Orienti

un mito inventato in solitudine da

Duccio Camerini 



Aq-Mel che diventa Camillo 1 e poi Galerio 2
Isolina che per un po’ diventa Jolanda
Galerio Filonardi che vorrebbe diventare nessuno
Madame che è tutti
Fosco che per un pò diventa Artemio
Jolanda che per un po’ diventa Isolina
un uomo senza un nome che sognava di chiamarsi Artemio,
ma diventa Camillo 2, e infine Aq-Mel


Era nato nessuno, non lo chiamavano, non aveva un nome poggiato sopra la capoccia, era uno senza un nome, la sua testa non aveva capelli e nome quando era venuto al mondo, per questo col tempo ci si era piazzato in bilico qualche nome sopra, nomi inventati, o non avuti, nomi di altri, nomi spiati, o sognati, raccattati all’angolo della strada insieme alle cartacce e alle foglie secche, ma solo dopo, quasi alla fine di tutto, carico di anni, trovò il nome che si piazzò come un serpente da guardia tra i pochi capelli che gli restavano, un nome trovato quando non lo cercava più, come tutte le cose che cerchi per troppo tempo, ti ha cercato lui, per vedere se sei davvero all’altezza di quella ricerca che è durata tutta la vita, per vedere se la vita che hai appena - quasi tutta - speso, è davvero degna di avere nome.


LA CHIAMATA
(1878 – 1911)

UOMO SENZA NOME
Buonasera, sconosciuti. Eh, già. Se non vi dispiace, prima di tutto comincerei con una domanda. Siamo davvero sicuri di come ci chiamiamo? E anche ammesso che lo siamo – dico “ammesso” perché non tutti possiamo esserlo, secondo me - chi può dire con sicurezza che una certa cosa è proprio sua; chi può dire ad esempio che la vita che vive sia soltanto sua? L’uomo è un animale, ma a differenza degli altri animali per riuscire a vivere ha bisogno di aiuti: macchinari, cose per coprirsi, altri animali che lavorano per lui. A volte altri uomini. E questo complica le cose. Sì, perché ci sono uomini che vivono al posto di altri uomini… Proviamo a pensarci: noi al posto di chi viviamo?

Un altro uomo, incartapecorito e abbarbicato a due stampelle, avanza. L’uomo respira a fatica, è molto vecchio.

UOMO SENZA NOME
La storia che oggi sentirete è la storia di quest’uomo…. Ma come dicevo, forse anche di qualcun altro.

Scosso da un tremito crescente, l’uomo vecchio salta fuori dai propri vestiti, ora giovane… con un balzo si appende ad una corda, e la risale con forza, e arrivato su in cima indica un punto all’orizzonte, parlando in una lingua a noi sconosciuta, con violenza, voracità.

MADAME
Je le connais, ce garçon. Quando è venuto da me faceva l’emigrante. Ma l’emigrante continui a farlo sempre, anche da fermo.

UOMO SENZA NOME
Era cascato in Italia, una terra che non è da nessuna parte, in mezzo all’oriente e all’occidente, né nord né sud. Una terra di gente che se ne andava. Lui, invece, ci è arrivato.

AQ-MEL
Aq-mel… Aq-mel… zovem se Aq-mel ! Zovem se Aq-mel!

UOMO SENZA NOME
E’ nato nel 1878, a Iskenderum, un villaggio arrampicato in mezzo alle montagne di Crna Gora, la Montagna Nera, il Montenegro, erano ancora ottomani, gli ultimi, dopo secoli di dominazione turca. Aveva dieci anni quando la madre lo porta dall’uomo più vecchio del paese, che gli dice… “Aq-mel, ragazzo mio, il mondo sta cambiando. Noi guardiamo dentro le nostre montagne e sentiamo buio, mentre al di là del mare gli echi sono tanti. Aq-mel, non possiamo stare fermi quando il mondo ci passa accanto.Tu sei la nostra ultima speranza: parti, vai dove cala il sole, conosci, poi torna indietro e portaci qualcosa che ci aiuti a capire. Noi aspetteremo il tuo ritorno. Prendi le fotografie e i ritratti della tua gente…tieni, Aq-mel, così non ci dimenticherai…però fai attenzione: se andrai troppo a ovest, incontrerai est.” Aq-mel scende verso l’Adriatico al seguito di una carovana, giorni di cammino, alla fine si nasconde in una nave che salpa dal porto di Bar. Il mattino dopo si sveglia in quel mare dove il sole viene pescato su tutte le mattine. Pescara. Vede le famigliole che passeggiano sul lungomare, che qua si chiama “L’oriendale”. Si chiama così perché siamo già a occidente.

Aq-mel si lancia giù dalla corda, inquieto, prende tutto a calci.

UOMO SENZA NOME
Aq-mel ha fame. S’infila di nascosto in una casa dove vede un uomo che piange e ficca dei gioielli in una cassa da morto... Quando i becchini portano fuori la bara, Aq-mel segue il funerale, anche un po’ commosso. E per conoscere il mistero della vita e della morte, aspetta che scenda la notte. Una notte così nera che le tombe del cimitero si confondevano con le case di Pescara…E Aq-mel pensa che in fondo le tombe sono case. C’è anche il nome sulla porta. Chi lo sa, forse si può pure bussare.

MADAME
Però mica ha bussato. Appena non c’era più nessuno, s’è messo a scavare… ha scoperchiato la cassa… ha acceso un fiammifero, e l’ ha vista. Una ragazza nuda, la pelle trasparente, la testa sopra un cuscino e quella faccia concentrata che hanno i morti quando li guardano i vivi. Se era bella… Ha sentito dei rumori: il fiammifero gli è cascato sulla pancia di lei, ma non l’ha bruciata. Allora per nascondersi, gli si è sdraiato sopra. E un po’ la paura, un po’ che era la prima donna che toccava in vita sua…gli s’è intostato… Ma lei ha fatto finta di niente. Quando i rumori sono passati, Aq-mel ha riacceso il fiammifero, ha strappato tutti i gioielli che erano su quel corpo…con una mano le ha strusciato un seno…La ragazza ha sorriso: sbrigati, Aq-mel, gli ha detto, sei ancora troppo a levante. Vattene dove tramonta il sole. E buona fortuna.



UOMO SENZA NOME
Aq-mel torna su dall’inferno con i gioielli nel pugno. Più tardi un commerciante glieli valuta bene, ma solo per fargli rubare i soldi poco dopo da certi mascalzoni amici suoi. Aq-mel scappa con tutte le gambe che ha. E correndo pensa che è troppo giovane. E che il mondo sta aspettando che cresca. A Iskenderum, come all’Aquila. Sì, nel frattempo è arrivato all’Aquila. E davanti a Collemaggio incontra un giovane avvocato che si chiama Camillo, che vistolo così magretto gli indica i cantieri della ferrovia, lì può cercare lavoro…stanno allungando binari verso una città ancora più a ponente, Rieti. Aq-mel lo ringrazia, e si presenta al cantiere della ferrovia, senza neanche sapere che cos’è una ferrovia. “Come ti chiami?”, gli fa il capomastro. “Cam -ilo”, risponde lui. Sarà che un po’ gli ricordava il suo vecchio nome Aq-mel; e così comincia il suo viaggio.

AQ-MEL
Zeljeznica probija planine, dokja ucim kako se pravi put, ruke su sve jace… La ferrovia… buca montagne… strada ferrata… mentre che io impara…come costruisciare strada… muscoli di braccia crescono… come ferro su binari… passano chilometri… anni… e io, Aq-mel… no: Camillo, divento grande, il corpo me lo so’ fatto sopra alle massicciate, stazione dopo stazione; a Scoppito ho conosciuto a una femmina che de nome fa Isolina, e che me piace, ci semo fidanzati venti chilometri dopo, a Rocca de Corno, e mano mano che lavoro a li binari, lei mi séguita sulla terra… ci semo sposati dopo la galleria de Antrodoco, e abbiamo festeggiato là, co’ lu fischio de lu primo treno!… tra li operai ce stava un pochetto de tristezza, perché la ferrovia era arrivata già a Borgo Velino, non mancava tanto a Rieti. Ho cominciato a costruiscila che ero mezzo. E adesso semo ‘n due.

ISOLINA
Lu prete stava ubbriaco. Mentre che c’era lo sposalizio lo reggevamo io e Camillo, perché non restava all’impiedi. E quando ha detto “mo’ ve potete bacia’”, noi l’abbiamo mollato per baciarce, e quello è andato giù lungo. La prima notte, Camillo m’ha detto che ce pensava lui, perché aveva già conosciuto lo corpo de ‘na donna a Pescara. E io ho penzato: meno male.

Camillo e Isolina abbracciati. Isolina è scossa da pizzichi.



ISOLINA
Stavamo dentro a ‘n pagliaio dopo Cittàducale, vicino al fiume Salto; c’avevo le cimici che me mangiavano. Però, pure Camillo mio mi mangiava. La mattina appresso ce svegliamo con gli animali, e fori ce stava la campagna della sabina ch’era tutta ‘na primmavera…co li fiori che puzzavano de bono, e io ero contenta, perchè non sapevo ancora niente.

CAMILLO
E mo’ che facemo?

ISOLINA
In che senso?

CAMILLO
Mo’ che è finita la ferrovia.

ISOLINA
Non ce lo so… ce mettemo a fa’ li contadini.

CAMILLO
Tu sei matta. Ner caso, andamo dove fanno l’artre ferrovie.

ISOLINA
E do’ le fanno?

CAMILLO
A Roma, le fanno. Me l’hanno detto.

ISOLINA
A Roma? E mica ci potemo anda’ a Roma, è ‘na città de preti, de signori…

CAMILLO
Ce stanno pure li poveracci come a noi. Eppoi, Isoli’, pensece: se andamo a fa’ la ferrovia, non ce stamo fermi, gireremo lo mondo!

ISOLINA
Lo mondo?… A Rieti semo montati in groppa a un carro che portava le botti di vino alle osterie. Abbiamo ballato pe’ nu pomeriggio sano. Alla fine, il carro s’è fermato a quel ponte Mollo, noi semo scesi, e ci semo fatti ‘na scarpinata che non s’arrivava mai; io tenevo li piedi gonfi come a una vecchia… Cami’, quanto manca? Non ce la faccio più, Cami’!

CAMILLO
Alza l’occhi… eccola… non la vedi?

ISOLINA
I campanili, le chiese, i palazzi… quella è Roma… Semo entrati alla Porta del Popolo che era notte, stanchi morti. Semo cascati là pe’ terra,
addormentati.

CAMILLO
C’ha svegliato n’esplosione, e io pe’ un momento ho pensato de esse ancora a Antrodoco che facevo salta’ la galleria coll’ altri operai… ma subito dopo c’è stato lo scoppio de un cannone, e appresso ‘na bombarda, e un altro scoppio, e fucilate, e pistolettate, gente che grida…Ahò, ma che è!

ISOLINA
Che ce sta la guerra, a Roma?

UOMO SENZA NOME
Era Capodanno. 31 Dicembre 1899. Alla Porta del Popolo.

ISOLINA
Primo gennaio novecento.

CAMILLO
Auguri de core, amore mio.

ISOLINA
Pure a te, bello ragazzo.

CAMILLO
Roma… mo’ sì che stavo a ponente… altro che Rieti, l’Aquila, Pescara, Iskenderum… chissà se quelli m’aspettano ancora…svih ovih godina mog odrastanja…(si corregge con rabbia)… in tutti quest’anni, mentre crescevo sopra alla ferrovia, ogni tanto me l’ho riguardate le fotografie, e i ritratti, che m’aveva dato l’omo vecchio…la gente mia… me li mettevo davanti, tutti in fila, come se erano santini, e me li guardavo uno per uno… quelli tenevano la faccia di chi non sa niente de lo mondo… e m’hanno fatto pena: vi prego, fate che non ci divento mai, come a voi.



ISOLINA
Io avevo lasciato le campagne mie per andare dietro a Camillo. Lui è bello, ma che lo amo oppure no, io che ne so. Mica ce l’ho colpa se non ce lo so. Nonna diceva che nessuno ce lo sa. E che quando dici “te amo” invece stai a di’ “che ne so”.

CAMILLO
A Roma ho cominciato a fabbrica’ la casa nostra. Tutta de legno. Subito fori le mura. Sopra a n’ arbero. Eh, a casa mia ci entro con ‘na scala de corda. Ci sta ‘na veduta, tutta la città dall’alto!… e li palazzi dentro le mura…Isoli’, guarda le case dei signori!… lampadari, specchi, corridoi…

ISOLINA
Camillo, ce vedono!

CAMILLO
Tranquilla, le frasche ce anniscondono.

ISOLINA
‘Sta casa è ‘n poco storta, penzola e scricchiola; io non credevo proprio che ci si poteva vive là dentro, invece piano piano, se ci fai l’abitudine… Cami’, che cos’è quella cosa che hai fatto sotto all’albero?

CAMILLO
Eh… ‘na tomba.

ISOLINA
‘Na tomba?…e de chi?

CAMILLO
Di Aq-mel, uno de questi giorni gli faccio lo funerale.

ISOLINA
Ma chi è questo?

CAMILLO
Senti, io te devo racconta’ ‘na cosa.

Camillo prende le fotografie e i ritratti e glieli fa vedere.

UOMO SENZA NOME
Le ha detto tutto. Ma lei non s’è impressionata. Perché l’aveva sentito già prima, che erano due uomini nel corpo di uno.

ISOLINA
Quando facemo nu figlio?

CAMILLO
Non c’è fretta. Ce sta tempo ancora. Semo giovani.

ISOLINA
Ma io te posso chiama’…

CAMILLO
Camillo.

ISOLINA
Vabbè…Me voi bene?


CAMILLO
Ho incominciato a cercarmi lavoro. I posti alla ferrovia stavano occupati. Pure al mercato stavano pieni. Non mi voleva nisuno. A Isolina gli ho detto che facevo dei lavoretti, e ogni sera m’ arrampiccavo su a casa co’ qualche cosa de novo.

ISOLINA
E questo orologio, da do’ salta fori?

CAMILLO
Me l’ha dato uno, per venderlo…. Oh, senti un pò, io so’ giovane, corro forte, e se il lavoro non me lo danno, me lo ‘nvento… Va bene!

ISOLINA
C’aveva ragione, povero cristo… te pozzo chiama’ povero cristo, pure
se sei ottomano?

MADAME
Un giorno sopra a Roma ci s’è messa una nuvola tanto grande, qui semblait que le diable en persone l’avait envoyée, ha cominciato a piovere, e non la finiva più, e tutto s’è allagato.

CAMILLO
Le strade erano sott’acqua. Io e Isolina stavamo sopra all’albero nostro, l’acqua lì non c’ arrivava… visto? ‘Sta casa è meglio de quelle vere… però dopo la pioggia, è arrivato lu vento.

ISOLINA
Cami’… lo senti? Lo senti?

CAMILLO
I rami dell’albero li scrocchia come zeppi, e scoperchia lu tetto, che s’era tutto ‘nfracicato…

ISOLINA
Cami’, qua ce se porta via tutto…

CAMILLO
I pezzi di casa nostra se mettono a vola’, li vedemo che passano sopra alle mura…

ISOLINA
Casa nostra!…

CAMILLO
… e cascano giù dentro al parco de un palazzo signorile… bona Isoli’, domani vado a riprende tutto… In quel palazzo pare che ce abitava un vecchio malato co’ lu servitore, Palazzo Filonardi si chiamava… Ho scavalcato, so’ entrato da dietro, in casa non se sente nisuno. Comincio a ravana’ nella dispensa, ce sta roba da mangiare, formaggio, carne, poi guardo nel casotto del giardino, e piglio pezzi di legna bona.

ISOLINA
Ma che sei matto?

CAMILLO
E’ pe’ aggiusta’ lu tetto…te mangia, intanto.

ISOLINA
Perché tu do’ vai?…..

CAMILLO
Non te preoccupa’ Isoli’, quelli la roba ce l’hanno.

ISOLINA
Una stretta a lu core. E’ scito, è entrato nelle mura. Non lo vedevo più. Doppo all’ improvviso ‘o rivedo affacciato a una finestra del palazzo, che sventola un tendone, e ride. E rido pure io. Ma che te ridi… Torna qua, no?… Ma de sotto arriva ‘na carrozza, e se ferma al cancello del palazzo. Camillo non l’ha vista, è già rientrato. A me me viene paura. Corro giù dall’albero.

CAMILLO
D’oro, d’argento, cornici, gingilli…’sta casa era piena di cose che non servivano a gnente, ma che valevano un occhio d’ a testa. E mo’ ve frego io!

ISOLINA
Sotto al palazzo non ce sta più nisuno, il cocchiere è ripartito…oddio, forse ha fatto scende qualcuno, e forse ‘sto qualcuno è già entrato…Mo’ me l’ammazzano, me so’ ditta!

Galerio minaccia Camillo con una pistola.

GALERIO
Fermo. Stai fermo o ti sparo. Parassita.

MADAME
Il Conte Filonardi, el patron de la casa, estaba viejo y malado. Dato che le sue condizioni si erano aggravate, tempo prima aveva fatto telegrafare al figlio Galerio a Parigi. Quel giorno, era proprio il figlio ad essere arrivato in carrozza. Mais trop tard. Aveva trovato il padre stecchito, e anche il vecchio maggiordomo, infilzato dal crepacuore. Une étrange journée: tutta quella morte aveva dato a Galerio una gran voglia di vita. D’altra parte, a Parigi lui non aveva conosciuto solo donne.

Camillo annusa un cattivo odore nell’aria.
Galerio lo tiene sotto tiro.
Camillo scatta verso Galerio, lo disarma, prova a scappare come un pazzo, Galerio lo atterra, lottano. Galerio riesce ad avere la meglio.

Passa un tempo lungo. Galerio tocca Camillo. Si stende sopra di lui, strappandogli i vestiti, Camillo tenta una reazione ma l’altro non lo lascia muovere. Camillo grida.

Alla fine, i due restano a terra.
Silenzio. Camillo striscia via. Ha del sangue sul culo dei pantaloni.

ISOLINA
Non gli ho chiesto niente. Neanche dopo, quando quello è entrato a casa nostra.

CAMILLO
Come ha fatto a trovarmi? Vuole mandarmi ‘n galera?

Camillo lo minaccia con un bastone fradicio.

GALERIO
Sono qui per chiederti un piacere. Se accetti non chiamo le guardie. E ti do questi.

Soldi. Che Isolina e Camillo guardano.
Isolina gli fa segno di no con la testa.

CAMILLO
Mezz’ora dopo stavo ancora a Palazzo Filonardi. Lui si chiamava Galerio.


GALERIO
Però oggi Galerio sei tu.

CAMILLO
Che vor di’? Non me faccia male!

GALERIO
Ma no, deve venire il becchino, per portare via mio padre e il domestico. Di’ che Galerio sei tu. Qui non mi conosce nessuno, e non voglio seccatori. Non per la morte di mio padre; era già morto dalla nascita. Sono appena tornato e voglio essere lasciato in pace.

CAMILLO
Tornato da dove?

GALERIO
Da Parigi. Fumavo oppio.

CAMILLO
Ah… e com’è ‘sta Pariggi?

GALERIO
Più o meno come Roma. Però c’è l’oppio.

MADAME
L’ ha vestito da Galerio. L’ha curato fino nei minimi particolari.

GALERIO
All’occhiello della giacca porto una gardenia imputridita.

UOMO SENZA NOME
Così, quando ho scampanato, e sono entrato, io davanti a “quel” Galerio mi sono trovato.

CAMILLO
Buongiorno. Il conte Galerio Filonardi sono io.

UOMO SENZA NOME
Tante condoglianze, Conte.

CAMILLO
So’ appena turnato da Pariggi, fumavo l’oppio.

UOMO SENZA NOME
Ah… dove sono le salme?

CAMILLO
All’occhiello d’a giacca porto sempre ‘na gardenia ‘nfracicata.

GALERIO
Sono sul letto matrimoniale… Tutti e due. Servo e padrone. Egalitè, fraternitè…Buongiorno, sono il legale della famiglia, dov’è il becchino?

UOMO SENZA NOME
Non poteva, m’ha mandato a me.

GALERIO
Un semplice operaio con le scarpe sporche? E’ inaudito, Conte! Questo è un affronto al cadavere di vostro padre!

CAMILLO
Fori! Vattene fori, operaio!

UOMO SENZA NOME
Signori, aspettate. M’ha mandato a me perché gli sono un po’ figlio, diciamo, al becchino.

CAMILLO
Che vor di’ un po’ figlio?

L’uomo tira fuori il metro a fettuccia.

UOMO SENZA NOME
Si fida di me, e m’ ha mandato a pigliare le misure. Sono cresciuto a bottega, ero trovatello e lì ho trovato una famiglia, diciamo.

GALERIO
Sei cresciuto in mezzo ai morti.

UOMO SENZA NOME
Il becchino dice che la morte è ‘na grande scuola.

GALERIO
Per morire può darsi. Ma per vivere?

UOMO SENZA NOME
Eh, questo non lo so.

GALERIO
… tu sai solo misurare cadaveri.

UOMO SENZA NOME
Non capivo perché quello ce l’aveva tanto con me. Però forse c’aveva ragione. Io misuravo le cose morte. Davo un numero a una cosa che ormai i numeri ce l’aveva tutti.

GALERIO
Come ti chiami?

UOMO SENZA NOME
Oh.

GALERIO
Come ti chiami?

UOMO SENZA NOME
Oh.

GALERIO
Ti vergogni?


UOMO SENZA NOME
No, è che…un nome vero e proprio non ce l’ho. Il becchino ha detto che non ne valeva la pena, perché in fondo non sono figlio suo. Per chiamarmi adopera un verso: Oh, vieni un po’ qua! Oooh, ‘ndo stai? Oppure se deve chiedere di me ad un altro: cerca coso, guarda se c’è quello, chiama comesechiama. Oggi per esempio m’ha detto: senti un po’ cazzabbubbolo, vai a piglia’ le misure a palazzo Filonardi. Io gli rispondo sissignore, anche se lui mi dice di chiamarlo babbo.

CAMILLO
Mi dispiace…

GALERIO
Beh, su, forza. Vai a fare il beccamorti. Sbrigati, che sono già duri.

UOMO SENZA NOME
Con permesso. Condoglianze. Vado.

Appena l’uomo sta uscendo, i due scoppiano a ridere.
L’uomo indugia di spalle sulla porta, infine esce.

GALERIO
Visto? E’ facile…Che fai stanotte?

CAMILLO
Dormo.

GALERIO
Tutta la notte?

CAMILLO
Magari prima do una pizzicata a Isolina.

GALERIO
No. Stanotte vieni con me. Da una mia amica.

CAMILLO
Se lo dici te. Pare che me conosci meglio de come me conosco io.

GALERIO
Guarda questa città, Camillo. Qui viveva un popolo che credeva negli dèi. Anche noi oggi avremmo bisogno di dèi, per guarire da questa inconsistenza. Qualcuno che ci guidi, che decida per noi, che ci scriva sul corpo la vita che viviamo. Da sempre cerco chi saprà ricamare la tela della mia sorte. Sei il benvenuto: tu non hai passato, e io futuro.

CAMILLO
Appena è cascato lu buio, m’ha portato ‘n una casa che c’aveva le pareti di stoffa de lu colore dello sangue. Io tenevo lu fiatone. Ci stavano puttane nude.

MADAME
Piacere, je suis Madame Chinoise.

GALERIO
L’ho conosciuta a Parigi, non ho mai saputo di dov’ è… si è trasferita a Roma da tre anni, e il suo bordello qui è diventato il più importante caffè letterario della città; artisti, intellettuali, cardinali, fanno a gara ad abbassarsi i pantaloni in sua compagnia… è una zingara, neanche lei sa più dove è nata…dice di essere di tutto il mondo, e che la protegge il Dio Brahma, il Creatore…

Madame è a letto con i due Galerii.

MADAME
…zampilla dal ventre di Vishnu seduto su una foglia di loto, e in un attimo ricrea tutto il mondo che Vishnu sogna: Brahma per creare ha bisogno di un sogno.

