido – Quale fotografia? Di chi?
Nicole – Della tua amante. Suppongo ne avrai una.
Guido – Della mia…
Nicole – Mi piacerebbe conoscerla. No, conoscerla no. Mi piacerebbe vedere com’è. E’
bella?
Guido – Nicole, nessuno ti ha insegnato che devi rispettare la vita privata degli altri?
Nicole – Ma tu non sei gli altri.
Guido – E poi ti prego di non qualificare con quell’aggettivo una signora che nemmeno
conosci.
Nicole – Non intendevo offenderla.
Guido – In ogni caso non intendo parlarne, almeno per ora.
Nicole – Tu non sai quanto vorrei esserti vicina.
Guido – La vicinanza non comporta necessariamente delle intrusioni nella vita privata.
Nicole – (Saluta alla maniera militare) Ricevuto, comandante. (Si guarda attorno) Vuoi
che metta un po’ a posto?
Guido – Non c’è nulla da mettere a posto, per questo ci sono le cameriere. Se hai voglia
di fare qualcosa, pulisci il registratore. Ne ha bisogno.
Nicole – (Con il broncio) Quello no.
Guido – Perché no?
Nicole – Parli più con lui che con me.
Guido – (Sorride) A volte gli parlo anche di te.
Nicole – Se credi di farmi piacere, ti sbagli di grosso. Lui non ha un cuore.
(Gli si inginocchia davanti e lo fissa intensamente) Noi due dobbiamo amdare
d’accordo.
Guido – (Carezzandole i capelli) E’ naturale, siamo padre e figlia.
Nicole – Tu ed io dobbiamo bastarci. Non abbiamo bisogno di nessun altro.
Guido – (Cerca di uscire dall’imbarazzo cambiando discorso) E la tua medaglietta dove
l’hai messa?
Nicole – (Si porta una mano al collo) Mah…L’avrò persa. Mi sarà caduta da qualche
parte. (Si mette carponi a cercare la medaglietta sul pavimento. Il gesto le
solleva abbondantemente la camicia sul sedere).
Guido – Nicole!
Nicole – Che c’è?
Guido – Guarda nello specchio cosa fai vedere.
Nicole – (Si gira verso la specchiera dell’armadio) Troppo grosso, eh? (Si alza) Lo so
che ho i fianchi abbondanti. Il petto invece… Cosa dici, è meglio che me
lo curi?
Guido – Curare cosa?
Nicole – Il petto. Non vedi? Sono piatte e molli, cascano. Sai come le chiamo? Le mie
meduse. Non sembrano anche a te due meduse? Se non te ne sei accorto vuol
proprio dire che non mi guardi. Ah, ecco la medaglietta. (La raccoglie da
terra) Esistono delle creme per rassodarle. Pensi che dovrei usarle? Oppure
pensi sarebbe meglio farmi inserire un paio di cuscinetti al silicone?
Guido – Nicole, per favore, vuoi andare in camera tua e lasciarmi solo?
Nicole – Ma che ho fatto di male?
Guido – Vuoi andare in camera tua, per favore?
Nicole – Vado, vado. Scatti sempre con me.
Guido – Io scatto e tu ondeggi. Avanti, indietro… Non sei ammalata? E allora stai
a letto.
(Nicole va nella sua stanza. Guido passeggia nervosamente, poi accende la radio.)
Nicole – (Dopo qualche attimo si affaccia sulla porta) Papà, ti piace questa musica?
Guido – Si.
Nicole – Ti ricorda la mamma?
Guido – Perché dovrebbe ricordarmi tua madre?
Nicole – E’ una musica così dolce.
Guido – Vieni qui. (Nicole entra) Vuoi spiegarmi perché in tutti questi giorni non hai
mai parlato della mamma? C’è un motivo?
Nicole – Si, c’è.
Guido – Allora, qual è il motivo?
Nicole – Non volevo addolorarti. Penso che tu non l’abbia dimenticata.
Guido – E’ vero, non l’ho dimenticata. Ma non mi dà alcuna pena parlarne.
Nicole – Io ho solo vaghi ricordi e non so se me la figuro veramente com’era. Era
bionda, vero? Occhi castani… La sua pelle aveva un buon profumo. Delle
volte mi sembra di sentirlo ancora. Ricordo un giorno d’estate, a Fiesole…
Avrò avuto cinque o sei anni. Ero in giardino e giocavo con il cane, un bel
cane lupo, alto, nero… Come si chiamava?
Guido – Proprio non ricordo.
Nicole – A un tratto il cane si mise a correre in mezzo alle aiuole e calpestò tutti i fiori.
Allora il nonno uscì dal salotto con in mano un giornale e il guinzaglio e
cominciò a picchiare il cane con il guinzaglio. La mamma si accocolò e prese
il cane fra le braccia per proteggerlo. Allora il nonno sgridò anche lei e la
mamma si mise a piangere. In quel momento arrivasti tu, su per il viale. Eri
vestito di bianco e tenevi il cappello sotto un braccio. Anche allora eri sempre
elegante, vero?
Guido – (Sopra pensiero) Già.
Nicole – Ricordo che ti chinasti sulla mamma e prendesti il suo viso fra le mai. Così.
(Gli va vicino, prende il suo viso fra le mani e per qualche attimo restano con
i volti vicinissimi. Guido esce dall’imbarazzo alzandosi).
Guido – Non ricordi altro di tua madre?
Nicole – Qualche volta la sogno.
Guido – E di lei, cosa pensi?
Nicole – Mi dispiace che si sia uccisa con l’auto.
Guido – E’ stata una tremenda disgrazia. Tremenda.
Nicole – Io penso che non sia stata una disgrazia.
Guido – Pensi che non sia stata una disgrazia? Vorrai scherzare.
Nicole – Penso che l’abbia fatto apposta.
Guido – Ma è assurdo.
Nicole – Io la penso così.
Guido – Non sai quello che dici. La memoria di tua madre non merita una supposizione
così offensiva. Tua madre era credente. Sai cosa significa per un credente
pensare al suicidio? Quando accadde la disgrazia stava tornando a casa da
Firenze, dove aveva assistito a una funzione religiosa. Capisci cosa voglio dire?
Prima di partire si era fatta il segno della croce.
Nicole – Allora, come si spiega che sia morta andando a sbattere con l’auto contro un
muro?
Guido – Una serie di sfortunate circostanze. Quel giorno si era alzata molto presto,
aveva mangiato poco, faceva un caldo tremendo… In quelle condizioni… un
capogiro, una sonnolenza…
Nicole – Eppure, io sento che non è stata una disgrazia.
Guido – Tu ti lasci prendere da una tua fantasia e l’assumi come una verità assoluta. Ma
che ne sai della vita? Quali ragioni poteva avere per fare quello che pensi tu?
Nicole – A volte sono proprio le persone che ci sembrano più rassegnate a soffrire di
più.
Guido – Ma fammi il piacere! Tua madre non era una donna rassegnata. Amava la vita.
Era una moglie meravigliosa, completa.
Nicole – Però, tu eri lontano da molto tempo.
Guido – Per il mio lavoro. Non significa nulla. Non era la prima volta che il lavoro
mi teneva lontano qualche tempo da casa. E poi, stavo per tornare.
