LA NOTTE DEI VIVI… MORENTI

Commedia in due atti di

ALDO LO CASTRO



Personaggi

ARTEMIO
TERESA
GUSTAVO
MARTA


L’azione si svolge ai nostri giorni, in una città qualunque.


ATTO PRIMO
Salone medio borghese. Una finestra sul fondo. Porte a destra e a sinistra.. L’arredamento non è particolarmente ricercato; V’è, anzi, qualche accostamento di dubbio gusto. Un divano, delle poltrone, un tavolo rotondo, alcune sedie e una parete attrezzata fra le cui mensole, oltre ad un piccolo impianto stereo, fanno bella mostra un numero considerevole di confezioni farmaceutiche. In un angolo, un albero natalizio, completo di luci – ora spente – e decorazioni.
Mattina. All’apertura del sipario, la scena è vuota.

1 –
(Entra Artemio che s’è appena svegliato. Si trascina, infreddolito, sulle ciabatte. Addosso, oltre al pigiama, ha una pesante vestaglia, il berretto da notte e una sciarpa attorno al collo).
ARTEMIO – (borbotta contrariato) Resisterò? Mah! (Chiama fiaccamente) Teresa! Teresa!
(Infastidita e ancora assonnata, appare Teresa)
TERESA – Beh?
ARTEMIO – Quando finirà quest’era glaciale?
TERESA – Cos’è, un enigma o una domanda prettamente scientifica?
ARTEMIO – La tua ironia è assolutamente fuori posto. Gradirei ti astenessi da battute idiote che, al momento, non sono nelle condizioni di apprezzare.
TERESA – E invece, dovresti apprezzare i miei tentativi di sdrammatizzare i problemi.
ARTEMIO – I tuoi tentativi sono ridicoli e inopportuni! La verità è che sei superficiale. Ammettilo.
TERESA – Alle otto del mattino di sabato 24 dicembre, sono disposta ad ammettere qualsiasi cosa: non mi va di aprire un dibattito sull’argomento.
ARTEMIO – Condivido. Anche perché non cambierebbe d’una virgola il mio giudizio nei tuoi confronti. Dunque, vuoi rispondermi, per favore?
TERESA – Qual era la domanda?
ARTEMIO – Quando si decideranno a riparare questa maledetta caldaia?
TERESA – Dopo le feste natalizie.
ARTEMIO – Ah, così ti hanno detto!
TERESA – Così mi “ha” detto: il mio interlocutore era solo uno.
ARTEMIO – E, di grazia, hai fatto notare al tuo unico e miserabile interlocutore che “dopo le feste”, non vi sarà alcuna ragione di riparare la caldaia?
TERESA – E perché mai?
ARTEMIO - Perchè a quell’epoca, saremo già morti, assiderati.
TERESA – Meglio. Risparmieremo i soldi della riparazione. Nelle sciagure, bisogna sempre cogliere l’aspetto positivo.
ARTEMIO – Stamattina, ti va di scherzare, vero?
TERESA – E’ il solo modo per sopravvivere… alle tempeste del nord.
ARTEMIO – E no, io non mi arrendo! Chiamo l’amministratore! Mi sentirà! O mi risolve il problema oppure…
TERESA – Telefonata inutile.
ARTEMIO – Te ne accorgerai se sarà inutile! So io cosa dirgli! (Afferra il telefono) Dammi il numero.
TERESA – Di chi?
ARTEMIO – Ma sei scema? Dell’amministratore! Di chi altri?
TERESA – Non è in casa e se non è in casa, ritengo assai improbabile che la tua telefonata vada a buon fine, ti pare?
ARTEMIO – Non è in casa?
TERESA – Confermo: non è in casa.
ARTEMIO – (smarrito) Come fai a saperlo?
TERESA – Me l’ha riferito la portinaia.
ARTEMIO – Ma… tornerà stasera o domani… spero.
TERESA – Dopo le feste.
ARTEMIO – Anche lui “dopo le feste”! E’ una congiura! Ma dove cazzo è andato?
TERESA – Saperlo o meno, non credo faccia molta differenza, nella fattispecie. Comunque, è andato a Cortina.
ARTEMIO – A Cortina?! Col freddo… la neve… Ma è pazzo!
TERESA – Evidentemente, al contrario di te, a lui piace il freddo.
ARTEMIO – Potevamo invitarlo a trasferirsi da noi, per qualche giorno: qui il freddo non manca… Quanto alla neve, basterebbe lasciare aperte le finestre per una mezz'oretta. Ci ritroveremmo con una gran bella pista sciistica fatta in casa. Per la pendenza, si potrebbe…
TERESA – Non hai ancora finito?
ARTEMIO – No, dicevo, per ricreare un minimo di pendenza…
TERESA – Vuoi piantarla di dir cavolate… di sproloquiare…di fare il matto…?
ARTEMIO – Che matto?! Sto solo utilizzando il tuo stesso percorso: quello dell’ironia.
TERESA – Il tuo è sarcasmo demenziale, partorito da una crisi nevrotica.
ARTEMIO –Teresa, seguimi, se ti riesce: io sarei un demente soltanto qualora – di fronte ad una calamità del genere – mi sganasciassi dalle risate, saltellassi di gioia e ringraziassi il Padreterno, l’operaio stronzo e l’amministratore imbecille per tanta fortuna concessami! In tal caso, e solo in tal caso, potresti affermare con certezza che sono pazzo! Ma poiché…
TERESA – Perché non provi a considerare questa situazione come una semplice circostanza spiacevole e non come una tragedia apocalittica?
ARTEMIO – Questa “è” una tragedia apocalittica!
TERESA – E allora, che si fa? Vogliamo suicidarci?
ARTEMIO – Non è necessario. Ci basterà aspettare e neanche tanto: la morte verrà da sé.
TERESA – Bene. Se questo è l’edificante preludio, rabbrividisco pensando al resto della giornata.
ARTEMIO – Io rabbrividisco… a prescindere. (Pausa) Ma di’ un po’: perché mai nessuno dei condomini si lamenta? Com’è che non s’è organizzata una contestazione di massa? Io sarei stato certamente in testa al corteo! Che è successo? Si sono supinamente rassegnati o sono tutti morti?
TERESA – Che contestazione, che corteo…? Non ti sembra di esagerare un tantino?
ARTEMIO – Non ho detto che bisognerebbe lanciare una bomba in casa dell’amministratore! Seppure… Io parlo di una contestazione vigorosa ma civile!
TERESA – A ripensarci, l’idea del corteo, per quanto bizzarra, non è male…
ARTEMIO – Vedi?
TERESA - … ma irrealizzabile.
ARTEMIO – Basterebbe incontrarsi e sono sicuro che tutti sarebbero d’accordo…
TERESA – Sì, è persino possibile che tutti sarebbero d’accordo ma qualora… tutti fossero presenti.
ARTEMIO – Che vuoi dire?
TERESA – Che, nella palazzina, a parte te e me, ci sono solo le due sorelle Melchiorri.
ARTEMIO – E gli altri? Tutti sfollati? Non sarà mica scoppiata la guerra, a mia insaputa?
TERESA – No, a tua insaputa, sono scoppiate le feste. Tutti in vacanza.
ARTEMIO – Soli a soffrire noi e le sorelle Melchiorri…
TERESA - … che non stanno a lamentarsi come te, per il freddo!
ARTEMIO – Ma quelle non fanno testo: raggiungono i duecento anni in due e sono talmente decrepite e rincoglionite, da non saper distinguere il giorno dalla notte! Figuriamoci le sensazioni di caldo-freddo!
TERESA – (sospira) Piuttosto… hai preso la pillola?
ARTEMIO – Quale pillola? Dimentichi regolarmente che ne prendo sette al giorno, senza contare gli integratori, gli sciroppi e…
TERESA – Va bene, va bene… Non è indispensabile sciorinare l’elenco farmaceutico tutte le volte che…
ARTEMIO – E’ solo per farti notare quanto sei…
TERESA - … superficiale, lo so. Me l’avrai ripetuto migliaia di volte.
ARTEMIO – Comunque, se ti riferisci alla pilloletta per l’ipertensione, no, non l’ho ancora presa.
TERESA – E che aspetti?
ARTEMIO – Il problema è che mi sono alquanto innervosito e ora non ricordo più se la pillola per la pressione arteriosa va assunta prima o dopo quella contro le vertigini.
TERESA – Credo non faccia differenza se...
ARTEMIO – “Credo”?! Siamo alle solite! L’approssimazione regna sovrana, in questa casa! Io ho bisogno di certezze, non di supposizioni! Fortuna che ho annotato diligentemente ogni cosa… (cerca fra gli scaffali) Ecco qua. (Tira fuori un quadernetto e lo sfoglia) Dunque… (si sforza disperatamente di leggere) Non vedo un beneamato piffero! Leggi tu.
TERESA – Prova con gli occhiali…
ARTEMIO – Che provo, cretina, che provo? Lo sai bene che gli occhiali sono ininfluenti, nel mio caso! Ho una retina fragile, io! E un vitreo offuscato! O ce lo siamo dimenticati? Leggi!
TERESA – Non innervosirti altrimenti la pressione ti schizza a duecento.
ARTEMIO – Meglio, così mi tolgo dalle palle. Leggi!
TERESA – Allora… in ordine cronologico, devi prendere prima il flexton e poi il vertigen.
ARTEMIO – Prima o dopo colazione?
TERESA – Aspetta… Dunque, scaletta: flexton, colazione, vertigen.
ARTEMIO – Bene. Prendimi un bicchiere d’acqua, per favore.
TERESA – Sissignore. (Via)
ARTEMIO – (dallo stesso scaffale di prima, afferra nervosamente una scatoletta) Che vita da cani! E ‘sto freddo! Mi prenderà un accidente, ne sono certo…
TERESA – (rientra col bicchiere d’acqua) Ecco qua.
