IL PESO DELL’ARIA

di

Mirko Di Martino



PERSONAGGI

JOANA una donna di circa trentacinque anni 
THOMAS suo marito, di circa quarantacinque anni 


La scena rappresenta la camera da letto di un appartamento piuttosto modesto e spoglio, ma molto pulito e ordinato. Sulla sinistra ci sono un letto e un comodino sul quale è poggiato un giradischi degli anni’40; al centro della stanza ci sono alcune sedie e un piccolo tavolo; sulla parete di fondo c’è una porta; a destra c’è una finestra con le persiane chiuse. Tutto l’ambiente è pieno di candele accese e piuttosto consumate, di incenso e di essenze profumate. 

All’alzarsi del sipario Joana è già in scena. Il suo viso è pallido e senza un filo di trucco ma, nonostante abbia perso ogni freschezza e lei non faccia nulla per nasconderlo, lascia ancora intravedere la bellezza di un tempo. Il suo abbigliamento è vecchio, consumato dall’uso, ma pulito e in ordine. E’ seduta sul letto, immobile. Sta ascoltando a volume alto un’allegra e sciocca canzoncina francese degli anni ’30. La canzone è breve e la qualità dell’audio è scadente a causa dell’eccessivo uso del disco. Al termine della canzone Joana si alza, va al giradischi e la fa ripartire, poi si risiede, immobile. Dopo un po’ si sente bussare alla porta. Joana ha un piccolo sussulto di spavento, poi resta rigida a fissare la porta. Si sente bussare di nuovo, un po’ più forte.


THOMAS (fuori scena, dietro la porta) Joana, apri! Sono io.
Joana si alza, incerta. Thomas bussa di nuovo.
THOMAS (c. s.) Joana!
Joana posa la mano sulla maniglia, restando in ascolto dietro la porta. 
THOMAS apri, sono io... Sono solo.
Joana gira la chiave nella serratura e apre, facendosi scudo con la porta. Appena Thomas entra lei richiude in fretta a chiave, restando immobile accanto alla porta.
THOMAS (è un bell’uomo, ben vestito e dall’aspetto autoritario e deciso. Ha sotto braccio un’ingombrante scatolone) scusa se ho fatto tardi, ma mi hanno trattenuto al municipio, e allora… (lei non lo ascolta) Sei arrabbiata? (silenzio) Vogliamo mettere l’illuminazione elettrica in tutto il paese e… (Joana, senza guardarlo, torna accanto al giradischi, che intanto si è fermato, e fa ripartire la canzone) sai com’è in questi casi: ognuno dice la sua e non si riesce mai a mettersi d’accordo. (sorride. Joana si risiede immobile, senza guardarlo. Non ha per niente ascoltato le sue parole. Lui si sforza di continuare a parlare a voce alta, nonostante il disturbo della canzone. Intanto poggia la scatola sul tavolino) E’ una bella cosa, sai? di notte sarà tutto illuminato, si potrà camminare come se fosse giorno… Si potranno fare un sacco di cose, un sacco di… (il disturbo della canzone è troppo forte) senti, non sarebbe meglio spegnere? Non si riesce a parlare. (lei lo ignora. Lui si fa forza) Va bene, lascialo acceso… sai che forse metteremo le luci anche sul campo di calcio? Ti ho mai parlato del campo di calcio?... No?... E’ molto bello. Ci vengono a giocare anche quelli degli altri paesi e… (rinuncia a parlare per il rumore. Aspetta un po’, poi la canzoncina termina) Ecco, così è meglio. Allora, ti piacerebbe vedere il campo, qualche volta? (intanto lei si alza e va a far ripartire il disco. Lui si trattiene a fatica dall’impedirglielo) abbiamo anche una nostra squadra, sai? Per ora non siamo molto bravi, ma col tempo sono convinto che riusciremo a fare buone cose… dovresti vedere che allegria che c’è, quando gioca la squadra. Che entusiasmo… (proprio non riesce a parlare con la canzoncina che gli copre la voce) Senti, non è possibile parlare così. Spegni un momento! (lei non gli risponde. Lui va a spegnere il giradischi. Lei si limita a una rapida occhiata, richiudendosi subito nella sua assenza) Così possiamo fare due chiacchiere. Ti va di parlare un po’? Eh?... Ci vediamo così poco… (silenzio. Si risiede) Sto pensando di diventare il presidente della squadra. Credo che sarebbe divertente. E poi me lo chiedono in molti, dicono che in quanto sindaco mi spetta di diritto e così... (aspetta una risposta che non arriva) sei contenta se divento presidente della squadra?... E’ bello, no? (Joana non risponde. Thomas sembra rinunciare ai suoi sforzi di avviare una discussione) Non ti importa, eh?... (con amarezza) già, a te non importa più niente… eccetto le tue candele profumate… (prende la scatola) guai se mancassero: due volte alla settimana, puntuali, devono arrivare le candele. (ne tira fuori una) Ed eccole qua. (lei guarda la candela. Lui la rimette nella scatola) Prima, però, c’è un piccolo favore che vorrei chiederti. Me lo puoi fare un favore, no?... Proprio oggi si è trovato a passare di qui un mio amico che vive in città, un’ottima persona, molto in gamba. Abbiamo pranzato insieme e così, chiacchierando, gli ho parlato un po’ di te e allora… è un vecchio amico, ci tiene a conoscere mia moglie… (lei accenna una reazione) Sta andando via, ma gli ho detto di aspettare cinque minuti che forse lo avremmo invitato ad entrare. E’ qui fuori… (nessuna risposta) Lo faccio entrare? Così, tanto per fare due chiacchiere. Eh?. 
JOANA non voglio vedere nessuno. 
THOMAS ma è un mio amico. E’ venuto dalla città.
JOANA mandalo via.
THOMAS solo un minuto
JOANA mandalo via!
THOMAS (silenzio) è un dottore. (lei lo guarda. Lui si affretta a spiegare) Non ti farà niente…
JOANA (con rabbia) non voglio dottori!
THOMAS vuole solo parlare con te un minuto e poi…
JOANA (con forza) non voglio dottori! non voglio nessuno! Mandalo via!
THOMAS (un momento di silenzio, vorrebbe insistere ma ci rinuncia) va bene. Come vuoi. Tieni le tue candele (le dà la scatola. Lei si alza, la prende, poi si risiede sul letto poggiando la scatola sulle ginocchia e stringendola a sé). Torno subito (esce).
Joana aspetta che lui richiuda la porta, poi si alza e va a riaccendere il giradischi, si risiede, rimette la scatola sulle ginocchia e comincia a verificarne il contenuto, tirando fuori alcune candele e dell’incenso. Thomas rientra, portando sotto il braccio alcuni vestiti, un soprabito e delle riviste. Vede che lei ha fatto ripartire il disco ma non la rimprovera.
THOMAS gli ho detto di andare via. C’è restato male, però magari ripasserà quando tu… quando ti sentirai di vederlo. (pausa) Ti ho portato dei vestiti nuovi. Sono molto belli. Cioè, a me piacciono, a te non so. Se vuoi dargli un’occhiata, così… (Lei non dice niente, lui posa i vestiti sulla sedia e le riviste sul tavolo. La musica finisce, lei si alza per andare a far ripartire il disco ma lui si lancia a sbarrarle la strada e le afferra il polso) basta, adesso!
JOANA (tira via il braccio con una forte e improvvisa reazione) non mi toccare!
THOMAS scusa.
JOANA non mi devi toccare!