Nicole – La mamma era siciliana, vero?
Guido – E con ciò? Lo era per parte di madre.
Nicole – I meridionali quando soffrono sono più disperati.
Guido – Andiamo Nicole, non puoi credere seriamente a questa retorica da canzonette. 
I meridionali soffrono come tutti gli altri. Si soffre con uguale intensità a tutte
le latitudini. Ascolta Nicole, tua madre non avrebbe mai potuto commettere un
gesto così cruento. Era contrario alla sua natura. Aveva un orrore perfino
eccessivo del sangue. Per lei era intollerabile anche il solo pensiero di un gesto
brutale. Tu stessa l’hai vista soffrire perché il nonno aveva picchiato il cane. Si
chiedeva come facciano certe donne ad avere la forza d’animo di stare in una
sala operatoria, figuriamoci se avesse potuto concepire l’idea di andarsi a
schiantare contro un muro. Ma che discorsi mi fai fare? Possibile che con te
non ci sia verso di stare un po’ in pace?
Nicole – Il fatto è che ogni tanto ci penso. E se la mamma si fosse uccisa apposta?
Guido – E continuerai a chiedertelo. Caparbia come sei, non mi sfiora nemmeno l’idea
di poterti convincere.
Nicole – Tu non ci hai mai pensato?
Guido – Che si sia uccisa? Mai.
Nicole – Bugiardo. Queste cose che mi hai detto non ti sono venute in mente adesso.
Sono ragionamenti troppo complicati, troppo completi. Chissà da quanto
tempo li avevi pronti dentro.
Guido – C’è stata un’inchiesta, dei periti hanno raggiunto delle conclusioni… Soltanto
una mentalità contorta può immaginare un’eventualità come quella. Ora vai di
là, lasciami solo per favore.
Nicole – Ti prego, non essere arrabbiato.
Guido – Non sono arrabbiato. Sono dispiaciuto del tuo modo di pensare.
Nicole – Non parliamone più, vuoi?
Guido – Ci amavamo molto, sai. Eravamo felici.
Nicole – (Abbracciandolo da dietro) Anche noi due saremo felici. Staremo per sempre
insieme. Sempre, sempre, fino a quando saremo vecchi.
Guido – Sono già vecchio, Nicole. E oltretutto malandato.
Nicole – Compreremo una bella casa, ci penserò io ad arredarla. Ho buon gusto, sai.
Tu non dovrai preoccuparti. Dov’è che stai adesso?
Guido – A Milano.
Nicole – Non puoi farti trasferire?
Guido – Per quale motivo mi dovrei farmi trasferire?
Nicole – Milano non mi piace. La nostra direttrice era milanese.
Guido – A Milano non ci sono solo direttrici di collegio. C’è anche tanta bella gente.
Nicole – Come le tue amiche?
Guido – Ne ho una sola, nel senso che intendi tu. E poi abita a Bergamo, non a Milano.
Nicole – Ti prometto che non mi intrometterò. Andrai a trovarla quando vorrai. Per il
resto ci basteremo.
Guido – Ma che discorsi fai? Non ci basteremo per niente, invece. Io vivrò la mia vita e
tu la tua, separate come lo sono state fino ad ora. E se Dio vorrà, un giorno ti
innamorerai e te ne andrai con il tuo ragazzo.
Nicole – Per questo puoi stare tranquillo. Io non sarò mai capace di innamorarmi.
Guido – Perché non saresti capace di innamorarti?
Nicole – Perché non sono buona. Non ho sufficiente bontà. Per innamorarsi bisogna
essere buoni.
Guido – Non avrei mai supposto che per innamorarsi fosse necessaria tanta virtù.
Nicole – Io la penso così.
Guido – Comunque ti innamorerai anche tu, non dubitare.
Nicole – Io sento che morirò senza essermi innamorata. Guarda che non sbaglio quando
ho un presentimento. L’anno scorso, ti ricordi? Dovevi venire al collegio a
prendermi, ma io sentivo che non saresti venuto.
Guido – Ero impegnato con il mio lavoro.
Nicole – E l’altro giorno, quando sono venuta via dal collegio? Sentivo che non ci sarei
più tornata.
Guido – Questo è ancora da vedere.
Nicole – Non ci tornerò più e starò sempre con te, vero?
Guido – Diciamo che non è impossibile.
Nicole – Non puoi rimandarmi in collegio, hai bisogno di me.
Guido – Ti prego di credere che so cavarmela anche da solo.
Nicole – Allora sono io che ho bisogno di te.
Guido – Tu hai bisogno di stare con i tuoi coetanei. Non hai lasciato nessuno che ti
aspetta e che desideri rivedere?
Nicole – Nessuno.
Guido – Ma, ragazzi ne avrai pur conosciuto. E qualcuno ti sarà pur sembrato migliore
degli altri. Qualcuno che ti sia piaciuto in maniera particolare, voglio dire.
Sentiamo, qual è il tipo di ragazzo che ti piace di più?
Nicole – (Dopo una breve riflessione) Mi piaccioni quelli bruni, specialmente se hanno 
i baffi.
Guido – Meno male. E che altro?
Nicole – Vedi papà, se io sono con un ragazzo e lui è in costume da bagno, in piscina o
sulla spiaggia, mi piace guardargli il petto, le gambe e tutto il resto. Ci provo
gusto a carezzargli il petto con le mani. E’ una sensazione dolce, riposante.
Poi quando è andato via non ci penso più. Ma quando sono con lui sento
qualcosa dentro… (Si accalora) Un bisogno di strusciarmici contro, qualcosa
che…
Guido – Va bene cara, va bene. Ho capito.
Nicole – Ho fatto male a dirtelo?
Guido – Non c’è nulla di male a essere sinceri.
Nicole – Io sono così. Teresa invece è diversa.
Guido – Teresa?
Nicole – Una mia amica del collegio. Dormivamo nella stessa stanza. Lei si innamora a
ripetizione e ci stà male. Anche dopo, sai. Non può ripensare ai suoi ragazzi
senza sentirsi triste.
Guido – Un tipo passionale.
Nicole – Lei sa che non mi posso innamorare e mi compiange.
Guido – Perché, lei è più buona di te?
Nicole – E’ una ragazza strana. Ha la mia età, ma se la senti parlare sembra una vecchia
di trent’anni. Sarà perché è tanto intelligente. Lei non è come me. Ha letto un
sacco di libri. Non c’è cosa che lei non sappia.
Guido – Un vero mostro.
Nicole – Quasi tutto quello che so, l’ho imparato da lei. Pensa che tre anni fa, quando ci
misero insieme, io non apevo ancora niente. E’ stata lei a insegnarmi tutto.
Guido – Tutto cosa?
Nicole – Sul sesso, per esempio.
Guido – Ti ha rivelato come fanno marito e moglie per avere dei bambini?
Nicole – Anche come si fa per non averne.
Guido – E brava Teresa. E di quei tipi con i baffi, cosa mi dici?
Nicole – Adesso sei tu che indaghi sulla mia vita privata.
Guido – Mi piacerebbe saperne di più sulla tua presunta incapacità di innamorarti.
Nicole – Vuoi che ti parli dei ragazzi con i quali qualche volta sono uscita?
Guido – Mi sembrerebbe un buon inizio.