GALERIO
Madame, portaci altro etere… morfina…

MADAME
Glielo hai detto al tuo amico che so leggere il destino?…Petit, quieres
conocer tu destino?

Camillo sta respirando l’etere.

CAMILLO
No, non voglio sape’ niente.

MADAME
Ti fa impressione? Peccato, sei così bello.

CAMILLO
Non se scherza co’ ‘ste cose. Lo destino no.

MADAME
Porque me estas mirando asì de esta manera? Ja nos conocimos?
Woher kommst du?…tu di dove sei?

CAMILLO
Di Roma. Rieti. Pescara.

MADAME
Du bist kein italiener. Tu nu esti italian. Ti nijesi talijan, sudbina me pozva…

CAMILLO
Come parli, puttana…

MADAME
Per sembrare italiano ti mancano due cose. Devi diventare immobile e pazzo. Tamo doje ti cekaju… Se continui così, prima o poi lo diventi… ma c’è qualcosa che ti contraddice… tu nu esti italian… tu, ma non tu…tu, ma non tu…tu, ma non tu…

Madame scivola in un lieve malessere, Camillo esce dal letto spaventato.

CAMILLO
Lasciami!

GALERIO
Tu non ci hai visto, Madame… Anzi non hai visto me. Galerio è lui. La strada è buia ormai. Chi è il sosia, chi la parodia, chi l’ombra…

MADAME
Ripensi ancora a quello che ti avevo detto a Parigi… quando avevo visto l’immagine della morte di Galerio per mano di qualcuno… Da allora non sei stato più lo stesso. E’ diventata un’ossessione per te.

GALERIO
Il diavolo è un parassita… lasciami fare l’amore con Galerio.

ISOLINA
Lu mattino appresso, quando s’è arrampicato sopra all’albero, Camillo m’ha ditto che non lo sapeva più se me voleva bene….e che non sapeva manco se me n’aveva voluto mai. Perché, gli ho chiesto, perché mo’ me fai ‘sto discorso? M’ha risposto: perché adesso forse me so’ innammorato per davvero.

UOMO SENZA NOME
Io non sono come gli altri. Io non l’ho conosciuto mio padre, mia madre, la famiglia mia. Certe volte penso che non sono neanche nato…e chi m’ha mai visto nascere a me? Forse sono un fantasma. La monaca al befotrofio diceva sempre che a me m’hanno trovato sotto a un cavolo… e che magari sono figlio di un principe…

Avanza Fosco.

FOSCO
Ero uscito dalla galera ch’era poco, c’ero finito di dentro perché m’avevano incolpato che avevo ammazzato certi cavalli dalle parti mie. Dato che eravamo diventati taliani, mi mandano alla galera di Roma. Che è la capitale delle galere. M’è venuto da pensare a povera mamma, che mi parlava sempre dello Papa… vabbè, il cupolone l’ho visto da sopra la spalla di un carabiniere, e ho pianto. Voi mi direte: Fosco, ma l’avevi ammazzati quei cavalli, sì o no? Insomma: io volevo arrubarli e l’ho trovati già bell’emmortammazzati. Però può darsi che invece tengono ragione questi. Forse l’ ho ammazzamentati, e me lo sono scordato.

ISOLINA
Cami’… sei tornato a casa.

CAMILLO
Casa? Questa è ‘na capanna.

ISOLINA
Una volta la chiamavi casa.

CAMILLO
Le case non stanno sopra all’ alberi. Non te ce devi arrampica’.

Camillo si sente guardato dai ritratti, le fotografie della sua gente… Con gesto insofferente, li butta a terra.

ISOLINA
Camillo, ma che fai… Cami’… Ahò, non rispondi?

CAMILLO
Che vuoi?

ISOLINA
Che è tutta ‘sta malavoglia? Non sei più tu… guarda che io lo so che…

CAMILLO
Che cosa? Che sai tu, eh!

ISOLINA
E’ peccato fa’ le cose che fai con quello, tu sei pure ottomano miscredente….

Camillo le dà uno schiaffo e se ne va… Isolina raccoglie i ritratti e le fotografie di Aq-mel, li conserva.

ISOLINA
Aspettavo un figlio suo. Ma non m’ha dato il tempo di dirglielo.

CAMILLO
So’ tornato da Galerio, e lui m’ha portato da un sarto. So’ uscito che ero un altro: Galerio, proprio. A passeggio pe’ la via de lu Corso, un signore me chiede l’ora. Io gliela dico, ma questo se mette a strilla’: “St’ orologio è mio! Tu sei quello che me l’ha rubato!”. Allora io: “Signore, come se permette? Io so’ il Conte Galerio Filonardi.” E quello:“Ma quale Conte e Conte! Io t’ho visto che correvi coperto di stracci…Tu sei un miserabile!”. E ha cominciato a chiama’ le guardie. Galerio m’ha spinto dentro ‘na carozza.

FOSCO
Da un giorno all’altro, mi ritrovo per la strada. M’hanno fatto uscire dallo carcere della Regina dei Cieli per una amnesia. Vedo una fraschetta allo fiume, mi ci metto a bere… uno mi sente che parlo e viene da me: “Tu non sei di qua, vero?”. “Io sono Fosco, tanto piacere, tu che vuoi?”. “Te li vuoi guadagnare questi?” E mi fa vedere un malloppo di soldi ciancicati. Io stendo la mano per dire sì, e questo mi ci appioppa uno schiaffo. “‘Spetta, prima ti faccio vedere chi devi ammazzare.” E mi dà un coltello. Io resto col vino ‘n bocca. Gli vado appresso, camminiamo, mi porta sotto a un palazzo. Si fa notte. Esce un uomo. “Ecco, quell’uomo là.”

Avanza Jolanda.

JOLANDA
Quell’uomo là era mio marito, c’eravamo sposati da poco. Si chiamava Sebastiano.

FOSCO
Io comincio a tremare: ho ammazzamentato cavalli, dicono, ma cristiani ancora no. Allora questo mi sventola i soldi sotto al naso: “Insomma li vuoi o non li vuoi?”

JOLANDA
Pure Sebastiano era giù dei meridioni, come a me. Sebastiano voleva sposarsi e salirsene a Roma. Ma tutte le ragazze da marito erano già sposate, o suore, o morte. Restavo io, la vecchia. Restavo io, la zitella. In chiesa al matrimonio Sebastiano ha cacciato un sospiro lungo come una quaresima, e alla fine ha detto “…sssì”. La sera stessa abbiamo preso il postale per Roma. Ci siamo fermati a dormire nella campagna perché costava meno. Sebastiano era ricco, li teneva i soldi, ma spenderli per me che ero vecchia gli sembrava un affronto alla miseria. Ero vecchia, è vero. La vita? Finita. A quel tempo mi chiamavo Jolanda, e tenevo trentacinqu’ anni.

GALERIO
E’ arrivata una lettera. Siamo in guerra con i turchi per le colonie. Bisogna andare a conquistare la Libia.

CAMILLO
Parti?

GALERIO
No. Tu, parti. Tu sei me, te lo ricordi?

CAMILLO
Io me pensavo che era ‘n gioco.

GALERIO
Infatti, la vita è un gioco. Non temere, in Libia ci andrai da ufficiale comandante, non da soldato. Tu sei un nobile, Galerio, non rischi la vita.

CAMILLO
Io Galerio, allora? Per sempre?

GALERIO
Da ora sì.

CAMILLO
E tu?

GALERIO
Semplicemente non ci sarò più. Da brividi: essere senza essere. Sarò solo nella tua ombra, nel nostro segreto, per me stesso. Scriverò sulla tua pelle e tu sulla mia. Ti userò come chiavistello. Tu non hai niente. Prenderai la mia vita e la vivrai al mio posto. Vivimi. Voglio guardarmi.

CAMILLO
Perché?

GALERIO
Tutto si perde, tutto si perde.

CAMILLO
E se tutto si perde, me lo dai a me?

MADAME
Quella profezia a Parigi… ho sempre sentito che Galerio era un ponte che mi portava da… chi quella profezia riguardava davvero… un’immagine in cui anch’io ero coinvolta… cominciavo a preoccuparmi per quel ragazzo. Tutto stava cominciando.

GALERIO
Sembra che io debba morire per mano di qualcuno. Non posso accettare l’idea di essere sparpagliato per tutti. La vita è caos, e questo nostro esperimento sarà un primo mettere ordine, lo so. D’ora in poi quello che è mio diventa tuo. Il mio denaro, tuo. La mia casa. Il mio nome. Rinunciarci mi laverà da questo fango. Come Prometeo mi vendicherò di Dio. Questa, la mia bestemmia.

CAMILLO
Mentre lo stavo a sentire, pensavo che me faceva commodo dirgli sì…

MADAME
Digli di no, digli di no…

CAMILLO
Dopo me posso sempre ferma’….Che ci vuole.

GALERIO
Dovremo occuparci del tuo linguaggio, del vestiario, del portamento.


CAMILLO
Famme studia’.

GALERIO
Non essere ridicolo, fingi di sapere, è l’ultima moda… Piuttosto, come facciamo con l’uomo dell’orologio? Non esistono prove che tu non sia Galerio, a parte quell’uomo… toccherà ammazzarlo.

MADAME
Per un orologio?

GALERIO
Non guardarmi in quel modo. Io non ho mai ucciso.

CAMILLO
Eh, manco io.

GALERIO
Impareremo insieme.

UOMO SENZA NOME
Un corpo nudo sul tavolo del retrobottega, lo devo pulire. Uno che muore non si muove più, e noi che ci muoviamo questa cosa mica la capiamo. Per questo alziamo gli occhi al cielo, lo cerchiamo su nell’aria, o sotto la terra, lo cerchiamo al piano di sopra, al piano di sotto, dappertutto tranne che dove sta: sul tavolo del retrobottega a farsi puli’ da me. Boh, che ne so poi. A me non m’ è mai morto nessuno. Perché non c’ho mai avuto nessuno. Non c’ho neanche un nome. Tra tutti i nomi che ho sentito mi piace Artemio, ci si chiamava il babbo del cassamortaro dove sto. Artemio… non riesco a dirlo senza scoppiare a ridere, non lo so perché… dopo queste fesserie , di solito mi rimetto a puli’ il morto mio, e qualche volta capita che non pare più morto; pare che dorme, e che manca poco che si sveglia.

ISOLINA
Ormai dormivo sola. Un giorno non ho retto più, e ce so’ ita, a casa dellu Conte. E l’ho incontrati, a tutti e due, a passeggio…Camillo era vestito come ‘n signore, cappello e bastone.… Cami’! Come si’ eleganto, Cami’… E lui schiocca li diti: “Guardia!”, ha chiamato una guardia, Camillo mio, e questa arriva e me butta per terra co’ un calcio. “La conosce ‘sta pezzente, signore?”. “Non l’ho vista mai - dice Camillo mio - è pazza, io so’ il Conte Filonardi”. Ho passato la notte dentro. Intanto, i gendarmi buttavano giù la casa sull’albero. Chi è il pazzo, Signor Conte? Chi è il pazzo?

JOLANDA
Do’ paese mio, l’unico modo che hai per alzare la testa, è sposarti. Io, la testa, sempre tenuta giù. Sarà che da ragazzina ero brutta che non mi si poteva guardare. E parlavo tanto da sola che la lingua dopo me la ritrovavo secca. Proprio quando cominciavo a pensare mi faccio monaca, è arrivato Sebastiano. M’ha parlato di fretta: “Zite’, la settimana prossima ci sposiamo.”. Sono rimasta a guardarmi le ginocchia per un tempo che non so… mi sono sporta per dargli un bacio. “Non c’è di bisogno”, ha detto. E’ cominciata così. Siamo arrivati a Roma, e io mi sentivo in una maniera mai sentita. Camminavo per le strade, salutavo tutti, alle donne gli svolazzava l’ombrellino, leggevo il Giornale D’Italia, la rubrica degli annunzi d’amore, “mia carissima attendoti, mio adorato penserotti”, Roma per me era una felicità!… Una sera Sebastiano è tornato a casa subbugliato, dice che ha rincontrato un ladro che gli aveva rubato l’orologio, e che questo ladro ora è diventato un conte. E i giorni appresso è ancora subbugliato. “Forse non dovevo urlargli contro, non dovevo mettermi in mostra.” Io non capivo che cosa teneva. Allora lui m’ha raccontato come stavano davvero le cose.

FOSCO
Il coltello l’ho arrotato, non voglio sorprese. Tirerò un fiato lungo, chiuderò gli occhi e zacchete, nella gola, spero che ci entra facile perché non c’ho forza. Mi metto qua, sotto casa sua, prima o poi ci deve passare.

JOLANDA
La verità era che dal paese nostro Sebastiano ci era scappato. Ecco perché quella fretta. Prima di venire da me aveva chiesto in sposa a una ragazza molto più bella e giovane, il padre gli era scattato a ridere in faccia e lui lo aveva schiaffeggiato e quello lo aveva sfidato a duello e lui era scappato. Ma si sentiva solo, per questo aveva preso in moglie a me, la zitella. Quella sera, ho appicciato la luce…

FOSCO
Ih, hanno appicciato la luce…

JOLANDA
Signor Sebastiano, io comunque la ringrazio che m’ha portata via da paese, io sono vecchia, per me non si fanno i duelli; anche se veramente il duello non l’ha fatto neanche per quella più giovane… forse per nessuno vanno fatti, ‘sti duelli…ma questi sono fatti di maschi. Io sono qui per farle compagnia. E per la gratitudine visto che m’ha salvato la vita. Signor Sebastiano, che fa… sta piangendo… Non mi crede? Farò tutto quello che vuole, farò dei figli, starò zitta, farò altri figli, le darò sempre ragione, e poi morirò.

MADAME
Camillo…ahora lo siento tu nombre … il tuo vero nome, quello che non hai voluto dirmi… Camillo…

CAMILLO
Come lo sai?

MADAME
Anzi no, non è Camillo… eppure non è troppo diverso… Tu vieni da Oriente, dalla Montagna Nera…Crna Gora….Ti si sa istoka, iz Crna Gora…

CAMILLO
Come lo sai?

MADAME
Tvoj put je jos dug…il tuo cammino è ancora lungo, Galerio ti ha portato da me, ma ti porta anche fuori strada…u opasnosti si, sei in pericolo …sangue, ma non il tuo… Per questo sei venuto… Solo andando fuori strada riuscirai a tornare. Uspjeces da se vratis samo ako ides precicom…

Camillo si sveglia da un sogno, grida.

CAMILLO
No! Non è vero niente!…Niente… ho sognato… ho sognato la puttana, la zingara…

MADAME
Ho sognato quel ragazzo, che sognava me.

JOLANDA
Il giorno dopo, stavo da sola a casa, aspettavo Sebastiano. Avevo il cuore che subbugliava, m’aveva detto che non potevamo restare un giorno di più a Roma, era pericoloso. E dove mi porti?, gl’ avevo chiesto.



FOSCO
Stavo attento che non scappava il momento. Ma così attento che m’ero stancato, e assonato. Mi sveglia uno scalpiccìo. Madonna, è quello! Poi ho pensato: non si chiama la Madonna quando devi sgozzare a un cristiano. Lui mi passa davanti, ce l’ho di spalle… cammina veloce, se non mi spiccio non lo riacchiappo più… aspetti, scusa signore, una parola!

JOLANDA
All’America! Questo m’ha detto ed è uscito. Il padre della ragazza, quello dello schiaffo, voleva lavare l’affronto nel sangue. Aveva mandato gente a Roma a cercarlo. Dovevamo andare subito all’America. Là c’era l’avvenire, anche se da quella parte ci tramontava.

FOSCO
Signore!… aspetti, scusi… insomma, fermati!…Quello si volta. “Che vuole?”.“Ehm, c’ho una cosa per lei”…quello vede il coltello…io sudo che pare che senza coltello ci sto io…lui comincia a scappare, e io appresso, lui si mette a gridazza’.

JOLANDA
L’ho sentito gridare, all’improvviso, dalla strada. Mi sono affacciata.

FOSCO
Gridazzava come i maiali di nonna! Io correvo, correvo, con tutto il coltello di fuori…inciampo, casco, e il coltello mi si entra nel braccio, ah!

JOLANDA
E’ cascato!… no, è un altro…

FOSCO
Quello non si ferma, pensa che ce l’ha fatta… Ecco però che da un vicolo sbucano altri due cristiani…

GALERIO
Dài, ora, vagli addosso!… Ammazzalo!

CAMILLO
Non ce la faccio! Non ce la faccio!

GALERIO
Allora sta a me!…

FOSCO
Ih… gli ha aperto la gola senza pietà… chi ammazza così è già morto pure lui, ho pensato… m’è schizzato il sangue ‘n faccia…

CAMILLO
Scappiamo! Scappiamo!…

FOSCO
Ero coperto di sangue suo, mio… Alla fine, quello ha alzato la testa, ha guardato in sopra… una finestra, con una femmina dentro.

JOLANDA
Io lo guardavo.

FOSCO
Lui la guardava… e biascicava co’ la bocca…

JOLANDA
Mi ami… sì… lo so che mi ami…

FOSCO
Poi gli occhi si stutano come fiammiferi pe’ ‘na ventata, e lui sciaff!, uno straccio a terra… Dove sei finito, al paradiso o all’inferno?

JOLANDA
Scannato in mezzo alla via. E io non ho sofferto. Cioè, non solo. Avevo paura. Non capivo. Entravo nel buio. Ma il buio è buio, non lo vedi quello che ci sta, magari qualche cosa di bello, e allora mi s’è infilata un’allegria dentro, e ha cominciato a montarmi su, allegria, sì, non mi vergogno. Soffrivo allegra. Sebastiano non era la vita, era il cancello della vita. E viene allegria, quando vedi che arriva la vita. Grazie Sebastia’… Tu m’hai aperto il cancello, e sono volata via!

MADAME
Respiro l’etere, sono in trance. Vedo. Nel passato di quel ragazzo.
Un villaggio sopra le montagne. Un barco por la Italia, la terra dove sei
e non sei… dove diventi Camillo, e non lo resti…Ich sche. Dans le futur de ce garçon. Tornerà, nella sua terra. Tornerà col nome che aveva prima. Ma non sarà lui. Eppure tutti lo riconosceranno. Que-ce que signifié cette histoire? Ich weiss es nicht? Io indovino il passato e ripeto il futuro.



CAMILLO
In divisa. Giovane capitano, promosso ancora prima di partire. Io non sono Galerio. Sono ancora Camillo? O Aq-mel? A Iskenderum mi staranno ancora aspettando? E l’uomo che è morto? L’ha ucciso lui, ma anche io sono l’assassino.

GALERIO
No, l’assassino sei solo tu.

CAMILLO
Quando penso queste cose, mi sembra che Galerio – quello vero – mi legge nella testa.

GALERIO
Sono stato il tuo braccio. Il parassita del mio parassita.

CAMILLO
Non posso più essere due. Da solo io, e per gli altri te. Voglio essere Galerio sempre, anche solo, nudo, nel deserto. Galerio.

GALERIO
C’è ancora una persona che può contraddirti.

CAMILLO
Lo so, ma prima devo dare il mio nome a chi ne ha bisogno.

UOMO SENZA NOME
Mi pare sempre che qualcuno mi chiama. Perché da un po’ di tempo non sono più io. Prima zitto, triste…adesso parlavo, sparlavo, raccontavo, sbellicavo, ballicchiavo…Che mi stava capitando? Io mi dovevo vergognare di me. Mi sono sempre sentito come uno che va in giro col vestito ‘mpataccato e non lo sa; e troppo grosso per avere dubbi, troppa forza nelle mani… adesso toccavo le persone senza fargli male…un vento soffiava; s’è aperta la porta. E’ entrato nel retrobottega il giovane Conte Filonardi in divisa. Buongiorno, gli è morto qualchedunaltro?… O qualcheduno gli muore tra poco?… Spero che non gli fa schifo la salma sul tavolo, la sto vestendo per il funerale.

GALERIO
Gli ha raccontato di essere Camillo, e gli ha regalato il nome, dicendo che era costretto a disfarsene. Io lo aspettavo fuori. Sapevo che non avrebbe mai messo a repentaglio i nostri segreti.

CAMILLO
Io ho due nomi, tu neppure uno, vengo a risarcirti. L’altra volta ho visto che soffrivi.

GALERIO
E io intanto, geloso della vita del mio “padrone”, quasi mi accorgevo di scordarmi chi ero. Il gioco si faceva esaltante. Ero vicino a diventare nessuno. In quei giorni, la vita, scandita come racconto, composta come un’ opera d’arte, innalzava a sé stessa il museo che la conteneva.

L’uomo senza un nome è sbigottito.

UOMO SENZA NOME
E’ sicuro?

CAMILLO
Sì. Con questo nome potrai cominciare una vita nuova.

UOMO SENZA NOME
In tutti questi anni, io…

CAMILLO
Hai visto che senza un nome non arrivi da nessuna parte.

UOMO SENZA NOME
Un nome tutto per me? Un nome mio?

CAMILLO
Camillo. Tu sarai Camillo.

CAMILLO
Camillo?… Vado in giro e la gente mi chiama Camillo?

L’uomo senza un nome scoppia in un pianto muto. Camillo è imbarazzato. L’uomo senza un nome si inginocchia e gli bacia le mani.

CAMILLO
Tu sei Camillo.

UOMO SENZA NOME
Non mi sono messo lì a fargli domande… avrei voluto chiedergli che c’entrava il nome Camillo con lui, Conte Galerio Filonardi… Ma l’idea di un nome tutto mio… che quell’uomo adesso come un angelo di Dio mi appoggiava sopra la capoccia!…

CAMILLO
Che fai, ci pensi?

UOMO SENZA NOME
…andarmene via da bottega, ricominciare questa corsa dall’inizio, con il nome nuovo di zecca, mi spaventava pure. Mai stato libero, io. Alla tavola del cassamortaro trovavo sempre apparecchiato… Ma i rumori della strada, gli zoccoli dei cavalli sopra i ciottoli, ora mi chiamavano. Non mi decidevo. Sono successe due cose, che m’hanno fatto decidere… la prima: il conte giovane a un tratto ha parlato – pochi secondi, come per sbaglio – in un’altra lingua, una lingua misteriosa, e io sono rimasto ad ascoltarla, tant’era bella. Poi, il morto che stavo vestendo ha aperto gli occhi e ha detto che c’aveva sete. Allora sono andato da mio padre – patrigno, padrone - gli ho detto che ci stava un morto apparente, e me ne sono uscito via, tra i ciottoli delle stra...

CAMILLO
Fermo. C’è un prezzo da pagare.

UOMO SENZA NOME
Non mi tolga il nome, per carità.

CAMILLO
Camillo ha una moglie. Lei può dire che tu non sei il vero Camillo.

UOMO SENZA NOME
Una moglie?

CAMILLO
Isolina. Si piazza davanti al mio palazzo, ho saputo che vuole partire per l’America. Non mi fido, devi ucciderla. Se non lo farai, tu non sei Camillo.

UOMO SENZA NOME
Una frase che ti colpisce. Allora ho fatto segno di sì, su e giù con la testa, come un coglione…

CAMILLO
Sono tornato a palazzo Filonardi, quella era casa mia. Galerio mi ha spogliato. Non urlavo più, quando lo faceva.

FOSCO
Scappato via come un ladro, e mica avevo arrubbato niente. Scappato come un assassino, ma pure stavolta non avevo saputo ammazzamentare a nessuno. E mi sono ferito con lo stesso coltello mio! Mentre scappo, sbatto addosso a una signora… mi scusa.

MADAME
Guarda che prima o poi t’acchiappano…

FOSCO
Chi? Davvero?

MADAME
Vai giù a Napoli, e imbarcati sulla prima nave per l’America… vattene all’America!

FOSCO
E come ci arrivo a Napoli?

MADAME
Quel carro, montaci, quello rotola fino a Napoli.