THOMAS scusa, non volevo toccarti… mi dispiace… (con dolcezza) Però basta con questa canzone, per adesso, eh? (lei è incerta, poi rinuncia alla canzone. Torna al letto e prende delle candele che, mentre Thomas parla, metterà al posto di quelle più consumate) li vuoi vedere i vestiti che ti ho portato? Li ho comprati apposta per te. Guarda (gliene mostra uno, effettivamente molto bello) Che ne dici? Bello, no? Perché non te lo provi?... se non ti piace il colore o non va bene la taglia possiamo cambiarlo… (lei lo ignora, lui posa il vestito) beh, io lo lascio qui. Però poi mettitelo, non puoi continuare a indossare sempre lo stesso vestito. E’ vecchio, cade a pezzi… ti ho portato anche qualche rivista, così potrai leggere un po’ (lui gliele porge, ma lei non si volta neanche a guardarlo) non ti interessano? Sono belle. Mi è costata una fatica tremenda riuscire a recuperarle. Oggi non se ne trovano più in giro di riviste così. Guarda, (le sfoglia) parlano di tante cose, di Parigi, della moda femminile, di arredamento… guarda… (vede che è inutile. Butta le riviste sul tavolo) Una volta ti piaceva tanto leggere queste riviste. (si avvicina alla donna) Ogni mercoledì che andavo al mercato mi chiedevi di comprartele e quando tornavo a casa la prima cosa che facevi, prima ancora di salutarmi, era chiedermi che riviste ti avessi portato… te lo ricordi? Eh, Joana?... mi mancano molto, quei giorni, sai? (sta per toccarla) Joana… (si trattiene. Lei si allontana per accendere le candele. Lui la osserva un po’ in silenzio, poi) basta accendere altre candele. L’aria è già terribile così. (lei non gli dà ascolto. Lui cerca di farsi forza e assumere un tono allegro) Sai? Ancora non te l’ho detto ma ho una grande sorpresa per te. Non indovinerai mai cos’è. Ti do qualche indizio: è una cosa che prima vedevamo solo in città… è grande, è veloce, fa molto rumore… non indovini?... ha quattro posti… allora, hai indovinato? E’ un’automobile!... (lei continua a ignorarlo) L’ho comprata due giorni fa. Mi è costata parecchio, ma è bellissima. In paese ma la invidiano tutti: non ne avevano mai vista una, figuriamoci adesso che possono perfino toccarla!... è nera, enorme, è uguale a quelle che piacevano a te. Ti ricordi quando le vedevamo sfrecciare per la strada? Sembravano dei mostri che ci avrebbero sbranati. E pensa: adesso io guido uno di quei mostri... Non vedo l’ora di portarti a fare un giro... E’ parcheggiata qua fuori. Vuoi vederla?... eh? Vuoi vederla? (Joana continua a ignorarlo) Te la faccio vedere. (fa per aprire la finestra) Guarda, è proprio qui davanti a… 
JOANA (lo vede andare alla finestra, poi urla) No!
THOMAS un secondo. Devi solo affacciarti e…
JOANA (corre alla finestra e le si mette davanti per impedirne l’apertura) no.
THOMAS un secondo!
JOANA no.
THOMAS (pausa. La guarda, poi rinuncia) va bene, non apro.
JOANA l’aria è marcia, fuori.
THOMAS ma no, c’è il sole.
JOANA è marcia. 
THOMAS si sta bene.
JOANA e anche qui è marcia. Mi dà la nausea. 
THOMAS se solo uscissi un po’ forse…
JOANA ristagna come una palude.
THOMAS perché tieni sempre chiuso.
JOANA mi toglie la fame, la sete, il sonno. E ogni giorno a quest’ora è peggio. La sera è terribile e ho bisogno delle candele, di molte candele. Non devi più fare tardi. 
THOMAS mi spiace. Scusa… (lei lo guarda sospettosa, poi sembra convincersi e si allontana) Funzionano, almeno?
JOANA non bastano.
THOMAS perchè?
JOANA l’aria pesa troppo. 
THOMAS pesa?
JOANA mi schiaccia.
THOMAS Joana, l’aria è solo aria, non ha peso. 
JOANA me la sento addosso, sulle mani, sulle gambe, sugli occhi…
THOMAS non c’è niente…
JOANA mi entra nella pelle, nella carne, nel sangue…
THOMAS è solo aria!
JOANA e fa marcire anche me. 
THOMAS (infastidito) queste sono solo fissaz… (si controlla). E’ solo una tua impressione. Me lo ha detto anche il dottore. E’ uno che ne capisce, lui, e lo direbbe anche a te se solo gli permettessi di...
JOANA (con violenza) non voglio nessun dottore! 
THOMAS va bene, va bene. 
JOANA (calmandosi) nessuno deve entrare qui!
THOMAS non entrerà nessuno… Lo dicevo solo per dire che basterebbe che tu uscissi un po’ e...
JOANA no. E’ proprio da fuori che viene l’aria marcia.
THOMAS ma se tieni sempre tutto chiuso! 
JOANA non serve.
THOMAS ma almeno prova. Una volta sola!... quand’è stata l’ultima volta che hai aperto la finestra?
JOANA (ci pensa. Poi, dopo un po’) è stata sempre chiusa.
THOMAS non è vero. Un tempo era sempre aperta. E questa stanza non era così: era la nostra camera da letto, piccola ma bella. Te la ricordi?... Era sempre piena di luce, di colori, di fiori… Ti ricordi dei tuoi fiori?
JOANA non mi sono mai piaciuti i fiori.
THOMAS ti piacevano moltissimo. Passavi ore intere a curarli, a scegliere la terra più ricca, l’acqua più pura, la luce migliore per farli crescere bene.
JOANA non mi sono mai piaciuti i fiori.
THOMAS ma si, invece.
JOANA non mi piace niente che per vivere abbia bisogno di me.
THOMAS (deluso) una volta non era così… non sei solo tu che sei cambiata, siamo cambiati tutti… (con un certo entusiasmo) ma è un bene, sai? Adesso che la guerra è finita e sono tornati i russi le cose sono migliorate, c’è un grande fermento in tutto il paese. Ci siamo ingranditi, ci sono molte più case, molte più strade, molte… (Joana continua a ignorarlo, ancora presa dalla sistemazione delle candele. Lui sembra rinunciare a cercare di interessarla. Poi, dopo un po’) Joana, senti, è troppo tempo che va avanti questa storia. Non può continuare così. Sono anni che te ne stai sempre chiusa qui, al buio, con tutta questa roba accesa e quel maledetto giradischi che suona sempre e solo quell’orribile canzone! Non è vita, questa... che ti è successo?... Andava tutto così bene… qualcuno ti ha fatto qualcosa la notte che sei scomparsa?... è qualcosa che hai visto? Che hai sentito?... perché non me lo dici? Perché non mi dici che hai fatto quella notte? Eh? Dove sei stata?... se almeno parlassi, se provassi a spiegarmi, io capirei. Ma tu non dici niente, solo qualche parola ogni tanto, a caso, come l’erba che spunta dalle crepe. Non mi permetti nemmeno di stare accanto a te… Joana, ascolta, io vorrei solo che noi due provassimo a… (le si è avvicinato e prova a metterle una mano sulla spalla).
JOANA (si sottrae di scatto e urla con violenza) non mi toccare! Non mi toccare! Non mi toccare!
THOMAS scusa, scusa… non ti tocco più, giuro… Joana, tu… tu sei mia moglie, devi stare con me, dobbiamo vivere insieme, a casa nostra.
JOANA è questa casa mia. 
THOMAS una volta, ma adesso abbiamo un’altra casa, molto più grande, più bella. Vedessi la camera da letto quanto è grande: c’è un letto in legno, col baldacchino, e un armadio enorme in cui potrai mettere i vestiti, e potrai comprarti tutti i vestiti che vorrai. Abbiamo tante stanze vuote che non sappiamo nemmeno che farcene. Abbiamo una cameriera, un giardiniere. Il giardino è bellissimo, profumato. Lì non sentirai nessun cattivo odore, ti assicuro. La nostra vita è cambiata completamente: siamo ricchi, adesso. Vieni con me, saremo felici, potremo avere tutto quello che abbiamo sempre sognato. Che ne dici?... (non risponde) Non devi per forza venire subito a vivere lì, capisco che i cambiamenti improvvisi spaventano. Lo farai un po’ alla volta. Per ora ti chiedo solo di venire a dare un’occhiata. Vieni, vedi e poi decidi. E se non ti piace te ne torni qui. Va bene? (silenzio. Lui si risiede, affranto. Poi ricomincia a parlare ma con durezza) Joana, il nostro paese non ha mai contato niente. I russi e i tedeschi hanno sempre fatto a turno a governarci ma io sono sempre stato sindaco. Sai perché? perché hanno fiducia in me, tutti hanno fiducia in me. E sai perché? Perché vedono che la gente del paese mi vuole bene, e mi vuole bene perché sono uno che si occupa di tutti, che lo ha sempre fatto e continuerà a farlo. E ancora di più adesso che la guerra è finita e bisogna ricostruire. Tutto questo, però, non conta niente se vado in giro senza mia moglie: un buon sindaco deve innanzitutto essere un esempio per tutti, un modello di uomo, di marito, di padre. Ma come posso esserlo se tu continui a vivere chiusa qui dentro? La gente parla, si chiede perché tu te ne stia sempre barricata in casa. Dice che sei diventata… (si ferma) Io dico che è tutto a posto, che hai solo avuto un forte esaurimento ma che stai migliorando. Loro mi guardano comprensivi, mi dicono che gli dispiace e che tutto andrà bene, ma non mi credono. Li vedo che mormorano alle mie spalle, che sghignazzano. In un’altra situazione non mi importerebbe, ma io sono il sindaco, tra poco potrei anche diventare deputato, non posso permettere che si sparli sul mio conto. Il tuo comportamento rovina la mia posizione, la mia carriera. Non ti importa?... Non ti importa di tuo marito? (silenzio) non ti chiedo molto: solo di farti vedere un po’ in giro con me. Scambi qualche sorriso e poi torni dentro. Non c’è nemmeno bisogno che parli, farò tutto io. Eh? Che ne dici? (silenzio) Joana, ti prego… (sincero) ti prego, Joana, torna in te, stavamo così bene, prima. Torna in te, rivoglio mia moglie, la donna che amo. Io ti amo. Lo capisci questo? Almeno questo? Ti amo… Ho bisogno di te… 
JOANA (un lungo silenzio. Poi) mi servono altre candele.
