Era la notte del Santo Natale
Favola natalizia in due atti di
Antonio Sapienza
Gennaio 2009
Personaggi:
Vito Corsaro……………………..ex commerciante:
Pina………………………………moglie di Vito;
Enrico…………………………….rapinatore;
Nicola……………………………figlio del rapinatore;
Maresciallo Cucurullo…………..sbirro con il cuore grande così.
E, inoltre delle voci dal telefono.
La vicenda si svolge tra le ore 21,00 e le 23,00 del 24 dicembre.
Atto primo
Sulla scena è stato ricostruito l’interno di un tinello di una casa
piccolo-borghese.
A sinistra vi è l’uscio d’ingresso, a destra un altro uscio che porta nelle
altre camere della casa. Al centro una finestra con tenda. A destra della tenda
vi è un tavolino dove è stato preparato il Presepe; mentre a sinistra vi è un
bell’albero di Natale illuminato, con doni e ceste di dolciumi.
Al centro della stanza c’è un tavolo apparecchiato per il cenone di mezzanotte.
Un grosso pendolo è sulla parete sopra lo sparecchia tavola.
All’apertura del sipario, con una musica natalizia, in scena c’è Vito Corsaro,
sessantenne, vestito di grigio, con la giacca da camera, che sta armeggiando
vicino al presepe. Dopo un minuto entra Pina, quasi coetanea del marito, vestita
dignitosamente, ma indossa ancora un grembiule. Ella porta dei bicchieri che
dispone sul tavolo. Fine della musica.
Pina – Guarda che il Presepe sta già bene così; non è necessario modificarlo
ogni ora, sai…-
Vito – Ma non lo sto modificando, sto solamente sistemando alcune statuette.
Guarda questa, per esempio: ti sembra possibile che l’acquaiolo stia così
lontano dalle altre statuine? Mi vuoi spiegare come farebbe a dar da bere alle
persone, standosene a quattro chilometri di distanza?-
Pina – Ma quello è tutto metaforico, adesso non mi verrai a raccontare della
verosimiglianza. Se così fosse, addio Presepe, lo farebbero solo gli artisti…
mancati come te.-
Vito – Senti, a me piace farmelo così e non mi importa come lo fanno gli altri.
Per conto mio dev’essere più verosimile possibile, per richiamarci in mente
quello che presumibilmente, anzi sicuramente, avvenne quella notte. E ora non mi
seccare più, che sono in un momento delicato di sistemazione.-
Pina – Io ho il mio momento delicato di sistemazione, con tutti questi bicchieri
e posate che mi riempiono tutta la tavola e che mi lasciano poco spazio per le
portate.-
Vito – (sempre girato di spalle) E tu fanne di meno portate: te l’ho sempre
detto: la cena di Natale dev’essere sobria.-
Pina – E sobrie sarà. Però, una volta che i ragazzi finalmente vengono,
affrontando i disagi del viaggio, per stare con noi durante le feste, non pensi
che sarebbero contenti se potessero trovare a tavola i nostri piatti
tradizionali?-
Vito – Ehi, (girandosi) ehi, guarda che vengono da Roma, mica dall’altro
emisfero.-
Pina – Va bene, vengono da Roma, ma lì non ci sono le nostre specialità. Ogni
posto ha le sue usanze. Eppoi a me fa piacere preparargli i miei vecchi
manicaretti...-
Vito – …e passi tutto il giorno in cucina…-
Pina- … con vero piacere.-
Vito – E perché questo vero piacere, non te lo fai venire tutti i santi giorni?-
Pina – Perché il Santo Natale viene una volta l’anno.-
Vito – E io, una volta l’anno mangio bene…anzi dovrei mangiare bene, ma datosi
che si cena tardissimo, poi ho difficoltà a digerire – e mi fa veleno.-
Pina – Questa volta ho pensato pure a te: c’è il pesce freschissimo e te l’ho
fatto bollito con un pizzico di maionese. Così lo digerisci facilmente. Sei
contento?
Vito – Grazie tante. Ma guarda un po’: più che contento, sono felicissimo! E che
cosa diamine…pesce bollito con un pizzico di maionese…roba da Nababbi! Altro che
un insignificante cocktail di scampi, cozze gratinate, spaghettini con sugo di
astici…-
Pina – Ma la vuoi finire con questa lagna? Rassegnati! Tu non puoi fare più
quello che facevi da giovane, è una cosa naturale, è la vita, bello mio.-
Vito – E hai ragione…Maledetto rene! Che non mi fa più mangiare come si deve. Ma
tu guarda l’ironia: da ragazzo, quando potevo mangiare fino ad abbuffarmi, senza
problemi digestivi, non avevamo in casa nulla da mettere sotto i denti – a causa
del dopoguerra; poi , quando potevo permettermi il lusso di farmi qualche buona
mangiata, si ci è messo questo capriccioso rene. E’ una vera disdetta.-
Pina – E, via, non passare da un estremo all’altro: in fin dei conti, da quando
siano sposati - che eri appena trentenne - e fino oltre i cinquant’anni, te ne
sei fatte tante e tali di mangiate... Dai non fare la vittima.-
Vito – E non poteva durare questo stato di grazia per qualche decennio ancora?-
Pina – Non ti lamentare…c’è gente che sta peggio di te.-
Vito – (rassegnato) Amen.
Pina – Dai, aiutami, continua tu ad apparecchiare, io controllo
l’arrosto.(esce)-
Vito – (lentamente, cantando sottovoce e poi fischiettando un motivo natalizio,
si appresta ad eseguire) Comandi signora…
Era la notti d’o Santu Natali,
nta li casi si mangiava e biveva,
e Gesuzzu nta la grutta chiangeva,
senza nenti di putiri mangiar…-
Meno di un minuto, e si sente partire un’auto sgommando.
Vito – (infastidito dallo stridore delle gomme) E che maniera…e cos’è questa
fretta. Poi dicono che ci sono troppi incidenti stradali – anche in città.-
Vito continua ad apparecchiare, ma di tanto in tanto, si reca vicino al presepe
e sposta qualche statuetta. Il pendolo batte le 21. Suonano alla porta.
Pina – (dalla quinte) Hanno suonato…saranno i ragazzi?-
Vito – (andando ad aprire) Ma no, (un’occhiata all’orologio appeso alla parete)
sono ancora appena le nove. Quelli, a quest’ora, sicuramente, saranno ancora in
volo. (risuonano con insistenza) Vengo, vengo, e che premura… chi è?(apre)-
Vito fa appena in tempo a togliere la chiusura che la porta viene spalancata ed
entra un giovane col capo coperto da un passamontagna e con una pistola in
pugno. –
Rapinatore- (puntandogli l’arma sul volto e chiudendo subito la porta) Zitto o
se morto!-
Vito – (frastornato) Ma…cosa…che diamine…-
Pina – ( affacciandosi) Chi è?-
Rapin – Tu vieni qui, a fianco a lui! (afferrandola per un braccio e mettendola
affianco di Vito) Zitta a sei morta!-
Pina- Gesù mio, un bandito! Oddio, ancora…-
Rapin - Ho detto zitti! (li minaccia con l’arma, mentre si pone in ascolto
dietro la porta, poi guarda attraverso le tende della finestra) Zitti o vi ficco
in testa una pallottola!-
Pina – Madonna bella, ci risiamo. (parlando a bassa voce)-
Vito – Ma no…(idem)-
Pina – Questo, stavolta, ci ammazza.-
Vito – Buona Pina, stai calma, eh? non lo innervosiamo.-
Pina – Ma Vito…-
Vito – Calma…credo che non ce l’abbia con noi.-
Pina – Ma io ho paura lo stesso.-
Vito – Va bene, ma calmati e fai gestire la situazione a me. D’accordo?-
Pina – Come vuoi, ma mi raccomando…-
Vito – Non ti preoccupare, tu però stai tranquilla, buona…-
Rapin.- Ho detto zitti e non fiatate!-
I due, uno vicino all’altra, si zittiscono, mentre il rapinatore lasciata la
finestra, va verso la porta e poggia l’orecchio, in ascolto. Suona il telefono.
