PISCIO

di Nicolò Sordo

© 2022. Tutti i diritti riservati

 

 

PERSONAGGI

Io.
Maria.
Il figlio.
Ida, la figlia.
Piuma, il giardiniere.
La receptionist.

 

 

Avevo già pagato. E non rimborsavano, con così poco anticipo.
Mi sono ritrovato al quarto piano di un hotel in montagna che avevo prenotato per me e la mia famiglia. Non sapevo neanche dove fossi.
Faceva buio e iniziava a nevicare.
Per fortuna c’è Google Maps.
Ho aperto la finestra e ho guardato di sotto.
Se mi buttavo da lì era la fine, mi sarei spappolato in mezzo alla neve e chi s’è visto s’è visto.
Quanto ci sarebbe voluto prima che rimettessero insieme i miei pezzi?
Un gran divertimento. Meglio dei pupazzi di neve.
Ho richiuso la finestra perché l’aria era fresca e ho pensato che dopotutto la vita era bella e the show must go on.
Mi è arrivato un messaggio di Maria.

MARIA ~ Dove sei, squilibrato? Torna qui. Stanno piangendo tutti.

Ho messo il telefono in modalità aereo e sono sceso per la cena.
Mi deprimeva vedere le altre famiglie agli altri tavoli, tutte quelle coppie con dei bambini.
Quegli strani schiamazzi che fanno i cuccioli, che ti sembra che ti diano fastidio ma in realtà ti fanno un sacco compagnia.
Mi giravano intorno e mi sorridevano. Avevo l’aria di un buon padre o cosa?
Ero l’unico, nella sala ristorante, che non aveva nessuno.
Anche i camerieri avevano pietà di me, nonostante ci detestassero tutti con una certa imparzialità.
Ma a dirla tutta, seduto al mio tavolo, a mangiare da solo, facevo la mia porca figura.
Innescavo l’immaginazione delle mamme e raccoglievo qualche sguardo conturbante.
Ma era una forma d’elemosina.

 

FIGLIO ~ Papà, suonaci una canzone.
IDA ~ La canzone! La canzone!
MARIA ~ Lo sapete che papà non suona più.
FIGLI ~ Vogliamo la canzone! Vogliamo la canzone!

Stavo facendo un rendering al PC, mentre i bambini giravano intorno all’albero di Natale di un verde brillante con sotto i regali pronti da scartare. Mi erano costati un patrimonio, quei regali.

FIGLIO ~ Jingle Bells! Jingle Bells!

Sulle prime ho fatto finta di non sentire. Ho gettato un occhio alla chitarra che mi guardava in un angolo con aria triste, come una moglie trascurata.
Ida venne a tirarmi per la manica.

IDA ~ Dai, papà! Solo una volta.

Quando Ida vuole qualcosa da me, con quel suo sorriso, riesce sempre a convincermi.
Così ho preso in mano la chitarra, ho fatto due accordi.
I miei bambini erano contenti.
Poi ho spaccato la chitarra, come fossi Kurt Cobain.
I bambini piangevano.
La verità è che non ero Kurt Cobain: ero una testa di cazzo.
E quelli che nascono teste di cazzo rimangono teste di cazzo per tutta la vita.

MARIA ~ Ma tu non stai bene! Dove vai?

Prima che Maria iniziasse a graffiarmi, mi sono chiuso in bagno.
Ho riempito la vasca di acqua bollente, ma ero senza fucile a pompa.
La mia solitudine di sempre sotto le feste è peggio tollerata che negli altri periodi dell’anno.
Voi non avete un’idea di come odio io le feste, non ne avete proprio un’idea.

