IL PADRE DE LI SANTI

ovvero

I MONOLOGHI DEL CAZZO

di

LUIGI LUNARI

(2005)





Personaggi


LUI
(Il protagonista, il C…, l’Uccello, o come diavolo siate abituati a chiamarlo)

L’ALTRO
(La Spalla: di volta in volta lo Psicanalista, l’Antagonista, il Sommo Giove, lo Storico, il Cameriere, etc.)



Un palcoscenico. Oggetti e presenze sceniche saranno evocati di volta in volta, allorchè saranno necessari.
Al centro della scena o di lato, un grande baule, di quelli tradizionalmente usati nel teatro all’antica italiana. Da qui, il protagonista potrà estrarre quel che gli occorre. Se però invece del baule, il regista o chi per lui preferisce la presenza di un armadio, o trova più confacente disporre gli oggetti utili su un attaccapann, o una mensola o un tavolino, nessuna obbiezione da parte dell’autore.
Anche l’ingresso del protagomista è lasciato alla libera discrezione del regista. Può entrare in un tripudio di luce e di colori, accompagnato da una musica la cui solennità vada dall’Alleluja di Händel in su, oppure in tutta semplicità e modestia, come un qualsiasi presentatore di un programma televisivo culturale.
In ogni caso, si rivolge al pubblico:

LUI – Non credo ci sia bisogno che io mi presenti! Se siete qui, se avete visto i manifesti, se avete letto il programma… sapete benissimo chi sono.
“Il padre de li santi”! Certo: anche i santi nascono perché io, a un certo punto, ho fatto – con “la madre de li santi” – quanto occorre perché nove mesi dopo… nasca… chi? Un santo? Un santo o un delinquente, o un uomo qualsiasi, come quasi tutti voi – uomini e donne – seduti in platea…

Okay: sono il Cazzo! Va bene così? Il padre de li santi – che figura sul manifesto per dare un po’ di dignità letteraria a questo… a questo… a questa roba! - è il titolo di un sonetto del Belli, che elenca tutti i sinonimi del suddetto, e che ho finito con l’imparare a memoria:

“Er cazzo se po’ di’ radica, uccello,
Pezzo de carne, manico, scetrolo
Ciccio, nerbo, tortore, pennaiolo
Cavicchio, cataletto e chiavistello

Er gionco, er guercio, er mio, cerchia, pirolo,
attaccapanni, moccolo, brugnolo,
Anguilla, torciorecchio, manganello,
e salame e salciccia e sanguinaccio

Poi scafa, cannocchiale, arma, bambino
Poi tozzo, crescinmano, catenaccio,
mànnola e mi fratello piccinino…”

Eccetera eccetera…. Grande sfoggio di fantasia, grande investimento culturale…. Ma alla fine… rien à faire: cazzo sono e cazzo resto. Rien ne va plus!

Stando così le cose, vedendo (e soffrendo) anche l’abuso quotidiano che si fa di quello che è pur sempre il mio nome… ad un certo punto anch’io sono finito là dove tutti finiscono quando sono gravemente in crisi.

(Alle sue spalle, si è materializzato il classico divano dello psicanalista, sul quale Lui si sdraìa. Lo psicanalista siede sulla sedia accanto al divano, anch’egli in posa classica, gambe accavallate e notes sulle ginocchia.)

Lo psicanalista – il solito costosissimo strizzacervelli al quale mi aveva indirizzato una mia amica - ha cercato di indorarmi la pillola in tutti i modi possibili.

LO PSICANALISTA - Ma perché incaponirsi su questa singola espressione!, così abusata e volgare, quando esistono ben altre, più gratificanti locuzioni? Perché deve autolimitarsi ad autodefinirsi “il Cazzo”? Perché non pensa a se stesso come… all’Uccello. Eh? Non la sente, che ben altra dignità? Paolo Uccello, grande pittore del rinascimento… “Gli uccelli” di Aristofane, duemila cinquecento anni fa… E duemila cinquecento anni dopo, ecco ancora “Gli uccelli”, suite orchestrale di Respighi… “Il dolce uccello della giovinezza”, di Tennessee Williams… “L’uccello azzurro” di Maeterlinck… E un racconto di Saba: “Uccelli”: così, tout court, tranchant. E poi: “Gli uccelli grigi”, un nobile romanzo dell’olandese Arthur con Schendel (confessi che questo non se lo aspettava!). E vogliamo dimenticare che gli “uccelli” sono stati i destinatari di una delle più note prediche di Francesco d’Assisi, in un episodio illustrato nientemeno che da Giotto? Ma c’è di più: c’è una fiaba di Carlo Gozzi, dove l’uccello si ingentilisce nell’”Augellin berverde”! E nella “Carmen” di Bizet: “l’amore è uno strano augello”? C’è un ciclo poetico bulgaro che si intitola “Uccelli nella notte”; e una deliziosa poesia ungherese: “L’uccello ai suoi piccini”. Mentre fin dalla lontana Islanda ci giunge – di Laxness, Premio Nobel nel 1955 – l’”Uccello sulla spiaggia”. E il cinema, la decima musa? “Gli uccelli” di Hitchcock, “Uccellacci e uccellini di Pasolini”, con Totò… “L’uccello dalle piume di cristallo”, di Dario Argento, “L’uccello migratore”, con Lando Buzzanca (forse un po’ corrivo, forse non proprio oro colato: comunque c’è!) Un quasi sconosciuto, ma non per questo meno stimolante, “Gli uccelli vanno a morire in Perù”, protagonista una densa e remunerante figura di ninfomane… Per finire nella fantasia più eccitante e promettente: “L’uccello di fuoco” di Strawinski, tribale e primitivo, e un suo corrispettivo spirituale e mistico: “L’uccello del paradiso”, del pur meno noto Enrico Cavacchioli!

LUI (al pubblico, ribellandosi) - Qui l’ho interrotto…
(Allo Psicanalista)
Senta, dottore: lei è molto colto e informato, e interdisciplinare, ma mi pare che il Belli sia più concreto. E poi: e l’uccello del malaugurio, allora?

LO PSICANALISTA - Superstizioni preistoriche! Cosa va a pensare! L’eccezione che conferma la regola!
(Conclusivo,incoraggiante:)
Lei è un uccello, ha capito? Anzi. l’UCCELLO! Può girare a testa alta, e di fronte a tutti affermare: io sono orgoglioso del mio nome! Sono orgoglioso di essere l’Uccello! Sù, ripeta con me! Uccello! Io sono orgoglioso di essere l’Uccello.

(Un po’ meno convinto, Lui si accoda:)

LUI - Io sono orgoglioso di essere l’Uccello!

LO PSICANALISTA (conclude, trionfante, trasportato) - Ecchè cazzo!

(L’espressione coglie Lui come una pugnalata. Porta le mani al cuore con una smorfia di dolore. Si alza, si rivolge al pubblico con rassegnata tristezza.)

LUI – Visto? Sentito? La sostanza è sempre quella: sono il simbolo di tutto quello che non va, che nasce storto, che finisce male, che ti rompe le palle! Una giornata no? Una giornata del cazzo! Un brutto film? Un film del cazzo! Un deficiente ti fa venire il nervoso? Una testa di cazzo? Uno perde un sacco di soldi in borsa? Ha fatto una cazzata! Uno non fa che andare in Via Veneto a tirar mattina? Cazzeggia! Prende una botta al ginocchio? Cazzo che male! Tuo cugino vien fuori con una delle sue? Ma che cazzo dici!
E chi più ne ha, più ne metta! Un discorso del cazzo! Una situazione del cazzo! Questo mondo del cazzo! Una vita del cazzo!

(Pausa. Lui torna a sdraiarsi, o forse non ce n’è neanche bisogno: le parole dello Psicanalista lo raggiungono dove si trova.)

LO PSICANALISTA – Beh, adesso non esageri! E – vorrei dire anche – non si dia troppe arie, non si creda così importante! Esistono anche altre espressioni per definire i lati negativi dell’esistenza. Si può dire “E’ un mondo del cazzo”, ma anche “E’ un mondo di merda!”

LUI – Eh già! Se non è zuppa, è pan bagnato. O cazzo, o merda! Grazie: mi lascia proprio in buona compagnia. E io lo pago, anche, per sentirmi incoraggiare in questo modo. Un sacco di soldi buttati via con lo strizzacervelli, e il risultato è questo.
Via, via!...

(Psicanalista e divano vanno in ombra..
Uno stacco musicale.
Lui a poco a poco si calma. Siede in una comoda poltrona in primo piano con accanto un tavolinetto con giornali e un drink. Prende un giornale, lo apre, prende il drink, lo sorseggia, sempre perdurando il commento musicale che potrebbe essere – nella fedeltà al tema – “E’ l’amore uno strano augello…” dalla Carmen.
Alle sue spalle, in fondo alla scena, si è materializzata una pissottière. Un uomo – un servo di scena – entra, si accosta alla pissottière, e – spalle al pubblico – fa evidentemente pipì.
Lui non si volta, ma è altrettanto evidente che vede tutto. Ha un qualche moto di impazienza, depone il giornale, lascia il drink…)

Lo vedete, quello lì. Beh, state attenti!

(L’uomo esaurisce quanto stava facendo, poi si avvicina a un lavandino, e si lava con accuratezza le mani, con largo uso del sapone, sfregandole più volte, e poi asciugandole con cura, prima di andarsene..)

Avete visto? Si sta lavando le mani! E perché si lava le mani?
Domanda!

(Forte, al malcapitato)

Ehi, lei! Perché si è lavato le mani? Risponda, se ha il coraggio!

(Il malcapitato lo guarda stupito, come si guarda un matto, ed esce di scena alzando le spalle.)
(Lui si volge al pubblico.)

Ve lo dico io, ve la do io la risposta!
Si è lavato le mani perché mi ha toccato: perché ha toccato l’uccello!