UOMO SENZA NOME
Napoli. Non c’ero stato mai. Il porto era tutto nero di poveretti strizzati che s’accalcavano sotto i bastimenti che partivano per l’America. No, non devo partire, fatemi passare…Marinaio, posso guardare la lista? Cerco una persona. Una donna… Come? No, non ha capito, il mio nome non c’è sulla lista, io non devo partire… Però il marinaio insiste, s’è liberato un posto, e chissà perché mi ci vuole mettere proprio a me, sulla lista di quelli che finiscono all’America… Eh, come mi chiamo?…il mio nome? Per nessuna cosa al mondo gli avrei detto “Camillo”, no, quel nome me lo tenevo solo per me… gli ho risposto “Artemio”, il nome del babbo del becchino, il nome che mi faceva ridere. E intanto che quello scrive Artemio sulla lista, vedo incolonnato sopra il foglio il nome della donna che cercavo… domando alla gente in fila: che ci sta Isolina, qua?

MADAME
Una donna è appena andata dietro a quel casotto di pescatori…

UOMO SENZA NOME
Mi dicono che una donna è appena andata dietro a quel casotto di pescatori…ci vado, ma di donne ne trovo due, e mi nascondo.

JOLANDA
Signorina! Ho bisogno di partire, ma il mio nome sulla lista non c’è. C’è il tuo. Dimmi quanti soldi vuoi.

ISOLINA
Signora, per che cosa i soldi?

JOLANDA
Facciamo a scambio di documenti. Io devo partire.

ISOLINA
Devo parti’ puro io. Per me qua non ce sta più niente. Io qua so’ morta.

JOLANDA
Tieni. Bastano?

ISOLINA
Tutti ‘sti soldi?… So’ cinque volte quelli che m’ero messa da parte.

JOLANDA
Bastano?

ISOLINA
Ahò, bastano e bastano!… L’America è lontana. Chi ci va, poi ci muore.

JOLANDA
Tu sei giovane. Troverai altre americhe. Dammi il nome tuo, tieni.

ISOLINA
Altri soldi…

JOLANDA
Di più non posso. Ti prego.

ISOLINA
Mannaggia… vabbè… piglia, tie’… sbrigate, che sennò ce ripenso… facemo ‘sto scambio… ecco lo documento, damme lo tuo… mannaggia però…

Si scambiano i documenti.


JOLANDA
Dammi, su… come ti chiami… Ah, Isolina… Grazie Isoli’, grazie assai!…

ISOLINA
… aspetta, do’ scappi…io non so legg… Ih, e te chi sei?

UOMO SENZA NOME
Io?… mi sono perso una cicca, e…

ISOLINA
Senti un po’…te sei capace di leggere?

UOMO SENZA NOME
Eh, insomma.

ISOLINA
Che ci sta scritto qua sopra ‘sto documento?

UOMO SENZA NOME
Eh… Jolanda.

ISOLINA
E’ lo nome mio.

UOMO SENZA NOME
La guardavo. Era bella. In tasca c’avevo il laccio per strozzarla. Dietro a quel casotto eravamo soli, non ci vedeva nessuno. Le dovevo ciancicare tutto il collo. Dovevo fare svelto. La guardavo, la guardavo, la guardavo.

ISOLINA
Che c’hai da guarda’? E’ lo nome mio.

UOMO SENZA NOME
Ho tirato fuori il laccio dalla tasca…e l’ho buttato… Eh, uno c’ha tanta roba inutile, in tasca.

ISOLINA
Ma chi t’ha chiesto niente, ma che m’importa a me.




UOMO SENZA NOME
Non potevo strozzarla. Un pazzo l’avrebbe fatto. Strozzare una fanciulla così bianca era un obbrobrio, una bestemmia. Era bella, era. Non avevo mai visto una fanciulla tanto bella.

ISOLINA
Come ti chiami tu?

UOMO SENZA NOME
Era meglio non rispondere. Ma m’è scappato: Camillo.

ISOLINA
M’è girata la testa, per un po’ c’ho visto nero.

UOMO SENZA NOME
Che c’hai? Stai male?

ISOLINA
Ahio! Non me tocca’ co’ quelle mani… Sto incinta. Devo torna’ a Roma.

UOMO SENZA NOME
Ah, anch’io!

ISOLINA
Be’, che stai a fa’ là impalato…famme appoggia’, no?

UOMO SENZA NOME
Sei fortunata che m’hai incontrato.

ISOLINA
Non me parla’ de fortuna. Perché la fortuna con me non è cieca. Gli hanno proprio strappato l’ occhi.

FOSCO
Quando sono arrivato allo porto, mi volevo imbarcare da clandestino. Ma quando ho scoperto che ai clandestini li sparavano, allora mi sono trovato un lavoretto vicino ai piroscafi… Fazzuletti!… Fazzuletti per saluta’ la nave quando parte!

UOMO SENZA NOME
Oh!… senti un po’… Dico a te!


FOSCO
Volete un fazzuletto per salutare la nave?

UOMO SENZA NOME
No, non mi serve… senti… sulla lista del marinaio c’è scritto un nome, Artemio. Vai là e digli che Artemio sei tu.

FOSCO
Perché ridete?… E poi che mi fanno?

UOMO SENZA NOME
Niente… te ne vai all’America, no?

FOSCO
Dove sta la fregatura? Tu sei un gendarme?

UOMO SENZA NOME
No, stai tranquillo… Ricordati, eh: Artemio!

FOSCO
Mi chiamo Artemio?…Io?

UOMO SENZA NOME
Sì, buona fortuna !

FOSCO
Se è vero, Dio ti deve benedire e ti deve sempre tenere una mano sopra alla testa… Fazzuletti! Fazzuletti per salutarmi a me che parto sopra alla nave che parte per l’America! Me ne vado all’America per davvero!… Mi sono messo in fila, e quando ho sentito chiamare “Artemio” ho alzato il braccio: sono io! Dio benedica quel forestiero che mi si è fatto imbarcare da regolare… Artemio sono io! Il marinaio mi ha fatto salire e m’ha detto: guarda che muori di freddo così senza coperte, tu dormi all’aperto… Dio ti benedica pure a te, marinaio.

UOMO SENZA NOME
…mentre lo guardavo che saliva la passerella, e diventava sempre più piccolo, pensavo: chissà se basta un nome, per essere un uomo.

CAMILLO
Regio ufficiale di Sua Maestà, Capitano Conte Galerio Filonardi. Parto per la Libia. Sto andando a combattere per la patria. La mia? Non lo so, di qualcuno è. Viaggio e divento un altro. In nome di Cristo e della Santissima Trinità, nei prossimi mesi truciderò beduini, berberi, ribelli. Mi servirò di fucili, mortai, artiglieria. Quei selvaggi primitivi chiedono solo di morire il più in fretta possibile. Li accontenterò.

GALERIO
Galerio… tu che ora parti con i gradi appuntati sulla manica… se non tornerai, perché un indigeno pietoso vorrà liberare il mondo dalla tua presenza, io sarò qui a “non” aspettarti. Sarà bello, finalmente, non sentire più quel nome che suona come una prigione.

MADAME
Je ruine ma vie prés de la vie des autres. Ma è da un po’ che mi chiedo: e la mia, di vita? Chi vede il mio passato e il mio futuro? Chi ci si rovina la sua di vita? Poi finisco a pensare che la mia vita è tutte le vite che vedo. Tutti i dolori che sento. Tutte le gioie scordate.

FOSCO
Ecco! La nave s’è staccata dalla terra!

Tutto comincia a beccheggiare e perdere equilibrio.

FOSCO
Artemio esce al largo, va nell’oceano!…Dio ti deve benedire, forestiero galantuomo che m’hai salvato la vita… che mi sta succedendo? Non ci capisco più un accidenti… Tutte le volte che tiro da una parte, le cose se ne vanno per conto loro…Adesso m’infilo dentro una cabina e arrubbo una coperta. Dio ti deve benedire pure a te, passeggero che ti arrubbo la coperta! Stanotte dormo sotto le stelle!

JOLANDA
All’America. Io che mi credevo morta da viva. All’America. Io che stavo per farmi monaca. All’America. Io che ero tanto brutta che non mi si poteva guardare. All’America. Io che adesso avevo un nome nuovo. All’America. Io che non avevo più paura di niente, e che avevo capito che la cosa più importante della vita è che non gli metti i bastoni tra le ruote. All’America! Io, che se anche vado verso il tramonto, comincio a vivere adesso.

ISOLINA
Stavo a scappa’ da Camillo che m’aveva calpestato l’amore che tenevo ‘n corpo. Ma se vede che l’America non era lu destino mio, infatti adesso torno a Roma; co’ un altro che se chiama Camillo pure lui. E c’avrei voglia de prendelo a legnate. Ma lui che c’entra, poveraccio. Mi vuole accompagna’? Mica glielo posso impedi’ solo perché se chiama Camillo. La verità è che so’ contenta che non ce so’ ita all’ America…perché ce spero ancora de rincontrallo, un giorno, Camillo… Ma Camillo mica questo, eh?… Camillo quell’altro, Camillo vero, Camillo mio.

UOMO SENZA NOME
Era bella, se era bella…volevo dividere la mia vita con lei, questa pazzia pensavo, pochi minuti dopo che l’avevo conosciuta. E mi figuravo addirittura col suo bambino in braccio. La guardavo, e mentre lo facevo m’accorgevo che non avevo guardato mai nessuno. Perché ci vuole coraggio, per guardare. Stai guardando davvero, quando t’aggrappi con tutte le forze che c’hai dove prima hai visto vuoto.

Madame si accende una pipa col braciere di ceramica, e il fumo diventa quello grigio di una nave che si allontana dal porto di Napoli traballando incerta - come tutto il resto che finora ci è sembrato di vedere - sulla minuscola scena di carta di uno scalcagnato teatro di burattini.

MADAME
E’ il porto degli scambi. Bon voyage, Camillo.

UOMO SENZA NOME
Grazie.


IL VIAGGIO NELLA NOTTE
(1912- 1940)


UOMO SENZA NOME
Buonasera, sconosciuti. Vi racconto una cosa che m’è capitata. L’altro giorno ero salito sul tranvai a Piazza Colonna. Aspettavo che partiva, e intanto mi guardavo le scarpe, che erano sporche, mi vergognavo. A un certo punto ho perso l’equilibrio; ci stavamo muovendo, il tranvai era partito e non me n’ero accorto… Non v’è mai capitato che vi pare di stare fermi e invece vi state muovendo? Come adesso, che stiamo fermi ma siamo già partiti, ognuno per il viaggio suo …fa impressione, eh?

Le persone della storia, come tanti viaggiatori.

MADAME
Départs, bagages, où vas-tu quand tu bouges, et où quand tu t’arreté?

UOMO SENZA NOME
Siamo passati da Piazza Venezia, e lì ho capito che coi tranvai di oggi è più facile non farci caso, se ti muovi…perché sono tirati coll’elettricità e non colle bestie, come una volta...

FOSCO
Quando arriviamo? Non si vede la terra, qua non arriviamo più.

JOLANDA
Io vado verso il mio avvenire, anche se da quella parte ci tramonta.

UOMO SENZA NOME
Lo chiamano “sviluppo tennico”…che per me è una mania, prendi da una parte e perdi dall’altra. E’ come la coperta troppo corta. Non vi credete, con questo “sviluppo tennico” un sacco di gente continua ad essere povera, per esempio io.

CAMILLO
Un viaggio non è una cosa che tocchi, ma anche un fucile non è solo una cosa che tocchi.

GALERIO
La mia partenza è il mio arrivo…prima e dopo, terra di nessuno.

UOMO SENZA NOME
Però quelli che ci credono dicono che la vita è breve, che ci dobbiamo sbrigare, non c’è tempo, dobbiamo arraffare tutto quello che possiamo.

ISOLINA
Non saremo più gli stessi.

UOMO SENZA NOME
Ecco il risultato…Da Piazza Colonna a Santa Croce in Gerusalemme trentasei minuti. Io una volta con l’onnibus a cavalli ci mettevo più di un’ora. Ed ero contento, perché a me la vita mi pareva più lunga… Eh, il secolo nuovo è già principiato, siamo nel 1912, ci stanno dei macchinari che fanno paura… Come il piroscafo che ho visto al porto di Napoli, alto come due palazzi, coi comignoli che soffiavano nuvole più nere di quelle della pioggia… E poi dicono che in Libia, nella guerra, c’abbiamo gli aerei che buttano i gas velenosi sopra alle capanne dei selvaggi…boh, non lo so perché facciamo queste cose. Forse vogliamo far vedere ai selvaggi che lo sviluppo tennico noi ce l’abbiamo, e loro invece…No, io non ci vado in guerra. Il viaggio mio è un altro. Per lo Stato non ce l’ho un nome. E uno senza nome come fai a chiamarlo in guerra?

Avanza Camillo, in divisa.

CAMILLO
Ascoltatemi bene. Io sono il vostro comandante, capitano conte Galerio Filonardi. Voi siete i soldati del Regno D’Italia, la nostra libertà è recente ma non per questo sacrificabile. Combattete per il futuro del nostro giovane Regno. Questo deserto selvaggio dovrà piegarsi, con l’obbedienza o col sangue; la Cirenaica era nostra ai tempi dei romani. Abbiate il coraggio di rinunciare a voi stessi. Abbiate il coraggio di morire. Sono il Conte Galerio Filonardi, vostro capitano. Siamo uomini armati nel deserto. I beduini non sono nostri simili. Vi chiedo di prepararvi alla fucilazione di questi esseri animaleschi. Al suono dei vostri fucili cadranno come mosche. Oggi è Tripoli, domani sarà tutta la Libia! In nome di Sua Maestà! At’tenti! Caricat- Puntat- Fuoco.

Camillo torna nella sua tenda, si siede ad uno scrittoio da campo.

CAMILLO
“Scusami se ti scrivo ancora, ma ho bisogno di raccontarti quello che mi succede. Qui tutti mi obbediscono, un mio ordine li fa scattare. A volte non riesco a crederci a questo gioco. Nessuno dubita, fidati: per tutti qua io sono te, io sono Galerio…”

GALERIO (legge)
“…quello che mi succede. Qui tutti mi obbediscono, un mio ordine li fa scattare. A volte non riesco a crederci…a questo gioco…”

CAMILLO (scrivendo)
“ E’ difficile, ma è bello fare finta di essere qualcuno che non sei.”

GALERIO (legge)
“Sto mantenendo il nostro patto, nessuno conosce il nostro segreto.”

CAMILLO (scrivendo)
“Ho solo una domanda da farti…Adesso che io sono Galerio, a te come dovrò chiamarti? Tu che ci sei nato, Galerio.”

Galerio è al bordello, prende un foglio, scrive. Accanto a lui Madame, addormentata.

GALERIO
“Rispondo alla tua lettera con questa mia. Io sono un amico che vive ospite nella casa che tu hai ereditato da tuo padre. Per tutti qui a Roma la verità è questa. Se ti fa piacere, chiamalo gioco.”

CAMILLO (legge)
“…Se ti fa piacere, chiamalo gioco…”

GALERIO (scrivendo)
“Ormai io sono solo al mondo. Ho trascorso così tanti anni a Parigi che qui nessuno ricorda più le mie fattezze…”

CAMILLO (legge)
“…ricorda più le mie fattezze. Quanto al mio essere Galerio…”

GALERIO (scrivendo)
“…quello che dici è inesatto, e te lo dimostro: una volta ti chiamavi Camillo, ma per sancire il nostro patto hai rinunciato al tuo vecchio nome e l’hai dato a quell’uomo che non aveva nome…ora, per il mondo, Galerio sei soltanto tu.”

L’uomo senza nome si sveglia di soprassalto nel suo letto.

UOMO SENZA NOME
E’ tutto buio, non ci vedo. E non mi ricordo. Dove sono? Soprattutto, chi sono? Eh, non sono domande da fare a quest’ora. Non mi ricordo niente, quando, dove, cosa. Passa il tempo ed è sempre più buio… A un tratto, una lagna, un respiro…c’è qualcuno dentro ‘sto letto… è una donna… sto a letto co’ una donna… Oddio, chi è! E all’ improvviso mi ricordo un sogno… lavoravo da un cassamortaro, ero un trovatello, non c’avevo il nome, e tutti mi chiamavano “oh!”, “coso”, “cazzabbubbolo”; ma un giorno viene a bottega un giovane conte in partenza per la guerra, che mi dice che c’ha un nome di troppo, Camillo… “Prendilo, è tuo”. Io non mi metto a chiedergli come fa ad averci due nomi, lo ringrazio, piango, perché per la prima volta ho un nome tutto mio, mi aveva battezzato sopra alla capoccia, mi chiamavo Camillo… Ah… ma aspetta un pò… questo non è un sogno manco per niente. E’ la vita mia. E’ così che è andata. Allora questa donna che mi dorme qua dev’essere… sì, l’ho conosciuta al porto di Napoli, voleva andare all’America. E’ proprio lei. Peccato che è buio, è così bella.

GALERIO (scrivendo)
“…tua moglie. L’unica persona a conoscenza di quello che eri prima.
Ti vorrebbe ancora straccione.”

CAMILLO (scrivendo)
“Ho incaricato quell’uomo senza nome di farla scomparire.”

UOMO SENZA NOME
Il conte m’aveva detto di ammazzarla, in cambio del nome che mi regalava.

GALERIO (scrivendo)
“Mi prendi per esaltato, se ti dico che siamo due semidei che si sono sottratti al solco delle loro esistenze…? Ti ho conosciuto quando eri un parassita, rubavi a casa mia, potevo farti arrestare, ma insieme abbiamo fatto un patto, e ora sei partito per la guerra al mio posto…Ora sono un’astrazione. Se togli diritti e doveri, che cosa resta di un uomo? Io non vivo crocifisso a me stesso, io sono un esperimento scientifico.”

UOMO SENZA NOME
Io non ce l’ho fatta. Era troppo bella, ammazzarla sarebbe stata una bestemmia. E poi m’ha detto che era incinta. L’ho riaccompagnata a Roma. A lei faceva strano di trovarsi un altro Camillo tra i piedi. Ma non m’ha chiesto niente, e io non ho fiatato… insomma, adesso dormiamo sotto lo stesso tetto. Anche se non l’ho mai toccata nemmeno con un dito. (la accarezza) Almeno da sveglia. Si chiama Isolina.

JOLANDA
Mi chiamo Isolina.

UOMO SENZA NOME
Al porto di Napoli l’avevo vista che si scambiava i documenti con una donna, che la copriva di soldi per salire sulla nave al posto suo… tutti hanno pensato che Isolina è partita per l’America.

JOLANDA
All’America dovevo andarci con mio marito. Ma lui non ha fatto in tempo, è morto. E mentre moriva mi ha guardata dritta negli occhi, ed è stato come se mi diceva: Jolanda, vai tu! Questa è la tua vita che comincia con la mia morte. Non me lo sono fatta dire due volte. Sono arrivata a Napoli, ho comprato questo documento, e via. Adesso mi chiamo Isolina.

UOMO SENZA NOME
Adesso la gente la chiama Jolanda. E pure io la chiamo Jolanda, anche se
lo so che il vero nome suo è un altro. Lei si fida di me. Nessuno l’ aveva fatto mai. Non sa che avevo promesso di ammazzarla, in cambio del nome che porto.

Isolina smania nel sonno.

ISOLINA
Camillo… Camillo…

UOMO SENZA NOME
Non le è proprio andato giù, ‘sto Camillo…che poi secondo me questo in Africa non lo sa, che sta per nascergli un figlio…Forse, se lo sapesse tornerebbe. Speriamo che non glielo dice nessuno… Oh, scusa, t’ho svegliato?

ISOLINA
Ogni mattina che Dio mandava m’ alzavo e pensavo a Camillo. Camillo mica questo. Camillo mio, Camillo che me c’aveva camminato sopra alla vita mia. E che continuava a fallo, perché ogni mattina che m’ alzavo gli volevo più bene de prima.


MADAME
A chi scrivi?

GALERIO
A Galerio.

MADAME
A te stesso? Andiamo bene.

GALERIO
Smettila, puttana. Galerio non è qui con te.

MADAME
Cum te simti, cum se simte…

GALERIO
E parla una lingua che conosco.

MADAME
Ho chiesto come sta Galerio.

GALERIO (scrivendo)
“Sono qui al bordello, Madame Chinoise chiede di te.”

CAMILLO (scrivendo)
“Quella puttana mi fa paura.”

Camillo smette di scrivere, esce dalla tenda.

CAMILLO
Tenente! Faccia disporre gli uomini per le nuove esecuzioni. Uno dei fucili caricato a salve, così ogni soldato avrà il diritto di credersi innocente. La mia pistola, invece, caricata per i colpi di grazia. Regio plotone! At-tenti! Caricat… Puntat…

L’uomo senza nome accende un fiammifero, lo offre a Isolina.

UOMO SENZA NOME
Fuoco, per la stufa…

ISOLINA
Ah, sì, vabbè.

UOMO SENZA NOME
La guardo e non ci credo. Non me la merito. Sono un poveraccio. Ma pure lei è una poveraccia, non c’ha nessuno, e infatti va a vivere col primo che capita, Camillo, che poi sarei io… Prima che il conte mi battezzava Camillo io non ce l’avevo un nome; mi piaceva il nome del babbo del cassamortaro, Artemio. Mi faceva ridere. Allora l’ho scritto per scherzo sulla lista di quelli che partivano, giù al porto di Napoli…eh, così l’ho spedito lontano quel nome, all’America…Basta un nome per essere un uomo? E io che ne so. Io non ce l’ho mai avuto un padre che m’ha imparato come si fa… come si diventa un uomo, un eroe, un cavaliere. Un cavaliere gentile.

ISOLINA
Che c’hai, perché stai zitto?

UOMO SENZA NOME
No, volevo dirti… viviamo sotto lo stesso tetto, il vicinato chiacchiera…

ISOLINA
E te lascialo chiacchiera’.

UOMO SENZA NOME
No, volevo sapere… ma tu… ci pensi a me? Mi vuoi un poco di bene? Mi vorresti sposare?

Isolina non risponde.

UOMO SENZA NOME
Queste domande avrei voluto farle, invece me le tenevo per me, il coraggio non ce l’avevo. Una donnina così piccola mi metteva una soggezione…

ISOLINA
Noi non dobbiamo rende conto a nisuno.

UOMO SENZA NOME
Sono geloso di Camillo. Pare che Camillo vero è lui. Adesso che c’ho un nome, scopro che qualche volta fa pure male…Senti un po’, rispondi: perché cambi sempre faccia quando la gente mi chiama per nome? Rispondi!

Isolina non risponde.


UOMO SENZA NOME
Eh… chi ce l’aveva il coraggio di parlarle così?…Però lei sembrava che mi leggeva nei pensieri; una volta m’ha guardato con una pena, una pena, come si guarda il più poveraccio dei poveracci.

L’uomo senza nome dà uno schiaffo a Isolina.

UOMO SENZA NOME
Oddio, questo gliel’ho dato per davvero.

ISOLINA
Che c’aveva nelle mani… so’ mezza svenuta.

UOMO SENZA NOME
Mi dispiace! Mannaggia! (cerca di rianimarla con nuovi schiaffi)

ISOLINA
Ahò… non t’abbasta quello che m’hai già dato?

Galerio sta ancora scrivendo.

MADAME
Alors, tu as fini?

GALERIO
Niente viene mai finito.

MADAME
Che cosa posso fare per te?

GALERIO
Dovresti morire.

MADAME
Perché conosco il tuo segreto?… Se vuoi, mi sono arrivati dei libri nuovi. Più tardi viene a trovarci D’Annunzio. Ou bien, preferisci etere, oppio…o una ragazza, un efebo…?

GALERIO
Dimmi il futuro, quello ti riesce.


MADAME
Quale futuro? Tu n’existes pas!

GALERIO
Anni fa, a Parigi, mi hai detto come morirò.

MADAME
No… A Parigi io ho visto che un uomo chiamato Galerio veniva ucciso per mano di qualcuno. E in quell’immagine, forse io stessa ero coinvolta… Ma chissà com’è, tu continui a venire a letto con me.