Nicole – Il primo è stato Gianluca. Gli piaceva giocare a calcio ed era continuamente
preoccupato per la sua forma fisica. Mi piaceva, ma non parlava d’altro.
Guido – Quindi, ti trascurava.
Nicole – In che senso?
Guido – Ma…nel senso…
Nicole – Ah, in quel senso. Si, mi trascurava anche sessualmente. Facevamo l’amore
molto raramente.
Guido – Ma tu devi essere per forza sempre così esplicita?
Nicole – Lasciami continuare, per favore.
Guido – E’ un elenco molto lungo?
Nicole –Ce n’è stato solo un altro.
Guido – E questo che torto ha avuto?
Nicole – Mi sembrava che stesse più volentieri con i ragazzi.
Guido – Un torto nient’affatto trascurabile.
Nicole – Probabilmente si trattava soltanto di una stranezza.
Guido – Meglio non approfondire. (Ha una smorfia di dolore).
Nicole – Ti fa male il braccio?
Guido – La spalla, più che altro.
Nicole – Vuoi che faccia venire il dottor Vanetti?
Guido – Ma no, non è necessario. E poi, è un individuo così pesante.
Nicole – Anche a me è antipatico. Vuoi che ti massaggi? (Gli scopre la spalla e inizia a
massaggiarlo) Stai così bene con il pigiama azzurro. (Gli scende con le mani
sul petto) Perché dici che non sei più giovane? Sei meraviglioso Guido.
Guido – (Scostandogli le mani) Non voglio che mi chiami per nome. Sono tuo padre.
Nicole – Ma perché vuoi essere solo questo?
Guido – (Stupito) Ma Nicole… Sono tuo padre.
Nicole – Io per te vorrei essere ogni cosa, non una figlia soltanto.
Guido – (Si alza in piedi) Adesso basta. Vai nella tua stanza e lasciami in pace.
(Rigida e impettita, Nicole va nella sua stanza. Guido prende un libro, sfoglia qualche
pagina, lo rimette dove l’ha preso, accende la radio, per un po’ l’ascolta e poi la spegne.
Nel frattempo Nicole si è vestita: ha indossato un grazioso tailleur, scarpe, calze. Torna
nella stanza di Guido).
Guido – E adesso, dove vai?
Nicole – Da nessuna parte. Volevo solo che mi vedessi. Ti piace?
Guido – (Di nuovo sereno) Fa’ vedere. Prilllati.
Nicole – (Esegue una mezza giravolta) Mi sta bene, vero?
Guido – Sei veramente carina.
Nicole – Ti piaccio?
Guido – Voltati ora.
Nicole – L’ho comprato a Verona due mesi fa.
Guido – A Verona?
Nicole – Si. E costa, anzi ti costa abbastanza.
Guido – Con chi sei andata a Verona?
Nicole – Con Teresa e tutte le altre. Una gita scolastica. Però non devi pensare che io ti
costi troppo.
Guido – E questo che discorso sarebbe?
Nicole – Sono brava, sai. Sto attenta a spendere.
Guido – Ti credo.
Nicole – Da un pezzo te ne volevo parlare, però bisogna che mi acolti.
Guido – Avanti, sentiamo.
Nicole – Tu di me non sai niente, che abitudini ho, che gusti ho… Niente. Non sai se so
dare al denaro il valore che ha. Se so occuparmi di una casa, mandarla avanti.
Se so aiutare un uomo, con un consiglio se occorre, un suggerimento. Tu hai
fiducia ina me, spero, ma solo fiducia, non hai nessuna prova. D’altra parte
come potresti averla? Allora, devi sapere che merito la tua fiducia, che in casa
avrai accanto una donna giudiziosa.
Guido – E’ consolante, però ti faccio osservare che ancora non ho deciso.
Nicole – Hai bisogno di una persona che badi ai tuoi interessi, che ti faccia risparmiare.
Se adesso vivi in una pensione spenderai parecchio.
Guido – Eh… si.
Nicole – Pasti al ristorante, la biancheria da lavare, da stirare… Senza contare la retta
del collegio per me.
Guido – Conclusione?
Nicole – Vivendo insieme, in una casa nostra, non solo non spenderesti di più, ma
risparmieresti. Non ti piacerebbe avere una casa veramente tua e qualcuno che
ti aspetti quando torni la sera, e che ti prepari da mangiare?
Guido – Anche!
Nicole – Certamente. Faccio da mangiare e ci riesco bene. Imparerei a cucinarti dei
piatti leggeri, così non saresti più… Come dici qualche volta?
Guido – Dispeptico.
Nicole – E’ una malattia che viene a mangiare sempre nei ristoranti, vero?
Guido – Putroppo.
Nicole – So anche stenografare, sai. Non tanto bene, però se faccio degli esercizi posso
diventare più brava. Così il registratore non ti servirà più. Vedi quante cose
potresti risparmiare, avendo vicino una donna brava ed economa? Papà, se mi
vuoi, se mi prendi, se mi tieni… io non ti lascierei mai.
Guido – Nicole, ragiona, non devi parlare così. Una figlia non appartiene al padre.
Nicole – Perché no?
Guido – Ma perché una ragazza appartiene, o apparterrà all’uomo che ama. Al padre è
affidata solo temporaneamente, fino al momento in cui incontrerà l’uomo
giusto col quale inizierà una nuova vita.
Nicole – Ma se sono io a dirti che desidero stare con te!
Guido – Non essere assurda. Potremo stare insieme qualche mese, qualche anno, poi
inevitabilmente dovremo separarci. Non puoi pensare di vivere a lungo con
me. E’ nell’ordine naturale delle cose.
Nicole – (Costernata) Non mi vuoi.
Guido – Come potrei non volerti?
Nicole – (Con le lacrime agli occhi) Allora dimostramelo! Cerca di capirmi. Non vedi
che sono disperata?
Guido – Ascolta Nicole. Tu adesso sei tutta presa da un tuo pensiero… Vuoi voler bene
solo a me, non pensi che a me… Per ora senti così, sei sincera. Ma non voglio
vederti piangere. Non devi pensare che ti voglio far soffrire. Farei qualsiasi
cosa pur di vederti sempre allegra. (Gli prende il viso tra le mani) Su Nicole,
non piangere. Alza gli occhi, fammeli vedere. Anch’io ti amo tanto, sai.
Nicole – Dimmelo ancora, dimmelo.
Guido – Certo, certo, ma adesso calmiamoci. Siediti, da’ retta.
Nicole – Sarò buona, farò tutto quello che vuoi. Ma non mandarmi via.
Guido – Se stai tranquilla, ti faccio vedere una cosa. Ho un regalino per te. Nella valigia
ci deve essere una spilla che apparteneva a tua madre. Ora la cerco e tu te la
punti sul bavero della giacca.
(Mentre Guido fruga nella valigia, Nicole si toglie rapidamente giacca e gonna restando
in sottoveste. Guido si gira con la spilla in mano e resta senza fiato. Bussano alla porta,
Nicole va ad aprire).
Guido – (Tenta di fermarla) No… Un momento…
(Nicole non lo ascolta, apre la porta nel cui vano appare una ragazza).
Nicole – (Felice) Teresa! (Si abbracciano).