(Con calma, ma con evidente sforzo per dominare rabbia e indignazione,)

State a sentire. Io – uccello, cazzo, o come diavolo volete chiamarmi – sono lì, tranquillo, in mezzo alle gambe, ripiegato su me stesso, tra i miei due cuscinetti, protetto da un bel paio di slip di cotone, poi da un bel paio di pantaloni, magari anche da un bel cappotto o da un bell’impermeabile, allacciati sul davanti. Protetto, dico, dall’inquinamento, dalla polvere, dai miasmi del traffico, anidride carbonica, pulviscolo atmosferico, tutto quello che rende l’aria irrespirabile, maleodorante, cancerogena…
Ad un certo punto… scappa la pipì. Sento la patta dei pantaloni che si apre, lo slip di cotone che si divarica… e due manacce che mi prendono per il collo, e mi tirano fuori, lì, dal mio buen retiro, per farmi fare – appunto – la pipì. Sono due manacce sporche, puzzolenti, che da quando sono uscite di casa non hanno fatto altro che sfogliare giornali e riviste al petrolio, impugnare volanti, corrimano, ringhiere già impugnati da chissà quant’altra gente, stringere mani di sconosciuti, spazzolare le sedie del bar prima di sedersi, o delle panchine dei giardini pubblici, chinarsi per terra a raccattare un oggetto caduto, accarezzare un cagnone che passa lì vicino, infilare un dito nel naso per scaccolarlo… Mani, manacce luride, unte, impolverate, macchiate di chissà che cosa…
E “DOPO!” se le lavano? Avete capito? Non “PRIMA”, come sarebbe minimamente logico e sensato: prima di violare la mia raccolta, intima pulizia, e di lasciarmi poi umiliato, sporco di tutta la loro quotidiana sporcizia… “DOPO”! Perché nel loro perbenismo, nella loro borghese, reazionaria ipocrisia, han preso in mano l’immondo e si sono contaminati. E così si lavano, si insaponano, si sciacquano, si asciugano, e poi via… a riprendere le loro sozze faccende, i loro intrighi, di corruttori e di corrotti, nell’aria ammorbata del mondo che loro hanno costruito… lasciando lì, me, inquinato ormai per tutto il giorno, fino alla ristoratrice doccia serale: se pur la fanno, i sozzi!
Eh, ma ha dda venì… Ha dda venì chi so io!...

Basta! Bisogna che non ci pensi. Se no mi sale la pressione, mi gonfio, divento rosso, neanche avessi preso una doppia dose di viagra!..

(Siede, si ricompone. Stacco musicale: “Quell’uom dal fiero aspetto” dal Fra’ Diavolo di Auber.
Lui ha un moto di breve fastidio. La musica tace. Un attimo, poi riprende, stavolta con La cavatina di Figaro dal Barbiere di Rossini. Lui ha un’espressione di soddisfazione: segue con la voce e col gesto musica e canto.”Tutti mi vogliono / tutti mi chiedono / donne, ragazze / vecchie e fanciulle”, “Figaro qua, Figaro là / Figaro sù, Figaro giù…”, “Una volta, uno alla volta / uno alla volta, per carità” Lui è ormai completamente rasserenato, e sorride alla vita)

Certo: la notorietà ha anche i suoi lati positivi… Io, per esempio, sono certamente il miglior amico dell’uomo.

LO PSICANALISTA - Oh, finalmente! Questo è lo spirito! Lei, sissignore!

LUI - Io, sissignori! E’ la mia presenza, io, con quel che sono e quel che faccio…

LO PSICANALISTA – Lì, in mezzo alla gambe, sempre pronto, disponibile…

LUI - Io, che trasformo un uomo con la u minuscola, in un Maschio con la M
Maiuscola!

LO PSICANALISTA - La quintessenza dell’uomo!

LUI – . E certamente avrei anche potuto presentarmi così:

LO PSICANALISTA - Maestro… Musica.

LUI – (Nello stile delle “macchiette” in uso nel café chantant napoletano del diciannovesimo secolo)

Buonasera! Sono il Maschio!
Tutto quel che non è ammmore
non m’importa, me ne infischio.
sono il Maschio seduttore.
Il mio stato è l’arrappato,
la mia regola è la fregola,
Coi calzoni o la gonnella
pari sono questa o quella,
purchè lì dove sappiamo,
abbian quel che noi cerchiamo,
tutta pronta a dar riparo
all’amico mio più caro.
Ecco: mi guardo in giro,
addocchio, inquadro, miro,
parto all’attacco, stringo,
assedio, incalzo, fingo…
poi quando giunge l’attimo fuggente
e il grido m’urge “arrestati sei bello!”
come folgore destata di repente,
il vero seduttore è lui: l’uccello!

(Parlato)

Attenti: non un seduttore. “Il” seduttore. Io: il seduttore senza il quale nessun seduttore può esserlo: il seduttore per eccellenza, sono Sua Eccellenza il Seduttore. Sono onnipresente, eterno, camaleontico, immarcescibile, immortale, carismatico, ubiquo (non “obliquo”, ma ubicumquo; ma anche obliquo, se occorre), mi ritrovate dovunque nelle imprese di chiunque figuri tra i grandi dell’amore: sono Romeo, don Giovanni, Casanova, sono Paolo e Francesca (no: solo Paolo), sono Rodolfo Valentino, Julio Iglesias, anche Carlo d’Inghilterra, se vogliamo, Richard Geere, eccetera eccetera. Spesso misconosciuto, raramente nominato, io sono anzi l’innominato, malgrado i moltissimi nomi che mi sono stati attribuiti. Ma sotto-sotto, sotto le avventure dei tanti nominati, ci sono io: nelle leggende, nei miti, nei romanzi e nei teleromanzi, nei film e nei telefilm, nei quadri, nelle sculture, - dove mi nascondono foglie di fico e rametti d’alloro, anche lì misconosciuto e irrifigurato, ma sempre, sempre presente, motore immoto, animatore occulto. Mi trovate in vacanza, sui panfili e sui pedalò, nelle spiagge, davanti alla fontana di Trevi, nei rifugi alpini… Ma anche nei luoghi di lavoro, a incuriosire o insidiare segretarie e commesse… e dovunque nella vita quotidiana: sui treni, sui tram, per strada, sulle corriere, nelle metropolitane, al cinema… Dove sono al servizio dell’intera gamma sociale: dal principe al lattaio, dal ricco industriale al ragioniere, al benzinaro, al lattoniere… Io, sempre io! Io che vi dico…
Buonasera, son l’Uccello!
Tutto quel che non è ammmore,
non m’importa, non lo curo:
son l’Uccello seduttore.
Il mio stato è l’arrappato,
la mia regola è la fregola,
Coi calzoni o la gonnella
pari sono questa o quella,
purchè lì dove sappiamo,
abbian quel che noi cerchiamo,
ben disposta a dare ascolto
all’amico che ci porta.
Ecco: si guarda in giro,
addocchia, inquadra, mira,
parte all’attacco, stringe,
assedia, incalza, finge…
poi quando giunge l’attimo fuggente
e il grido urge “arrestati sei bello!”
come folgore destata di repente,
a compier l’opra, arrivo io: l’uccello!
(Parlato)
Perché questi sono i patti, tra il maschio e il suo migliore amico. Lui che apre la strada, la appiana, l’asfalta, la cosparge di petali di rose, io che arrivo a testa bassa – si fa per dire! - e concludo. Così come l’aratro che traccia il solco e la spada che lo difende; o la produzione che produce il prodotto, e il marketing che lo impone ai mercati. Se il maschio svolge bene il suo compito, nessun traguardo è fuori della nostra portata. Che cosa deve fare, lui? Le giuste manovre, i trucchi, le tattiche e le pretattiche, le strategie, i comportamenti, le lettere e le letterine, il telefono, i messaggini, il balcone, la treccia, il sorriso, la lacrima, il petting, i preliminari, il riscaldamento, il travestimento miracoloso, all’occorrenza farsi cigno, o toro, o pioggia d’oro, o spirito santo… E soprattutto essere come lei lo vuole: tenero, aggressivo, implorante, minaccioso, muscolare, mascellare, paterno, mammone, infantile, protettore, bisognoso di aiuto, semplice e bancario, pantofolaio, avventuroso. E compensativo! Ah, sì: compensativo. E’ sposata e suo marito parla solo di soldi? E il seduttore: “Tanto gentile e tanto onesta pare… E’ magra come un chiodo, e ha il complesso delle scapole sporgenti? E lui: “Culona!” E’ alta uno a cinquantacinque e pesa ottanta chili? “Mia betulla, mio giunco… Gazzella!” Fa la casalinga tutta chiesa e focolare? “Puttana!” E’ una carta vincente. Conduce là, dove ogni apparenza s’annulla, dove quello che conta – al fin d’ogni fiera - sono io! Io, io che bandita ogni vuota ciancia, vi dico:
Buonasera, sono il Cazzo!
Tutto quel che non è ammmore,
non m’importa, non lo curo:
sono il Cazzo seduttore.
Il mio stato è l’arrappato,
la mia regola è la fregola,
Coi calzoni o la gonnella
pari sono questa o quella,
purchè lì dove sappiamo,
abbian quel che noi cerchiamo,
ben disposta a dare ascolto
all’amico che ci porta.
Ecco: si guarda in giro,
addocchia, inquadra, mira,
parte all’attacco, stringe,
assedia, incalza, finge…
poi quando giunge l’attimo fuggente…
ecco me pronto: turgido, paonazzo,
duro più che l’acciar, più che il diamante…
ecchè cazzo sarà? Ma, cazzo: il Cazzo!

