PENSIERI VELENOSI

di
                      
M. LETIZIA COMPATANGELO
                  
                
Scenografia  suggerita:  una  fuga  di armadi  riproducenti   un  panorama  di   grattacieli. Un gioco prospettico di  pannelli  dipinti,   quinte,   fondali  e  specchi davanti ai quali si  muove il  protagonista, che con il procedere della pièce è  sempre più "dentro" e "fuori" le proprie parole.  
La tonalità dominante di questo bizzarro "panorama in interno" dovrebbe essere il bianco-latte, il chiarore.                  
Con  un  filo  teso  inclinato ed  una semplice carrucola   potrebbero di tanto  in tanto piombare  sul   palcoscenico  -   o  soltanto  attraversarlo  velocissime -  delle  stampelle-messaggero recanti abiti,  attrezzeria  di  scena necessaria  in quel momento o brandelli dei pensieri  evocati mediante oggetti/simbolo.
L'effetto   deve  essere  sempre   umoristico  e paradossale.
Il protagonista si descrive da sé.
    
VINCENZO
 

    Quarantacinque,    quarantasei,   quarantanove...   cinquanta! (poggia i pesi, si solleva da terra, asciugandosi il sudore)  Che sfinimento!  (passando davanti allo specchio, non può fare a meno di sbirciarsi di sfuggita)  Si vedessero -  (torna allo specchio, controlla   meglio)   si   vedessero   i   risultati,   almeno... (ammonendosi, un po' petulante) Non ricominciare: lo fai per l'ernia,  ricordatelo,  non per  estetica!  (espressione di subitanea  infelicità)  Che tristezza.   L'ernia! Solo il nome fa impressione -  per carità,  niente di grave... fa solo schifo! Dà l'idea di un grosso verme,  un viscido millepiedi  che si insinua vigliaccamente  tra   tessuti,   tendini,   dischi  ossei!  E  si inturgidisce  in  modo   diseguale,   lussureggia,   si  espande, rigoglia, gorgoglia, s'agita! - Ma   sì,   insomma,   una  piccola  maledetta  fastidiosissima escrescenza...  niente di che. Poteva andar peggio, alla mia età. (di  nuovo verso lo  specchio)  Oh,  non c'è male,  ancora... Bel fisichetto....  (osservando  una fotografia)  Non  c'è mica tanta differenza  rispetto  a  dieci  anni  fa.    Dov'ero?  Dov'ero... (illuminandosi)  In Grecia,  come si fa  a scordare quell'estate! L'estate del  mio  trionfo.  Alcibiade,  mi  chiamava.  Kalòs kai agatòs... Sul kalòs non ci sono - non c'erano - dubbi.   Sì, forse Marcello  poteva  arrivarmi  ai  ginocchi.  -  L'estate  del  mio fulgore...    
Ma io non me ne rendevo quasi conto. Un dono maturale. Un dono divino,  a sentir  lui.  "La bellezza  salverà il  mondo", diceva spesso.  E se ne stava lì buono buono a rimirarmi. In adorazione. -  Ma  perché  mi faceva venire  i nervi?  Mi  squadrava, mi... mi soppesava!  Con  lo  sguardo.   Non gli sfuggiva nulla,  anche il guizzo segreto di  un  muscolo,  il  tremito involontario  di una spalla,  l'arcuarsi  improvviso  di  un  sopracciglio!  E  sapeva interpretarlo.  Se ero turbato,  oppure stanco, se per caso avevo voglia di essere baciato...  persino se di lì a  due minuti sarei andato al gabinetto! Indovinava tutto.  Quando mi scorgeva un po' in subbuglio...  Sei nervoso?, mi chiedeva, ma certo che sei nervoso, aggiungeva, stai ingrassando. Ingrassando io?! - C'era da scommeterci che aveva ragione. Un chilo... sette etti... Roba che io  stesso  non me  ne  avvedevo.  -  Con lui  non c'era bisogno che pensassi a nulla.  Che pensassi. Era il padrone delle mie sensazioni,  del mio camminare, dormire, ruttare, cacare! In adorazione.  Percorreva  la superficie dorata  della mia pelle... (guarda  nuovamente  la foto,  si corregge)  Bronzea... - Oh, era eccezionale quella ricetta col mallo di  noci!  Si prendono tre o quattro  noci  verdi,  ancora  morbide,  si aprono e  si lasciano macerare nell'olio di cocco, magari con qualche goccia  d'essenza di  bergamotto...  per  quanto  tempo?  Una  settimana?  Forse un mese...  o  erano tre?...  (si concentra,  poi sospira) Non lo so più... - Poco male. Tanto adesso lo posso a malapena guardare, il sole...  Mi trasformo in una bolla pruriginosa  ambulante,  un'imperlatura  omogenea  di  eritemi, palline di siero che...  viene voglia di estirparle con un erpice! (tornando un attimo  sulla fotografia)  -  Certo però che l'abbronzatura fa tanto...  -  Dev'essere l'inquinamento.  Oppure con gli anni avrò maturato una  sensibilizzazione  che - alt!!! (didattico) Ecco,  hai sbagliato un'altra volta. Devi stare  attento ai  vocaboli!  Le  sole  parole  "maturazione", "anni"...   Ti   rendi   conto  del  loro   altissimo  potenziale  depressivo?!  Tossine perniciosissime che neanche  una quintalata di  Lycopodium   riuscirebbe  a  neutralizzare!   -  Che  stress. (controlla  l'ora)  Ho  ancora  un po'  di tempo.   Di là è tutto pronto.  Giusto qualcosetta  di  raffinato.  (sorride)  Una nuova conoscenza... (pensieroso)  una nuova conoscenza...     