THOMAS (ride, con molta amarezza) altre candele!... io ti dico che ho bisogno di te e tu mi dici che hai bisogno di altre candele!... questo si che è un vero dialogo tra innamorati!... (la risata si trasforma in crescente rabbia) Joana, non c’è niente nell’aria: nessun odore, nessun peso, niente. Non c’è mai stato niente! 
JOANA (con assoluta calma e sicurezza) invece c’è. (Thomas è esasperato) E lo so che lo senti anche tu. Lo sentite tutti, ma fate tutti finta di non sentire niente, che non c’è niente, che non c’è mai stato niente. Ma io lo so che c’è stato.
THOMAS (con determinazione) e va bene, io ho fatto tutto quello che potevo: ho provato a farti ragionare, ho provato a cercare di capirti, di ascoltarti, ci ho provato per mesi, per anni. Ho fatto venire i migliori dottori e tu li hai rifiutati, ho fatto tutto quello che mi dicevano, ti ho assecondata in tutto, ho fatto sempre del mio meglio per non farti mancare nulla nella speranza che un giorno tu saresti ritornata in te, ma adesso basta. La misura è colma. Adesso farai quello che dico io, perché tu sei mia moglie e io non posso continuare a permetterti di rovinare la vita di tutti e due! (prende il soprabito e glielo tende) mettilo. (resta con il braccio teso, ma lei lo ignora) Metti questo soprabito. (nessuna reazione. Lui urla) Metti questo soprabito! (nessuna reazione). Fai come ti pare (getta via il soprabito). Vuol dire che verrai a casa così come sei. (si lancia su di lei e le afferra il braccio) Andiamo! (la trascina via).
JOANA (molto impaurita, si oppone) lasciami!
THOMAS quando sarai a casa cambierà tutto.
JOANA lasciami stare!
THOMAS (la tira via, con forza) muoviti!
JOANA (resiste con molta forza) lasciami! Non voglio!
Marito e moglie lottano al centro della stanza: lui la trascina con violenza ma lei con altrettanta forza resiste. 
THOMAS sei mia moglie! Hai capito?...
JOANA lasciami!
THOMAS e devi fare quello che dico io!
JOANA (un ultimo, forte urlo) lasciami!
Lui, che non è riuscito a portarla via, dopo il suo urlo le dà un forte schiaffo che la fa finire per terra. Lei resta distesa, mentre lui la guarda, ansimante, poi si allontana, si avvia alla porta e si ferma, di spalle.
THOMAS (dopo un lungo silenzio) scusa… non volevo, scusa… mi dispiace… non ti avevo mai picchiata… Non avrei mai pensato che sarei arrivato a farlo, ma tu… sei stata tu a spingermi… io non volevo. Mi ci hai obbligato tu… (apre la porta e fa per andare).
JOANA (intanto si è rialzata, molto lentamente, e si è messa a sedere. Poi, senza nessun tono polemico) è così semplice, per te, cancellare le tue colpe? (pausa. Lui si volta a guardarla) è questo che ti sei detto in tutto questo tempo? Che sei stato obbligato?
THOMAS di che parli?
JOANA ha funzionato?
THOMAS cosa?
JOANA davvero riesci a non sentire le voci? Davvero non ti urlano nella testa fino a spaccartela?
THOMAS (chiude la porta) che stai dicendo?
JOANA davvero non vedi i loro occhi bianchi, sbarrati, che ti chiedono aiuto? 
THOMAS occhi?
JOANA che ti condannano?
THOMAS stai delirando.
JOANA davvero non li vedi? (lei lo guarda, lui non risponde, ma ha intuito di cosa lei sta parlando) Ti invidio. Io li vedo sempre. Anche adesso. Anche adesso non mi lasciano in pace. Non lo hanno mai fatto. Vivo qui da sola, rinchiusa da tantissimo tempo e non ho mai avuto un solo attimo di solitudine.
THOMAS io… non capisco…
JOANA si, invece.
THOMAS che occhi? Che voci?... stai parlando di… di quello che è successo… quel giorno?
JOANA quel giorno… quando è stato? Un anno fa? Dieci? Trenta? Tutti i giorni sono diventati uguali, dopo quello. 
THOMAS è questo che ti tormenta, allora? (speranzoso) E’ il ricordo di quel giorno? Di quello che è successo? Aveva ragione il dottore, lo aveva detto: tu hai subito un trauma, uno shock, ma con il tempo sarebbe passato. Il fatto che adesso me ne stai parlando è un buon segno. Tu sei sempre stata troppo sensibile e quello che hai visto ti ha …
JOANA (di scatto) che ne sai di cosa ho visto?
THOMAS (sorpreso) io… c’ero anch’io quel giorno, lo hai dimenticato?
JOANA (lo fissa) è l’unica cosa che non riesco a fare. (breve pausa) E tu? 
THOMAS (lui distoglie lo sguardo, in difficoltà) è passato molto tempo.
JOANA no, è restato fermo. Né avanti né indietro. (pausa) Faceva molto caldo. C’era la guerra e i russi erano appena andati via. Abbandonavano il paese, scappavano perché stavano arrivando i tedeschi. Tu dicevi che entro un paio di giorni al massimo i tedeschi sarebbero arrivati da noi, e dicevi anche che avrebbero vinto la guerra.
THOMAS allora sembrava così.
JOANA perciò dicevi che bisognava darsi da fare, che bisognava sistemare le cose prima del loro arrivo, e che bisognava farlo tutti insieme.
THOMAS ero il sindaco, mi preoccupavo dei miei cittadini.
JOANA era mattina, avevi radunato tutti gli uomini del paese davanti al municipio. Non mi avevi detto per fare che, non mi dicevi mai niente di queste cose.
THOMAS non ti interessavano.
JOANA è vero... Mi avevi detto di restarmene a casa, ma io c’ero venuta lo stesso, di nascosto, perché volevo vederti mentre facevi il tuo discorso. 
THOMAS (sorpreso) c’eri anche tu?
JOANA si.
THOMAS non lo avevo mai saputo.
JOANA restai nascosta, non mi vide nessuno.
THOMAS (con rabbia) non dovevi venire. Ti avevo detto…
JOANA ti fa rabbia ancora adesso. 
THOMAS (spiazzato dalla sua calma) no, io… 
JOANA non hai mai sopportato che non ti si obbedisse. 
THOMAS per necessità: chi ha la responsabilità di governare deve farsi ubbidire, altrimenti va tutto a rotoli. Il dovere di un capo…
JOANA tu non sei il mio capo, sei mio marito. (lui tace) Non sei mai riuscito a tenere separati i ruoli.
THOMAS (cerca di difendersi) credo di essere stato un buon marito.
JOANA oh, si, certo. E anche un buon capo: quando arrivai in piazza, quella mattina, tu stavi già parlando - eri così bello in piedi sul palco, così fiero - Tu parlavi e tutti ti ascoltavano in silenzio, attenti, pronti a ricevere come oro colato ogni tua parola. Si, sei davvero un buon capo.
THOMAS e un buon marito.
JOANA la piazza era piena di gente. C’erano quasi tutti gli uomini del paese e anche tanti altri che non avevo mai visto.
THOMAS erano dei villaggi vicini. Li avevo fatti chiamare io. Ne erano arrivati tanti, fin dall’alba. 
JOANA era bello vedere tutta quella gente, sembrava il giorno della festa del santo. Mentre li osservavo, però, mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano, come se mancasse qualcosa. Lì per lì non ci feci tanta attenzione perché in quel momento per me esistevi solo tu. Ti sentivo parlare, con quella tua voce potente che faceva tremare i muri, che imponeva silenzio, rispetto.
THOMAS (preoccupato) hai sentito quello che ho detto.
JOANA si, ma non ascoltavo ciò che dicevi. Non mi importava.
THOMAS non dovevi venire.