(La musica della macchietta si allarga a stacco musicale. Lui potrà continuare a canticchiare il motivetto appena concluso. Nel frattempo, si avvicina al baule, lo apre, tira fuori dei capi di abbigliamento di stile marcatamente frivolo, si cambia. Durante la vestizione, racconta:)

Sono stato a teatro, l’altra sera! Uno spettacolo… così così. Niente di speciale, teatro comunque pieno come un uovo. Ad attirare la gente, senz’altro il titolo, che a me invece non piaceva proprio per niente, anzi: mi ha fatto proprio venire il nervoso. “I monologhi della vagina”. Capito? Cara, lei! La vagina! Mi veniva voglia di dirle: ma parla come mangi, stronza! Abbi almeno il coraggio delle tue azioni! Rinnegata! E se no, sta a casa! La vagina! E perché no la fessurina, la passerina, la paperina? O la signorina del piano di sotto? La maestrina dalla piuma rossa? La bella addormentata nel bosco? La regina di Saba? La fata dai capelli turchini? Eh? Vi immaginate se noi facessimo i monologhi del “pene”? O del pisello, del fagiolino, di Pollicino?... Non che a me piaccia il linguaggio volgare, sia chiaro: per cui mai avrei preferito “I monologhi… di quella cosa lì”: quattro lettere e via andare! Ma neanche queste smancerie sentimentali, o pseudo scientifiche, da manuale di anatomia… Tanto più che – diciamo le cose come stanno – a me non mi è mai stata simpatica. Non è una questione razzista, sia chiaro: o ideologica, o altro. Per me, uno può avere tra le gambe quello che vuole…. e può farne l’uso che crede… sempre però nel rispetto dei diritti altrui e senza prevaricare sulle opinioni degli altri. Ripeto: non è una questione di niente. Il fatto è che io…
Io..
Io, sì, ecco…
Io, insomma…

Io sono allergico alla fica!

(Si sono materializzati il divano dello psicanalista e lo Psicanalista stesso.)

LO PSICANALISTA (dopo una pausa, spesa a cercare le parole e gli argomenti opportuni) - Beh, direi che non c’è problema! L’allergia è un certo tipo di inconveniente, ben classificato, per il quale si sono messi a punto metodi di cura, o di difesa, non esclusi banali e ovvi accorgimenti pratici. C’è chi è allergico ai crostacei, chi è allergico alla lana. Che cosa fa chi è allergico ai crostacei? Non li mangia. Al ristorante, invece del cocktail di gamberetti, si fa portare … che so io… un piatto di prosciutto e melone. E’ allergico alla lana? Veste di cotone! Lei, come lei stesso ha detto, è allergico…

LUI - (deciso, coraggiosamente) - …sono allergico alla fica. Va bene?

LO PSICANALISTA – Ecco: il problema è quello – esistenziale – del prendere coscienza di sé, dell’accettarsi: senza remore o complessi di sorta. L’allergico ai crostacei rinuncia ai gamberetti e all’aragosta. Lei… è disposto a un analogo sacrificio?

LUI (un po’ in ritardo) – Rinunciare all’aragosta?

LO PSICANALISTA – No! Alla….

LUI (è arrivato) - Ah, scusi! Non avevo capito! No. Francamente non lo considero un sacrificio.

LO PSICANALISTA (spiritoso) – Anche lei, probabilmente, è ripiegato sul prosciutto e melone.

LUI – Sì. Frequento altra gente, mi sono fatto un altro giro…

LO PSICANALISTA – E dunque?.... Dove sta il problema. Anch’io del resto, se devo essere sincero…

LUI – Il fatto è che… periodicamente, ho degli incubi! La vedo! Me la vedo davanti… e….

(Si copre gli occhi con le mani, come non sopportasse l’immaginarla)

LO PSICANALISTA – Una crisi d’astinenza?

LUI – Eh?.... No, no… Ma quale crisi d’astinenza! Gliel’ho detto: non ne sento assolutamente la mancanza. Anzi!

LO PSICANALISTA – Senta: procediamo per ordine. Questi incubi: a quando risalgono. Ne ha sempre sofferto? Riuscirebbe – per esempio – a ricollegarli allo shock della nascita?

LUI - Eh?

LO PSICANALISTA – Oppure a qualche esperienza prenatale, nel ventre materno…,

LUI – ….

LO PSICANALISTA – Insomma: sto cercando un’origine. Da bambino? Durante il servizio militare?

LUI – A Riccione. Durante le vacanze. Ecco: quello! Dovessi indicare il punto esatto all’origine dei miei incubi, non avrei dubbi: a Riccione, durante le vacanze.

LO PSICANALISTA – Racconti!
(Si accinge a prendere appunti)

LUI – Ero a Riccione, come le ho detto. Un’estate come le altre: caldo, mosche, tedeschi e danesi, un sacco di bambini, gelati, pedalò… Io ero lì con degli amici. Una sera, uno fa: “Andiamo sui viali, verso Rimini?” Sui viali a far cosa?, dico io. “Eh, a rimorchiare.”, fa lui. A rimorchiare che cosa?, dico io: finto tonto, che avevo capito benissimo. “Eh, dipende da quel che troviamo!” Puttane, insomma! “Oddio, puttane! Non è detto: ci sono un sacco di straniere, … che gli piace cuccare: come a noi.” Uno – il solito stronzo – “Vieni anche tu, Gianbattista?” Sa, con quell’aria di uno che ti provoca a bere perché sa già che sei astemio. Io prima dico, perché non andiamo invece a mangiare il gelato, o a giocare a minigolf… Poi, quando capisco che non è cosa, faccio: Okay, vengo anch’io, va bene. Con aria più di sfida ancora. E tutti: uh, viene anche Giambattista! Viene anche Giambattista! Se viene anche Giambattista bisogna andarci tutti. Chissà perché, poi. Anzi lo so, il perché: perché io mi ero fatta la fama di quello tranquillo, che sta nel suo brodo, che non va a cacciarsi nelle grane…
Comunque si va, si cerca, si trova… Insomma, per farla breve: finisco in un capanno, in riva al mare, con una danese: una scemetta, bionda slavata, con due tette grossolane, invadenti, perfino imbarazzanti… che parlava un po’ di italiano… siede su una specie di brandina, che era lì, tutta sporca di sabbia… Io mi guardo un po’ in giro, cerco di ambientarmi, tiro fuori una sigaretta, gliela offro, lei fa di no con la testa, come a dire… No, non è questo, come se si fosse aspettata… che so io: un sigaro. Io mi accendo la sigaretta, attacco un po’ di discorso, le chiedo di dove viene, che studi ha fatto, che governo c’è in Danimarca… E lei, a un certo punto, un po’ spazientita: “Senti: si può sapere che cos’è che sei qui a fare?” E io, tranquillo, gentile, che a domanda risponde: “Sono qui per le Settimane Azzurre delle Acli.” Lei non so cosa ha capito! Forse non sapeva che cosa sono le Acli. Fatto sta che sospira, alza gli occhi al cielo, e mi fa: “Cià, vieni qua. E giù la sottana, che sotto non c’aveva niente.”
Dio del cielo! Che botta!

(Tra il tragico e l’isterico:)

L’ho vista! L’HO VISTA!

(Si accascia, si fruga in tasca, ne trae una pillola, la ingoia, poi un’altra, un’altra ancora… Si asciuga il sudore.
Finisce seduto sul divano. Lo Psicanalista gli porge un bicchier d’acqua, lui beve, ma è chiaramente ancora sotto shock.)

LO PSICANALISTA – Ho capito! Cerchi di calmarsi, si rilassi. Chiuda gli occhi, respiri profondamente… E adesso, provi a rivivere quel momento, e a dire esattamente che cosa ha provato.

(Lui scuote la testa: No! Troppo forte l’emozione, troppo terrorizzante il ricordo. )

Ecco, vede? Tento io un’interpretazione. Credo non ci siano dubbi. La sua è un’allergia psicosomatica. Non un semplice fatto fisico. Anche se naturalmente questo influisce sulle sue condizioni fisiche. Un fatto psicosomatico, appunto: che dalla psiche si trasferisce al soma, al corpo. E infatti eccolo lì: lei è crollato, ha perso vigore: lei si è letteralmente afflosciato, ha rinunciato ad ogni baldanza, ad ogni istinto aggressivo, come è proprio – invece – del suo carattere. Ma tutto questo avviene senza la vicinanza, la presenza fisica, oggettiva, di quell’entità, come sarebbe normale in tutti le manifestazioni allergiche. Perché l’allergico ai crostacei abbia una crisi, urge il fatto che ne ingerisca. A lei è bastato il ricordo, l’immagine….

(Lo Psicanalista armeggia un istante attorno ad un apparecchio. L’immagine di un enorme, peloso, cavernoso, organo sessuale femminile (simpliciter: la fica) si proietta sullo sfondo occupandolo per intero. Lo Psicanalista sollecita Lui a voltarsi. NOTA: il regista dovrebbe trovare il modo, nella scena seguente, di proiettare il celebre “Ratto” (Rape in inglese) di René Magritte, e le Vagine pericolose di Topor.)

Guardi!

(Lui si volta, vede, di nuovo caccia un urlo, si nasconde la faccia tra le mani. Poi, quando la faccia riemerge, essa è quella di un attore tragico. L’atmosfera scenica muta, e si adegua ad ospitare un monologo in stile euripideo, che comincia però con lo straordinario virtuosismo vocale di Macduff – “Horror, horror, horror” – che nella Sc.III dell’A.II del “Macbeth” annuncia la morte di Re Duncan.)

Orrororrororrore….