ARTEMIO – (infila in bocca la pillola e beve un sorso d’acqua. Poi, con gli occhi fuori dalle orbite) Pazza!! E incosciente!
TERESA – Perché?
ARTEMIO – L’acqua era gelata! Mi verrà una congestione, lo sento…
TERESA – Ma mica l’ho presa dal frigo!
ARTEMIO – Probabilmente quella del frigo sarebbe stata meno fredda e letale!
TERESA – Insomma, cosa avrei dovuto fare, riscaldartela sul fornello, prima?
ARTEMIO – E perché no? Trovi sia un’idea scandalosa, considerata la temperatura di questa casa?
(Teresa sbuffa nervosamente) E non sbuffare! Qui, se c’è qualcuno che ha il diritto di sbuffare e di incazzarsi, quello sono io! Chiaro?
TERESA – Non sapevo tu avessi l’esclusiva in fatto di incazzamenti! Vado a prepararti la colazione. (Via)
2 –
ARTEMIO – (riflette) E la pillola per la colite…? Non l’ho ancora inclusa nel programma perchè me l’ha prescritta soltanto ieri… Devo chiamare il medico… non posso rischiare errori, ci mancherebbe… (Va al telefono) Il numero lo ricordo a memoria, ormai… (compone il numero e attende) Sì, dottore, mi perdoni se la disturbo… Sono Artemio Rubicondi. Ha ragione… sì, capisco perfettamente che l’orario è infelice ma le assicuro che l’orario non è il solo ad essere infelice… Mi creda, sono morti… No, non è ancora morto nessuno. No, le stavo dicendo che sono mortificato… ma sono certo che quando le avrò spiegato il motivo della mia telefonata, lei mi giustificherà. Sì, ecco… presto detto. La compressina di Meocolon quando devo prenderla? (Verosimilmente, il medico ha riattaccato) “Quando cazzo vuole”?! E che risposta è questa? Ma… viviamo in un mondo di pazzi! “Quando cazzo vuole”…!
TERESA – (rientra con il vassoio della colazione) Con chi ce l’hai, ora?
ARTEMIO – Col medico ce l’ho.
TERESA – Il medico?
ARTEMIO – Gli ho appena telefonato per via del Meocolon che non so quando cavolo ingurgitare e per tutta risposta, il maleducato… Bah, lasciamo perdere se no la pressione… Domani chiederò il cambio del medico!
TERESA – Domani, no. Dopo le feste.
ARTEMIO – Ah, già… dopo le feste!
TERESA – Prendi il tuo decaffeinato coi biscotti e rilassati. In ogni caso, ti ricordo che negli ultimi tre mesi, hai cambiato medico quattro volte. Finirai col conoscerli tutti.
ARTEMIO – E allora? Perché stai a preoccupartene?
TERESA – Mi chiedo cosa farai quando avrai eliminato l’ultimo della lista.
ARTEMIO – Passerò in rassegna i medici non convenzionati. E quando avrò chiuso anche con quelli, se sopravvivrò, mi farò curare all’estero, va bene?
TERESA – Va benissimo, sta’ calmo.
ARTEMIO – Se mi stuzzichi, come faccio a star calmo?
TERESA – Se un normale ragionamento, per te, equivale ad una provocazione, smetto di proferir parola.
ARTEMIO – Ottima decisione.
(Pausa)
TERESA – Posso prendere il mio caffé in santa pace, adesso?
ARTEMIO – Ti ho mai impedito di avvelenarti? E, giacché vai in cucina, portami un po’ d’acqua… potabile, stavolta.
TERESA – La scalderò nel microonde. (Via)
ARTEMIO – Brava. (Riflette) Dunque, quella per l’artrosi, alle 10 in punto… Alle 11, i due integratori per la retina e il vitreo… Alle 12, visto che quello stronzo non ha voluto darmi nessuna indicazione, potrebbe toccare al Meocolon… Anche se è un salto nel buio perché se, malauguratamente, fosse in contrasto col collirio per la pressione oculare…
TERESA –(rientra col suo caffè e una tazza d’acqua fumante che porge ad Artemio) Servito.
ARTEMIO – (ingoia l’altra pillola e beve un sorso d’acqua. Emette un grido disperato) Non conosci le mezze misure, tu!
TERESA – Cos’è che non va, ora?
ARTEMIO – Scotta, porca puttana, scotta!
TERESA – Ti prego, non diventare volgare! L’ho tenuta nel microonde solo per tre minuti.
ARTEMIO – In tre minuti è possibile cuocere un pollo, nel microonde!
TERESA – Non ti va bene nulla! Avresti dovuto sposare un’infermiera o una badante invece di torturare me! (Svuota in un sorso il suo caffè)
ARTEMIO – Quando ti deciderai a smetterla col caffé? Sai perfettamente che fa male ma tu insisti! E poi… pressione alta, tachicardia, aritmie…
TERESA – E alla fine, dulcis in fundo, la morte liberatoria. (Accende una sigaretta)
ARTEMIO – E ora… che fai?
TERESA – Dopo il caffé, devo fumare.
ARTEMIO – “Devi” fumare?! Tu sei pazza! E irresponsabile! Disgraziata, il fumo uccide!
TERESA – (urla) E io voglio morire!
ARTEMIO – Il guaio è che uccidi anche me!
TERESA – (c.s.) E intendo ammazzare anche te!
ARTEMIO – (urla) Tu sei esaurita!
TERESA – (c.s.) Verissimo!
ARTEMIO – Curati, allora!
TERESA – Non me ne dai il tempo.
(Suonano alla porta)
ARTEMIO – Chi cavolo può essere?
TERESA – Vado ad aprire la porta e, probabilmente, lo scopriremo. Che ne dici? (Via)
3 –
VOCE DI GUSTAVO – Sono in anticipo, lo so…
VOCE DI TERESA – Hai fatto benissimo… Lascialo qui il trolley.
VOCE DI GUSTAVO – Va bene.
(Rientra Teresa con Gustavo)
TERESA – Guarda chi è arriva…
ARTEMIO – Me ne sono accorto. Ma non avevi detto che saresti arrivato nel tardo pomeriggio?
GUSTAVO – E invece, ho pensato di farti una sorpresina! Contento? Oh, vecchio pantofolaio imbacuccato… non mi saluti neppure?

ARTEMIO – (senza scomporsi) Ciao.
GUSTAVO – No, per carità, smorza il tuo entusiasmo, m’imbarazzi! (A Teresa) Che ha?
TERESA – Freddo.
GUSTAVO – Freddo?
TERESA – La caldaia è guasta e Artemio ha accusato il colpo…
ARTEMIO – Falla finita.
TERESA – Ho già finito. (A Gustavo) E Marta? Non dirmi che l’hai lasciata a casa!
GUSTAVO – Ci mancherebbe! No, l’ho accompagnata dalla sorella, giusto per una visitina… Fra un po’, vado a riprenderla. E allora, Artemio, come va la vita?
ARTEMIO – Così.
TERESA – Io sono di là… Ah, Gustavo, hai bisogno di qualcosa? Hai già fatto colazione? Vuoi un caffé…?
GUSTAVO – No, tutto a posto, grazie. Abbiamo già fatto colazione in un’area di servizio, io e Marta.
TERESA – Scusa un momento, allora. Se vuoi rinfrescarti, fa’ pure: il bagno sai dov’è. (Via)
GUSTAVO – D’accordo, grazie.
4 –
ARTEMIO – “Rinfrescarti”! Classico esempio di terminologia sparata a sproposito!
GUSTAVO – Cosa…?
ARTEMIO – Molto più adeguato, “se vuoi sciacquarti” o “se devi pisciare”, al limite!
GUSTAVO – Ma che stai farfugliando?
ARTEMIO – No, nulla. Riflettevo sulla umana stupidità.
GUSTAVO – Ho capito. Ti trovo leggermente peggiorato.
ARTEMIO – Tu, invece, no. Sei rimasto lo stesso stronzo di prima.
GUSTAVO – (ride) Bravo! Così ti voglio! Con la battuta al fulmicotone, sempre pronta! (Gli afferra il capo con entrambe le mani e lo scuote) Bello, il mio fratellone!
ARTEMIO – Smettila, deficiente, non sbatacchiarmi la cervicale: lo sai che soffro di vertigini!
GUSTAVO – Ma lascia perdere la cervicale, le vertigini, la colite e tutto il resto! Fregatene!
ARTEMIO – Eh, dici bene, tu… Parliamo d’altro ch’è meglio. Siediti, non agitarti, mi fai girare la testa.
GUSTAVO – Ho passato sette ore stando seduto in macchina, a guidare. Adesso, lasciami sgranchire un po’ le gambe…!
ARTEMIO – Hai viaggiato in macchina?!
GUSTAVO – Se ho anche aggiunto d’aver fatto colazione in un’area di servizio, come vuoi che abbia viaggiato, in motoscafo?
ARTEMIO – Alla guida, per sette ore?
GUSTAVO – Settecento chilometri in sette ore esatte: ho tenuto una discreta media…
ARTEMIO – No, un’ottima media per arrivare in obitorio o, se sei fortunato, in una corsia d’ospedale.
GUSTAVO – Sempre disperatamente ottimista, eh? E va bene. Si vede che la fortuna mi ha notevolmente assistito se sono giunto fin qui sano e salvo!
ARTEMIO – Vuoi spiegarmi perché sei sempre così ferocemente incapace di intendere e volere… in una parola, cretino?
GUSTAVO – Sarei cretino perché ho viaggiato in macchina?!
ARTEMIO – No, tu sei cretino, a prescindere, non solo in questa circostanza. Gli anni passano, invecchi… ma quell’unico neurone che ballonzola nel tuo cranio, continua a farti brutti scherzi!