Fine del primo tempo
Secondo tempo
(Stessa scena. Guido, seduto allo scrittoio, consulta un volume e prende appunti. Nicole entra in punta di piedi dalla sua stanza, si avvicina a Guido e lo bacia sul collo).
Guido – Nicole, per favore, vuoi lasciarmi lavorare?
Nicole – (Siede sul letto) Posso almeno stare qui a guardarti?
Guido – (Continua a lavorare, ma è chiaro che si sente a disagio) Se continui a fissarmi 
in quel modo, cadrò in catalessi.
Nicole – Ti do noia anche se ti guardo?
Guido – Non hai niente da fare nella tua camera?
Nicole – Di là è un mortorio. Sto bene solo qui, vicino a te.
Guido – (Si gira a guardarla) Ascolta Nicole, come li vedi i nostri rapporti?
Nicole – I nostri rapporti?
Guido – Si, i nostri rapporti. Come li intendi? Come ritieni che debbano essere?
Nicole – Così, così come sono.
Guido – Ma riesci o no a capacitarti che normalmente una figlia non tiene a suo padre i
discorsi che mi fai tu? Il tuo comportamento nei miei riguardi è… è…
Nicole – E’ per ieri che lo dici?
Guido – Per ieri, si. E per oggi. Vuoi capire che una ragazza non può e non deve stare
sempre a pensare a suo padre? Deve avere altri impegni, altri interessi, altri
affetti.
Nicole – Tu non pensi che una figlia debbe avere amore per suo padre?
Guido – Non il genere d’amore che sembri intendere tu. L’amore fra padre e figlia deve
essere un sentimento pulito, innocente, anche fisico se vuoi, ma con dei limiti
invalicabili.
Nicole – L’amore non ha limiti. (Si alza e va nel bagno) Ora devo mettere la supposta
per la mia leucorrea.
Guido – (Le urla dietro) Non potevi essere un po’ meno esplicita e scegliere un altro
momento? (Dopo un po’ Nicole esce dal bagno) Senti Nicole, mi è venuta
un’idea. Che ne diresti se ti portassi dalla mie parti, in Umbria?
Nicole – (Cauta) Mi sembra una buona idea.
Guido – Se i luoghi ti piacessero, quella potrebbe diventare la nostra casa. Per un po’
di tempo potresti stare con un mio cugino e con sua moglie. Sono anziani, non
hanno figli. Sono sicuro che ti troveresti bene. Chene dici?
Nicole – E tu?
Guido – Io…verrei a trovarti. Non sono ancora in età pensionabile, per un po’ dovrei
lavorare, ma verrei a trovarti spesso. Ogni tre mesi, ogni due… Il più spesso
possibile.
Nicole – Ho capito sai, che mi vuoi allontanare da te.
Guido – Al contrario, sarebbe l’unico modo per stare insieme per tutta la vita. Se ti
portassi a Milano ti annoieresti. Hai detto tu stessa che è una città che odi.
Nicole – Non vuoi che ti venga dietro a Milano perché pensi che ti impedirei di essere
libero.
Guido – Ma che dici?
Nicole – Sicuro. Lo pensi e in fondo non hai nemmeno tutti i torti. In questi giorni ti ho
dato l’impressione di essere invadente. Io lo so che non dovrei essere sempre
così. Tante volte mi dico: non stargli sempre addosso, non chiamarlo ogni
momento. Vedi che ci penso? Ed è un pensiero che mi dà una pena! Io mi …
Come si dice? Aiutami.
Guido – Che vuoi che ne sappia? Vorrai dire che ti tormenti.
Nicole – Si, mi tormento. E soffro. Vorrei essere diversa. Poi penso: per essere diversa 
io, bisognerebbe che lui fosse diverso. (Gli va vicino e gli carezza i capelli).
Guido – (Infastidito) Per amor di Dio, smettila!
Nicole – Non posso nemmeno toccarti, adesso?
Guido – Nicole… i tuoi atti, le tue espressioni nei miei riguardi, per quanto affettuose
e apprezzabili, sono inadatte. Prendono un significato che non posso gradire.
Capisci?
Nicole – Certo che capisco.
Guido – Allora, vedi un po’ di spiegarmelo quello che capisci. Vediamo se possiamo
intenderci.
Nicole – Mi sento stanca. Non ho voglia di parlare.
Guido – Si tratta di capire che devi essere più figlia, tutto qui. Non ci vuole un grande
sforzo. Nel tuo contegno e soprattutto nei tuoi sentimenti.
Nicole – Se tu fossi contento di stare con me, come io lo sono di stare con te… Se tu
avessi bisogno di me, solo di me… Ma questo tu dici che non va bene.
Guido – E siamo daccapo. Non avevi detto di aver capito?
Nicole – Ho capito, ma adesso sono stanca.
Guido – Andiamo, non fare la commedia.
Nicole – Non faccio nessuna commedia.
Guido – Allora va’ avanti.
Nicole – Tu dici che una come me, una figlia, non può essere ricambiata del suo amore.
E’ così?
Guido – Non ho detto questo. Ho detto che devi essere più figlia.
Nicole – Insomma, non devo dimostrare quello che sento. Ma se non ci riesco?
Guido – Devi riuscirci. Ascolta Nicole…
Nicole – Io voglio bene solo a te, penso solo a te, però non devo dimostrartelo. Secondo
te dovrei soffrire in silenzio?
Guido – Non devi soffrire affatto. Cosa c’entra la sofferenza? Devi vivere serenamente
la tua condizione di figlia, come io la mia di padre. Io ho i miei impegni, la
mia vita… E anche tu, del resto, chiusa questa parentesi, avrai una tua vita.
Avrai un’occupazione, degli amici, delle amiche… Quella tua amica che hai
fatto venire…
Nicole – Non l’ho fatta venire, è venuta da sola. Le avevo dato l’indirizzo prima di
partire.
Guido – Comunque, adesso è qui.
Nicole – Non ho bisogno di lei. Io e te non abbiamo bisogno di nessuno.
(Bussano alla porta).
Guido – Vai di là e restaci. (Nicole va nella sua stanza. Guido apre la porta, è il dottor
Vanetti) Buongiorno dottore. Entri.
Vanetti – (Entra) Come vanno i miei malati?
Guido – (Verso l’altra stanza) Nicole, c’è il dottor Vanetti. (A Vanetti) Si accomodi.
Vanetti – Il fegato come va?
Guido – Mah… Così così.
Vanetti – Vediamo un po’. (Guido si scopre e Vanetti gli palpa l’addome) E’ normale.
Evidentemente non si trattava di una colica epatica. (Gli misura la pressione
sanguigna) Temperatura?
Guido – Qualche linea.
Vanetti – La sera?
Guido – Ieri mattina avevo tretasette e quattro.
Vanetti – Anche la pressione è normale. (Gli ispeziona la schiena e le spalle) Uhm…
Il processo reumatico è ancora in atto. Continui con quelle compresse. Per il
resto, niente più di una banale gastrite. Posso vedere sua figlia?
Guido – (Verso l’altra stanza) Nicole. Il dottor Vanetti vorrebbe vederti.
Nicole – (f.s.) Fallo entrare.
(Vanetti entra nella stanza di Nicole. Guido inganna l’attesa a soggetto).
