La notte di Antigone

di Giacomo Ferraù e Giulia Viana

© 2020. Tutti i diritti riservati [*]

 

 

Dedicato a Ilaria e Stefano Cucchi

 

 

PERSONAGGI

La Sorella
Il Fratello
L’Altro Fratello
La Madre
Il Padre
Tiresia
Creonte

Il Padre e Creonte sono interpretati dallo stesso attore.
Tutti i personaggi, escluso Creonte, sono scalzi.

 

 

È notte. Una luce illumina un cumulo di terra a fondo palco.
Sulla terra giace un corpo nudo.

Appare una donna, vestita a lutto. Cerca di seppellire il corpo con un lenzuolo.
Sale un vento che porta via il lenzuolo, lasciando nudo il corpo ogni volta che lei tenta di coprirlo.
Finalmente il vento cessa e il lenzuolo resta sul corpo, coprendolo come un sudario.

Dalla platea, arriva la Sorella.
Una luce illumina il centro del palco e svela un pavimento di piastrelle circondato da un cerchio di terra. È la camera del Fratello.

Le due donne sembra si guardino, anche se appartengono a due mondi lontani.
Entrambe si inginocchiano.

SORELLA ~ Fratello, corda. Corda… legame, legame… radici, radici terra… terra sangue, sangue periferia, periferia cortile, cortile spazzatura, spazzatura osso, osso di pollo, osso di pollo… desiderio, desiderio ciglio o ciglia… boh, veste, vestina, vabbè, estate… dita rugose! Dita rugose impronte, impronte inchiostro, inchiostro penna, penna esami, esami medico, medico lattice, lattice barella, barella bisturi, bisturi corpo, corpo giudice, giudice verità, verità insabbiare, insabbiare forze dell’ordine, ordine spaccio, spaccio arresto, arresto carcere, carcere pugni, pugni lividi, lividi foto, foto autopsia, autopsia pena, pena, mi faccio pena, specchio riflesso, riflesso al contrario, diapositiva, nero, morte, nero, buio… buio.

Buio sul corpo coperto e sulla donna a lutto.

Non sono più capace di farlo, vedi? Anzi da sola non è neanche un gioco divertente. Comincio e so già come finisce. Come sei finito tu.
Due settimane fa sei entrato in carcere e stavi bene. Ora non ci sei più.
Mi hanno detto che ti si è fermato il cuore, ma cosa significa? A tutti si ferma il cuore quando si muore. Cosa faccio?
Domani dovrei mostrare quelle foto.
Tanto lo so già che non ci riuscirò. Domattina chiamerò per dire che ci ho ripensato. Hanno ragione mamma e papà.
Sì, però quell’avvocato dice che è l’unico modo per scoprire cosa ti è successo.
Cosa faccio? Qual è la cosa giusta, dimmelo tu.
Per ora il mondo dorme. È bello il mondo quando non pensa ancora gli uomini, no? Se vuoi vedere il mondo che si colora piano piano devi svegliarti presto la mattina. Come…

A fondo palco, fuori dalla camera del Fratello, appaiono i genitori nella zona piena di terra.

Come la mattina in cui siamo venuti in obitorio. Quando mamma e papà ti hanno visto, quando hanno visto il tuo corpo su quel tavolo di metallo, io ero nella camera accanto. Le loro urla non le dimenticherò mai. Sembrava che gli stessero strappando il cuore a mani nude. E poi, due giorni dopo, al tuo funerale, ancora stretti così, l’uno all’altra. Era tanto che non li vedevo così vicini. Impressionante quanto unisca il dolore. Mi guardavo intorno. Mi continuavo a chiedere chi mancasse, e sai chi mancava alla fine?

I genitori si allontanano e scompaiono. Lasciano il posto al Fratello che appare alla luce. Indossa un paio di guantoni da boxe, si sta allenando.

Mancavi tu. Come in quella foto che abbiamo scelto per la tua lapide.
Quella foto in cui sorridi.
Dovevi essere contento quel giorno.
Non so neanche com’era finito l’incontro.

Si manifesta l’Altro Fratello. Apparentemente identico. Inizia a lottare con il Fratello.

Perché non c’ero. Mi vengono in mente tutti i momenti in cui non c’ero…
Io non riuscivo a dirti: «Bravo».
Ti dicevo solo: «Guarda come ti sei combinato il naso.
Guarda come ti sei combinato le braccia.
Guardami… guardami!

I due lottatori si staccano.

Non hai ricominciato, vero?».
E tu non mi guardavi.
Era come se fossi sempre in lotta contro… boh, qualcosa, contro te stesso.
E diranno che è questo che ti ha ucciso, che mio fratello si è ucciso da solo, anzi che mio fratello … ha ucciso mio fratello.

I due fratelli si allontanano e scompaiono.

No. No. Non voglio.
Ma poi ti immagini me davanti a tutti quei politici, onorevoli, io che mi vergogno persino in farmacia se qualcuno ascolta quello che chiedo, ma mi ci vedi?
Tu cosa faresti se fossi me? Cosa vorrei io se fossi te?
Sai che faccio? Non lo so.
Non ne azzecco una stanotte. Anche tornare a dormire qui nella nostra camera.
Quando l’ho detto a mamma mi ha guardato come se fossi pazza. Che poi non è nostra la stanza… è la tua stanza da quando mi sono sposata. Ho detto: «Da quando mi sono sposata». Ho pensato: «Da quando ti ho abbandonato». Ma se ti stavo sempre con il fiato sul collo! Niente, comincio già a vedermi con gli occhi degli altri. Perché è questo che diranno, che ti abbiamo abbandonato, che te la sei cercata. E sai che ti dico, forse hanno ragione. Perché se tu non avessi avuto quello schifo addosso, non ti avrebbero potuto fare nulla. Ma cosa sto dicendo? Sono incazzata. Non posso farci niente. Sono un mostro. Sono incazzata con te.