(Gustavo ride di gusto)
Che ridi, coglione?
GUSTAVO – Rido per la battuta… M’ero figurato quell’unico, derelitto neurone che rimbalza nella mia testa! (Continua a sganasciarsi)
ARTEMIO – Beato te che ci ridi su.
GUSTAVO – Se tu non avessi tre o quattro problemi psichici, saresti persino simpatico!
ARTEMIO – Io non ho “problemi psichici”! Non rigirare la frittata.
GUSTAVO – D’accordo, lo scemo della famiglia sono soltanto io. Scherzi a parte, mi dici come stai?
ARTEMIO – Perseveri nello scherzo, invece, perché questa è una domanda retorica. Come vuoi che stia? Male.
GUSTAVO – Seconda domanda: e se i tuoi malanni fossero solamente frutto della tua paura?
ARTEMIO – Che schifo di congettura stai elaborando?
GUSTAVO – La paura di stare male ti fa star male, tutto qui.
ARTEMIO – E dovrei sentirmi più sollevato? Se fosse vera la tua ipotesi, oltre ai malanni reali… quelli, cioè, già diagnosticati e conclamati, dovrei pure preoccuparmi della mia salute mentale!
GUSTAVO – Al Liceo, avevo un professore – di latino e greco, per l’esattezza – il quale era solito affermare che tutte le malattie umane – e sottolineava tutte – hanno origine qui, nella nostra testa. In poche parole, se il cervello, attraverso le terminazioni nervose, ci trasmette impulsi negativi, le nostre reazioni saranno altrettanto negative.
ARTEMIO – Ne hai ancora per molto?
GUSTAVO – Sto tentando di farti capire che, alle volte, se abbiamo, ad esempio, un banale mal di pancia, il cervello – infarcito da qualche terrificante informazione sull’argomento – interpreta quel sintomo come il chiaro segnale della presenza di un tumore al colon. Allo stesso modo, una innocente fitta al petto…
ARTEMIO – Insomma, secondo te, io sarei un ipocondriaco.
GUSTAVO – Forse non ancora ma c’è il serio rischio che lo diventi.
ARTEMIO – Dunque non devo preoccuparmi di nulla perché, in definitiva, non ho nulla. È così?
GUSTAVO – Esatto.
ARTEMIO – Dimmi, Gustavo quando è morto – se è morto – il tuo professore di latino e greco?
GUSTAVO – Da un bel po’, ormai. Ma che c’entra…?
ARTEMIO – Età?
GUSTAVO – Che ne so…? Non era molto anziano, comunque… Avrà avuto una sessantina d’anni…
ARTEMIO – Ci avrei scommesso! Mi meraviglio, anzi, che sia arrivato a sessant’anni.
GUSTAVO – E’ morto per un infarto. E allora?
ARTEMIO – E allora? Se avesse dato ascolto al suo cervello, se si fosse preoccupato dei primi sintomi, se non fosse stato idiota e superficiale, se si fosse curato, oggi, probabilmente sarebbe ancora vivo e pimpante!
GUSTAVO – Ma dai, sarebbe morto comunque!
ARTEMIO – Come fai a dirlo? E… visto che siamo in vena di reminiscenze liceali, senti tu, adesso. Il mio professore di matematica era un tipo smilzo, pallido, sofferente… Contava più malattie che anni… e aveva paura di tutto, persino degli spifferi d’aria… Pensa che non l’ho mai veduto togliersi sciarpa e cappello. Non alzava la voce per non stressare le corde vocali, non camminava velocemente per non stancare il cuore… Durante le ore di lezione prendeva almeno una decina di farmaci… Sai quanti anni ha, oggi, il mio vecchio professore di matematica? 96 anni! E sai perché è ancora vivo e vegeto? Perché non ha mai sottovalutato i suoi malanni! Perché si è regolarmente curato, lui! Hai capito? E quindi, per favore, non rompermi più le scatole con le tue balorde lezioni di psicologia!
GUSTAVO – Ma che lezioni…! Stavo semplicemente cercando di…
ARTEMIO – Basta!
GUSTAVO – Basta.
ARTEMIO – Porca miseriaccia…! La pillola! Hai visto, animale, cosa hai combinato?
GUSTAVO – Che ho combinato?
ARTEMIO – Cinque minuti fa, avrei dovuto prendere una pillola… ma tu mi hai distratto con le tue scemenze e… (apre la relativa scatoletta che stava sul tavolo)
GUSTAVO – E va bene, non cascherà il mondo se ritardi di qualche secondo!
ARTEMIO – Il mondo non casca però mi scombina il programma terapeutico ed è anche peggio ! (Mette in bocca una compressa)
GUSTAVO – Senz’acqua?
ARTEMIO – Si scioglie in bocca… come una caramella.
GUSTAVO – Sai che goduria!
ARTEMIO – Astieniti da commenti cretini. E tu, tu… non soffri di nulla tu, non hai nessun malanno?
GUSTAVO – Io sto benissimo!
ARTEMIO – Dici?
GUSTAVO – Sì e lo confermo. Spero non ti dispiaccia.
ARTEMIO – No, anzi… Sono contento per te… seppure…
GUSTAVO – Seppure cosa?
ARTEMIO – Seppure stento a crederlo. Fossi in te, qualche accertamento lo farei… Esami del sangue e delle urine, colonscopia, elettrocardiogramma…
GUSTAVO – Nient’altro?
ARTEMIO – Assocerei anche un paio di radiografie alla colonna vertebrale e una seria esplorazione di fegato e cistifellea.
GUSTAVO – E perché non aggiungiamo anche un’accurata indagine encefalica?
ARTEMIO – No, un esame del cervello non è consigliabile: scoprirebbero che sei mezzo scemo e questo non ti aiuterebbe psicologicamente.
GUSTAVO – Io sarò mezzo scemo ma tu, a parer mio, ti sei totalmente rincoglionito!
ARTEMIO – E chi se ne frega del tuo parere?
GUSTAVO – Ma guardati, Artemio, hai appena 42 anni e ne dimostri 70!
ARTEMIO – E tu, quanti anni hai tu?
GUSTAVO – 40. E ne mostro 30!
ARTEMIO – Anche di meno.
GUSTAVO – Anche di meno!
ARTEMIO – Non più di otto se consideriamo le tue capacità intellettive.
GUSTAVO – Vogliamo dare un taglio a queste disquisizioni idiote?
ARTEMIO – Hai cominciato tu, per primo.
GUSTAVO – Mi sorge il sospetto che tu mi abbia invitato solo per avere qualcuno con cui litigare.
ARTEMIO – Chiariamo: io non ti ho invitato. Sei stato tu ad autoinvitarti per le feste di fine anno. Quanto a litigare, è una attività, questa, che pratico magnificamente con Teresa, partner molto più agguerrita di te, se mi consenti.
GUSTAVO – Povera Teresa… come la compiango!
ARTEMIO – E perché? Non è certo più sfortunata di Marta che è costretta a sopportare un imbecille come te.
GUSTAVO – E che, ricominci?
ARTEMIO – Va bene, pace. È Natale: bisogna essere buoni.
GUSTAVO – Non esagerare. Sarà sufficiente che tu sia meno stronzo.
ARTEMIO – T’accorgi o no che sei sempre tu a provocare?
(Si sente suonare alla porta)
ARTEMIO – (urla) Teresa! Vai tu?
VOCE DI TERESA – Come sempre! (mugugna) Io vivo con un portatore di handicap non con un marito!
ARTEMIO – Vedi com’è semplice litigare con Teresa? Siamo in perfetta disarmonia.
5 –
(Entrano Teresa e Marta)
GUSTAVO – Marta!
MARTA – Ciao, Artemio! (Gli dà un rapido ma rumoroso bacio sulla guancia)
ARTEMIO – Ciao. Ti trovo particolarmente esuberante…
MARTA – (ride) Perché mi fa piacere vederti, orsaccio!
GUSTAVO – Ma, scusa… non eravamo d’accordo che sarei venuto io a…
MARTA – Lo so ma ho preferito prendere un taxi… per lasciarti tranquillo a chiacchierare col fratellone!
GUSTAVO – A chiacchierare? A litigare, più che altro.
MARTA – (a Gustavo sorridendo) Per colpa tua certamente! non è vero, Artemio?
ARTEMIO – Verissimo.
TERESA – (severa) Io credo che Artemio abbia notevolmente contribuito.
MARTA – (a Teresa) Ma dai, non vedi che scherzano? Piuttosto, Gustavo, hai tirato fuori dalla valigia i regalini da mettere sotto l’albero?
GUSTAVO – No, non ancora…
MARTA – E che aspetti…?
GUSTAVO – Vado subito.
TERESA – La valigia l’ho già portata nella vostra camera… Ti accompagno.
GUSTAVO – Grazie.
(Teresa e Gustavo escono)
6 –
MARTA – Ma lo sai che ti trovo benissimo?
ARTEMIO – (ironico) Meglio non potrei stare.
MARTA – Bello, florido… Sembri persino ringiovanito!
ARTEMIO – Menti spudoratamente. La qual cosa m’infastidisce non poco.
MARTA –(ride) E perché dovrei mentire? (Altro sonoro bacio)
ARTEMIO – E non sbaciucchiarmi, ti prego! Ma… non ti sarai drogata, per caso?
MARTA – Quando arriva il Natale, mi sento sempre elettrizzata…! Che vuoi che ti dica?
ARTEMIO – Straripante! Altro che elettrizzata.
MARTA – Sarà l’atmosfera della festa, l’aria che si respira per le strade, le luci…! A proposito, non credi che questa casa sia un po’ freddina?