FOSCO
Quanto m’ aggrada la vita di mare! Tutta quest’acqua sotto allo culo!… E’ proprio vero che è Dio che decide, a me m’ha mandato un uomo, un angelo! E’ stato lui che m’ha imbarcato sopra a questa nave, direzione delle Americhe! Stavo al porto di Napoli, e questo mi dice che sulla lista ci sta scritto il nome Artemio, e che se io vado e dico che Artemio sono io, mi fanno partire. Perché l’ha fatto? Un mistero! Comunque adesso galleggio sopra a questa nave dell’oceano, e mi chiamo Artemio.

JOLANDA
Sulla nave l’ho detto a tutti che mi chiamo Isolina.

FOSCO
Oh, ho sentito gridare… vedo uno che scappa, un clandestino, sto per dirgli “dove corri?”, ma gli sparano, e la voce mi resta tra le spalle, e quello casca giù di sotto… dentro nel mare. Ecco la fine che fanno i clandestini. Dio deve benedire quell’uomo che m’ha fatto imbarcare da regolare col nome Artemio. Per carità, dormo di fuori, fa un freddo che si muore… ma all’Italia la polizia mi cercano come ammazzatore di un cristiano che invece non avevo fatto in tempo ad ammazzamentare.

JOLANDA
Isolina, la mia nuova vita. Isolina, il mio nuovo nome, un nome cascato in testa a una donna finita… finita? E quando mai cominciata! Io stavo al paese mio a fare la calzetta, aspettavo solo di finire monaca, e mo’ sto andando all’America! Isolina! Lo grido pure ai pesci che saltano. Isolin… oh, e quello là sotto che fa?… Uomo a mare! Uomo a mare!

FOSCO
I passeggeri guardavano a quel disgraziato nell’oceano e chiedevano chi era… Il corpo affondava tra le ondate… Eh, un clandestino senza documenti. Quando tutti se ne sono andati, ho preso i vecchi documenti miei, quelli col nome che c’avevo prima, Fosco… e li ho buttati giù dentro nel mare. Tie’, Fosco sei tu, adesso.

ISOLINA
Non è vero che mi chiamo Jolanda. Il nome mio, quello vero, è Isolina. E non è questo mio marito. Camillo vero m’ha mollato per anda’ appresso a un conte. Poi gli ha dato di volta il cervello e a cominciato a dire che il conte era lui. E’ andato a fa’ la bella vita. E io che ce sto a fa’ con questo? Non è quello che pensate. E manco il contrario. Io ce sto perchè me fa pena.… e pure qualchecos’altro, ma l’amore no. L’amore ce l’ho per Camillo. E’ ‘na matassa che non sbroglio. Anche se certe mattine la faccia sua me s’è fatta nebbiosa …C’ho fame. Hai sentito? C’ho fame!

UOMO SENZA NOME
La dispensa è vuota. E’ finita pure la legna per il fuoco. E soldi non ce n’abbiamo più.

ISOLINA
Che stai a di’? …Io sto incinta, devo magna’ pe’ due.

UOMO SENZA NOME
Se vuoi… c’è rimasto ancora qualche rametto sull’albero…

ISOLINA
Magnatelo te! Io c’ho fame! Non me bastano più le foglie dell’alberi e i rami tenerelli!

UOMO SENZA NOME
Sono uscito a cercare. Non lo sapevo che. Ero disperato. La notte era gelata. Come fa a sposarmi, se neanche trovo da mangiare… Mannaggia a me, perché avevo lasciato il cassamortaro, là almeno mi pagavano… Solo perché adesso c’avevo un nome?, bè i nomi non si mangiano. Che mi credevo di fare? Chi sei te lo cuciono addosso da prima che nasci, non puoi diventare qualcuno, se nasci come sono nato io, nessuno… Oh, mi scusi!

GALERIO
A chi parli?

UOMO SENZA NOME
Non volevo darle quella botta.


GALERIO
A chi parli? Qui non c’è nessuno.

UOMO SENZA NOME
Un momento, ma lei…

GALERIO
Cosa guardi?

UOMO SENZA NOME
Io la conosco, a lei.

GALERIO
Stai zitto! Tu stai parlando da solo!

MADAME
Sst… Galerio smettila, sennò arrivano le guardie.

UOMO SENZA NOME
L’ha chiamato Galerio. E quello è scappato via. Ma io l’avevo riconosciuto, anche in quel vicolo buio, era l’amico del Contino Filonardi, l’ avevo incontrato a Palazzo quando ero andato a sotterrare il Conte vecchio… però, era il Contino che si chiamava Galerio e che m’aveva regalato ‘sto nome Camillo… che poi, da dove veniva questo nome e perché lo dava via e perché me lo dava proprio a me, io non gliel’avevo chiesto… Ma allora quell’uomo chi era? C’avevo bisogno di capire…E’ permesso?

MADAME
Est tard pour certaines choses. Le femmine dormono.

UOMO SENZA NOME
Quali femmine?

MADAME
Le femmine del mio bordello.

UOMO SENZA NOME
Ho chiesto da mangiare… e mentre lei mi dava degli avanzi, le ho chiesto se conosceva un certo Camillo.

MADAME
… un amigo del Conte Filonardi… pero esta muerto.

UOMO SENZA NOME
Ho portato la roba a casa, abbiamo mangiato, anche il figlio nella pancia. Dopo Isolina s’è addormentata… faceva un freddo, era buio, mi sentivo solo, la carne è debole, sono tornato da quella donna.

MADAME
E’ quasi l’alba. Sei testardo.

UOMO SENZA NOME
Anche io mi chiamo Camillo…

MADAME
Ma cosa tocchi… calma, calma, bambino…Ruhe! Wie heiss du?
Woher kommst du shatzele?

UOMO SENZA NOME
Per me era la prima volta, tutta completa, cioè. Avevo giusto dato qualche strusciatina alla festa del rione, quando le ragazze bevono. E una volta m’ero sdraiato sopra una bella donna nel retrobottega del cassamortaro, mentre la preparavo per il funerale… Ma adesso m’ero trovato ‘sta zingara che parlava cento lingue, e io ne capivo mezza.

MADAME
Come pensi di pagarmi?

UOMO SENZA NOME
Non c’ho una lira…te posso puli’ casa.

MADAME
Hai un lingam che fa invidia al terribile Shiva, il Distruttore.

UOMO SENZA NOME
… se quest’ amico tuo è invidioso, peggio per lui…e ‘sta forestiera mi si piazza sopra a cavalcioni, arrovescia gli occhi, le viene la bava alla bocca, come a un cane affamato… Signora, ti senti poco bene?

MADAME
Ogni cosa viene distrutta e ricreata di nuovo…Doslo je vrijeme da idem…

UOMO SENZA NOME
Signora, con chi ce l’hai?

MADAME
…il ritorno nella tua terra si avvicina…blizi se povratak u tvoju zemlju…

UOMO SENZA NOME
Parli con me?

MADAME
Tu no eres Camillo! Quel nome ti è cascato sulla testa. Wie heiss du?
Qual è il tuo nome?

UOMO SENZA NOME
Io non sono nato con il nome… Una volta, mi piaceva il nome Artemio…

MADAME
Non prendermi in giro, voglio il nome che si nasconde dietro di te… sento che c’è, ma non riesco a pronunciarlo…ocu ime koje krijes, znam da je tu, ali ne mogu da ga izgovorim…

UOMO SENZA NOME
Non ce l’ho, te lo giuro…

MADAME
… Tu ma non tu, tu ma non tu, tu ma non tu…ti si a nijesi ti, ti si a nijesi ti…

UOMO SENZA NOME
Abbiamo finito con questa che strillava che pareva di stare all’opera, e io mi sentivo bene, meglio, alleggerito.

MADAME
Tu da dove salti fuori?

UOMO SENZA NOME
Sono quello che non c’avrebbe una lira.

MADAME
Y porque?

UOMO SENZA NOME
Eh, perché non lavoro.


MADAME
Ah no?… Sta’ a sentire. Bajo el rio, vicino alla dogana vecchia, c’è un magazzino col tetto sfondato, pieno di stoffe che se non ti sbrighi marciscono…Tu ripara il tetto e vendi le stoffe. Esto me parece un trabajo.

UOMO SENZA NOME
Solo una puttana è capace di darti un consiglio così. Ho fatto come ha detto lei, ho lavorato come un mulo. Non ci crederete. Aveva ragione. Ho cominciato a guadagnarci, con Isolina mangiavamo un giorno sì e uno no. Anche se… non le ho mai chiesto la storia di Camillo, e forse era proprio lei la persona che ne sapeva di più. La domanda ce l’avevo sempre sulla punta della lingua… ma non volevo farla soffrire. Era troppo bella.

ISOLINA
‘Mbè… perché mi guardi così?… Che vuoi?

UOMO SENZA NOME
Vorrei chiederti una cosa.

ISOLINA
E parla.

UOMO SENZA NOME
Ti prego, non dirmi di no.

ISOLINA
Allora? Che.

UOMO SENZA NOME
Sposami. Anche se non mi ami. Per favore. Amore. Io ti amo che basta per tutti e due. Anzi, per tutti e tre. Sposami, anche se sono brutto. Sposami, anche se ti faccio pena. Sposami, anche se sono vecchio. Sposami anche se pensi a un altro. Pensa a chi te pare ma sposami, amore mio, così prima o poi t’impari a chiamarmi amore mio. Pure se non me lo meriterò sempre.

ISOLINA
Non c’è bisogno di sposarsi…sono già sposata a uno che si chiama Camillo. Non me lo devi chiedere. Ci siamo già sposati. Ci siamo sposati che era l’altro secolo.


GALERIO
Uscito da Palazzo Filonardi. Notte. Un’ombra per le strade. La città vuota è palazzi senza uomini. Viene voglia di pregare, invece mi guardo indietro. Ho lasciato una luce accesa…l’ho dimenticata io. Una luce in tutto quel nero. Poco dopo, un fruscìo, un passante...“Mi scusi…vede quella finestra illuminata? Saprebbe dirmi chi ci abita? Non l’ho mai capito.”

MADAME
Camillo… Camillo della Libia, Camillo dei deserti… Ora vedo, ahora jo se tu nombre…

CAMILLO
La puttana, a Roma, nel bordello… Come fa a saperlo…

MADAME
Nijega Camillo, njega si poslije uzeo... Non sei Camillo… quel nome te lo sei preso dopo…

CAMILLO
L’ho sognata ancora. Me la sogno tutte le notti. Mi fa paura.

MADAME
Ti si a nijesi ti. Ti si a nijesi ti.

CAMILLO
Tutto sta precipitando… dopo mesi di vento nel deserto siamo partiti da Tripoli mezza bruciata. Il Generale annuncia che lasceremo delle guarnigioni, ma il nostro battaglione viene spostato. Domando qual è la nuova destinazione. Il Generale, senza più un occhio, mi guarda: “L’Italia ha aperto altri fronti per fiaccare i turchi, andiamo a dare manforte a coloro che si rivoltano contro gli Ottomani nei balcani…” Nei balcani…“Nel Montenegro”… Crna Gora… La Montagna Nera. Avevo avuto la risposta alla mia domanda. Quella sì che era una risposta.

FOSCO
M’era già capitato di addormirmi all’aperto, sotto al cielo, allo paese mio. Ma qua, sopra a ‘sta nave, in mezzo all’oceano, tutta un’altra cosa… Il sole, il sale, le nuvolaglie, ti senti piccinello…mi ero organizzato. Mi mangiavo i resti che gli sguatteri lasciavano ai gabbiani. Arrivavo prima dei gabbiani e li scacciavo via… Una volta ho acciaccato un gabbiano, m’è rimasto sotto la scarpa. Bè, l’ho spiumato e mi so’ mangiato pure quello. A crudo, bono.Una specie di faggiano che puzza di pesce. Pure la scarpa però mo’ puzzava di pesce. Ho fatto fatica a non mangiarmi pure quella.

JOLANDA
Con gli ultimi soldi che m’erano rimasti, m’ ero comprata sottobanco una cabina con altre tre femmine. Ma la coperta me l’avevano rubata.

FOSCO
Qua ti svegli che sei una zuppa d’acqua. Io però mi sono messo d’accordo col fuochista che di giorno mi fa asciugare la coperta dentro alla sala macchine… certo, mentre la coperta si scalda io di fuori mi muoio dallo freddo. Ma quando torna, sto un poco meglio.

JOLANDA
Giovane! Questa coperta è la mia! Riconosco il numeretto!

FOSCO
Ma quando mai! Che vuoi!

JOLANDA
Iiih, hai visto il mare… Il mare si è alzato!

UOMO SENZA NOME
Che c’hai, stai poco bene?…

ISOLINA
… stavo a S. Pietro a di’ ‘na preghiera, c’ho avuto una fitta, me so’ intesa male… per poco non lo facevo lì il regazzino.

UOMO SENZA NOME
…‘na preghiera?

ISOLINA
Si non prego bestemmio, meglio si prego, no?

UOMO SENZA NOME
Vieni qua che t’aiuto…

ISOLINA
Lasciame, me stai sempre addosso, me pari una cammeriera… lasciame respira’!


UOMO SENZA NOME
Scusami amore.

ISOLINA
E non me chiama’ amore. Io non so’ l’amore tuo. Io non so’ l’amore de nessuno. Io con te ce vivo però penso a un altro, va bene?… io so’ de ‘n’ altro!

JOLANDA
Ah! I cavalloni, la tempesta, la nave si inclina!

Sballottata tra le onde giganti, la nave è come un giocattolo in un teatrino.

FOSCO
Signori’, aiutatemi! Io tengo paura! Non voglio morire!

ISOLINA
Non ci perdere tempo con me, ‘sto figlio non è tuo.

UOMO SENZA NOME
Non è mio.

ISOLINA
E non me tratta’ come tu’ moglie. Noi non semo una famiglia.

UOMO SENZA NOME
Tu dormi con me.

ISOLINA
Non ce sta amore dentro quel letto.

UOMO SENZA NOME
Sta’ zitta.

L’uomo le salta addosso, comincia a strapparle i vestiti.

FOSCO
Signori’, ma si può rovesciare?

JOLANDA
Sì, ma mica davanti a me!

FOSCO
No, dico la nave: si può rovesciare?

CAMILLO
Siamo arrivati!… Durres…la costa dell’Albania… vedo i minareti… ci mettiamo in cammino verso l’interno, il Montenegro, la Montagna Nera, il destino mi da la caccia… Crna Gora… le montagne sono facce invecchiate… dopo giorni di marcia arriviamo ad una gola dove c’è un villaggio.

MADAME
Iskenderum…Prends garde à toi!

CAMILLO
Nessun uomo può sopportare questo. Ogni cosa è diventata buia.

JOLANDA
Siamo vivi… Siamo vivi… La nave galleggia ancora… Oh, come ti chiami, siamo vivi!

FOSCO
Fosc…Ehm, Artemio.

JOLANDA
Isolina, tanto piacere. Stavamo morendo insieme, diamoci del tu.

FOSCO
Sei troppo spigliata come femmina.

JOLANDA
Perché non sono una femmina. Io sono una che era morta da viva. Anzi, che non era nata proprio.

FOSCO
Io non ti capisco. Posso farti una domanda? Ma tu sei puttana?

JOLANDA
Giovano’, ti mollo uno scatafazzo che t’acchiappa tutta la faccia, eh!

FOSCO
Dicevo, per mestiere: che fai, la puttana?… Di dove sei?


JOLANDA
Polignano a mare.

FOSCO
E dove cazzo sta?

JOLANDA
E tu di dove sei?

FOSCO
Della Sessa Aurunca.

JOLANDA
Ah, non sei taliano.

FOSCO
Che ci fai su questa nave?

JOLANDA
Questa nave è una sfida col destino.

FOSCO
Uh madonnina, mica ti capisco.

JOLANDA
Ma non t’ accorgi che questa nave fa schifo? E’ un pezzo di ferro arrugginito che non si sa manco se arriva!

FOSCO
Perché, questa nave non arriva?

JOLANDA
Mica tutte arrivano dall’altra parte… oh, che ti piglia?

FOSCO
Non mi sento bene… allora perché l’hai presa?

JOLANDA
Volevo la prima che partiva.

FOSCO
Io voglio la prima che arriva.

JOLANDA
… hai visto quanti cristiani siamo sopra a questa nave… ammassati uno sopra all’altro, strozzini, preti spretati, gente che scappa, feccia…
A proposito di feccia, ridammi la coperta.

FOSCO
Io sono gente che scappa…perché è morto uno.

JOLANDA
Sei stato tu?

FOSCO
Stavo per farlo, ma un altro l’ha ammazzamentato prima e m’ hanno incolpato a me. Non riesco mai a fare niente per primo.

JOLANDA
Pure mio marito è morto, voleva portarmi all’America. E adesso ci vado da sola, scavalco il mondo sopra a ‘sta pentola... tu ci credi a uno che muore e ti spalanca un cancello per la vita?

UOMO SENZA NOME
Io non sono come gli altri. No. Io non l’ho conosciuto mio padre, mia madre, la famiglia mia. Così tutte le volte che per strada vedo uno smemorato, uno che s’è sperso, uno scimunito… penso che quello potrebbe essere mio padre, mio fratello, mio nonno… questo so fare io. Mi so soltanto lamentare.

CAMILLO
“Caro Galerio… ti scrivo perché ci sono cose che è importante che tu sappia. Per tutti qua nei Balcani io sono ‘il capitano malato’, mi chiamano così. Ti racconto com’è andata. Un giorno ho conosciuto un montenegrino che fa da guida alle nostre truppe. Il suo nome è Lazar, è nato nel villaggio che sta nella gola accanto, Iskenderum. Questo Lazar comincia a insistere che assomiglio a un ragazzino del suo villaggio che non ha più visto… insiste, insiste… e ad un certo punto mi dice qualche parola in italiano… lì mi accorgo che fino a quel momento aveva parlato in montenegrino… “Signor capitano – dice in italiano – lei capisce molto bene la nostra lingua.” Tiro fuori la pistola, ho bisogno di premere il grilletto… mi sparo su un piede... Caro Galerio, c’è un mistero che devi scoprire. Soltanto venendo qui, potrai dire di sapere veramente chi sono.”

GALERIO
Dobbiamo partire.

MADAME
Toi et moi?

GALERIO
Dobbiamo andare a riprenderlo nel Montenegro, è ferito, vaneggia. Per lettera mi chiama Galerio. Dobbiamo riportare il Conte in patria.

MADAME
Crna Gora…

GALERIO
Viaggeremo come marito e moglie.

MADAME
Je fais la putain.

GALERIO
Abbiamo un letto sull’Orient-Express da Venezia a Mitrovica.

MADAME
Un voyage paradoxal. Lasciata l’Italia, abbiamo cominciato la discesa verso i Balcani. Si respirava un’aria pesante. Guardavo la terra, froide et sèche…les enfants, sporchi, vivono come bestie…e io penso che miserie diverse ci fanno paure diverse.

CAMILLO
“Caro Galerio… i giorni seguenti le cure mi salvano dalla cancrena, passo il tempo nella tenda al ripararo dai temporali. Lazar viene a trovarmi tutti i giorni. Mi parla di questa terra, della gente e della loro fede… e mi dà questo libro.”

Un vecchio libro con la copertina verde.

MADAME
Ripensavo alla mia profezia…a Parigi avevo visto la morte di Galerio per mano di qualcuno, che addirittura potevo essere io… ma era davvero Galerio in quell’ immagine? Sto facendo questo viaggio per scoprirlo.

CAMILLO
“Quando resto da solo a volte mi bagno il viso, mi tolgo le scarpe e prego. Non so chi, non so come. E’ una cosa che faccio da solo. E’ una cosa mia.”

GALERIO
Vuoi etere, madame…

MADAME
Dovresti smettere, ti esce sangue dal naso.

GALERIO
Eh…niente io niente tu niente domande risposte questo veleno gratta le pareti, e dall’altra parte sento dio che ha paura di me… perché dio esiste e io no…

MADAME
All’orizzonte crescono cime che sembrano tetti. E’ la Montagna Nera. Siamo arrivati.

FOSCO
Non s’arriva mai. Il viaggio è lungo. Ma quanto ci mette ‘sta nave? ‘St’ oceano è tutto uguale…

JOLANDA
…il sole… che s’accende sopra a noi, s’è appena spento sopra a qualcun altro…

FOSCO
Siamo vivi… ma ancora per poco. Non ci sta più roba da masticare.

JOLANDA
Che ne sai…?

FOSCO
Sono andato nelle cucine… s’è arrubbata tutto la tempesta, e qualche cosa pure i topi.

JOLANDA
Ci sono i topi?

FOSCO
‘Sta nave porta in America più topi che cristiani.




JOLANDA
E se fosse una presa in giro… E se non l’hanno scoperta, l’America, e c’è solamente mare… Forse l’America non l’hanno ancora inventata… L’avranno inventata, l’America? Oh, dico a te: l’hanno inventata?

FOSCO
Non ce lo so, signorina.

JOLANDA
Abbracciami… Artemio.

FOSCO
Isoli’… Devi stare sveglia, Isoli’.

Fosco abbraccia Jolanda.

JOLANDA
Non so se ce la faccio…mi viene da dormire…

FOSCO
No…. Dobbiamo fare la guardia, per i topi…

JOLANDA
E perché… non c’è più niente da masticare…

FOSCO
Beh, noi possiamo masticare a loro.

UOMO SENZA NOME
Gli affari vanno bene. In pochi mesi il magazzino mio ha cominciato produrre stoffe in proprio. Ho quindici lavoranti e tre telai. E appena oggi ho firmato un compromesso per un negozio tutto mio a Borgo. Non faccio per dire, ma adesso con Isolina mangiamo tre volte al giorno… E allora che cosa c’è che non va? E’ una vite che mi s’avvita dentro. Ho bisogno di capirci di più. Perché non vivi se non capisci… chi sei, e perché questo nome t’è cascato in testa proprio a te, e perché dovevi ammazzare una donna per averlo… pure ai neonati i nomi gli cascano in testa, ma io devo sapere che significa essere Camillo, da dove viene ‘sto nome e che ci sta nascosto dentro… l’uomo che la puttana aveva chiamato Galerio… Galerio era il nome del Conte … la puttana aveva detto che l’amico del Conte era morto…


MADAME
Signor Conte. Uno spettro. Bianco, smagrito. S’appoggiava a un bastone, all’ingresso di una tenda. L’accampamento era sopra i ponor della Montagna, gole abitate da pietre, pioggia, vjetar, fulmini e un vento che non finisce. Sudbna me pozva.

GALERIO
Preparati. Vieni via con me, tu non sei più in condizioni.

Camillo avanza zoppicando.

CAMILLO
Per uno che parla, serve uno che sta zitto, la luce finisce dove comincia l’ombra. E’ un proverbio di queste parti.

GALERIO
Dài, partiamo.

CAMILLO
Iskenderum…laggiù mi aspettano…devo portargli qualcosa indietro, qualcosa indietro…

GALERIO
Noi due abbiamo stretto un patto. Galerio sei tu.

CAMILLO
Nijesam ja ti. Ja sam rodjen ovdje, u ona brda…

GALERIO
Come parli?

CAMILLO
U ono selo, nijesam talijan, ovo je moja zemlja.

GALERIO
Che ti hanno fatto questi selvaggi?

CAMILLO
Sudbina me pozva. Je sam vam neprijatelj.

GALERIO
Smettila! Te la strappo, quella lingua!

CAMILLO
Ho detto la verità.

GALERIO
Quale?

CAMILLO
Io sono nato qui. Dentro questa gola, in quel villaggio che si chiama Iskenderum.

MADAME
Iskenderum.

CAMILLO
Io sono nato qui. Ero nascosto in Italia da quindici anni, quando sono venuto a rubare nel tuo palazzo…

GALERIO
Tu non sei sano.

CAMILLO
Non sono italiano.

MADAME
Si chiama Aq-mel.

CAMILLO
Mi chiamo Aq-mel. Zovem se Aq-mel. Sono venuto via da piccolo, non ho fatto che rubare, perchè non avevo portato niente dalla mia terra.