JOANA mi importava solo di vederti lì, in alto, al centro della piazza, con gli occhi di tutti puntati su di te. Eri così bello! E io ero così felice! Non avrei voluto altro che restare lì ad ammirarti, ma non potevo, perché qualcuno avrebbe potuto vedermi e riferirlo a te. E poi mi bastava quello che avevo visto… Ero così orgogliosa che un uomo del genere avesse voluto sposarmi… Mi avviai verso casa. Per fare prima decisi di prendere una scorciatoia e così... (breve pausa) una scorciatoia... Hai mai pensato a quanto la nostra vita dipenda dalle scelte più insignificanti? Una strada, un bivio, destra o sinistra, tutto qui. Presi a sinistra... La scelta sbagliata... (ricomincia il racconto) Camminavo svelta, felice, a un metro da terra, quando sentii dei rumori e delle urla molto forti che venivano dal cortile della casa del fabbro. Poi un colpo, una specie di tonfo. Corsi fin là e vidi il fabbro e il suo aiutante, in piedi, rossi in viso e tutti sudati. E vidi il ragazzo biondo che mi portava il latte ogni mattina. (breve pausa) Era a terra, immobile, con la testa spaccata e un fiore rosso sulla testa, qua (si tocca la tempia). E il fiore si allargava sempre di più, gli colava sulla faccia (segue il precorso con la mano), sul mento, sul collo, e faceva una piccola pozza dietro la testa Il fabbro aveva in mano una pietra enorme. Venne verso di me e mi disse: "Guardi, signora, l'ho steso con questa e non si rialzerà più.” Così mi disse: “l’ho steso con questa e non si rialzerà più”. (pausa) Il ragazzo del latte aveva diciassette anni. 
THOMAS (dopo un po’, senza rabbia e con molta amarezza) dovevi restare a casa.
JOANA corsi via, spaventata. Non sapevo che pensare, ero sconvolta. Dovevo subito trovare te e dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte, tu avresti saputo che fare. Tu sapevi sempre che fare. Ti trovai in piazza che avevi finito di parlare e stavi in mezzo a un gruppo di persone che diventava sempre più grande. 
THOMAS (il peso sulle sue spalle aumenta. Si copre il viso con le mani) hai visto anche questo!
JOANA corsi da te per dirti quello che era successo, ma tu eri impegnato: stavi distribuendo alla gente asce, bastoni, coltelli, forconi. 
THOMAS (in fretta) non le avevo portate io, non glielo avevo detto io. Fu una loro iniziativa. Io non… non volevo.
JOANA allora, da sole, mi tornarono in mente le parole che avevi pronunciato poco prima, in piazza, e fu come se le ascoltassi in quel momento: avevi detto che bisognava regolare i conti una volta per tutte, che era ora di farla finita con i parassiti che appestavano il nostro paese - Avevi detto proprio così: parassiti - e bisognava farlo senza aspettare l’arrivo dei tedeschi, perché i panni sporchi si lavano in casa. 
THOMAS io… non ricordo quello che dissi.
JOANA i panni sporchi si lavano in casa.
THOMAS si, forse. Ma… 
JOANA e capii anche cos’era che mi era sembrato strano: in paese ce n’erano 1600, quasi quanti noi, ma quella mattina, in piazza, in mezzo a tutta quella gente, non ne avevo visto nemmeno uno. 
THOMAS (come tra sé) dovevi restare a casa.
JOANA tu mi dicevi sempre che bisognava starci attenti.
THOMAS era diverso. 
JOANA non capivo perché dicessi così...
THOMAS avevamo paura di tutto. 
JOANA … ma io sapevo di essere stupida e c’erano un sacco di cose che non capivo, mentre se lo dicevi tu voleva dire che era vero.
THOMAS eravamo in guerra. 
JOANA lo dicevi anche prima della guerra. Lo hai sempre detto.
THOMAS non ero il solo.
JOANA no, infatti. Lo diceva anche mio padre, e lo diceva mio nonno, e il nonno di mio padre lo diceva a mio padre, e suo nonno lo diceva a lui, e anche tutti gli altri padri e gli altri nonni lo dicevano ai loro figli e ai loro nipoti.
THOMAS e io ripetevo quello che mi avevano sempre detto!... Non ci credevo veramente. Io ho sempre avuto buoni rapporti con loro, lo sai.
JOANA quando li incontravamo per strada li salutavamo con cortesia e poi, tra noi, sputavamo per terra. Quando ci facevamo due chiacchiere parlavamo con piacere, ma poi tra noi, li chiamavamo “quella gente”. Anche se ci vendevano il latte, se compravano la nostre verdure, se frequentavano le nostre case, i nostri salotti, le nostre tavole, noi eravamo “noi” e loro erano “loro”. Eravamo diversi, anche se erano i nostri vicini (breve pausa).
THOMAS (è molto in difficoltà) noi… dicevamo così, senza voler dire che… che eravamo migliori o che… e poi erano altri tempi. Oggi più nessuno direbbe queste cose. (con malcelata rabbia) E poi… e poi erano loro che si sentivano diversi da noi! Si, loro! Erano loro che stavano sempre lì a esibire la loro “superiorità”, la loro ricchezza. (la rabbia cresce) Abitavano alla porta accanto, si, ma come si comportavano con noi? Eh? Diciamo la verità: i loro figli frequentavano le nostre figlie, ma poi con chi si sposavano? Tra loro. Abitavamo nello stesso paese, si, ma chi ha avuto sempre le case più belle e le terre più grandi? Loro. Eravamo tutti amici, si, ma quando si trattava di fare affari con chi li facevano? Tra loro! Sempre tra loro! La verità è che non hanno mai fatto nulla per diventare uguali a noi! Questa è la verità. (lei ride forte, ma senza gioia. Stupito) Che hai da ridere?... Perché ridi?... (con rabbia) smettila!
JOANA (di nuovo seria) ma ti senti? sono le stesse parole che dicevi allora! 
THOMAS (colpito) non è vero!
JOANA le stesse identiche parole. Non è cambiato niente.
THOMAS ti sbagli!
JOANA i vestiti che indossi sono diversi, da grand’uomo, ma dentro sei rimasto lo stesso.
THOMAS non sai niente di quello che sono diventato! Mentre tu te ne stavi chiusa qui a fare la matta io ho sgobbato come un mulo! Per tutti e due! E ho fatto delle grandi cose: tra poco ci saranno le elezioni e io sarò candidato per…(si blocca) ma che ci parlo a fare con te, di queste cose!
JOANA hai ragione, è proprio inutile che me ne parli, perchè qualunque maschera tu abbia indossato, qui non serve a niente. Sei davanti a me, adesso, e io ti vedo. Sei tu, sei l'uomo che al centro della piazza distribuiva forche e bastoni. (pausa. Lui tace) Gli uomini si lanciarono di corsa verso i quattro angoli del paese. Tutti urlavano, correvano, esultavano. Sembravano impazziti. Io ero ferma a poche decine di metri da te, volevo dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte, ma tu urlavi come gli altri, più degli altri. Io non sapevo che fare, avevo paura.
THOMAS dovevi scappare a casa.
JOANA è proprio quello che tentai di fare, ma per strada vedevo tanta gente che cercava di scappare nei campi, mentre altri facevano la guardia per acchiapparli, e c’erano anche tanti ragazzini con i fischietti che appena ne vedevano uno fischiavano più forte che potevano e subito arrivavano uomini a cavallo con delle grosse mazze che li colpivano sulla testa.
THOMAS dovevano solo spaventarli, farli rientrare nel paese. 
JOANA poi mi sentii afferrare per il braccio: era il parroco... Come sta, il nostro buon parroco?
THOMAS è andato via sei mesi fa.
JOANA peccato. Era un bravo parroco, che ascoltava e aiutava sempre tutti. Aiutò anche me. Mi disse che ero pazza ad andarmene in giro da sola e mi portò in chiesa. Pensai di dire a lui che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte, ma quando entrammo c’erano alcune donne che aspettavano. Una di loro era la sarta che aveva cucito la giacca che tu indossavi quel giorno. Era una bella giacca, ti stava molto bene. Ce l’hai ancora?
THOMAS (da questo momento, con il procedere del dialogo le risposte di Thomas perderanno progressivamente forza e volume) si… ma non l’ho più messa.