ARTEMIO – Non dirlo a me! Il guaio è che s’è guastata la caldaia…
MARTA – (non lo sta a sentire) Non so… manca il calore…
ARTEMIO – Infatti. Come stavo spiegandoti, la caldaia…
MARTA – E quest’albero! Mi dici perché è spento? Santo cielo, che desolazione! Provvediamo subito! Dove sta la presa di corrente? Ah, eccola… E vai! (Accende le luci dell’albero) Un po’ di vita, Artemio, un pizzico di aria natalizia! Sta per nascere il Bambino Gesù! Pensi voglia nascere in una casa inospitale e fredda…?
ARTEMIO – Scherzi? Se ne guarderebbe bene, lui. Sono convinto che il Bambinello preferisca – ed è una scelta legittima – nascere al calduccio, nella sua bella e accogliente mangiatoia.
MARTA – A proposito di mangiatoia, per il cenone di stanotte…
ARTEMIO – Ti comunico che, per quel che mi riguarda…
7 –
(Rientrano Teresa e Gustavo che tiene in mano i regali natalizi)
MARTA – (a Gustavo) Oh, bene… Sistemali sotto l’albero.
GUSTAVO – (esegue) Come la signora comanda. Altri ordini?
MARTA – (tra il serio e il faceto) Non fare il buffone!
ARTEMIO – (a Gustavo) Vedo, con piacere, che l’opinione di tua moglie coincide esattamente con la mia.
TERESA – (occhiataccia) Smettila, Artemio! (Poi, a Marta) E’ fatto così, lui… Se scorge una miccia, si affretta a darle fuoco!
GUSTAVO – Vedo, con altrettanto piacere, che anche l’opinione di “tua” moglie coincide esattamente con la mia!
ARTEMIO – Ed è questa la ragione per cui non vado d’accordo con entrambi.
GUSTAVO – Tu non vai d’accordo nemmeno con te stesso!
ARTEMIO – Non è vero. Con me stesso, mi ritrovo a meraviglia. Mai uno screzio, un’incomprensione…
MARTA – Ne avete per molto, con queste baggianate?
TERESA – C’è da credere che anche da bambini, questi due si pungessero con la stessa determinazione!
ARTEMIO – E chi se ne ricorda?
GUSTAVO – Non ne ha memoria per la semplice ragione che l’infanzia non l’ha mai vissuta. È nato vecchio e rompiballe!
ARTEMIO – Tu, invece, non hai mai smesso di viverla, l’infanzia tant’è che sei rimasto… piccolo e stronzo.
TERESA – (ad Artemio) Vuoi piantarla, per favore?
MARTA – (a Gustavo) E piantala anche tu!
(Silenzio imbarazzato per qualche istante)
TERESA – Vogliamo vivere in santa pace questa benedetta vigilia di Natale?
GUSTAVO – Non chiedo altro.
MARTA – E allora, comincia tu, per primo, a non rompere!
GUSTAVO – (si avvicina, contrito, ad Artemio e gli porge la mano) Pace.
ARTEMIO – (dopo un attimo di sorpresa) Ritira questa mano se no ci sputo sopra.
TERESA – Dai la mano a tuo fratello altrimenti…!
ARTEMIO – E va bene. Pace. (Con riluttanza, stringe la mano di Gustavo)
MARTA – Dio sia lodato!
TERESA – Ora, ricomponiamoci.
MARTA – Bene. Oh, Teresa, per il cenone, io ho già pensato a tutto.
TERESA – Cioè?
MARTA – E’ tutto organizzato, non preoccuparti. Ho provveduto ad ordinare ogni cosa ad un ottimo ristorante.
TERESA – Ma perché, scusa? Voi siete nostri ospiti… Francamente toccava a me…
MARTA – Non formalizziamoci, Teresa. In ogni caso, per il cenone di capodanno, lascerò fare a te, d’accordo?
TERESA – D’accordo, visto che mi hai colta alla sprovvista.
MARTA – Vi illustro, con piacere, il menu di stasera. (Legge da un depliant) “Antipasti assortiti, ovvero, stuzzichini di pescespada, cozze gratinate, alici in salsa piccante, tartine al caviale …”
ARTEMIO – Io credo non sia necessario continuare.
MARTA – Ma… se non ho nemmeno finito di elencare gli antipasti…!
ARTEMIO – E’ già sufficiente per un suicidio collettivo.
MARTA – Addirittura!
TERESA – Il solito esagerato.
GUSTAVO – E dai, Artemio! “Semel in anno licet insanire”, no?
ARTEMIO – No. Io intendo rimanere sobrio e misurato tutti i giorni dell’anno.
MARTA – Ma, perdonami… in definitiva, si tratta di un bocconcino di pescespada, un paio di cozze…
ARTEMIO – Se proprio volete farvi del male, prego, ingozzatevi pure. Nessuno ve lo vieta. Quanto a me, non se ne parla neppure: questa roba mi porterebbe all’obitorio.
MARTA – Si può sapere che cacchio di malattia hai?
TERESA – (a Marta) Perché usi il singolare: “malattia”? Artemio conta più malanni che capelli!
ARTEMIO – Cos’è, una battuta?
TERESA – No, una constatazione.
MARTA – Spiegami, Artemio, perché un pezzettino di pescespada dovrebbe farti male.
ARTEMIO – Per via della colite.
GUSTAVO – Però due piccole, innocue cozze…
ARTEMIO – E al mio pancreas chi lo spiega che sono innocue?
TERESA – E due: ambo!
MARTA – Caspita, non mi dirai che anche le alici al peperoncino…
ARTEMIO – Peperoncino?! Tu sei pazza! Sarebbe un flagello per le mie emorroidi!
TERESA – E tre. Terno!
ARTEMIO – Smettila, Teresa, non farmi incavolare! E’ tua la colpa se continuo ad avere dei travasi di bile! Il fegato si ingrossa, la cistifellea va in malora e la mia retina corre il serio rischio di staccarsi!
TERESA – Tombola! Il nostro fortunato paziente del Reparto malati mentali, ha vinto la degenza di un anno intero presso una nota clinica neurologica! Congratulazioni!
SIPARIO



ATTO SECONDO
Medesimo ambiente del Primo atto. All’apertura del sipario, la scena è al buio, attenuato appena dalle luci dell’albero natalizio.
Musica angosciante, effetti sonori da incubo, risate stridule, gemiti impressionanti e squarci luminosi che piombano sinistri… Improvvisamente, si distingue, chiaro, l’urlo di Gustavo poi luci di scena.
Seduto su una poltrona, in pigiama e con una pesante coperta addosso, si scorge Gustavo, tremante e con aria sofferente.
1 –

GUSTAVO – O mio Dio… O Dio mio… Che cosa mi sta succedendo…?
(Non visto da Gustavo, entra Artemio – non più in vestaglia ma con una sgargiante tuta da ginnastica. Si piazza alle spalle del fratello)
ARTEMIO – E allora…
(Gustavo, ancora sovreccitato per l’incubo di prima, sobbalza e lancia un urlo di spavento)
Ma… sei scemo?! Che t’è preso?
GUSTAVO – (ancora agitato) A me?! A te, piuttosto! Che idea, quella di venirmi alle spalle…! Vuoi farmi morire d’infarto?
ARTEMIO – Va bene, ero alle tue spalle ma non impugnavo mica un coltello!
GUSTAVO – (isterico) E se mi stavi alle spalle, come avrei potuto sapere se impugnavi un coltello o no?
ARTEMIO – Ma perché, secondo te, sarebbe stato normale che io tenessi un coltello in mano col preciso scopo di ammazzarti?! E piantala di tremare ché m’infastidisci… A parte che si può ammazzare una persona in cento modi e non necessariamente con un coltello… Strozzandola, per esempio, e rigorosamente a mani nude ovvero con un colpo di pistola alla nuca: metodo rumoroso ma efficace… Si muore all’istante. Oppure…
GUSTAVO – Ti prego…!
ARTEMIO – Cos’è che t’impressiona, il colpo di pistola o il coltello che penetra nella carne con un lieve fruscio …?
GUSTAVO – (sconvolto) Ti ho implorato di smetterla e tu, invece, continui imperterrito!
ARTEMIO – Perché sei così nervoso?
GUSTAVO – (fiaccamente) Lasciami in pace.
ARTEMIO – No, se permetti, qui sei a casa mia e se il mio ospite, per qualsivoglia motivo, non è sereno, io ho il diritto-dovere di intervenire. A maggior ragione, se l’ospite in questione è mio fratello.
GUSTAVO – Ti diverti, eh?
ARTEMIO – Neppure un pò. Per la verità, è da una settimana ovvero dal giorno del tuo arrivo, che provo, non dico a divertirmi ma, almeno, a starmene un tantino rilassato: niente da fare, non mi è concesso.
GUSTAVO – Non dirlo a me. E pensare che stavo così bene a casa mia…! Scusa Artemio, non fraintendermi…
ARTEMIO – Che fraintenderti? Sei stato chiarissimo! Ma, allora, santo cielo, tu te ne stavi tranquillo e beato a casa tua, io, qui, a litigare felicemente con Teresa… Mi spieghi perché hai deciso di sconvolgere la tua e la mia vita? Perché t’è venuto in mente di passare le feste qui? Spiegamelo.
GUSTAVO – Perché sono un coglione.
ARTEMIO – Questa sana autocritica ti fa onore ma, purtroppo, non risolve i nostri problemi.
GUSTAVO – Un modo per risolverli, ci sarebbe…
ARTEMIO – Quale?
GUSTAVO – Io e Marta potremmo andarcene, tornare a casa nostra…
ARTEMIO – (categorico, fino a diventare inquietante) Escluso. Troppo tardi. Prima di uscire da qui, dovrete essere perfettamente guariti. Non se ne parla neppure. Anzi, ti proibisco di tornare ancora su questo argomento.