Rapin.- (a Vito che si era mosso) Tu, non muoverti, non rispondere.-
Vito – (vedendo che il telefono continua a suonare e parlando con calma) Guarda
che potrebbe essere mio figlio che chiama… e se non rispondessimo, quello
potrebbe avvisare i carabinieri…ci sa dentro, in casa, ad aspettarlo.-
Rapin.- ( indeciso) Va bene, rispondi, ma guai a te se ti lasci sfuggire
qualcosa sulla la mia presenza. Anzi metti il viva voce, voglio sentire!-
Vito – (avvicinandosi all’apparecchio e eseguendo) D’accordo. (poi al telefono)
Pronto?-
Voce- Papà, sono Gino, siamo ancora in aeroporto, il volo è stato annullato.-
Vito – Come annullato? E come farete a raggiungerci? Non ci sono altre
possibilità?-
Voce – Papà, stiamo cercando…vediamo con qualche altra compagnia…ma è difficile.
Qui siamo centinaia i passeggeri che sono rimasti a terra, è un caos.-
Vito – Ma con quale razza di compagnia hai prenotato?-
Voce- Non è colpa della compagnia. E’ il personale di terra dell’aeroporto, che
ha fatto uno sciopero improvviso, e questa volta sono stati i tacchinari.-
Vito – Chi?-
Voce – I tacchinari, cioè il personale che mette i tacchi nelle ruote degli
aerei, quando stanno fermi, nelle piazzole.-
Vito – Ah, i tacchi? E per dei semplici tacchi non si può più partire? E nessuno
altro li può togliere? E si lascia la gente a terra? se fossi io lì, li leverei
con le mie mani!-
Voce – Papà, ci sono regole sindacali…la sicurezza, insomma, dobbiamo aspettare.
Te l’ho detto, ci provo con un’altra compagnia. Speriamo di farcela. Comunque ti
terrò informato. Adesso ciao, vado a raggiungere Giulia e Vituccio. –
Vito- (posando lentamente l’apparecchio) Ciao…ciao…(a Pina) Hai sentito?-
Pina- Ho sentito, bella roba (guardando fosca il rapinatore)… ma tanto il Natale
era già rovinato.-
Rapin. – Stai zitta! Che non sei la sola ad avere il Natale rovinato…ci sono
quei lavoratori lì, in aeroporto, che non hanno solo il Natale rovinato, ma
tutto l’anno - intero, perché saranno licenziati!-
Vito – Scusa e tu che ne sai?-
Rapin. – Ma non leggi i giornali? Quelli scioperano per conservare il posto di
lavoro che è in serio pericolo!-
Vito – E non potevano proclamare lo sciopero in anticipo? Anzicchè lasciare i
passeggeri a terra, con tutti i disagi immaginabili? O non ci sono più regole
sindacali? Quali, ad esempio, la proclamazione dello sciopero con almeno
quindici giorni di anticipo, e la pace sindacale per i periodi dell’anno più
significativi: tipo Natale, Pasqua…-
Rapin. –… Santo Stefano e capodanno. Ma stai zitto, vecchio oscurantista! Ai
padroni bisogna colpirli sul collo, altrimenti non mollano…-
Vito - …e ci vanno di mezzo i malcapitati passeggeri, che dopo mesi di lavoro,
vogliono godersi qualche giorno di vacanza, magari coi famigliari…chessoio, con
i vecchi genitori, ecco; e invece trascorrono la festa sedute sulle valigie,
nell’aerostazione. A questi malcapitati, tu e tutti i tuoi lavoratori dello
sciopero selvaggio, non ci pensate?-
Rapin. – Ci pensiamo…o perlomeno ci pensano e forse se ne dispiacciono, ma
questi sono periodi in cui prendi i padroni per le corna.-
Vito – Chiedo scusa, ma per me sono azioni molto, ma molto discutibili.-
Rapin. - Sono tue opinioni. (gesto di indifferenza, poi rivolto a Pina) E
l’elenco non è finito: a causa della crisi, ci sono anche i lavoratori precari
che saranno lasciati a casa senza stipendio, quelli che sono già disoccupati da
prima…e i poveracci di sempre. Per essi, e per le loro famiglie, sia il Natale e
che gli altri 364 giorni, sono tutti rovinati. E alcuni di loro saranno
fortunati se potranno mantenere ancora la casa. E ti lamenti tu che hai (si
guarda attorno) una comoda casa, l’albero di Natale riccamente addobbato, il
Presepe (guarda meglio) con le statuine in terracotta, la tavola apparecchiata
per una ricca cena natalizia, e di là avrai preparato, certamente, il ben di
Dio.
Ma tutti quei sfortunati lavoratori, tutto questo tuo benessere non possono
vederlo neppure col cannocchiale, anzi moltissimi non sanno neppure cosa sia
stare bene; non sanno neanche se esiste davvero un tale benessere o se è
soltanto illusoria pubblicità televisiva.-
Pina- Non sono cieca! Certo che lo so. Non scopristi tu l’America!-
Rapin.- E allora non ti lamentare!-
Pina – Io non mi lamento. E mi dispiace per tutti quei poveretti, ma se noi
abbiamo ciò che tu chiami benessere, lo dobbiamo a quarant’anni di duro lavoro
di quel signore (accenna a Vito) che si è tolta la vita a lavorare e ci ha
rimesso pure la salute per…per…un incosciente - come te, ecco!-
Rapin.- Va bene, ma il lavoro lo aveva, e ne ha avuto per quarantenni.-
Pina – No caro il mio signor vittima del sistema, egli il lavoro se l’è creato
dal nulla. Infatti ha aperto una sua attività commerciale giovanissimo, caro il
mio signor sentenzioso, che, come ti dissi, ha dovuto lasciare a causa…beh,
lasciamo perdere!-
Rapin.- E lascia perdere, ma abbassa la voce!-
Pina – L’abbasso, l’abbasso. E ora mi domando: Cosa c’entrano tutti questi
discorsi con te e con noi?-
Vito- (rivolto al rapinatore) Oh, benissimo, meno male, fine delle divagazioni
sindacali e andiamo al sodo: Ti chiedo anch’io: cosa c’entra tutto questo
comizio con te e con noi?-
Rapin.- Con voi sicuramente nulla. Ma per certe organizzazioni, si.-
Vito - Non avranno mica fondato il sindacato dei rapinatori?–
Rapin.- Spiritoso. Va bene và, ho capito: tutti e due siete dalla parte dei
padroni e non comprendete nulla! Vuol dire che ve lo spiegherò in altri termini
(mostra l’arma) – dopo magari, se sarete ancora vivi. E ora zitti e buoni.
(torna ad ascoltare alla porta, poi va di nuovo alla finestra)-
Vito – Grazie per l’avvertimento, che caldamente apprezziamo. E già che ci
siamo, visto che siamo poveri di comprendonio, nell’attesa di spiegarci le tue
teorie sindacali, saresti così gentile da dirci, almeno, cosa vuoi da noi?-
Pina – Ma i nostri soldi, cosa può volere un rapinatore?-
Vito – (fa cenno a Pina di calmarsi) Pina…-
Rapin.- Calmati, eh? Voglio per prima cosa che ve ne stiate zitti e che non mi
facciate perdere la pazienza provocandomi! ( a Pina) Sareste voi i primi a
rimetterci, statene sicuri. (a Vito) Io prendo le parti dei poveracci…come me,
capito? (a Pina) e dei tuoi pochi spiccioli che tieni in casa, non me ne faccio
nulla. (quasi tra se) Sta a vedere che ora faccio una rapina solo per comprarmi
le caramelle.-
Vito – E hai indovinato, in casa abbiamo si e no cento euro. Li vuoi? Sono
pochi? Vuoi anche il bancomat? Ti do il codice, potresti prelevare fino a
duecentocinquanta euro e avrai fatto la tua brava giornata...-
Rapin.- (interrompendolo bruscamente) Ma smettila, per chi mi hai preso?-
Vito - Allora, insomma, in definitiva, se non cerchi i nostri soldi, perché sei
entrato in casa, armato e mascherato? si può sapere cosa desideri da noi?-
Rapin.- ( sempre in ascolto, poi ironico) Desidero, anzi voglio, soltanto
passare in vostra simpatica compagnia qualche ora, e poi, me ne andrò. (deciso)
Ma nel frattempo, badate a voi!-
Vito – Ma perché? Non capisco.-
Pina –Questo tipo non i convince…-
Rapin.- Voi non dovete ne capire ne convincervi, dovete solamente stare zitti!-
Vito – Ma…-
Suona il citofono. Vito, istintivamente, sta per muoversi per rispondere.