E comunque io non sono solo per caso. No. E' stata una scelta. (come  rivolgendosi  a  delle   persone  all'esterno)   Sciocchi! Superficiali. nsensibili... -  Sì, un po' Loffredo mi manca. Era così umile però,  così...  talmente asservito ai miei desideri... mi  faceva  rabbia.  Ma  l'ho  amato.  Certo,  devo  averlo amato moltissimo. Ho sofferto quando è morto, no? Quando  è arrivato il telegramma...  un trauma.  Dov'ero?   Ah, già, in Marocco. Povero caro.  Lo so  che  avrebbe  voluto  avermi  accanto  negli ultimi istanti...  ma  era più forte di  lui!  Vai,  vai, divertiti, non stare a pensare a  me...  -  In  effetti  era  proprio deprimente quell'ospedale.  - Così, quando arrivò il telegramma... ormai era fatta. Inutile precipitarsi, il caro Loffry non aveva più bisogno di  me.   Ero  così  prostrato...  (non  riesce  a  trattenere un sorriso) In Marocco...    
Chi se lo  aspettava che morisse così  presto?!  Non ha voluto dare neanche  il fastidio di una lunga malattia.  
La vita,  dopo di  lui...  non  è  stata  più  la  stessa. (non riesce a trattenere uno sgnignazzo gioioso, quasi sbarazzino)    E   che   orge  di  sesso!   Che   ricchezza,  che soprannumero,  che disarticolazione,  che ab-bon-dan-za!!! Aaaah! -  Come si dice... Non sapevo a chi dare i resti. Uno sguazzo, un sollazzo,  un sardanapalico periodo di indigestione sessuale. - Sì perché sinché c'era lui,  soprattutto verso la fine... Non che mi sentissi in colpa,  insomma....  Era anche una questione di buon gusto.    Ma non era geloso,  anzi!  Quante  volte siamo  andati insieme all'imbrunire a... a passeggio con gli sconosciuti...  -  nessun  problema:  uno sballo cooperativo.  Anche alle  feste.  Ci preparavamo  insieme, e cosa portiamo,  e  cosa  mi metto,  che ne dici  di questo profumo?... anche se   poi finiva invariabilmente che saltavano tutti addosso a me. Lui...  lui non era troppo ricercato,  povero caro. Ma non era  geloso.  Mi prestava  volentieri.  Se ne  restava un  po' in disparte, a fumare il suo sigaro, magari trovava qualcuno con cui conversare....   ah,   solo  lui  poteva  riuscirci,   in quelle baraonde!...  Ma  non  mi  perdeva  mai  di  vista,  qualsiasi cosa stessi  facendo,  li  sentivo, i suoi  occhi... Devo confessare che mi piaceva sentire quel suo sguardo... alle mie spalle. Non c'erano  segreti tra noi.   (sospira)  Un po'  mi manca. - Quanti anni avrebbe,  adesso?   (scuotendosi) Gli anni, sempre gli anni! Sono   diventati un  chiodo  fisso,  un ritornello, il tormentone degli  ultimi  ann...   Appunto.  - Va bene: è passato!... Ma non voglio trasformarmi in un pallottoliere delle  stagioni della vita! Mi sorprendo a pensare a un vecch-  a un amico da tanti  ann... A uno che conosco da un bel po' di tempo, okay?!! E subito mi metto a calcolare quanti  anni  aveva quando  ci  siamo  visti l'ultima volta,  e quanti  dunque  ne  ha adesso,  e quella soddisfazione, meschina,  se per caso ha la mia stessa età ma sembra mio  padre, mentre se invece non li dimostra   e forse in confronto io... Basta! Non è  ammissibile lasciarsi ossessionare  così!   Non  ci  avevo mai pensato,  prima. Non ne avevo il tempo?... Certo,  avevo tante di quelle cose  da  fare!  (centellinando le parole)  Tanta VI-TA da assaporare...   -   oppure    adesso   ho   molti   più  impegni, responsabilità, con il negozio da mandare avanti...
 E'  stato generoso  da  parte di  Loffry  lasciarlo a me. - Va bene, ma a chi altri mai avrebbe potuto? (cominciando a vestirsi) Insomma   è   buffo.   Quantomeno  singolare.  Le  incombenze  si accumulano,  le  giornate  scorrono  via sempre  più  veloci... e dentro di me invece   è come se  lo spazio si  moltiplicasse. Uno spazio vuoto,  che si può riempire solo (un attimo di esitazione) con i pensieri.  Non accetta altro.  Ho provato ad  assieparlo di sensazioni, azioni,  stordimenti emozionali,  fatti!... ma lui, come se avesse una vita propria e autonome capacità  detergenti - (acido)  una sapienza davvero  degna di miglior causa  - ...in un baleno fa  piazza pulita di  tutto,  e ritorna lindo, netto...  e disabitato...  sino a che non ci si  vada ad installare  un nuovo pensiero.  - E ne pretende in continuazione! Anche piccoli. Anche dei "pensierini".  -  Un Moloch!  Non è mai sazio, e spesse volte riesce  ad  essere  decisamente  inopportuno.  Magari  mentre sto trattando con un cliente,  o chiacchierando al bar, o conversando con  un  giovanotto  -  che oggigiorno è una cosa  talmente rara, oltretutto!  All'improvviso  apre  la  mia  mente  sul suo vuoto assetato...  e io resto  lì -  non so per quanto tempo,  forse un minuto,  forse una frazione di secondo... ad annaspare nel nulla più  abbacinante,  boccheggiando  asfittico come un  pesce fuor d'acqua  e dicendo nel frattempo  chissà  quali  corbellerie...     E quando  tutto finisce c'è una  nuova  riflessione saldamente ancorata  con  le  sue  zampine  al  deserto  della   mia  mente. (comicamente afflitto)  Deserto  che però  non si  riduce! Dunque dubito che il processo potrà mai interrompersi,  un bel giorno. - Suppongo che,  fortunatamente,  i  miei  interlocutori non  se ne siano mai accorti. Solo una volta uno mi ha toccato lievemente la spalla - con molta dolcezza, devo ammettere - e mi ha chiesto: ti senti bene?  E fu quando,  sul più bello di una discussione sulla consistenza dello chiffon, sono stato proditoriamente trasportato nel continente asiatico,  in una sterminata coltivazione di bachi da  seta,   costretto  a   procedere  attraverso  una  nebbia  di filamenti luccicanti che dovevo aprire con il  machete mentre nel vento impazzavano le note di Stardust, e andavo avanti, avanti, attraversando regioni e paesi,  combattendo spacciatori, ruffiani e varie altre bestie carnivore,  e alla fine  del tunnel trovavo Madre Teresa di Calcutta che mi ordinava bruscamente di  darmi da fare, che posassi da qualche parte tutta quella seta - dietro di me scoprivo una  fila di portatori carichi di  balle -  perché il necessario era saper bendare, non  che lo facessi con la seta! Il mio senso estetico ne fu  estremamente mortificato.  (con tono di risentita protesta)  E peraltro è stato molto vigliacco  da parte della mia educazione cattolica saltarsene fuori così, mentre ero completamente indifeso, approfittando subdolamente di un frangente  del genere! (sbircia  nuovamente  l'orologio) Devo sbrigarmi. (un po' affannato) Di nuovo l'ansia. Calma. In  fondo è solo  un  incontro  come gli altri.   (a mezza bocca, quasi volendo glissare con se stesso)  L'unica differenza, forse, sta nel fatto che questa volta l'invito  l'ho fatto io.  - E' che non ci sono abituato, ecco tutto.  