(Lunga pausa di gelido silenzio)
GUSTAVO – Io… io sto male. Sono in preda alle allucinazioni, agli incubi… Anche un momento fa… ho sognato.
ARTEMIO – Hai sognato? devo, perciò, dedurre che dormivi.
GUSTAVO – Dormire… mi ero appisolato…
ARTEMIO – Alle sei del pomeriggio?!
GUSTAVO – Ma perché, alle sei del pomeriggio, è proibito appisolarsi?
ARTEMIO – Non è proibito ma non è nemmeno normale.
GUSTAVO – Non sarà normale ma ho comunque fatto un sogno…
ARTEMIO – Ho capito: hai fatto un sogno.
GUSTAVO – O, per meglio dire, un incubo.
ARTEMIO – Un incubo.
GUSTAVO – Ma perché ripeti le mie parole?
ARTEMIO – Perché stento a credere alle mie orecchie, ai miei occhi… a tutte le mie capacità sensoriali e razionali…! Continuo a chiedermi come si fa a dormire beatamente alle sei del pomeriggio!
GUSTAVO – (stancamente) Io non dormivo “beatamente”! Ti ho appena detto che ho fatto un incubo!
ARTEMIO – Ovvio. Hai fatto un incubo perché è innaturale dormire alle sei del pomeriggio!
GUSTAVO – (esasperato) E va bene! Non dormirò più alle sei del pomeriggio! Soddisfatto?
ARTEMIO – Chi se ne frega? Per quanto mi riguarda, puoi dormire quando ti pare! Stavo soltanto puntualizzando che…
GUSTAVO – Posso raccontarti questo maledetto incubo?
ARTEMIO – Se ti fa piacere…
GUSTAVO – Non mi fa piacere tuttavia ho bisogno di parlarne, di sfogarmi.
ARTEMIO – E allora sfogati… se ti fa piacere.
GUSTAVO – Ancora?!
ARTEMIO – (si corregge) … Se ti può aiutare.
GUSTAVO – Ero in un grande edificio… buio…
ARTEMIO – Un edificio…?
GUSTAVO – Vagavo impaurito in questo enorme ambiente buio, gelido…
ARTEMIO – Casa mia! Sei certo che fosse un sogno?
GUSTAVO – Lasciami continuare.
ARTEMIO – Prosegui… ma secondo me…
GUSTAVO - Mi aggiravo faticosamente fra quelle stanze maleodoranti…
ARTEMIO – Stai esagerando. Fredde, te lo concedo ma puzzolenti, no.
GUSTAVO – Un fetore intenso, insopportabile…
ARTEMIO – Non era casa mia.
GUSTAVO – A malapena trattenevo il vomito…
ARTEMIO – Confermo: non poteva essere casa mia.
GUSTAVO – (piagnucolando) Chi ha mai detto che fosse casa tua?
ARTEMIO – E’ vero, non l’hai detto. Sono stato io a supporre che il tuo inconscio… Va’ avanti.
GUSTAVO – E come faccio ad andare avanti se mi interrompi continuamente? Che stavo a dire…?
ARTEMIO – Il fetore, il vomito…
GUSTAVO – Ah, sì… Provavo anche una forte sensazione di soffocamento!
ARTEMIO – Pure?
GUSTAVO – Qui, alla gola. Avrei voluto fuggire da quel luogo infernale ma, ad ogni passo, le mie gambe diventavano pesanti… sempre più pesanti…! E sentivo… delle strane presenze… entità maligne che… mi tormentavano con le loro risate sinistre… Nel buio scorgevo dei volti raccapriccianti… occhi di fuoco… All’improvviso, il pavimento cede! Ed io sprofondo… precipito giù, giù e ancora più giù… inghiottito dal vuoto!
ARTEMIO – Interessante. E poi?
GUSTAVO – Poi, niente. Mi sveglio, per fortuna.
ARTEMIO – La prossima volta che decidi di dormire, testone, non farlo alle sei del pomeriggio.
GUSTAVO – Perché insisti con questo tormento delle sei del pomeriggio? Un incubo è pur sempre angosciante: alle tre di notte come alle sei del pomeriggio!
ARTEMIO – Non sono d’accordo.
GUSTAVO – E allora, come vuoi tu! Non dormirò più alle sei del pomeriggio…
ARTEMIO – L’hai già detto.
GUSTAVO – Né alle sei del mattino! Non dormirò più! “Macbeth non dormirà mai più… mai più”!
ARTEMIO – Ti comunico che stai delirando.
GUSTAVO – Lo so.
ARTEMIO – Non compiacertene.
GUSTAVO – Artemio, io sto male e tu infierisci. Perché tanto sadismo?
ARTEMIO – Ah, secondo te, sono un sadico?! Questa, sì che è ingratitudine! Bada, ti perdono solo perché ti trovi in uno stato psicofisico che fa schifo. Ti rendi conto, razza di deficiente predestinato, ti rendi conto che ho salvato la vita a te, a quella pazza di tua moglie e a quell’altra cerebrolesa?
GUSTAVO – Non esaltarti... Non mi pare fossimo in pericolo di vita.
ARTEMIO – Ah, no? Avete vomitato anche l’anima, la febbre vi ha divorato quel che restava del vostro cervello… e adesso mi vieni a dire che è stato un lieve disturbo intestinale…?
GUSTAVO – Non ho detto questo.
ARTEMIO – Capiamoci, fratellino: senza il mio aiuto, sareste morti! E sottolineo morti!
GUSTAVO – Non si muore per una semplice intossicazione alimentare.
ARTEMIO – Una semplice… Allora, sei scemo! Dimmi, sei un medico, tu? Sai a quali e quanti rischi si va incontro dopo un avvelenamento? Lo sai, idiota?
GUSTAVO – (sempre più fiaccamente) Non lo so. Non sono un medico ma non lo sei nemmeno tu.
ARTEMIO – Non sono un medico però sono un ex malato “serio”, competente e scrupoloso. La mia esperienza nonché le mie conoscenze in materia, mi autorizzano a misurarmi con chicchessia, fosse anche un luminare della medicina. Chiaro il concetto?
GUSTAVO – (cede le armi) Chiarissimo… Meriteresti una laurea ad honorem.
ARTEMIO – Puoi dirlo forte, cretino, e senza ironia. Tu, invece, non sei un medico, non sei mai stato ammalato… ergo non sei in grado di ragionare sull’argomento. E poiché ti conosco discretamente, aggiungo che tu non sei in grado di ragionare su qualsivoglia materia.
GUSTAVO – Non perdi mai occasione per offendermi… Fa’ pure. Sto troppo male per reagire… Ho delle fitte al colon e una nausea allucinante…
ARTEMIO – Non vomitarmi sul divano o ti strappo le budella!
GUSTAVO – (esausto) Accanisciti pure! Divertiti!
ARTEMIO – Sai che bel divertimento, dovermi occupare di te!
GUSTAVO – E allora, lasciami crepare. Voglio crepare! Ma in santa pace!
ARTEMIO – E allora, crepa!
GUSTAVO – Fin da bambino, ho dovuto sopportare le tue prepotenze, le provocazioni, gli insulti, le stramberie…!
ARTEMIO – Non ti agitare, coglione, altrimenti la febbre risale!
GUSTAVO – Io “sono” un coglione. Lo sono sempre stato!
ARTEMIO – Nessuno è perfetto.
2 –
(Entra Marta. E’ in vestaglia. Si trascina con aria sofferente)
MARTA – Che avete da strillare?
GUSTAVO – Chiedilo a lui!
ARTEMIO – Non chiederlo a me!
MARTA – La mia emicrania era già considerevole ma adesso, sento la testa scoppiarmi letteralmente…
ARTEMIO – E sarebbe mia la colpa?!
MARTA – Ti supplico, non gridare. T’ho già detto che ho un feroce mal di…
ARTEMIO – Avrei dovuto ricoverarvi in ospedale e lavarmene le mani.
MARTA – La mia testa…! sento che non ne uscirò viva.
ARTEMIO – Hai preso le pillole?
MARTA – Quali? Me ne fai trangugiare un centinaio al giorno…
ARTEMIO – Mi riferisco alle disintossicanti, Marta… e sei pregata di non fare del sarcasmo idiota. Bel modo di ringraziare la gente, il vostro! Non vuoi più “trangugiare” pillole? Bene, sono affari tuoi, nessuno ti obbliga. Vuoi morire? Benissimo: accomodati! Ma non a casa mia! Non sopporto la vista dei cadaveri, io. Senza contare che per liberarmene, dovrei aspettare la fine delle feste, immagino. E tu sai che i cadaveri sono come gli ospiti: dopo un po’, puzzano.
GUSTAVO – Sono i pesci a puzzare.
ARTEMIO – E i cadaveri, no? Hai mai sentito il fetore di un…
GUSTAVO – Risparmiaci i dettagli.
ARTEMIO – Ti ricordi di zio Amedeo?
GUSTAVO – Zio… chi?
ARTEMIO – Zio Amedeo, svagato! Quello che è morto di cirrosi epatica! Te ne ricordi o no?
GUSTAVO – Sì, sì…ma basta!
ARTEMIO – Ti ricorderai, perciò, di quella nauseante puzza! Hai pure vomitato, ricordi?
GUSTAVO – Ricordo tutto perfettamente ma non credo sia il caso di…
ARTEMIO – E non erano certo i fiori sparsi per tutta la casa a puzzare, no. Era proprio la salma di zio Amedeo… Dio l’abbia in gloria.
MARTA – Dio abbia in gloria lui e protegga me dai cognati pazzi.
ARTEMIO – Ah, è così che la pensi? E’ così che la pensate, tutti e due? Mio fratello mi giudica un sadico… Mia cognata rilancia e mi dichiara pazzo e maniaco…!