JOANA (da questo momento il suo racconto diventa sempre più faticoso e doloroso) le donne in chiesa erano terrorizzate. Chiesero al parroco di aiutarle, di convincere gli uomini a fermarsi, ma lui rispose che non poteva fare niente perché i suoi fedeli lo avrebbero criticato. Lo supplicarono di avere pietà, di aiutare almeno donne e bambini, che erano innocenti. Lo dissero anche a me, mi chiesero di fermare gli assassini, ma parlavano anche di te e non potevo accettare che ti chiamassero assassino. Mio marito non era un assassino, era una brava persona che aveva sempre aiutato tutti, e glielo dissi. E gli dissi anche che se stava succedendo quello che stava succedendo voleva dire che se lo meritavano, che era il Signore che lo voleva… dissi proprio così: era il Signore che lo voleva… non sapevo come mi fosse uscito, me ne pentii subito. Guardai il parroco convinta che mi avrebbe rimproverata ma lui… lui mi mise una mano sulla spalla e mi disse: “proprio così”… “proprio così”, mi disse… Le donne piangevano, insistevano, ma il parroco le cacciò via, urlando che non aveva tempo da perdere e che ognuno aveva il dio che si meritava, e se il loro dio non era in grado di proteggerle allora era la prova che era un falso dio. Le cacciò via, anche la sarta, che mi guardava con gli occhi sbarrati, bianchi… Fu l’ultima volta che la vidi… Poi il parroco mi disse di andare a casa e di chiudermi dentro, ma io non potevo andare a casa perché dovevo ancora dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte. Allora ricominciai a cercarti. Fuori dalla chiesa vidi Wacek e Mietek, i due fratelli che avevano una piccola fattoria appena fuori il paese. 
THOMAS ce l’hanno ancora. La stanno ingrandendo. 
JOANA passavano di casa in casa insieme ad altri che non conoscevo, suonando fisarmonica e tamburi. Era una bella musica, la stessa che suonavano quando era festa, che a me piaceva tanto… Nessuno l’ha mai più suonata, dopo… i due ragazzi suonavano e gli altri trascinavano via delle donne e dei bambini che urlavano forte, ma la musica copriva le loro voci. E più quelle gridavano e più loro suonavano forte. Altri tre uomini stavano portando via il proprietario del mulino dove portavamo a macinare il grano. Lo tenevano per le ascelle e dalla testa il sangue gli colava sul collo e sul petto. Lui mi vide e mi gridò di salvarlo. Ma io che potevo fare? Gli risposi che non potevo fare niente, ma lui continuava a chiedermi di aiutarlo e io continuavo a dirgli che non potevo. Mi fece rabbia: perché continuava a chiedermi di aiutarlo quando era evidente che non potevo fare nulla? Lo trascinarono via. Lui continuò a guardarmi con la testa voltata e gli occhi sbarrati, bianchi, che mi imploravano, mi accusavano, fino a che non girarono l’angolo. Io ricominciai a camminare, ma non sapevo dove andare. Cercavo te, dovevo dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte. Poi vidi il calzolaio…
THOMAS Mierzejewski.
JOANA un brav’uomo… Lo vidi mentre stava… addosso al Giuditta, la figlia del maestro elementare che aveva insegnato a leggere a tutto il villaggio, anche a me.
THOMAS anche a me.
JOANA anche a Mierzejewski, e Mierzejewski le stava addosso, lei era a terra e lui sopra e… e la stava… (non riesce a finire la frase), e quando ebbe finito la strangolò con le sue mani… e io ero lì, lo vidi, e vidi gli occhi di Giuditta, bianchi, sbarrati, che mi chiedevano aiuto … ma che potevo fare?… Al padre di Giuditta, il maestro, tagliarono la testa in piazza, che era piena di persone che stavano lì a vedere i nostri vicini di casa che venivano insultati, picchiati, trattati come bestie... peggio che bestie… E vidi Stanislaw, il falegname, andava in giro con un uncino di ferro e colpiva nello stomaco e poi tirava via tutto. Ad Abraham, lo scrivano, prima di ucciderlo tagliarono la lingua. E poi uccisero anche Nathan, il panettiere: lo rincorsero, gli saltarono sulla schiena e gli spaccarono la testa a bastonate mentre Isaiah, il musicista, cercava di aiutarlo. A lui lo uccisro a martellate. E Marta e Agnieszka, le mogli di Nathan e Isaiah, le due sorelle - avevano vent’anni – erano lì, videro tutto, ma non cercarono di aiutare i loro mariti. Corsero dai figli appena nati, li presero in braccio, li portarono allo stagno e… li affogarono. Li annegarono con le loro mani pur di.. pur di non vederli… e poi si gettarono anche loro: Agnieszka andò subito a fondo. Marta, invece, non affondava, non era capace di uccidersi. Sulla sponda dello stagno i bambini le tiravano le pietre e c’erano tanti che ridevano, la insultavano, e lei non riusciva a uccidersi. Ma poi il corpo di suo figlio tornò a galla e lei… anche lei riuscì a scivolare verso il fondo. Corsi via di nuovo. Andai in giro per ore aspettando che finisse, ma non finiva mai. Sentivo urlare dappertutto. La testa mi scoppiava, era tremendo. E non ero ancora riuscita a trovarti, dovevo ancora dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte. Ma tu dov’eri? Avevo bisogno di te… e avevo paura di te, di quello che avrei visto. Ti cercavo e pregavo di non incontrarti… E poi si fece sera. Ero sola, da qualche parte in campagna, a piangere disperata, quando mi sentii chiamare: era Simon, il barbiere. Era scappato nei boschi e ora stava tornando a casa. Gli dissi di andar via, che avrebbero ucciso anche lui, ma lui rispose che no, era tutto finito, che aveva saputo che era arrivato l’esercito e aveva messo tutto a posto e non c’era più pericolo. Mi sorrise, mi disse che mi avrebbe aiutata e mi diede un fazzoletto. Lui, dopo quello che era successo alla sua famiglia, ai suoi amici, mi sorrideva e voleva aiutarmi! Lo ringraziai, mi asciugai le lacrime e lo seguii. In paese sembrava tutto tranquillo, per strada non c’era nessuno, sembrava che fosse tutto finito come Simon aveva detto e lui continuava a sorridere e a farmi coraggio, ma quando arrivammo in piazza era pieno di gente. Lo presero e cominciarono a picchiarlo, e ridevano, e dicevano che era arrivato un altro di quegli idioti che avevano creduto alla storiella dell’esercito. Lo trascinarono via e mentre lo trascinavano mi guardava con gli occhi sbarrati, bianchi, che mi chiedevano aiuto, ma che potevo fare?... Lo buttarono in mezzo agli altri che stavano lì, stretti insieme, abbracciati gli uni agli altri. Erano molti, trecento, quattrocento, forse di più. Erano quelli che erano rimasti, quasi tutti vecchi, donne e bambini. Li misero in fila per quattro e li fecero camminare in processione, e mentre camminavano dovevano cantare: "La causa della guerra siamo noi – la guerra si fa per noi". E intanto li picchiavano, gli lanciavano le pietre, gli sputavano addosso. E poi, alla fine, li spinsero tutti in un granaio, lo bagnarono con il cherosene e… e gli diedero fuoco. (il ricordo diventa sempre più doloroso) Diedero fuoco al granaio con tutta quella gente dentro. Li bruciarono vivi! Uomini, vecchi, donne, bambini, tutti! Le grida erano fortissime, orribili. (sempre più agitata) Scappai via, ma era inutile, quelle urla mi inseguivano dappertutto, mi perseguitavano, mi entravano nella testa, me la facevano scoppiare, e non potevo farci niente. 
THOMAS (ha visto la crescente, eccessiva agitazione della moglie) Joana…
JOANA e correvo, correvo, continuavo a correre, ma le grida continuavano a correre con me. Erano dentro di me, nella mia testa, e non mi lasciavano! (grida con sempre maggiore forza) Non mi lasciano! Basta! Andate via! Siete morti! Andate via!
THOMAS (le si avvicina e cerca di calmarla, inutilmente) Joana! Calmati!
JOANA (rivive quei momenti come se stessero accadendo adesso E’ in piena crisi) Basta! Vi prego! Smettetela di urlare. Io non vi ho fatto niente! non è colpa mia! 
THOMAS (c. s.) calmati… non fare così…
JOANA vi prego! Non potevo fare niente! non è colpa mia! Non è colpa mia! (un ultimo urlo) Non è colpa mia! 
THOMAS (la abbraccia e la stringe forte. Lei è appoggiata alla sua spalla, ma non sembra accorgersene) calmati, adesso… è tutto finito… calmati…
Per un periodo di tempo abbastanza lungo restano così, in silenzio, con Thomas che stringe forte a sé Joana, che si lascia stringere senza ricambiare e che, lentamente, ritorna in sé. 
JOANA la mattina dopo…
THOMAS (implorante) basta, ti prego. 
JOANA la mattina dopo faceva ancora più cado. (si stacca da lui, piano) Tornai al granaio ma tu non c’eri.