Vanetti – (Rientrando) I giovani d’oggi crescono in fretta. Sembra non sappiano fare
altro. A scapito naturalmente del sistema naurovegetativo. Quanti anni ha sua
figlia?
Guido – Quasi diciannove.
Vanetti – (Scrive una ricetta) Le faccia fare queste iniezioni. E se è possibile la mandi
al mare.
Guido – S’immagini che vorrebbe venire con me a Milano.
Vanetti – Un po’ di mare le potrebbe fare solo bene. Aria e sole! Non c’è ricetta
migliore, mi creda. Da quanto tempo state qua dentro?
Guido – Dodici giorni.
Vanetti – Fuori c’è un tempo magnifico. Perché non andate a fare una passeggiata?
Guido – (Verso l’altra stanza) Hai sentito il dottor Vanetti, Nicole. Perché non vai a
fare una passeggiata? Magari con la tua amica.
Nicole – (Affacciandosi sulla porta) Teresa è andata a trovare dei suoi parenti. Se vuoi
usciamo noi due.
Guido – Oggi no. Devo lavorare, altrimenti va a finire che la traduzione la fanno fare a
qualcun altro.
Vanetti – (A Nicole) Se crede può verire con me. Devo fare un giro di visite in paese,
mi terrà compagnia.
Nicole – Sarà per un’altra volta. Oggi mi sento stanca.
Vanetti – Guardi che è il medico che le ordina di andare a prendere un po’ d’aria.
Guido – Così ti distrai e intanto, se ti va, puoi fare qualche compera.
Nicole – (A malincuore) Va bene, mi vesto. (Rientra nella sua stanza).
Vanetti – (Si siede) Lei è giornalista, vero? Gran bel mestiere il suo. Sempre in moto,
sempre in giro per il mondo.
Guido – Ci si stanca anche di girare, mi creda.
Vanetti – Io non desidero altro. Vede, sono vedovo, ho tre figli sulle spalle, una carriera
per niente brillante, una situazione economica poco florida e tanta voglia di
viaggiare. Le confesso che non mi importerebbe dove e per quale motivo. Mi
basterebbe partire e andare.
Nicole – (Entrando) Sono pronta.
Guido – (Trae dal portafoglio alcune banconote e gliele porge) Tieni, comprati qualche
cosa.
Nicole – (Prende i soldi, lo bacia su una guancia) Ciao papà.
Vanetti – (A Guido) Farebbe bene a uscire anche lei. Arrivederla.
(Nicole e Vanetti escono. Guido resta qualche attimo sopra pensiero, poi decide di
mettersi al lavoro. Tenta di accendere il registratore, ma non riesce a farlo funzionare.
Si siede allo scrittoio e per un poco lavora. Bussano alla porta, va ad aprire).
Teresa – Salve.
Guido – Buongiorno.
Teresa – (Un tempo) Non mi fa entrare?
Guido – Certo, certo, si accomodi. Non aspettavo visite… Nicole è andata a fare una
passeggiata. Pensava che lei fosse uscita per conto suo. (Bussano alla porta)
Mi scusi. (Va ad aprire).
Cameriere – La colazione. (Entra spingendo un carrello).
Guido – (Gli indica il tavolino) Metta pure lì sopra.
(Il cameriere toglie dal carrello il vassoio della colazione, lo mette sul tavolino ed esce).
Guido – C’è anche quella di Nicole. Ha già fatto colazione?
Teresa – Solo un caffè.
Guido – Prego.
(Siedono ai due lati del tavolino e cominciano a mangiare).
Teresa – Di che parliamo? Di lei?
Guido – Se le fa piacere. Ma l’avverto, non sono un argomento interessante.
Teresa – Lei è un uomo che deve piacere molto alle donne. Sbaglio se penso che abbia
molte amicizie femminili?
Guido – Si, sbaglia. Vede, io per natura sono pigro e inconcludente… e troppo egoista
per coltivare il tipo di amicizie che intende lei.
Teresa – Io la conosco poco, solo quel tanto che ho potuto sapere da Nicole. Tuttavia
non la definirei egoista.
Guido – Badi che dichiarandomi egoista, non cerco di destare commiserazione o altro.
E’ una condizione che mi sta bene.
Teresa – Per me, scusi, lei non è egoista. La definirei piuttosto, sempre sulla base di
quel tanto o poco che so di lei, egocentrico. Penso che piaccia alle donne ma
che non le ami.
Guido – Sarebbe questa la differenza fra l’egoista e l’egocentrico?
Teresa – Per me, si. Un egoista, nonostante tutto può amare. Un egocentrico invece si
lascia amare.
Guido – Ergo, l’egoismo è uno dei requisiti per amare il prossimo. Non le sembra una
teoria piuttosto azzardata?
Teresa – Ma no, è semplice. Se ci riflette ci può arrivare anche lei. (Si accorge di avere
fatto una gaffe) Mi scusi, non intendevo…
Guido – Lasci, lasci. Non sono permaloso.
Teresa – Volevo dire che riflettendo ci può arrivare chiunque. (Capisce che il rimedio è
peggiore del male) Forse è meglio che salti il preambolo. Le faccio
un esempio. Prendiamo il caso di due coniugi. Il marito è uno che la domenica
rinuncia a ogni divertimento per restare a casa con sua moglie. Lo fa
perché si rende conto che questo è un dovere verso di lei; insomma, non vuol
darle un dispiacere. Lei approva questo marito?
Guido – Chi non l’approverebbe?
Teresa – Però c’è un altro tipo di marito. Uno che rinuncia al divertimento e passa la
domenica con la moglie perché sente il desiderio di starle vicino. Gode a
vederla, a parlare con lei. Al dovere non ci pensa nemmeno, pensa solo a
procurarsi un piacere. E’ un egoista che vuole soddisfare prima di tutto se
stesso. Beh, se io fossi la moglie, saprei quale dei due preferire. Lei non è 
dello stesso parere?
Guido – Devo ammettere che sa applicare il metodo socratico in modo stimolante.
Teresa – (Accende una sigaretta) Vede, io sono cattolica praticante. Sulla copertina del
mio libro da messa c’è un’illustrazione: la figura di un santo che assiste un
lebbroso. Gli tiene una mano su una spalla, ma gli occhi li ha fissi al cielo. Se
fossi quel lebbroso, mi direi: questo santo mi fa del bene non per amore mio,
ma per amor di Dio. E non sarei molto soddisfatta. Io le garantisco che quando
sono innamorata, se il mio uomo fosse ammalato, lo assisterei senza darmi il
minimo pensiero di essere cara a Dio. Assisterei il mio uomo per amore del
mio uomo e cioè, in fondo, per amore di me stessa. Perché, ammalato o sano,
la sua vicinanza mi procurerebbe piacere.
Guido – Conosce da molto tempo questo stato di grazia che espone con tanto calore?
Teresa – Non posso conoscerlo da molto tempo. (Pausa) Lei non mi prende sul serio,
vero?
Guido – Il fatto è che quando l’ho fatta entrare, non mi aspettavo di dover sostenere una
discussione sulla prevalenza dell’amore sulla carità.
Teresa – Conosco l’argomento che le sta a cuore.
