DOPO L'OSCURO GIORNO
dramma in atto unico di
Alfonso Maria Zerbo
PERSONAGGI
MACBETH
BANQUO
UN MESSAGGERO
Notazioni di scena – Macbeth indossa la propria armatura, come nel giorno in cui
morì, ma senza elmo. Banquo indossa lo stesso vestiario del giorno del trapasso,
un’armatura sprovvista dell’elmo. Il messaggero indossa abiti eleganti senza
ricercatezza, del l’XI° secolo. Come lui, l’uomo del centro di smistamento di
anime trapassate. Banquo e Macbeth, nel regno di morti, attendono di essere
smistati alle loro rispettive destinazioni. Sono in attesa del giudizio divino.
All’apertura del sipario, al centro del palcoscenico, si trovano due poltrone
disposte parallelamente tra loro. In quella di destra siede il generale Macbeth.
Macbeth dopo essere trapassato, attende di sapere, apparentemente calmo, quale
sarà la sua destinazione definitiva. L’altra poltrona è vuota. La scenografia
sarà il più semplice possibile. All’apertura della tela, un fumo denso ad
altezza di caviglia farà capire la natura del luogo. La musica usata più di
frequente, laddove non sia indicato diversamente, sarà la Bouree n. 1 della
Suite inglese di J.S. Bach in LA minore. L’autore lascia al regista la libertà
di utilizzare musiche originali.
SCENA I
All’inizio della prima scena, dalle quinte di sinistra, un uomo, il Messaggero,
sollecita Macbeth a rispondere ad alcune domande. In questa fase il Messaggero
non appare mai, rimane dietro le quinte.
Notazioni di scena – Sul palcoscenico si trova Macbeth. Tutto è immobile.
L’opera si apre con un brano di musica di Brian Parnham “From rush to rust”.
Questa fase dura 20 secondi.
Al parlare dei personaggi musica di Vivaldi, Copley furi concerto per 2
violoncelli, archi e basso.
Messaggero- Nome!? –(attesa)- Nome!?
Macbeth- Macbeth.
Messaggero- Data e luogo di nascita!?
-(Macbeth fa cenno di non capire, scuote la testa in modo interrogativo
voltandosi di fianco verso il Messaggero)-
Data e luogo di nascita!? –(attesa)-
Macbeth- Tre novembre 1009.
-(Macbeth appare confuso)-
Messaggero- Luogo di nascita!?
Macbeth- Dundee, Scozia!
Messaggero- Data e luogo odierni? –(attesa)- Data e luogo odierni?
Macbeth- E’ il primo maggio del 1010... Questo è il centro di smistamento di
anime trapassate.
-(Il Messaggero fa cenno a Macbeth di rispondere. Macbeth non capisce,
attraverso un evidente gesto della mano chiede al Messaggero di ripetere.)-
Messaggero- Finalità!? Cause della morte!?
Macbeth- La mia lotta per la vita si è conclusa in un giorno dell’aprile 1057,
in combattimento!
-(in modo automatico)- Attendo di conoscere la destinazione definitiva della mia
vita ultraterrena... come del resto coloro che ho ucciso in un territorio simile
nello stesso anno.
-(Attende senza parlare in attesa che qualcuno si manifesti).-
-(Entra il generale Banquo, ucciso per sua volontà da un sicario nell’anno della
sua morte. Si siede sulla poltrona libera ma non riconosce Macbeth.)
Banquo- Buongiorno messere!
Macbeth- (Trasale, ma cerca di rimanere calmo)-Buongiorno a voi!
Banquo osserva Macbeth perplesso. Crede di scorgere in lui un viso familiare.
Macbeth tenta di recuperare la sua apparente calma iniziale. – Attesa di 5
secondi.-
Macbeth- E così messere, anche per voi questo è il giorno dopo la dipartita!
Banquo- Si, confesso di avere esalato in giorno di ieri l’ultimo respiro...
Anche voi vedo.
Macbeth- Ahimè si! In questo luogo indefinibile, si giunge purtroppo solo dopo
un evento fatale. A nessuno di noi viene comunicato molto più dell’essenziale!
Sappiamo solo che questo è il giorno dopo... l’anno in cui ci troviamo e poche
altre cose.
Banquo- E alla data di oggi, a quanto vi è dato di sapere, corrisponde la stessa
data nel mondo dei vivi?
Macbeth- A quanto mi è dato di sapere, no. Ciascuno di noi proviene da un punto
qualunque del tempo e viene trasferito in questo luogo in giorni prestabiliti,
come io e voi per esempio, morti in giorni diversi eppure appartenenti qui allo
stesso, accomunato agli altri individui da un unico fattore, la morte.