 

Sono uscito dall’hotel e per strada non c’era un cane.
Sono tornato in camera: mi hanno depresso tutti quei letti intatti e puliti.
Mi sono messo alla ricerca di qualche forma organica, di una macchia sulle lenzuola.
Era tutto perfetto, in ordine.
Avevo già sfondato il frigobar, non c’era più niente che potesse darmi un po’ di conforto.
Davvero quella stanza solo per me era troppo grande, come un intero aeroporto.
Ho aperto la tavoletta del cesso: non c’erano voli in partenza.
Se fossimo stati in Trainspotting sarebbe stato meglio: mi sarei tuffato a farmi una nuotata e, quando sarei riemerso, mi sarei trovato con tutte quelle buone droghe.
Avevo qualcosa con me, ma niente di che. Anche i pusher, sotto le feste, erano in vacanza.
Fissavo il riflesso delle mie parti intime nell’acqua del cesso.
Da giorni non mangiavo bene, non dormivo e cagavo poco e male.
Scoreggiavo di continuo, nei posti più improbabili e alle cene di lavoro.
Me n’erano toccate un sacco, di queste cene di lavoro, in questo periodo di merda che stavo passando.
Era l’ultima notte dell’anno, grazie a dio. Il peggio poteva essere passato.
Sono tornato a guardare giù dalla finestra: ho fatto due conti, mi sono reso conto che ero al terzo piano e non al quarto, ma comunque non avrei avuto speranze di sopravvivere.
Tanto meglio.
Ma chi ce l’ha il coraggio di fare una cosa del genere non sono io. Di certo non stasera.
Nessuno sapeva che ero lì.
Non sapevo chi chiamare.
Avevo una storia con una ragazza francese molto più giovane di me che ascoltava tutti quei cantautori che non ero mai diventato.
Una storia di sesso, ma pur sempre una storia.
Non mi andava di chiamarla perché era in Francia e non sarebbe venuta.
Sicuramente se la stava spassando e faceva bene.
Con che diritto potevo essere geloso? Aveva tutta la vita davanti.
Far perder tempo a una del genere è peggio che rubare.
Così ho chiamato il mio giardiniere.
Era tardi, ma ha risposto subito.

GIARDINIERE ~ Dopo le feste vengo. Sei il primo, ti prometto che sei il primo.
IO ~ Auguri anche a te.
GIARDINIERE ~ Lo sai che ho bisogno, non chiamare un altro.
IO ~ Lo devo chiamare. La mia compagna vuole il giardino. I bambini vogliono giocare in giardino. Il cane vuole il giardino.
GIARDINIERE ~ Il tuo cane sta crepando.
IO ~ Tutte agli altri le fortune.
GIARDINIERE ~ Quello dei tuoi clienti l’ho sempre fatto.
IO ~ E il mio no. Solo perché è gratis.
GIARDINIERE ~ È colpa mia se sono pieno di lavoro?
IO ~ Calmati, Piuma. Ora calmati.

Il Piuma ha bestemmiato piano nel telefono.
Ho pensato che fosse al buio, nella stanza da dove stava chiamando.
Non so perché lo chiamassero così e non mi importava niente di lui.
In quel momento pensavo solo che mi doveva un favore.

IO ~ Dove sei?
PIUMA ~ Sono a letto.
IO ~ Ma lo sai che giorno è oggi?
PIUMA ~ No.
IO ~ È l’ultimo.
PIUMA ~ Mi ero dimenticato.
IO ~ Tutte quelle medicine ti rincoglioniscono.

Si era fatto beccare con non so quanta coca in corpo ed era finito in comunità di recupero.
Dal meccanico, insomma.
L’avevano recuperato così bene che, dalla dipendenza da cocaina, era passato alla dipendenza da psicofarmaci. Se volete sapere la mia, odio anche le comunità di recupero.
Gli educatori sono dei tonti fuoriusciti dall’Azione Cattolica. Tanti ci si impiccano. Lui aveva rimediato una martellata sulla mano mentre facevano l’orto.
Ed era uno di quelli a cui era andata meglio. Gli avevano rovinato la vita, quegli stronzi.
Aveva dovuto congelare la Partita IVA per sei mesi come si congela lo sperma dei donatori, e come avevo congelato i miei esami all’università prima di decidermi a diventare ingegnere.
Lo sapete cosa vuol dire, per un libero professionista, stare fermo sei mesi?
Non ho mai capito perché ci chiamano “liberi professionisti”. Di libero non abbiamo proprio niente.
Ora che il Piuma era uscito, l’avevo rimesso nel giro. Era grazie a me se aveva ancora un lavoro.
Non l’ho mica fatto per volontariato, ma per bisogno di comprensione.