Sono sempre stato io quello chiamato, nseguito, vezzeggiato - non  che  adesso  voglia  mettermi  a  vezzeggiare  nessuno,  per carità!... - Certo è carino. E poi è così diverso. Particolare. (si guarda  sorpreso  tra  le  gambe)  Succedono  singolari evenienze quando penso a lui.  (si tocca le tempie,  resta in ascolto) Ed è come se  il  Moloch  non avesse  nulla  da  ridire  in proposito. Addormentato... forse. O complice.
Certo è capitato al momento giusto. - Non  intendo assolutamente   attribuire   eccessiva   importanza    a   talune incongruenti banalità,  ma...  (ha un gesto nervoso)  Ma la gente con me non è più come una volta.  - Non è vero? Ah, non è vero?!! -  Intanto non si  apre   più  al mio passaggio,  non come prima, almeno,  questo è sicuro.  E tendenzialmente non risponde più con quella  tipica  espressione  di  gratificata  sorpresa  quando le rivolgo  un sorriso.  Addirittura,  una o due volte, avevo appena graziosamente attaccato discorso...  e  mi è stato  detto dopo un po'   che  purtroppo   dovevano  lasciarmi:   il   lavoro,  o  un appuntamento,  non  ricordo...  No!  Me  ne  rammento  benissimo, invece.  Due volte! E sempre con persone molto più... più giovani di me. Sarà un caso...     
Comunque io ci credo alla realtà dell'età interiore.  Gli anni sono quelli  che uno sente dentro!  -  Purtroppo però  a loro,  i giovani,  non li ha avvertiti nessuno. Non lo sanno.  Sulle prime o non ti vedono,  o ti  osservano distaccati, come se appartenessi ad una specie  inferiore...   Giudicata  più  o  meno  in  via di estinzione,  direi,  stando al loro sguardo fieramente evolutivo. - E allora bisogna essere molto cauti, tastare il terreno, capire se c'è una base di ostilità, o di indifferenza... di fastidio... oppure di condiscendenza, o di rispetto. Negli ultimi due casi,  con una buona dose di applicazione -  se ne vale pena, certo -  ma quando ne vale la pena?!...  -  forse può nascere uno scambio. Così, giusto  per  dirsi   buongiorno  o  buonasera, (accalorandosi) per sentirsi vivi,  pieni di energia, di  capacità  comunicative,  adatti alla  vita sociale!...  (cupo) Negli  altri casi  invece  è una  sfida,  una  lotta sbilanciata, ingenerosa.  (esasperato) E solo per dirsi buongiorno e buonasera e  comunicare,  energicamente   adattati  alla  vita  sociale.!.. Francamente   è uno sforzo troppo superiore alle mie forze.    
Forse   sto   esagerando.   No,   no,  assolutamente  non  sto esagerando. Ma si che sto esagerando!  
Mi sto auto-condizionando. (cerca di di non pensarci,  poi esplode) Anche con i bottegai! Se  si  escludono  i  soliti,  collaudati  fornitori,  non  posso affermare che andare  a fare  spesa sia più  divertente  come una volta,  quando facevano a gara per indovinare i miei gusti... Ora entri in un negozio, aspetti giustamente il tuo turno e alla fine ti  chiedono:  desidera?  E bisogna  avere  le  idee  ben chiare, altrimenti  si  spazientiscono!  Se provi a chiedere  con allegra nochalance  un consiglio,  ti rispondono solo per  farti comprare quello che gli è  avanzato o che  costa di più...  e lo facessero almeno  con  cordialità!   Mandano  immediati,  chiari  segni  di insoffrenza appena ti discosti da ciò che pretendono. (pausa)    Forse  sono io che non so  più sorridere come  una  volta. "Il sole  che dischiude le  tenebre",  lo aveva definito Loffredo. Il mio  sorriso.  Trascinante  e  infallibile.  Non  dovevo  neanche pensarci.  -  E in effetti  non ci pensavo. Dev'essere questo il punto. Adesso sorrido, ma penso. Dunque sono all'erta, ansioso, in guardia.  E il sorriso non è più lo  stesso. Qualitativamente, intrinsecamente appesantito.  