Vista! L’ho vista! Ah, vade retro!…. Ah, dove troverò accenti bastevoli a dipingere con equi tratti il mio terrore! Tu mi soccorri, o Melpomene, tragica musa: dà tu ali al mio spirito, siediti tu sulla mia lingua, e governala con polso fermo, come l’auriga i destrieri, come guidasti la mano di Oreste contro il petto dell’uxoricida Clitennestra! Scatena le tenebrose Erinni, che mi guidino oltre il Lete, dove annegano i ricordi, e le Eumenidi pacificatrici riavvolgano la mente sconvolta nelle fasce dell’oblio!
L’ho vista!
E come posso darvene conto, a voi che ascoltate, e che pure da questo emiciclo siete stati testimoni – ammutoliti, gli occhi sbarrati, ritti i capelli in testa per l’orrore -.allo strazio di Edipo e di Ecuba, di Oreste e di Fedra. Filottete davanti alle orrende piaghe che lo straziavano; Tieste di fronte alle carni dei figli di cui si era nutrito, Prometeo alla vista dell’aquila puntuale a divorargli il fegato…. questi gli esempi appena sufficienti a dar la misura del mio orrore,
quando me la vidi di fronte:
minacciosa,
oscenamente suadente,
ingorda di luride voglie,
male nascosta dalla selva
selvaggia ed aspra e forte
che ne camuffa le insidie,
sotterraneo labirinto di volute
a grottesca e blasfema
e distorta immagine della rosa,
dantesca porta dell’inferno
che vieta ogni speranza a chi la varchi,
mucosa sanguinolenta,
miasmatica accolta
di putridi sentori marini,
sabbia mobile che risucchia
chiunque ne sfiori la soglia,
vortice silenzioso che ti avviluppa
e ti trascina nel gorgo,
baratro di cui non si intravede il fondo,
mantide divoratrice
che ghigliottina l’incauto,
fica, terrifica fica,
madre di tutte le effe,
effeminate ed efferate:
fossa,
forra,
foiba,
forca caudina,
falla fatale,
pozzo ardeatino,
rosa carnivora,
trappola spietata,
ventosa rovente,
potta suadentis,
garrota hispanica,
voragine semper parata,
sconcia vergine di Norimberga,
succhiosa esautoratrice d’ogni virile energia,
che vomiti afflosciato e inerte,
in disordine e senza speranza,
chi ti aveva penetrata con orgogliosa sicurezza,
restituendolo spompato ed esangue
all’indifferente luce del giorno.
Aaaaaaahhhh!

(Crolla, poi dopo qualche istante risorge, ritornando al clima quotidiano e banalmente realistico della seduta presso lo Psicanalista.)

E io dovrei infilarmi a corpo morto in quel buco! Ma per carità! Al solo pensiero mi vien fatto di stringere le gambe, a mia difesa! Per carità, per carità, per carità! Non se ne parla neanche! Sia lodata la mia allergia, reale o psicosomatica che sia! Mai, mai, mai!

LO PSICANALISTA – Beh, okay. Nessuno la costringe né la costringerà mai. Certo: ragionando, riflettendo, trovando conforto anche nella statistica, lei non può non ammettere che molti altri suoi simili si infilano lì, e non solo ne escono dopo un po’ senza nessuna delle nefaste conseguenze che lei si dipinge, ma anche con un certo senso di soddisfazione, che li spinge – alla prima occasione – a riprovarci….

LUI – Padronissimi! Io….

LO PSICANALISTA – Lei ha detto tutto quando di fronte all’immagine evocata ha stretto le gambe, in un moto istintivo di autoprotezione. Chiaramente un riflesso condizionato alla Pavlov: o – più esattamente – la manifestazione di un complesso di castrazione. Posso immaginarmelo: se lei vede la sua controparte femminile – diciamo – come una bocca aperta ad ingoiare e a maciullare… certo: una logica reazione è quella che lei ha manifestato! Ma… - solo per capire! - … perdoni la domanda: questa sgradevole sensazione di pericolo, lei la avverte anche di fronte ad altri… non so come dire… ad altri orifizi?

LUI – Sarebbe a dire?

LO PSICANALISTA – Ecco: se la portatrice di quella voragine che tanto lo spaventa… la piccola danese di quel capanno di Riccione… cavandosi la gonna le avesse voltato le terga… dove pur anco trovasi un noto orifizio, volgarmente detto… ehm..

LUI – Il buco del….

LO PSICANALISTA – Voilà! Avrebbe provato lo stesso shock, lo stesso senso di smarrimento angoscioso?... Guardi!

(Proiezione di un paio di natiche. Che Lui per qualche istante osserverà con attenzione durante le battute seguenti.)

LUI – Beh, dipende.

LO PSICANALISTA – Perché aspetto esteriore e atteggiamento (deve riconoscerlo) sono alquanto diversi. Tanto appariscente, esibizionista, estroversa lei, quanto riservato, pudico, nascosto – anzi: ascoso – lui. Lei… lì, sparapanzata, esigente, fiscale, prepotente più che invitante, diciamo pure… oscena; lui, in attesa, silenzioso, discreto, “benignamente d’umiltà vestuto”, lo canterebbe il poeta… La vedo esitante, perplesso. Che cosa sta guardando? Che cosa la rende così titubante?

LUI – Quelle natiche. Così grosse, debordanti, quasi cellulitiche…

LO PSICANALISTA – Non lo atterriscono, ma neppure la eccitano…

LUI – Non così, non quelle…. Sono orribili!

LO PSICANALISTA (infervorandosi) – Siamo sulla buona strada! Perché orribili? Scavi, scavi!...Cerchi di definirsi!

LUI (impacciato, esitante) – Il fatto è che sono…

LO PSICANALISTA (incalzante: tanto più che ha già capito dove si va a finire) – Il fatto è che sono…?

LUI – Sono… ecco…

LO PSICANALISTA (crescendo in entusiasmo) – Femminili! Lo dica: femminili! E’ questo che fa la differenza! E’ così? E’ così?

(Accanto, o in luogo della proiezione di prima ne compare ora un’altra.)

Guardi invece queste ben altre natiche: asciutte, essenziali, nervose, sportive…

LUI (non convintissimo)¬¬ ¬- Beh…

LO PSICANALISTA – Maschili! Mas-chi-li! Qui sta il segreto! E “vive la difference”! Queste vanno già meglio, vero? Qui stiamo andando nella direzione giusta! Non è l’orifizio in sé che può o non può attrarre! E’ quel che c’è attaccato! E’ l’universo su cui si apre. Giustamente dice Marziale…
Conosce Marziale?

LUI – No.

LO PSICANALISTA – Un poeta latino. In un suo epigramma racconta di un uomo che adescava fanciulli. Finchè sua moglie non si lamentò: “Senti, perché te la fai con i ragazzini? Non ho forse un culo anch’io?” E lui, fermo: “No, moglie mia cara: tu non hai un culo, tu hai due fiche!”
E’ così? E’ questo che sente? E’ questo che in fondo lei voleva dire?

LUI – Sì… credo di sì!

(Brano che segue è pressochè a soggetto: lo psicanalista ora è una sorta di oculistacon i cartelli a caratteri sempre più piccoli,cambiando le lenti al paziente, che fa vedere – in successione e in alternanza – posteriori maschili, femminili, infantili…, come a mettere alla prova le reazioni visive del paziente.)

LO PSICANALISTA – Questo?....

LUI – No.

LO PSICANALISTA - Certo: trippute, gonfie, burrose…
(Cambia immagine)
Questo?....

LUI – Beh…

LO PSICANALISTA (sempre cambiando immagini, in rapida successione) – Ora attento! Guardi bene! Meglio questo… o questo….?

LUI – Mi fa rivedere?

LO PSICANALISTA – Questo… o questo… ? Questo – questo…

LUI – Direi il primo.

LO PSICANALISTA – Questo?....

LUI – Questo!

LO PSICANALISTA – E questo?

LUI – Direi… pressochè uguale.

LO PSICANALISTA – Questo invece no!

LUI - Nnnnn…. No!

LO PSICANALISTA – E questo invece sì.

LUI – Sì.

LO PSICANALISTA – Se ha dei dubbi si avvicini…

LUI (si avvicina, aguzza la vista) – Sì, sì, molto meglio!

LO PSICANALISTA – Sicuro?

LUI – Direi proprio di sì.

LO PSICANALISTA (spegne le immagini,molto soddisfatto, si accinge a stilare una cartella clinica) ¬¬¬– “Alla vista di natiche infantili, il paziente visibilmente manifesta ed esplicitamente dichiara un marcato e immediato interesse, assente invece in presenza di natiche adulte, quale che ne sia il sesso del soggetto cui appartengono. Invitato ad appropinquarsi all’immagine si fa rosso e accaldato in viso e… “
(Al “paziente”)
Possiamo parlare di erezione?

LUI – Eh?

LO PSICANALISTA - Questo colorito sanguigno che ha assunto, questa tensione… Ripeto: possiamo parlare di erezione?

LUI – Senta: dove vuol arrivare?

LO PSICANALISTA – Non importa. La sintomatologia mi sembra più che evidente. La scienza può legittimamente pronunciarsi: il suo è un caso patente di pedofilia.

LUI (allarmato) – Ssst!

LO PSICANALISTA – Lei è un pedofilo.

LUI (ancora più allarmato) – Basta! Ma è matto?

LO PSICANALISTA – Le piacciono i bambini. Si scandalizza? E’ una pulsione naturale, e il suo caso ha precedenti illustri…

LUI – Non m’importano i precedenti illustri!

LO PSICANALISTA – Lewis Carroll, l’autore di “Alice nel Paese delle Meraviglie…”

LUI – Ma stia zitto! Vuol cacciarmi nei guai? Con i tempi che corrono, lei se ne viene fuori a darmi del pedofilo… Roba da farsi linciare per strada…

LO PSICANALISTA – Ma è una pura e semplice diagnosi scientifica…

LUI – Eh, diagnosi scientifica!... Per la gente un pedofilo è un delinquente della specie più ripugnante… I pedofili sono in pericolo anche in galera… tant’è vero che li tengono separati dagli altri!

LO PSICANALISTA – Diciamo, con calma, che un pedofilo è un delinquente solo se e in quanto delinque… Finchè i suoi gusti se li tiene per sé, senza far male a nessuno, come appunto Lewis Carroll….