Banquo- Dunque pur non trovandoci in una data corrispondente a quella del mondo
reale, ci troviamo in un mondo parallelo a quello dei viventi?
Macbeth- Almeno in questo si, ma temo che si tratti dell’unico parallelismo col
mondo da cui proveniamo. –(Banquo osserva adesso attentamente Macbeth, non
riconoscendolo, ma rimanendo colpito dalla straordinaria somiglianza con l’ex Re
di Scozia.)
Banquo- Per un attimo prima... mi è sembrato di riconoscervi... per un istante,
avete un viso familiare!
Macbeth- Anche a me è parsa la stessa cosa!
Banquo- Impressioni, capite, la confusione del momento... lo smarrimento,
chiunque di noi crede di trovare nel proprio occasionale interlocutore, un volto
amico, familiare. Sono le inevitabili conseguenze della morte. Il trapasso è un
evento troppo drammatico perché il cervello rimanga freddo.
Macbeth- La morte non è mai un evento qualunque, è l’evento che accade una sola
volta nella vita!
Banquo- Dal vostro modo di parlare, sembrate un militare, sapete, dal modo
autoritario...
Macbeth- Sono un militare scozzese che ha venduto la sua vita in cambio del
successo!
Banquo- Strana la vita, anch’io ero un militare di carriera, un generale
dell’esercito scozzese che demolì il Re di Norvegia!
-(Macbeth tenta d’impulso di coprirsi il volto con una mano, come per
difendersi, cercando di non fare capire il suo imbarazzo, avendo riconosciuto
perfettamente Banquo.)-(Banquo non presta troppa attenzione a questo
comportamento scambiandolo per nervosismo.)- Noi militari, riteniamo d’essere
specie d’immortali, dotati di fortuna e d’energia inesauribili. Adesso, in
questo luogo, la comprensione delle cose è la nostra alleata più cara, non
l’entusiasmo. Dopo il trapasso, la “vita” che si è chiamati a vivere sembra l’
opposto della vita precedente.
Macbeth- Dopo la morte non succede niente di appariscente. Dopo... si comincia a
realizzare. La vita, quella mortale, non è altro che una messinscena, una vita
da tutti vissuta e interpretata, dove nessuno si fa vedere per quello che é...
Anzi, dopo il decesso tutti coloro che abbiamo la sorte di frequentare ci fanno
constatare che il tormento è terminato: Niente più scontri, niente più affanni,
ma solo i corrispettivi sostitutivi sentimenti, le emozioni che gli esseri umani
sviluppano per fare in modo di assicurarsi l’un l’altro la tensione necessaria
per sopravvivere e per mandare avanti quest’esistenza, uno scenario simile a
quello dei giochi pirotecnici per le feste comandate, una festa di colori fatta
a suo modo di... ordine.
Banquo- Avete ragione! La sensazione che ci sia qualcosa di sottilmente
incomprensibile c’è nella vita, una sensazione indefinibile, non ben delineata,
ma la parte più strana viene... dopo.
Macbeth- Proprio così! All’alba del giorno dopo l’oscuro giorno, tutte le
sensazioni sia positive che negative lasciano il posto ad una sensazione di
liberazione, di sollievo. Tutto ciò che non ci spieghiamo prima si svela a noi e
assume il connotato della certezza, diventando in una parola
spiegabile-(scandito)-
Banquo- La morte trasforma i nostri affanni e le preoccupazioni in elementi
inerti. Colui che ha detto che dopo la morte si va in un mondo migliore non
sbagliava del tutto!
(Macbeth e Banquo sono assorti adesso nelle loro riflessioni, per 5 secondi. Non
si guardano.)
Macbeth- Avete sofferto molto... durante il trapasso? Perdonate la domanda, ma
sembra che in questo luogo la forza dei freni inibitori sia sostituita dalla
forza della curiosità!
(Banquo attende qualche istante.)
Banquo- Si, per qualche minuto... fisicamente parlando, ma non mi fu grave il
momento del trapasso. (Attende qualche secondo) Sono stato vittima di un
omicidio!
(Macbeth ha la sensazione di trasalire di nuovo e cerca istintivamente con una
mano di coprirsi il volto, preso dal terrore.) - (Banquo non presta troppa
attenzione a questo comportamento scambiandolo per nervosismo.) Vi sentite bene,
messere?
Macbeth- Si... discretamente. Non vi preoccupate... Non sopporto la tensione di
queste ore d’attesa!