GUSTAVO – Per la verità, non ha usato il termine “maniaco”… e, comunque, non diceva sul serio…
ARTEMIO – Sì che diceva sul serio!
GUSTAVO – Ma no, ti assicuro. Sono parole che sfuggono quando si sta male… quando si è sovreccitati…
ARTEMIO - Non mi stupirei se, adesso, anche Teresa si unisse al coro e mi urlasse in faccia che sono il mostro di Londra! Invece di curarvi, dovrei sopprimervi, tutti e tre! Questo meritereste!
MARTA – Non urlare… ho mal di…
ARTEMIO – …di testa, ho capito! E se hai mal di testa, dovresti startene tranquilla anziché rompere i corbelli! E, giusto per scrupolo e non per affetto parentale, ti esorto a non sottovalutare la tua emicrania.
MARTA – Che vuoi dire?
ARTEMIO – Potrebbe trattarsi di una banale cefalea, causata dalla tossicosi ma non possiamo escludere a priori che possa essere una emorragia cerebrale o un tumore... Ovviamente dovremmo indagare meglio, sottoporti ad una accurata risonanza magnetica…
MARTA – Ora… mi sento molto più sollevata, grazie. (Sviene)
GUSTAVO – Marta! (Ad Artemio) Me l’hai uccisa! (La scuote) Oddio, Marta, rispondi!
ARTEMIO – (serafico) Non agitarti… Non è morta… ancora.
GUSTAVO –Marta, amore! E non startene impalato! Va’ a prendere un bicchiere d’acqua!
ARTEMIO – Che ci fai con l’acqua, gli sciacqui? L’acqua non serve, rimbambito. Ci vuole l’aceto. (Esce)
3 –
GUSTAVO – (Sempre più inquieto, continua a scuotere la moglie) Marta, ti prego, di’ qualcosa… non spaventarmi… Su, svegliati… (Urla all’indirizzo di Artemio) Ci vuol tanto a prendere questo maledetto aceto? (A Marta, ancora priva di sensi) Apri gli occhi, tesoro… torna in te… Ma che sta combinando quel disgraziato? Artemio! L’aceto! (Esce)
4 –
(Sulla scena cade il buio. Solo una luce su Marta, distesa, svenuta, sul divano. E’ in preda a una sorta di incubo. Si sentono, lontane e opportunamente registrate, le voci di Artemio e Gustavo: “…ti esorto a non sottovalutare la tua emicrania…” – “non possiamo escludere a priori che possa essere che possa essere una emorragia cerebrale o un tumore...” – “Marta, amore!” – “…una emorragia cerebrale o un tumore... …” – “Marta!” – “…o un tumore…”.
Poi l’incubo di Marta si materializza. Strane luci spettrali piombano in scena. Entrano Artemio e Gustavo: indossano dei camici da medico.
ARTEMIO – Mi dica, giovane collega…
GUSTAVO – Dica pure, professore.
ARTEMIO – Che cacchio ha questa?
GUSTAVO – Si riferisce alla paziente, professore?
ARTEMIO – E a chi altri? Siamo io, lei e la moribonda.
GUSTAVO – Lei crede?
ARTEMIO – Mi scusi, percepisce, per caso, altre presenze, qui? Ehi, sveglia, ragazzo!
GUSTAVO – No… intendevo dire… crede davvero che costei sia moribonda?
ARTEMIO - Vispa non mi pare di sicuro, ergo…
GUSTAVO – Chiaro.
ARTEMIO – Tuttavia - giacché dobbiamo ammazzare… il tempo e guadagnarci la pagnotta – mi dica qual è la sua opinione.
GUSTAVO – In merito a quale argomento, professore?
ARTEMIO – Dica un po’, giovane amico… Posso chiamarla “giovane amico”?
GUSTAVO – E’ un onore, per me, professore.
ARTEMIO – Dica, lei è uno svagato “ab origine” oppure lo è diventato per via di una crescita infelice?
GUSTAVO – Non la seguo, professore…
ARTEMIO – E’ proprio questo il punto! Lei non mi segue! Non mi ascolta! Lei dorme! Stia in campana!
GUSTAVO – Sì, professore.
ARTEMIO – Le ho chiesto se ha un’idea circa la patologia di questa donna!
GUSTAVO – Ah, sì. Emorragia cerebrale.
ARTEMIO – Capperi! E lei sostiene che la moribonda non sia moribonda?
GUSTAVO – Non ho mai azzardato un’affermazione del genere, professore.
ARTEMIO – Ah, Ippocrate mio! Questi giovani medici sono tutti dei poeti! E anche un po’ stronzi. Mi scusi, la mia è una constatazione generica…non mi riferisco esattamente a lei… dunque non si offenda.
GUSTAVO – Tutt’altro, professore… Ne sono lusingato.
ARTEMIO – Beh, bando alle ciance. Come ha intenzione di procedere?
GUSTAVO – Io?
ARTEMIO – Ricomincia? Eccetto la moribonda che non è parte in causa per ovvie ragioni, siamo io e lei, qui. Dunque?
GUSTAVO – Dovrei essere io a procedere… cioè ad effettuare… la cosa…
ARTEMIO – La cosa…? Nella nostra bella lingua, è già stata coniata la parola specifica ovvero l’”operazione”, altrimenti detta “intervento chirurgico”. Dunque?
GUSTAVO – Professore, mi perdoni… devo confessarle… Insomma, è la prima volta che entro in una sala operatoria.
ARTEMIO – Anch’io.
GUSTAVO – Anche lei?!
ARTEMIO – Perché se ne stupisce?
GUSTAVO – Io… non avrei mai immaginato che proprio lei…
ARTEMIO – Io non mi occupo di queste sciocchezze.
GUSTAVO – Sciocchezze, dice? Ma, professore…
ARTEMIO – E lo ribadisco: sciocchezze! Stupidaggini! E mi spingo anche oltre: merdate!
GUSTAVO – Mer…
ARTEMIO – …date! Giovanotto, nonostante la sua inequivocabile ottusità, tenterò ugualmente di chiarirle il concetto.
GUSTAVO – Francamente non credo sia agevole capire…
ARTEMIO – (serafico) Lo so, coglione. So perfettamente che lei, coglione, non capirà. Ecco perché – invece di tirarla per le lunghe - sintetizzo il tutto formulandole una domanda, ovviamente retorica: (urla, inferocito) come cazzo pretende che io – regolarmente occupato nelle aule universitarie, nei convegni, nei seminari, in televisione…! – come pretende che sprechi tempo ed energie per… per un banale intervento chirurgico? Risponda se ha capito e se non ha capito, stia zitto! In ogni caso, la smetta di stupirsi!
GUSTAVO – Sì, professore, mi perdoni, professore.
ARTEMIO – E sappi che il sottoscritto non ha mai tenuto un bisturi in mano!
GUSTAVO – Mai?!
ARTEMIO – Mai! E ne vado fiero!
GUSTAVO – (con convinzione) Assolutamente legittimo!
ARTEMIO – Adesso non mi triti ancora i “cosiddetti” e si dia da fare.
GUSTAVO – Il problema è che non so da dove cominciare.
ARTEMIO – E se ne preoccupa?
GUSTAVO – Un po’.
ARTEMIO – Non c’è ragione, ragazzo. La mia presenza le infonderà coraggio, fiducia e sicurezza.
GUSTAVO – Certo, professore, grazie. Dunque…
ARTEMIO – Come intende scoperchiare la calotta cranica?
GUSTAVO – Col… bisturi?
ARTEMIO – Meglio con un machete: è più efficace.
GUSTAVO – Mi affido alla sua grande esperienza. Ha perfettamente ragione: un machete. (Sta per uscire)
ARTEMIO – Dove va?
GUSTAVO – A procurarmi un machete.
ARTEMIO – Al tempo. Innanzitutto, è indispensabile cautelarsi.
GUSTAVO – In che senso?
ARTEMIO – Le denunce, mio inesperto amico, pendono sul nostro capo come le piaghe d’Egitto sul Faraone…
GUSTAVO – Cioè?
ARTEMIO – E’ sempre utile avere in tasca una bella dichiarazione liberatoria che autorizzi l’intervento. Si tratta, insomma, di un espediente che le consentirà di operare serenamente e in sicurezza. Cosicché se il paziente, malauguratamente, dovesse tirare le cuoia, amen: nessuno potrebbe imputarne alcunché. Ha dei parenti, costei?
GUSTAVO – Non lo so, non credo…
ARTEMIO – E allora, dovrà farlo lei personalmente.
GUSTAVO – Io dovrei autorizzare…
ARTEMIO – Non lei, bestia! Intendo, lei, questa donna! Su, la svegli.
GUSTAVO – Ma… se è moribonda! L’ha detto anche lei.
ARTEMIO – Infatti: ho detto moribonda non morta! La svegli!
GUSTAVO – Come faccio a svegliarla? E’ sotto anestesia.
ARTEMIO – E allora? La pizzichi, la scuota, la schiaffeggi, le dia un calcio in culo ma la svegli, porcaccia miseria!
GUSTAVO – Sì, professore. Signora! Signora, sia buona, si svegli…
ARTEMIO – Troppo delicato. (Scuote e strapazza Marta con fin troppa energia) Ehi, buona donna! Vogliamo spalancare questi maledetti occhi, sì o no? E apra bene anche le orecchie! Mi sente? Ha capito?
MARTA – (si sveglia faticosamente) Dove… dove sono?
GUSTAVO – In buone mani, stia tranquilla.
MARTA – Che… che volete da me?
ARTEMIO – Una semplice formalità. (Tira fuori dalla tasca un foglio di carta e una penna) Metta una firma qui, in calce.
MARTA – Una firma? E… a che serve?
ARTEMIO – Non rompa le palle e firmi!
(Marta esegue seppure con difficoltà)
Benissimo. Tutto a posto. Torni a dormire.