Eppure vorrei piacergli, stasera. Poter ritrovare  il mio sorriso...  (fa delle insoddisfacenti  prove  allo  specchio, si arrende stizzito)   Non   capisco   come   possa   esistere  la consapevolezza, a prescindere dalla volontà e da  tanti generosi sforzi  in  direzione contraria,  ma  è certo che di  pasticci ne provoca quanti se ne vogliono! (crolla a sedere, sconsolato)    
Però...  però...   potrei cercare di avvantaggiarmene... -  Di sfruttarla!  Perché no?  In fondo è mio diritto,  anzi  molti non esiterebbero a definirlo un dovere:  utilizzare la consapevolezza per il proprio tornaconto,  trarre profitti dalla "coscienza"!... -  quando non c'è verso di liberarsene! (illuminandosi) Potrei... potrei cercare  di  darmi  un  tono  intellettuale!  (balzando in piedi)   Giusto!!!   Il  terrorismo  culturale  funziona  sempre! (tutto eccitato comincia a rovistare in armadi  e cassetti, cerca dei gilet e delle sciarpe lunghe  di seta,  ne sceglie alcuni, li indossa,  li  scarta,  infine si  sofferma  su  un  gilet scuro e sciarpa di seta chiara;  si osserva compiaciuto)  Ci vuole sempre qualcosa di chiaro  vicino al viso...  Peccato che non fumi. Una pipa sarebbe stata  perfetta.  (cambia  foggia  alla pettinatura) Resto  sempre  un  po'  troppo  appariscente...  -  Gli occhiali! (fruga ancora in vari cassetti, estrae un bizzarro campionario di occhiali,  ma tutti da  sole:  li esamina e alla  fine sceglie il più  sobrio)   Intellettual  mondano!   Un  pizzico  di  annoiata arroganza...  un lieve tocco di condiscendenza... (piroetta su se stesso)  Voilà! Ci sono certi obbrobri ripugnanti in circolazione che  con questo  sistema  riescono  sempre  a  circondarsi  di un mucchio di... di...   (svuotandosi  d'entusiasmo)  di  considerazione. (togliendosi gli occhiali)  Bleah!  Vergogna! Tradire  così le convinzioni  di  una  vita!  Oltretutto  non  ha  mai  funzionato veramente.  Si illudono di essere grandi fascinatori,  quei cessi presuntuosi,  o fingono di  credersi  tali per non  morire. Ma lo sanno  benissimo che  ciò  che  ottengono,  nella  migliore delle ipotesi,  è solo "considerazione"!  - Anche grazie  al buon cuore delle marchette.    
No!  (strappandosi  di  dosso sciarpa e gilet)  Quello  che io voglio è autentico,  reale  desiderio!  (più  calmo,  raccoglie e ripiega con attenzione la  sciarpa di  seta)  E poi, non ne sarei neanche in grado.  Figuriamoci, proprio io! Quanto di più lontano si possa immaginare  dalla cultura!  Dal significato stesso della parola  cultura!   (ride  sollevato)  Talmente  scevro  da qualsiasi contiguità con l'istruzione! L'unica cosa che ho letto in vita mia -  con metodo,  voglio dire - è stato il vocabolario. Prima per fare le parole crociate  con Loffredo,  poi così... per abitudine...  anche  un  po'  per  passione.  (sorride birichino) Potrei inondarlo di  parole,  stordirlo con fiumi di definizioni, subissarlo di  termini,  sommergerlo di  aggettivi, annegarlo nei verbi!!!  (ghigna  divertito)  Magari  facendolo riaffiorare ogni tanto,  per un po'  di respirazione bocca a bocca... - Dubito che apprezzerebbe.
Ma in questo campo sono un vero prodigio! Un talento naturale, diceva Loffry, che ogni tanto ci provava a farmi leggere qualcosa d'altro.  "E'  inconcepibile - mi ripeteva tornando alla carica - sei come un bambino che abbia imparato a ridisegnare a memoria le lettere dell'alfabeto  ma  si  rifiuti  di  metterle  insieme per comunicare!"  (come in risposta,  fa una smorfietta infantile  di diniego dispettoso)
A me  piaceva soltanto  scoprire nuovi  vocaboli, senza alcuna altra mira. Indubbiamente, forse per fissarli meglio... anche per tastarne  la  consistenza...  ho  cominciato  a  poco  a  poco ad inserirli nei miei eloqui: ne ficcavo il più possibile ovunque ne avessi il destro,  e poi, come fanno i gatti, restavo a spiare le reazioni, facendo finta di niente. Provate a parlare di "pongidi" mentre  delle   persone  normali  trinciano pareri sui nostri progenitori, e capirete cosa intendo dire.  Era solo un innocente divertimento! Gustarmi quelle  espressioni di disagio inconfessato, quell'annaspare  nel  vuoto...   Non  riuscivo  a scorgervi alcun danno!  Una specie di  giuoco di prestigio, tutto lì, un fuoco d'artificio di sillabe e fonemi  che ricadevano  in cascatelle musicali dentro le mie frasi...
    E invece...  
Una sera,  ad una festa,  mi si appiccica un tizio orrendo che attaca  bottone con un  sussiego che non ti  dico.  Io rispondo educato, ovviamente glissando sulle sue advances,  con la  maggior grazia di cui disponessi...  Lui  allora si incattivisce  e ad un certo punto,   proprio  mentre   gli  stavo dedicando un'accurata descrizione delle specie botaniche presenti sulla terrazza, sputa rabbioso un "Certo che  per essere un famoso   marchettaro... hai un linguaggio sorprendentemente elaborato!"  (pausa -  sospiro)  Avrei dovuto sorridere! Il mio fantastico, infallibile  sorriso...  E invece mi sono  sorpreso a rispondere: "Perché ascolto, caro. Non costa nulla. Io so ascoltare, cosa che non  sai fare  tu,  evidentemente...  altrimenti  "sentiresti" il puzzo  di cadavere che emani ad  ogni  passo!"   "Ah. ah. ah!" si sforzò di ridere lui,  fingendo di trovarmi  spiritoso... ah, ah! Non me l'ha mai perdonato, il che importa veramente poco. Credo anche sia finito in clinica,  per un po'  di tempo. - Ma fatto è, purtroppo,   che IO avevo fatto  qualcosa di nuovo,  di diverso e pericoloso.  Avevo consciamente colpito... e  affondato  un imbecille  che cercava di tenersi su con gli spilli, spogliandolo senza pietà delle penne  con cui cercava di mascherare la sua  bruttezza.  (parlando a duecento all'ora)  Per carità!  No,  io  veramente ringrazio il  Signore di  non avermi inculcato certe manìe  intellettuali:  ammesso che possa  mai andare  in bianco in  vita mia,  e ancora deve sorgere l'alba di  quel  giorno,  almeno le  frustrazioni dell'insuccesso artistico  me le sarò  risparmiate,  e quelle patetiche,  piccole cerchie  in  cui i sopravvissuti si  rintanano per darsi un po' d'importanza l'un con l'altro... Tutti lì, afflitti e velenosi, a guardarsi in faccia tra loro...  Senza nemmeno potersi  ricreare la vista!...  (pausa)
Resta il fatto, comunque, che   non avrei dovuto reagire in quel modo. Fu il principio del cambiamento... benché io non ci tenessi affatto a cambiare. Presagivo  a cosa  avrebbe portato!  Adesso  sono  costretto a cambiamenti  continui:   mutazioni,  trasformazioni  sempre  più rapide,  (accelera il ritmo) per tenere il passo con me stesso e  con  i  tempi,   e  nei  campi  più  disparati,  multiformi  e misteriosi, materiali e metafisici!...    