Guido – Ci terrei a conoscere il suo pensiero su Nicole.
Teresa – E’ una cara amica. In tante cose sarei contenta di somigliarle.
Guido – Quali, per esempio?
Teresa – L’innocenza, la purezza, quel suo sentirsi in debito verso la vita… In questo
siamo all’opposto. Per me la vita è un supermarket. Prendo dagli scaffali tutto
quello che mi piace, senza darmi pensiero per la cassiera he sta in agguato in
fondo. Nicole invece acquista con giudizio, spende con parsimonia… In una
cosa ci somigliamo moltissimo, siamo entrambe sensuali.
Guido – In che senso?
Teresa – Fisicamente. Non mi dirà che non s’è accorto che Nicole è sensuale.
Guido – Lei lo considera un pregio o un difetto?
Teresa – Dipende dalla persona verso la quale questa sensualità viene indirizzata.
Guido – Continui, la prego.
Teresa – Ho vissuto tre anni nella stessa stanza con Nicole. Credo perciò di conoscerla
bene. Senz’altro meglio di lei. Spesso diceva che ai suoi occhi esisteva solo
un uomo: lei. E lo diceva molto seriamente. “Per me esiste soltanto lui. A un
altro uomo non potrei mai voler bene”.
Guido – Fantasie di un’adolescente.
Teresa – Molto di più, mi creda. Nicole è intensa, sente con passione, con ostinazione.
Da quelli a cui vuole bene si aspetta molto. Non creda di potersela cavare
trincerandosi dietro convenzioni ancestrali, sotto il peso delle quali anche lei,
a lungo andare, finirebbe per soccombere.
Guido – Capisce, dunque, quanto è stato difficile per me, e naturalmente per Nicole,
questo esperimento di vita in comune?
Teresa – L’ho capito subito, quando ho visto che eravate sempre insieme, in due stanze
comunicanti. Il resto, conoscendo Nicole…
Guido – Il resto lo sto subendo e soffrendo fin dal primo giorno.
Teresa – Senza fare nulla? Non è da uomo, mi scusi.
Guido – Può darsi. Ma io non so che fare, come arginare. E poi, guardi, ormai sono
anziano e dalla vita ho ricavato ben poche certezze. Ho imparato, tuttavia, che
non serve opporsi alla stupidità degli uomini, come non serve opporsi ai
sentimenti di voi donne. Sono fatti irresistibili, soverchianti, fenomeni naturali
come la pioggia e il vento. Non resta che cercare di ripararsi alla meglio e
aspettare che si siano sfogati.
Teresa – Francamente mi aspettavo di meglio da uno che ha tanta esperienza. Sarebbe
tutto qui quello che sa fare, cercare un riparo? E Nicole? Non le sembra una
azione da vigliacco?
Guido – Ma come si permette?
Teresa – Guardi, non è proprio il caso che faccia il permaloso. Se vuole sapere come la
penso, deve lasciarmi esprimere a modo mio. Lei è il tipo che gli avvenimenti
li segue, nemmeno li subisce, semplicemente vi si adatta, si rannicchia. Sono
certa che se perde l’autobus, non trova di meglio che fare la strada a piedi.
Non le viene in mente che il responsabile di questa incresciosa situazione, non
possa essere che lei?
Guido – Ma se cerco di allontanarla in tutti i modi.
Teresa – Non dico oggi. Lei avrebbe dovuto agire prima, due o tre anni fa. La prima
volta che si è accorto, non può non essersene accorto, che per sua figlia stava
diventando un sogno, una persona favolosa, un mito.
Guido – E che avrei dovuto fare? Più che restarmene lontano da lei il più possibile…
Teresa – Avrebbe dovuto starle vicino, invece. Sarebbe bastato che si fosse fatto vedere
qual è. Capisce che agendo nel modo in cui ha agito, ha finito per provocare in
sua figlia una duplice sofferenza? Prima per non averlo potuto avere come
padre, ora per non poterlo avere… come desidera.
Guido – (Dopo una pausa) Forse ha ragione. So di essere un uomo privo di volontà 
e senza fervore, so di essere troppo mediocre per tenere testa alla vicenda che
mi coinvolge. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere di essere un protagonista
piuttosto meschino, ma non so che farci. L’unica cosa che desideri in questo
momento è potermi liberare da questa intima tensione che mi soffoca.
Teresa – Mi piacerebbe intervenire più direttamente.
Guido – Faccia come crede, purchè mi aiuti a diradare l’incubo di queste due stanze.
Teresa – Io e lei dovremmo passare più tempo insieme. Ho ancora qualche curiosità da
soddisfare.
Guido – Curiosità?
Teresa – Curiosità.
Guido – Sarebbe abbastanza comico che noi due fossimo destinati a essere, diciamo
alleati. Non le pare?
Teresa – No, non mi pare.
Guido – Del resto, tutto è possibile in questo gioco di scacchi, condotto dalle regine.
Oltretutto, lei è una bella ragazza.
Teresa – E lei un bell’uomo. (Si alza).
Guido – Dove va?
Teresa – Mi lasci sparire un momento. Torno subito.
(Teresa va nel bagno. Guido continua la sua colazione).
Nicole – (Entra raggiante, con in mano un mazzo di fiori) Guarda, papà. Li ho comprati
per noi. Li metterò in un vaso, sul tavolino, come se fosse il tavolo del nostro
soggiorno.
(Dal bagno viene il rumore dello sciacquone. Nicole è sorpresa. Teresa rientra).
Teresa – Ciao Nicole.
Nicole – Ciao Teresa. Credevo fossi andata dai tuoi parenti.
Teresa – Ci sono andata ma erano fuori. Quando sono tornata in albergo sono passata di
qui per…
Nicole – (Dura) Non è necessario che ti giustifichi.
Teresa – Non mi giustifico.
Guido – Non c’è niente da giustificare.
Nicole – Permetti papà che metta un po’ in ordine? (Si dà da fare in modo frenetico).
Teresa – Beh, ci vediamo più tardi. (Esce).
Niole – (Dopo una pausa) Posso chiederti una cosa?
Guido – (Seccato) Ma si, chiedi tutto quello che vuoi.
Nicole – Mi dici in che giorno è morta la mamma?
Guido – Ma che ti salta in mente? Possibile che tu debba sempre fare l’originale?
Anche con la tua amica…
Nicole – Non me lo vuoi dire? Allora dimmi soltanto questo: quanti anni aveva quando
è morta?
Guido – Non lo sai? Quasi ventinove.
Nicole – Dieci anni giusti più di me.
Guido – E con ciò?
Nicole – Se non ci penso io, tu sembra che la dimentichi sempre più spesso.
Guido – Bada Nicole…Devi stare attenta, sai, perché io sono stanco, molto stanco E ti
assicuro che prenderò dei provvedimenti.
Nicole – L’unico provvedimento che dovresti prendere sarebbe quello di non mettere
nessuno tra noi due. Ma tu hai altro per la testa.
Guido – Se non la smetti di tormentarmi di continuo come fai, giuro che ti mando per la
tua strada. Capito? Mi dimetto da padre, così sarai libera d’andare dove vorrai.
Purché sia il più lontano possibile da me. E se sarà il caso, ci vedremo non più
di una volta l’anno, per Natale. Mi sono spiegato? (Nicole va nella sua stanza.