Banquo- Dopo il calar del sole, mentre rientravo in una contrada tra Cardiff ed
Inverness (Incomincia una proiezione video: due uomini a cavallo ed altri tre
uomini scendono dai loro cavalli per attaccarli. Si vede la lotta furibonda, lo
strenuo tentativo di Banquo di sopravvivere, la sua lotta per non soccombere, la
fuga di Fleance. Si odono ben chiari i colpi scambiati dai belligeranti, si
percepisce distintamente il sonoro rumore metallico delle armi. Durante la
scena, una musica drammatica e coinvolgente sottolinea gli eventi. Sarà ben
visibile il corpo di Banquo che cade pesantemente in terra, colpito alla testa.
A Fleance in fuga la proiezione video si interrompe.) accadde l’imponderabile.
Il giorno era stato buono, ero stanco, contento della giornata che stava per
terminare. Subito dopo il tramonto, tre sgherri mi sbarrarono la strada mentre
io e mio figlio eravamo in sella ai nostri destrieri. Intuii che intenzioni
avessero e cercai di temporeggiare. Non ebbi risposta e in men che non si dica
ricevetti come unica replica tre spade da fante sguainate. Non ebbi scelta,
cercai di difendermi, contrattaccai con impatto gagliardo: Ricordo nitidamente
le urla, il sangue... colpi di mazza, di spada, un inferno! Tutti i miei
tentativi furono superati, finché caddi sotto i colpi dei tre omicida, tanto
grevemente quanto forte era stato il mio impeto per respingerli!
(Macbeth impallidisce visibilmente)
Allorchè sopraffatto mi lasciai andare... come affidandomi agli eventi.
(Macbeth cerca di riprendersi, di ridarsi un tono)
Macbeth- Forse... forse... non crederete alle vostre orecchie, anch’io morii per
morte violenta, in uno scontro armato... in combattimento. Mai mi venne meno il
coraggio, fino all’ultimo pensai di poterne venire fuori! (Incomincia una
proiezione video. Si vedono dietro MacDuff, bene illuminati, una folta schiera
di soldati inglesi, immobili, con corazze e stendardi colorati. Dietro Macbeth,
un esiguo contingente di soldati scozzesi con le corazze, senza stendardi. Al
centro della scena Macbeth che cerca con tutta la forza di contrastare MacDuff.
Lo scontro violentissimo tra i due; Macbeth che stramazza per terra. In questo
momento MacDuff fa un gesto di esultanza rivolto ai suoi uomini.) Vidi venirmi
incontro, con tutto lo slancio, il comandante delle truppe nemiche. Seguì un
corpo a corpo. A dispetto del mio valore, un fendente inesorabile mi colpì a
morte, abbattendomi di schianto! (Piccola attesa) Esistono modi meno cruenti di
morire, ma anche peggiori. (quasi sottovoce)... Il mio vero rammarico è il
tradimento! (Banquo impallidisce) - (Musica per clavicembalo)
Ho fatto uccidere degli innocenti, adesso che sono defunto però non me ne dolgo
più, é come se quello che ho compiuto, in un certo senso, non sia stata opera
mia, ma del destino. Adesso, nella quiete della morte, provo quasi amore per le
persone che ho fatto uccidere. All’inizio, coinvolsi i miei cari ed i miei amici
più stretti nelle mie fobie, col procedere dell’esaurimento mentale li ritenni
responsabili di tutto ciò che mi accadeva, fino a che impazzii! (Piccola attesa)
L’aspetto più spietato dell’esistenza... non è il misurarci con problemi più
grandi di noi, ma quello di credere di essere noi i responsabili delle azioni
che compiamo. I motivi per cui ci muoviamo in vita, sono così distanti da noi,
così incomprensibili (scandito), più tentiamo di individuarli e più ce ne
allontaniamo! Le parole invece... quelle che ci vengono rivolte con più forza, a
volte si mescolano ignobilmente con i nostri stati d’animo, rendendoci più
vulnerabili. Chi è il responsabile delle nostre azioni, siamo sicuri che siano
frutto esclusivo della nostra volontà? La vita non è altro che il tentativo, a
volte disperato, di lottare per sopravvivere in qualsiasi direzione, ogni gesto
manifesta il nostro amore per la vita!
Banquo- L’avete detto messere, l’avete detto! Il giudizio o meglio ciò che
presumiamo il giudizio degli altri, ci fa credere di essere in un certo modo.