Riappare il Fratello dietro la soglia della camera.

Io non voglio che ti vedano in quel modo. Le urla, le crisi… quello non eri tu. Diciamo che non eri solo questo. Almeno quest’ultimo anno sembravi felice. Io ero sicura, ‘sicura’ non lo so, mi sembrava che non avessi più problemi con la droga, con l’alcool, né con i soldi. Niente, ci hai fregati un’altra volta.
Eri bravissimo a dirci bugie.
Eri bravissimo a lasciarci fuori, a non lasciarci entrare…

Il Fratello fa un passo ed entra nella cameretta, all’interno del cerchio di terra.
Il Fratello e la Sorella non si guardano mai, come se non fossero nello stesso luogo.

Quando decidevi di alzare un muro non ti fermava niente.

Alle spalle del Fratello, emerge una porzione di parete dalla terra.

Guardo queste pareti come facevi tu solo un paio di settimane fa e mi sembra che tu sia ancora qui. In una delle mille volte in cui ti sei chiuso in camera, con le mani nascoste nelle maniche della felpa mentre gridi…
SORELLA e FRATELLO ~ … No che non apro!
SORELLA ~ «Ho detto che non vi apro.»
FRATELLO ~ (verso la parete, come parlasse da dietro la porta di camera sua, verso l’esterno) Ho detto che non vi apro.
SORELLA ~ Magari era solo momento… Bastava che dicessimo qualcosa di sbagliato ti arrabbiavi, gridavi un po’, ci insultavi, un calcio alla porta e poi magari scoppiavi a piangere. Ecco come ci fregavi tutti. All’improvviso diventavi dolcissimo.
Eri imprevedibile. A volte dicevi…
FRATELLO ~ … Lasciatemi in pace
SORELLA ~ Tu non avevi pace.
FRATELLO ~ Lasciatemi solo.
SORELLA ~ E da solo non ci sapevi stare. E allora perché? Perché non ci hai voluto vedere quando eri in carcere? O pensavi che fossimo noi a non volerti vedere? Neanche quando eri bambino non ci stavi mai da solo. Mi stavi sempre appiccicato come una cozza. Come i nostri letti. Uno sopra e uno sotto. Se mi mettevo a leggere tu mi venivi dietro. Non sapevi ancora leggere, facevi finta. Poi mi strappavi le pagine del libro e io ti davo degli schiaffi.

Sulla parete appaiono le ombre del Fratello e della Sorella da piccoli. Lui consegna un fiore di carta a lei.

Però lo facevi per farmi dei fiori di carta. Che poi regalavi alla mamma, e dicevi che ero stata io.

Le ombre scompaiono.

(Come se stesse osservando i muri delle pareti della cameretta) Guarda quante foto ai muri. Sembra la camera di un adolescente. Guarda qui com’eri piccolino. Quando mamma è tornata a casa dall’ospedale dopo il mese in incubatrice, ti ho visto nella culla, ho guardato la mamma e le ho detto: «Brava, adesso però lo riporti e lo cambi con una sorellina».
E quando la mamma, da grande, te l’ha raccontato, tu le hai detto: «Ma’ portami in negozio, magari fai ancora in tempo a fare cambio». (Sorridendo) Che scemo.
Ma in fondo lo pensavi sul serio. Che noi cercavamo di cambiarti. Continuamente. Allora diventavi cupo e ci guardavi in un modo strano.
È impressionante.
Mi sembra di vederlo solo adesso.
A ripensarci era come se in te ci fossero due persone.
Ho davvero avuto due fratelli. Anche quando ti parlavo, non sapevo neanch’io chi dei due avessi di fronte. Quando sei tornato dalla comunità ad esempio chi eri?

Una musica da repertorio classico.
Compare l’Altro Fratello. I due fratelli si scambiano più volte di posizione, fuori e dentro la cameretta. Poi l’Altro Fratello scompare. Il Fratello avanza con un fiore di carta in mano. Lascia il fiore nella terra appena fuori dalle piastrelle. Resterà lì fino alla fine.
Sulla soglia, fuori dalla cameretta, appaiono i genitori.

MADRE ~ (al figlio) Ecco la tua stanza, è solo un po’ più ordinata.
PADRE ~ Fa’ come se fossi a casa tua.
MADRE ~ Che scemo… gli abbiamo dato una rinfrescata. Vero che sembra nuova?
PADRE ~ Così ne abbiamo approfittato per rinfrescare anche le altre stanze.
MADRE ~ Abbiamo avuto casa invasa per un po’.
PADRE ~ Serve tempo per ripulire le cose.
MADRE ~ Ma ne è valsa la pena.

Piccola pausa.

PADRE ~ Vuoi che spegniamo la musica?
MADRE ~ Ah scusa, ormai non me ne accorgo più…
PADRE ~ (alla Madre) Certo ti svegli e l’accendi. (Al figlio) Tra un po’ non mi saluta neanche…

Ridono. Silenzio.