Guido le urla dietro) Mi vuoi spiegare perché hai rotto il registratore?
Nicole – (f.s.) Combatto con le armi che ho.
Guido – E questa che novità sarebbe?
Nicole – (f.s.) Tu non mi capisci mai.
Guido – Mi vuoi spiegare perché l’hai rotto?
Nicole – (f.s.) Perché è il solo a ricevere le tue confidenze.
Guido – Quanto sei stupida. (Si lascia andare su una poltrona)
Nicole – (Affacciandosi sulla porta) Davvero mi credi stupida? Guido non risponde)
Non volevo dispiacerti, perdonami. (Gli si accocola ai piedi) Il fatto è che ti
voglio tanto bene. E delle volte ti sento così lontano.
Guido – Parliamo d’altro, per favore.
Nicole – Ti piace Teresa?
Guido – Tu cosa pensi?
Nicole – Io penso che ti piace, ma non tanto però. Non è mica più bella di me. E’ così
magra. Lo sai che ha il vizio di buttare via i soldi? Quando ha del denaro in
tasca, compra qualsiasi cosa le venga in mente. E’ una ragazza intelligente, è
vero, ma quando trova un uomo gli si attacca subito come un francobollo. Poi
magari si pente, ma intanto… (Gli abbraccia le gambe) Non mi lasciare. Non
mi lasciare, ti prego. Non farmi del male. Tu…
Guido – Ma vuoi star zitta?
(Buio).

(Quando la luce ritorna, Guido e Teresa sono a letto: hanno appena fatto l’amore).
Guido – Mi risprami di giustificarmi?
Teresa – Di cosa? Stia tranquillo, è piaciuto anche a me. In questo sono egoista quanto
e forse più di lei.
Guido – E’ accaduto tutto così in fretta.
Teresa – Avrebbe preferito pensarci su?
Guido – Sento… Come se avessi preso qualcosa che non mi appartiene.
Teresa – Chi può dirlo? Forse qualcosa sta nascendo. E se fosse così, non dovremmo
accontentarci di assistere, di lasciar vivere ciò che nasce? E’ la sua teoria, no?
Guido – Ma io devo tener conto do certe circostanze, purtroppo.
Teresa – La sola circostanza che conti è che siamo entrambi soddisfatti.
Guido – (Infilandosi i pantaloni del pigiama) Bada che non ho usato riguardi.
Teresa – E allora?
Guido – Non vorrei che… Si, insomma… Tu sei sicura?
Teresa – Non sia assurdo. (Pausa). Domani parto.
Guido – Così in fretta?
Teresa – Stamattina ho ricevuto una lettera da Milano. Mi hanno offerto un posto di
segretaria.
Guido – Me ne rallegro. Però ti avverto, a Milano difficilmente sarò disponibile come
lo sono ora. Dovrò lavorare e sarò molto impegnato.
Teresa – Non si preoccupi. Lei avrà il mio numero di telefono e niente più. Forse mi
chiamerà, forse no… Chissà. Forse al momento buono si ricorderà che da
qualche parte c’è una donna che si è maturata per lei. Maturata vicino alla sua
immaturità.
Guido – Non vedo la necessità di rivoltarmi contro le mie parole.
Teresa – Non si offenda. Lei normalmente è vecchio, un vecchio che non crede più in
se stesso, quindi nemmeno negli altri, perciò ha paura di tutto. E cerca di
tenere gli occhi chiusi su tutto quello che gli sta intorno perché ha paura. Ma
nello steso tempo, ben dentro, in fondo a lei c’è l’anima di un ragazzo. E la
sua paura è anche la paura di un ragazzo che desidera essere protetto, guidato.
Guido – Sei straordinaria. Devo ammettere che mia figlia sa scegliersi le amiche.
Teresa – Perché crede che mi sia innamorata? Non certo per i suoi capelli o la sua bella
voce.
Guido – Innamorata?
Teresa – E’ sorpreso? Certe scelte si fanno con questa (La testa), ma spesso ci si mette 
di mezzo questo (Il cuore). Allora conviene fermarsi, e attendere di vedere
quale dei due avrà il sopravvento.
Guido – Ma è assurdo. Tu hai vent’anni ed io molti, molti di più. E poi, per innamorarsi
non basta un letto in comune. Ci vuole molto tempo… e che due aspettino ogni
giorno l’autobus alla stessa fermata… o sentano la stessa musica alla radio… o
guardino in su allo stesso cielo per sapere se pioverà…
Teresa – In questo non posso darle torto, benché talvolta…
Guido – L’amore è una pianta che spunta tanto di rado e con una tale lentezza che il più
delle volte ce la rende impercettibile. Cresce in un lento vegetare e un cauto
radicarsi al quale una stagione non basta. E io, stagioni da dedicare a quella
cara cosa non ne ho più. Le mie stagioni le ho dietro le spalle e, se devo essere
sincero, non mi interessa esaminare se le abbia godute o sprecate. Come vedi,
non avrei molto da darti.
Teresa – (Si alza e comincia a vestirsi) Oggi parlerò a Nicole. Le chiederò di partire
con me.
Guido – Sarebbe la soluzione migliore.
Teresa – Non si illuda. Non vorrà saperne, ma insisterò.
Guido – Perché non dovrebbe accettare? Siete amiche, no?
Teresa – Lei è uno di quelli che pensano che se una ragazza si attacca a un uomo, basti
un viaggetto di piacere per cavarglielo dalla mente. Per qualcuna forse, ma
non per Nicole. Per lei ci vuol altro. Qualche responsabilità che la impegni.
Un lavoro e magari più di un lavoro: una missione.
Guido – Andiamo…
Teresa – La conosco bene, mi creda. Nicole è contenta quando trova persone da curare.
E’ nata per organizzare, provvedere, mettere in ordine.
Guido – Mi sai dire allora perché non fa altro che scombussolarmi la vita?
(Buio).

(Quando ritorna la luce, Guido è seduto su una poltrona e sfoglia distrattamente un
libro. Nicole e Teresa sono sedute sul letto. Nicole indossa una corta camicia da notte).
Teresa – Te la ricordi la Rosy? Quella che dormiva nella stanza con la Nelly?
Nicole – Una con le trecce, che mangiava al tuo tavolo? Cos’ha fatto?
Teresa – Si è sposata. L’ho saputo ieri e le ho mandato un regalino anche a nome tuo.
Nicole – Non eravamo poi tanto amiche.
Teresa – Ho fatto male?
Nicole – Che c’entra? Si fa così per dire.
Teresa – (Dopo una pausa) Stavo pensando che quando questa vacanza sarà finita, ti
cercherai qualcosa da fare. Tanto al collegio non ci torni più di certo.
Nicole – Da quella stupida direttrice?
Teresa – E poi, non puoi andare alla scuola tutta la vita. Ne sai già abbastanza. Non ti
pare?
Nicole – Quando lo dico, nessuno mi crede.
Teresa – Allora senti. Ho pensato a un lavoro che ti piacerebbe. E’ bene che tuo padre
sia presente, così possiamo sentire anche il suo parere.. Sei mai stata a
Ginevra?
Nicole – Una volta, qualche anno fa.