LUI – Sì, ma allora… carte in tavola! Perché allora uno non può dire “Sono un pedofilo come Lewis Carroll”? Che cos’è questo divieto? Una fatwa di Santa Romana Chiesa? Gli antichi greci…

LO PSICANALISTA (lo ferma e intanto prende in mano un copione. Qui cessa di essere Lo Psicanalista, come da copione, e diventa semplicemente L’Altro: attore, compagno di lavoro) – Un momento! Gli antichi greci, ha detto?

LUI – Sissignore: gli antichi greci seguivano liberamente i loro istinti..

L’ALTRO (smanacciando il copione) – Ehi, un momento: questo non c’è!

LUI – Non c’è dove?

L’ALTRO – Non c’è nel copione, non c’è nel testo!...

LUI – Non me ne frega niente! Un minuto! Me lo date un minuto: per un discorso serio: in questo monologo del cazzo?

L’ALTRO – Ma noi dobbiamo…

LUI – Chiedo un minuto! Un minuto solo, anche se esco dal seminato. Per un discorso serio, sissignore: un discorso che bisogna pur fare, una volta per tutte!

L’ALTRO – Ma l’autore non lo ha previsto!

LUI – Peggio per lui!
(Al pubblico)
Sta a sentire, pubblico del cazzo! Io sono un cazzo pedofilo, va bene? Le ragioni le sa iddio, e forse neanche lui: nato così, infanzia infelice, distorsioni nello sviluppo… Non ha importanza! Mi piacciono i bambini: ma non nel senso che pensate voi, che io debba subito mettergli le mani addosso! Mi piacciono… nel senso che gli voglio bene. Un bambino… è una cosa dolce! Mi piace accarezzarlo, tenerlo in braccio, dargli dei baci… Anche tenerlo a letto, farlo dormire… come anche i bambini fanno con una bambola, con un orsacchiotto di peluche… Questo è quello che sento! Ma non mi va che per questo mi si getti la croce addosso! Con tutte le depravazioni che ci sono al mondo, proprio io dovrei essere la feccia? Come si fa ad escludere che tra un pedofilo – okay! – e un bambino ci possa essere un rapporto affettuoso, tenero, sincero…

L’ALTRO (tentando di arginarlo) – Calma, calma! Va bene: hai detto quel che dovevi dire. Dal tuo punto di vista hai ragione. In questi limiti, okay. Un rapporto innocente, come se uno fosse un nonno, o uno zio… Ma il pericolo lo sai anche tu qual è: che il rapporto affettuoso – come lo chiami tu – a un certo punto degeneri… in un comportamento fisico….

LUI – E allora?

L’ALTRO – Come, “allora”? Sarebbe violenza: violenza sessuale: lo capisci questo?

LUI – Eccoci con la violenza! Io non sono un violento! Non farei del male a una mosca, okay? Figuriamoci se farei del male a un bambino verso il quale dovessi sentirmi attratto! E poi: anche fosse: siamo sicuri che sarebbe “violenza”?

L’ALTRO – Cosa?!

LUI – Ripeto: anche fosse? Se capitasse di andare oltre, se una carezza andasse al di là… se passasse il segno… se andasse addirittura a finire che…

L’ALTRO - Ma tu sei matto! Ma pensa al bambino: pensa allo shock, al trauma che subirebbe…

LUI – Senti: gli antichi greci queste cose le facevano e le rifacevano e non risulta che venissero sù traumatizzati!
Il trauma glielo creiamo noi, con le nostre abitudini, le nostre fobie del sesso…

L’ALTRO – Basta! Ti proibisco di continuare: un minuto è passato…

LUI – Non me ne frega niente. Diventeranno due minuti….

L’ALTRO (gridando al soccorso) – Pompieri! Pompieri! Polizia!

(Trillo di un telefonino. Seccato, Lui mette le mani in tasca, ne trae un portatile, risponde:)
Pronto?

L’ALTRO – Chi è?

(Lui ascolta per qualche istante, poi chiude, alzando le spalle con gesto infastidito.)

Chi era?

LUI – L’autore. Ha detto che lui si dissocia. Bello stronzo. Ti mette lì, ti fa dire le cazzate che vuole lui, ma se appena c’è un qualcosa su cui valga la pena discutere… lui taglia la corda!

L’ALTRO – Ha ragione!

LUI – Lui passa di qui solo a prendersi i diritti d’autore! Stronzo! Reazionario! Moralista del cazzo!
(Si corregge:)
Moralista di merda!

L’ALTRO – Basta! Torniamo al testo dello spettacolo!

LUI – No! Ho ancora una cosa da dire: al pubblico, e all’autore: che queste cose doveva scriverle lui, invece di farle dire a me!

L’ALTRO (di nuovo gridando al soccorso) – Polizia! Polizia! Pompieri!

LUI (al pubblico, ormai lanciatissimo) – State attenti, voi tutti. E cercate di ragionare con calma, senza lasciarvi prendere dai nervi. Una domanda sola, vi faccio: immaginate un bambino – figlio, nipote, quel che volete! Preferireste saperlo in mano, diciamo, a uno come Brunetto Latini, Leonardo da Vinci, Sandro Penna…

(L’altro si è avvicinato a un quadro comandi, e alza il volume di un brano di musica particolarmente fragoroso (un temporale d’opera lirica, la Cavalcata delle Walkirie…) fino a soffocare la voce di Lui, che vediamo muovere la bocca senza che se ne senta parola.
Dopo pochi istanti Lui gli si avvicina, lo forza ad abbandonare i coimandi, riporta il silenzio.)

LUI – T’ho detto di lasciarmi dire!...

L’ALTRO – Ma che cazzo dici. Cosa vuoi che sappia la gente chi era Brunetto Latini!

LUI (al pubblico, sempre lottando perché l’Altro non torni ad impadronirsi dei comandi) – Brunetto Latini era il maestro di Dante: pedofilo al cento per cento: e Dante lo ha messo nell’Inferno… però gli voleva bene, e se l’ha messo all’Inferno è perchè anche lui, ufficialmente, doveva farlo per forza!.

L’ALTRO (polemico) – E Sandro Penna?

LUI – Era un poeta! Un pacifista! E gli piacevano i ragazzi e i ragazzini, okay? Ma non ha mai fatto male a nessuno! Ed era un grande poeta!...
(Lascia il campo all’altro, e torna all’arringa)
Ora, quel che voglio dire è questo: preferireste sapere un bambino in mano a uno di questi o di tanti altri che potrei anche nominare, fino a Michael Jackson, che fa abbastanza schifo, d’accordo, ma che neanche per lui è colpa sua….

L’ALTRO (sempre in allarme) – Polizia! Direttore!... Ma non c’è nessuno?

LUI – …o magari in mano a certi schiavisti dell’estremo oriente – Bangladesh, Indocina o cosa cazzo – che fanno lavorare i bambini dodici ore al giorno, nelle tane, nelle cantine, magari per una ditta italiana, della Brianza, o del Nord Est del cazzo, che vanno a far fare le cose là, perchè là la manodopera costa meno: e certo è che costa meno, perché i bambini non costano niente! I bambini! Perché mentre i bambini nella Grecia antica venivano su tranquilli, senza traumi né conseguenze di nessun genere, andate a vedere come vengono su i bambini del Bangladesh o dell’Indocina, dopo aver consumato dieci anni di quella vita!

(Sta trillando insistentemente il campanello del portatile, ma Lui lo spegne senza neanche ascoltare)

Allora: pensateci un po’! Che cosa preferireste, eh? Anche dovessero le cose spingersi al punto….

(Di nuovo la musica al massimo volume, che soffoca la voce di Lui.
Lo vediamo parlare, vediamo le labbra muioversi, ma non sentiamo niente: forse qualche parola qua e là….

…violenza… di peggio ogni giorno… mica si muore… per i greci… e nei conventi… ipocrisia…

L’ALRO – Luci! Spegnete le luci! Presto!

(Le luci si spengono. L’arringa – sempre più furiosa – procede al buio. Ora Lui alza la voce, o approfitta di un momento di musica meno fragorosa)

LUI - Andata via la luce? Benissimo: non me ne frega niente! Quel che devo dire può anche essere detto al buio. Anche se è lo stesso buio che si fa da sempre su questa storia dei bambini!

(I muove verso l’altro: si odono sordi rumori di collutazione. Intravediamo Lui che lotta con l’altro, per strapparlo dalla consolle. La musica cessa.)

Ma adesso luce, ho detto: luce!

(Si riaccendono le luci: magari solo quelle di servizio.
L’Altro – sconfitto – è ai piedi di Lui, che lo tiene soggiogato con un braccio.)

Ho finito. Quasi. Io la domanda che dovevo farvi, ve l’ho fatta. Il problema ve l’ho posto! Pensateci: che cosa preferireste? Eh?
Ma voglio essere onesto fino in fondo: lo ammetto: c’è una cosa che qualcuno potrebbe dirmi…. Un’unica cosa…

(L’Altro si agita: vorrebbe dire qualcosa…. Lui, non senza sarcasmo:)

Vuoi dirla tu, vero? Sù, dimmela!

L’ALTRO (si alza, anche lui ormai alquanto imbufalito) – Certo che te la dico! Tutta questa tirata tua è una gran scemenza. Che bisogno c’è di rompere i coglioni alla gente dicendo che cosa preferireste per un bambino? Trovarsi le mani addosso, e non solo, o vivere da schiavi per produrre borsette a basso costo?...
E’ un’alternativa del cazzo! E la risposta la sai benissimo anche tu!
Né l’uno nè l’altro: questa è la risposta. Né l’uno né l’altro! A questo mondo non c’è bisogno né di sfruttatori né di pedofili che se ne approfittino! Capito? Stronzo che non sei altro!