MADRE ~ Non dici niente?
FRATELLO ~ Grazie.
MADRE ~ Solo grazie?
PADRE ~ Che deve dire? È emozionato, no?
MADRE ~ Finalmente tua sorella ha portato via i suoi libri, erano ancora lì dal liceo a prendere polvere.
PADRE ~ È una settimana che mamma pulisce.
MADRE ~ Eh, esagerato: una settimana… Se mi avessi aiutato ci avrei messo meno.
PADRE ~ (sempre al figlio) Puoi mangiare sul pavimento.
MADRE ~ (idem) Ti piace il letto nuovo?
PADRE ~ Il letto a castello aveva la tua età ormai.
MADRE ~ E poi cosa facevi, poverino? Continuavi a dormire da solo con un letto vuoto sopra la testa?
PADRE ~ Ci abbiamo messo un po’ a sceglierlo.
MADRE ~ L’ha scelto tuo padre. Si stava addormentando in negozio.
PADRE ~ Vedi che non lo fai ridere? Che stupidi… Scusa… Potevamo prenderti un matrimoniale, per quando si fermerà la tua ragazza.
MADRE ~ No, lascia stare.
PADRE ~ Come sta? Viene a pranzo?
MADRE ~ Va bene il letto singolo.
PADRE ~ Hai ragione: meglio stare stretti.
MADRE ~ Dico: va bene il letto singolo.
PADRE ~ Non capisco…
MADRE ~ (interrompendolo, mentre ancora al figlio) Gli asciugamani puliti sono sul letto.
PADRE ~ Ma insomma viene a pranzo o no?
MADRE ~ Non viene. Basta domande: va bene il letto singolo! Invece, prima che tu apra l’armadio, una premessa: preparati che papà ti porta a rinnovare l’abbigliamento.
PADRE ~ Al lavoro non ti puoi presentare con la tuta.
MADRE ~ Aspetta non diciamogli tutto subito, è appena arrivato.
PADRE ~ Ormai gli ho messo la pulce nell’orecchio: da me si è liberato un posto di lavoro.
MAMMA ~ Se ti va.
PADRE ~ Puoi iniziare lunedì! Magari “dove sei stato” non lo diciamo ai colleghi
MADRE ~ Potevamo parlarne dopo pranzo!
PADRE ~ Dopo pranzo con tutto quello che hai cucinato? Non credo sarà in grado di ragionare. Conosci la mamma: dosi da elefanti!
MADRE ~ È vero, ho preparato tutti i suoi piatti preferiti, ma non si deve… (al figlio) mica ti devi abbuffare.
PADRE ~ Anzi, sappiamo che cucinavi per tutti i tuoi amici quando eri lì, bravo!
MADRE ~ Vorrà dire che da domani la mamma lascia il grembiule in cassapanca.
PADRE ~ (a lui) Qui lavavi solo i piatti.

Pausa.

MAMMA ~ (idem) I tuoi amici? Li hai già sentiti? Possiamo organizzare una bella cenetta.
PADRE ~ Analcolica.
MADRE ~ A proposito di questo: io e papà, insieme, abbiamo pensato…
PADRE ~ … Abbiamo concordato.
MADRE ~ Sì, concordato è più corretto. Vedi, io e papà insieme all’educatore della comunità che ti ha seguito, abbiamo concordato, come dire…
PADRE ~ Una serie di… (insieme alla Madre) regole.

Appare l’Altro Fratello. Il Fratello nella camera se ne accorge.

MADRE ~ Di accortezze, diciamo.
PADRE ~ Sì, accortezze per aiutarti, per aiutarci.
MADRE ~ Come vedi mancano le serrature delle porte: per ora niente chiavi.
PADRE ~ Solo per questo primo periodo naturalmente.
MADRE ~ Da tutte le stanze, mica solo la tua.
PADRE ~ Per avvisare che il bagno è occupato ci faremo dei segnali di fumo.

Ridono.

MADRE ~ Battute a parte. Tua sorella e tuo cognato ci hanno regalato dei cartelli con scritto “occupato” e “non entrare”: sono simpaticissimi.
PADRE ~ Diciamo che è stata più tua sorella…
MADRE ~ Ci daremo delle piccole regole in generale anche su altre cose.
PADRE ~ L’orario di rientro per esempio.
MADRE ~ Vorremmo che ci dicessi sempre dove vai la sera, prima di uscire.
PADRE ~ È solo per proteggerti.
MADRE ~ E se puoi, lasciaci il numero di qualche tuo amico con cui esci.
PADRE ~ Solo per essere sicuri che tu possa contattarci se hai bisogno di noi.
MADRE ~ Daremo un taglio alle bevande alcoliche.
PADRE ~ (a volume basso) Faremo in modo di trovare un tempo per parlarci.
MADRE ~ (idem) Per confrontarci quotidianamente.
PADRE ~ (a volume bassissimo) a questo proposito l’educatore dice che sarebbe bene tenere un… (insieme alla Madre) diario.

Altre due pareti si sollevano dalla terra, nascondendo i genitori che smettono di parlare.
Ora le pareti alzate sono tre, la cameretta è sempre più chiusa.

SORELLA ~ Dov’è finito quel diario con la copertina gialla che scrivevamo in due? Perché abbiamo smesso di scriverlo? E quando ci dicevamo i segreti in un telefono di carta? Cos’è successo dopo? Quando dormivamo qui condividevamo tutto, anche l’influenza. Se mi ammalavo il martedì, il mercoledì eri tu KO. Anche la dipendenza è un virus, no? Un virus che ogni tanto si ripresentava. Anche noi eravamo dipendenti. La nostra droga però era la speranza.
Mamma per esempio metteva tutta quella “Classica”. Per non sentire le sirene delle ambulanze sperando sempre che non fossero per te.
E tu? Anche tu mettevi la tua musica ma per non ascoltare noi.
E in mezzo a questa guerra tra generi musicali io, mamma e papà tifavamo per te, per l’unica vera battaglia che ci interessava. Quella che avevi ingaggiato contro te stesso. Per vincere il tuo istinto.

L’Altro Fratello entra nella cameretta. Ora i due fratelli riprendono a combattere. Fuori dal cerchio di terra, appare la Madre e la lotta s’interrompe, mentre l’Altro Fratello scompare.