 
(spazzolando  energicamente le  scarpe  già  lucide)  Cosa gli dirò... Ciao caro, sono lieto di vederti... - uhmf, meno efficace di   gelatina  spappolata.  No:  ma che  aspetto formidabile hai, stasera!  Perché, quante altre sere l'ho visto in vita mia? E poi quello serviva a farmi rispondere quanto IO fossi fantastico, più splendente del solito!...  (con  un sorriso trionfante) - Grazie per avermi invitato!  ... Beh, questa un effetto lo fa di sicuro: gira i tacchi e va a chiamare la Neuro.  
Che  guaio  essere  stato   sempre  tanto desiderato!  Meglio sarebbe  non  essere  mai  stato  così  bello,  ora  saprei  come comportarmi!  (pausa  -  ci pensa su un attimo  e per la  prima e ultima   volta  ammicca  complice  al  pubblico,   come   a  dire chiaramente "Ma che sciocchezza sto dicendo? Ma quando mai!!!")    Parlare del tempo?  (si astrae repentinamente) Ci vorrebbe una bufera... un tornado... anche solo un temporale improvviso... Lui arriva,  spinge il pulsante del citofono,   una,  due, tre volte, con furia infreddolita,  (imita concitato il suono spernacchiante del citofono)  pruuu,  pruu,  pruuu! Io mi precipito ad aprirgli, faccio scattare la serratura del  portone  -  non mi aspettavo che ce  la   facesse,   con  questo  tempo!   -  e  mi  affaccio  sul pianerottolo,  ansioso: dopo pochi attimi, inerpicandosi sui quei maledetti scalini -  perché poi li  facevano  così  alti,  ché in passato erano più bassi di  noi?  -  lo vedo emergere glorioso, bellissimo  e bagnato,  grondante e  aggraziato,  con  i riccioli stillanti e l'impermeabile fradicio...  (romantico) Allora potrei dirgli  semplicemente "Ciao!"  guardandolo negli  occhi, con voce bassa e calda,  rotta dall'emozione di vedermelo davanti, fragile e vittorioso  sulla furia  degli  elementi  per  il  desiderio di raggiungermi!  (dà  un'occhiata fuori della finestra)  Ma  c'è un cielo sereno pittato.  Neanche una nuvoletta,  un cirro sperduto all'orizzonte.  (fa per tornare al centro della stanza, si  blocca stupito)  Ma che ho detto?! (poggia le mani sulle tempie, stringe gli occhi, si concentra) Sì, sì, ti vedo! Eccola lì, attanagliata in mezzo  al biancore...  tutta la scena che  ho appena vissut... no,  che ho immaginato.  (piomba a sedere)  Ecco perché il Moloch taceva!  Lo sentivo io che con questo ragazzo sarebbero accadute strane cose...   Immaginare!  Adesso  mi  metto  addirittura  ad immaginare!  Scientemente!  Non bastano  le  assenze,  i  vuoti a tradimento, le figuracce nei momenti più impensati! (smarrito) E' una sensazione nuova. (scatta in piedi) E allora è  sicuramente pericolosa,  non  accade più  nulla ultimamente di regolare e circoscrivibile.  Loffredo,  Loffry mio, dove sei?! Tu avresti saputo  spiegarmi,  ne  sono sicuro.  Sono strani questi mancamenti,  io non li capisco questi cedimenti imprevisti, e poi sento  qualcosa  qui,  sopra la  bocca dello stomaco...  come una concitazione... - No. E' paura.  
(ribellandosi)  E paura di che cosa, di grazia! (riacquista un po'  di sangue freddo)  Chissà come mi è saltata in  mente questa stupidaggine... - Tu pure, Loffry, diresti che è una sciocchezza, vero? Perché mai dovrei aver paura...  Un incontro come tanti. -  Forse...  Potrebbe rivelarsi un insuccesso... dici? Ehi, ma tu da che parte stai?!   -  Oddio no!  (si copre la faccia con le mani, poi  solo  gli occhi,  alla  fine  apre  le  dita  sopra l'occhio sinistro e occhieggia così,  come oltre una  barriera, forzando lo sguardo a focalizzare  qualcosa di indefinito)  Loffredo! Cosa ci fai tu lì? Questo... questo  è tradimento! Te la ridi, eh?  Tutto vestito  di  bianco,  in mezzo al  bianco...  banale! Ti sei pure accomodato,  in  poltrona,  vedo,  sì,  vedo...  la  tua poltrona preferita... - E allora?! Se non ti andava che la vendessi potevi farti vivo... si fa per dire... prima!
(passandosi  ripetutamente  le  mani  sugli  occhi,  come  per scacciare l'immagine molesta)  No, dài, Loffredo, no! Tu non puoi stare lì in mezzo a quel vuoto,  tu non sei un'idea, un pensiero, tu sei -  o perlomeno sei stato -  una realtà, un fatto concreto, definito,  delimitato  nello spazio,  e  nel tempo...  Guarda, al massimo un "ricordo"!  Ah, ecco com'è successo! Ti ho nominato un po' troppe volte oggi, e così adesso ho l'impressione che... - Ma che fai,  accendi il sigaro?! (irritato) Come vuoi. Se hai deciso di installarti lì  e di diventare un  pensiero,  non ho altro da aggiungere. Devo terminare di prepararmi. (come  se  si  sentisse osservato  dall'esterno,   infila  ed allaccia    le   scarpe   con   ostentata    disinvoltura)   Sono importantissime le scarpe...  la spia della vera  distinzione. Io vado  pazzo  per  le  belle  scarpe.  Un  tempo  erano  il  segno dell'elevazione   sociale,   oggi...   Dei   cafoni  arricchiti?!