MADAME
Avevi portato te.

CAMILLO
Solo fotografie, ritratti della mia gente, per non dimenticare… ma li ho perduti, non li ho più con me, non li ho più… Da bambino gli anziani m’avevano dato l’ incarico di andare a vivere nelle terre del tramonto, e riportargli qualcosa indietro… Il mondo sta cambiando, Aq-mel…noi aspetteremo il tuo ritorno…Moram im nesto ponijet…

GALERIO
Che stai dicendo.

CAMILLO
Questa è la mia terra. Io sono un vostro nemico.

GALERIO
Sei impazzito… sei impazzito…

CAMILLO
Mi staranno ancora aspettando… E ho voglia di tornare da loro? Troppo tempo è passato…un secolo fa sbarco a Pescara, e vado all’Aquila, e lì incontro un avvocato che si chiama Camillo, e Camillo mi sembra la traduzione di Aq-mel…zovem se Aq-mel…e costruisco la ferrovia verso Rieti, e intanto che i binari crescono divento un uomo, e incontro Isolina, e la sposo e andiamo a Roma, questo ho fatto, questo ho fatto.

GALERIO
Tu sei me… tu sei me!…

CAMILLO
Il destino mi ha chiamato… dovevo portare qualcosa a Iskenderum, ma non ho niente… non ho più niente, non sono più niente… solo un’ allucinazione.

MADAME
Galerio ha convinto il comandante a chiamare un’adunata, il Conte aveva bisogno di cure immediate. I soldati hanno salutato il capitano malato con salve di fucile.

GALERIO
Torniamo a casa.

ISOLINA
Oh… c’ho una fame... tornamo a casa ?

UOMO SENZA NOME
Bè, mica a piedi, tu sei pure incinta... Faccio ‘na botta da matto… Chiamo una vettura a motore.

ISOLINA
Non te pare esagerato?

UOMO SENZA NOME
E perché? I soldi ci stanno.

ISOLINA
A me non me piacciono ‘ste cose.

UOMO SENZA NOME
Ah, guarda, eccone una… Vetturale!

ISOLINA
E’ occupata…

UOMO SENZA NOME
Vetturale!

Isolina riconosce un viso nell’automobile.

ISOLINA
L’ho veduto. Camillo mio. Dentro quella macchina a motore, da dietro a un vetro, ma l’ho veduto. Eccote dove sei finito, Camillo, dopo tutto ‘sto tempo.

CAMILLO
Isolina… appena tornato a Roma, e ti vedo… che bella che sei.

ISOLINA
Ma che stai in divisa? …e perché così pallido?

CAMILLO
Sei incinta… è figlio mio?…

ISOLINA
Camillo, amore mio, sei tornato...

CAMILLO
Isolina…solo io t’ho visto…

GALERIO
Che c’è… Che cosa guardi dal finestrino?

CAMILLO
Niente. Il vetro è sporco.

ISOLINA
Per l’emozione me se so’ rotte le acque. Suo figlio voleva uscire a salutarlo. C’è papà, visto?, c’è papà.

UOMO SENZA NOME
Siamo corsi all’ospedale, è finita che una monaca me l’ha messo in braccio: ecco suo figlio. E per la prima volta ho capito che non sarei mai diventato Camillo. Non per il bambino. Era bellissimo, gli volevo un bene dell’anima, non m’importava che non era mio… Era Isolina… non mi perdonava che il padre non ero io, mi mortificava, cascasse il mondo non mi chiedeva mai una lira… E io diventavo ogni giorno più ricco.

Camillo legge in solitudine il libro verde di Lazar.

GALERIO
Galerio è tornato a casa, ma c’è ancora molto da fare… Quando dicevo Galerio, dicevo lui o me? Valeva la pena stare così scomodi? O il sugo è appunto nel non stare comodi? Avere un me fuori di me. Avviarlo, governarlo, compiangerlo, dargli una forma, in questo gioco solo io posso non averne una… Galerio, ascoltami.

Camillo nasconde il libro. Galerio gli si siede accanto, gli poggia una mano sulla gamba.

GALERIO
Sto combinando un pranzo con Sua Eccellenza Giolitti.Verrai introdotto in questo ambiente, e tenterai la carriera politica, la stessa che mio padre avrebbe voluto per me. Uno statista è quello che ci serve. Mi aspetto molto da te. Porterai testimonianza della guerra in Libia e nel Montenegro.

CAMILLO
Non lo ascolto. Penso a Isolina. Domani. Sì, domani andrò a cercarla. Mi muoverò al mattino presto.

GALERIO
Cosa hai fatto alla gamba?…

CAMILLO
Ho bisogno di Isolina per ritrovare la strada di Iskenderum…

GALERIO
Come mai è così calda?

CAMILLO
…forse le ha lei, quelle fotografie, i ritratti della mia gente…

GALERIO
Questa è la gamba dove ti eri ferito.

MADAME
La sera stessa, a palazzo è spuntato un dottore. Uno svizzero, un luminare. In realtà un attore de la Comedie Française en tournèe a Rome. Dopo la visita, a Camillo è stato dato un sedativo, e lui si è addormentato con la faccia di Isolina nella testa. Il mattino dopo Camillo non è riuscito ad aprire la porta, era chiusa a chiave. Solo molte ore dopo, la porta è stata aperta.

GALERIO
Dagli esami fatti sui lembi di pelle e sui campioni di sangue, è emerso che la gamba è affetta da una cancrena periferica diffusa, sorta in seguito ad una terapia superficiale sulla ferita…

MADAME
Galerio era accompagnato da altri signori.

GALERIO
La cancrena si sta espandendo alle pareti muscolari, e si teme che presto risalirà verso il cuore…

MADAME
La gamba era sana.

GALERIO
Bisogna amputare.

MADAME
Camillo ha pensato ancora una volta a Isolina… Ha visto la porta aperta, voleva andarci subito. Ma la porta è stata chiusa.

GALERIO
Resta tranquillo. Faremo venire un arto dalla Russia, di modernissima concezione ortopedica.

MADAME
L’hanno sdraiato sopra un tavolo. L’hanno legato. Tante braccia, per una gamba.

Camillo smania, cerca di liberarsi.

CAMILLO
… aspettate, io sono, sono… non sono Galerio…

GALERIO
Vaneggia, povero amico.

MADAME
L’hanno imbottito di alcool, etere. Hanno coperto la gamba con lastre di ghiaccio. Camillo vomitava. Hanno cominciato a segare, il ghiaccio rosso schizzava dappertutto, Camillo si sgolava, l’osso era stato appena intaccato… Allora Galerio ha preso un’ascia dal camino e gli ha staccato la gamba di netto, sbriciolandogli il ginocchio…Camillo è stato tra la vita e la morte per un mese. Poi, lenta, è iniziata la sua inarrestabile carriera politica.

Madame sembra invecchiata di dieci anni.

GALERIO
In occasione dell’entrata in guerra del Regno d’Italia contro la potenza austro-ungarica, Sua Maestà Vittorio Emanuele III ha deciso di nominare Parlamentare della Corona Sua Eccellenza il Colonnello Conte Galerio Filonardi, per i suoi alti meriti patriottici e per il romano sprezzo del pericolo.

MADAME
Non li ho più visti. Ma ero prigioniera di quella storia. Il me mangeait la vie. J’étais fatigué. Forse è stato il destino a scegliere. Il destino di Camillo. E non solo. Ogni moneta ha due facce. Il futuro mandava bagliori. Si sarebbe ricongiunto Camillo al suo primo nome Aq-mel? E a Iskenderum sarebbe riuscito a tornarci dentro il suo corpo?

GALERIO
Sua Eccellenza adesso serve la patria dai banchi del parlamento. Per tutti è un eroe di guerra, un martire della patria, un santo protetto dalla Provvidenza Divina. Colui che ha conosciuto il mistero della vita e della morte.

Camillo prova a camminare con una gamba artificiale, ma gli si sbrindella come quella di un burattino… cade. Piange.
Alla fine, riapre il suo libro verde. Galerio gli prepara una dose di morfina.


UOMO SENZA NOME
Mi vergogno un pochetto. Il fatto è che oramai ce n’ho parecchi… vabbè, dico il numero: quattro. Sparsi per Roma. Quattro negozi. E i soldi tanti, che forse dovrò aprirne altri due o tre. La gente dice che le stoffe mie sono artigianato di alta classe, e che le dovrei portare a far vedere a Firenze, Milano, Nuova York. Vengono i brividi. Mi ricordo la favola di uno che porta in tasca una moneta incantata che gli cambia la vita. Se ce l’ho, speriamo che non me la perdo… Questo nome che porto è la moneta incantata? Oppure è la mia donna? Bè, lei m’ha portato anche i dolori. Ma senza quelli, che te ne fai del resto… Senti, se vado a Nuova York a vendere le stoffe, tu mi c’ accompagni?

ISOLINA
Io non so nemmanco dove sta, Nova Yorke.

UOMO SENZA NOME
Eh, lontano… parecchio a ponente… Chissà che staranno facendo, adesso, laggiù… e Artemio, ci sarà arrivato mai a Nuova York?

FOSCO
La terra… La terra… Terra!… Siamo arrivati Isoli’! Terra! L’hanno inventata, l’America.

JOLANDA
Al porto dell’America ci siamo arrivati che stavamo per morire. Per la fame, la sete, lo freddo. Siamo arrivati svenuti e fetenti. Neanche l’abbiamo vista, l’America. All’ospedale, quando ci siamo svegliati, i poliziotti amerecani ci chiedevano i nomi…sì, mi chiamo Isolina… all’ospedale io li guardo quelli che so’ arrivati insieme a me, li guardo come guardano l’America, le lacrime, i sogni… hanno dovuto pazientare un oceano intero, e la pazienza ci si è ridotta a un lumicino. Eh, diciamo che siamo arrivati.

FOSCO
Adesso dormiamo in una stalla tutta nostra, in campagna, colle bestie, fuori dal Queenso…

JOLANDA
Ma non andavamo a stare meglio? ‘ Sta stalla fa schifo.

FOSCO
…e per sdebitarci col padrone, che è una specie di irlandese…

JOLANDA
Infatti è olandese.

FOSCO
…ci strigliamo le bestie nel cortile… Che poi, m’è successa una cosa strana assai dentro a st’ America…“Attermio”: i poliziotti m’hanno scritto lo nome stroppiato, quando siamo arrivati. Tengo un nome che già non è lo mio, e me lo stroppiano pure. Attermio. Sembra una cosa,’sto nome. Passami l’attermio. Oppure una malattia. M’è venuto un attermio. O una parolaccia. Che attermio che sei!…Vabbè, non lamentiamoci. In Europa ci sta la guerra. E allora meglio Attermio che morto.

JOLANDA
Senti. Il padrone m’ ha fatto un discorso.

FOSCO
Perché, parli l’inglese tu?

JOLANDA
No, e neanche l’olandese.

FOSCO
E allora come te l’ha fatto questo discorso?

JOLANDA
Con le mani. Me l’ha messe qui, e qui. Che dobbiamo fare?

FOSCO
Ah… e tu fagli capire che non era nei patti.

JOLANDA
E come glielo faccio capire? Quello è olandese.

FOSCO
Mettigli una mano sul portafoglio.

JOLANDA
Davvero…?

FOSCO
… forse questo lo capisce.

JOLANDA
Insomma, al padrone gliel’ho data per un po’; e coi soldi siamo passati dalla stalla del Queens a una camera di Staten Island. Camera senza bagno, i bisogni li fai nella natura. Ho provato a darla pure a un americano, ma era prete, e questo m’ha detto che dovevamo restarcene al paese nostro, perché se là morivamo di fame si vede che Dio voleva questo. Allora l’ho data a un capocantiere, e questo ha preso Artemio a lavorare come operaio.

FOSCO
Brava Isuli’.

JOLANDA
Artemio mi chiama Isolina.

FOSCO
Non è mia moglie. Ci faccio all’amore. La sera del sabato, vado con gli amici miei a puttane. E quando le puttane costano troppo, porto Isolina a ballare. Quanto mi piace ‘sta città!… luci, strilli, colori, sembrano pazzi, scappano tutti…

JOLANDA
“Ain’t… she sweet…see her coming…down the street… now I ask you very confidentially… ain’t she sweet…”

FOSCO
Pure gli amici miei lavorano: quelli onesti fanno i ladri e i ruffiani, gli altri sono camurristi, vendono bambini o ammazzano parenti…ma nessuno s’è mai abbassato a chiedere l’elemosina. Ah, questo no.

JOLANDA
Ti chiedi se la vita che hai lasciato indietro era quella sbagliata.

FOSCO
Gli amerecani ci chiamano “dagòs”, e quando lo dicono fanno la faccia schifata… vaffanculo agli amerecani! ‘ Sti spilungoni biondi ci trattano com’ a negri. Anzi, peggio. Perché non ci perdonano che siamo bianchi però brutti.

JOLANDA
Vivevamo fuori dall’America, o era un America pure quella… Nelle strade, le finestre stanno su in cielo, e sotto nessuno si accorge di me…Sulla cinquasettesima, all’angolo con Madison Avenue, vedo una chiave per terra… E che ci devo aprire?

ISOLINA
Di chi è ‘sto figlio? Di Camillo. E l’altro Camillo lo vedo come mi guarda. E me ce strappo l’anima… Camillo mio era meglio di come l’ho visto l’ultima volta, era bello, giovane…volevo cercallo, ma pare che è diventato un pezzo grosso, e a questo punto mi sa che è inutile… Piccoletto di mamma… ci vieni a fare una camminata? Dài su, la mano a mamma, una passeggiatina… Questo bambino lo prendono in giro, perché è architico, come si dice, ratisico. Dammi la mano. Vieni con mamma tua… ma mentre camminiamo, faccio un pensiero… “vado a fiume e ce lo butto dentro, e appresso mi ci butto puro io.”…‘Sto bambino malaticcio non c’ha padre, è segnato…ce lo butto dentro, e appresso mi ci butto puro io…chi lo sa che dentro al fiume le cose non se sistemano… S’è fatta notte quando c’affacciamo al ponte…piccole’, vie’ in braccio a mamma, lo vuoi vede’ il fiume… li bracci me tremano…il regazzino se diverte… ma non semo da soli, ce sta n’omo con l’occhialino. Me sta a guarda’… Ma che c’hai da guarda’?… “Non le voglio da’ fastidio – dice – io so’ dottore, e oggi all’ospedale m’è morta una donna mentre partoriva, e il bambino è rimasto da solo… vi guardavo perché siete così belli, lei e suo figlio… Tanti auguri signora, e viva l’Italia.” A me m’è preso un colpo. “Non ha sentito? E’ finita la guerra, Vittorio Veneto è italiana”.

UOMO SENZA NOME
Torni a quest’ora?

ISOLINA
Abbiamo fatto tardi.

UOMO SENZA NOME
Ma dove sei stata?

ISOLINA
Che sei il padrone mio, te?

UOMO SENZA NOME
Ragazzi’, vai in cucina … mamma e papà devono parlare.

Isolina si avvicina all’uomo, abbassa la voce.


ISOLINA
Non dirgli papà. Quel bambino non c’ha papà.

UOMO SENZA NOME
Mi chiama papà…non è colpa mia… io non ce la faccio più…non so che devo fare, Isoli’… la notte non dormo, ci sto perdendo la testa…

ISOLINA
Che… che hai detto… Ripeti…

UOMO SENZA NOME
Tutti i soldi che guadagno, i negozi, non servono a niente se non posso avere te.

ISOLINA
Come m’hai chiamato…

UOMO SENZA NOME
Lo maledico, ‘sto nome Camillo che m’ha portato da te.

ISOLINA
Come m’hai chiamato.

UOMO SENZA NOME
Isolina, t’ho chiamato. Sì, l’ho saputo sempre. Tanti anni fa a Napoli, t’avevo visto con una donna che ti scambiavi i documenti.

ISOLINA
A Napoli…

UOMO SENZA NOME
Ti stavo cercando.

ISOLINA
A me? … ci siamo incontrati per caso…

UOMO SENZA NOME
No… M’ aveva mandato il Conte Filonardi.

ISOLINA
Il Conte… a fare che?… a divertirti sulla pelle di una disgraziata?


UOMO SENZA NOME
E’ stato il Conte, che m’ha regalato ‘sto nome Camillo. Io prima non ce l’avevo un nome. Ma in cambio m’ha detto che dovevo ammazzarti. Non voleva vederti più.

ISOLINA
Camillo t’aveva detto di ammazzarmi…

UOMO SENZA NOME
Il Conte…

ISOLINA
E tutti questi anni… tu zitto… non m’hai chiesto niente…

UOMO SENZA NOME
Non ti volevo perdere.

ISOLINA
T’aveva chiesto di ammazzarmi, e tu zitto!… Mi fai schifo, non sei un omo… lui non me voleva vede’ più perché m’amava ancora, non lo capisci?… m’ amava e non ne poteva più… e tu perché non m’hai ammazzato? Perché!

UOMO SENZA NOME
Eh, me lo chiedo pure io! …avrei sofferto di meno… facciamola finita: ammazziamoci insieme… Tu ce l’hai il coraggio?

ISOLINA
La devi amare una persona, per morirci insieme.

UOMO SENZA NOME
Io ti amo.

ISOLINA
Camillo, mi ama.

UOMO SENZA NOME
Camillo sono io.

Camillo è con il libro verde.

GALERIO
Non dovresti leggere quel libro.

CAMILLO
Ah no…?

GALERIO
Cosa direbbe la pubblica opinione se vedesse che il Conte Filonardi è un infedele?

CAMILLO
Chi esiste di noi… tu o io?

GALERIO
Ho bisogno di pace.

CAMILLO
Non mi sembri sulla buona strada… L’uomo è senza dio, il male è nulla, noi siamo nulla.

GALERIO
Ti stai divertendo…

CAMILLO
Vattene. Anzi no… Mi va di fare una passeggiata, mettimi la protesi.

GALERIO
E’ da quando è cominciata che ci chiediamo come finirà.

CAMILLO
Ogni uomo vuole conoscere la fine della propria storia. Rimettimi la gamba finta. Anzi no. Dammi la morfina. Mi fa male la gamba che non c’è.

FOSCO
Questa città mette paura! Vista da quassù. Tutta quanta si vede, laggiù la fiera di Coney Island, e di qua fino al Jersey. Questi cosi qua li chiamano gratta-cielo, e noi ne stiamo costruendo uno. Cioè, io porto via la maceria. Perché io non so fare un cazzo. Quelli di giù sotto ci chiamano sky boys. Questo mostro qua di ferro cemento acciaro cresce un pezzetto al giorno… e ogni santa mattina ci vuole più tempo per salire in cima allo cantiere. Stiamo costruendo a downtown il più grande palazzo di uffici del mondo, l’Equitable Building, trentanove piani, porterà fino a quindicimila anime, una città dentro la città. Quanto mi diverto a guardare gli ometti da quassopra, so’ tutti piccinelli…e penso che ci stiamo lasciando la salute alla neve e al gelo per farlo sempre più grosso ‘sto buildìng, ma poi gli ometti sempre piccinelli sono. Mica crescono.

JOLANDA
Quello che vedo, è che nelle terre del tramonto c’è più forte la paura di tramontare. Sto qui dall’altra parte del mondo e mi sento a Polignano a mare.

FOSCO
Ah, Isoli’… Ma è vero che ci hai preso gusto a mettermi le corna?…Gli amici mi pigliano in giro… tu vivi con me, anche se non siamo sposati.

Fosco le mette una mano sotto la gonna, lei lo scansa.

FOSCO
Ah io no? La dai solo agli altri?

JOLANDA
L’ho data al capocantiere del grattacielo, che adesso ti fa lavorare.

FOSCO
Che rispondi, che dici, non ti capisco! Vatti a guadagnare il pane. Perché se il pane che mangi lo compro io, allora la devi dare pure a me, ci siamo capiti… ‘sta zoccola!

CAMILLO
Avanti…chi è che bussa? Ho detto avanti.

ISOLINA
Ero arrivata fin’ allo studio suo, a Palazzo Filonardi. Dio solo sa come avevo fatto a evita’ le guardie e i cammerieri.

Camillo si muove con una gruccia e la gamba artificiale. In mano ha il libro verde. Isolina gli va incontro.

ISOLINA
… che hai fatto alla gamba…

Camillo resta a fissarla.

ISOLINA
Sì, sono io.

Camillo ha un’esitazione.

ISOLINA
Non dici niente?

Camillo vacilla.

ISOLINA
Camillo…

CAMILLO
La persona desiderata al momento non è disponibile.

ISOLINA
Piangi…?

CAMILLO
Al momento non è…

ISOLINA
Ti ricordi le fotografie, i ritratti della gente tua, quelli che te li sei portati da laggiù perché non te li dovevi dimenticare… l’ho conservati io, ce l’ho ancora dall’altro secolo.

CAMILLO
Non è disponibile…

ISOLINA
Cami’… mi devi libbera’… dalla casa sull’albero, la scarpinata fino a Porta del Popolo, il matrimonio col prete ubbriaco… Dimmi che quello che c’ è successo è stato giusto.

A Camillo scivola via la gruccia… la gamba si stacca, Camillo cade.

CAMILLO
Stammi lontano… stammi lontano…

Camillo le porge il libro verde, Isolina lo prende senza capire, esce.

UOMO SENZA NOME
Io l’aspettavo per strada. Lo sapevo, che era da lui.

Galerio è alle spalle di Isolina, la aggredisce.

GALERIO
Devi morire…è tutta colpa tua… dovevi sparire molto tempo fa. E’ colpa tua se si è ammalato.

L’uomo senza nome gli va addosso. I due lottano.

UOMO SENZA NOME
Non farle del male!

GALERIO
Io l’ammazzo. L’ammazzo!


UOMO SENZA NOME
Aspetta… ti riconosco, a te… t’ho visto in quel vicolo, tanti anni fa… t’avevano chiamato Galerio… anche se Galerio era il nome del Conte… sono anni che ti cerco… chi sei tu, eh? Chi sei?

Galerio lo guarda terrorizzato, si libera, scappa.

UOMO SENZA NOME
Vieni qua… Rispondi, chi sei!

Isolina guarda incerta l’uomo senza nome.

UOMO SENZA NOME
Torniamo a casa nostra.

MADAME
A quel tempo, Camillo era già uno degli uomini politici più influenti di questo paese. E ha continuato ad esserlo anche dopo che il Duce ha sciolto i partiti. A tenere un piede in due scarpe, Camillo ci si era allenato presto. L’anima del mondo è malata. Il mondo scivola sullo stesso olio che mette negli ingranaggi.

L’uomo si accorge del libro verde tra le mani di Isolina.

UOMO SENZA NOME
Che cos’hai qui?… un libro… è straniero… che lingua è… dove l’hai preso?

ISOLINA
Ahò, basta… So’ altre le domande che me dovevi fa’. E me le dovevi fa’ prima. ‘Sta storia non dovevamo nemmanco principiarla.

FOSCO
M’ha dato fastidio! Soldi da una femmina: non mi piace.

JOLANDA
Perché? Adesso guadagno. Tenevi ragione tu.

FOSCO
M’è scattata la nervatura. Guadagnava più di me. Quella sera ho provato a saltarle addosso, ma l’uccello m’è rimasto piccinello… m’è presa paura. Se scopre che può fare da sola, io che fine faccio… Io non valgo una cicca, e qua se ne stavano accorgendo. Infatti dal cantiere del grattacielo m’hanno cacciato.

JOLANDA
Ho bussato all’ufficio di un capo giù al quartiere degli affari, era il primo giorno che andavo a fare la pulizia… Nessuno ha risposto, ho aperto la porta, dietro al tavolo ci stava questo che piangeva. Io ho fatto: “Excuse me”, e lui “Come in, sit down”… mi sono seduta, questo parlava che non la finiva più, gli volevo dire che non capivo una parola, ma non la smetteva, parlava e piangeva... gli ho dato una carezza.