MADRE ~ Cosa stai facendo?
FRATELLO ~ Mamma… mi fai prendere un colpo così.
MADRE ~ Stai bene?
FRATELLO ~ Mai stato meglio.
MADRE ~ Come mai non sei ancora al lavoro?
FRATELLO ~ Infatti, sono in ritardo mamma.
MADRE ~ A che ora sei rientrato ieri?
FRATELLO ~ Cos’è un interrogatorio?
MADRE ~ Hai fatto tardi?
FRATELLO ~ No, agente, no. Ho fatto prestissimo.
MADRE ~ Allora perché non sei passato a salutarci?
FRATELLO ~ La perquisizione la vuoi fare adesso o prima di uscire?
MADRE ~ Lo sai che sto in pensiero se non passi.
FRATELLO ~ La prossima volta faccio i fuochi d’artificio quando torno.
MADRE ~ Ti sei divertito?
FRATELLO ~ Sono stato coi miei amici in giro tutta sera.
MADRE ~ Quali amici?
FRATELLO ~ I miei amici…
MADRE ~ E dove siete stati?
FRATELLO ~ Mamma se ti dico i nomi dei locali tanto non li conosci.
MADRE ~ Mettimi alla prova
FRATELLO ~ La pizzeria qui all’angolo, non mi ricordo come si chiama.
MADRE ~ C’era anche tua sorella con suo marito, quindi vi siete visti. L’hai vista, no?
FRATELLO ~ Sì, certo che l’ho vista. Di sfuggita, ma non credo che lei mi abbia visto.
MADRE ~ Perché?
FRATELLO ~ Perché ero coi miei amici, lo sai che mi vergogno.
MADRE ~ Avete mangiato?
FRATELLO ~ No, abbiamo digiunato. Certo, mamma, che abbiamo mangiato.
MADRE ~ Cosa?
FRATELLO ~ Cosa vuoi mangiare in pizzeria, mamma? Mi stai facendo preoccupare…
MADRE ~ E tua sorella?
FRATELLO ~ Ma che ne so. Avrà preso una pizza anche lei.
MADRE ~ Mi sa che tua sorella la pizza non l’ha presa perché era a cena da noi.
FRATELLO ~ Ah. E com’è andata la cena?
MADRE ~ Dove sei stato?

Silenzio.

FRATELLO ~ Mamma… sono stato in giro con gli amici, ma sono tornato presto. Perché mi state tutti addosso?
MADRE ~ Stamattina il tuo letto era ancora fatto.
FRATELLO ~ Certo! Me l’hanno insegnato in comunità: la mattina prima di uscire bisogna sempre rifare il letto…
MADRE ~ (interrompendolo) Hai finito?
FRATELLO ~ Di fare il letto?
MADRE ~ Di dire cazzate.
FRATELLO ~ Mamma.
MADRE ~ Cosa stavi cercando? Dimmi cosa stavi cercando. Rispondi, cosa stavi cercando?

Pausa.

FRATELLO ~ Sei entrata qui dentro?
MADRE ~ Hai problemi con una ragazza? Non ti trovi bene al lavoro? Ci sono delle persone che ti danno fastidio? Hai bisogno di sfogarti? Hai bisogno di picchiare qualcuno? Picchia me. Prenditela con me. Dimmi che è una di queste cose. Dimmi come posso aiutarti però.
FRATELLO ~ Ti ho chiesto se sei entrata qui dentro.
MADRE ~ Dimmi come posso aiutarti perché io devo aiutarti in qualche modo altrimenti impazzisco. Ti ho chiesto cosa stavi cercando.
FRATELLO ~ (gridando improvvisamente verso di lei) Tu non ci devi entrare qui dentro, hai capito? (Si rende conto di quello che ha fatto) Scusa… scusa…

Pausa.

MADRE ~ Tua sorella aveva detto che quando eri da lei stavi bene. Allora siamo noi il problema? Lo capisci che ti stai uccidendo da solo? Da quanto hai ricominciato? Non lo voglio sapere. Io non mi fido più di te. Mi fai schifo.

Pausa.

FRATELLO ~ Mamma ti prego, ci sto provando…
MADRE ~ No, no, guarda che non riesci a farmi sentire in colpa. Non ci riesci più. Io voglio chiudere gli occhi sapendo che hai una casa, un lavoro, una famiglia.
FRATELLO ~ Il lavoro ce l’ho.
MADRE ~ Finché c’è tuo padre. E quando non ci saremo più? Devo augurarmi che tua sorella ti faccia da madre per sempre? Io non voglio più vivere con il terrore che qualcuno bussi a questa porta per dirmi che ti hanno portato via. Finché stai sotto al nostro tetto, rispetti le nostre regole. Ora lavati la faccia e vai a lavorare. (Esce)
SORELLA ~ «Prima ti lavi la faccia e poi puoi venire a giocare con me.» Te lo dicevo sempre perché a te piaceva stare nella terra ma io mi vergognavo e dicevo alle altre bambine che non ti conoscevo. Oppure ti vestivo da bambolotto, ti rinchiudevo nello spogliatoio, e poi ti obbligavo a cantare. E le mie amiche giù a ridere. Facevi il cretino e le facevi ridere. Io facevo tutto giusto e non facevo ridere nessuno. Già, sono sempre stata una perfettina rompipalle, come dicevi tu.
Io in oratorio, tu in curva. Io in casa, tu in discoteca. Io a danza, tu a boxe.
Sempre lì a guardare incontri, sempre ad allenarti, a correre, correre… a dar pugni, almeno ti fosse servito contro chi ti ha ridotto così.
Scusa. Scusami.
Tu ti allenavi per non ricadere. Per non soffrire. E mamma e papà con te. A rialzarti. Ogni volta. Con la stessa infinita pazienza con cui si rimette in piedi un bambino che sta imparando a camminare.

Su una delle tre pareti appare l’ombra del Fratello da bambino che cerca di camminare, mentre le sagome dei due genitori cercano di farlo stare in piedi.
L’immagine si trasforma, torna l’Altro Fratello. I due fratelli iniziano a rincorrersi; nella complicità, sollevano un’altra parete lasciando di nuovo fuori i genitori. La stanza ora è quasi completamente chiusa.