LUI – Okay! Aggiudicato! In un mondo perfetto – diciamolo pure – non c’è bisogno né dell’uno né dell’altro!
(Al pubblico:)
Ma attenti, voi, che certamente gli date ragione:
se domani
qualsiasi cosa comprate…
se questo qualcosa c’ha su scritto
“made in Birmania”
e viene da quei paesi
dove si sa che si sfruttano i bambini,
e costa poco,
e “conviene”…
e tornate a casa tutti contenti
perché avete fatto un buon affare..
allora ho ragione io,
e il mio problema ha un senso!
Siete “voi”! –
se non fate niente (anzi!)
perché finisca questo sfruttamento:
se lo tollerate,
lo incoraggiate,
lo mantenete…
siete voi, ripeto,
che mi date ragione
quando insisto a chiedere che cos’è meglio!
Ed è inutile che mi guardiate come un matto,
e alziate le spalle, e chiudiate gli occhi!
Pensateci, invece!
E andate affanculo!

(Entra un inserviente, con una lettera. Esausto, Lui si placa.)

Che cosa c’è adesso? Di chi è?

L’ALTRO (si è impadronito della lettera) ¬¬- E’ l’autore.

LUI – Che vada affanculo anche lui. Io sono stanco. Leggila tu.

L’ALTRO (legge) - “Istintivamente anch’io, come tutti, trovo ripugnante che si possa preferire la pedofilia alla schiavitù. Ma riconosco che non posseggo argomenti oggettivi per abbracciare razionalmente questa soluzione.”

LUI (poco interessato) – Che cosa vuol dire?

L’ALTRO – Boh, chiedilo a lui.

LUI (gli ha strappato di mano il foglio, che ora rilegge attentamente )– “Istintivamente anch’io, come tutti, trovo ripugnante che si possa preferire la pedofilia alla schiavitù. Ma riconosco che non posseggo argomenti oggettivi per abbracciare razionalmente questa soluzione.”

Eh! Ha parlato Ponzio Pilato!

(Stracccia il foglio in cento pezzi, che getta via.)

(L’atmosfera, raggiunto l’apice, è cambiata. In scena è rimasto qualche segno di collutazione. Un paio di servi di scena entra a sistemare le cose.
La pace sembra tornata.
Lui si è seduto in poltrona, si asciuga il sudore, prende qualcosa da bene.
L’Altro gli si avvicina: vediamo i due discutere pacatamente, mimando ciascuno le proprie ragioni, come si suol fare – tra persone ammodo – dopo un quasi litigio.
Una musica ora dolce, invade il palcoscenico: L’inizio dell’ultimo tempo della Quarta di Mahler, o della Sesta di Beethoven, o il terzo tempo della Sinfonia di Salmi di Strawinski, o l’intermezzo della Cavalleria rusticana, o l’inizio del Köln Konzert di Jarret, o altro a gusto del regista.)

Decorso il tempo necessario al mutare della situazione e dell’atmosfera, Lui – ormai completamente rasserenato - si avvicina al baule, lo apre, vi fruga dentro alla ricerca casuale di un qualcosa, e comunque di un altro argomento.

Ecco: come nei ludi drammatici della Grecia antica… dopo la tragedia, il momento della comicità, dramma satiresco, o comica finale.
Qui! Questo è un dizionario, per una pausa un po’ goliardica forse, dopo tante fosche tinte! Perché il cazzo – io! – sa anche essere spiritoso, ha un suo senso umoristico, una sua capacità autoironica….
Vi ricordate quel giochetto che si faceva da bambini, e che consisteva nel leggere il retro del biglietto del tram, sostituendo alla parola biglietto la parola – per esempio – culo, o sedere. “Il biglietto (culo) è personale e non cedibile. Il biglietto (culo) va conservato per tutta la durata del viaggio e esibito in buono stato ad ogni richiesta del personale.”
Ebbene, una dotta evoluzione di questo giochetto consiste nel prendere un dizionario, ricercarvi una parola d’uso frequente, quanto più possibile ricca di immagini, di locuzioni, di modi di dire, e via dicendo… e sostituirvi la parola salace. Nel mio caso, apertis verbis, il Cazzo. Il gioco si presta a un sottile divertimento, lo si raccomanda per i dopocena familiari, i convivi amicali, le lunghe sere d’inverno, o quelle in cui – per avventura – si guasti il televisore, e non si abbia voglia di giocare a tombola.

Esempio. La parola – anzi: il lemma – cielo. Non volendo eccedere nel nominare il nome mio invano pregherei il colto pubblico e l’inclita guarnigione di voler essoloro sostituire mentalmente la parola Cielo con la parola Cazzo, secondo la remunerante integrazione di cui ho fatto cenno. Dunque, che dice il nostro dizionario?

Cielo. L'aggettivazione è del tutto normale. Dice il glorioso Devoto-Oli che il… quello lì, può essere azzurro, sereno, nuvoloso, eccetera eccetera. Più emozionanti e suggestivi sono i modi di dire, e le spiegazioni che ne conseguono. "Passare la notte a cielo scoperto" vuol dire stare lì di notte, senza alcun riparo. "Toccare il… cielo con un dito", vuol dire il massimo dei godimenti, una felicità da scoppiare, come "essere al settimo… cielo". Mentre una cosa che "non sta nè in cielo né in terra", è qualcosa di assurdo, di incredibile. "Sotto altri cazzi…." Pardon: "sotto altri cieli…" è, per esempio, la condizione dell'emigrante, del viandante in terre lontane. Poi ci sono le espessioni quasi esclamazioni: di speranza: "Volesse il cielo!", A mo' di scongiuro: "Per amor del cielo!" Dichiarazione di ignoranza; "Lo sa il cielo" e - di fronte a un qualche evento minaccioso: "Apriti, cielo!" peraltro di difficile realizzazione,

L’ALTRO – Ricco di suggestioni spiritose è anche il lemma Pane. Sorvolo sull'aggettivazione che è fin troppo ovvia. Il pane - si sa – può essere cotto, poco cotto, fresco, raffermo, duro, secco, azimo - cioè che non lievita - … abbrustolito. C'è il "pan dei morti" – non particolarmente attraente - e il "pan di Spagna": molto leggero e soffice. Ci sono pani di un chilo, C'è il pane dolcissimo, o anche - stando al Manzoni - "bianchissimo, di quello che Renzo non era solito mangiare che nelle solennità". Che cosa si fa del pane - sempre secondo il dizionario? Lo si taglia, lo si affetta, lo si sboconcella, lo si scantuccia, lo si sbriciola. E poi, anche qui, i modi di dire, le locuzioni, i proverbi - saggezza dei popoli: "dir pane al pane", vuol dire parlare con franchezza, senza falsi pudori; "Buono come il pane"…è persona di nobile cuore. Comprare "per un pezzo di pane"; si ha quando si acquista a poco prezzo (con un senso - dice il Devoto Oli - di desolante svalutazione). "Non è pane per i tuoi denti": vuol dire, gira al largo, per te non è cosa. "Pane e acqua" è il duro menù dei carcerati: (e ti credo!). La definizione lo vuole "elemento principale per la nutrizione, considerato indispensabile e insostituibile” (Sono d’accordo!) Lo si guadagna con il sudore della fronte, e si prega Dio perché ce ne faccia dono quotidiano, e magari lo moltiplichi, assieme ai pesci. I romani non chiedevano altro: “panem et circenses", e Dante - "sì come sa di sal lo pane altrui" - avverte che il pane degli altri è salato, quindi state attenti. E via, via, fino alla profonda verità della Bibbia: Deuteronomio, 8,3: Non di solo pane vive l'uomo!, (inteso ovviamente anche come donna).

(Una proiezione; la scritta:
UN MINUTO DI STORIA


LUI Un tempo… ero adorato come un dio. Mi raffiguravano monumentale, alto due o tre metri, di florido aspetto, eretto nella figura… e le donne dell’antica Grecia mi portavano in trionfo nelle cerimonie religiose e civili… Ero – sissignore – il Fallo! E quelle che mi portavano in trionfo - le maritate piene di gratitudine, le vergini accese di fiducia e di speranza - erano le Fallofore: le portatrici del Cazzo. Io ero – altro che il padre di tutti i santi! – il reggitore del mondo: tutto cominciava da lì, tutto finiva lì. In teatro, mentre gli eroi, coperti dalla testa ai piedi, pensavano ai coturni, per sembrare più alti di una spanna, i personaggi comici, quelli simpatici, i servi con cui il popolo si identificava, avevano degli arnesi che non finivano più, svettanti, sempre pronti! Certo, è difficile immaginare Achille che piange la morte di Patroclo, con un pestello ardente di trenta centimetri spuntare da sotto la corazza! Tuttavia, quel che risultava era che era il popolo ad avercelo duro! La gente fa presto a fare i suoi conti, e la classe dominante cominciò ad avere paura. E allora… censura e repressione! Via i falli! Guardate la scultura! Guardate i bronzi di Riace! Due affarini da sottosviluppati. Ma sono cazzi, quelli? Son due piselli, al massimo. Puntati in giù, fermi alle sei e trenta. E’ lì che comincia tutto: l’uccellino, il pisellino, il fagiolino… Finchè a Roma lo svirilizzano del tutto: diventa mentula, al femminile! Io, capito? Mentula: ma lo sentito il suono? Scivoloso, con l’accento sulla prima, e subito in discesa. Mèn..tula. Mèn.. che sembra oop!, e poi giù: “mèn…tula”. Un caso evidente di eiaculazione precoce. I cazzuti - gli onesti, simpatici cazzuti popolari – sopravvivono nei mosaici pompeiani, finchè arriva - mandata da Dio - una bella eruzione… e fine delle erezioni!

Per le testimonianze, non c’è che l’imbarazzo della scelta.