MARTA – A dormire? Perché dovrei dormire?
GUSTAVO – Dobbiamo… cioè… devo operarla, signora.
ARTEMIO – Sissignora. Le spiego. Questo giovane medico – inesperto ma volenteroso – dovrà esplorare il suo cervello… mi segue?
MARTA – Il… cervello… sì.
ARTEMIO – Dunque converrà certo con me che è necessario scoperchiare per benino la calotta cranica…
MARTA – La calotta…?
ARTEMIO – GUSTAVO – Cranica.
MARTA – Ma… siete pazzi?! Io sto bene… benissimo!
ARTEMIO – Lei sta male, malissimo!
MARTA – Mai sentita meglio in vita mia!
ARTENIO – Dicono tutti così!
GUSTAVO – Non si agiti…
MARTA – (ad Artemio) Non mi toccare, stronzo!
ARTEMIO – Ma stronza e baldracca ci sarai tu!
MARTA – (si svincola dai due) Se solo vi avvicinate, vi strappo le palle!
ARTEMIO – Che fa lì, impalato? Acchiappi la pazza!
(Breve inseguimento. Marta guadagna l’uscita, rincorsa dai due.
Buio per un istante; un breve stacco musicale segna la fine dell’incubo. Poi ritroviamo Marta ancora sdraiata sul divano. Accanto a lei, Gustavo e Artemio).
GUSTAVO – (accosta l’aceto al naso di Marta) Su, amore, coraggio…
ARTEMIO – (la schiaffeggia energicamente) Vogliamo svegliarci?
GUSTAVO – Ma che fai, prendi a schiaffi mia moglie?
ARTEMIO – Sta’ zitto: è necessario. Avrei preso a schiaffi chiunque, in situazioni analoghe, persino mio fratello. (Continua l’”operazione”) Sveglia!
GUSTAVO – Così mica la svegli! La stordisci definitivamente!
MARTA – (si riprende lentamente) Che cosa mi è successo?
GUSTAVO – Nulla di serio, tesoro… un lieve mancamento…
ARTEMIO – Altro che lieve mancamento! Diciamo le cose come stanno: hai perso i sensi per almeno cinque minuti!
MARTA – (guarda Artemio poi sgrana gli occhi e lancia un urlo) Artemio! Tu… tu…!
ARTEMIO – Io… che?
GUSTAVO – Calmati, Marta… è tutto finito…
MARTA – (a Gustavo) E anche tu, imbecille! Come ti salta in mente di scoperchiarmi la calotta cranica…?
GUSTAVO – Io?! La calotta cranica?!
MARTA – Sì, volevate ammazzarmi! Tutti e due! Pazzi sanguinari!
GUSTAVO – Calmati, adesso…
MARTA – Non mi toccare!
GUSTAVO – Marta!
ARTEMIO – Non impressionarti. Questi sono i postumi della tossicosi.
MARTA – (ancora sotto choc) Spaccarmi il cranio col… col machete! Belve! (Ad Artemio) Dove hai nascosto il machete?
GUSTAVO – (ad Artemio) Ma che sta dicendo?
ARTEMIO – Delira.
GUSTAVO – Hai in casa un machete, tu?
ARTEMIO – Possiedo coltellacci, pugnali, mannaie, spade, asce di ogni genere ma, al momento, sono sprovvisto di machete. Ebete! Come ti salta in mente che io possa tenere in casa un machete?
GUSTAVO – Ma allora, perché parla di machete?
ARTEMIO – Te l’ho detto: delira.
GUSTAVO – Oddio, Marta… non farmi paura…
ARTEMIO – (torna a scuotere con decisione Marta) Vuoi piantarla, ora? Vuoi piantarla o debbo rifilarti qualche altro schiaffone?
GUSTAVO – Non ti permetto di trattare mia moglie in questo modo!
ARTEMIO – (a Gustavo) Sta’ zitto e non rompere! (A Marta) Ehi, dico a te, Marta! Riprendi i sensi o ti mollo un pugno in faccia!
MARTA – (finalmente si desta del tutto) Gustavo…
GUSTAVO – Marta!
MARTA – Ho un gran mal di testa…
ARTEMIO – Bentornata nel nostro mondo!
MARTA – Ho fatto un incubo…
ARTEMIO – Eccone un’altra! Cos’è, il vostro, un gioco da salotto freudiano?
MARTA – Ho sognato… E’ stato terribile…!
ARTEMIO – Ovvio.
GUSTAVO – Vuoi parlarne? Alle volte, scaricarsi del peso che si ha dentro, liberarsi ti fa star meglio.
ARTEMIO – Ne parli come se si trattasse di una defecazione.
GUSTAVO – (implorante) Artemio, per favore…!
ARTEMIO – E va bene. Se è proprio un bisogno fisiologico, fa’ pure, Marta: evacua.
GUSTAVO – (A Marta) Di’ pure, tesoro.
MARTA – E’ tutto così vago…! Mi trovavo in una strana stanza… e stavo sdraiata, credo… No, niente da fare, non ricordo nulla.
ARTEMIO – Non sforzarti, lascia perdere. Piuttosto, prendi questa compressina. (Le porge un bicchiere d’acqua e la pillola)
MARTA – Che cos’è?
ARTEMIO – Un sedativo.
MARTA – E a che serve?
ARTEMIO – A sedarti. Non ti suggerisce nulla il termine “sedativo”? Sedativo: per sedare. Invece, lassativo, per… Ingoiala senza tante storie.
MARTA – Io ho un tremendo mal di testa. E sono agitata, agitatissima…
ARTEMIO – Lo so! Ingoia!
(Marta esegue)
4 –
(Entra, visibilmente sofferente, Teresa)
TERESA – Ho una feroce emicrania…
ARTEMIO – Il club ti accoglie a braccia aperte!
TERESA – Che club?
ARTEMIO – Il club dei vivi morenti. (Ride di gusto)
TERESA – E tu ne sei il presidente onorario, immagino.
ARTEMIO – (Aggressivo e sinistro) Errore. Io sono il felice testimone delle vostre sofferenze, delle vostre angosce! Oppure, qualora fosse necessario, il becchino che attende, sereno, il vostro trapasso!
MARTA – Che sollievo sentirlo parlare!
GUSTAVO – (particolarmente impressionato) Ti spiacerebbe risparmiaci il tuo umorismo nero, per favore?
ARTEMIO – Sì, mi spiacerebbe! Perché intendo divertirmi, una volta tanto!
TERESA – Sei insopportabile, Artemio.
ARTEMIO – Insopportabile, io? Signori parenti, chiariamo la faccenda: sono io che non vi sopporto più! Voi mi avete causato soltanto problemi e scocciature, tutti e tre! Da giorni, ormai, non faccio che occuparmi di voi! Sono diventato il vostro medico, l’infermiere, l’assistente sociale, il confessore…
GUSTAVO – Il confessore, magari, non ancora…
ARTEMIO – Sta’ zitto, idiota e lasciami continuare! Ma guardatevi, fate schifo: pallidi, doloranti, avviliti…! Appena una settimana fa, scoppiavate di salute! Eravate vispi, allegri e floridi! Che vi è accaduto, stronzi? Vi siete accorti improvvisamente di essere delle creature fragili anche voi? Soggette ai malanni, come tutti? “Povero Artemio, sempre ammalato! Su, Artemio, smetti di fare l’ipocondriaco! Dimentica i tuoi malesseri, Artemio! Goditi la vita! Fa’ come noi! Che vuoi che siano due o tre cozze gratinate?” E ora? Non dite più nulla, ora? Avete finito coi vostri consigli, le sentenze, le smorfie di compatimento, le prese in giro? Ma sapete che c’è? Ho fatto tesoro dei vostri suggerimenti: finalmente, sto godendomi la vita!
TERESA – Scena madre stucchevole: non ti aspettare l’applauso.
ARTEMIO – (lancia un’occhiataccia di fuoco alla moglie) E concludo: miei cari parenti – consanguinei e acquisiti – sappiate che mi avete frantumato, a dismisura, i genitali! Voi meritereste che vi lasciassi morire davvero! Invece di preoccuparmi della vostra salute, dovrei starmene lì, sprofondato comodamente nella poltrona ad aspettare il vostro fatale decesso.
TERESA – Per quanto riguarda me, non dovresti attendere nemmeno tanto, considerato che questo mal di testa finirà per uccidermi.
MARTA – Non dirlo a me. Io non ne posso più. Fra l’altro, mi si è scatenata una tachicardia spaventosa…
GUSTAVO – Provate a riposare un pò…
MARTA – Dormire?! No, grazie.
TERESA – Macchè riposare! Ci ho provato ma non sono riuscita a chiudere occhio, un solo istante.
ARTEMIO – Buon per te. Se avessi dormito, avresti avuto degli incubi anche tu.
TERESA – Chi altri ha avuto incubi?
ARTEMIO – Tutti, eccetto me, naturalmente.
TERESA – Tu non hai incubi, lo so. Li procuri solo agli altri.
MARTA – (con un filo di voce, a Teresa) Non provocarlo.
ARTEMIO –(ride) Sei malata ma sempre agguerrita, eh, Teresa? Ma io non faccio una piega: sono sufficientemente refrattario alle tue battute velenose. Non mi irritano, non mi scalfiscono neppure. Di più: io me ne infischio di ciò che tutti voi pensate sul mio conto! Me ne strafotto dei vostri brontolii o del sarcasmo! Io agisco secondo coscienza e la mia coscienza di medico mancato m’impone di curarvi… seppure meritereste una condanna a morte! Bene, adesso al lavoro. (Controlla l’orologio) E’ l’ora dello sciroppino. (Si arma di flacone e cucchiaio) Aprire le boccucce!