PADRE ~ (appare nell’ultimo varco rimasto aperto) Vieni fuori! Vieni fuori. So che sei lì. Ti sento. Voglio solo sapere che non sei stato tu. Io lo so che non sei stato tu, io voglio avere fiducia. Però voglio che mi guardi negli occhi per dirmelo. Sarò costretto a incolpare qualcun altro, e al lavoro non posso permettermi di incolpare uno che non ha colpa, quindi per favore vieni fuori. Non sono arrabbiato. Sono solo un po’ stanco, ma non sono arrabbiato. Sono solo un po’ stanco. Non mi interessa dei soldi. Hai bisogno di soldi?

Silenzio.

Cos’ho sbagliato? Non volevo chiederti se hai bisogno di soldi per sapere se sei stato tu, volevo sapere se hai bisogno di soldi per capire se va tutto bene, se posso aiutarti. Mi stai ascoltando?

Pausa.

C’è qualcuno che ti fa stare male? Una persona, magari al lavoro… una donna… Ma certo… guarda che se ti servono soldi per fare un regalo a una ragazza puoi chiedermelo. Non ti devi vergognare. A quattordici anni mi ero innamorato di una ragazza. Ogni giorno volevo portarle un regalo diverso, allora un giorno ho rubato un pezzo del lampadario di casa, perché per me sembrava un gioiello. Io ero proprio come te da ragazzo. Non le accettavo le regole, non le capivo. E pur di non omologarmi, pur di stare fuori dal coro ero disposto a fare qualsiasi stupidaggine. E ne ho fatte di stupidaggini. Io e te non parliamo spesso, forse semplicemente non ci abbiamo mai provato, ma nei nostri incontri, a tavola, la sera, se magari hai qualcosa da dire, qualche parola, una parola prova a dirla. Forse io ti ho deluso. Forse rifletto esattamente la forma dell’uomo che non vorresti diventare, lo capisco. Ma ti prego. Lasciami uno spiraglio.

Il Fratello, ancora con la complicità dell’Altro, solleva l’ultima parete davanti allo sguardo affranto del Padre. Ora lo spazio della cameretta è definitivamente chiuso.

SORELLA ~ Quando ti hanno arrestato ero contenta. Oh, l’ho detto. Ero sicura che qualche giorno lì dentro ti avrebbe fatto bene. Questo domani non posso raccontarlo. O sì?
Ho paura. Come quando mamma spegneva la luce e mi immaginavo che arrivasse quell’uomo senza volto coi guanti di pelle.
Ecco mi sento così. Di fronte a un mostro senza volto.
Una volta ero sull’altalena.
Arriva un bambino e mi dice: «Scendi che vado io».
«Aspetta il tuo turno.»
Io le regole le ho sempre rispettate.
Quel bambino meno. Infatti, mi ha spinta a terra e mi ha dato un pugno.
Allora sei arrivato tu, hai cominciato a insultarlo…
Solo che lui era alto un metro e mezzo e tu ottanta centimetri: un chiwawa contro un alano.
(Imitando la voce del Fratello) «Non toccare mia sorella, questa è mia sorella, mia sorella non la deve toccare nessuno…»
Quello manco ti sentiva… e tu andavi avanti. Te lo ricordi? Ti aveva dovuto portare via di peso papà.

Pausa.

Li hai provocati? Hai risposto male come facevi con noi? A un poliziotto o a un detenuto? A chi? Cos’hai fatto? Io questo devo saperlo.
Cosa sto dicendo? Non avrebbero comunque dovuto farti questo.
Però perché? Perché non riuscivi mai a rispettare le regole?
FRATELLO ~ Regole? Avete tutti questa parola in bocca, che vi pende dalle labbra come un rivolo di merda. Avete tutti qualcosa di sporco qui all’angolo della bocca quando dite la parola «regole». Regole, regole. Da quando ero bambino. Non si poteva giocare con l’acqua, gli altri sì ma io no perché sono sempre stato troppo piccolo. E fai attenzione a chi frequenti, questo sì, l’altro no. E dai la mano a tua sorella, lei sì che è brava, lei sì che non sbaglia mai. E mangia tutto in una volta e ficca il cibo in gola e mangia, mangia che così diventi grande, e mangia fino al vomito. E non giocare con la terra perché questa terra è marcia, questo quartiere è marcio. E se non segui le regole ti sporchi. Ed è questo il punto. Io mi sono sporcato. Di quelle macchie che non vanno via. Per quanto mi sforzi. Per quanta fatica possa fare a seguire le vostre regole. Fuori di qui mi guarderanno sempre così.

Appare l’ombra del Fratello e della Sorella da bambini che parlano attraverso dei bicchieri di carta.

Lo so che sei lì, lo so che mi stai ascoltando. Io non volevo. Io non volevo alzare dei muri così alti. Non so chi di noi abbia cominciato. Per te, papà e mamma sembra tutto più semplice. A volte mi chiedo come fate a non sporcarvi. Per questo ti chiedo sempre se sei felice. Io, la mattina, quando mi sveglio, non vorrei alzarmi dal letto. Come se non avessi alcuna ragione per farlo, come se avessi sbagliato tutto. Mi guardo intorno, continuo a chiedermi cosa mi manca. E sai chi mi manca alla fine?
Come quando dormivi nel letto sopra al mio e io pensavo che ero fortunato, perché qualsiasi cosa mi fosse successa nella vita la mia perfettina rompipalle mi sarebbe sempre stata accanto.
Lo so che sono stato il tuo peggior nemico.
Ci sono cose che non posso raccontare.
Questa volta non può rialzarmi nessuno.
Non odiarmi per questo, se puoi.