Noi cerchiamo, durante l’esistenza, solo il modo di rimanere vivi, indirizziamo
tutte le nostre energie per sopravvivere, anche a discapito degli altri, certe
volte. Ecco, questo deve essere il significato della vita mio filosofico amico,
il tentativo di Dio di capovolgere il mondo della realtà per amore dell’uomo! Il
progetto della vita umana non è altro che il tentativo di Dio di contrastare
l’istinto naturale dell’uomo di vivere secondo altruismo. Dio, attraverso la
vita, vuole istruire l’uomo affinché soppianti, se ciò gli è di vantaggio, la
vita degli altri! A Dio non importava quanto sarebbe costato: l’Uomo doveva
tornare egoista, a qualsiasi costo, lo scotto del fallimento sarebbe stato
troppo alto, non solo la dannazione eterna, ma la mancata sopravvivenza della
specie umana. Dio non si rassegnò al fatto che l’Uomo rischiasse di non
sopravvivere, doveva salvare il suo figlio prediletto!
Macbeth- Dev’essere proprio così! (Attesa di 5 secondi in cui un corvaccio
maligno con relativo suono appare in un video) A causa della marea di idioti che
parlano senza avere niente da dire, ci affanniamo a cercare la verità in mezzo a
mille pareri discordanti, ma ignoriamo che è facile riconoscerla, essa possiede
due caratteristiche uniche: La pace e la linearità. Prima, quando ero in vita,
pensavo che fosse la marea di idioti che popolano il mondo il vero nemico, le
persone che parlano a sproposito, più degli schieramenti avversari in
combattimento, più delle malattie, più delle catastrofi! Adesso che sono nella
pace della morte, non sono più sicuro nemmeno di questo, non sono sicuro nemmeno
che quello spietato nugolo di idioti sia veramente reo. Mi appare invece come se
la vita fosse tutta... una recita, come se fosse totalmente popolata da attori,
(mima con gesti eloquenti il suo argomentare) che interpretano alcuni la parte
del protagonista, altri quello della comparsa. E allo stesso tempo mi appare
come una pantomima, una lotta al coltello per la sopravvivenza, che rende tutti
uguali, negli agi e nei disagi. E’ come se alcuni di noi fossero mandati per il
mondo, a nostra insaputa, ad avere a che fare con attori di teatro e non con
persone veramente determinate. Questo forse è accaduto in tutte le varie epoche,
da quando è iniziato il mondo. D’altronde, che io ne sappia, l’esistenza è
sempre stata chiamata vita!
Banquo- Vi comprendo. Dovevate essere una persona eminente in vita, un ufficiale
d’alto grado... uno che sapeva il fatto suo!
Macbeth- Si, una volta, ma quello non sono più io. Quello che sono, lo vedete
adesso di fianco a voi.
Banquo- Avevo un amico... che vi somigliava, un ufficiale d’alto grado, bello
come il sole e con una splendida intelligenza. (musica elettronica ad alto
volume con ritmo per il solo spazio della battuta) Eravamo stati amici nella
vita e compagni sul campo di battaglia, fummo fianco a fianco durante la
vittoriosa guerra dell’esercito di Scozia contro l’odioso Re di Norvegia. In
seguito divenne Re di Scozia, nientemeno che Re di Scozia! (attesa) Una persona
fortissima di carattere, ma volubile, capace di perdere sé stesso laddove
chiunque rimarrebbe saldo, un caso unico al mondo. Condottiero energico, dotato
di valore e d’ardimento, non poteva sopportare di confondersi tra centinaia
d’umili sciocchi che fingono d’esser valorosi e che hanno l’unica finalità di
sopravvivere. Il fatto d’essere scambiato, anche solo per sbaglio per questi
parassiti, provocava nella sua mente il caos! Nessun avversario poteva fermarlo,
era la guerra e un genio di strategia a un tempo, ma era vulnerabile nei momenti
in cui la vita diventa frammentaria e insignificante.
(Attesa di 5 secondi) - (I due personaggi riflettono sulla propria condizione)
(Il corvaccio maligno con relativo suono appare di nuovo in un video)
Macbeth- Fateci caso: L’unico elemento che accomuna l’esistenza e il dopo
esistenza sono gli occhi della morte! Sia prima che dopo, noi esseri umani
siamo... lasciati soli, a confrontarci con gli occhi impietosi della morte!
Banquo- Non capisco.
Macbeth- La morte a volte ti guarda negli occhi per dimostrarti che è lei il
vero protagonista della storia, l’unica regina dell’esistenza! (Parte un video
di alcuni secondi in cui un allucinato volto della morte viene inquadrato in
primissimo piano. Tale morte sarà realizzata mediante una maschera tipo “Scream”
– film dell’orrore – La morte indossa un cappuccio marrone come il saio di un
francescano.)