Rapin. – Non rispondere! (quasi isterico)-
Vito – (facendo ampi gesti di calma) Come vuoi, stai calmo, per favore. Però,
chiunque fosse, sa che siamo in casa, la luce accesa (fa cenno al lampadario) si
vede dalla strada.-
Rapin.- Non m’importa!-
Vito – Per me stai sbagliando. Se non rispondo chi mi cerca, chessoio - forse un
parente, un vicino, potrebbe preoccuparsi e salire su…-
Rapin.- E’ vero, hai maledettamente ragione. Allora rispondi e…attento a quello
che dici! E soprattutto non farlo salire, capito? (gli mette l’arma dietro la
nuca).-
Vito – (prende il citofono e risponde con calma) Chi è? Si sono Corsaro…ah siete
voi maresciallo Cucurullo…( il rapinatore, sobbalzando, gli punta fra gli occhi)
Si, ditemi…se ho visto dalla finestra, qualcuno salire in macchina e partire
velocemente? No, mi dispiace, ho solo sentito sgommare per strada, ma non mi
sono affacciato. Ah, va bene…certo… ah, se ho visto qualche estraneo nelle scale
del condominio? No…non ho…non ho visto…nessuno… va bene, sto in campana…
naturale: se vedo qualche estraneo al condominio, o sento qualcosa di sospetto
vi avviserò immediatamente. Certamente. Ma, scusatemi, chi cercate?...(pochi
secondi di ascolto) Ho capito, allora in bocca al lupo. (poggia il citofono, poi
si rivolge ai presenti) Cercano due rapinatori armati, che hanno tentato di
rapinare la cassa del supermercato sotto casa nostra…ma non hanno fatto in tempo
a portare a termite il colpo, perché una cassiera s’è messa a gridare…debbono
essersi spaventati e sono fuggiti, a mani vuote, in macchina; almeno uno
sicuramente…ma li prenderemo, dice Cucurullo. (poi al rapinatore) Sei uno dei
due?-
Rapin. – A te non interessa.-
Vito – Il tuo complice ti ha mollato, vero?-
Rapin. – Era nervoso…-
Vito – E tu?-
Rapin.- Io? Sono calmissimo, e se state anche voi calmi, fra qualche ora, quando
quelli lì sotto ( indica la finestra) se ne saranno andati, me ne andrò pure io,
e tutto sarà finito… senza che nessuno si faccia male (calca la parola come
minaccia, poi si avvicina alla finestra e sbircia fuori, attraverso le tende)-
Vito – Non ti preoccupare, il maresciallo Cucurullo è un mio vecchio amico, non
salirà, avrà creduto a quello che gli ha detto.-
Rapin. – Non è lui che mi preoccupa, in questo momento.-
Vito – Il tuo complice?-
Rapin.- No, quello è già lontano.-
Vito – Scusa, e allora?-
Rapin.- E allora, fatti i fatti tuoi. (scruta fuori)-
Vito – Va bene, va bene, me li faccio…ma tu non mi sembri…insomma non sei…un
vero malvivente, o mi sbaglio?-
Rapin. – (allontanandosi dalla finestra) Bisogna vedere che cosa intendete per
malvivente: se pensate a uno che vive male, allora avete ragione: sono un
malvivente, molto malvivente.(passa al voi)-
Vito – Intendevo malvivente, cioè uno che fa del male agli altri…-
Rapin. – Ah, vi riferite hai padroni? Beh, quelli sono tutti malviventi -
delinquenziali!-
Pina – Ma guarda questo…-
Vito – Non fare lo gnorri, che tu hai capito benissimo cosa intendevo dire.
Tu…tu sei , come rapinatore, alle prime armi, evvero?-
Rapin. – Ma dove avete fatto esperienza in fatto di rapinatori? Certo, infatti,
avete indovinato. Ma non perché sono un rapinatore novellino, come voi pensate,
sarò meno determinato a non farmi prendere. E voi siete responsabili, di tutto
ciò che potrà succedere qui - di spiacevole, se mi fate scoprire…e quindi anche
della vostra…salute. Uomo avvisato…-
Pina- Ma che ti abbiamo fatto?-
Rapin.- A me? Nulla! Bisogna vedere cosa avete fatto agli altri.-
Vito – Senti non sentenziare su ciò che non conosci, non è prudente e potresti
prendere giganteschi e pericolosi abbagli. Scusami, sai. (duro, poi conciliante)
E dimmi, giovanotto, tu, da quello che capisco, fino ad ora non hai rapinato
nessuno - neanche il supermercato di giù. Ecco, come malvivente delinquenziale
sei un principiante e pure al primo colpo…o sbaglio?-
Rapin. – Non sbagliate. Ma come malvivente di una vita da cani, si, sono
anziano, molto anziano.-
Vito – Davvero? Interessante. E ti dispiace, se, nell’attesa di passare queste
prossime ore con te, per ingannare il tempo, tu ce ne parli di questa
“malvivenza”? Magari (accenna all’arma) senza quella cosa puntata verso di noi?-
Rapin.- Ma siete in voi? I fatti miei non li racconto al primo venuto.-
Vito – Beh, per la precisione io sarei il primo…trovato.-
Rapin.- Siete spiritoso? Comunque, ecco, va bene, va bene, voi mi sembrate una
brava persona e perciò non avrei nulla in contrario a parlarvi, tanto... Però,
però sempre che vi manteniate calmi e zitti. Allora, si, che potremo discorrere,
e magari fare passare un’altra ora, altrimenti…-
Vito – Basta con le minacce, per favore. E che cosa…noi ci teniamo alla nostra
pelle, non siamo così stupidi… Dai, puoi stare tranquillo, non tenteremo di
farti scoprire, hai la mia parola. Quindi se ti va parlaci della tua vita da
cani, magari per sfogarti, ti ascolteremo con interesse. Altrimenti lasciamo
perdere: vuol dire che ce ne staremo tutti zitti e buoni a meditare su tutte le
cose strane che stanno accadendo, in questa santa notte, nell’attesa che passi
il tempo. E che tu, come hai ripetutamente affermato, ci…privi della tua
presenza. Allora? Cosa che ne dici?-
Rapin.- Ma perché, dico io, dovrei parlarvi di me; e perché dovrei farvi delle
confidenze? Perché mi dovrei fidare di voi?-
Vito – Perché per te non cambia nulla: ti fidi o non ti fidi, devi
necessariamente aspettare che il tempo passi. Eppoi, non sei armato?-
Rapin.- (guardando la pistola) Già, è vero.-
Momento di pausa di riflessione del rapinatore. L’orologio batte le ore 22.00
Vito – Dunque?-
Rapin. – (iniziando a parlare con difficoltà, poi decidendosi) Ma si, tanto
vale… passiamolo questo tempo, così parlando, vi aiuterà a stare più buoni. Poi
la mia storia, d’altronde, è uguale a quella di altre migliaia di disperati come
me, e non servirà certo per farmi rintracciare.