Teresa – Bene. A Ginevra c’è un ufficio internazionale che cerca ragazze giovani che
sappiano le lingue e abbiano spirito di organizzazione.
(Nicole si alza e si mette a cercare qualcosa nei cassetti).
Guido – Non ce l’hai una vestaglia?
Nicole – (Col termometro in mano) Adesso, se permettete, mi misuro la febbre. 
(Si siede, si alza la camicia e si insinua il termometro tra le cosce)
Guido – All’ascella, perbacco!
(Qualche attimo di silenzio imbarazzato).
Teresa – Non vuoi andare a letto?
Nicole – Lasciami stare.
Teresa – Posso parlarti ancora? Sei o non sei la ragazza che in collegio si portava via
tutti i premi? (Nicole alza le spalle) Non serve a nulla fare la modesta. Sono
sicura che per certe cose non ci sono molte ragazze come te. L’ufficio che ti
dicevo, che ha la sede centrale a New York, si occupa in tutto il mondo di
ricevere e mettere a posto profughi ed esiliati politici.
Guido – Se ricordo bene, è l’organizzazione dei Displaced people.
Teresa – Precisamente. A me risulta di sicuro che cercano del personale.
Guido – E’ una delle iniziative più generose dell’Onu.
Teresa – (A Guido) Cercano del personale e pare facciano molta fatica a trovarne.
Nicole ha buone possibilità di essere assunta subito. (A Nicole) Io dico che
sarebbero entusiasti di te. Hai un’attitudine speciale per un lavoro del genere.
Ti conosco troppo bene per sbagliarmi. C’è solo il pericolo, pericolo per
modo di dire, che di qui a qualche anno ti promuovano e ti trasferiscano alla
sede centrale, a New York. Se accetti, sono certa che tuo padre ti darebbe il
suo assenso.
Guido – Certamente. Perché non dovrei?
Teresa – La domanda di ammissione dovresti farla in inglese. Se credi, posso aiutarti.
Nicole – Io ti chiedo soltanto questo: non tentare di separarlo da me.
Teresa – Ma chi vuoi che pensi di separare un padre dalla figlia?
Nicole – (Guardandola fissa negli occhi) Teresa, sei sincera?
Teresa – Ma si, cara. Lo so quanto gli vuoi bene, lo so.
Nicole – No, tu non lo sai. Nessuno può sapere quanto. Ricordi di quando si parlava di
voler bene e tu mi dicevi “Non hai ancora imparato a voler bene, sei venuta su
in collegio”. Adesso ho imparato e ho bisogno di lui. Non voglio nient’altro.
Nessuno si deve mettere fra noi due, capisci? Tu ci devi lasciar stare. Per te lui
è uno qualsiasi. Cosa te ne importa?
Teresa – Ma si, ma si, chi te lo tocca?
Nicole – Perché ti vuoi attaccare a lui? Non hai già il tuo amico di Lugano. Ricordi che
lo sapevamo tutte che avevi un amico a Lugano e che si chiama Ernst? Eri la
sua amante almeno due mesi prima che partissimo. E quel giorno sull’autobus
che sei venuta vicino a me a piangere, te lo ricordi? Avevi paura di essere
incinta perché le tue cose tardavano. Avevi paura però mi dicevi “E’ stato
bello, Nicole, lo rifarei ancora”.
Guido – Acolta, Nicole…
Nicole – (Lo interrompe) Per favore, papà.
(Guido si alza e va nel bagno. Nicole si toglie il termometro e lo butta sul tavolino).
Teresa – Saresti pronta a sacrificarti per lui, vero Nicole? (Nicole assente a capo chino)
Noi donne ci dovremme ricordare sempre che gli uomini hanno una loro
esistenza. E che non possiamo pretendere di prendergliela tutta. Io me ne sono
accorta, sai. E proprio con Ernst. Perché credi che mi abbia lasciata? Perché
pretendevo troppo. Mica lo facevo apposta, però tendevo a incapsularlo, ad
annullarlo egoisticamente. Il mio era diventato un amore antropofagico. E
quando se n’è accorto mi ha piantata. Non ripetere lo stesso errore, Nicole.
Devi pensare che lui ha il suo lavoro, le sue occupazioni, i suoi divertimenti.
Devi cercare di essere più ragionevole. Più gli vuoi bene, più devi essere
pronta al sacrificio. (Nicole si stende sul letto) Tu, vedi, dovresti cercare di
passare inosservata. Qualche volta, se occorre, persino sparire dalla sua vita,
per non pesare, perché sia lui a sentire il bisogno di te.
Nicole – Ma io non voglio mica portargli via tutto il suo tempo. Mi basta la mattina
presto, la sera… Quando è in casa.
Teresa – E quando non c’è? Ha un lavoro che lo porta a star fuori intere giornate e
anche periodi molto lunghi. Tu cosa faresti in tutto quel tempo? Parleresti da
sola?
Nicole – Baderei alla nostra casa, alla sua roba… Quello che fanno tutte le donne con i
loro uomini.
Teresa – Questo lo potresti fare anche tra un anno o due, una volta esaurita l’esperienza
di una tua vita indipendente. Per adesso, a Ginevra troveresti un lavoro che ti
darebbe molta soddisfazione. Sai, tutta quella povera gente da mettere a posto
e da curare. Ci sono ragazzi ammalati, orfani… Bambini piccoli che hanno
bisogno d’affetto…
(Buio).

(Quando la luce ritorna, Guido, in calzoni e camicia, si sta annodando la cravatta
davanti allo specchio. Dalla sua stanza entra Nicole, in vestaglia).
Nicole – Esci?
Guido – Si.
Nicole – (Gli si avvicina, gli disfa il nodo e glielo rifà, indugiando nei movimenti) Non
hai che la pelle sotto la camicia. Dovresti coprirti meglio. Mettiti la maglia.
Ieri, qui di fronte a noi, si vedeva la neve.
Guido – La metterò quando torno, adesso non ho tempo.
Nicole – (Con rabbia) Non hai tempo perché devi correre da quella là. Lei ti vuole
portare via e vuole mandarmi a Ginevra per separarci. Vuole che vada a
Ginevra per venire con te a Milano. L’ho capita, sai. E tu preferisci lei a me.
Io mi fidavo, era la mia amica, le volevo bene, e lei adesso mi fa tutto il male
che può. La odio! E se vai da lei odierò anche te. Non andarci, ti prego.
Lasciala partire da sola. Resta qui con me. (Guido si infila la giacca ed esce.
Nicole resta qualche attimo davanti alla porta chiusa. Poi va nella sua stanza e
rientra con in mano alcuni flaconi che mette sul tavolino. Fruga nei cassetti e
nella valigia di Guido, trova altri flaconi che depone accanto ai primi. Si siede
vuota i flaconi sul tavolo e resta ad osservare il mucchietto di pillole. Piange
con un flebile lamento, da bambina) Oh, mamma… Io lo so che l’hai fatto
apposta e ti capisco… Come si può vivere con questa angoscia?... (Ingoia
alcune pillole) Hai visto? Se n’è andato… (Ingoia altre pillole) Se n’è andato,
lasciandomi con questo peso sul cuore. (Ingoia altre pillole, mentre si chiude
lentamente il sipario).

Fine