THOMAS (un mormorio) basta… basta…
JOANA io dovevo ancora dirti che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte. Al posto del granaio trovai solo un ammasso di… corpi. Quelli nella parte superiore erano irriconoscibili perché erano stati sfigurati dal fuoco, ma quelli che stavano sotto erano intatti. Vedevo i loro volti, li riconoscevo, e avevano tutti gli stessi occhi bianchi, sbarrati, gli stessi occhi di Jakob Kac, di Giuditta Ibram, di Simon il barbiere… Mi chiedevano di aiutarli... Ma che potevo fare, io? 
THOMAS basta, adesso… Basta.
JOANA in mezzo ai corpi c’erano molti uomini e donne, perfino dei bambini, che frugavano alla ricerca di soldi, oro, oggetti. Da una scatola caddero a terra alcune monete e tutti si lanciarono a raccoglierle, e si spingevano e litigavano e si insultavano tra loro. Altri uomini stavano usando asce e tenaglie e quello che trovavano per strappare i denti d'oro ai cadaveri. Poco dopo arrivò l’esercito tedesco. Ricordo ancora le facce dei soldati quando videro quello che era successo. Molti di loro vomitarono. Fu solo allora che ti rividi: stavi andando incontro ai soldati, a braccia aperte, sorridente e orgoglioso come al solito. Ti eri cambiato d’abito. Parlasti a un ufficiale, gli dicesti qualcosa che non riuscii a sentire. 
THOMAS (con un filo di voce) gli dissi che eravamo pronti ad accogliere con entusiasmo i nostri liberatori (pausa) E che il problema era già stato risolto.
JOANA e ti confermarono sindaco.
THOMAS ero l’unico che potesse farlo.
JOANA eri sindaco con i russi prima della guerra, sei stato sindaco con i tedeschi durante la guerra e sei di nuovo sindaco adesso, con i russi. 
THOMAS per aiutare la gente del mio paese. 
JOANA anche loro erano gente del tuo paese.
THOMAS (come per difendersi) loro… (rinuncia) era diverso.
JOANA poi mi vedesti, mi raggiungesti e mi urlasti contro… non me lo ricordo.
THOMAS ti chiesi dov’eri finita. Ero tornato a casa la sera prima e non ti avevo trovata. Ti cercai per tutto il paese, per ore, ma nessuno sapeva che fine avessi fatto. Ero molto preoccupato. Quella notte non chiusi occhio.
JOANA saresti riuscito a dormire se mi avessi trovata a casa? (lui non risponde) quella mattina, al granaio, tu mi parlavi ma io non ti ascoltavo. C’era una sola cosa che volevo sapere, allora, ma non avevo il coraggio di chiedertelo - Non l’ho mai più trovato quel coraggio - Ti guardavo e ti immaginavo… con un bastone in mano mentre… anche tu… (non riesce a terminare a frase. Lui non parla) ma tu non lo hai fatto, vero? Non puoi averlo fatto perché sei sempre stato un brav’uomo. Io lo so, sono tua moglie, tu sei mio marito e una moglie non può sbagliarsi… (quasi implorando che lui le dica “no”) Tu non lo hai fatto, vero?
THOMAS (abbassa la testa e resta in silenzio. Poi prova a parlare) io… io non…(le parole gli muoiono in bocca).
JOANA (ha ricevuto anche l’ultimo colpo. Un lungo silenzio) quella mattina, dopo averti tanto cercato, quando finalmente ti avevo di fronte, non ti dissi che il fabbro aveva ucciso il ragazzo del latte. (pausa. Adesso il dialogo recupera lentamente una certa normalità) Poi mi prendesti per un braccio e mi portasti a casa, qui, in questa stanza.
THOMAS e non ne sei più uscita. (pausa) Non potevo immaginare che tu avessi visto… questo… dovevo occuparmi di te, quel giorno. Sono stato uno stupido.
JOANA è vero che avete lasciato i corpi all’aperto per tre giorni?
THOMAS (non vorrebbe rispondere) Joana, non...
JOANA rispondi.
THOMAS nessuno voleva seppellirli, ma puzzavano troppo e bisognava farlo. Però erano così intrecciati che non si riusciva a separarli l’uno dall’altro. Allora siamo stati costretti a… non volevamo, ma abbiamo dovuto…
JOANA li avete fatti a pezzi.
THOMAS non c’era altro modo.
JOANA e li avete gettati in un fossato.
THOMAS li abbiamo seppelliti… ma erano troppi. Abbiamo dovuto usare un fossato.
JOANA (silenzio) erano 1600, in paese. Quanti se ne salvarono?
THOMAS sono andati via tutti.
JOANA non è questo che voglio sapere. 
THOMAS (pausa) sette.
JOANA (tra sé) sette.
THOMAS (silenzio) Quello che è successo è stato terribile, è vero, ma è troppo facile giudicare adesso. Ed è sbagliato. Allora era diverso, c’era la guerra ed eravamo tutti… eravamo come topi impazziti dalla paura. Ci sentivamo in trappola, vedevamo il nemico dappertutto e loro, con quel modo di fare – non voglio accusarli – ma con quel loro modo di fare sembravano una minaccia… Erano una minaccia! Non tutti, certo, ma molti erano davvero pericolosi: tramavano alle nostre spalle, ci sfruttavano, ci odiavano, ci avrebbero consegnato ai comunisti…
JOANA gli stessi che ci governano oggi?
THOMAS (spiazzato) no… cioè… allora non sapevamo come stavano le cose. Siamo sempre stati solo dei contadini, gente semplice che non si è mai interessata di politica. Cosa potevamo saperne, noi? Eravamo confusi, avevamo paura della nostra stessa ombra e loro non facevano nulla per… sarebbe bastato poco, anche solo un piccolo segno di buona volontà. Ma no, loro non volevano integrarsi! Non volevano… (vede che Joana lo fissa e si interrompe).
JOANA è colpa loro.
THOMAS (confuso) no, no. E’ nostra… cioè, no… non lo so, sono confuso. E’ passato tanto tempo… So solo che non doveva andare così. Noi volevamo solo dargli una lezione, non pensavamo…
JOANA (lo interrompe) tu sapevi quello che sarebbe successo.
THOMAS no!
JOANA mi dicesti di non uscire di casa per nessun motivo. 
THOMAS si, ma non lo sapevo! Credimi! Volevamo solo rimetterli al loro posto, ma poi… poi le cose sono andate diversamente... (con sicurezza) Noi non siamo criminali, Joana. Più di duemila persone che fanno lo stesso sbaglio non sono criminali. Duemila! Non due, non cento: duemila! Siamo brave persone, non abbiamo mai fatto male a una mosca, facciamo la carità tutte le domeniche. Siamo mariti, padri, figli. Siamo gente comune, onesta, che lavora e ha sempre lavorato. Non siamo né migliori né peggiori degli altri. La nostra unica colpa è stata quella di trovarci a vivere in un posto e in un periodo orribile, obbligati a fare delle cose orribili. Chiunque altro al nostro posto avrebbe fatto lo stesso.
JOANA ma non c’erano altri. C’eravate voi.
THOMAS noi, si… Oggi sembrano crimini, è vero, ma allora credevamo di dover difendere le nostre famiglie, i nostri beni. Avevamo paura di perdere tutto quello che avevamo di più caro. Abbiamo agito in buona fede.
JOANA (lo guarda, poi) che ipocrita che sei.
THOMAS (sorpreso) ipocrita?
JOANA si.
THOMAS Joana, io non ti permetto di…
JOANA (lo interrompe) credi ancora di potermi raccontare tutte le sciocchezze che ti passano per la testa?
THOMAS non l’ho mai fatto.
JOANA e questa è un’altra sciocchezza.
THOMAS non hai nessun diritto di insultarmi.
JOANA ti dico solo quello che sei.
THOMAS non sono un ipocrita.
JOANA e allora dimmi: di chi era la casa dove vivi oggi?
THOMAS cosa?
JOANA di chi era la casa dove vivi?
THOMAS perché?
JOANA rispondi.
THOMAS io non…
JOANA di chi era?
THOMAS (in fretta) era stata abbandonata, era in condizioni pietose. Ho dovuto rimetterla a nuovo, ho speso tantissimo per risistemarla... 
JOANA di chi era?
THOMAS (guarda sua moglie che continua a fissarlo, si ferma, poi rinuncia a cercare di giustificarsi) di Gross. Il medico. Ci abitava con tutta la sua famiglia. (lei lo guarda, lui distoglie lo sguardo, poi cerca ancora di giustificarsi, ma senza convinzione) Tutte le case rimaste vuote sono state occupate. E' normale. Anzi, è un bene, perchè se le avessimo lasciate vuote sarebbero andate in rovina. 