Ecco: Sono disoccupato da sei mesi: licenziato in tronco per riduzione di
personale. Sono senza una euro in tasca e nessuno mi fa credito. A casa mia non
c’è più nulla nel frigorifero, ho moglie e bambini da sfamare e una pigione da
pagare, pena lo sfratto immediato…e tutto questo senza una benché minima
prospettiva di lavoro. Più malvivente di così.-
Pina- Ma il sussidio di disoccupazione non te lo danno?-
Rapin. – Se fossi stato ingaggiato regolarmente, si certo. Ma ero – precario, ed
ho lavorato per le agenzie a tempo determinato, quindi niente diritti per quelli
come me.-
Vito – E allora hai pensato alla scorciatoia… e con dei bei compagni…-
Rapn. – Già. Quello che è scappato era un mio collega disoccupato anche lui, ma
non aveva i nervi saldi…aveva paura…e quando ha sentito quella donna urlare, si
è fatto prendere dal panico ed è fuggito - senza aspettarmi.(va di nuovo alla
finestra)-
Pina – E sei venuto da noi…-
Rapin. - E che? dovevo farmi prendere? No, mai! Cosicché, nella fuga, ho visto
il vostro portone aperto e mi ci sono ficcato, poi ho suonato ad una porta, a
caso. Naturalmente spero che nessuno mi abbia visto.-
Vito – Tombola!-
Rapin.- Perché tombola? Non è mica detto che mi abbiano visto. Ancora niente è
perduto. Non sono in trappola! C’è solo d’aspettare zitti e buoni e non si farà
male nessuno... speriamo…ma, almeno fino a ora, mi sembra che stia andando tutto
abbastanza bene.-
Pina – Non per noi che innocentemente ci siamo cascati.-
Rapin.- Già, non sempre si ha fortuna.-
Pina – Che rapinatore spiritoso.-
Vito – Va bene, siamo coinvolti nei tuoi guai e speriamo bene - per ora.
Ma adesso io vorrei fare questo ragionamento, e correggimi se sbaglio: se hai
deciso di risolvere i tuoi problemi in modo delinquenziale, cioè rapinando, la
galera, prima o poi, te la dovresti aspettare. E allora, in questo caso, se ti
dovessero prendere, che cosa avresti risolto?-
Rapin. – Dobbiamo per forza ragionare? E ragioniamo. La galera? Beh, quella era
nel conto, si; ma dopo un buon colpo andato a segno e con i soldi a casa; e non
col colpo fallito e con la fame in famiglia; Cioè cornuto e mazziato! Suvvia,
signor Corsaro, e sforzatevi di capirmi…-
Vito – Io ti capisco…certo, ti capisco. Ma senti, cosa facevi prima di…( fa
cenno alla pistola)-
Rapin. – Prima di…facevo il tecnico di...di… insomma il tecnico.-
Vito – Professione egregia. E come mai non ne hai trovato altro impiego, magari
con le Agenzie?-
Rapin. – Perché c’è la crisi, o non leggete i giornali?-
Vito – (pensieroso) Già, la crisi… e non potresti trovare un lavoro diverso?-
Rapin. – Io so fare solo quello… e anche ammesso che mi voglia accontentarmi del
primo lavoro che mi capita, trovarne un altro, oggi, è quasi impossibile, chi è
in grado di offrirtelo? Sapessi quanto ci ho provato, e sempre picche! Questi
sono tempi troppo difficili, la crisi è mondiale e la manna dal cielo non cade
più.-
Vito – Ma …ma ti adatteresti, nel caso che…-
Rapin.- … certo che si! Mi adatterei, sicuro… ( va verso la finestra e guarda
per strada, poi a Vito) Ma se mi sono adattato finanche a rapinare, figuratevi…
(guarda fuori con più attenzione, poi apre la finestra e a cenni, e a fischi,
disperatamente tenta di cogliere l’attenzione di qualcuno lì fuori. Quando ci
riesce, gli fa cenno di salire).-
Pina – Hai visto il tuo complice? (allarmata) Me ne porti dentro un altro?-
Rapin.- Non è il mio complice…( a Vito) adesso aprite pian piano la porta, e non
appena scorgete un bambino, fatelo entrare.-
Vito – Sicuro che non me ne porti dentro un altro, vero?-
Rapin.- Zitto per favore. E’ soltanto un bambino. Apra.-
Vito – (eseguendo) Un bambino? Oh, bella questa…-
Rapin.- Zitto, per piacere, e fate come vi dico.( si pone dietro la porta)-
Vito- (scorgendo il bambino) Ehi, psss, da questa parte.-
Entra un bambino di otto-nove anni. E’ Nicola, il figlio del rapinatore. Fermo
di scena, musica adatta e fine primo atto.
Secondo atto
Stessa scenografia dell’atto precedente. All’apertura del sipario, in scena ci
saranno Vito, Pina, il rapinatore e il bambino. Fermo di scena. Con musica
adatta riprende la scena.
Bambino- (entrando circospetto) Pa’ dove sei?-
Rapin.- (nascosto da Vito, sottovoce) Sono qui Nicola…entra e parla piano.-
Nicola – (si guarda attorno) Stai bene? Tutto a posto?-
Rapin. – Si sto bene, tutto a posto.-
Nicola – Tutto sotto controllo? sicuro?-
Rapin. - E piantala! Piuttosto, hai notizie di…-
Nicola – E’ scappato come una saetta, sgommando come Hamilton.-
Rapin.- Speriamo almeno che non s’ammazzi…-
Nicola - …perché, non sa guidare?-
Rapin.- No, pensavo ai suoi nervi, sai com’è lui quand’è agitato; già una volta
è andato a sbattere.-
Nicola – Mamma mia, e se mette anche sotto qualcuno?-
Rapin.- Speriamo di no. E dimmi, i carabinieri sono ancora in strada?-
Nicola – Sono sparsi in giro, fanno domande a tutti qui intorno. (come se si
accorgesse ora di Vito e Pina) waw! Questi sono tuoi ostaggi?-
Rapin.- Ostaggi? Beh, per adesso si.-
Nicola- Bello, bravo capo, preciso come nei films.-
Vito – Ma guarda questo…-
Rapin.- ( a Nicola) Zitto e porta rispetto.-
Nicola – Okay capo.-
Vito – Si, caro, siamo suoi ostaggi, e speriamo ancora per poco. ( guarda il
rapinatore) Nevvero?-
Rapin.- Dipende…-
Vito – Bene, dipende… Allora, nel frattempo, mi vorresti presentare questo baldo
giovanotto?-
Rapin. – Questo è Nicola, il più grande dei miei figli.-
Vito – (scandalizzato) E tu vai a rapinare col figlio al seguito?-
Nicola – (con aria d’importanza) Io faccio il palo.-
Pina- (al rapinatore ) Gesù, Giuseppe e Maria. Incosciente, padre snaturato, e
che bell’esempio che dai al figlio…-
Rapin. – Non avevamo trovato chi ci facesse da palo. Eppoi con Nicola abbiamo
fatto un patto: quello che stavo facendo io adesso, era per un caso di estrema
necessità; e lui non lo avrebbe dovuto rifare - mai. E’ vero Nicola?-
Nicola – Certo, e gliel’ho anche giurato.-
Pina – Incosciente…portarsi un bimbo a rapinare, con questo
tempaccio…(avvicinandosi al bambino) ma questa creatura sta tremando dal freddo.