Secondo la nostra prospettiva, la serie di eventi che forma la nostra vita è in
mano a noi e solo a noi, siamo intesi… Questo meccanismo è in realtà una beffa:
Più vinciamo, più ostacoli superiamo e più ci avviciniamo inconsapevolmente alla
morte! Quando la vita ci arride o quando siamo realizzati la morte diventa
l’avversario più temibile e più intraprendente, più ancora di quando ci troviamo
in difficoltà. Vita e morte sono vicinissime tra loro... lo spazio che le separa
ci appare grande ma in realtà è piccolissimo e può essere annullato in modo
sconcertante da un qualunque evento imprevisto.
Banquo- E questo quali effetti comporta?
Macbeth- Gli effetti!? E’ come se vivendo, noi vedessimo la nostra vita come un
sentiero fiorito durante una splendida giornata di sole e noi insieme a qualcun
altro, procedessimo con calma a cavallo. Poi, d’improvviso, l’immagine in cui
siamo immersi si distorce, il sentiero si restringe, diviene impervio, tutto si
muta e il sole e la luce vengono sostituiti da vento e pioggia. Similmente al
sentiero fiorito, è la nostra vita prima che la morte si accorga delle nostre
imprese di successo. In questo istante, la consapevolezza dell’ineluttabile
Signora, trasforma questo sentiero in apocalisse. Paradossalmente... un successo
dopo l’altro, la morte si accorge dei nostri pensieri, delle nostre smanie di
superiorità, della nostra incredibile ingenuità e si... incupisce; Riflette che
le è sottratto il ruolo di protagonista che di logica le spetta di fatto! Solo i
fortunati che dispongono di un perfetto equilibrio e di una incrollabile fiducia
in sé stessi, non si fanno ingannare, solo costoro non vengono disarcionati
dalla Signora con la falce!
Banquo- Adesso... capisco!
Macbeth- Dopo la dipartita non esistono più amici, nemici, parenti e conoscenti,
ma... un interminabile numero di attori che popolano il palcoscenico della vita
e coloro che sembrano più idioti o perversi sono gli attori migliori...coloro
che mandano avanti la vita col ruolo più difficile! (Banquo sorride divertito)
Il dramma vero della nostra esistenza è quello dei nostri genitori. Loro ci
coccolano da giovanissimi, poi ci allevano per un tempo cospicuo, senza
risparmio di tensioni e sacrifici nella speranza di salvaguardarci, di
proteggere almeno noi dalle vicende umane. Invece fatalmente non va così!
Qualunque amore ci possano volere e qualunque durezza adoperino, rimaniamo
inesorabilmente vittima degli accadimenti della vita.
Banquo- Volete dire...che le persone che più ci amano al mondo...i nostri
genitori sanno perfettamente cosa ci accadrà, che avremo inevitabilmente lo
stesso destino di tutti gli altri uomini?
Macbeth- Esattamente! I nostri genitori non possono fare altro che fornirci la
migliore infanzia possibile, ma non possono proteggerci per sempre, dobbiamo
sperimentare da soli l’esistenza! Anzi, viviamo per questo, per muoverci il
prima possibile in modo autonomo, affinché ognuno di noi raggiunga la propria
consapevolezza, diventi un prodotto finito ed autosufficiente. La vita è un
evento che fa diventare... grandi.
Banquo- (con enfasi) – Così da stabilire un impareggiabile banco di prova per le
nostre vite, proprio perché ci illudiamo, in gioventù, che il vero confronto non
sia tra la forza del nostro carattere e le difficoltà che la realtà ci mette di
fronte, ma tra l’amore dei nostri genitori e la realtà! Il divenire adulti in
seguito, cambia totalmente questa nostra concezione del pensiero.
Macbeth- Proprio così!
Banquo- Fino a quando siamo in vita, siamo talmente oppressi dalle
preoccupazioni pratiche! Dopo morti, riusciamo a comprendere la vera concezione
della vita: Solo sei in vita e solo sei anche in morte... solo con il tuo
destino. Le decisioni nei momenti nevralgici del nostro percorso vanno prese da
soli. Soli si nasce, soli si affronta la tensione del primo giorno di scuola,
soli si decide il proprio mestiere, soli si sceglie la propria compagna, soli si
muore... e soli si arriva al cospetto di Dio! E quando si è deceduti, il vuoto
lasciato dalle amicizie, dalle parentele e dal mondo dei conoscenti viene
riempito da una grande sensazione di serenità, come se chi si è conosciuto fosse
distante da noi secoli!