Loffredo! Non ti puoi infilare così nelle mie frasi! Da morto sei più acido del solito.     
(triste) E non mi vuoi più bene. - Stai infrangendo dieci anni di  dolci ricordi.  Tutte le mie sicurezze.  (reagendo con forza) Stop! Chiuso! Restatene lì, anche tu aggrappato lì dentro.   
Io vado  avanti.  Io sono  vivo,  io  le  cose  le  devo fare, sentire, masticare, digerire! Le devo amare!
Come?   ...  Impara  a far  l'amore,  allora?! Loffredo!  Ma  che stai dicendo?!! Io?!!
Devo essere impazzito.
Adesso  gli  telefono  e  gli  chiedo  di   rimandare.  Questo appuntamento mi  sta scombussolando  eccessivamente - oltretutto, se  arrivando  mi    trovasse  così,   ci  sarebbe  ben  poco  da combinare...  E mi sarei sputtanato per  il resto dell'esistenza. Dov'è  il  numero...  Eccolo.  -  No,  non è paura!  E'  senso di responsabilità.  Perché rovinare una serata a  due persone invece che ad una...  Sto male. Non sono di compagnia, giusto? Pronto... Pronto!  La  segreteria.  (riattacca)  Forse è  sceso  a comprare qualcosa. Richiamo tra un po'.
Tsè! Imparare a fare l'amore, io! Io  sono  sempre  stato  così  desiderato  che   (si  blocca a riflettere,   interdetto)   ...   in  effetti  non  mi  sono  mai preoccupato  di  capire  se i  miei partners...  - Stavo lì... Mi lasciavo amare.  Erano  loro  a  farsi  tutta  la  fatica... Devo ammettere di non essermi mai dato gran che pena.
Privo di iniziativa?!     Ma non è assolutamente  vero,  tutte  adesso  le  stai tirando fuori,  Loffredo?! Tu aspetta che arrivi,  poi ti faccio vedere io, cos'è un'iniziativa!
Allora come si fa?
Come,  "come si fa"?!!! Adesso,  per esempio, se volessi... Cioè,  volendo io fare, come si dice, un... un approccio, ecco... Cavolo. Non so da che parte incominciare. Ma non è possibile, con la mia esperienza, via!!!
Tanto per cominciare potrei ispirarmi a quello che ho vissuto, alla  corte  che  mi  è  stata  fatta...  (sorride)  Uff! Quanta! (compiaciuto)  Non c'era uomo o donna che si salvasse... (sospira soddisfatto)   Devo  solo  pescare  un  po'  nei  ricordi...  (si concentra)  Ma sono tutti così anni '60!!! Lo farei scappare dopo cinque  minuti  coi  conati  di  vomito,  povero  ragazzo!  - C'è qualcosa che non funziona.
Il desiderio è uguale in ogni epoca, l'amore è sempre uguale a se stesso -  oh,  ma ... chi l'ha detto?! - Loffredo! Loffredo ti prego una volta per tutte di non interferire.  O cerchi di essere utile,  fattivo,  oppure non ti immischiare, per cortesia. Tu eri un romantico perso, ma le tue convinzioni tientele per te. Che ne hai mai saputo tu di sesso.  Luci abbassate, musica accattivante, un po'  di "nettare"  scelto sapientemente... due o tre parole al momento giusto,  luci spente e zac! E questo me lo chiami sesso?! Roba da museo.  Amore?  Ma va'  là, va'!  E' vero, non era sempre così.  A dir la verità cambiavi ogni  volta.  E sì che ne abbiamo passati di anni insieme! (trionfante) - Immaginazione! Tutto qui. Avevi solo molta immaginazione.  Ma come vedi anch'io  adesso non sono immune dal morbo,  e con un po' di immaginazione sono sicuro di poter fare molto meglio di... -  Amore?   
Ma...
No. Non  sono  affatto  sicuro  di  essere  innamorato  di  questo ragazzo.   (con  aria  distaccata) E' divertente.  Simpatico. Sensibile.  (abbassando la  voce)  Diverso... Molto intelligente. Tutto qui.  -  (con voce strozzata) Sexy da paura. Bello... da far male.    E non se ne rende conto!  - Proprio come me, tanti anni fa?... Passa e colpisce...  e io non ci posso credere che  stasera verrà qui.  Che ha scelto me!  Anche solo per una notte. (si stringe le mani sullo stomaco)  E' terribile questa  trepidazione.  Fa un po' girare  la  testa,  come  quando  bevi  una coppa di  champagne a stomaco vuoto, tremano anche un pochino le gambe.    
E'  amore questo?  Tu dici, Loffry? Ma è terribile. Come, "che vuol dire"?!  Ci...  ci siamo conosciuti soltanto l'altro giorno! Ancora,  "che  vuol  dire?"!  -  Possono  bastare  cinque minuti? Addirittura...  - Mi  sembra molto superficiale. (con distratta sufficienza)  Ridicolo.  E io  chissà  che mi  credevo.  Dov'è la spilletta?  Dove l'ho  messa,  ne  ho   comprate  trenta almeno, e continuo a perdermele...  Sarà un  caso...  Oh, eccola qui: Sesso sicuro. - A me questo fatto di portare sul bavero della giacca il marchio  di  garanzia  mi  sembra  così... avvilente, ecco! Per carità,  è molto più pratico che stare a chiedere,  o fare strane circonlocuzioni  per capire...  e infatti  me la metto.  Mi dà ai nervi ma me la metto! Poi la perdo e la devo ricomprare, ma me la metto!  E'  una questione di responsabilità. - Però mi fa sentire in galera.   Vabbè,  non ci  pensiamo più.  Voilà! Fatto. Tutto a posto,  allora.  -  Lo richiamo?  No:  ormai sono in ballo e devo ballare.