FOSCO
Ci ho dato un pugno. All’ americano di Yonkers che ha preso il posto mio al cantiere dell’Echitemmort’ Buildìng!… L’ho incontrato dentro una bettola. “Io t’ammazzo, t’ammazzo!”, gli ho gridato. Dal tavolo ho preso un coltello: no, era un cucchiaio.

JOLANDA
Artemio.

FOSCO
Oh, che c’è?

JOLANDA
Io esco. Vado a fare una passeggiata… ma tu statti quieto…

FOSCO
Perché ti porti la valigia?

JOLANDA
Mi raccomando, eh… ciao, Arte’… ciao.

FOSCO
Isolina se n’è andata. E con lei se n’è andata pure la casa. E chi ce l’aveva i soldi per pagarla? Io non sono capace di un cazzo.

JOLANDA
Il mio capo è andato gambe all’aria col crollo della borsa, s’è ammazzato, e il poco che gli rimaneva l’ha lasciato a me. Che comunque per me era assai. Ho smesso di fare la persona della pulizia. Adesso abito sull’ Upper East Side. La vita che troviamo è sempre un’altra.

CAMILLO
All’Accademia Pontificia, uomini in orbace dicono che sono un statista. Io rispondo che questo non è il mio stato. Il mio è un cattivo stato. Crna Gora. Io sono nato lì. Tutti ridono, non capiscono. Anni fa, sono tornato in Montenegro con le truppe italiane. Un uomo del posto mi aveva regalato un libro.

L’uomo senza nome sta sfogliando il libro verde.

UOMO SENZA NOME
Questo libro.

CAMILLO
Non l’ho più con me.

UOMO SENZA NOME
Lo tengo sempre con me. Me lo sono fatto tradurre negli spazi bianchi.

CAMILLO
Un libro.

UOMO SENZA NOME
Mi è capitato in mano più o meno tre negozi fa, appena posso gli do un sbirciatina e mi sento subito meglio. Non ne parlo spesso perché ho paura di sporcarlo. C’è la legge sulla razza… dal negozio di via Arenula vedo le famiglie prese a botte al ghetto.

MADAME
Posso entrare… Te acuerdas de mi?

UOMO SENZA NOME
Guarda chi c’è… quasi non ti riconoscevo…

MADAME
Sono invecchiata.

UOMO SENZA NOME
Sei ancora bellissima…

MADAME
I fascisti mi hanno serrado el casino perché sono zingara. Pare che dietro ci sia stato Sua Eccellenza Filonardi.

UOMO SENZA NOME
Che gli avevi fatto…

MADAME
Forse sapevo quello che non bisogna sapere.

UOMO SENZA NOME
Come posso aiutarti?

MADAME
Je suis là pour le contraire… Tu hai un posto dove devi arrivare.

UOMO SENZA NOME
Io? Che vuol dire?

MADAME
Quello che ho detto.

UOMO SENZA NOME
Ma che posto?

MADAME
Non ancora. Parlo di cose che non conosco, non capisco, questo penso, questo mi pensa.

UOMO SENZA NOME
Sai qualcosa che non mi vuoi dire?

MADAME
Je ne sais rien… Vedo un posto dove devi arrivare. Col tuo corpo.
Col tuo nome. E quando starai per arrivarci, tu souffriras. Soffrirai come non hai mai sofferto in vita tua.

UOMO SENZA NOME
Ancora di più… ma perché io?

MADAME
Le domande non hanno senso. Non cercare di sapere. Vai avanti senza chiedere.

Madame si ritira.

MADAME
Così gli ho detto…Ma sapevo che era inutile; uno come lui non si sarebbe mai fermato.

CAMILLO
Isolina, prima o poi verrò io a cercarti… prima o poi troverò il coraggio, Isolina, te lo giuro… fino a quel giorno, non odiarmi, amore.

ISOLINA
Camillo… Camillo!

FOSCO
Il lavoro dell’elemosina è un’arte…Stai in ginocchio, con gli occhi a terra, la mano stesa che trema un pochetto, la faccia di dolore. Io vado a guardarmi Cristo sopra la croce a San Patrìck. La gente deve credere che sei un uomo finito. Certe volte non mangio pure se tengo i soldi, se ti vedono con la faccia che non mangi, i soldi te li danno più volentieri.

ISOLINA
Camillo! Dove sei!

JOLANDA
Sono ricca, ho fatto fortuna all’America. Sotto le mie finestre, vedo i disgraziati che dormono nei cespugli a lu Central Park.

ISOLINA
Camillo!!…

CAMILLO
A Iskenderum, mi staranno ancora aspettando…

Galerio carica la pistola… se la punta sulla faccia, ma all’ultimo si spaventa e spara a terra.

MADAME
Inutile opporsi, queste forze sono potenti… la nuvola che offusca il cielo, l’epoca buia che corre, la tenebra di Shiva che danzando porta rovina e salvezza…il mondo che conosciamo sta per scomparire, un altro ne verrà. Crediamo di essere sempre gli stessi, ma siamo diventati vecchi, una vita intera è passata.

Isolina corre come una pazza. Arriva senza fiato dall’uomo senza nome.

ISOLINA
Camillo!… E’ un’ora che ti chiamo.

L’uomo la guarda.

ISOLINA
Alla radio, vieni, presto… vieni a sentire… la guerra! La guerra mondiale!

La radio crepita, una lampadina sfarfalla, lontane voci ai megafoni.

UOMO SENZA NOME
E’ la prima volta che mi chiami Camillo.

Intorno a loro s’è fatto buio.
Si stringono in un abbraccio.
Ma senza riuscire a baciarsi.


L’ALBA
(1940 - )


UOMO SENZA NOME
Buonasera, sconosciuti. Come vedete, aspetto. La vita va avanti, e io aspetto. Anche se…v’è mai capitato di sentirvi indietro, in ritardo, di fronte a qualcosa che è già cominciato? Stamattina al Pincio il teatro dei burattini era quasi finito, quando mi sono fermato. E tu non capisci niente, aspetti le risposte. Perché la storia l’hanno cominciata prima di te… anche se c’hai una pellaccia vecchia che ti copre tutto… una storia così antica che è da tutta la vita che cerchi di sapere come andrà a finire. Le cose non stanno come sembrano. Ma allora come stanno? Come non sembrano? Oppure come non stanno? Quant’è già scritto, e quanto sta a noi scrivere? Il buio e la luce, la vita e la morte, il paradiso e l’inferno… scorciatoie per chi non c’ha pazienza. Stamattina quel teatro di burattini raccontava la storia di tutti. E forse pure la mia.

Isolina sta parlando in cucina con il figlio.

ISOLINA
Vieni qua. Ti sei fatto caruccio. Hai preso pure qualche chilo, meno male. Stammi a senti’. C’hai quasi trent’anni. Sei un omo. Alle donne ci vai appresso? E dài, mamma non si può impiccia’ un pochetto che ti vergogni… tu a me? Che mi devi chiedere?

Isolina lo ascolta.

ISOLINA
Te l’ho già detto. Questi discorsi non me piacciono. Tu ti devi trova’ un lavoro, così non gli pesi addosso… Chi te l’ha detto che è ricco? Eppoi è ricco lui, mica te. Tuo padre ha faticato per tirarsi su i negozi che c’ha a Roma.

Cambia espressione per qualcosa che le dice il figlio.

ISOLINA
Come ti permetti… Brutto screanzato! Non parla’ così a tua madre, sai! Io vivo con niente. A me la gente mi prende per la serva di casa, perché mangio poco e i vestiti me li rattoppo, ma me sta bene così. Lo so io perché, ognuno sa i fatti suoi… pensa per te, che c’hai bisogno di soldi, sei smuntarello, te devi cura’ sennò t’ammali…Lo so che non puoi fare tutti i lavori, lo so che c’è la guerra, ma cercati n’occupazione, fallo pe’ mamma… mi ricordo quando t’ho partorito, sembra passata ‘na settimana, invece è una vita e io so’ vecchia, tutto quanto è seppellito…Oh, do’ vai? Già ti sei scocciato di stare con mamma?…senti, ti dico una cosa che non la sa nessuno. Un segreto di trent’anni fa. Ah, mo’ rimani, sei curioso... come mi chiamo io? Jolanda? E invece no. Il nome mio è un altro. Non mi chiamo Jolanda.

JOLANDA
Mi chiamo Jolanda. Dopo così tanto tempo è incredibile anche solo che me lo ricordo. Sono partita per l’America nel 1911, è dal 1911 che sto in America, è dal 1911 che mi faccio chiamare Isolina.

ISOLINA
Mi chiamo Isolina.

JOLANDA
E’ grazie a questo nome che sono partita. Al porto di Napoli avevo incontrato una ragazzetta… adesso sarà una signora…

ISOLINA
Isolina. Mi chiamo così.

JOLANDA
Lei stava iscritta sulla lista degli emigranti, lei aveva pagato il biglietto, se ne voleva andare a tutti i costi, secondo me per una delusione amorosa. Però anche io me ne volevo andare, ero più vecchia, mi dovevo sbrigare, la vita rischiava di finirmi prima di cominciare… Qua in America non l’ho detto a nessuno che mi chiamo Jolanda, non lo sapeva neanche Artemio… uh, senti a chi vado a ripensare…Artemio… era un uomo sfortunato che avevo conosciuto sulla nave…a Nuova York abbiamo vissuto insieme per un pò, chissà che fine ha fatto… Insomma a questa Isolina c’avevo dato tutti i soldi che tenevo, e avevamo fatto a scambio di documenti. Lei il mio, io il suo. Sono rimasta Isolina per trent’anni. E basta. Sono anni che non succede niente.

FOSCO
Mi chiamo Fosco, tanto piacere. Ma parecchi anni fa sono salito col nome Artemio sopra a una nave che veniva qua all’America. Bell’affare ho fatto. Ormai è tardi. Tengo già un piede nella fossa. Qua non lo sa nessuno che il mio nome vero è Fosco… M’era successa una cosa ‘ncredibile, che neanche so dire più se me l’ero sognata... Io dentro a quella nave a Napoli provavo a ficcarmici da clandestino, ma arriva un uomo che mi dice che sopra la lista dello marinaio stava scritto lo nome Artemio, e che se dicevo che Artemio ero io mi si facevano partire… e così ho fatto, ho detto: Artemio sono io tanto piacere!, e so’ partito. Ma chi era quell’uomo, un angelo… Non ha voluto niente in cambio. Dopo, sopra alla nave, ho conosciuto pure a una femmina, e ci ho fatto all’amore insieme…

JOLANDA e ISOLINA
Isolina, sì.

FOSCO
…seguentemente, qua all’America c’ho avuto arrovesciamenti della sfortuna; quella m’ha lasciato solo e chi l’ha vista più. La vita è una mondezza.

UOMO SENZA NOME
Senti… lo sai che non t’ho mai raccontato una cosa. Molti anni fa, quando lavoravo dal…dal…

ISOLINA
Parli sempre di ricordi.

UOMO SENZA NOME
…dal cassamortaro, che c’aveva la bottega al Colosseo… quello che m’aveva adottato dopo che m’aveva tolto dal… dal… come si chiama…

ISOLINA
Vedi la vecchiaia?

UOMO SENZA NOME
Vabbè, ricomincio… il becchino m’aveva cresciuto perché io non c’avevo una famiglia mia. E fin qui. Perché ero un… ecco, manco qua mi viene la parola… cioè, sono, un… mi potresti pure aiutare… dài: io sono un… ?

ISOLINA
Rincoglionito.



UOMO SENZA NOME
…orfano! Figlio di nessuno. A befotrofio m’aveva preso, il cassamortaro… m’aveva cresciuto, ma secondo me gli serviva più un lavorante che un figliolo; dice che mi voleva bene, “chiamami babbo”, io gli rispondevo sissignore; non mi voleva bene, s’era pure scordato di darmi il nome all’anagrafe, e mi chiamava... e tutti, mi chiamavano….

ISOLINA
“Oh”, “coso” e “cazzabbubbolo”…

UOMO SENZA NOME
Ah… già te l’avevo raccontata?

ISOLINA
Parli sempre di cose vecchie.

UOMO SENZA NOME
Le cose sono fatte per diventare vecchie… ma perché ti facevo ‘sto discorso?… Ah, sì: quando rimanevo da solo nella cameretta mia sognavo sempre di chiamarmi come il babbo del cassamortaro, che c’aveva un nome che mi faceva morire dal ridere: Artemio… Poi le cose sono andate in un altro modo, e quando m’è cascato sulla testa questo nome che porto ho capito che non c’erano paragoni, perché finalmente un nome mio ce l’avevo.

ISOLINA
Sta’ zitto, se ti sente il ragazzo… se ci fa delle domande?

UOMO SENZA NOME
…il nome Artemio l’ho scritto per scherzo sulla lista di quelli che partivano per l’America, giù al porto di Napoli…l’ho mandato via all’America !…

ISOLINA
Statti zitto! Se non la pianti, c’andiamo a ricordare il natale, t’avverto!

UOMO SENZA NOME
Pensavo… chissà se quello che è partito come Artemio c’ha combinato qualcosa con quel nome … io col mio un po’ di strada ce l’ho fatta.

Fosco è piegato in ginocchio, a chiedere l’elemosina.


FOSCO
Il natale a Nuova York è una mondezza. Le strade bagnate, la neve nel culo, la frutta marcita, la gente tiene le scarpe sporche di fango e merda… Da qua vedo tutto. Non mi scappa niente... Ih… quella signora ha buttato l’accendino. Oggi si mangia.

JOLANDA
E’ il terzo che mi si rompe questa settimana.

Fosco intasca svelto l’accendino, quindi fissa la faccia a terra.

FOSCO
Lady, you got a little change for food?

JOLANDA
I’m terribly sorry, I only have…

Si volta, lo vede. Resta bloccata. Lui alza la testa, la vede. Si guardano. Lui la riconosce. Lei spera di averla fatta franca, ma non riesce a sincerarsene.

FOSCO
You don’t want give me no more the change, lady?

JOLANDA
Why yes, of course…

Jolanda prende una banconota e la infila nel cappello.

FOSCO
Why?

JOLANDA
What?

FOSCO
Why you give me this note?

JOLANDA
You asked me for money.

FOSCO
I ask for change.

JOLANDA
Well, there you are then, a coin. (infila una moneta nel cappello)

FOSCO
And for the other beggars on the street?

JOLANDA
I’ll give something to them later.

FOSCO
It must be real cold for to put on furcoat.

Jolanda comincia a sospettare.

JOLANDA
… and you? Aren’t you cold?

FOSCO
Me? I not even here.

JOLANDA
What do you mean?

FOSCO
The people they no look at us, we not here, we not cold… you live round here? You have children?…You have windows who look to Central Park?

JOLANDA
Well, I...

FOSCO
So maybe….we spoil your view, we vagabonds.

JOLANDA
…but you said you weren’t here.

FOSCO
Where you from? You not American. European? French, Spanish? I look like Spanish man, everyone tell me…Where you from! Where you from!

Jolanda non ce la fa più, scoppia.

JOLANDA
Stop looking at me like that, it’s not my fault!…e prenditi ‘sti cazzo di soldi e vattene!

FOSCO
Dio che pena, poveretta. Com’era ridotta.

JOLANDA
Lui… dopo tutto quel tempo, proprio a lui dovevo rincontrare.

FOSCO
Era vestita com’ a ‘na ballerina.

JOLANDA
Puzzava.

FOSCO
Quando sono arrivato all’America avevo fatto l’operaio, e me n’avevano cacciato perché non sapevo fare un cazzo… qua la vita non mi è mai girata per il verso giusto…Ma adesso ho visto che c’è chi sta peggio di me.

JOLANDA
Era un segno del destino. Dovevo vendere tutto e andarmene. Sono partita donna delle pulizie, una reietta. Avevo fatto amicizia col pezzo grosso dove lavoravo, questo era fallito col crollo della borsa, si era ucciso e m’aveva lasciato quello che gli restava. Sono partita da Polignano a mare ch’era un altro tempo. Credevo di non avere niente davanti. Non ho capito bene che cosa ho trovato.

FOSCO
Non voglio più fare lo straccione. Monto sopra a uno di quei furgoni che vanno al west… Parto!

JOLANDA
Parto anche se c’è la guerra, non m’importa.

FOSCO
West è ponente, dove tramonta.

JOLANDA
Questa città per me è tramontata. Torno in Europa, a levante!

FOSCO
A ponente!

JOLANDA
Dove il sole si stira le braccia.

FOSCO
Dove il sole stira le zampe.

JOLANDA
Addio, Artemio.

FOSCO
Non mi chiamo Artemio, Isolina.

JOLANDA
E io non mi chiamo Isolina, vaffanculo.

FOSCO
Vaffanculo pur’ a te.

Le strade di Fosco e Jolanda si dividono.

UOMO SENZA NOME
Hai visto… la casa è piena di tarli. Si stanno mangiando tutto, le sedie, il letto… Prima o poi ci ritroviamo per terra.

ISOLINA
Le cose non erano fatte per diventa’ vecchie?

Canticchiando, l’uomo va a prendere il vecchio libro dalla copertina verde.

UOMO SENZA NOME
“Parlami d’amore, Mariu’… tutta la mia vita sei tu… gli occhi tuoi belli sbrilluccicano…”

ISOLINA
La canzone non dice sbrilluccicano.

UOMO SENZA NOME
Se è per questo dice “Mariù”, ma quando la canto penso a te.

Isolina ha una reazione di fastidio, sferruzza.

ISOLINA
Non c’hai niente da fare oggi?

UOMO SENZA NOME
Come no. Aspetto.

ISOLINA
Che aspetti…

UOMO SENZA NOME
Che ne so. Se lo sapessi, non aspetterei. O forse sì. Aspetterei lo stesso… anzi sto proprio aspettando. T’ aspetto a te.

ISOLINA
Ma smettila.

UOMO SENZA NOME
E’ tutta la vita che t’aspetto, anche se sono trent’anni che viviamo
sotto lo stesso tetto e tutti dicono che sei mia moglie.

ISOLINA
Ti ho detto di non fare questi discorsi quando mio figlio è in casa. ‘Sta roba è seppellita.

UOMO SENZA NOME
Però tu gli hai detto come ti chiami davvero… dello scambio di documenti a Napoli… oramai ‘sta roba scappa pure a te.

ISOLINA
Ho sbagliato, va bene?

UOMO SENZA NOME
…non è meglio dirgliela tutta, questa storia?

ISOLINA
Basta! Ma te che ne sai?

UOMO SENZA NOME
Forse ne vorrei sapere di più pure io.

ISOLINA
E metti via quel libro, che il ragazzo te vede.

UOMO SENZA NOME
Non è un ragazzo, è un uomo.

ISOLINA
Già mi ha chiesto che libro è, e perchè passi tanto tempo a leggerlo…

UOMO SENZA NOME
Perché mi piace.

ISOLINA
Ah, tu ci capisci di quegli sgorbi!

UOMO SENZA NOME
Me lo sono fatto tradurre negli spazi bianchi… ti lamenti sempre… che c’è che non va?

ISOLINA
Tutto, non va. Mettilo via, che fuori è pieno di fascisti.

Isolina se ne va. L’uomo apre il libro verde, un rumore lo fa voltare. E’ il figlio di Isolina.

UOMO SENZA NOME
Ah, stai qua… eh, s’è arrabbiata… no, meglio di no, si agita se ci vede che parliamo… perché crede che io e te ci diciamo i segreti… come quali… in una famiglia qualche segreto c’è sempre.

MADAME
Je vois le destine nelle carte, e nelle pieghe della mano, dans les fonds du café, dans la cendré… ma nessuno vuole conoscere il suo destino. Da giovane facevo la puttana. Mi chiamavano Madame Chinoise, il mio bordello era il caffè letterario di moda a Roma, ci passava D’Annunzio, i dadaisti, perfino i cardinali, respiravamo etere e fumavamo oppio… Oggi nessuno mi crede. Mi hanno chiuso il casino perché sono zingara, perché non mi ricordo dove sono nata, sono di tutti i posti. Oggi i tempi si sono fatti bui. A occidente va di moda il tramonto dell’occidente. La legge sulla razza. L’altro giorno c’era non so che pezzo grosso tedesco in visita,
und ein koppelweiser m’ha bastonato perché sporcavo la strada. S’avvicina il tempo in cui dovrò partire da Roma. Ma per dove e come questo è invisibile. Una persona può aiutarmi. Uno che ha corso tutta la vita. Sono andata a trovarlo. Camillo.

UOMO SENZA NOME
Madame, proprio ieri pensavo a te.

MADAME
Stai bene? Come vanno i negozi?

UOMO SENZA NOME
Le stoffe si vendono sempre… ti trovo meglio dell’ultima volta.

MADAME
Sto aspettando.

UOMO SENZA NOME
… anch’io sento che sto aspettando.

MADAME
Puede ser que tu y jo esperamos la misma cosa, Camillo.

UOMO SENZA NOME
Mi fa strano come mi chiami Camillo.

MADAME
E’ il tuo nome, no?

UOMO SENZA NOME
Per il momento…

MADAME
Una volta mi hai offerto il tuo aiuto. Mi serve un tetto. Là fuori non ti fanno più vivere.

UOMO SENZA NOME
Non preoccuparti… di spazio ce n’ho a casa mia.

ISOLINA
Cosa?…Tu sei tutto matto! Non voglio! Non ti bastano i guai che c’abbiamo? Io c’ho paura di certa gente!



UOMO SENZA NOME
Isolina, ti calmi... Io devo molto a quella donna. Lei mi aveva consigliato di prendere il primo magazzino, trent’anni fa, alla dogana vecchia… E’ stata lei a darmi l’idea.

ISOLINA
La tua vita è dipesa da ‘na mignotta, bravo.

UOMO SENZA NOME
Se adesso non ce la passiamo male, lo dobbiamo anche a lei.

ISOLINA
Te, non te la passi male. Io non c’ho niente. Aspetta un po’…io ero incinta quando hai preso il primo magazzino… che per caso c’andavi a letto?

UOMO SENZA NOME
…chi se lo ricorda. Sono rincoglionito, no?

ISOLINA
Vabbè, ho capito. Questa non è casa mia. Se vuoi nascondere quella donnaccia, quella zingara, fai come ti pare. Però tienila lontana dal ragazzo.

UOMO SENZA NOME
Ti sto soltanto chiedendo di aiutarla.

ISOLINA
E a me chi m’aiuta.

MADAME
Quella sera, mentre portavo la mia roba a casa di Camillo, sono passata sotto Palazzo Filonardi…la maison des fantomes. Mi fermo e già uno in divisa si avvicina…Cosa desiderate?, non si può sostare davanti a questo cancello. E perché? Perché qui abita sua Eccellenza il Conte Filonardi. Davvero?… E se ti dicessi che io lo conosco, il Conte? E che era mio cliente da ragazzo? Che gli davo del tu, e lo chiamavo Galerio!

Camillo è su una sedia con le ruote, respira a fatica, è molto malridotto.



CAMILLO
Che succede? Che cos’era quel baccano? Qualcuno mi risponde… Ho visto quella donna di sotto, quella che conosce le cose del passato e del futuro… come lo devo dire che nessuno deve avvicinarsi al palazzo, come lo devo dire! Quella donna mi ha sempre messo paura… Dite al prefetto che voglio altri fascisti a guardia del cancello, altri fascisti!

Galerio si avvicina. E’ mezzo nudo.

CAMILLO
Che cosa ci fai spogliato alla tua età, sei ributtante.

GALERIO
Ho sentito che chiamavi.

CAMILLO
Mi sono sgolato. Mi lasciate sempre solo.

GALERIO
Sono diventato sordo.

CAMILLO
Dov’eri?

GALERIO
Su in soffitta.

CAMILLO
Che cazzo ci fai sempre in soffitta… Che sono quegli ingranaggi, quelle ferraglie, che porti sempre di sopra?

GALERIO
Chiamavi me?…

CAMILLO
Sì… non riesco a mettermi la gamba da solo.

Camillo si buca il braccio con una siringa di morfina.
Galerio prende la gamba artificiale e comincia ad allacciargliela.

GALERIO
Sto fabbricando un regalo, in soffitta… come mi chiamavi?