Abbandona la cameretta. La Sorella resta di nuovo sola, come all’inizio.
La luce cambia.
Appaiono i genitori fuori dalla cameretta. Per la prima volta interagiscono con la loro figlia, nel presente.

MADRE ~ Ecco.
PADRE ~ L’abbiamo lasciata così.
MADRE ~ Non abbiamo fatto entrare nessuno.
PADRE ~ Sai che quando “la marescialla” (alludendo alla moglie) decide una cosa è quella! E poi la casa è stata già invasa abbastanza, no?
MADRE ~ (a lei) Apri un po’ le finestre.
PADRE ~ C’è aria di chiuso.

Silenzio.

MADRE ~ Ti lascio fuori le lenzuola pulite, se vuoi cambiarle.
PADRE ~ Noi restiamo in cucina ancora per un po’.
MADRE ~ Tu sei sicura che ti faccia bene dormire qui stanotte?

Silenzio.

Non dici niente?
SORELLA ~ Grazie.
PADRE ~ Cosa deve dire?
SORELLA ~ È sempre stato in carcere.
PADRE ~ Come?
SORELLA ~ È sempre stato in carcere. Fin da quando era bambino. Prima nell’incubatrice, poi tra queste mura, poi in comunità. In carcere, fino alla fine dei suoi giorni.
C’era una parte di lui che non riuscivamo a vedere non perché facesse paura a noi, ma perché quella parte si sentiva giudicata da noi.
Come quando lo rinchiudevo nello spogliatoio per vestirlo da bambolotto.
È sempre stato in carcere.

Silenzio.

MADRE ~ Senti noi non vogliamo ricominciare a litigare però… io e tuo padre ne abbiamo parlato…
PADRE ~ Sì, ci abbiamo riflettuto…
MADRE ~ Sì, abbiamo riflettuto. Per favore. Devi Lasciare perdere questa storia delle foto.

Silenzio.

Noi non vogliamo che venga ricordato così. Vuoi che la gente dica questo? Che tuo fratello era un tossico, che se l’è cercata, che l’abbiamo abbandonato? Questo non è giusto. Non è giusto per lui, non è giusto per noi. Tu non sai cosa ti stai mettendo contro. Questa storia diventerà di tutti. Ce li troveremo dovunque, come cani, alle porte, dietro le finestre pronti per spiare le nostre vite, i nostri ricordi. E noi non avremo più pace. Perché sei così testarda? Non puoi essere così insensibile.
PADRE ~ Mamma vuole soltanto dire che tanto tuo fratello non ce lo riporterà indietro nessuno.
MADRE ~ No, volevo dire quello che ho detto. Perché mi devo sentire in colpa se voglio che mio figlio riposi in pace? Visto che una pace lui, in vita, non ce l’ha mai avuta? Perché? È già duro così. No, è inumano così. È inumano girare per strada e sentirmi gli occhi addosso, quegli occhi pieni di compassione che mi fanno schifo e quegli occhi che mi ricordano che sono la madre di un tossico che è morto perché…

La Sorella si copre le orecchie con le mani, come faceva il Fratello. Improvvisamente non sente più le loro voci. Questo gesto li fa scomparire. Riappaiono invece i due fratelli che corrono intorno alla cameretta, confondendosi. La Sorella finalmente riesce a percepire il Fratello: è uno soltanto, non più due, ed entra nella cameretta.
Improvvisamente entrambi sembrano vedersi.

SORELLA ~ Sei tu?

Alle loro spalle, sulle pareti della cameretta, appaiono le ombre di quando erano bambini mentre cercano di seppellire il corpo di un uccellino.

FRATELLO ~ Era una specie di pettirosso. Non avevo mai pensato che un corpo morto fosse così freddo.
Era molto piccolo.
Ci chiedevamo chi l’avesse messo in una gabbia e perché.
Forse nella gabbia era stato male. Qualcuno diceva che si era fatto male da solo, qualcun altro che era malato da tempo. Altri ancora che era stato preso a calci, per pura cattiveria e rimesso lì dentro.
SORELLA ~ Qual è la verità?
FRATELLO ~ È sepolta con lui sotto terra. Noi avevamo fretta di tornare a giocare.
SORELLA ~ Vuoi dire che abbiamo sbagliato?

Pausa.

Sei arrabbiato con me?
FRATELLO ~ Ti ricordi che gli abbiamo fatto un funerale? Un rito per salutarlo. È difficile comprendere la morte. A qualsiasi età. Tu avevi paura di toccarlo, non volevi sporcarti le mani, hai lasciato fare tutto a me. Forse per la prima volta ero io che ti insegnavo qualcosa.
SORELLA ~ Davvero te l’ho fatto credere? Davvero non lo sentivi che ti invidiavo? Tu eri tutto quello che io non riuscivo a essere.
Eri tu quello speciale in casa. Eri tu quello da proteggere perché le cose preziose si proteggono. Sempre. Come farò a difenderti se sono la prima a giudicarti? Io non ti ho saputo proteggere. (Cerca di accarezzare il viso del Fratello, come fa anche l’ombra. Si rende conto però di non poterlo più fare, lui non è più in quella cameretta. Poi, cadendo a terra in lacrime) Scusa…

Pausa.

FRATELLO ~ Scusa… bugia.

Pausa. Si guardano, poi scoppiano a ridere.

SORELLA ~ Bugia… finestra.
FRATELLO ~ Sei sempre stata una schiappa in questo gioco. Finestra… cielo.
SORELLA ~ Cielo… cotone.
FRATELLO ~ Cotone… fiocchi.
SORELLA ~ Fiocchi… cereali.

Il Fratello si alza e si allontana.

Dove vai?