Vieni con me Nicola, ti do qualcosa di caldo.-
Nicola – Guardi che non sono una creatura, ma un quasi uomo…(dopo, con golosità
visibile) Che, mi fa la cioccolata?-
Pina – Anche, anche…vieni.-
Rapin. – Grazie lo stesso, signora, ma lei non può allontanarsi da qui…per
favore.-
Vito – Resto io come ostaggio, lasciala fare (tra l’ironico e il serio).-
Rapin. –(confuso) …se è così…-
Pina – E’ così, stai tranquillo bell’imbusto. Vieni con me giovanotto. ( stanno
per uscire)-
Vito - (sempre pensieroso, passeggia per la stanza, poi, come se avesse preso
una importante decisione) Mi faresti fare una telefonata?-
Rapin.- Se vi fermaste un pochino, perchè mi state facendo girare la testa; e se
mi diceste a chi fa la telefonata; e, soprattutto, se non mi tradisce, la faccia
pure. (passa al lei)-
Pina – ( fermandosi sulla soglia) Cosa ti passa per la mente, Vito? -
Vito – Voglio telefonare a Giannuzzi, vediamo cosa si può fare per questo
giovane…-
Pina – Ma vorresti impegnare Giannuzzi per un criminale, e, perdippiù corruttore
di figli.-
Vito – Va bene, va bene. Ma ancora non lo è…del tutto. Casomai potrebbe
diventarlo. Lasciami tentare, per favore.-
Pina – Fai, anche se non sono d’accordo. (sottovoce) E proprio per lui…(esce)-
Rapin.– Che ha in mente? Guardi che non sono a sua disposizione. Stia attento!-
Vito – Niente di grave non temere…mi lasci fare un tentativo? E’ per darti una
mano.-
Rapin. – Che mano? Quando mai! Per che cosa? E perché lo dovrebbe fare? Non mi
sta tendendo una trappola?-
Vito – Ma che trappola. Voglio solo aiutarti, se me lo permetti. Guarda, col
telefono siamo ancora a viva voce, ascolta la telefonata, dopo mi dirai. Dai,
fidati… che dici, la faccio? va bene?-
Rapin. – (titubante) La faccia pure, vediamo cosa ne vien fuori…ma per
me…(pessimista. Intanto si pone accanto al telefono, con la mano vicino alla
forcella.)-
Vito (avvicinandosi al telefono e facendo il numero) Pronto Giannuzzi?
Voce – Si, sono io, chi parla?-
Vito – Sono Corsaro. Come va? –
Voce – Benone Corsaro. A che devo?-
Vito – Per prima cosa ti volevo fare gli auguri di buon Natale, poi ti vorrei
rivolgere una preghiera…-
Voce – Che preghiera e preghiera, per te sono sempre a disposizione: Intanto
ricambio gli auguri, poi dimmi, cosa posso fare?-
Vito – Probabilmente… forse… nel caso… insomma avrei bisogno di sistemare un…
bravo giovane…con un lavoro dignitoso, tu potresti aiutarmi?-
Voce- Corsaro, sai benissimo che ti sono e ti sarò sempre debitore, quindi non
ti resta che parlare: dimmi chi sarebbe questo giovane e cosa sa fare?-
Vito – Grazie, sempre gentile. Ma mica te lo sto chiedendo per… non ci pensavo
neppure…è perché ci sono delle circostanze gravi e molto, ma molto urgenti…
insomma, grazie per la disponibilità.
Ecco, questo giovane è uno specializzato, un tecnico, ti può interessare?-
Voce- Un tecnico? Di che cosa?-
Vito – (rivolto al rapinatore) Di che cosa?-
Rapin.- Di…di…-
Vito – Suvvia, e fidati.-
Rapin.- Di laboratorio chimico.-
Vito – E’ un tecnico di laboratorio chimico.-
Voce – Tecnico di laboratorio chimico? Accidenti. Beh, certo mi sarebbe molto
difficile trovare qualcosa per lui, con quella qualifica…sai siamo in
crisi…abbiamo ridotto il personale tecnico e impiegatizio …però, senti, se
questo giovane accettasse un posto di aiuto magazziniere, potrei accontentati,
anche subito; perché l’operaio addetto, si è infortunato in questi giorni, e ne
avrà per qualche mese: sai, rottura della tibia e del perone, non so se mi
spiego...-
Vito – Mi dispiace per il tuo operaio. Grazie, sei sempre un amico. Aspetta che
chiedo all’interessato, ce l’ho qui, proprio davanti a me: allora? (fa cenno al
giovane).-
Rapin. – (sbalordito) Arrivate a tanto? Mi date un lavoro? Ma che siete
benefattori? Che volete che vi dica: Se non c’è inganno…beh, forse accetterò!-
Vito – Ha detto che sei un angelo e un benefattore, e che forse accetta.-
Voce – Eh, calma con le parolone. Se ti sta bene, mandamelo lunedì mattina.-
Vito – Grazie assai Giannuzzi, ti darò conferma, e…a buon rendere.-
Voce- Ma che dici. Tu mi hai già reso un favore impagabile, e non lo
dimenticherò mai. Ciao e buone feste.-
Vito - Altrettanto a te. Ti saluto. (rivolto al giovane) Ebbene, gliela diamo la
conferma? che ne dici? Accetti?-
Rapin.- (titubante) Vorrei accettare, dovrei mettermi nelle sue mani; ma se
rischia lei, perché non dovrei rischiare io?-
Vito – Benissimo. Sei saggio.-
Rapin. – Signor Corsaro, la prego, sul suo onore, non ci sono trucchi?-
Vito – Ma sei tosto! Benedetto Dio, sei proprio diffidente. Certo che no!-
Rapin. – Sa, di sberle, dalla vita, ne ho preso anche troppe, quindi ci vado
cauto. Ma ora voglio crederla. Debbo crederla.-
Vito – Bene, e allora cominciamo col toglierti quel coso…( accenna al
passamontagna)-
Rapin. – (perplesso, titubante, poi eseguendo di colpo) Fatto.-
Vito – E di quella che ne facciamo? (indica la pistola)-
Rapin. – (guardandola e soppesandola) Avete un nipotino? Gliela potete regalare:
è un giocattolo. (gliela porge)-
Vito – No, il mio nipotino è troppo piccolo per quest’affare. Che ne diresti se
la buttassimo nella spazzatura?-
Rapin. – Perfetto. (entra Pina con Nicola il quale mangia una fetta di torta, e
che si erano fermati sull’uscio e hanno ascoltato) Ecco signora, ci pensi lei (
intanto battendosela sul ginocchio, la rompe)-
Pina – (più sbalordita che mai dal corso degli eventi) Certo…dammi…la getterò
via. (la prende e la poggia sulla sedia)-
Vito – Piccolo uomo, hai sentito? Sei contento? tuo padre andrà a lavorare…anzicchè…(imita
con le dita la pistola).-
Nicola – (con la bocca piena) Certo, contentissimo grazie, siete troppo buono...
però, a fare il palo mi divertivo.-
Rapin.- Nicola!-
Nicola – (con aria angelica) Ne vuoi papà? (offre la torta)-
Rapin. – (con occhiataccia) No, grazie, mangiala tu.-
Vito – (osservando prima la scena divertito) Ecco, questo è l’indirizzo di
Giannuzzi (glielo scrive su un foglietto e glielo porge).-
Rapin. – La ringrazio, lunedì sarò lì.-
Vito – Senza ripensamenti? (il giovane annuisce) Puntuale? (idem) Posso
confermare? (idem) E ora mi dica il suo nome.-
Rapin. - Non la deluderò. Mi chiamo Enrico Traversi, e… continui a darmi del tu,
per favore.-
Vito – (Tendendo la mano) Piacere signor Traversi…questa è mia moglie Pina (Pina
fa un leggero inchino, ma non da la mano)…e adesso vorrei bisogno di
ritelefonare a Giannuzzi, è d’accordo? (cenno affermativo di Enrico. Vito
compone il numero, Pina è leggermente contrariata) Pronto? Giannuzzi? Si sono
ancora io. Senti ti chiamo per confermarti quel favore che ti ho chiesto, e
vorrei darti il nominativo del giovane interessato.-
Voce – Okkay. Dammelo, prendo un appunto.-
Vito – Si chiama Enrico Traversi.-
Voce – Benissimo, lo aspetto per lunedì. Digli di presentarsi direttamente a me.
Ah, fagli portare il libretto del lavoro.-
Vito – Contaci. Sei una cannonata, Giannuzzi. Grazie ancora e buon Natale a
tutti voi.-
Voce – Anche a te…pensionato sfaccendato.-
Vito – Senti chi parla: l’imprenditore accanito. Statti bene. (chiude).