CAMILLO
Galerio.

GALERIO
Sono trent’anni che te lo ripeto, Galerio sei tu.

CAMILLO
Trent’anni… che ti chiamo Galerio…

GALERIO
No, trent’anni che io, ti chiamo Galerio.

CAMILLO
Trent’anni…

GALERIO
Pochi, vero… eppure così pochi ci spazzano via.

CAMILLO
Obbedisci quando ti chiamo per attaccarmi la gamba. Perché quella vera sei tu che me l’hai tagliata.

GALERIO
Per salvarti dalla cancrena di una ferita di guerra.

UOMO SENZA NOME
Madame… ti sei sistemata bene, ti servono coperte? Accenditi il camino, che fa freddo.

MADAME
Sei buono, Camillo… come potrò sdebitarmi?

UOMO SENZA NOME
Il destino me l’hai già detto. Tempo fa.

MADAME
Ah sì… E che t’avevo detto.

UOMO SENZA NOME
Che c’è un posto dove devo arrivare… non mi hai detto quale, mi hai detto solo che soffrirò quando ci sarò vicino.


MADAME
Non è ancora quel momento.

UOMO SENZA NOME
Non sai altro…

MADAME
Sì, una cosa la so… tuo figlio si sta facendo domande.

UOMO SENZA NOME
Già, questo lo so pure io…per colpa mia… quando m’hanno messo ‘sto nome sulla testa, troppe domande non mi sono fatto, e adesso mi bruciano… con Isolina non ci siamo mai detti niente, allora mi sono lasciato andare un po’ col ragazzo: “Chissà, forse dovevo parlare di più con tua madre…” e lui subito: “Di che papà? Di che?”. Mannaggia a me.

MADAME
Il ragazzo sta chiedendo in giro… ha sentito che Isolina era arrivata a Roma con un altro uomo. C’era un altro uomo. Era sposata a un altro, e tu sei venuto dopo. Il ragazzo pensa di essere figlio dell’altro.

ISOLINA
…che domande fai, regazzi’? Certo che è lui tuo padre… ma che stai a di’… te lo giuro… Chi te l’ha dette ‘ste cose…Non gli devi credere ai chiacchieroni! So’ passati trent’anni, che ne sa la gente?… Mi strappi il cuore. Che ti sei messo in testa? Ma quali ricerche!

UOMO SENZA NOME
Ragazzo, basta. Smettila di fare tutte ‘ste domande. Metti paura a tua madre. Vieni qua, parliamo noi due. Se vuoi sapere qualcosa devi aspettare.... Ci sono cose che non so neanche io, e che è una vita che cerco… t’aiuto io… cosa vuoi sapere … beh, mi hai sempre chiamato papà, no?… fino a prova contraria… che vuol dire il tuo “vero padre”?

CAMILLO
Mi lasciano sempre solo. Mi fa compagnia la morfina. Dovrebbero trattarlo meglio un eroe di guerra. Sua Eccellenza Filonardi. I cardinali mi ricevono in Vaticano. Il Duce mi ascolta, quando lo chiamo al telefono.

ISOLINA
E’ tutto il giorno che ci penso… se mi fa altre domande, gli dico che il padre è morto.

UOMO SENZA NOME
Isolina, siamo soli… devi dirgli la verità.

ISOLINA
Ah sì? Gli do l’indirizzo del padre, così lo va a trovare!

UOMO SENZA NOME
Io non posso continuare a far finta di niente!… Sono anni che non riesco a chiederti certe cose, io devo capire… tu nascondi ancora un pezzo… Sono nato che non ce l’avevo un nome, poi è venuto quello a regalarmi questo nome Camillo, e da allora la mia vita è cambiata, ho conosciuto te, mi sono inventato un lavoro… queste sono le cose che so. Adesso devi dirmi quelle che non so; perché quello aveva due nomi? Da dove gli venivano? E perché ne dava via uno?

Isolina si ciancica la faccia con le mani.

ISOLINA
Sta’ zitto, per carità.

UOMO SENZA NOME
Io lo devo sapere.

ISOLINA
E’ una storiaccia.

UOMO SENZA NOME
E’ anche la storia mia.

ISOLINA
Tutta arrovugliata, comincia nell’altro secolo…

UOMO SENZA NOME
Dimmela prima che finisce questo.

CAMILLO
Cinquant’anni fa… sto cercando delle fotografie di cinquant’anni fa… sono vecchio… mi lasciano sempre solo, le cose devo cercarmele da me… cinque o sei ritratti, sono le facce della mia gente… anni che le cerco… Provo a guardare dentro questo armadio.



ISOLINA
Tu lo sai che vengo dall’Abruzzo, da Scoppito… lì da ragazzina conosco un giovanotto che lavora alla ferrovia, c’ennamoramo, si chiama Camillo. Ci sposiamo e veniamo a Roma, a capodanno 1900… Ma a Roma Camillo cambia. Comincia a visitare la casa di un Conte.

Madame sta scrivendo una lettera all’Uomo.

MADAME
” …diventano amici, e il Conte Galerio soffia dentro di lui l’idea di vivere la vita al suo posto...”

ISOLINA
…gl’ ha dato i soldi, il palazzo, il nome, a patto de lascia’ la vita di prima. Camillo m’ha lasciata che ero incinta, e il nome Camillo te l’ha dato a te.

UOMO SENZA NOME
Era questo…

MADAME
“…è partito al posto di Galerio per la guerra di Libia, e dopo è finito nel Montenegro… Crna Gora…la Montagna Nera… le cose sono peggiorate, è rimasto ferito a una gamba…”

CAMILLO
Galerio!… Scendi giù!… Stavo cercando dentro un vecchio armadio, mezzo nascosto da una tenda… e lo sai cos’ho trovato? Un cilindro di vetro, pieno di liquido, con dentro la mia gamba, quella che mi hai tagliato per non farmi morire… La mia gamba! La gamba che non c’è!

In soffitta, Galerio è indaffarato a fabbricare.

GALERIO
Troppo futuro, troppo futuro.

ISOLINA
Lu Conte era ‘no smidollato.

MADAME
“…avevo conosciuto Galerio a Parigi. Ho sempre sentito che era un ponte verso qualcun altro…”

CAMILLO
Galerio!… Mi hai trasformato in un mezzo uomo…non posso fare niente da solo… neanche schiacciare quel bacarozzo che da mezz’ora fa avanti e indietro lungo la parete…

MADAME
“…una notte ho visto che nel futuro Galerio sarebbe morto per mano di qualcuno…. ma chissà perché quell’immagine riguardava anche me…”

GALERIO
Ho avuto paura di morire. Ma ho scoperto che non ero mai stato, né vivo né morto.

MADAME
“…quando l’ho rincontrato, Galerio ripensava spesso a quella profezia, era diventata un’ossessione per lui…”

GALERIO
Bisogna prima essere qualcosa, per riuscire a morire.

ISOLINA
Camillo è diventato lu Conte.

UOMO SENZA NOME
Era questo.

ISOLINA
Se so’ scambiati la vita. Anzi no. Perché l’altro mica l’ha presa, quella de Camillo.

UOMO SENZA NOME
Che fine ha fatto l’altro…

GALERIO
Nessuno. Un parassita. Mi sono liberato dagli obblighi della vita per essere e basta…

Madame strappa la lettera.

MADAME
Ha buttato la sua vita. Non ne posso più di questa storia, fa male.

Isolina ha terminato il suo racconto, beve.

ISOLINA
Ecco. Ti ho detto tutto.

UOMO SENZA NOME
No… Non mi hai detto chi era lui prima che vi conosceste.... questo libro verde c’entra qualcosa? Sei stata tu a portarlo a casa.

ISOLINA
E’ pericoloso.

UOMO SENZA NOME
Viene da Palazzo Filonardi, vero… Questo libro è di Camillo.

ISOLINA
Camillo non è più Camillo. Mio figlio un padre non ce l’ha.

UOMO SENZA NOME
…blah… che schifo…

ISOLINA
Che hai fatto.

UOMO SENZA NOME
…ho pestato un bacarozzo.

JOLANDA
Sono scesa dalla nave che era notte. L’Italia. Tutta buia. Prima di tornare mi è successa qualunque cosa: un orologio si rompe, un’ automobile perde una ruota, un giradischi elettrico sta zitto, tre accendini di fila non si accendono....What does it mean? Che cosa vuol dire? Vuol dire che cosa vuol dire. E come se non bastasse i motori della nave si sono spenti in mare proprio davanti al porto. Sto rimpatriando al freddo sopra a una scialuppa di salvataggio. Dopo trent’anni. Napoli. Qui da qualche parte avevo scambiato i documenti con quella ragazzetta… I documenti? La vita. Sono una che all’America ci ha fatto fortuna…ma sono pazza: torno quando l’America bombarda l’Italia, e non so perché. No, perché bombardano lo so. Dicono che il nazifascismo è immorale. Che poi vorrei sapere chi fa ancora qualcosa per la morale…Non so perché torno. What does it mean? Che cosa vuol dire.



GALERIO
La vita è dolore, la vita è paura, oggi tutto è dolore e paura, l’uomo ama la vita perché ama il dolore e la paura… l’uomo non è ancora quello che deve essere… verrà l’uomo nuovo, quello per cui sarà lo stesso vivere o non vivere… dio è il dolore della paura di morire, chi oserà uccidere la paura, lui sarà dio…Ho quasi finito il regalo che sto fabbricando nella soffitta. L’ho fatto con queste mani di mortale. Questo regalo mi guarda, più di quanto io abbia occhi per ricambiarlo… è immobile davanti a me, aspetta solo di mettere in atto ciò per cui l’ho costruito. Mi guarda. Il suo silenzio è terribile.

CAMILLO
Vieni giù! Scendi se sei ancora un uomo! Galerio! Vieni giù!

GALERIO
Cosa vuoi.

CAMILLO
Ho trovato la mia gamba. L’avevi conservata sotto formaldeide.

GALERIO
La gamba…

CAMILLO
L’ho data ad un dottore che l’ha analizzata. Non c’è ombra di cancrena in quei tessuti… la mia gamba era sana. Sana!… Me l’avevi segata per essere sicuro che sarei rimasto Galerio dopo il Montenegro… ma io non sono Galerio. E non lo sono stato mai. Mai.

GALERIO
Ah no? E allora chi sei stato?

Camillo urlando di rabbia gli lancia una gruccia che si rompe sul muro.

UOMO SENZA NOME
Era una bugia, non sono tuo padre… Senti, ragazzo. Anch’io non ho conosciuto mio padre, si campa lo stesso. Non è così male, perché in fondo potrei essere…pure straniero, francese, ungherese, di tutti i posti; tranne che cinese, perché non c’ho gli occhi all’insù… Eh?… Come l’hai chiamato, l’uomo che ti ha fatto nascere… lo vuoi cercare… dammi retta, è meglio che lasci perdere…quello ti può dare solo dolori e a noi i dolori non ci mancano… No, dicevo così, mica lo so chi è… hai sentito: l’allarme antiaereo… andiamo al rifugio, sbrigati, ne parliamo un’altra volta!

CAMILLO
Iskenderum. Anche in Montenegro è notte… No, lì sta per albeggiare. Iskenderum… sono ancora in tempo. Ma in strada c’è il coprifuoco, un altro attacco aereo… la gente corre nei ricoveri… ci sono solo io sotto al cielo, che grido: non fatemi morire, ho una missione da portare a termine!

FOSCO
Insomma, è una settimana che sono arrivato in un posto che non ci si crede. In mezzo allo deserto dell’America. Ho viaggiato verso ponente direzione Kansàs. E casco qua a Eureka, è il nome de lo posto, pare che vuole dire qualche cosa, ma la lingua degli indiani non la speakko. Come si arriva a Eureka? Prendi la strada per Wichita, vai sempre dritto e quando sei nello deserto sei arrivato a Eureka. Posto di merda, mezzo morto, ci sta la carestia. Ci siamo fermati perché lo torpedone s’è sfasciato - è ancora buttato là che s’arrozzonisce – e abbiamo visto certe carovane che partivano direzione west della calafornia. Gli altri disperati hanno fatto prima di me e sono saliti. Solamente io sto rimasto qua. Eureka.

JOLANDA
Mi ritrovo in mano i documenti tutti ciancicati di quella ragazzetta, Isolina… Prima o poi glieli riporto. Sempre che la trovo, qua all’Italia.

Isolina si chiude in una stanza con l’uomo senza nome.

ISOLINA
Dobbiamo parla’. Io me ne vado, ho deciso che me ne vado.

UOMO SENZA NOME
… stavo in pensiero, quest’anno ancora non me l’avevi detto.

ISOLINA
Stavolta però lo faccio… era meglio che restavi senza nome, e che non ci venivi al porto di Napoli a cercarmi… meglio per tutti.

UOMO SENZA NOME
Te ne vai… la gente dice che siamo una famiglia, e tu te ne vai…

ISOLINA
Mio figlio non è tuo. Io non so’ tua moglie. Che famiglia è.

UOMO SENZA NOME
Io lo so perchè è tutta la vita che non ti prendo… se c’avessi avuto il coraggio di chiederti di Camillo, tu avresti sentito che l’uomo tuo ero io… non ce l’ho avuto, ‘sto coraggio.

ISOLINA
E’ andata così. E’ tardi. Senti. La gente dice che sei strano. E parla pure del ragazzo. Tutti lo scanzano, lo chiamano “il figlio dell’infedele” visti i libri che leggi. Quel libro verde è vietato. Buttalo, e butta pure quello che sta qua dentro.

Gli indica una piccola madia. L’uomo la apre, tira fuori dei ritratti, vecchie fotografie e disegni.

ISOLINA
Mi sa che è meglio che ti siedi.

UOMO SENZA NOME
Perché… chi sono…

ISOLINA
I parenti di mio figlio, nonni, bisnonni.

UOMO SENZA NOME
Ma sono… cosa, turchi?

ISOLINA
Ottomani del Montenegro… il padre di mio figlio viene da laggiù. Ora sai tutto.

UOMO SENZA NOME
Non ho capito… il padre è Sua Eccellenza Filonardi, cioè Camillo…

ISOLINA
Aq-mel. Si chiama Aq-mel. Quando l’ho conosciuto stava nascosto in Italia da dieci anni.

UOMO SENZA NOME
Aq-mel?…qua lo chiamano padre della patria…



ISOLINA
Ascoltami. Ho sentito che la polizia segreta cerca nel passato delle persone per vedere la razza… butta tutto, se ti trovano ‘sti ritratti pensano che sono tuoi, questi parenti…

UOMO SENZA NOME
Miei questi parenti…

ISOLINA
Attento a fascisti e preti.

UOMO SENZA NOME
Allora te ne vai davvero…

ISOLINA
Mi porto via il ragazzo. E’ l’unico figlio che c’ho. Qua la gente comincia a morire.

UOMO SENZA NOME
…mi lasci da solo…io crepo se te ne vai. Non dico per dire, c’ho una certa età, mi piglia un coccolone… Isoli’, io non ce la faccio a vivere senza di te, t’avverto…

ISOLINA
Brucia tutto, damme retta.

JOLANDA
Da Mergellina ho preso il treno. Viaggio nel passato? O nel futuro? Qui restano le briciole del poco che ho lasciato, e le montagne di quello che non ho avuto. Arrivo a Roma che c’è vento. Prendo una camera in un albergo vicino alla stazione. Per essere sicura che me la danno proprio a me, vado alla polizia e dico che ho perduto i documenti…Jolanda, con la i lunga, sì… mi rilasciate una copia provvisoria?

FOSCO
A Eureka dell’America ci stanno deserto e fabbriche, fabbriche e deserto. Ci fanno le cose per la guerra, aerei, carrarmati, cannoni. Mi sono piazzato nella via principale, in ginocchio, come facevo alla Nuova York, il braccio che trema, gli occhi bassi, un uomo finito. Ma qua a Eureka non si ferma anima viva. Solo a sera s’avvicina un droghiere e dice che non c’è bisogno che mi metto in ginocchio perché ci stanno già loro. Non tengono nemmeno gli occhi per piangere. Qua tutti i soldi se ne vanno per carrarmati e cannoni... E io che ci faccio a Eureka… Mi metto a dormire dentro a una casa rotta. Mi sveglia una musica… ah già, pare che ci sta ‘nu teatro... mi hanno detto che una cricca di attori fanno la recita. Domani ci vado a parlare. E ce lo dico, che mi hanno cacato lo cazzo, la notte si dorme.

CAMILLO
La moglie del re d’Italia non ha nascosto di essere nata in Montenegro, e io perché allora? Perché io non ero più io… trent’anni fa m’hanno mandato con le truppe italiane sulla Montagna Nera, a combattere contro i miei fratelli e per poco non impazzivo… oggi i giornali scrivono che la mia terra contrasta vigliaccamente le forze dell’asse…i tedeschi la bruciano, non posso restare qui… ma dove vado con questa gamba che non c’è? …il mio popolo… mi riconosceranno: fratelli, dirò, sono venuto a combattere per la nostra libertà… no, io non sono il Conte Filonardi…io sono figlio di questa patria, non padre di quell’altra!

MADAME
Mi sono consumata la vita appresso alla tua. Sade je krajblizu. Ora siamo vicini alla fine.

CAMILLO
Come hai fatto a entrare… La fine di che?

MADAME
Sudbina me pozva. Prima o poi tutti arrivano alla fine.

CAMILLO
Stai parlando della morte?

MADAME
Una volta le cose le sentivo col cervello, ora le vedo con lo stomaco, coi polmoni, con la gola, con le dita. U ona brda, u ono selo sto ga zovu Iskenderum…Crna Gora…

CAMILLO
Tornerò nella mia terra? Rivedrò la Montagna Nera? Parla!

MADAME
Riuscirai senza riuscire. La battaglia sarà vinta e perduta. Il bello brutto e il brutto bello…Lijepo je ruzno kolino je ruzno lijepo…Tu ma non tu ma non tu…Ti si a nijesi ti…


CAMILLO
Questo hai da dirmi… Cacciate via questa puttana! Aiuto!

MADAME
L’immagine sulla morte di Galerio, che ho visto a Parigi tanti anni fa…
Ora so cosa vuol dire.

JOLANDA
Ci sono cose che faccio senza sapere perché. Perché non riesco a togliermi Isolina dalla testa, adesso che ho i documenti miei? Perché sto in un albergo schifoso, quando invece sono ricca? Perché continuo a guardare dalla finestra quell’angolo buio in fondo alla strada? Quell’angolo zozzo, fetente, più fetente di tutto il fetente che c’è intorno… ci vedo puttane, vecchi ubriachi, persone stanche. La gente muore di fame in mezzo alle macerie. Non riesco a staccarci gli occhi. Le calze mi si sono rotte, le unghie spezzate, i denti sanguinano. Adesso è quell’angolo fetente che mi guarda a me.

L’uomo senza nome sta esaminando le fotografie e i ritratti.

UOMO SENZA NOME
Cappelli, barbe, giacche, li guardo negli occhi, che pensieri dietro quegli occhi… sono sorpresi dalla fotografia… donne e uomini di posti lontani… sembra che mi riconoscono, e dicono qualcosa, che ancora non capisco…forse sanno che Camillo non è il mio vero nome.

ISOLINA
Ti avevo detto di bruciarli, quei ritratti…

UOMO SENZA NOME
Loro stanno bruciando me… non parti?

ISOLINA
Prima voglio andare al cinematografo.

UOMO SENZA NOME
…con chi?

ISOLINA
Con te. Danno una bella pellicola.



JOLANDA
Stamattina ho ritirato tutti i soldi dalla banca. Avevo bisogno di vederli. Li ho ficcati dentro a una borsa, come una ladra. Sembravano così pochi, tutti ammucchiati. Mi sono messa a camminare. L’intera giornata. Alla fine sono passata davanti a un cinematografo... che mi fa un biglietto?

UOMO SENZA NOME
…quando finisce ‘sto film, ti devo dire una cosa. Una cosa che ho scoperto.

ISOLINA
Vabbè, me la dici dopo…sta per comincia’.

JOLANDA
Ho comprato al bibitaro un’orzata e un cartoccio di lupini … è cominciato lu film… era muto, capirai, in Europa stavano ancora coi film alla muta.

UOMO SENZA NOME
Di che parla ‘sto film?

ISOLINA
Di uno che perde tutto.

UOMO SENZA NOME
Una cosa allegra… tutto tranne l’amore, spero.

ISOLINA
… infatti è un film.

JOLANDA
Da un momento all’altro, sopra allo tetto dello cinematografo, è volato lo rombo degli aeroplani… la sirena è suonata…una voce da fuori ha gridato che gli americani ci bombardavano… il film l’hanno interrotto.

UOMO SENZA NOME
Qua stiamo al sicuro, dobbiamo aspettare che passano…!

ISOLINA
Spegnete le luci…!



FOSCO
Ieri notte, qua a Eureka, all’improvviso mi so’ svegliato, ma no per la musica… pe’ ‘nu rumore forte come a una scurreggia, una specie di grido che esce da lo culo… bbbbrrrrraaaaaaaa!…. dalla fabbrica degli areoplani della guerra so’ saliti al cielo gli apparecchi, ma assai, una mandria di apparecchi… il cielo s’è fatto tutto nero… Dice che andavano all’Europa a fare la guerra.

JOLANDA
Il cinematografo era al buio, contavamo gli scoppi di fuori, uno, due, tre, e dopo tanti e tanti che non l’abbiamo contati più… non voglio morire… all’America dovevo restare; almeno bombardavo, invece di venire bombardata.

UOMO SENZA NOME
Che è ‘sto biascichìo… che fai, preghi?…

ISOLINA
No. Bestemmio.

JOLANDA
Quando sono passati, pensavo di essere morta dal silenzio che c’era. Siamo usciti… Per le strade c’era l’odore dei palazzi crollati e le voci di quelli che s’erano fatti male… chi non parlava più non s’era fatto più niente. Respiravo l’aria gialla delle macerie…e dopo un tempo che non so, mi sono accorta che non tenevo più la borsa… la borsa con i soldi…tutti i soldi miei…vabbuo’, chi se ne importa…adesso sto in mezzo alle macerie pure io.

ISOLINA
Che mi dovevi dire?

UOMO SENZA NOME
Eh?…

ISOLINA
Prima, al cinematografo, m’hai detto che mi dovevi dire una cosa.

UOMO SENZA NOME
Ah, sì…

ISOLINA
Che mi devi dire.

UOMO SENZA NOME
Sembra che vai di fretta… siamo appena usciti vivi da un bombardamento…

ISOLINA
Dài, dimmi che cos’è.

UOMO SENZA NOME
…m’avevi detto che quando hai conosciuto… Aq-mel… lui stava in Abruzzo, a costruire una ferrovia…

ISOLINA
Sì… c’era cresciuto sopra a quei binari…

UOMO SENZA NOME
Per caso era la ferrovia che dall’Aquila andava a Rieti?… ho trovato su un vecchio libro le stazioni…me le sono scritte…( prende gli occhiali, legge) Scoppito non è dove sei nata tu?… poi Rocca di Corno, Antrodoco, Borgo Velino, Cittàducale…

ISOLINA
Il fiume Salto…

UOMO SENZA NOME
C’hanno fatto un lago artificiale. Mi sono informato.

ISOLINA
Ma perché stai a fa’ ‘sta ricerca…

UOMO SENZA NOME
Non lo so… com’era arrivato lui in Italia?

ISOLINA
Era sbarcato a Pescara… vuoi pure il nome della nave!

UOMO SENZA NOME
… no, quello posso trovarlo... calcolando che sarà arrivato più o meno nel 1888… quante navi vuoi che facevano servizio tra Pescara e il Montenegro?…poi ho comprato questa mappa dei Balcani all’Istituto Geografico…

L’uomo tira fuori una carta geografica, Isolina è esterrefatta.

UOMO SENZA NOME
…ti ha mai detto dov’era nato… ti ricordi se era Virpazar, o Cettine, Bar…

ISOLINA
Ascoltami. Lascia perdere.

UOMO SENZA NOME
Scutari. Dulcigno. Podgorica. Perasto.