 

Mi ricordo il pomeriggio che è venuto a pregarmi in ginocchio. Non ci conoscevamo neanche. Ho ricevuto una telefonata da un numero sconosciuto.

PIUMA ~ Mi scusi, è lei l’ingegnere?
IO ~ Sì sono io.
PIUMA ~ Ho trovato il suo numero su Facebook. Possiamo vederci?
IO ~ Va bene.
PIUMA ~ Ma possiamo vederci subito?

Erano le sette di sera e ho pensato che poteva essere l’ora buona per farmi un aperitivo.
Ci siamo visti al bar. Si è presentato in ritardo, sporco di terra dalla testa ai piedi.
Per la fretta di venire a parlare con me, era caduto dalla scala aerea.
Ha esordito così:

PIUMA ~ Sono nella merda.
IO ~ Si vede.
PIUMA ~ Mi hanno detto che lei è un tipo a posto. Che capisce certe cose.
IO ~ Dipende da quali cose.
PIUMA ~ E che ha tanti lavori per le mani.
IO ~ Be’, dopo la pandemia qualcosa si muove.

Ha tirato fuori il cellulare, galleria immagini e, in mezzo a GIF porno, è riuscito a trovare delle siepi ben fatte e degli ulivi tagliati come dio comanda.

PIUMA ~ Guarda che bello che è. Che forma che gli ho dato. Guarda questo prato.

Avevo aperto un paio di concerti importanti, ma nella mia breve carriera nel mondo dei cantautori non avevo mai incontrato artisti veri, non c’era un Faber in circolazione.
Be’, lui, il Piuma, in quello che faceva era un artista.
Era il Le Corbusier dei giardini, l’Einstein degli impianti di irrigazione.

IO ~ E come mai uno bravo come te non ha niente da fare?
PIUMA ~ Ho avuto dei problemi. Sono stato via.
IO ~ Via dove?
PIUMA ~ Storia lunga, ma adesso sono qui.
IO ~ Sei pulito?
PIUMA ~ Devo solo andare a pisciare ogni tanto.

Abbiamo contrattato sul prezzo.
Si è fatto pagare un po’ meno. Mi ha promesso di farmi il giardino in omaggio.
Con gli ecobonus e gli incentivi avevo in ballo parecchie nuove case e ristrutturazioni.
Compresa la mia. Dopo che ho chiesto alla mia compagna di abortire il nostro terzo figlio, mi sentivo in colpa e volevo farle un regalo. Ho sistemato la casa in tempi record. Bellissima.
Tutti i giardini li avevo dati da fare a lui. E mancava il nostro.
Non avevo rapporti con Maria da sei mesi. Era più facile dare la colpa al giardiniere che a me.

 

IO ~ Dai, vieni qui a fare il conto alla rovescia.
PIUMA ~ Ma mi avevi detto che eri in vacanza in montagna con la famiglia.
IO ~ Sono in montagna. Ma da solo.
PIUMA ~ E perché?
IO ~ Abbiamo litigato.
PIUMA ~ Perché?
IO ~ Non sono cazzi tuoi.

Avrete già capito che non era una cima.
Ma, come tanti tossici che sono capitati su e giù per la mia vita, era una persona di cuore.

PIUMA ~ Gentile.
IO ~ Ti mando la posizione. Vieni qui. Non ci metti mica tanto.
PIUMA ~ Sono a letto. Ti ho detto che sono a letto.
IO ~ Mi devi un giardino.
PIUMA ~ Stronzo.
IO ~ E portami qualcosa. Sono a secco.

Ho lanciato il mio SOS. Ho messo giù e ho sperato che avesse così tanta paura di perdere il lavoro da uscire dal letto, vestirsi, rimediare da qualcuno un pezzo e venire a soccorrermi.
Dovevo sperare che lungo la strada non ricominciasse a farsi.
Non avrebbe più dovuto vederla neanche in un film, la cocaina. Non doveva parlarne.
Era meglio se non ci pensava troppo, insomma.
Non sapevo neanche se aspettarlo o no.
Non sarebbe di sicuro venuto perché era mio amico.
Anche se sapeva tante cose di me, non eravamo amici. Non avevo più amici.
Avevo quasi quarantaquattro anni e la mia vita faceva schifo.
Un egoismo estremo mi era caduto addosso come un meteorite.
Ci stavo male perché in passato avevo creduto in un mondo migliore.
Da cantare Fabbricando case a finire nella canzone con tutti e due i piedi è stato un attimo.
Mi sentivo vuoto dentro il cuore.
Sono così, le canzoni di Rino. Guai a voi se le cantate. Poi si avverano.