La luce cambia, diventa improvvisamente fredda, la cameretta diventa un obitorio.
Entra un uomo, il suo volto è coperto e indossa un camice da medico. È Tiresia.
Il Fratello si spoglia e si stende a terra, improvvisamente è un cadavere sul tavolo dell’autopsia.
Tiresia con una lampada ispeziona il corpo.
Apre la bocca del cadavere e si sentono le urla e i colpi di un pestaggio violento.
La Sorella assiste terrorizzata.
Tiresia le offre la lampada per permetterle di ascoltare di nuovo, lei rifiuta.
Iniziano ad apparire delle figure con il volto coperto dietro le pareti. La Sorella si spaventa.

Chi siete? Cosa volete? Andatevene.

Lei cerca di coprire il cadavere ma si alza un vento fortissimo che non le permette di farlo, come da presagio della donna a lutto avvenuto all’inizio.
Tiresia porta fuori il cadavere.
La Sorella rimane di nuovo sola nella cameretta vuota.
Grida.
Le figure dal volto coperto tornano ad apparire alle pareti.
Questa volta la Sorella le colpisce con la terra.
Le figure scompaiono.
Lei osserva la cameretta. Osserva quel pavimento e quello che potrebbe nascondere.

Va bene. Volete entrare qui dentro?
Entrate.
Entrate nella nostra vita, venite a vederlo.
Venite a vedere lo schifo.
Venite a vedere cosa nascondeva.
Venite a vedere quanto si drogava.
Venite a vedere che la droga fa male.
Venite a vedere la nostra famiglia distrutta.
Tirate fuori la merda dalla terra.

Inizia a sollevare le piastrelle del pavimento della cameretta svelando la terra che c’è sotto.

Guardate, venite a pranzare con noi, venite a soffiare le candeline al suo posto, venite ad aprire i suoi regali di Natale.
Volete vedere se lo odiavamo?
Volete vedere come ci odiavamo?
Volete averlo anche voi un fratello?
Un fratello da salvare?
È di tutti, mio fratello adesso è anche vostro fratello.
Salvatelo anche voi.
Giudicatelo anche voi.
Condannatelo anche voi.
Volete vedere il fratello dei fratelli?
Volete vederlo un fratello arrestato?
Volete vederlo un fratello arrestato e poi morto?
Volete vedere il cadavere?
La morte? Vi piace?
Venite in obitorio, lo volete vedere?
Lo volete vedere un corpo massacrato di botte?
Volete vedere come si cade dalle scale?
Volete vedere come si ferma il cuore?
I lividi? Li volete vedere? Guardate!
Guardate come finisce un tossico, uno spacciatore; sì, dite che è uno spacciatore.
Non importa se non è vero, iniziate a dirlo.
Volete vedere l’ultimo?
Volete vedere l’ultimo degli ultimi?
Volete sentire le grida dei miei genitori?
Volete vedere la morte negli occhi dei miei genitori?
Volete vederlo il film?
Volete vederci nel film?
Volete vedere quello che avete fatto?
Volete vedere quanto gli avete fatto male?
Volete curare i suoi lividi?
Volete guarire i vostri lividi?
Portatelo a festeggiare.
Portatelo dai miei genitori il morto, il cadavere.
Venite a dirci che è stato arrestato.
Venite a dirci che è in ospedale.
Venite a dirci che c’è l’autopsia
Venite a dirci che c’è il funerale.
Venite a dirci che c’è un’altra autopsia.
Venite a dirci che c’è il processo
Venite a dirci che abbiamo perso ancora prima di iniziare.
Volete vederci perdere?
Volete vedere la mia vita distrutta?
Volete vedermi tremare di paura?
Volete vedere che affronto il mostro?
Eccomi. Sono pronta.

Sradica disperatamente tutte le piastrelle del pavimento, rivelando uno spazio di terra, uno spazio di scena, su cui la cameretta era poggiata. Le mura della camera iniziano a crollare.

La luce cambia, improvvisamente lo spazio appare come un teatro dismesso.

Dal buio si sente una voce, si intravede il profilo di una figura umana con i guanti di pelle e gli stivali.