JOANA e le terre?
THOMAS le terre?
JOANA (incalzante) e gli animali?
THOMAS Joana…
JOANA i buoi, i maiali, le galline, le pecore? E le stalle? E gli attrezzi? E I gioielli? I bracciali, le collane, gli anelli, i diamanti? E le macchine? E il denaro? 
THOMAS (la interrompe, con rabbia) ci siamo divisi tutto! Va bene? Tutto! E' questo che vuoi sentirti dire? E’ così. (pausa) Che dovevamo fare? Buttare via i gioielli, mandare le terre in rovina, lasciar morire gli animali, bruciare il denaro?
JOANA siete stati costretti a diventare ricchi.
THOMAS non si poteva più tornare indietro.
JOANA non si può mai farlo.
THOMAS ma non ho toccato nulla della roba del medico. Ho venduto tutto ad un… (si rende conto di quello che sta dicendo e si ferma, a disagio) La situazione era quella che era. Ci siamo adattati. 
JOANA nessuno verrà a lamentarsi. (una lunga pausa. Lei lo guarda) riesci davvero a non sentire le loro voci?
THOMAS (a disagio) cosa dovrei rispondere, secondo te?
JOANA si o no.
THOMAS (deluso) si o no… E bianco e nero, bene e male... Solo tu ci credi ancora.
JOANA rispondi.
THOMAS tu parli di un mondo che non esiste più…
JOANA niente scuse.
THOMAS … in un linguaggio che non ha più senso. 
JOANA rispondi!
THOMAS (con rabbia) non posso! Capisci che non posso?... Questa stanza non è quello che c'è fuori, Joana. In tutto questo tempo tu hai vissuto in una torre d’avorio. Hai conservato le tue mani pulite, la tua morale da chierichetto, e adesso vuoi una risposta che ti permetta di continuare a separare i buoni dai cattivi, con te da una parte e tutti noi dall’altra. Si o no, bianco o nero: non è così che funziona.
JOANA voglio solo una risposta.
THOMAS e io invece ho una domanda.
JOANA rispondi! Voglio la verità! Voglio che tu mi dica se davvero…
THOMAS (alza la voce e la interrompe) perché ti sei rinchiusa qui dentro?
JOANA (tace di colpo, stupita dalla domanda, poi) che vuoi dire?... lo sai perché. 
THOMAS io si. Ma tu?
JOANA che significa?
THOMAS che tra tutte le scelte che avresti potuto fare - denunciarmi, chiedere il divorzio, tornare da tua madre, scappare via il più lontano possibile da questa palude, gettarti dal balcone – hai fatto la più inutile: chiuderti in una stanza, seppellirti viva. Hai scelto di non scegliere. Perchè? (Joana resta in silenzio) Non rispondi?... Te lo dico io: per essere libera.
JOANA (ride, stupita) libera? (indicando la stanza) qui?
THOMAS si.
JOANA credevo di essere io la pazza.
THOMAS libera da ogni colpa.
JOANA dici cose senza senso.
THOMAS libera di non dover mai scegliere, mai sbagliare, mai pentirti, mai restare sveglia la notte a tormentarti per un errore a cui non c’è rimedio.
JOANA non è vero.
THOMAS è quello che hai sempre voluto.
JOANA non è vero!
THOMAS si che è vero! Chi ti ha permesso di restare qui dentro per tutto questo tempo? Chi ti ha tolto tutte le responsabilità?
JOANA che stai dicendo?
THOMAS che non ti sei rifugiata in questa stanza, Joana, ma nella tua purezza.
JOANA (cerca di mettere fine alla discussione) sono stanca. Non voglio più ascoltarti (fa per andar via, ma Thomas la afferra e la blocca).
THOMAS (con rabbia e con molta foga) Nella tua purezza, si! Tu dovevi restare immacolata. Sempre!
JOANA lasciami.
THOMAS tu stessa lo hai detto: non hai mai voluto sapere niente di quello che facevo. Perchè?
JOANA lasciami!
THOMAS perché?
JOANA tu non mi dicevi niente.
THOMAS tu non chiedevi mai! Sarebbe bastata una tua parola e ti avrei detto tutto. 
JOANA e io ti avrei ascoltato.
THOMAS no, invece! Tu non volevi sapere niente! Ti sei mai chiesta da dove arrivavano i soldi che ti permettevano di comprare i vestiti all’ultima moda, gli orecchini di perle, le tazze di porcellana? No! Li prendevi e basta. E ogni settimana una nuova richiesta, sempre più alta, sempre più alta. Eppure sapevi che non ero ricco.
JOANA dicevi che potevamo permettercelo.
THOMAS ma come? Dove prendevo i soldi?
JOANA sapevo che eri onesto.
THOMAS onesto? Che vuol dire “onesto”? Che non rubavo?
JOANA non lo so. Lasciami!
THOMAS o che rubavo senza farmi scoprire? Perchè tutti credevano che non avrei mai rubato, che un sindaco non ruba, non un sindaco come me.
JOANA hai rubato?
THOMAS ti importa?
JOANA non dopo quello che hai fatto.
THOMAS ti importava, prima?
JOANA mi fidavo di te.
THOMAS (con sempre maggiore rabbia) no! Tu non volevi sapere! E nemmeno di tutto il resto hai mai voluto sapere niente. E nemmeno di loro! E dei comunisti, dei nazisti, degli operai, dei contadini, degli industriali, perché non ti è mai importato niente di niente!
JOANA non è vero. Lasciami!
THOMAS ho sempre deciso tutto io, per te.
JOANA eri tu che volevi così.
THOMAS tu lo volevi! Perché ti faceva comodo! Perché sapevi che il mondo fa schifo e non puoi toccare niente senza sporcarti le mani. E tu hai lasciato che fossi io a sporcarmele per te. Per la tua purezza!
JOANA (urla) lasciami!
THOMAS (la spinge via, contro il letto. Poi, con calma) Ed eccola qui la tua purezza (indicando la stanza). Eccola (intanto Joana si siede sul letto, di spalle a Thomas). E’ tutta qui dentro. Questa stanza sei tu. Fuori è marcio, ma qui no. Noi siamo marci. Ma tu no.
JOANA (con voce debole) vattene via.
THOMAS ti sei circondata di pazzia, ti sei rinchiusa in una fortezza inespugnabile fatta di candele profumate e canzoncine stupide. E hai coccolato il tuo dolore come fosse tuo figlio, lo hai fatto crescere dentro di te fino a farlo diventare abbastanza grande da sostenere da solo tutta la tua purezza. E adesso puoi specchiarti nella nostra colpa e tirartene fuori più candida di prima, per continuare a vivere leggera e libera a due metri da terra. Ma nessuno è mai veramente libero, Joana. Per ogni cosa c’è un prezzo da pagare. E se non paghi tu qualcun altro dovrà farlo al posto tuo. E per te l’ho fatto io. Lo abbiamo fatto tutti.
JOANA (c. s.) non ho mai chiesto niente a nessuno.
THOMAS noi non abbiamo avuto nessuno che ci portasse da mangiare, che ci curasse, che ci vestisse.
JOANA (c. s.) non te l’ho chiesto io.
THOMAS noi non abbiamo potuto fuggire via, chiuderci in una stanza e lasciarci impazzire. Noi abbiamo dovuto continuare a vivere lì fuori! E marcire! Riesci a immaginare quello che abbiamo dovuto sopportare, in tutto questo tempo? Eh? (ormai in una specie di delirio) Riesci a immaginare il peso che abbiamo dovuto portare? E fare i conti con il nostro passato giorno dopo giorno, e tenerlo dentro di noi, e rivedere i loro volti, sempre gli stessi, e risentire le loro urla e riassaporare il loro sangue ogni volta più amaro e più caldo, e impugnare ogni sera le stesse forche, gli stessi bastoni, e colpire di nuovo sempre negli stessi punti, e di nuovo, e di nuovo, e di nuovo! e ogni notte bruciare in quel rogo insieme a loro e svegliarsi ogni mattina ancora vivi, condannati a essere vivi, e ripetere ogni volta “che cosa abbiamo fatto?”… 
JOANA (intanto si distende sul letto, con il volto sul cuscino. La voce è poco più di un fiato) basta… 
THOMAS “che cosa abbiamo fatto?”
JOANA ti prego…
THOMAS e sapere che più niente sarebbe mai stato come prima e non poterne parlare con nessuno e vedere riflessa negli occhi di ogni singolo abitante di questo buco di mondo l’immagine della tua colpa, della colpa di tutti noi. Abbiamo passato settimane, mesi, anni a cercare un’assoluzione che nessuno poteva darci. E quando non ne abbiamo potuto più, quando abbiamo capito che se non fossimo andati avanti saremmo sprofondati in un pozzo senza fondo e senza uscita e condannati a ripetere ogni giorno lo stesso giorno, allora ce la siamo dati da soli l’assoluzione. (breve pausa) E amen. 