 

Mi ero steso sul letto e avevo preso sonno per miracolo.
Mancavano dieci minuti a mezzanotte.
Mi hanno svegliato i botti, il rumore di un camion che ho riconosciuto dal clacson e una telefonata dalla reception.

RECEPTIONIST ~ C’è qualcuno per lei.
IO ~ Lo faccia salire.

Era tutto così improbabile, ma era accaduto.
Ho aperto la porta al Piuma e non mi ha detto neanche ciao.

PIUMA ~ Almeno ce l’hai un piatto?
IO ~ Ho tutto.
PIUMA ~ Nevica e non si vede un cazzo a un metro. Ne avevi altri di posti dove andare in vacanza?

Ha preso un bel sacchettino di coca dalla tasca, l’ha svuotato nel piatto, con la patente e la carta di credito l’ha rimestata un po’. Erano quattro grammi. Avrei avuto un bel batticuore. Mi avrebbe fatto un bel po’ male il braccio. Mi fa male quando esagero.

PIUMA ~ Guarda che bel pezzo che t’ho preso. La migliore che aveva il marocchino in stazione.
IO ~ Grande, Piuma.

Ero un egoista di merda a chiedere a uno che avevano tirato fuori per i capelli dalle droghe dopo un TSO di andare a comprarmi quella roba.

PIUMA ~ Ora però non mi togli il lavoro.
IO ~ Stai sereno. Quanto ti devo?
PIUMA ~ Offro io. Basta che non chiami un altro.
IO ~ Non lo chiamo.
PIUMA ~ Mi farei una riga anch’io, giusto per festeggiare. Posso?

Stavo aspettando che me lo chiedesse.

IO ~ Fai come ti pare. Ma poi come ci vai al SerT a pisciare?
PIUMA ~ Compro il piscio di un altro. Sai a quanto lo vendono, il piscio?
IO ~ No.
PIUMA ~ Quanto questa merda. 200 Euro una pisciata pulita.
IO ~ Però. Meglio che ci stai lontano. Passamela.
PIUMA ~ Aspetta, te la preparo. Accendi la Tv che facciamo il conto alla rovescia.

C’era una trasmissione con Amadeus, che è sempre molto sorridente. Mancavano quaranta secondi.
Il Piuma ha tracciato dei segni nel piatto e ha scritto “2022” con la cocaina.
Mi ha guardato, credendosi furbo, e ha fatto quella sua risata strozzata da tossico.

PIUMA ~ Quanto manca?
IO ~ Dieci secondi.
PIUMA ~ Conta.
IO ~ 9.
PIUMA ~ 8.
IO ~ 7.
PIUMA ~ 6.
IO ~ 5.
PIUMA ~ 4.
IO ~ 3.
PIUMA ~ 2.
IO ~ 1…
PIUMA ~ Buon anno, capo!
IO ~ Buon anno.

Mi ha stretto la mano e mi ha abbracciato.
Ho silenziato il programma alla Tv e ho messo della musica che mi piaceva.
I cantanti e le ballerine nello schermo boccheggiavano e si affannavano come i pesci che ogni tanto il Piuma prende al laghetto, nel tempo libero.
In comunità gli educatori dell’Azione Cattolica gli hanno insegnato che deve avere degli hobby.
In mancanza di fede, ha iniziato ad andare a pesca. Carpe, trote belle grosse.
Ho arrotolato una banconota da 50, ho tirato in un solo colpo tutto il 2 del 2022 e ho buttato la testa all’indietro, premendomi la narice.

PIUMA ~ Com’è?
IO ~ Cazzo, che buona…
PIUMA ~ Goditela. È il tuo regalo.

Ho tirato metà 0 del 2022.