CREONTE ~ Tu che guardi verso terra… sei tu?
Sei tu che vuoi fare questo?
Povera piccola.
Sai sono abituato. Da sempre. A un certo punto salta fuori qualcuno che vuole fare l’eroe.
Che vuole andare contro il sistema.
E in genere questa figura è una donna, chissà perché.
È curioso. Io la trovo una cosa tenera.
Ogni tanto qualcuno si sveglia e si mette in testa di diventare Antigone.
Ma Antigone è un ruolo molto difficile. Anche il mio lo è. Ma io lo svolgo da sempre.
(Dal buio, appare) Hai scelto di mostrare quelle foto domattina, e stai già tremando.
Io sono qui per te. Per aiutarti a capire che tu non hai le forze. Son qui a braccia aperte, come un padre amorevole. Anche tu sei mia figlia. Come tutti gli altri.
SORELLA/ANTIGONE ~ E mio fratello? Non era anche lui uno dei tuoi figli?
Cosa gli è successo?
Io mi fidavo di te.
CREONTE ~ Cosa pensavi accadesse a tuo fratello quando era in carcere?
ANTIGONE ~ L’avete ucciso. Era nelle tue mani ed è morto.
CREONTE ~ No, piccola mia, era morto molto tempo prima di entrare in prigione. Mi spiace. Lo sapevate tutti.
ANTIGONE ~ (gridando) Mio fratello era vivo, era sano, aveva voglia di vivere.
CREONTE ~ Era solo questione di tempo. Avevate già perso la speranza.
ANTIGONE ~ Quindi è questo che racconterai per difenderti? 
Perché lo sai che non è la verità.
Fosse l’ultima cosa che faccio, voglio giustizia.
CREONTE ~ Uh, quanta confusione… Vuoi giustizia? O vuoi verità? Perché se sei arrivata fin qui non puoi pensare che siano la stessa cosa.
ANTIGONE ~ Io voglio solo sapere cos’è successo a mio fratello.
CREONTE ~ Quindi vuoi verità.
ANTIGONE ~ Voglio che la verità porti giustizia.
CREONTE ~ No, tu vuoi che la giustizia ti porti la verità. Che è diverso.
ANTIGONE ~ È stato un omicidio, perché permetti che il colpevole si nasconda?
CREONTE ~ Per il paradosso.
ANTIGONE ~ Cosa significa?
CREONTE ~ Se tu accusi me io sarò costretto a interrogare me stesso. Io ti risponderò attraverso mille bocche: medici, avvocati, politici, forze dell’ordine, giudici… Interrogherò me stesso per dare la risposta che già conosci o forse per non dartela mai. Che differenza fa?
ANTIGONE ~ La verità è una cosa semplice.
CREONTE ~ Allora rispondimi in modo semplice. Quand’è che pensavi che tuo fratello fosse al sicuro? In comunità?
Contenuto, controllato, come in carcere. Perché è questo che mi chiedete: il carcere, i centri di accoglienza, le comunità per tossicodipendenti; ma sai, anche le case di riposo, i reparti per i malati terminali. Bisogna nascondere agli occhi ciò che non volete vedere.
Mi costringete ad alzare dei muri e questi muri agiscono sulla vostra coscienza, vi tranquillizzano ma al tempo stesso vi inquietano perché il muro non è una cosa che fa male, è un’idea che fa male.
ANTIGONE ~ Tu sei qui per spaventarmi, per cercare di difenderti. Di difendere i responsabili.
CREONTE ~ Vuoi sfidarmi?
ANTIGONE ~ Sì. Una lotta all’ultimo sangue.
CREONTE ~ Oh, ma io non muoio.
ANTIGONE ~ Allora morirò io.
CREONTE ~ Mi spiace ma sarà così. Credimi ne ho viste di Antigoni, ed è un cammino solitario. Perché quello che hai in mente di fare distruggerà te e chi ti sta intorno. Passeranno mesi, anni e forse decenni prima che ti dia una risposta, se ti darò una risposta, e comunque tuo fratello non ce lo ridarà mai nessuno. Sei ancora convinta? E per cosa alla fine?

Pausa.

ANTIGONE (dolcemente, come a un padre) Perché credo in te. Da quando ero bambina.
CREONTE ~ È l’alba adesso.
Una nuova Antigone mi guarda dritto negli occhi, con tutto il suo disprezzo, con tutta la sua rabbia.
È bello il mondo quando non ascolta ancora gli uomini. È bello qui, no? Sai, questo spazio è sacro.
Qui la storia si ripete. Da sempre. 
Con qualche piccola variazione, certo.
I nostri ruoli, nei secoli, si sono invertiti.
Un tempo avrei potuto esporre il corpo di un reietto davanti a tutti, a monito perenne di ciò che accade a chi trasgredisce le leggi. Ma da tempo non faccio più così. Ora mi viene chiesto di insabbiare, nascondere, far dimenticare.
È un ruolo difficile il mio.
Ed è questo il punto.
Tu vuoi fare Antigone.
Strappalo alla terra, e lascialo in pasto ai cani. Lascia che entrino nella tua vita come se questa storia fosse di tutti, lascia che si sbranino intorno al suo corpo offerto in sacrificio. Non vedono l’ora che tu dia loro in pasto il sangue del tuo sangue.
È questo che vuoi?
ANTIGONE ~ Sì.
CREONTE ~ Che si alzino le luci, che inizi lo spettacolo.

Il corpo nudo del Fratello viene issato, come un martire.
La Sorella lo vede e Creonte scompare.
Lei resta immobile qualche secondo davanti al cadavere, poi toglie lo sguardo e si asciuga le lacrime.

ANTIGONE/SORELLA ~ È l’alba adesso. È tempo di andare.
Non so come finirà questo viaggio.
Certo, qualcuno penserà che senza questa piccola Antigone sarebbero stati tutti più tranquilli, ma ormai ho cominciato. Quelli che dovranno mentire, mentiranno; quelli che non ce la faranno più parleranno, per poi rimangiarsi tutto e infine gridarlo ancora più forte.
Quelli che crederanno una cosa e poi quelli che crederanno il contrario.
Quelli che non crederanno a niente e si troveranno persi nella storia senza capire nulla. Mi sembra già di vederle tutte, di vedere tutte quelle bocche aperte da cui non esce nulla.
E quelli che rimarranno, dopo tutto questo, e cominceranno a confondere anche i nostri nomi.
Come in ogni nuovo inizio bisogna nominare le cose.
Mamma, papà, spero di non deludervi.
Come ti chiami Fratello?

Si accorge solo ora del fiore di carta lasciato dal Fratello nella terra.
Lo coglie e lo poggia in grembo.

È un’altra donna adesso, sporca di terra e lacrime.

Lascia lo spazio e torna verso la platea da dove è arrivata, tra il pubblico.
Cammina verso l’uscita con il fiore di carta tra le mani, ripetendo il gioco dell’inizio fra sé, come fosse una preghiera.

Fratello… corda. Corda… legame legame radici… radici terra… terra sangue, sangue periferia, periferia cortile, cortile corpo, corpo pugni, pugni lividi, lividi foto, foto diapositiva diapositiva, nero, morte, nero, buio… buio.

 

 

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Nota degli autori

* Il testo La notte di Antigone di Giacomo Ferraù e Giulia Viana – che potete leggere su questa testata – è depositato in SIAE ed è a uso esclusivo della compagnia Eco di fondo. Gli autori chiedono comunque di essere interpellati in merito al rilascio di permessi a utilizzatori altri rispetto alla suddetta compagnia.