ISOLINA
Io me ne vado.

UOMO SENZA NOME
Antìvari.

ISOLINA
Ma il ragazzo non lo porto via.

UOMO SENZA NOME
Le bocche di Kotor…

ISOLINA
Mi stai a senti’!… Lui dice che vuole sta’ con te. Dice che suo padre sei te, pure se non sei te.

UOMO SENZA NOME
…sono io pure se non sono io…

ISOLINA
Molti ragazzi li stanno mandando in Russia; se lo mandano lì ci muore, infermiccio com’è. Lo lascio nelle mani tue. Me lo devi nascondere.

UOMO SENZA NOME
Va bene… stai tranquilla.

ISOLINA
Nessuno m’ha mai voluto bene come te.

UOMO SENZA NOME
Eh, può essere.

ISOLINA
Aiutalo, anche tu stai cercando qualcuno che ti chiama.

UOMO SENZA NOME
Che ne sai?

ISOLINA
L’ho saputo sempre. E mi spaventava. Perché non sono io quella persona.

UOMO SENZA NOME
Aspetta… c’è una cosa che non m’hai detto… e adesso me la devi dire… prima che te ne vai… in trent’anni non m’hai detto una volta sola: ‘ti voglio bene’… che ci vuole, lo dici pure a un cane… dimmelo. Dimmelo. Mica ti casca la lingua se me lo dici. Ti voglio bene.

Isolina si allontana piangendo, senza rispondere.

FOSCO
A Eureka dei deserti dell’America, le guardie m’hanno trovato che dormivo nella casa rotta. Mi hanno pigliato a mazzate. Che male facevo… Mi sono nascosto in un porcaio, in mezzo alli maiali, ma per poco lo contadino non mi salsicciava pure a me. Allora ho dormito per la strada. Sui vestiti mi s’è incartapecorita la fanga. Tiene caldo. Non sto male. Ma quando le guardie mi trovano, ricominciano le mazzate… Il sindaco non vuole straccioni in giro per via delle votazioni. E io scappo. Davanti alla chiesa un padre di famiglia mi sputa in faccia. Mi ficco a dormire in un pozzo pieno di ranocchie. Ne spiaccico tantissime. Le guardie mi ritrovano, e mi si vogliono portare dentro a un campo di lavoro nel deserto, dove ci stanno altri morti di fame come a me… E io scappo, corro, corro… insomma, so’ vecchiarello, diciamo che cammino sbrigato, tutto sciancato, che pare che ballo.

CAMILLO
Anno di guerra millenovecentoquarant… La mia partenza si avvicina, come farò a tornare a Iskenderum…non ho niente con me, quasi neanche me stesso… Chissà perché lo scrivo sui diari. Che fine faranno questi diari? Li pubblicherà la casa Mondadori dopo la guerra, ho già incassato l’assegno.

UOMO SENZA NOME
Ho scoperto che sulla carta dei Balcani c’è un’ombra… un posto con un nome abbreviato: Isken punto. Isken punto. Cosa può esserci dopo Isken? Chi ha disegnato la carta qui non sapeva che pesci pigliare. Eppure questa zona scura è la cosa che spicca di più. Isken punto. Isolina se n’è andata. Il ragazzo l’ho nascosto nel magazzino. La casa è vuota. Isken punto. Gli altri nomi, Kotor, Bar, Cettine, non mi dicono niente, eppure li riconosco…e anche le stazioni vicino Rieti: Antrodoco, Rocca di Corno, come se ci fossi già stato…Allora mi presento a Palazzo Filonardi…vorrei parlare con sua Eccellenza…ditegli che ha chiesto udienza Camillo…ah, sentite, fategli vedere queste fotografie, forse gli diranno qualcosa… va bene, aspetto qui… Dopo un po’, un militare tedesco mi viene a dire che Sua Eccellenza è impegnato, ma in mano non ha le mie fotografie… quando glielo faccio notare, e protesto che le rivoglio indietro, lui e altri mi sbattono fuori… Quelle fotografie sono mie!

GALERIO
Nell’Apocalisse un angelo giura che non ci sarà più il Tempo… quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità, il Tempo non ci sarà più perché non ce ne sarà bisogno…Il Tempo è solo un’idea, si estinguerà…Nell’eternità di questa vita, verrà l’uomo-Dio, e farà finire il mondo…

Galerio ha davanti un automa meccanico fabbricato con le sue fattezze.

GALERIO
Un uomo arriva a sé stesso quando incontra il suo niente. E resta sbigottito nella sua disillusione, costretto per sempre ad essere la sua domanda… Devo morire per mano di qualcuno, questa la profezia. Morire è a questo punto l’unica cosa desiderabile, dare una dignità alla morte dopo una vita involontaria… per questo oggi ti guardo, figlio mio. Tu mi darai la morte, come tutti i figli ai padri.

L’automa si muove producendo chiasso di ferraglie.

GALERIO
… sembri davvero un uomo…basta così poco per farne uno… stoppa per i capelli, acquarello per le guance, vetro per gli occhi, corno per le unghie… basta così poco…. Muoviti ancora, figlio. Compi quello che sarà il movimento definitivo della nostra vita.

Galerio gli mette la pistola nel pugno. Piange.
L’automa gli spara nella faccia.



CAMILLO
Quel rumore. Servi, controllate cosa fa lassù in soffitta. Quel rumore. Il momento forse è arrivato. Il lutto della mia vita. E’ morto? …sono morto? Non esisto, mai stato qui. Issatemi, voglio vedere. Non discutete i miei ordini. Non parlatemi, non risponderò. Il mio nome si pronuncia in silenzio.

Camillo viene accolto dall’automa di Galerio.

GALERIO-AUTOMA
Ti stavo aspettando. Sei troppo curioso. Galerio è morto. Lunga vita a Galerio.

CAMILLO
Che cosa sei?

GALERIO-AUTOMA
Un essere meccanico a cui qualcuno ha dato la carica. Ops. Questa definizione vale anche per gli uomini. Forse, sono un uomo.

CAMILLO
Tu sei una scatola vuota.

GALERIO-AUTOMA
Una pratica antica, nel settecento molto in voga, e anche i surrealisti, a Parigi, agli inizi del secolo…

CAMILLO
Che cosa vuoi da me?! Tu sei una scatola vuota!

Camillo lo colpisce.

GALERIO-AUTOMA
a Parigi agli inizi del secolo a Parigi agli inizi del sec… e ora un indovinello: qual è quella cosa che dice la verità tutti i giorni, ma soltanto una volta al giorno? Indovinato? Indovinato? Indovinato?…..Un orologio rotto. Un orologio rotto. Un orologio rotto.

CAMILLO
Basta… Smettila!

Camillo comincia a fare a pezzi l’automa. Alla fine, resta solo una mano che saluta.

GALERIO-AUTOMA
Con chi stai parlando?

FOSCO
Ancora scappo, e scappo, e scappo... Le guardie di Eureka non mi hanno preso. Mi ficco dentro a una stradella, apro una porta di ferro, mi ritrovo dentro al buio… non so dove sto, ma fuori a farmi dare le mazzate non ci torno. Sento una musica… Poco dopo s’appiccia una luce… Sono finito nello teatro… Uh, guarda, lo teatro. Beh, poteva andarmi peggio.

L’uomo senza nome è con il figlio di Isolina.

UOMO SENZA NOME
Mi fa impressione quando mi chiami papà. Quando m’hai detto che non t’ importa e che per te sono tuo padre … è come se pure io avessi ritrovato il mio… No, ai negozi non ci penso, vanno da soli. Tua madre mi manca, c’avrei un bisogno cane di averla qua. Ma vabbè… ti faccio vedere una cosa importante... un segreto… ti ricordi ‘sto libro con la copertina verde, quello che mi fa piacere ogni volta che lo leggo… dalla copertina è saltato fuori un foglietto. Dopo tanti anni, ha deciso di saltare fuori proprio con me. Io l’ho aperto. Non ci crederai, c’era disegnata a matita la parte che manca nella carta del Montenegro… la zona di Isken punto… e lo sai che c’è scritto sul foglietto? Isken…derum.

CAMILLO
Lazar, la nostra guida quando siamo andati a combattere gli ottomani infedeli… su quel libro Lazar aveva tracciato una mappa per farmi orientare…ma io sono nato qui, avrei voluto dirgli…il mio nome è Aq-mel! Zovem se Aq-mel! Zovem se Aq-mel!…

Camillo guarda le fotografie e i ritratti della sua gente.

CAMILLO
Il mondo sta cambiando, Aq-mel…vai laggiù a vedere e portaci qualcosa… Servi! Informatevi sulle navi che partono per il Montenegro… Sono ancora in tempo… Devo partire… cosa darei per mezzo stantuffo di morfina …Sto nascendo! Lo sento. Sto nascendo!

JOLANDA
Sono tornata reietta. Sto col culo scoperto come quando sono partita, quando pensavo che la vita era finita, anzi, quando mai cominciata. Mi resta un vestito, due scarpe, e una domanda, con cui giro questa città giorno e notte, senza fermarmi mai. Sto cercando un portone; m’hanno detto che dentro ci sta una vecchia seduta per le scale; ma qual è ‘sto portone; ci vanno a trovarla bambini, donne; qual è ‘sto portone; gente che la tratta con venerazione; chi mi dice qual è ‘sto cazzo di portone; come un’indovina…

MADAME
Che brutta parola… sono una che viaggia.

JOLANDA
Che mi sta capitando? Io non ci capisco niente.

MADAME
Il mondo ha significato, ma se non lo vedi il mondo non ha significato…
Sembra facile… tutti portiamo qualcosa senza saperlo, a volte portiamo dolore… una cosa che chiamiamo dolore, ma la parola sua chissà qual è.

JOLANDA
C’è una donna, Isolina… la devo cercare o non la devo cercare?
I documenti glieli devo riportare o no?

MADAME
Vishnu dorme… e mentre dorme sogna quella che eri e non sei più. Il suo sogno sei tu. Aiutalo a inventare quella nuova.

JOLANDA
Come…

MADAME
Senza chiedere come.

FOSCO
Adesso dormo dentro allo teatro. La notte, quando gli attori se ne vanno, resto qua e questo diventa il posto mio. Guardo le seggiole vuote e penso a quelli che in questo teatro ci sono passati, e seduti sopra a queste seggiole… Eh, quante ne ha viste, la seggiola. Di giorno, da dove sto annascosto sotto allo tetto, vedo gli attori che recitano… è incredibile, tu li stai a sentire e ti fanno vedere le cose che non ci stanno. Che ne so, parlano degli alberi e invece qua stiamo allo deserto.

UOMO SENZA NOME
Stanotte ho fatto un sogno. Alberi. Un bosco nero sopra una montagna. Nel posto dove devo arrivare…Iskenderum…e che mi farà soffrire… Sono andato a informarmi per avere un visto, ho mostrato la carta dei Balcani, ho inventato una scusa, che ho un amico con un vuoto di memoria…che ha scoperto di essere nato laggiù, gli do una mano a cercare i parenti… Mi hanno risposto che è vietato cercare parenti di altre razze. Anzi, è vietato averli… però io non mi fermo.

MADAME
Lo so che non ti fermi… Rieti, Cittàducale, Borgo Velino, Antrodoco, Rocca di Corno, Scoppito…

UOMO SENZA NOME
E tu che ne sai…

MADAME
E’ tutta la vita che corri.

UOMO SENZA NOME
Non riesco a fermarmi.

MADAME
L’Aquila, Pescara, Bar… la Montagna Nera…

UOMO SENZA NOME
Stanotte c’eri pure tu!

MADAME
Dove?

UOMO SENZA NOME
Nel sogno.

MADAME
E perché, questo adesso cos’è…

FOSCO
La storia che gli attori raccontano, parla di uno che deve tornare in un posto che non sa qual è... mi fa pensare alla vita mia. Sono uno naufragato anche se la nave non è affondata. E come me, tanti. Dove siamo finiti? Non sopra ai libri di storia, là il nome nostro non ci sta. Fuori sento le scurreggie degli aeroplani da guerra; sono quelli, che finiscono sui libri… guardo qua come faticano gli artisti in questo deserto, con le scarpe sfondate, pagati poco. Mi piacerebbe dirgli: Oh, ci sto pure io!…mi fate fare la recita pure a me? Mi chiamo Fosco, e sto lontano da casa… Imparatemi pure a me, a far vedere gli alberi dentro allo deserto.

Camillo avanza sulla sua carrozzella. Di fronte a lui, Isolina.

CAMILLO
Ti domandi come ho fatto a trovarti? Non avere paura.

ISOLINA
Io non vi conosco.

CAMILLO
Siamo sposati dalla fine del secolo passato.

ISOLINA
State sbagliando persona.

CAMILLO
Non mi perdoni di essere storpio?

ISOLINA
Io alle persone gli guardo gli occhi, non le gambe.

CAMILLO
Tu mi conosci.

ISOLINA
Sì. Voi siete un politico che lo dicono al cinegiornale. Cosa volete da me, Eccellenza?

CAMILLO
Torna con me.

ISOLINA
Siete troppo anziano per certi scherzi.

CAMILLO
Ti sei nascosta in questa capanna, ma ti avrei cercato in capo al mondo, Isolina.

ISOLINA
Vedete che vi sbagliate, il mio nome è Jolanda.

CAMILLO
Partiamo. Ti porto nella mia terra.

ISOLINA
Eccellenza, la vostra terra è l’Italia.

CAMILLO
Puoi portare anche tuo figlio, se vuoi…

Isolina lo guarda.

CAMILLO
Lo so che hai un figlio.

ISOLINA
Questo è un documento valido. Se non credete a me, chiedete alla polizia.

Gli sbatte in mano il documento. Un silenzio.

CAMILLO
Venga avanti, signora.

Entra Jolanda smarrita.

JOLANDA
Permesso, buongiorno…

CAMILLO
Signora, vuole dirci per cortesia…

JOLANDA
Non avevo notizie, da quando sono tornata… cercavo una donna…

CAMILLO
E si è rivolta alla polizia.

Jolanda riconosce Isolina.

JOLANDA
Uh, sei tu… sei tu, vero…quella ragazzetta… non mi riconosci… è passato, neanche so dirlo quanto tempo… ecco, vedi… per me era importante… ti ho riportato questo documento… qui c’è scritto il nome tuo vero, Isolina… stavamo al porto di Napoli… come t’è andata la vita?… eri così arrabbiata, volevi andare all’ America … ma al posto tuo ci sono andata io.

Camillo prende il documento dalle mani di Jolanda, e le consegna l’altro.

CAMILLO
Dunque Jolanda è lei. E questo documento è suo.

JOLANDA
Isoli’ …perché fai quella faccia…che c’è…ho sbagliato qualcosa…

CAMILLO
Grazie Signora, il suo compito è finito.

JOLANDA
Non mi parli… Io pensavo di farti bene... Perché fai quella faccia… Perché… Rispondimi… non guardarmi così…

CAMILLO
Se ne vada.

JOLANDA
Isoli’… aiutami… per me era importante… io non so niente… non ci sto capendo più niente… non sono d’accordo con loro… Non guardarmi in quel modo!…No, no!… Che ho fatto!… Che ho fatto!…Isoli’, aiutami…che mi sta capitando…

CAMILLO
Fuori, fuori!

Jolanda disperata si perde nella nebbia.

CAMILLO
Torna con me. E sarete salvi, tu e il ragazzo. E’ con quell’uomo. So tutto. Tranne forse una cosa… E’ grande ormai… dimmi se è figlio mio.

Isolina tiene lo sguardo fisso su di lui.

ISOLINA
E’ figlio di quell’uomo. Vattene all’inferno.


MADAME
Isolina è corsa via per le campagne, è entrata a Roma col cuore che
le scoppiava. Correva anche se nessuno la inseguiva, correva anche se era una donna vecchia. E’ arrivata al negozio di Via Arenula.

L’uomo senza nome la vede e le corre incontro.

ISOLINA
Non ti posso spiegare… scappate, tu e il ragazzo, non pensate a me… non perdere la strada, torna laggiù…

UOMO SENZA NOME
Laggiù dove?

ISOLINA
Nei posti che studiavi sulle carte.

UOMO SENZA NOME
Ma non ci sono stato mai.

ISOLINA
Non ti fermare.

L’uomo la afferra.

UOMO SENZA NOME
Tu, fermati… è tutta la vita che te ne vai.

Isolina bacia l’uomo.

ISOLINA
Camillo mio sei te.

MADAME
Se n’è andata. Ma lui continuava a stringerla tra le braccia, anche quando lei non c’era più… Pochi minuti dopo, quando Sua Eccellenza è entrato nel negozio, il ragazzo ha capito subito che si trattava dell’uomo che lo aveva fatto nascere… Gli è andato addosso. Le guardie gli hanno sparato. A quel punto, anche Isolina era morta. La polizia l’aveva fermata a Piazza Cairoli, e l’aveva giustiziata. Il negozio è stato bruciato, Camillo l’hanno portato a Via Tasso… Sua Eccellenza ha detto che era un infedele, un miscredente…

CAMILLO
…nato a Oriente e infiltrato nel nostro paese come un cancro. La prova sono queste fotografie, un libro verde…e una carta del Montenegro.

Ora l’uomo senza nome è legato, ha dei cavi elettrici collegati ai piedi nudi.

CAMILLO
Siamo soli. Della tua vita non resta più niente. Ridammi quello che è mio. Salvati.

Una scarica elettrica.

CAMILLO
Il mio nome. Ti bastava un nome qualunque, perché non ne avevi uno.

Una scarica elettrica.

UOMO SENZA NOME
Non esistono nomi qualunque.

Una scarica.

CAMILLO
Traditore. Ti sei tenuto il mio nome tutti questi anni. Ora Camillo sono io.
Dimmelo. Dimmelo.

Una scarica.

CAMILLO
Dimmelo!

Una scarica.

UOMO SENZA NOME
Se sei Camillo…non hai bisogno che te lo dico…

MADAME
Sua Eccellenza ha ordinato di ucciderlo… Ma sono venute giù le bombe, sono scappati tutti, l’hanno lasciato lì ancora vivo… E’ arrivato il momento di partire.


CAMILLO
Avrei voglia di affacciarmi al balcone di piazza Venezia e gridarlo… Italiani…Io non sono italiano…Io non sono il Conte Filonardi… Io non sono Galerio… Io non sono Camillo… sono nato a Iskenderum, il mio nome è Aq-mel… zovem se Aq-mel… sono qui perché da bambino il vecchio del villaggio mi aveva scelto…Il mondo sta cambiando, Aq-mel, vai dove tramonta e portaci indietro qualcosa…E’ passato più di mezzo secolo, e io non vivrò a lungo…devo portare una risposta che non ho… Forza, partiamo! Il mondo sta cambiando… Farò all’indietro il mio primo viaggio, quando sono arrivato in Italia, nel 1888…

MADAME
Lui ha fatto i binari e i binari hanno fatto lui.

CAMILLO
Non potevo passare dalla ferrovia. Non sarei arrivato mai. Ho preso un’automobile, ho fretta. Scoppito…lì ho conosciuto Isolina… Passo all’Aquila…mi ricordo che qui avevo incontrato quel giovane avvocato… Camillo…da lui avevo preso l’idea del nome, perché sembrava la traduzione di Aq-mel. Ma non c’è tempo. Ecco, vedo il mare. Appena una fiala di morfina. Mi sarà d’aiuto.

MADAME
Sono in viaggio verso Oriente. L’Aurora dalle dita rosate.

CAMILLO
Budva, Montenegro, la mia terra. La costa è brulla, il porto fa schifo. Nessuno mi riconosce. Da qui ero partito, per forza, ma non riconosco niente.

MADAME
No, eri partito dal porto di Bar, sotto il lago di Scutari. Ti sto seguendo. Ma il viaggio non è l’arrivo.

CAMILLO (sfoglia frenetico il libro verde)
Non posso ricordarmi la strada che ho fatto, è passato quasi un secolo e io sono soltanto un uomo.

MADAME
Ti serve una guida, padrone? Treba li ti vodic, gospodaru?



CAMILLO
Ho preso una guida. Non ci capisco più niente. Iskenderum, portami a Iskenderum. Sulla Montagna Nera. Spingi le ruote, schiavo, capisci la lingua che parlo?

MADAME
Ja sam, zar me ne prepoznajes… A una certa età, una donna non la distingui più da un uomo. Ma lui non mi riconosce anche perché non è più capace di guardare. Sì, padrone, andiamo. Dobro, gospodaru, ajmo.

CAMILLO
Iskenderum…devo arrivarci prima di crepare. Io sono nato qui una volta, poi non ci sono nato più… guarda queste fotografie, sono i miei parenti, credo… devo portare una risposta. Anche se non la conosco… La stanno aspettando dall’altro secolo… Parlo della mia vita, ma sembra una filastrocca. La morfina è finita.

MADAME
Guido il camion verso le montagne sbagliate, quelle che non diventano nere, ma lui non se ne accorge. Comincia a fare freddo. Padrone, dobbiamo accamparci per la notte. Zaladilo je. Gospodaru, moramo se ulogoriti nocas.

CAMILLO
No, portami a Iskenderum… subito…

MADAME
Arriviamo in un deserto di neve.

CAMILLO
Obbediscimi…la morfina… schifoso…zingaro…è finita…

MADAME
Mi fermo. Lo porto giù dal camion. Non pesa quasi più. Accendo un fuoco. Forse mi riconosce. Come io riconosco il mio destino. Era lui, che avevo visto in quell’immagine, tanti anni fa. Si è addormentato. Sembrava condannato a vivere in eterno, ma con questo freddo i suoi polmoni rallentano. Quando ci troveranno, qualcuno penserà che eravamo amanti e non andrà troppo lontano dalla verità. Il fuoco ora è solo brace, e presto sarà spento…alla fine della notte dei tempi le cose tornano nel grembo… alla nuova alba, escono alla luce.


UOMO CON UN NOME
Cammino. Esco da Porta del Popolo. Vado a ponte Mollo, monto su un carretto che riporta indietro le botti vuote. Arrivo a Rieti. Cammino. Mi ricordo che Isolina mi ha parlato della ferrovia che va all’Aquila. Cammino. Supero il lago del Salto, mi avvicino all’ Abruzzo. Le stazioni della ferrovia, Cittàducale, Borgo Velino, Antrodoco, Rocca di Corno, Scoppito…Penso a Isolina e a nostro figlio. Loro sono i piedi con cui cammino e gli occhi con cui guardo. Arrivo all’Aquila, e davanti a Collemaggio incontro un avvocato in pensione. Si presenta, ha perso una moglie ma ha due figli, si chiama Camillo, lo saluto e gli restituisco il nome, proseguo verso il mare. Pescara. Domani il sole verrà strappato su, da quel mare. Sbarco al porto di Bar, sotto il lago di Scutari. Cerco di ricordarmi a memoria la carta dei Balcani. Vado verso l’interno. Le montagne qui sono facce. Ascolto la Drina appena nata, la attraverso, e già mi ritrovo in un altro fiume. E’ l’alba. Ho dormito sulla Montagna Nera. Sono bagnato dalla testa ai piedi. Le cime sembrano tetti. Mi sveglio, e mi trovo circondato da fucili, tesi verso di me come braccia. I partigiani. Mi legano. Mi tirano giù per una scarpata, che poi diventa un valico, una cresta, un burrone, e infine una gola… poche case, un villaggio…Iskenderum…Mi portano dentro una delle case, ci sono uomini e donne. Qualcuno di loro comincia a parlare una lingua che capisco. “Finalmente sei tornato.”, dicono, “Il nostro fratello è tornato, è tornato in mezzo a noi. Aq-mel è tornato.”…io vorrei dirgli che si sbagliano… ma so che hanno ragione…troppo tempo sono rimasto lontano. Sono partito che ero un altro. E adesso eccomi a casa. Zovem se Aq-mel, è quello che riesco a dire… ma vorrei chiedere perchè quando arrivi, o torni, ti senti come quando parti.


New York, agosto 2000,
Jawa, settembre 2002,
Roma, gennaio 2003