Enrico. – Santo Dio, ho un lavoro e sarò pure ingaggiato. Io…io…non ci posso
credere…ma esistono ancora persone buone a questo mondo?-
Vito – Come hai potuto constatare, qualcuna ancora c’è: Giannuzzi per esempio.-
Enrico – E lei, e la signora.-
Pina – (schermendosi) Ecco, veramente…-
Vito – Noi? Macchè. Ti è sembrato che lo siamo stati? Ma no! Ci trovavamo
solamente in… situazione di grave necessità. (scherzoso, col gesto mima la
pistola).-
Enrico – Si, ci credo, ci credo proprio (ironico)…Signor Corsaro, la signora
Pina, parlando di lei, ha accennato che col lavoro ha avuto seri problemi...
anche per colpa di qualcuno. Sono curioso di sapere che attività svolgeva e come
mai ci ha rimesso la salute. Cosa le è successo?-
Vito – Vecchie storie…-
Pina – Che è meglio non rivangare…(fa cenno al bambino) Vieni ti mostro la
collezioni di Presepi. (se lo porta nell’altra stanza)-
Rapin.- La prego, mi interessa - veramente.-
Vito – Se è così…tanto il tempo deve passare.(pausa, poi inizia quasi in
sordina)
Sa, facevo il commerciante di scarpe e pelletterie. L’ho fatto per tanti anni e
sempre con piacere, perché era un lavoro che amavo e che mi permetteva di
mantenere bene la famiglia, di condurre una vita più che dignitosa. Poi un
giorno, anzi una sera, è entrato nel mio locale un tipo agghindato come te, e mi
ha chiesto i soldi dell’incasso, minacciandomi con un pistola – vera. Ma era
nervoso e gli partì un colpo. Mi prese al rene sinistro. Mi portarono
all’ospedale, mi operarono e m’asportarono il rene maciullato; ma, col tempo
anche il rene destro incominciò …a perdere colpi, conseguentemente, fui
condannato a vivere… pericolosamente. Quindi, pur avendo una discreta qualità
della vita, non potevo affaticarmi troppo col lavoro e, per non lasciarci la
pelle, decisi di vendere la ditta e di mettermi in pensione.-
Enrico – E quando è successo il fatto?-
Vito – Quattro anni fa, per l’esattezza.-
Enrico – Accidenti! Accidentaccio! Allora, quando mi sono presentato a casa sua,
avrà pensato: ecco il bis? Che bello spavento v’ho procurato! Sono mortificato,
ma molto mortificato sapete?-
Vito – Beh, non è stata una bella sorpresa la tua irruzione in casa, ma, chissà
perché, questa volta non ho avuto veramente paura… perché percepivo qualcosa di
diverso dalla volta precedente. E’ vero non mi hai mai impaurito troppo.-
Enrico – Ma sua moglie ne ha avuta!-
Vito – Si e no. Anzi penso solo all’inizio, non vedi com’è brusca nei tuoi
confronti?-
Enrico - …effettivamente…-
Vito – No, te l’assicuro, come me, non ha avuto una vera e propria paura…
sentivamo che non eri pericoloso… era solo…solo fastidio…ci stavi rovinando la
notte di Natale.-
Enrico – Mi dispiace, vi chiedo scusa.-
Vito – E torna! Lascia perdere. (pausa, riflettendo) Ma sai, infine è stata una
bella esperienza… un arricchimento umano, e speriamo senza conseguenze future.
Sa Cucurullo è un tipino assai tosto.-
Enrico – (rabbuiandosi) Se vuole mi costituisco.-
Vito – No, non chiedo questo…no, non lo permetto. Per conto mio è capitolo
chiuso!-
Enrico – E mi dica, insomma, come dire…ecco: quell’altro…rapinatore, l’hanno
arrestato?-
Vito – Si.-
Enrico – Ed è in carcere, suppongo?-
Vito – No, non è stato mai in carcere.-
Enrico – E come mai?-
Vito - Era un giovane incensurato e quella sera era pure drogato; e…e io non mi
sono costituito parte civile. Quindi si è preso due anni con la condizionale e
il ricovero presso una struttura di recupero per tossicodipendenti.-
Enrico – (riflettendo) Mi sa che forse conosco il cognome di quel giovane…per
caso fa …Giannuzzi?-
Vito – Sei perspicace, mio caro giovanotto. Si fa Giannuzzi, Sergio Giannuzzi.-
Enrico – Che è il figlio del vostro amico.-
Vito – Già.
Enrico – Ma, per la miseria, perché la mia felicità è passata attraverso la sua
sofferenza?-
Vito – Bella domanda: per favore, girala alla vita.-
Suona il telefono. Enrico fa cenno a Vito che può rispondere. Ringraziamenti
ironici mimati da parte di Vito
Vito – Pronto?-
Voce – Pronto papà, abbiamo risolto il problema, siamo già a bordo dell’aereo,
tra un’ora saremo a casa.-
Vito – Sia lodato Dio. Ti debbo venire a prendere all’aeroporto?-
Voce – No, data l’ora, preferisco prendere un taxi. E ora scusami, debbo
chiudere, stiamo decollando, a presto.-
Vito – A presto…(posando l’apparecchio) avranno annullato lo sciopero?-
Enrico – Può darsi. Intanto li avrete a casa, fra breve…Natale salvo!-
Vito – Già.-
Rientra Pina e Nicola. Pina porta un paniere.
Vito – Hai sentito? I ragazzi hanno preso già l’aereo, fra un’ora saranno a
casa.-
Pina – Sia lodato il Signore. Finalmente una buona notizia.-
Enrico – (affacciandosi dalla finestra e guardando in basso) Nessuno in vista.
Signor Corsaro, penso che sarebbe ora che noi ce ne andassimo…-
Vito – (guardando l’orologio) Lo penso anch’io. Vada a tranquillizzare sua
moglie.-
Enrico – Lei non sapeva nulla della…della…insomma della faccenda.-
Vito – E meno male. -
Enrico – Si, meno male. (tergiversa, poi quasi con fatica parla) Sa, quando mi
licenziarono, mi cadde il mondo addosso, improvvisamente, e mi colpì come una
gran mazzata in testa che mi stordì. E nel cuore mi venne come un sussulto: il
mio animo si spezzò. Mi sembrò di provare quello che provai quando la mia prima
ragazza, della quale ero innamorato pazzo, mi lasciò: mi sentii mancare, le
forze vitali mi abbandonarono: galleggiavo nel nulla, quasi inebetito. Poi, pian
piano presi coscienza della gravità della situazione. E se prima ero incredulo,
e non capivo quello che mi era veramente accaduto, coi giorni venne la rabbia!
Una rabbia violenta: volevo fare saltare in aria il mondo, volevo picchiare il
mio prossimo, che mi passava accanto indifferente alla mia tragedia (quasi
vergognandosi)…la violenza si era impossessata di me.
Infine mia moglie mi fece tornare alla ragione. Incominciai a pensare, a
ritrovare l’equilibrio. E, spinto dalla contingenza, tentai di trovare un altro
lavoro: Ma, a parte qualche millantatore e qualche tronfio chiacchierone - come
le ho già detto - nessuno, tra quelli a cui mi rivolsi, mi dette, non dico il
lavoro subito, ma nemmeno la speranza d’un lavoro. Poi, parlando con un altro
disperato come me; sa, una parola tira l’altra, si giunse alla conclusione che,
visto che nessuno ci voleva aiutare, avremmo dovuto aiutarci da soli: Ci saremmo
procurato i quattrini, in tutti i modi possibili, a tutti i costi, anche
illeciti. Pensammo, così, che la via più semplice e immediata, fosse la rapina.
Cosicchè studiammo un piano per rapinare supermercati, che sono fonte di soldi
facili e senza vigilantes armati. Scegliemmo come obiettivo il supermercato qui
sotto, ci sembrava il più vulnerabile…ma la cassiera smentì le nostre
supposizioni...-
Vito – …E proprio questa particolare sera dovevate scegliere per rapinarlo?-
Enrico – Mah, si pensava che l’incasso fosse più cospicuo…eravamo due esaltati.