PIUMA ~ Vacci piano, che muori.
IO ~ È troppo buona.
PIUMA ~ Questa non ti fa smascellare neanche se vuoi. È di fiducia, il tipo che me l’ha data.
IO ~ Ho voglia di scopare, adesso.
PIUMA ~ A chi lo dici. Fammela provare, dai.
IO ~ Stai lontano.
PIUMA ~ Dai, per una riga. In tre giorni sparisce dalle urine.
IO ~ Se vuoi lavorare con me, ti voglio pulito.
PIUMA ~ Prenderò esempio da te.

E anche l’altra metà dello 0 del 2022 è sparita dal piatto ed è finita nel mio naso.
Stavo andando troppo in fretta. Il cuore ha cominciato a battermi forte e il braccio a farmi male.
Avevo paura di morire. Credo che è per questo che la gente si droga così tanto. Per avere paura.

PIUMA ~ Almeno dammi qualcosa da bere. Non posso star qua a guardarti. O pippo anch’io o se no devo bere.
IO ~ Chiama giù in reception, ordina quello che vuoi. Qui ho finito tutto.

Così il Piuma si è seduto sul letto, dove uno dei miei figli avrebbe dovuto dormire felice dopo aver giocato a palle di neve, e ha alzato il telefono dell’hotel.

RECEPTIONIST ~ Desidera?
PIUMA ~ Una bottiglia di Prosecco, per favore.
RECEPTIONIST ~ Preferenze?
PIUMA ~ Quale vuoi?
IO ~ Quello che costa meno.
PIUMA ~ Quello che costa meno.
RECEPTIONIST ~ D’accordo. Arriva subito.
PIUMA ~ Con tutti i soldi che hai, “quello che costa meno”. Dopo che sono venuto fin qui e tutto…
IO ~ Tanto non ti piace neanche bere.

Stavo per iniziare un altro 2 di quel sudoku a modo mio, già con la banconota nel naso, quando il telefono dell’hotel ha squillato.
Avevo un presentimento di merda. Sapevo di essere stato beccato.
Ho spento la musica e ho detto al Piuma:

IO ~ Non rispondere.

Troppo tardi. Ve l’avevo detto che non era una cima.
E le droghe gli avevano bruciato un buon numero di sensazioni.

PIUMA ~ Sì?
RECEPTIONIST ~ C’è una chiamata per lei.
IO ~ Riattacca.
RECEPTIONIST ~ Ha urgente bisogno di parlare con lei.
PIUMA ~ Vogliono te, mi sa.
IO ~ Aspetta, cazzo, aspetta!

Il cuore mi è salito in gola in un attimo. Ho comunque voluto tirare anche quel dannato 2.

PIUMA ~ Non puoi farti una pacca dietro l’altra così. Ti uccidi.

Voleva parlare sottovoce, ma i giardinieri lavorano all’aperto e non sanno parlare sottovoce.

IO ~ Fatti in là.

Il Piuma si è messo a guardare la televisione senza audio, sdraiato sul letto che doveva essere della mia piccola Ida. Sapevo chi era, lo sapevo bene. Mi aveva trovato.

MARIA ~ Sei uno stronzo. Ci sei andato lo stesso. Senza di noi. Ma che testa hai? Che testa di cazzo hai? Pensavi che non ti avrei mai trovato? Sei sparito. O vieni giù adesso, subito, o ti vengo a prendere io di peso. I tuoi figli piangono da quando te ne sei andato. Gli stai facendo passare le feste peggiori della loro vita. Ma non ti vergogni neanche un po’? Ma lo vedi come sei diventato? Lo vedi che sei un mostro?

Il Piuma faceva finta di non ascoltare, ma mi lanciava certe occhiate…
Capiva che la situazione era tragica. Io non sapevo che dire.

MARIA ~ Non dici nulla? Non hai niente da dire? Ho qualcosa io da dirti. So tutto. Tutto. Tutto. Ti ho beccato. Lo so che ti fai. Sei così stupido che l’hai lasciata nel cassetto della scrivania. Se non vieni qui subito, ti mando a fare un bel test delle urine e poi i tuoi figli non li vedi più.