Te lo faccio vedere io,  Loffry,  chi è Vincenzo, detto Vinci, ovvero "il vincitore"!
Sorriso   arrogantino  -   sono  pur  sempre  un   uomo  molto affasciante,  (il termine  gli  suona  male,  si  corregge) cioè, affascinante...  Movimento  fluido,  che  esalta  l'elasticità di membra molto ben  fatte,  muscolatura  lunga,  liscia, potente... mani nervose e sensibili,  che promettono chissà quali  delizie - che poi  si vedrà,  inventerò qualcosa al momento...  - Un tocco garbato di ottimo  profumo...  Pronto. (consulta l'ora) In tempo. Perfetto. L'importante è mostrare sicurezza. Assoluta fiducia in se stessi.  -  Dio,  come  mi facevano ridere quei tipi timidi, pacciati e sudati, sospiranti... e tremolanti.  Sono sempre stato buono di carattere,  ma devo confessare che  quel genere di perdenti per partito  preso riesce  immancabilmente ad istigare  i  miei più reconditi istinti sadici.  
(atterrito)  Non potrei mai trasformarmi in  una persona così, io,  mai!  Anche se fossi il più innamorato degli  innamorati, se stessi  impazzendo dal desiderio,  se mi si stracciasse  il cuore per la sofferenza, io...
Ma che sto dicendo... Una cosa simile non potrà mai essere.
No,  Loffry,  no!  E' inutile che ti insinui e bisbigli. Ti ho percepito benissimo.  No, caro, non c'è bisogno di "dare tempo al tempo".  Piuttosto che  diventare  così  mi  ammazzo.  "O ammazzo qualcuno"?... - Ma stai dando i numeri?!! (misura  lo  spazio  ad  ampi  passi,  considera le cose e gli oggetti intorno a sé)  Questa è la  mia  casa,  lo  vedi?  E' una bellisima casa,  in pieno centro, con una magnifica terrazza dove coltivo  rare   piante   esotiche   tra   lo   stupore  generale. L'arredamento  denota gusto squisito -  ammetto che  c'è ancora un po'  la tua impronta,  è vero,  ma...  ma mi era caro mantenerla, tiè!  Il  tutto è caldo ed  accogliente  e  gli  ospiti accorrono sempre  volentieri,  di  ogni  grado  sociale,  colore,  sesso  e religione!  In più sono molto stimato nel mio lavoro e in società mi  cercano ancora tutti,  perché sono bello,  decorativo e molto disinvolto.  Dicono che ho  stile.  -  Me l'hai insegnato tu? Può essere, ma adesso è roba mia. Appartiene a me, Vinci, detto anche per metonimia Monna Lisa!
(respira soddisfatto)  Ecco, adesso dovrebbe squillare il campanello!  Sono perfettamente in pala (di nuovo si corregge) in palla.
Nessuno da ammazzare, evidentemente, solo piacere da dare e da ricevere.  Non  sghignazzare,  Loffredo!  Guarda  che comincio  a chiamarti Fofi!  Ah,  ah!  Ti fa ancora  imbestialire. - No,  non sono  io  vendicativo,  sei tu permaloso.
Vuoi  vedere  come  me   la   cavo   dall'altra   parte  della barricata?...
Tu  vuoi  solo  vedermi sconfitto,  almeno per  una volta!  Da morto non sei cambiato di una virgola,  non volevi darlo a vedere ma  sei sempre  stato geloso  del fatto che  a  me  bastasse solo allungare la  mano  per   prendermi tutto il piacere,  il sesso e l'amore che desideravo,  sino a stancarmi,  sino  alla nausea! Mi  amavi? No... spiavi la vita del tuo giocattolino, ti accontentavi delle mie briciole, volevi che ti raccontassi tutto nei minimi particolari! Quando non  riuscivi ad assistere...  Come un cane, ti  accontentavi  di  leccare  il  sudore  e  il  piacere rimasti attaccati  alla  mia pelle.  E ti  dirò:  mi  sentivo  generoso a lasciartelo fare.  Perché mi davi fastidio,  con il tuo odore. Un odore  misto  di  dopobarba  costosi  e  di  paura.  Ha  un odore schifoso la  paura.  (istintivamente si  annusa,  allarmato, e si rassicura)
Ma  perché  non  arriva!  (tende  l'orecchio,  non  ode nulla) Peccato.  Era l'ottimo fuggente -  l'attimo fuggente. Sì, ci sono momenti  in  cui lo  so,  lo sento: potrei conquistare chiunque, anche il più ascetico dei bonzi tibetani!
Una volta? Che significa "una volta"?!!  (serio, come se non fosse la sua voce a parlare)  Se il tempo passa  è cosa naturale: da amato amante dovrai diventare...  
(si dà come  dei   pugni in testa)  Tu non esisti, non esisti, capito?!  Tutte elucubrazioni dell'attesa,  rostri,  cioè, mostri generati dall'ansia,  non ci sono pensieri,  e non ci sei neanche tu,  caro Loffredo!  Finito,  chiuso, sotterrato!   E smettila di ridere, non esisti! Sei morto. - Come quel...
Silenzio!
Ti  stai  lasciando  suggestionare  dal   nulla,  Vinci,  stai tranquillo.  L'unica risposta è il silenzio. (si siede, cerca di matenere una posizione eretta e compunta, pare calmarsi)    
    
(cantilenando assente) Beloved, my beloved...  (inclina la testa da una parte,  lentamente, poi dall'altra, come se sentisse il  contenuto oscillare  all'interno)  Ma  che  sciocchezza! Sta' zitto!  Zitto!  (scattando  in  piedi)  Io  non ho  paa... non ho parà... Puuuàra - PAURA!   Ho pau...     (si  massaggia  le  mascelle)   Mi  sento  la  bocca  un  poco impastata, come  se  non  riuscissi  ad  artigliare  le  parole giuste...  a- aa- d aaarticola-are le parole che scelgo.