Ebbene, adesso, a mente serena, dico: Ma come diavolo ho potuto buttarmi, senza
riflettere, in quest’avventura…e se la rapina fosse riuscita? Sarei stato un
delinquente. E se mi avessero preso? La galera. Come ho potuto mettere in
repentaglio la mia libertà, la mia dignità, tutta la mia famiglia? A che diamine
stavo pensando allora?
Accidenti che pericolo scampato...ma ora, grazie a voi, è tutto a posto, certo…
a parte lo spavento che vi siete presi… -
Nicola – Papà, ma allora questi ostaggi non sono più nostri ostaggi?-
Enrico – (scompigliandogli i capelli) Non sono stati mai dei veri ostaggi.-
Nicola – Peccato…-
Enrico – E mi dispiace che…
Vito – ( A Enrico) Non ci pensi più. (a Nicola) Peccato, eh? Ma guarda che
feroce Saladino!-
Nicola – E chi è questo Salatino? Un nuovo supereroe?-
Enrico – Zitto Nicola.-
Vito - (Prima a Nicola, poi, come riprendendo un suo filo di pensiero) Non è un
salatino…ma un potente, che poteva dare la morte così, con uno schioccare delle
dita.
Galera scampata? può ben dirlo. E ringrazi pure quella cassiera strillona.-
Enrico – Le manderò dei fiori in incognito...-
Vito – …Sperando che non la inguai col marito.-
Enrico – Non invierò certamente rose rosse.-
Pina - ( mostrando un cestino ad Enrico e a Nicola) Prendete e fate anche voi la
vostra cena di Natale.-
Enrico- Ma signora, i suoi figli stanno per arrivare, cosa mangeranno?-
Pina – Ce n’è per tutti, io abbondo quando preparo per le feste…-
Vito – Accettateli, vi ha detto la verità; abbonda! Per mia sventura, purtroppo
è proprio così.(ironico)-
Enrico – (guardando il paniere) Ma…ma…avete dato la scacciata tutta a me! E
anche il pesce…e la frutta secca…ma signora…-
Pina – Ti ho detto che ce n’è anche troppa per noi. Oh, non l’hai detto tu
stesso, poco fa? Ti sei già scordato? E non ti preoccupare per la scacciata di
mio figlio, in un attimo, ne infornerò un’altra, ho l’impasto già pronto.-
Vito – (prendendo un cestino di dolciumi da sotto l’albero) E questo è per te e
per i tuoi fratelli…(Nicola esita) su…prendi. (Enrico gli fa cenno di prendere)
Vedi quanti altri dolciumi ci sono sull’albero? Poi mio nipote ha solo quattro
anni e troppi dolciumi gli fanno male. Tieni anche questi giocattoli, Vituccio
ne ha tanti. Prendili, Nicola, portali hai tuoi fratellini.-
Nicola- (subissato di doni e ancora incredulo) Grazie, signore, grazie…guarda
papà, grazie ai regali dei nostri ex ostaggi, (controscena da parte degli altri)
stanotte festeggeremo anche noi il Santo Natale… eppoi anche il tuo nuovo
lavoro; e se lavori nuovamente, (rimprovero bonario) mamma non si dispererà più
per fare la spesa... e non piangerà. Grazie Gesù Bambino! (esultante, poi come
se confidasse un segreto) Sapete, io l’ho pregato tutte le sere, prima di
addormentarmi. Gli ho chiesto: aiuta papà a trovare un nuovo lavoro e non fallo
diventare un vero rapinatore…tanto non ne hai la stoffa…(scappellotto da parte
di Enrico) e mi ha ascoltato. Waw! –
Pina – Proprio così, hai perfettamente ragione, Gesuzzu ti ha sentito e ti ha
accontentato (occhiata di disapprovazione verso Enrico). E tu non sarai più
costretto a fare certe cose, mentre lui… (indica Enrico e fa il gesto con le
dita della pistola) fa spaventare la gente…-
Vito – (richiamandola dolcemente) Pina…-
Pina – Embè lo dovevo dire, ce lo avevo qui, sullo stomaco, oh. (indica Enrico
affettuosamente) Ma il figlio prodigo è tornato a casa e si è meritato l’offerta
del vitello grasso.-
Enrico – No, cara signora, l’offerta è immeritata! Siete stati troppo buoni con
me e molto generosi. Pensate, grazie a voi, questa notte, sono passato in poche
ore dalla disperazione più nera alla gioia immensa. E dico ciò con convinzione,
senza retorica!
(come una liberazione) Dio mio che notte del Santo Natale…(avvicinandosi al
presepe) eppoi c’è qualcuno che ancora non crede ai miracoli.-
Vito – Ehi, ehi, ma di che miracoli e miracoli sta parlando? E non tiriamo fuori
paroloni ingombranti e a sproposito (finto burbero). Noi non abbiamo fatto altro
che telefonare e… regolare vecchi favori, tra amici, nulla di più.-
Enrico – Per lei è così? E io non sono persuaso. E, comunque, non voglio
insistere. Diciamo allora che, per me, tutto quello che è accaduto questa notte,
è una bella favola natalizia.-
Vito – Ecco, così va meglio, molto meglio.
Senta Enrico, se giù, uscendo, la dovessero fermare gli uomini di Cucurullo,
dica che è stato qui, da me, per gli auguri...-
Enrico – Lo farò; però credo…penso che, questa sua benevolezza, e ora anche
questa protezione, nei miei confronti, la stia inducendo ad ingannare un amico,
oltre che la legge.-
Vito – Chi Cucurullo? Ma no, quello è uno sbirro con un cuore grande così
(allarga le braccia), con più umanità di tutto il pianeta, e mi approverebbe -
penso. In quanto alla legge, credo che lei non abbia fatto null’altro di grave,
che quello di far prendere un gran bello spavento ad una giovane signora, e a
due vecchi anziani. (confidenziale) D'altronde noi ci siamo abituati agli
spaventi, sapesse che salti facciamo quando Vituccio viene silenziosamente, alle
nostra spalle, ci fa: Bumm!
E quindi, per tutti questi “virtuosi spaventi spaventosi” (per rendere
l’atmosfera leggera), come condanna, si prenda questo scappellotto (gli da un
affettuoso buffetto sulla nuca).
Ora vada.-
Enrico – Ahi! (finto dolore) Si, andiamo…(guardando i cestini) ah, questi…già,
naturalmente, dopo la visita che vi ho fatto per gli auguri, questi sono i
vostri doni - da far vedere, nel caso, a chi di competenza - magari ad un
carabiniere- insomma per avvalorare...-
Vito – …Anche, anche...-
Enrico – Lei avrebbe dovuto fare il drammaturgo o il regista: apre e chiude i
fatti genialmente.-
Vito – Va là.-
Pina – (a Enrico, poi accarezzando la testa di Nicola) Enrico, guarda che
abbiamo mentito, si, ma a fin di bene. Questo a tuo figlio glielo devi spiegare
molto, ma molto bene. Addio, Nicola…e stai attento (occhiata verso Enrico).-
Nicola- (serioso) Signora, quello che ha detto, forse, glielo saprò spiegare
meglio io, a lui. (piano )E non si preoccupi, starà sotto la mia protezione,
(poi forte) e lo terrò d’occhio io - a lui. (indica, col pollice, Enrico che sta
dietro di lui e strizza un occhio)-
Suonano alla porta. Sguardo interrogativo tra i quattro. Vito va ad aprire.