JOANA (piange silenziosamente e a lungo, poi volta leggermente la testa verso il marito. E’ stravolta, la voce è molto debole e rotta dal pianto) adesso rispondi alla mia domanda, per favore?
THOMAS si. Io non sento più nessuna voce.
JOANA (breve pausa. Poi, come tra sé, mentre volta di nuovo la testa verso il cuscino) tutto si paga.
THOMAS (si avvicina alla moglie e siede accanto a lei, sul letto. Le posa una mano sulla spalla, poi le parla con sicurezza e dolcezza) Oggi è tutto diverso, Joana. Siamo tutti diversi. Adesso che sono tornati i russi c’è grande fiducia nel futuro: tutti insieme stiamo costruendo una nuova società, una società in cui cose del genere non succederanno mai più, una società molto più giusta, in cui saremo tutti liberi e uguali, in cui ognuno darà secondo le proprie capacità e a ognuno sarà dato secondo i propri bisogni. E’ il futuro del mondo, questo, e siamo noi che lo stiamo costruendo... Sembra brutto dirlo, ma la guerra è stato un bene, perché ha azzerato tutto e ci ha dato l’opportunità di ripartire da capo. Abbiamo fatto degli errori, è vero, li abbiamo fatti tutti, ma non possiamo farci rovinare la vita per questo.
JOANA (si volta, sincera) che bella parola che hai usato: “errori”. 
THOMAS è di questo che si è trattato.
JOANA (ripete tra sé) errori… Quello che è successo è stato solo un errore, come in un compito di matematica.
THOMAS uno sbaglio.
JOANA una cosa banale, che si può correggere con un tratto di penna.
THOMAS dipende da noi.
JOANA (si solleva sul letto) allora è così che bisogna fare per dimenticare?
THOMAS per ricominciare.
JOANA si tratta di trovare le parole giuste.
THOMAS (le asciuga le lacrime) di chiamare le cose con il loro nome.
JOANA né bianco né nero, né buoni né cattivi?
THOMAS solo uomini.
JOANA non sembra difficile.
THOMAS non lo è. E io posso aiutarti. Tutti noi possiamo aiutarti.
JOANA forse davvero non ho mai fatto altro che fuggire. 
THOMAS possiamo ripartire da zero.
JOANA (tra sé) ripartire da zero.
THOMAS si.
JOANA mi sento così stanca.
THOMAS ci vorrà solo un po’ di tempo. Il tempo guarisce tutte le ferite.
JOANA restano le cicatrici.
THOMAS ma non fanno più male. Non possiamo vivere nel passato. Dobbiamo guardare avanti.
JOANA guardare avanti.
THOMAS qualunque cosa sia successa, per quanto orribile sia stata, adesso non ci riguarda più.
JOANA ma io so che c’è stata.
THOMAS la dimenticherai, come abbiamo fatto tutti.
JOANA (con speranza) è possibile?
THOMAS si, se torni con noi.
JOANA vorrei tanto riuscire a dimenticare.
THOMAS ci riuscirai.
JOANA voglio cancellare tutto.
THOMAS non resterà niente.
JOANA voglio essere una donna come tutte le altre.
THOMAS lo sarai.
JOANA voglio andare a messa la domenica, avere un cane e un gatto e innaffiare le piante in giardino e far crescere i fiori.
THOMAS lo faremo insieme.
JOANA e non voglio più avere incubi.
THOMAS non sognerai più.
JOANA e le voci?
THOMAS non le sentirai più.
JOANA smetteranno di urlarmi nella testa?
THOMAS faranno silenzio.
JOANA e i loro occhi si chiuderanno?
THOMAS per sempre.
JOANA ma l’aria? come potrò dimenticare se l’aria continua a pesare?
THOMAS è solo qui dentro che è così. Fuori è limpida, fresca.
JOANA leggera?
THOMAS puoi vederlo tu stessa (va ad aprire la finestra).
JOANA (corre a fermarlo) no! Fermo! 
THOMAS (le prende la mano. Lei ha una piccola reazione a quel contatto, ma non si sottrae) Non ti preoccupare (Lui apre la finestra, una luce molto bianca entra nella stanza. Lei si allontana, impaurita). Vieni (lei non si muove). Vieni, non aver paura.
JOANA (si avvicina piano alla finestra e guarda fuori) avevi ragione. (gli prende la mano) quest’aria non ha peso… (felice) E’ bellissimo.
THOMAS e lo sarà ancora di più quando saremo fuori. (va a prendere il soprabito e glielo porge per farglielo indossare) Vieni, usciamo (Lei ha un attimo di incertezza, poi indossa il soprabito. Thomas la aiuta con dolcezza, poi le sorride e le prende la mano). Vieni (si avviano alla porta).
JOANA (si ferma, è ancora impaurita) aspetta!
THOMAS che c’è?
JOANA io… non credo di essere pronta.
THOMAS ma si che lo sei. Fidati di me.
JOANA forse potrei restare qui un altro po’ e intanto…
THOMAS no, Joana. Non possiamo più permettere che tu resti qui.
JOANA non potete? Chi?
THOMAS noi.
JOANA noi chi?
THOMAS tutti.
JOANA (non capisce) come tutti? Che c’entrano gli altri?
THOMAS abbiamo deciso insieme di lasciarti qui.
JOANA che vuol dire?
THOMAS tu ci sei servita, Joana.
JOANA servita?
THOMAS si, come il santo serve al peccatore: a ricordargli i propri peccati. In tutto questo tempo il tuo isolamento è stato come una specie di monumento alla nostra colpa. Giorno dopo giorno le pareti di questa stanza ci hanno ricordato che avevamo dei debiti da pagare, e il profumo delle tue candele era il veleno della nostra pena. Ma oggi abbiamo pagato, i debiti sono estinti, le candele si devono spegnere.
JOANA (tra sé) vi sono servita.
THOMAS non puoi più restare qui.
JOANA (guarda il marito, poi con amarezza) no, non posso più.
THOMAS è tempo che tu ritorni in mezzo a noi, uguale a noi.
JOANA (con un misto di felicità e rassegnazione) uguale a voi... si.
THOMAS abbiamo già un altro monumento. 
JOANA (stupita) che monumento?
THOMAS la memoria va conservata per il futuro. E’ a questo che serve la storia, no? A imparare dai nostri…
JOANA (lo anticipa) errori (è incerta se abbia detto bene).
THOMAS (le sorride) si, errori. (lei sorride soddisfatta) E noi abbiamo imparato. Tutti insieme abbiamo voluto rendere omaggio ai nostri concittadini sfortunati: abbiamo fatto erigere al centro del paese una bellissima scultura, enorme, tutta di bronzo, su cui abbiamo fatto incidere i nomi di tutti i morti di quel giorno e poi, al centro, abbiamo fatto apporre una grande lapide, così che tutti possano sapere quello che è successo ed evitare che si ripeta.
JOANA che c’è scritto sulla lapide?
THOMAS che durante la guerra, nel nostro paese, 1600 ebrei sono stati trucidati dai tedeschi.
JOANA (confusa) dai tedeschi?
THOMAS si.
JOANA (debolmente) ma come? Non sono stati loro.
THOMAS sono stati i tedeschi. In fondo per loro qualche centinaio in pi o in meno non cambia niente. Ma per noi è diverso, perché noi, in questo paese, siamo tutti brave persone, ottimi vicini di casa. E il monumento ce lo ricorda ogni giorno.
JOANA e quello che ricordo io?
THOMAS (apre la porta) lascio la porta aperta...
JOANA quello che ricordo io?
THOMAS … sono solo pochi passi.
JOANA (con decisione) quello che ricordo io?
THOMAS (la guarda, poi) non è mai successo (breve pausa, poi le sorride ed esce).
JOANA (tra sé) non è mai successo… (Si guarda intorno) è stato solo un brutto sogno, un delirio, perché sono un po’ esaurita… ma adesso sto meglio, sto guarendo… E anche questa puzza di cadavere, non la sento già più. Non esiste… Non è mai esistita. (si volta a guardare la porta, incerta. Si spengono le luci).

SIPARIO

Nota dell’autore: il racconto di Joana si basa sui fatti realmente accaduti a Jedwabdne, in Polonia, nel ’43, così come la lapide che ricorda una falsa memoria. Anche questa, purtroppo, non è una mia invenzione.

Roma, Aprile 2004 - gennaio 2005