Macbeth- Migliaia, milioni di anni!
Banquo- Ad un osservatore proveniente dal mondo terreno, noi appariremmo come
buffi, incomprensibili, con la nostra calma, ma ad osservare bene, il nostro
spettatore si accorgerebbe che qui, le intense, a volte incontrollabili emozioni
umane, non hanno più senso. In questo luogo senza definizione messere, penso
ogni tanto alla mia terra. Raramente penso a mio figlio Fleance e alle persone
che ho lasciato... Frequentemente invece, penso alle isole Ebridi, al
Lanarkshire meridionale, a quei luoghi della Scozia freddi e splendidi! Mi
sovvengono alla mente i Ceilidh – (Si udranno degli schiamazzi ad alto volume,
musiche scozzesi dell’XI° secolo e rumori di taverna, di posate di metallo e di
bicchieri di vetro.)- con i miei compagni d’armi, serate sfrenate e festose!
Spesso rammento il castello di Cawdor, la splendida foresta della Caledonia, la
tranquillità di Clava Cairn, l’atmosfera serena della mia città natale...
Macbeth- Sicuramente altri luoghi e altre persone vi attendono da qualche parte
nell’universo, altrettanto magici e altrettanto interessanti. Questo luogo ameno
in cui ci troviamo, non è altro che un avamposto di smistamento di anime
trapassate. Presto sarete ancora corporeo... forse anche felice e non penserete
più ai luoghi che avete lasciato, perché non li ricorderete più e al loro posto
vi saranno i nuovi ricordi, acquisiti dal vostro cervello!
(Colpo sordo di volume molto forte, come di un tonfo) – (Banquo ha come un
risveglio di consapevolezza. Grazie al riferimento involontario di Macbeth alla
parola cervello, riconosce quel volto che aveva inutilmente tentato di
individuare. Ha uno scatto sulla poltrona, realizza. Riconosce Macbeth che non
aveva identificato per via della voce diversa e dell’età più giovanile.)
Banquo- Macbeth! Macbeth! (gridando) – (Banquo si alza dalla sua poltrona)
Macbeth- (Istintivamente si porta le mani davanti al volto. Grida.) Io non sono
Macbeth, non sono più Macbeth, non sono più io! Non sono più niente! ... Da
quando il 23 aprile 1057 morii in combattimento, non sono più un soldato, non
sono più un uomo, non sono più nulla! Quello che vedete di fianco a voi non è
che uno spettro che portava quel nome, dilaniato... dalle sue pulsioni più forti
e dalla sua distruttività! Voi parlate di qualcuno che non esiste più, che
pensate di riconoscere, che non è più il brillante combattente di Scozia, ma
solo un fantasma... un illusione!
Banquo- Macbeth! (grida) – (Banquo gridando rivolge un gesto di aggressione a
Macbeth)
Macbeth- (con lo sguardo terrorizzato) Lady Macbeth mosse la mia mano, la armò,
fu lei che architettò l’inganno, non io, io non fui che lo strumento... il
tramite! Lei... mi istigò ad uccidere Re Duncan e i suoi seguaci, perché io
sedessi sul trono al suo posto, per la sua (scandito) ambizione, la sua
(scandito) avidità di potere, non la mia! (musica coinvolgente per organo) Se
c’è una cosa a cui non resisto è l’ambizione femminile. Bene avete detto prima,
il vostro amico era una persona molto forte di carattere, ma non poteva
resistere ad un unico elemento: All’eccitazione che gli portava il tramare
insieme ad una donna, soggiogato da lei, ed era il suo unico punto debole! Ma la
pagai... questo è certo e molto più cara di quello che pensate. Prima persi la
testa, cercando di interpretare senza tregua le parole di alcune streghe, (Parte
una proiezione video: si vedono Macbeth e Banquo mentre sono di fronte alle tre
streghe nel primo incontro in “Macbeth” di Shakespeare. La musica di supporto
lascerà preludere alla follia.) poi il mondo si capovolse su di me! Dal giorno
in cui decisi di tradire, il mondo cambiò come dal giorno alla notte e tutti i
miei tentativi di riuscire a difendermi furono più penosi e insulsi della
vicenda stessa. Il campo di battaglia non fu altro che la logica conclusione di
un tempo che segnava solo tempesta, il giusto epilogo della vita di un pazzo!