Ho riattaccato. Non avevo il coraggio di dire niente. Per un po’ siamo stati in silenzio, a guardare le pernacchie dello show business. E io pensavo a quelli nel backstage che tiravano di coca in santa pace. Il telefono continuava a squillare. Sempre più insistente. Ma io non avevo intenzione di rispondere. Né di tornare giù. A casa. Messo com’ero, in quelle condizioni, non potevo andare da nessuna parte.
Qualcuno ha bussato alla porta, ma ero tranquillo perché sapevo che era solo il Prosecco.
Ho preso il carrellino con la bottiglia, ho pagato un salasso anche se era quello che costava meno e ho lasciato una mancia al cameriere, che aveva pietà di me anche se mi detestava.
Abbiamo fatto il brindisi più silenzioso della storia, e il rumore dei cristalli che si toccavano sembrava un’esplosione atomica.
Che buono, il Prosecco. È quando hai voglia di crepare che apprezzi di più le cose.
Il Piuma mi ha fatto un sorriso per tagliare l’aria, anche se era senza motosega.

PIUMA ~ Adesso mancano solo le mignotte.

Mi sono venute le lacrime agli occhi da quanto mi batteva forte il cuore e il braccio mi faceva male. Mi sono steso sul letto, cercando di respirare. Facevo lunghi, lunghissimi respiri.

PIUMA ~ Stai male?
IO ~ Ho il cuore a mille.
PIUMA ~ Hai pippato come un drago.
IO ~ Avrei voglia di suicidarmi.
PIUMA ~ Vuoi che ci impicchiamo?
IO ~ Tu lo sai fare il nodo?
PIUMA ~ No, ma guardo su YouTube.
IO ~ Sarebbe più facile buttarsi dalla finestra.
PIUMA ~ Sei sicuro che non sopravviviamo?
IO ~ Impossibile.
PIUMA ~ Se lo dici tu…
IO ~ Sono un ingegnere, saprò fare i miei conti.
PIUMA ~ Da una settimana ho piantato di colpo tutti gli psicofarmaci che mi hanno dato e ho voglia di uccidermi.
IO ~ Non dovevi piantarli in asso così, di punto in bianco.
PIUMA ~ Mi rincoglioniscono troppo. Dai, facciamoci una riga.
IO ~ Aspetta. Adesso non riesco.
PIUMA ~ Respira. Respira. Non ti succede un cazzo.

Il telefono ha ripreso a squillare. Ripetutamente. Con un’insistenza che ho dovuto rispondere. Non era più Maria.

RECEPTIONIST ~ Mi dispiace darle questa notizia. Ma la sua compagna mi ha chiesto di riferirglielo. Deve presentarsi all’ospedale per un test delle urine.
IO ~ Quando?
RECEPTIONIST ~ Dopodomani. Mi dispiace.
IO ~ Okay, grazie. Buonanotte.

Quando le cose decidono di andare male, si mettono in fila in un attimo.

IO ~ Hai sentito?
PIUMA ~ Sì, ho sentito. Come mai così in fretta?
IO ~ Suo padre è un medico. Pensi che sarò pulito per dopodomani?
PIUMA ~ Impossibile. Con tutta quella merda che hai tirato.
IO ~ Più quella dei giorni scorsi.
PIUMA ~ Tiriamola tutta, dai. Tanto ormai sei spacciato. Ti toglieranno i figli, il lavoro, finirai in mezzo ai tossici e ai baciabanchi che sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato, proprio com’è successo a me. Passami il piatto e smezziamoci quest’ultima riga.
IO ~ Non sono spacciato proprio per il cazzo.

Il Piuma si era alzato per andare a farsi l’ultima riga dal piatto e io l’ho spinto via.

IO ~ Stai lontano da quella merda.

Poi ho preso il piatto e ho buttato nel cesso il 2 che rimaneva da tirare.
Nel cielo dello scarico del water non c’erano voli in partenza.

PIUMA ~ Ma sei scemo o cosa? Lo sai quanto ho pagato quella roba?
IO ~ Tu devi restare pulito e devi pisciare per me.
PIUMA ~ E se mi beccano? È una cosa penale.
IO ~ Ti sei mai preoccupato fino ad oggi per le cose penali?
PIUMA ~ Non posso, lo sai che non posso. All’ospedale mi conoscono tutti e mi tengono d’occhio.
IO ~ Se a me tolgono il lavoro, lo tolgono anche a te, bello.
PIUMA ~ E allora piscio.