(Tutti e tre, quasi contemporaneamente)
MARTA – L’abbiamo preso due ore fa, quello schifo!
TERESA – Mi farà vomitare!
GUSTAVO – Usi lo stesso cucchiaio per tutti e tre?!
ARTEMIO – Silenzio, stronzi!
(Artemio imbocca i tre rapidamente)
ARTEMIO – Benissimo. Fra settanta minuti esatti, la puntura.
GUSTAVO – Scusa, Artemio, non ti sembrano sufficienti le dodici punture già fatte? Io penso…
ARTEMIO – Evita di pensare: danneggeresti, in modo letale, il tuo già devastato cervello.
GUSTAVO – Non vorrei insistere ma…
ARTEMIO – Allora, non insistere!
TERESA – Stai esagerando, Artemio.
ARTEMIO – Basta così! Silenzio, ho detto! Ingrati! Lo sapete che per colpa vostra, ho persino trascurato la mia salute? Mi sono totalmente disinteressato del mio piano terapeutico! Ho dimenticato pillole, sciroppi, vitamine e quant’altro! Comunque, poco male giacché, per la verità, mi sento molto meglio. Anzi, sto proprio bene. Se questo non è un miracolo, poco ci manca, visto che, in una situazione simile, chiunque, al mio posto, avrebbe avuto un crollo nervoso. Io, invece, per vostra fortuna, mi sento inaspettatamente in splendida forma. Lo ribadisco solo per tranquillizzarvi. Vado a prepararvi la cena.
MARTA – Ti prego, Artemio, se possibile, non costringermi a mandar giù il solito riso in bianco.
ARTEMIO – Forse la signora preferisce spiedini di pescespada, salmone affumicato, cozze gratinate e caviale del Volga?
MARTA – No, non dico questo…
ARTEMIO – Se può tranquillizzarti, ti comunico che, per stasera, niente riso in bianco.
MARTA – Deo gratias!
ARTEMIO – Il menu prevede un bella portata di pastina con un’idea di olio extravergine di oliva. Contenti? (Esce)
5 –
MARTA – Gustavo, ti scongiuro, portami via da qui! Io sto male… Questo dolore al petto… Avrò un arresto cardiaco!
GUSTAVO – Sta’ calma.
MARTA – (isterica) Voglio morire a casa mia! Hai capito o no, deficiente?
GUSTAVO – Smettila, per favore! Anch’io vorrei trovarmi a casa, in questo momento! Credi che io stia bene? Soffro di allucinazioni, giorno e notte… La mia pressione arteriosa è schizzata a trecento… Anch’io potrei avere un infarto, da un momento all’altro!
TERESA – Ragazzi, vi assicuro che io non sto certo meglio di voi… Mi sento fiacca, senza forze… e la mia pressione, al contrario della tua, si abbassa sempre più… Conclusione: temo seriamente un collasso cardiaco. E dunque, calmiamoci, se ci riesce.
MARTA – Il guaio è che non ci riesco!
TERESA – Marta, controllati: gli isterismi sono deleteri.
GUSTAVO – In ogni caso, da qui non possiamo muoverci, lo sai.
MARTA – (a Gustavo) La colpa è solo tua, idiota! Avresti dovuto tenerle in tasca, le chiavi della macchina!
GUSTAVO – E cosa avrei risolto? Quel pazzo non ci ha sequestrato solo le chiavi della macchina ma anche i bagagli! Vorresti scappare da qui, in mutande o in pigiama?
MARTA – Lo sento, è finita: o morirò di crepacuore o sarà lui ad ammazzarmi. Stessa sorte subirete anche voi.
TERESA – Non dire sciocchezze… Cerchiamo di essere razionali. Se davvero avesse avuto l’assurdo proposito di toglierci di mezzo, avrebbe potuto farlo tre o quattro giorni fa. Perché aspettare? E, soprattutto, perché prendersi la briga di assisterci e di curarci con tanto fervore?
GUSTAVO – Un fervore persino eccessivo.
MARTA – Talmente eccessivo da apparire sospetto! Ha in mente qualcosa, ne sono certa. Si diverte, lui! Gioca con noi, come farebbe il gatto con un topolino impotente! Ma, dico… avete osservato i suoi comportamenti? Quei sorrisetti ironici, beffardi… quello sguardo compiaciuto da invasato? Prendiamone atto: siamo degli ammalati nelle mani di uno psicopatico!
GUSTAVO – Parla piano, per carità!
MARTA – (a Teresa) E’mai possibile che tu non ti sia mai resa conto che tuo marito… è uno squilibrato?
TERESA – Artemio è sempre stato un tipo un po’ strambo, irrequieto… eccentrico, magari…
GUSTAVO – Aggiungerei: ipocondriaco.
TERESA – Sì, d’accordo. Ma da qui a dichiararlo folle… Tuttavia, confesso che questa sua insolita condotta disorienta anche me...
MARTA – Ti disorienta?! Quel figlio di puttana – scusa, Gustavo – dovrebbe terrorizzarti, piuttosto!
GUSTAVO – Parla piano, ti dico!
MARTA – (piange) Passare la notte di fine anno in questo modo… Chi l’avrebbe mai pensato?
TERESA – Stiamo tranquilli… Non perdiamo la testa… assecondiamolo. In fondo, fino ad ora, il suo unico pensiero fisso è stato quello di curarci…
MARTA – Io chiedo aiuto a qualcuno. Telefono ai carabinieri… (va al telefono)
GUSTAVO – Ai carabinieri?
MARTA - … alla Polizia, al Pronto soccorso, ai pompieri…! A chiunque possa tirarmi fuori da qui!
6 –
(Rientra Artemio con un carrello portavivande. Sorprende Marta col telefono in mano)
ARTEMIO – Chi stai chiamando, Marta?
MARTA – (colta di sorpresa) Io?
ARTEMIO – Beh, io no, di certo. Sei tu ad avere il telefono in mano.
MARTA – Sì… mi è venuto in mente di… di chiamare…
TERESA – (le va in soccorso) Sua sorella. Marta ha pensato di farsi sentire…
ARTEMIO – Torna a sedere, Marta. (Marta esegue)
La chiamerai domani o dopodomani… quando starai meglio. Sei ancora molto debole, sovreccitata e stressata dalla malattia… Hai persino la voce incerta… No, non mi pare giusto far preoccupare inutilmente quella poverina. Su, adesso mangiate. (Distribuisce la minestra) Buon appetito.
TERESA – (ad Artemio) Tu non ceni?
ARTEMIO – Dopo. Voglio prima assicurarmi che i miei tre pazienti mangino la loro pappa… fino all’ultima cucchiaiata.
(I tre fissano titubanti il piatto)
Beh? Che aspettate? E’ buona, sapete? Non c’è nemmeno un grammo di arsenico. (Ride compiaciuto) Scherzo, naturalmente, stronzi. (Urla) Mangiate!
(I tre si affrettano ad ingoiare la minestra)
Bravi. Godetevela fino in fondo la vostra buona minestrina…
TERESA – Non è male. Un po’ sciapa, forse…
MARTA – Sì ma… sciapa al punto giusto, direi.
GUSTAVO – Sciapa quanto basta. Se non fosse stata così sciapa, non l’avrei davvero gustata.
ARTEMIO – Colgo un velo di ironia nei vostri commenti…
(Tutti e tre insieme)
MARTA – No, che ironia…?
TERESA – Scherzi? E’ buona sul serio.
GUSTAVO – Io dicevo veramente…
ARTEMIO – Basta!
GUSTAVO – Ti giuro, Artemio… è talmente buona che ne prenderei un altro piatto. Sarebbe possibile?
ARTEMIO – Assolutamente no. Ti appesantirebbe la digestione. Ma… state allegri! Il vostro cenone di fine anno si conclude in bellezza: mezza mela, rigorosamente divisa in tre parti uguali. (Distribuisce le fettine di mela) Su, mangiatela ma, vi raccomando, lentamente.
(I tre, in silenzio, consumano la mela).
ARTEMIO – Bravissimi. Sono fiero di voi! (Breve pausa. Sorride)
GUSTAVO – Sento dei brividi di freddo… Ho paura che la febbre risale…
TERESA – Questa nausea non promette nulla di buono… E se avessi una pancreatine? Artemio, domani vorrei fare degli accertamenti…
ARTEMIO – Domani? Dopo le feste, vorrai dire.
MARTA – Il dolore al petto è sempre più forte…! (Si dispera, piange) Sto per avere un infarto!
GUSTAVO – Sono io che avrò un infarto…
ARTEMIO – Smettetela di piagnucolare! Che è ‘sto mortorio? Godiamoci la vita! Su, un po’ d’allegria! Dobbiamo festeggiare la fine… dell’anno! Un po’ di musica è giusto quel che ci vuole, che ne dite?
(Corre di slancio allo stereo: musica assordante, molto coinvolgente. I tre, seduti sul divano, restano pietrificati. Artemio balla da solo: si muove con inaspettata energia.
Squilla il telefono. Artemio alza la cornetta).
ARTEMIO – Chi è? Chi? Scusi, non sento, alzi la voce…! Qui c’è un po’ di allegria…! Capirà, è Capodanno! Sì, sono io. Ah, dottoressa, è lei? Le mie analisi? Caspita, che solerzia! Immaginavo di avere i risultati solo dopo le feste e invece… In che senso, un’”emergenza”? No, no, le assicuro che sto benissimo… mai stato meglio! Certo, dottoressa, dica pure… Ma sì… con la massima franchezza, d’accordo… e senza scrupoli, va bene. Ma perché la fa tanto lunga?
(Improvvisamente, impallidisce, i muscoli facciali rigidi. Lascia cadere dalle mani il telefono poi crolla giù, a terra.
Teresa, Marta e Gustavo sempre immobili. E, mentre la musica continua travolgente…

SIPARIO