L’uomo... l’uomo che poco fa avete nominato, non esiste più, al suo posto
trovate questo fantoccio ridicolo... un oggetto pieno di rimpianti e rimorsi,
afflitto, che non è più capace di perdonare la propria debolezza, i propri
errori... la propria sconfitta!
(Macbeth appare come in preda ad una dissociazione)
Sono Io Macbeth... mi riconosci adesso? (grida) Sono io... il Re di Scozia, il
tuono distruttore degli invasori di Scozia! Guarda ciò che sono adesso!
Guardami! Quando la morte è passata, mi ha lasciato spoglio come un albero
d’inverno.
(grida) Cancellami una volta per tutte! Spazzami via definitivamente
dall’universo, sopprimerai solo lo spettro che mi rappresenta, la pallida ombra
dell’eroe che conoscesti un tempo! Rifuggi dai ricordi Banquo, rimuovi dalla
mente i pensieri di vendetta, prima che sia troppo tardi! La vendetta è solo la
figlia perversa della giustizia, ne ha la stessa meravigliosa apparenza, ma è
incredibilmente diversa, è talmente distruttiva che proprio chi la invoca ne
risulta distrutto!
(Si abbassano le luci. Una musica drammatica dal sapore contraddittorio
accompagna due mimi con identiche calzamaglia nere. Indossano due maschere
bianche e si trovano illuminati, l’uno all’estrema sinistra, l’altro all’estrema
destra del palcoscenico. L’uno indossa una maschera che esprime sgomento,
l’altro ne indossa una che esprime rabbia. Entrambi convergono verso il centro
del palcoscenico, al ritmo cadenzato della musica. L’uno di fronte all’altro,
esprimono con il corpo movimenti di sorpresa e di incredulità reciproci, girano
lentamente due volte l’uno intorno all’altro e poi si riposizionano ai due
angoli del palcoscenico. Dopo qualche secondo, si accentrano di nuovo. Quando
sono vicini, quasi a ridosso, le due luci che li illuminano si spengono, per
circa tre secondi. Adesso, un'unica luce illumina un solo mimo che indossa una
maschera dello stesso colore delle precedenti, ma che non esprime alcuna
emozione. Il mimo, posto faccia alla platea, si contorce come danzando ed
esprimendo disagio e sofferenza, unicamente attraverso i movimenti delle braccia
e del corpo. Muovendo ancora le braccia, scende lentamente fino a finire in
ginocchio. La musica cessa. Buio.)
(Luce - Macbeth come ebete, scende dal palcoscenico e striscia aggrappato al
bordo dello stesso. Banquo si trova a ridosso del proscenio, come per colpirlo,
dall’alto verso il basso.) (Musica dei Namlook “Phiomela nocturne”)
Banquo- Macbeth! (gridando) – (Macbeth non reagisce, come inebetito.)
(Per dieci secondi, Banquo, in piedi sul palcoscenico, osserva Macbeth allibito.
Macbeth è immobile, come un verme sfasciato dalla sofferenza, orribile in volto,
con le mani aggrovigliate su se stesso, come per proteggersi. Buio.)
SCENA II
(Un pezzo calmo di pianoforte, di qualche autore famoso, prelude all’ingresso
del Messaggero. La musica, ad un certo volume e nel palcoscenico non più
illuminato, cesserà un momento prima dell’inizio del parlare del nuovo
personaggio.)
(Entra adesso il Messaggero, un uomo di bassa statura, bello in volto, che viene
a portare notizie ai due uomini in attesa.) – (Il Messaggero tiene nella mano
destra il Giudizio cartaceo riguardante i due uomini) - (Squillare di trombe)
Messaggero- Signori, (con tono solenne) vengo a portarvi notizie sulle vostre
rispettive destinazioni! Siete stati informati delle regole che governano questo
mondo post-mortem?
Banquo- Certamente! (Macbeth frastornato non risponde)
Messaggero- Vi consiglio di prendere tali decisioni con una certa flemma. Tali
scelte non sono mai irreparabili e costituiscono una possibilità di redenzione
per un individuo. Chi decide, secondo le condizioni che gli sono poste di
fronte, decide sempre per il meglio, saggiamente, laddove sia possibile.
(piccola attesa) – (musica ad alto volume formata solo da colpi di tamburo da
orchestra).
L’imperterrito male che gli uomini compiono in vita, non può essere fermato in
alcun modo! Esiste a questo proposito la legge più antica del mondo, la legge
della non interferenza, che non permette né agli uomini, né a Dio stesso, di
interferire nelle azioni di altri uomini. Tutto deve compiersi per come è
stabilito. Esiste un momento, dopo la vita, in cui si deve essere giudicati
delle proprie azioni e in cui si rende conto delle proprie scelte. Di nuovo,
come fu in principio, Dio riprende possesso del mondo che ha creato e giudica
sul bene e sul male dell’agire umano. Non può apparire né a noi né ad uomini.