Mi è venuto un po’ da ridere.

IO ~ È stato difficile convincerti.

Abbiamo aperto la finestra e abbiamo fumato una sigaretta, considerando un’altra volta dentro di noi l’idea di buttarci di sotto, ma non eravamo molto per la quale. Era buffo, ma ci piaceva vivere.
Il Piuma mi dava istruzioni su cosa fare e come non farsi sgamare.

PIUMA ~ Ci vediamo un quarto d’ora prima, nel bar fuori dal SerT. Il piscio dev’essere bollente.
IO ~ E come faccio a portarlo senza farmi beccare?
PIUMA ~ Piscio in una boccetta, come fanno tutti. Poi te la do e te la metti nelle mutande.
IO ~ Che schifo, cazzo. Almeno risciacquala prima.
PIUMA ~ Non la risciacquo, ché se ci va acqua dentro sei finito.
IO ~ Facciamo come dici tu. Io non ci sono mai andato.
PIUMA ~ E con questo siamo in pace. Se vuoi il giardino me lo paghi.
IO ~ Se va male?
PIUMA ~ Se va male siamo fottuti tutti e due. Sei fortunato che a quelli del SerT non frega un cazzo di quelli come noi.

Il Piuma ha preso la porta e se n’è andato. Speravo che rispettasse la sua parola. Tutto era successo troppo velocemente.
Pensavo fosse scemo e invece mi aveva fregato.
Non avrei avuto il mio giardino gratis. Ma la mia vita sì.
In realtà non mi dispiacevano tutte quelle montagnette di terra su cui ormai erano cresciute le erbacce. Mi prendeva bene avere un cimitero a portata di mano dove scavarmi la fossa da solo.
Non è che volessi particolarmente il mio giardino. Volevo disintossicarmi, però.
Avevo bisogno di una buona notizia da portare a casa, quando sarei tornato.
Non ne avevo una, ma due: avremmo avuto presto il nostro giardino e io ero pulito, se non c’erano imprevisti.
Ho tolto la modalità aereo e ho trovato tutte le chiamate della mia compagna.
Ho provato a richiamare per chiedere scusa, ma forse era troppo tardi e stava già dormendo. Sono uno di quelli che ci arrivano sempre un po’ dopo.
Se non facevo come diceva, si mettevano in mezzo gli avvocati.
Non potevo lasciare Maria. Sarei rimasto senza soldi. E a quel punto sarebbe stato meglio fare il cantautore invece che buttarmi nel racket dell’edilizia. Forse le due cose non andavano neanche in contrasto, fare canzoni è sempre un modo di costruire qualcosa. Forse dovrei farne ancora.
Ho avuto un sentimento di pace. È durato un attimo, ma era meglio se me lo facevo bastare.
Farmi pagare in piscio era una buona idea.
Il giardino te lo può fare chiunque e, se non ce l’hai, mica ti rovini la vita.
Dovevo trovare un modo di mollare quella merda che non fosse finire in comunità.
Mi veniva a costare troppo e mi faceva male al braccio.
Ho messo su un pezzo di Francis Cabrel che parla di rockstar e trovatori dell’amor cortese.
Ho pensato a quella ragazza francese troppo giovane per me.
Non avevo niente da offrirle, se non cazzi amari.
Era l’unica cosa che sapeva dire in italiano infatti, “cazzi amari”.
Era la creatura più bella che avessi mai visto, ma era meglio non vedersi più.
Le avevo promesso mari e monti e avrebbe fatto bene ad arrabbiarsi con me.
Farmi una piazzata. Minacciare di chiamare la mia compagna.
L’avrei pagata. Avrei pagato il suo silenzio. Potevo chiedere anche a lei di pisciare per me, ma ero quasi sicuro che si facesse le canne.
Il batticuore che mi aveva provocato la coca e che mi aveva fatto credere di morire aveva ricollegato il mio cervello al resto del corpo.
Quell’aggeggio che avevo tra le gambe, tra piscio e altri liquidi, me ne combinava di cotte e di crude.
Anche se a casa avevo una chitarra, del troubadour non avevo niente.
Era meglio che pensassi a pisciare col mio.