Mendicare  un  po'  d'amore,  questo aspetta  chi invecchia... (stupito dalle sue stesse  parole,  si sforza  di  far  virare il pensiero)  ...  male!  (cerca  di ripetere l'intera  frase) A chi inve-  ro,  a chia invecci-a -  chi invecchia mare!
Oddio,  che mi sta  succedendo...   (gli occhi sgranati per il timore)  Il  mio  fiori-legio...  il  mio  fiori-ta  linguaaaagi- linguuuagggg-i-o!  (risoluto)  Voglio  parlare  di  nutilità.  Di  FUTILI-gine   -  di futi!  (urlando)  Che cosa  sono  i futi, non esistono i FUTI!  I feti,  i fieti, i fati... (respira affannato) Non sono più padrone dei miei incunaboli aaah! dei miei vocaboli, presi,  spire...  PERSI!  nel vertice di  un  sifone perver-tito. (con sforzo  sovrumano riesce  a correggersi)   Nel vOrtice di un TIfone  perveRRRSO!  (stramazza al suolo)  E che gli racconto, se arriva adesso?
(sempre bocconi sul pavimento) Il Moloch! (chiude gli occhi) Lo vedo!  Non c'è più spazio bianco, non c'è più il deserto, solo un'enorme bocca,  che si apre e si chiude e respira a sbuffi, un gigantesco villo intestinale, ingordo e cieco! No,  non cieco! Ora capisco il suo gioco! Mi permette  di dire solo quello che vuole lui!  Ma si sbaglia, , oh se si sbaglia, se crede di poter avere parvita tinta!  (insiste  caparbio) Patita vrinta, partita cinta! E'  impossibile. Non riesco più a parlar... ma no,  vedi, parlo, parlo, parlo!... - Già... ma non sto dicendo niente.  
E poi perché  continuo  a  pensare  a  quella  cosa... L'avevo dimenticata,  no? Ero così piccolo quando ho amma- (si blocca, si guarda  intorno  atterrito)  E'  stato  un  incidente!  Non  devo
penarci,  cioè, pen-sssar-ci. Acco. Ecc--o! Io non vaglio parlare di quella storia, noo volio!!! (si alza suo malgrado e comincia a parlare come un fiume d'inverno, inarrestabile e ininterrotto)
   
Perché io... io avevo capito molto presto che in quel posto se volevi vivere  dovevi  piacere a qualcuno. A un  compagno più  grande, a un prete, alla direttrice... Farti prendere, toccare, rivoltare come un sacchetto vuoto...  Perché  ti  hanno buttato  via.  Tua madre stessa,  ti  dicono,  t'ha  vomitato da là  sotto e poi non  ne ha voluto più saperne di te!  Non appartieni a nessuno e stai lì, in mezzo  ad  altri come  te,  che se anche sparisci dalla faccia di questo mondo chi vuoi che se ne accorga... E dài tutto, dài il cuore, la mente, l'anima, il culo, qualsiasi cosa per una carezza, per non essere picchiato dagli altri,  per trovarti  un cantuccio dove respirare piano piano e sognare che c'è  stato  uno sbaglio, perché a te  ti  hanno rubato,  e tua madre invece ti  sta ancora cercando,  perché tu non eri nato per finire così. E per avere questo po' di pace bisognava  piacere a qualcuno,  a più persone possibile,  a  tutti!
   
Ora  basta!!!  -  Ci sono  solo  io,  qui,  e se IO non voglio ascoltare,   se   a   me   non   intestina,   non   interregna... non interes...ssss...sa!  MA - è impossibile stare senza patrale, pallare...   Pensare.
   
(riprende il racconto, l'unica verità alla quale riesca a dare forma verbale senza impazzire per lo  sforzo)  E poi  un giorno è arrivato lui. E mi ha incantato il cuore. Desideravo solo stargli vicino,  poteva avere la vita facile là dentro, con me!  Ma non mi voleva. Non voleva nessuno, e tutti lo desideravano. Più di me... Era più amato di me. Lo detestavo, lo odiavo, avrei voluto averlo tra le  mie mani  solo  per  stringergliele  intorno  al  collo e l'avrei  tenuto  fermo  contro  di  me,   mentre  gli  occhi  gli schizzavano in fuori e l'avrei costretto a guardarmi, finalmente, a  guardarmi!   (girandosi  di  scatto,  volgendo  le  spalle  al pubblico)  E' stato un incidente! Un gioco tra ragazzini. Nessuno mi ha accusato. E io non ci ho pensato più. (esausto) E poi perché avrei dovuto pensarci... pensare...
   
(torna di  nuovo col viso  verso  il  pubblico,  e  per alcuni secondi sembra invecchiato  di vent'anni,  un mascherone orribile e grinzoso -  quando l'effetto,  ottenuto magari con una proiezione,  scompare,  riprende l'abituale  tono disinvolto)     Non capisco  cosa  ci  sia  di  tanto  sollazzevole, Loffredo! Pensare  è  una  malattia.   La  peste  dell'anima!  -  I bubboni esplodono   da  sotto   la  pelle,   squarciano   la   carne,  si moltiplicano...  e non si possono fermare!  (corre  allo specchio, sconvolto) Non si vedono ancora... (si alliscia il volto con dita esitanti) Una pelle perfetta... quasi senza una ruga. - Ma IO non sono  più...  (alza  lentamente  una  spazzola,  fa  il  gesto di scagliarla contro  lo  specchio,  si ferma,  accarezza l'immagine riflessa)  Quanto tempo ci rimane ancora da  stare insieme... No. Non ti faccio male.  A te no. E non permetterò che te ne facciano gli  altri.  Ce ne staremo insieme,  noi due.  (stacca il piccolo specchio dalla parete)  Mio  amato bene...  my  beloved,  my dear beloved...    Abbiamo un segreto da custodire. Nessuno capirebbe. Ssssth! No no no no! Neanche Loffredo... Figuriamoci...  "Fofi"!   

Siede  tenendo stretto sul  cuore  lo  specchio, dondolandosi dolcemente,  e continua anche quando il campanello della porta di casa   comincia    a   squillare   a    lungo,   insistentemente, prepotentemente... - mentre cala lentamente il BUIO.
   
FINE