L’ALTRO (ROMANO ANTICO)
Roma. Primo secolo dopo Cristo. Da qualche tempo imperversa nell’impero una setta di terroristi, di provenienza Medio Oriente, cioè a dire da una delle nostre provincie più turbolente e inquiete: i cosiddetti cristiani. Intransigenti, integralisti… Si preannunciano mentule amare! E pensare che per noi era un momento bellissimo: schiave, ragazzini, matrone… Con qualche eccesso, devo ammettere: come nel caso di Giulio Cesare ¬– che usava il suo e quello degli altri, infilandolo di qui e prendendolo di là, senza “distinguo” di sorta – o di Nerone, che è arrivato a un pelo da sua madre! Comunque… un buon periodo: libertà, nessun complesso… A un certo punto arrivano i preti, con i loro comandamenti (dl czz!), e la loro smidollata teoria della mortificazione delle carne! Che la vita è una valle di lacrime, che è meglio uscirne al più presto possibile, e meritarsi il paradiso rinunciando ai piaceri terreni: mangiare poco e male, divertirsi zero, fustigarsi a sangue (!), e soprattutto niente sesso.

LUI – Io, personalmente, secondo loro, potrei appendermi a un chiodo. Naturalmente non mi sono rassegnato, e ogni tanto faccio sentire la mia voce: gli dico: “Dài, la vedi quella là? Non ti piacerebbe ficcarmi la dentro? Eh? Eh? Non lo senti che è quello il mio posto?” Peggio che andare di notte! Si infilano in una caverna, salgono in cima a una colonna, si chiudono in convento, pregano, mi maledicono, e quando non ne possono più, invece di risolvere il tutto con una bella scopata, prendono una frusta, un sasso, e giù botte. Non direttamente a me, per fortuna: sulla schiena, sui fianchi, sulle spalle… Imbarazzante!
A un certo punto, qualcuno dei loro deve averci ripensato. State attenti – deve avergli detto - che quello lì serve non solo a fare pipì, ma anche a far figli. Se tutti rinunciano, l’umanità… schluss! Il padre di questo qui che c’è adesso, e che adesso comanda lui, l’aveva detto: crescete e moltiplicatevi: Ma come vi moltiplicate se non lo tirate fuori da lì e non lo infilate di là?
Allora sono arrivati a un compromesso.

L’ALTRO - Okay…

LUI - ….hanno detto:

L’ALTRO - Ma solo per quello: solo per far figli. Quindi: “in”, zic zic, e out!” Chiaro il discorso?

LUI - “Sì, va beh – dico io – ma un minimo…”

L’ALTRO - No!

LUI - Qualche giochino, un po’ di prelimiari…

L’ALTRO - No! E’ peccato!

LUI – “E’ proprio un peccato sì!” dico io. E cerco alleati: “E lei?” chiedo.

L’ALTRO - Lei chi?

LUI - Chi! L’altra! Per moltiplicarsi bisogna essere in due. E’ anche matematico: 1 x 1, x 1, x 1… dà sempre uno. Uno è e uno resta.

L’ALTRO - E allora?

LUI - Dico; “se io devo fare “in, zic-zic e out…” lei non fa a tempo.”

L’ALTRO - Non fa a tempo a far che cosa?

LUI - Non fa a tempo a trovarci gusto…

L’ALTRO - Non importa: lei deve solo farsi mettersi incinta!

LUI - Sì, ma se anche lei non gode…

L’ALTRO - Lei non deve godere!
(Conclusivo, improvvisamente siculo)
Se gode, puttana è!

LUI - Senti: e se restare incinta non può?

L’ALTRO - E perché mentula non dovrebbe potere?

LUI - Beh, perché è impedita. Perché ha le sue cose.

L’ALTRO – In quel caso si rimanda.

LUI - E quando lei diventa vecchia, e io invece sono ancora bello pimpante?...

L’ALTRO – Ti metti via il pimpante, e vivi in grazia di Dio.

LUI (di nuovo al pubblico) ¬– Inutile. Dialogo impossibile, come tra sordi.

Per fortuna, dopo un po’, sono arrivati i barbari, e subito c’è stata una brusca inversione di tendenza, che è andata avanti per secoli, per tutto il medioevo. Un bel periodo! Molto lavoro, qualche abuso, ma anche parecchie soddisfazioni. Il posto più bello, per me? I conventi! Andavo e venivo in tutta semplicità… Unica cosa di cui, guardando indietro, potrei essere scontento è quello “ius primae noctis”, inventato dai ricchi e dai potenti tra i tanti privilegi di cui godevano. Ecco: spesso mi sono vergognato, a entrare così, in casa d’altri, solo perché poveri servi o contadini… Mah, pensavo, speriamo che il giorno che cominciano con la ghigliottina, si ricordino che gli ordini venivano dalla testa!
Comunque è inutile fare la storia secolo per secolo. Nel Cinquecento c’è stato in fiorire di studi scientifici molto seri…

(Frugando quasi distrattamente nel baule, ne ha tratto un libro):

… come questo: La Cazzaria – cioè come a dire l’Odissea, o l’Eneide – di un certo Antonio Vignali, senese, grande scopatore e gran buggeratore (ecco da dove deriva “buggerare”: da metterlo in quel posto. Questa non la sapevate, vero?). Poi c’è stato il Seicento – un periodo non bello per me! – poi il Settecento, raffinato, elegante, lussurioso, esplorativo, sperimentale: nasce qui il sadismo, che me ne ha fatte fare di tutti i colori. Poi l’Ottocento – un po’ ipocrita, doppiogiochista: porcherie e non finire, ma tutto di nascosto. Alla luce del sole (si fa per dire!) tutto per bene: io che busso e chiedo “pardon” prima di accomodarmi, lei con la faccia a culo di gallina che fa finta di arrossire…. Ricordo la prima volta che mi sono trovato davanti una camicia da notte, con uno sportellino ricamato all’altezza della fessurina, con sù scritto “Non lo fo per piacer mio, ma per dare un figlio a Dio”. Mi è venuto un mal di testa bestiale, e mi sono accasciato come una mongolfiera sgonfia! Puttana ipocrita! A questo si son ridotte le donne? Quelle che in Grecia mi sfilavano portandomi in trionfo cantando e accarezzandomi, alto tre metri com’ero?
Guardatele oggi le donne che sfilano! O gridano slogan sindacali, o sono beghine rinsecchite che cantano “Sono stati i miei peccati / Gesù mio, perdòn, pietà!”

(Riconsidera il libro che ha in mano)

Nel Cinquecento, nel quadro di quegli studi scientifici di cui si diceva, un dato di fatto balzò subito agli occhi…

LO PSICANALISTA (con molta circospezione) - Certo: considerando il mondo dei mammiferi, indubbiamente, senza voler offendere nessuno, e meno che mai creare dei complessi, non si può non constatare che lei…. non lei individualmente, sia chiaro, ma inteso come membro virile, come organo riproduttivo della specie homo sapiens…. Beh…. Beh…

LUI – Beh, cosa?

LO PSICANALISTA – Beh, non si può negare che fa una figura un po’ miserella! Parlo di dimensioni, sia chiaro… Senza arrivare ai bronzi di Riace, prendiamo pure l’ipotesi più favorevole, in fase di estrema erezione… dove arriviamo? Diciotto, venti centimetri, sei pollici per i cazzi anglosassoni…. Venticinque centimetri in via eccezionale, trenta sono già fenomeni da baraccone o da porno divo… Se lo paragoniamo al potenziale dei cavalli, dei somari, degli asini… per non parlare degli elefanti, che sembrano avere addirittura una quinta gamba…

LUI (legge dalla Cazzaria) ¬¬– Quando le donne se ne accorsero - chè allora vivevano a contatto della natura e sotto gli occhi avevano quotidianamente cavalli e somari – si riunirono in assemblea, e decisero di mandare un’ambasceria al sommo Giove, per chiedere che riparasse questa evidente ingiustizia, e che equiparasse gli arnesi dei loro maschi a quello degli altri animali. Giove le accolse benignamente…

(L’ALTRO è ora in veste di Sommo Giove.)

IL SOMMO GIOVE – Capisco. Quello che voi dite è perché la cavalle e le asine devono godere di quegli affari, e voi donne dovete accontentarvi di quegli insignificanti pisellini.

LUI – Esatto!

IL SOMMO GIOVE - Ma, scusate, pura curiosità: non avete paura che potrebbe essere un po’ troppo grosso?

LUI (subito) – No!

IL SOMMO GIOVE - …che possa farvi male?

LUI (subito) – No!

IL SOMMO GIOVE - … che possa essere un po’ eccessivo, difficile da digerirsi?

LUI – “Cominciamo col provare – dissero le donne – Poi vedremo!”

IL SOMMO GIOVE – Beh, ragazze!...

LUI – Disse il sommo Giove.

IL SOMMO GIOVE - …Lasciatemi dire che la vostra richiesta mette un po’ in dubbio la saggezza del mio operato. E’ vero: ho dotato asini, cavalli, elefanti…. perfino gli ippopotami… di strumenti, diciamo pure invidiabili. E potrei facilmente fare altrettanto con gli esseri umani….

LUI – “Oh sì, sì!”

IL SOMMO GIOVE – Però sul piatto della bilancia dovete mettere anche un’altra considerazione. Gli animali che tanto invidiate, ricordàtevelo: fanno all’amore una volta all’anno! Voi - per quanto in un’atmosfera di maggior parsimonia – fate all’amore quando vi pare. Ogni medaglia ha il suo rovescio. E’ meglio una gallina ogni tanto, o un uovo ogni giorno? Quindi, se proprio insistite, vi accontento: purchè però, anche voi… semel in anno!

LUI – Un senso di profonda perplessità si dipinse sul volto delle ambasciatrici. Finchè la più giovane disse: “E non sarebbe possibile….?” Disse arrosendo, “avere l’una e l’altra cosa?”