Pina – Saranno i ragazzi…-
Vito – Così presto? (accingendosi ad aprire) chi è?-
Voce- Sono Cucurullo.-
Vito – (aprendo e guardando con apprensione gli altri) Avanti
maresciallo…s’accomodi.-
Cucurullo – (indossa il cappotto ed entrando si toglie il cappello) Buona
sera…(guardandosi attorno) a tutti.-
Vito – Buona sera maresciallo, a che dobbiamo…-
Pina – Buona sera. (Enrico fa solo cenno col capo)-
Cucurullo – Niente, mi trovavo qui sotto per servizio, come ben sapete, e allora
sono salito per salutarvi e farvi gli auguri di buon Natale. (guarda Enrico e
Nicola)-
Vito – Grazie maresciallo, siete veramente gentile.-
Pina – Grazie e buon Natale anche a lei e famiglia.-
Cucurullo- Forse ho disturbato? (accennando ad Enrico)-
Vito – Macchè, il mio amico è salito anche lui per scambiarci gli auguri e stava
andando via…-
Cucurullo- Già, c’è la cena di Natale…mi presenterebbe questo suo amico?-
Vito – Certamente: il signor Enrico Traversi e suo figlio Nicola. Questo è il
maresciallo Cucurullo, se non lo aveste già capito (ironico)-
Enrico – (inchinandosi) Piacere.-
Cucurullo – (facendo un leggerissimo inchino) Suo? No, è tutto mio, sa?-
Nicola – Papà, questo è lo sbirro dal cuore grande così? (stende le braccia)-
Enrico – (intervenendo tempestivamente) Ma Nicola…-
Cucurullo – Ma bene, qui si sparla (guarda Vito, poi a Nicola). Certo, si, sono
io lo sbirro che tu dici…ma chi te l’ha detto?-
Nicola – Lui! (indica Vito)-
Cucurullo – Capirai, difficile da immaginare.-
Vito - (imbarazzato) Era una carineria…-
Cucurullo – Anche voi? (riferendosi ad una famosa battuta di un politico) Ma
guarda un po’…E mi dica signore (rivolto a Enrico) A che ora è salito dai
signori Corsaro?-
Vito – Qualche ora fa. Ma perche?-
Cucurullo – No, niente…era per sapere se, per caso, avesse visto qualcosa di
sospetto, giù in strada, oppure salendo qui. (a Enrico) Allora?-
Enrico – Veramente…io.-
Vito – Niente, nessuno, me lo avrebbe detto!-
Cucurullo – (guardandolo come se gli dicesse: ancora tu?) Capisco. (poi a
Nicola) E tu, giovanotto?-
Nicola – Io che cosa? (masticando cioccolato)-
Vito – ( bonariamente, per distrarre) Nicola, ma cosa ci fai con la bocca piena
di cioccolata, quanta ne hai mangiata? –
Pina – (che capisce) Vieni Nicola che ti pulisco la bocca di là. (lo prende per
mano e se lo porta via, intanto Enrico gli fa cenno d’andare tranquillamente).
Cucurullo – (a Vito) Che tipino, vero? E da quando conoscete questo signore?-
Vito – (tentando d’essere generico, mentre Enrico sta sui carboni accesi) Da…da
circa… quasi …insomma…-
Cucurullo -…da poco. O mi sbaglio?-
Vito – E che cosa c’entra se lo conosco da poco o da molto. Egli è con me, in
questa casa, perché … perché mi ha voluto ringraziare per il lavoro che gli ho
procurato… era disoccupato da molto… (poi riprendendosi da qualcosa che non
doveva dire), insomma… per farmi gli auguri.-
Cucurullo – Ah, era disoccupato… e gli avete trovato un lavoro…bene…e presso
chi?-
Vito – Maresciallo, eh, eh…(finto rimprovero)-
Cucurullo – Lasciatemi indovinare: presso la ditta Giannuzzi, vero?-
Vito – Esatto.-
Cucurullo – Lo immaginavo…Dio vi fa e v’accoppia.-
Vito – Ci fa, maresciallo, ci fa…tutti e ci accoppia, a turno, secondo il caso…-
Cucurullo – (annuendo) Già. E cos’è questo? (nota il passamontagna)-
Vito - (precipitosamente) E’ mio! Lo stavo per indossare, dovevo andare a
prendere mio figlio all’aeroporto…sa c’è un tempaccio.-
Cucurullo- Capisco…e perché non andate?-
Vito – Perché Gino preferisce venire in taxi.-
Cucurullo – Bravo figliolo, il vostro. (facendo qualche passo e vedendo la
pistola sulla sedia) E quella?-
Vito – Ah la pistola giocattolo? Già, l’avevo… l’avevo presa, l’avevo presa,
perché… perché la volevo regalare a Nicola. Ma è rotta, quindi…quindi …appena
uscivo.-
Cucurullo – Ho capito tutto! (sobbalzo di V. e E., poi Cucurullo con calma )
Certo, certo. Beh, sarò uno sbirro, ma non uno scemo…(guarda i due
significativamente, poi da una tasca del cappotto prende le manette, ci si
gingilla e li ripone nell’altra tasca, mentre Enrico, istintivamente porge i
polsi, poi, girato verso Vito) Quindi, se è come penso io, uscendo, la buttavate
nella spazzatura, nella differenziata… magari.-
Vito – Certo, esatto, proprio così.-
Cucurullo – Allora, visto che non dovete più uscire, vi tolgo io il disturbo.
Datemela, la getto via io.-
Vito – (esitante) Ma non vorrei…-
Cucurullo – Avanti, su, coraggio.-
Enrico – (intervenendo) Ci posso pensare io…uscendo.-
Entra Pina e Nicola.
Cucurullo – Certo, certo, ma ci tengo. (duro con Enrico, poi persuasivo con
Vito) Lasciate fare a me, signor Corsaro, per favore.-
Vito – Come volete. (porge la pistola rotta in due momenti differenti) Ecco
qui.-
Cucurullo – Oh, bene. (la intasca) Permettete? vorrei parlare dalla finestra ai
miei uomini.-
Vito – Fate pure, accomodatevi.-
Cucurullo – Sempre troppo, ma troppo buono voi (calca le parole) grazie.
(affacciandosi dalla finestra) Cannavò, l’appostamento è finito. Quei due erano
certamente dei balordi, o dilettanti e si sono dileguati. Penso che per adesso
non li troveremo…e sono sicuro che non ci riproveranno più. (guarda verso Enrico
che abbassa lo sguardo) Tornate in caserma e poi andatevene a casa…e Buon
Natale. (chiude la finestra e, lentamente, attraversa la stanza, quindi si ferma
vicino alla porta). Signori dal grande cuore, (a mo di saluto indicando Vito) si
nasce.-
Vito – Proprio così (indica Cucurullo). Grazie amico (significativamente) anche
lui è un buono, anche lui: questo è sicuro. (accenna a Enrico)-
Cucurullo- Certo…certo…(poi piano a Vito) e come quei due balordi che
sicuramente non ci proveranno più. (fa cenno significativamente alla pistola)
Lui …non perderà nuovamente il lavoro, vero? E noi vedremo, col tempo…se sono
rose.-
Vito – Saranno rose.-
Cucurullo – Lo spero ardentemente. Buon Natale a tutti.-
Vito e Pina – Buon Natale.-
Enrico – Grazie, e buon Natale.-
Cucurullo- A lei e famiglia. Ciao giovanotto. Buona notte (esce)
Enrico – Ha capito tutto!-
Vito – Già.-
Enrico – E non mi ha arrestato.-
Vito - Già.-
Nicola - Ma prima se la doveva vedere con me!-
Vito – Ma certamente, chissà che paura gli devi aver fatto.-
Enrico – Adesso, dopo questo terno, (fa cenno coll’indice, a Vito, al telefono e
alla porta, per indicare tre uomini buoni, ) credo che dobbiamo proprio togliere
il disturbo…andiamo e grazie di tutto.-
Vito – (finto burbero) Ancora ringraziamenti? andate, andate.-
Enrico - Siete grandi, anche se non volete saperlo. Vi posso abbracciare?-
Abbraccia Vito e la moglie. Pure Nicola si unisce agli abbracci.
Enrico – (uscendo) Dio è grande. Buon Natale.-
Vito – Buon Natale a voi.-
Pina – Buon Natale.-
Nicola – Tu scendi dalle stelle…-
Enrico e Nicola escono, e dalla finestra arriva la musica di una nenia natalizia
suonata da uno zampognaro. L’orologio batte le 23,00, mentre il sipario,
lentamente, si chiude.
Fine.