Alcuni di noi possono soltanto udirne la voce. Gli angeli più meritevoli, nella
loro incompiutezza, divengono i messaggeri, gli emissari del volere divino e del
Suo giudizio. Questo è il punto dello spazio tempo in cui si viene valutati,
tutte le follie, le incongruenze, le ingiustizie compiute da voi uomini e che in
vita paiono permesse, incontrano qui l’inesorabile giudizio di Dio. In un solo
istante è capovolta ogni logica apparente. E’ ristabilita la perfetta equità tra
gli esseri umani: Tutti gli uomini sono uguali, sottoposti alla medesima Legge.
La parola or dunque, con cui state per essere soppesati, non è la nostra... ma
la Sua!
(Consulta i fogli per alcuni secondi) – (Il corvaccio maligno con relativo suono
appare per la terza e ultima volta.)
(Squillare di trombe) -
Voi Banquo, siete stato destinato al purgatorio, fino a data da destinarsi! Per
avere ucciso dei vostri nemici senza che ve ne fosse una reale necessità, per il
reato di superbia, per avere abusato svariate volte della vostra autorità,
durante le guerre che avete combattuto tra il 1037 e il 1057. Per il reato di
indolenza, perché non cercaste mai di appurare l’entità del tradimento che
legava i Macbeth, vi limitaste ad accertare, se la famiglia Macbeth avesse
potuto coinvolgervi. Metteste a rischio così persino la vita di vostro figlio,
che solo per un miracolo si potette salvare! (Banquo che fino a questo momento
era rimasto impassibile percuote le proprie braccia incrociando i pugni stretti,
in modo convulso, come non accettando la colpa) – (attesa) Voi Macbeth, siete
stato destinato all’inferno! (Colpo sordo con eco)
(Si realizza l’ultima proiezione video. Si materializzano le più malvagie
vittime di Macbeth: Alcuni dei morti collezionati dal condottiero ululano
orribilmente dall’inferno, per chiamare a loro Macbeth, come in un abbraccio
mortale. Nel video si vedono le fiamme dell’inferno amplificate sul palcoscenico
da un gioco di luci e di ombre.) – (Banquo e Macbeth si girano da una parte e
dall’altra.)
(Con enfasi) - (La voce del messaggero acquista un rimbombo) Per l’uccisione del
generale Banquo, per l’uccisione del Re di Scozia Duncan e dei suoi seguaci! Per
il reato di strage, per avere condotto la Scozia in guerra con l’Inghilterra,
soltanto ed esclusivamente per la vostra ambizione personale. Per l’omicidio
involontario di tutti gli scozzesi che a causa della guerra con l’Inghilterra,
morirono di crepacuore e di stenti. (si odono le anime innocenti delle vittime
civili scozzesi che invocano giustizia a gran voce) Per il tentato omicidio di
Fleance, figlio di Banquo, per il reato di lussuria e per il crimine più grave
di tutti... l’ambizione! - (Colpo sordo con rimbombo di volume molto forte, come
di un tonfo.) – (Macbeth si mette le mani sul volto per la disperazione, si
contorce, come se al rimorso si unisse il disonore) - (Si odono le voci,
provenienti da tutti gli angoli del palcoscenico dei “colleghi” infernali di
Macbeth, sue vittime, che reclamano l’ex Re di Scozia, chiamandolo per nome.)
(Ognuno dei due personaggi si muove rispettivamente verso una delle comuni
opposte del palcoscenico, Macbeth sostenuto per un braccio da un uomo del centro
di smistamento di anime trapassate e Banquo, accompagnato dal Messaggero. Mentre
stanno per uscire incrociano i loro sguardi. Si fermano, attendono qualche
secondo)
(Macbeth istintivamente e improvvisamente ha un moto d’affetto per Banquo)
(Banquo, quasi simultaneamente, ha un irrefrenabile impulso d’affetto per
Macbeth)
(Si incontrano nell’area centro sinistra del palcoscenico. Si abbracciano.)
Macbeth- Banquo!
Banquo- Macbeth!
Si abbracciano in modo struggente e sincero per una decina di secondi, convinti
che sarà l’ultima volta che si vedranno, come dimentichi delle umane
vicissitudini che li avevano visti l’uno contro l’altro, come purificati dalle
emozioni umane.
Cala il sipario