IL SOMMO GIOVE – No! Non vi rendete conto delle conseguenze? A protestare sarebbero gli animali: perché gli esseri umani sempre, quando gli gira – direbbero – e noi solo una volta a primavera? L’accoglimento della vostra richiesta darebbe il via a una serie di rivendicazioni a catena, dall’esito imprevedibile. No! La mia proposta è definitiva: o un grande banchetto una volta all’anno, o una merendina anche ogni giorno, con quel poco che passa il convento.

LUI (richiudendo il libro) – Le donne, dopo un’approfondita discussione, scelsero di lasciare le cose come stavano. E così, eccomi qua: certo non un gigante, se commisurato ai mammiferi superiori, ma disponibile, attivo, tendenzialmente instancabile.

(Siede in poltrona. Qualche luce si spegne. L’altro gli si avvicina, in veste e con atteggiamenti di maggiordomo. Ha in mano un vassoio, su cui vi sono lettere ed oggetti vari: e si china, cerimoniosamente, porgendoglielo.)
Lui prende dal vassoio “qualcosa” che osserva e commisura. Bustine del the? No. Preservativi. Legge le diciture, con scarso entusiasmo, annoiato.)

Al sapore di fragola… Zigrinato… Ritardante con serbatoio…. Everlasting…. Zorro…

(Rimette tutto sul vassoio.)

No, grazie…. Metti pure via.

L’ALTRO – Il signore non esce, stasera?

LUI – No, stasera me ne sto tranquillo. Lasciami qui la posta, e tu va pure a letto.

L’ALTRO – E… scusi, signore: i due di fuori?

LUI – Quali due?

L’ALTRO – I soliti due, signore. I due coglioni: sia detto senza offesa.

LUI – I due coglioni?

L’ALTRO – In senso buono.

LUI (dono da Lord inglese) – Battista, non passa giorno che tu non mi ricordi quei due, e che in qualche modo tuteli la loro causa! Di’ la verità: ti pagano, ti passano una mancia?

L’ALTRO – Oh no, signore!

LUI – E allora?...

L’ALTRO – Puro senso di giustizia, signore. Trovo poco democratico che lei minimizzi così il ruolo, la funzione dei due suddetti.

LUI – Giù la maschera, Battista! Dimentica di essere il mio maggiordomo, e sputa quello che hai dentro.

L’ALTRO – Devo proprio farlo, signore?

LUI – E’ un ordine!

L’ALTRO – Ebbene, se così vuole sua signoria… Il mio pensiero, signore, è che un cazzo senza coglioni non serve a un cazzo!

(Pausa. Lui lo guarda un po’ sopreso)

E trovo sommamente disdicevole che un povero di spirito sia paragonato a un coglione, e che quando ci si vuole liberare di un seccatore gli si dica di togliersi dai coglioni, eccetera, eccetera, eccetera. Un proverbio del mio paese dice: “E’ il cazzo che s’impiccia, ma sono i coglioni che accendon la miccia.” E che cosa ne hanno in cambio? Che lei va di qua e di là, e loro restan sempre fuori!

LUI – Fuori da cosa?

L’ALTRO – Da tutto, signore! Dalla fessurina, dal paniere…. Lei sempre dentro, a scopare o a buggerare che sia, e loro sempre fuori: come i cani nei supermercati. La accompagnano fin lì, lavorano per lei…. ma quanto a entrare anche loro… nisba! Come i cani nei supermercati: “Io resto fuori”!

LUI – Battista, tu hai bevuto!

L’ALTRO – In vino veritas, signore.

LUI – Basta così, Battista!

L’ALTRO – Chiedo scusa, signore. Gli è che in gioventù sono stato un po’ coglione anch’io: e so cosa si prova. Forse mi sono lasciato trasportare. Le chiedo scusa, signore.

LUI – Va bene, Battista!

L’ALTRO (tra i denti) - Ma verrà giorno….

LUI – Che cosa?

L’ALTRO – Niente, niente.

LUI – Hai detto… “Ma verrà giorno…” Cosa intendi dire? E’ una minaccia?

L’ALTRO – Ohibò! Al più un avvertimento. La democrazia avanza, signore. E statistiche alla mano, vorrei solo sottolinearle che i coglioni sono il doppio delle teste di cazzo.

LUI – Ah, sì?

L’ALTRO – Sì! Sta a lei interpretare o meno questo fatto come una minaccia!

(Riacquista il suo aplomb, porge di nuovo il vassoio.

I suoi impermeabilini, signore?

LUI – No, grazie. T’ho detto che stasera non esco.

L’ALTRO – Li lascio qui egualmente, signore: nel caso cambiasse idea.

(Depone il vassoio, gli porge la posta.)

Il suo corriere, signore.

LUI – Grazie… va’ pure a letto, Battista.

L’ALTRO – Sì, signore. Buonanotte, signore

(Lui prende un pacco di corrispondenza, e passa in rassegna i vari fogli, che piega e conserva o getta per terra.)

LUI – Troppa aria di rivolta, in questo mondo! Se ci si mettono anche i coglioni… Bah!

Da quando c’è Internet… non si vive più. Qualcuno ha scoperto il mio indirizzo, e m’arrivano proposte di tutti i tipi.

(Sfogliando le varie e-mail, e leggendo…)

“Viagra a prezzi scontati…. Confezione caserma, molto conveniente…
Viagra, abbonamento mensile… viagra: compri tre paghi due… Viagra graduato, per cardiopatici, assicurazione sulla vita compresa nel prezzo…”

Teh, una lettera. La riconosco! E’ la solita cretina che si diverte con gli indovinelli.

(Legge:)

Io son beata e un fremito m’assale,
mi avvolge un’onda di piacer sovrano
quando vengo stringendo il trionfale
manubrio in mano.

Che cos’è? Indovinala, grillo. E’ il cazzo, direte voi. Nossignori: è la bicicletta.

Oh quale gioia, allor che fra le gambe
sento il rigido ordigno e in quegli istanti
tendo le coscie e l’agitar d’entrambe
lo spinge avanti!

La bicicletta!

(Getta via il foglio, irritato. )

Stronza! Ma lo so chi sei! E un giorno o l’altro ti rispondo per le rime!

(Riprende la lettura:)

Qui qualcuno che si è messo in testa che io abbia chissà che problemi!

“Il mio fidanzato è affetto da eiaculazione precoce. Ma finalmente abbiamo trovato la cura. E se anche tu hai dei problemi…”

“Erezione incompleta? Di scarsa durata? Di insufficiente consistenza? Manda cento dollari all’Istituto Chi l’Ha Duro la Vince, Los Angeles, California….”

“Insoddisfatto delle dimensioni del tuo penis…”

Oddìo, penis! Senti che raffinatezza! Neanche “pene”: penis, latino, all’inglese!...

“… ti garantiamo un allungamento fino a tre pollici…

Tre pollici sono dieci centimetri. Però: impegnativo!

“…e un proporzionale aumento della circonferenza…. Soddisfatti o rimborsati…”

“---un’équipe di scienziati britannici ha messo a punto una tecnica per aumentare del 500%....” Esagerati!

Ma chi glielo ha detto, a tutta ‘sta gente, che ho bisogno di tutta ‘sta roba? Non sono più quello di una volta: può darsi! Non ho più sedici anni, d’accordo! Quando ogni buco scatenava una fantasia erotica, gruviera compreso… Ma quando occorre… ancora me la cavo. Vorrei sapere chi mette in giro queste voci….

(Squilla il telefonino. Lui risponde, e subito si illumina.)

Pronto?... Camilla!

Ti credevo in Australia. …. Ah, sei tornata ieri? …
Beh, stasera per la verità volevo starmene tranquillo… Ma per te, Camilla…. L’uccello prenderà ancora una volta il volo…
Dimmi solo….come devo vestirmi?…

(Ha preso una manciata di preservativi e ne scorre la dicitura:)

Mi preferisci “ruvido”, “al sapore di fragola”, o “di whisky”… “everlasting”….
Okay, Camilla: nature. Così come sono uscito dalle mani del Creatore.
A bientôt.

(Chiude il telefonino, getta via i preservatvi. Si alza. Ben eretto nella persona, petto in fuori e pancia in dentro… E mentre si pettina, si aggiusta la cravatta, si addobba…. Riprende:)

E sarò dunque come lei mi vuole!
Tenero, aggressivo, implorante, minaccioso, muscolare, mascellare, paterno, mammone, infantile, protettore, bisognoso di aiuto, semplice e bancario, pantofolaio, avventuroso. E compensativo! Ah, sì: compensativo. E’ sposata e suo marito parla solo di soldi? E il seduttore: “Tanto gentile e tanto onesta pare… E’ magra come un chiodo, e ha il complesso delle scapole sporgenti? E lui: “Culona!” E’ alta uno a cinquantacinque e pesa ottanta chili? “Mia betulla, mio giunco… Gazzella!” Fa la casalinga tutta chiesa e focolare? “Puttana!” E’ una carta vincente. Conduce là, dove ogni apparenza s’annulla, dove quello che conta – al fin d’ogni fiera - sono io! Io, io che bandita ogni vuota ciancia, vi dico:
Buonasera, sono il Cazzo!
Tutto quel che non è ammmore,
non m’importa, non lo curo:
sono il Cazzo seduttore.
Il mio stato è l’arrappato,
la mia regola è la fregola,
Coi calzoni o la gonnella
pari sono questa o quella,
purchè lì dove sappiamo,
abbian quel che noi cerchiamo,
ben disposta a dare ascolto
all’amico che ci porta.
Ecco: si guarda in giro,
addocchia, inquadra, mira,
parte all’attacco, stringe,
assedia, incalza, finge…
poi quando giunge l’attimo fuggente…
ecco me pronto: turgido, paonazzo,
duro più che l’acciar, più che il diamante…
ecchè cazzo sarà? Ma, cazzo: il Cazzo!


F I N E